Watching shadows

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    VANJA E. ROSENCRANTZ - CORVONERO 2 ANNO
    Se dovevo trovare un posto in linea col mio umore al momento era appena fuori dai pini sciupati e scuri della foresta nera. Mi incamminai, appena dopo l'ultima lezione verso il luogo, assaporando la sigaretta che stringevo fra indice e pollice. Gli stivaletti che portavo si sporcarono sulla punta di umidità nascosta fra i lunghi fili d'erba incolta. Anche se mi ero lamentata tanto della scuola, mi erano mancate queste mura una volta arrivata a Parigi, avrei preferito mille volte annoiarmi nella poltrona della sala comune Corvonero piuttosto che incontrare gli occhi glaciali e pieni di astio di Coco. Mi morsi il labbro, pensando a cosa stava facendo Kain, una volta che avevamo lasciato casa sua per passare un paio di giorni a recuperare le forze. Per fortuna, o sfortuna, alla fine ero esplosa, come una bomba a mano, raccontando a Logan come mi sentivo in quel periodo. Nella tragicità e nello sconforto, qualcosa di positivo era successo in quel viaggio nato per Noi e sfociato per essere una catastrofe in cui avevamo rischiato la pelle.
    Allontanando i pensieri che ogni tanto riaffioravano, arrivai fino am masso grigio e piuttosto piatto, dove mi ero seduta in precedenza per starmene per i fatti miei; feci lo stesso, mi arrampicai senza strappare la toga, quindi presi posto a gambe incrociate, poggiando le mani dietro al sedere, bilanciando il peso.
    La brezza era calma, la temperatura di ottobre era intorno ai diciotto gradi quel pomeriggio. Tra poco avrei volentieri usato la mia felpa blu e avrei sfoderato i leggins felpati.
    Con gli occhi circondati da ombre violacee, la pelle tirata sugli zigomi e le labbra tagliuzzate in più punti, passai lo sguardo sui grandi pini grigiastri. La foresta nera era due passi, silenziosa e pericolosa allo stesso tempo.


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    Thestral, creature così intrise di fascino.
    Stefan ci andava spesso, ancor di più dopo l'incontro avuto con la nana rossa.
    Aveva provato sollievo rivedendola in quel pub, eppure non capiva molte delle cose che gli aveva detto.
    Non poteva comprenderle perchè lui aveva una visione della vita totalmente diversa da quelli che le stavano attorno.
    Li per lì aveva espresso un giudizio, se ne era pentito subito dopo.
    Lei gli dava troppo retta, si lasciava influenzare dalle sue parole e lui aveva capito che era meglio contare fino a dieci prima di esprimersi, se non voleva rischiare che la portasse all'isolamento totale.
    Non era stata sua intenzione anche se non aveva ragionato sulle parole dette quanto più spinto dal pregiudizio oltre che dall'istinto.
    Quei discorsi lo irritavano più del dovuto.
    Lanciò una mela al cucciolo più piccolo, l'ultimo per quel giorno, poi si infilò le mani nelle tasche dei pantaloni della divisa e si incamminò verso il castello.
    Fu in quel momento che vide la Rosencrantz seduta su una pietra dirimpetto la foresta oscura.
    Che non se la passasse bene si era capito da tempo, non era la solita rompi coglioni so tutto io a lezione, come lo era stata l'anno precedente, né manteneva il top del suo splendore, viste le occhiaie che le incorniciavano gli occhi e lo sguardo perso nel vuoto.
    Non gli importava particolarmente cosa stesse passando, aveva capito da tempo che ognuno in quel castello aveva delle gatte da pelare, lui non era escluso di certo dalla massa.
    Tuttavia non passò oltre, si fermò una volta accostatosi a lei – spero tu non abbia intenzione di entrarci lì dentro- le disse a mo di consiglio – l'ultimo che ci è entrato si è preso una sospensione di quindici giorni-
    Così, un consiglio spassionato, visto che sembrava particolarmente attratta dall'oscurità che l'avvolgeva .
     
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    VANJA E. ROSENCRANTZ - CORVONERO 2 ANNO
    Mentre cercavo di scorgere un movimento veritiero o del tutto immaginario fra i tronchi dritti, colsi con l'orecchio dei rumori riconducibili a passi lenti nella mia direzione. Provenivano da destra, la stradicciola che portava a meno di un chilometro al capanno del Guardiacaccia.
    Che vi fosse era un vero mistero, nessuno del mio anno e delle conoscenze avevano giurato di averlo incontrato. Ero spinta, a momenti, dalla curiosità di forzare la porta ed entrare in quel piccolissimo edificio con la base rotonda e il tetto incerto.
    La voce che mi parló era di certo riconducibile ad un ragazzo, così di primo impatto non mi diceva nulla dal calibro di voce. Roteai di poco il mento verso di lui e lo chinai con fare incuriosito. Il ragazzo si prestava all'incirca della mia età, con i capelli corti, castano scuro e gli occhi ampi e intensi. La mandibola serrata e pronunciata sembrava alludere ad una persona con una certa sicurezza di sé. Forse quindici giorni sarebbero sufficienti per eclissarmi da qui borbottai a voce bassa, mi udì benissimo. Sciolsi le gambe e le raggruppai davanti a me, le cirocondai con le braccia e mi toccai la punta degli stivali che sporgeva da sotto la toga nera. Tu sei?
    Che fosse un Serpeverde era chiaro dagli indumenti, io conoscevo gran pochi figli di Salazar di persona, forse lo avevo intravisto a lezione ma non ci avevo fatto conoscenza. Se non hai mai avuto una forza interiore che ti abbia attirato verso quegli alberi e feci una pausa puntando l'indice verso le chiome grigiastre, mentiresti.. Alzai il sedere, tastandolo per scrollare la polvere e guardandolo dall'alto verso il basso aggiunsi Oggi, e nemmeno domani, é una giornata ideale per addentrarsi lì dentro. Purtroppo ho perso un po' di spirito da scavezzacollo, mi ritrovo ad essere più temperata quest'anno.
    Feci spallucce. Forse sto maturando. Fesseria più vera di quella non l'avevo mai detta, ma era un buon modo per non raccontare i dispiaceri propri che erano il vero motivo per cui mi ritrovavo ad essere meno impulsiva.
    Avere la testa occupata voleva dire molto. Sul rendimento scolastico, sulle azioni, sulle relazioni.



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    Edited by vânjaRosèncrañtz - 22/10/2020, 13:21
     
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    Stefan non si soffermò molto nello scrutarla, quanto invece si voltò verso l'oggetto della discussione, la foresta oscura.
    Quello che diceva la corvonero per lui non aveva senso, non se ne sentiva né attratto né aveva voglia di scoprire cosa si nascondesse lì dentro.
    Del resto perchè porsi certe domande se alla fine la risposta poteva non essere gradevole da nessun punto di vista la si guardasse?
    Per sedare la curiosità c'erano comunque le lezioni che venivano organizzate nelle ore di difesa, lui, sebbene come intruso, ci si era infilato in alcune di esse, ma c'erano due variabili da considerare in quel caso, era organizzato da auror esperti, non ci avrebbe mai rimesso la pelle.
    -Non c'è bisogno di fare stronzate per eclissarti, il portone sta a disposizione di tutti ogni fine settimana- molto più semplice e indolore come opzione se si pensava che alla fine non erano dei prigionieri in quel castello.
    Non si presentò, per lui una persona che non ricordava i nomi dei suoi compagni di corso era una persona disinteressata a quello che la circondava, dunque se non se ne era interessata fino a quel momento non vedeva perchè cambiare le carte in tavola.
    Stefan odiava lo spreco, e il suo fiato era prezioso.
    -Io ho buon senso, che è diverso. I guai se posso me li evito. Se mi travolgono è un altro discorso- era abbastanza certo di questa cosa, la sua era una filosofia di vita.
    Lei si alzò.
    Non aveva idea di cosa stesse parlando, a parte il suo cognome non sapeva cosa fosse stata l'anno prima, fu abbastanza strano sentirla dire che sarebbe stata più temperata.
    Tuttavia gli venne in mente un discorso fatto con la nana rossa qualche giorno prima.
    Gli aveva raccontato di come la tipa che aveva davanti e il suo ragazzo fossero accorsi in suo aiuto, e di come avessero male interpretato il suo modo di agire.
    Allora si disse “perchè no” perchè non chiedere la sua versione dei fatti?
    -Mi è stato detto che avete avuto un incontro ravvicinato con i rapitori della Cavanugh qualche settimana fa, tu e il tuo ragazzo, come ne siete usciti vivi?-
     
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    La cosa che mi fu palese a pelle, e poco dopo ne fui davvero certa, era che il ragazzo in questione era sicuramente molto restio al dialogo. Del resto, condividevo questo lato di lui, non ero un'amante dei monologhi e delle presentazioni lunghe e noiose nemmeno io. Senza batter ciglio ascoltai la sua considerazione alla mia frase di qualche minuto prima, non amava cacciarsi nei guai, cosa che io invece adoravo.
    Mi faceva sentire viva, anche se quello che compio o pensavo era sbagliato, ero alla costante ricerca di un qualcosa che mi risersasse una buona quantità di neurotrasmettitore: l'adorata e tanto desiderata, al momento, adrenalina. L'ormone interessato era per me era un tampone. Un toccasana, la paura si confonde in esso facendomi provare emozioni che mi rendevano non solo carica di energia ma anche emotivamente felice. Rischiare, il sentirmi con il cuore in gola era sempre stato un punto fisso nel mio ieri. Stavo cambiando? No probabilmente ero spaventa dalla recente vicenda al Louvre e la situazione in cui riversavo mi invogliavano poco a spingermi in là. Forse era questo il motivo per cui avevo scelto di provare quella polvere magica una sera poco prima di partire per Parigi.
    Al Louvre la paura e la completa convinzione che non ce l'avremmo fatta aveva sfondato il limite raggiunto fino a quel momento. Le emozioni erano state talmente forti e impossibili da domare che in quel momento "l'ormone del pericolo" mi aveva destabilizzata. Non avevo raccontato a Logan come mi ero sentita piccola in confronto al nostro nemico e quanto male mi aveva fatto, emotivamente, vedere la piccola chioma della bambina allontanarsi dalla mia stretta.
    Non sapevo chi era Karen, di lei conoscevo solo il legame che univa Kain al padre di lui. Eppure nutrivo, fino al momento in cui lei pronunció la parola "mamma" un grande rispetto, e in poche parole anche un sentimento. Probabilmente non ero inviolabile e rigida come volevo dimostrare, quando si trattava di famiglia. Forse era così perché non ne avevo mai avuta una. E quella adottiva non l'avevo mai sentita come tale.
    Karen, quando la presi per mano e la trascinai verso la porta d'emergenza l'avevo stretta con la mano sudaticcia e fremente perché Volevo portarla via a qualsiasi costo, perché era giusto farlo. Per un padre in pensiero, per lei, per la sua vita.
    E se n'era andata, da me, da Logan, trascinando con sé anche un piccolo pezzo di cuore che le avevo affidato, nutrendo per lei un legame instaurato in un soffio e mai pronunciato.
    Mi sentivo dannatamente tradita anche se in me potevo ipotizzare che avesse voluto farlo per salvare la pelle a noi. Eppure non me lo spiegavo quelle parole pronunciate alla mora dal viso spietato. Come puoi nutrire sentimento verso chi ti ha rapita?
    Il Serpeverde me la fece ricordare nel momento in cui avevo accantonato il suo ricordo. Cionosceva la piccola Karen dunque? Ebbene sì. E sapeva anche qualcosa in più. Lo scrutai spostando verso l'orecchio la ciocca di capelli che mi era scesa verso l'occhio. Mi soffermai sulla curva del suo mento, leggermente pronunciato rispetto ai classici visi.
    Non mi interessava nemmeno sapere con chi aveva parlato, anche se era palese, non feci domande. Ne siamo usciti risposi seccamente cercando di dosare le parole, utilizzandone di dirette e allo stesso tempo esaustive. Devo dire che per un momento ho veramente pensato di non tornare ad Hogwarts le parole mi morirono in bocca. Per fortuna non è andata così aggiunsi mentre un brivido mi percorreva la nuca, al pensiero più triste che mi continuava a tornare in mente di tale vicenda. Logan, immobile, mentre lei gli lasciava un messaggio. Il mio respiro corto, agitato, il cuore che balzava all'interno di quel corpo ghiacciato e impossibile da smuovere.
    Così vicino da raggiungere, così impossibile da mettere in pratica.
    Non mi professo una salvatrice né una ragazza che di magia sa troppo oltre il livello scolastico ma personalmente, ho dato il meglio di me per portarla via dalla rapitrice soffiai fuori il fiato che mi annodava le parole in bocca. Senza ottenere risultati, perché ha scelto e alzai lo sguardo per guardare le sue iridi dorate, Karen ha scelto lei.
    Lasciai la frase in sospeso, tralasciando chiaramente quanto ci ero rimasta di stucco alla piccola che si allontanava da noi.


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    Si scrutarono a vicenda per diversi attimi.
    Lei decise di prendere tempo, di raccogliere le idee prima di rispondere, Stefan da una parte lo apprezzò. Volveva dire che non sarebbe stato un fiume in piena di considerazioni personali, magari la fortuna sarebbe stata dalla sua e gli avrebbe raccontato di più in modo sintetico.
    Quel tanto che bastava a lui per capire la situazione e magari anche chi fosse questa fantomatica donna.
    Se la conosceva, se era tra quelli che lui chiamava per praticità "zii".
    Lei rispose, lui non stentò a crederle, effettivamente era alquanto inusuale che avessero vissuto quello che gli era parso di capire e che ne fossero usciti integri.
    Illesi sicuramente all'esterno sebbene lacerati dall'interno.
    Nessuno la stava giudicando eppure si sentì in dovere di specificare, Stefan la ascoltò.
    Solo quando ebbe finito disse la sua in merito - credi che se aveste agito in un modo diverso sarebbe potuta andare diversamente?- le chiese pensando alle parole della nana rossa, a come, secondo lei, non avesse avuto scelta.
    Ed era vero, non ne aveva avuta, nessuno sceglierebbe di tornare prigioniero spontaneamente se sapesse di avere davvero possibilità di scappare, e la ragazzina non era diversa dalla massa.
    -A volte facciamo cose che normalmente non faremmo. Si chiama spirito di sopravvivenza, o di conservazione. Mi sorprende che ad attivarlo sia stata la ragazzina, di solito è così distruttiva che non ci avrei giocato mezzo zellino-
    Per lui non c'era nessun affetto in gioco, a conti fatti era stata l'unica cosa che una bambina di dodici anni poteva fare, rabbonire l'uomo nero offrendogli qualcosa a discapito di un'altra.
    Se stessa per quei due.
    Uno scambio equo? Non lo sapeva, lui non si sarebbe mai trovato in una situazione del genere, avrebbe sedato la cosa sul nascere.
    -Aveva un nome questa donna?-
     
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    credi che se aveste agito in un modo diverso sarebbe potuta andare diversamente? Non lo so sinceramente, ma volevo sperare che vi fosse un alto modo. Mi schiarii la voce fissandolo negli occhi il fatto di avere ancora un barlume di fiducia che non si verifichi un disastro o che vada a finire male ti fa sentire propenso a metterci tutto te stesso o sbaglio? Alzai il sopracciglio con il chiaro intento di fargli capire che ero forse un'illusa sognatrice nella vita, tendevo sempre a non lasciare mai la presa, per quanto era difficile, pericoloso e costoso il prezzo da pagare.
    Le parole del ragazzo giunsero con mezza risposta, esattamente a che avevo chiesto. Quanto conosci Karen per dire ciò? Gli domandai con l'intento di capire quanto sapesse e quanto fosse lecito il suo giudizio a riguardo. Sicuramente più di me borbottai con un filo di voce. Aveva un nome questa donna?
    A quella domanda trasalii, ricordando la voce della strega come se l'episodio fosse appena accaduto. Le dita delle mani si irrigidirono e involontariamente andarono a stringersi così forte che dovetti mascherare con tutta me stessa il fatto che ero ancora tremendamente spaventata dall'incontro con la stessa al Louvre. Erano poche le cose che mi destavano scompiglio, ardue le altre che mi incutevano timore. Coco per ora stava sopra a tutto questo.
    Coco sussurrai con voce tremante, tossii subito dopo per schiarirmi la vice e tornare su dritta senza dargli modo di notare l'agitazione che mi aveva pervaso per quella pronuncia. Ti dice niente? punta le iridi glaciali sul suo viso pronta a cogliere qualsiasi emozione giungesse fra le sue parole.

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    Lei sperava, quindi Stefan dedusse che fosse una sognatrice.
    In quale mondo dei ragazzi potevano fronteggiare rimanendo incolumi un qualsiasi mangiamorte in circolazione?
    Dal punto di vista del serpeverde in nessun mondo.
    -Preferisco essere realista, i sogni li lascio agli altri- sostanzialmente era cresciuto con una donna che era stata uccisa in giovane età, pochi anni e avrebbe raggiunto sua madre, non si era mai illuso che Tekla potesse essere amorevole come la madre degli altri, né che quando la scopriva a fissarlo più del lecito non stesse pensando a come sarebbe stato succhiargli via il sangue dal collo.
    Non si era mai illuso di non causarle dolore quando, da piccolo si faceva male, né che sarebbe bastato un solo attimo di distrazione e sarebbe finito vittima della sua genitrice.
    Stefan aveva smesso di sperare, e di sognare nell'esatto momento in cui la ragione si era instillata nel suo essere.
    -Abbastanza- la risposta non fu scontrosa ma abbastanza secca da non invogliarla a indagare oltre su quali fossero i termini della conoscenza tra lui e la grifondoro.
    Sicuramente più di quanto la conoscesse lei.
    Infatti ne era pienamente cosciente.
    Il nome che gli diede non gli disse niente.
    Non era un'assidua frequentatrice della sua casa, chiunque ella fosse.
    -Nulla- poi la guardò accigliato - perchè dovrebbe dirmi qualcosa?-
     
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    Ho voluto chiedetelo, per rendermi conto se questa strega è conosciuta anche in questi territori e fra questa gente risposi tranquillamente alla sua domanda, senza pormi troppi problemi.
    Il fatto che quel Serpeverde fosse di poche paorle era chiaro, ciononostante non rifiutavo la sua presenza. Era di gran lunga più facile una conversazione così che subirmi una scarica di assillante domande, le più fastidiose per me erano le retoriche. Un chiaro esempio erano le classiche spillatrici di informazioni personali. Atte a scavare in una persona quelle tracce per inquadrarla subito.
    A me piaceva farmi un'idea della gente senza domandargli dove era nato e quando, di chi era figlio, cosa ci faceva in quel dato posto e perché. Erano tutte stupide informazioni a parere mio, per molti fondamentali per proseguire in futuro. Ed è per questo Che evitavo come la peste quelle lagnanti studentesse e impiccioni ragazzini che mi puntellavano di quesiti scoccianti.
    Prendere o lasciare era il mio motto.
    Mi stupii non poco che il ragazzo presente fosse un conoscente di Karen e dalla sua risposta secca ne dedussi chiaramente che avevo ragione. La sua conoscenza era più profonda della mia. Di certo avrei voluto e avrei sicuramente preferito conoscere la piccola rossa davanti ad una tazza di cioccolata in un pub irlandese o scozzere piuttosto che volerla strappare con le unghie da una strega pazza. Un personaggio così chiuso era riuscito a legare con una spumeggiante bambina come lei? Allora forse anche i duri hanno un barlume di cuore.
    Ad un tratto pensai che stavo affrontando questo discorso mentalmente a senso unico e se fosse stato fatto circa sei mesi fa, avrei giurato stessi parlando di me. Eppure le persone cambiano, ma non sono io che amo farlo. Non le trascino, non le curo, non le voglio aiutare. Preferisco guardare.
    Cattiveria? Piuttosto tremenda realtà, nella vita ci si salva da soli, si dice.
    Alle volte forse ti senti quasi più sicuro di averci visto bene quando condividi un argomento con qualcuno aggiunsi guardando davanti a me le ombre degli alberi. Qualche volta fatichi a crederci quando hai rischiato la pelle e ne sei uscito vivo. Quasi non ti rendi conto che un attimo in più avrebbe fatto la differenza. O una dose si rabbia in più. Mettiamola così.
    Feci spallucce per evitare di dire altro sull'episodio al Louvre.

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    -Probabilmente hai ragione- le concesse – col senno di poi siamo tutti più bravi- lui aveva comunque esaurito il suo tempo a disposizione, non che ci andasse col cronometro ma aveva un appuntamento da li a qualche minuto e non era certo che la sua dama fosse ben disposta ad aspettare oltre il consentito.
    -Ci si vede a lezione- le disse quindi passandole davanti. In segno di saluto sollevò una mano per poi continuare l'avanzata verso il castello immerso nel silenzio più totale.
    Fu inevitabile chiedersi cosa stesse aspettando la rossa a tornare al castello, ma il pensiero fu ben presto accantonato quando giunse a destinazione.
    Quei pensieri potevano essere messi in pausa per un bene superiore, ai perchè ci avrebbe pensato più tardi.
     
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