Posts written by Clio

  1. .

    Alexandra • 36y. o. •Magiavvocato • PC
    Fa caldo nella stanza dove vengo accolta dopo aver accettato l’incarico di difendere un cliente dal nome impronunciabile. Mi si aggroviglia la lingua ogni volta che provo a leggere il nome scritto sul fascicolo che tengo sulle ginocchia. Mi sono tolta il cappotto che ho appoggiato alla spalliera della sedia e con la mano scosto dal collo il dolcevita che indosso. Credo di aver sopravvalutato il gelido Nord indossando abiti più pesanti del necessario. Il caso per il quale sono stata convocata al Ministero è tutt’altro che rassicurante. Mi è stata offerta una parcella con una cifra stratosferica per occuparmi di un cliente dal cognome impronunciabile e la mia esperienza mi dice che nessuno può pagare tanto se non è davvero preoccupato e tanto, tanto ricco.
    Dopo aver discusso animatamente col socio col quale condivido lo Studio che abbiamo aperto a Londra ho deciso di accettare. Sono un Avvocato, non è la prima volta che ho a che fare con questo tipo di clienti e ho validi motivi per pensare che il caro Agey non sia una mammoletta bullizzata che cerca giustizia perché gli hanno storto il dito mignolo.
    Il solo fatto che abbia cercato un difensore fuori dai suoi confini la dice lunga ma come ripeto sempre qualcuno Caino dovrà pur difenderlo.
    Ovviamente non ho avuto contatti diretti col cliente. Non succede quasi mai in questi casi. Questi tipi di persone rimangono nell’ombra agendo tramite intermediari e sostanziosi bonifici. Consapevole che non sarà facile far passare le società che fanno capo a Kuznetsov come Onlus a scopi umanitari mantengo il contegno cordialmente formale che mi compete quando il Capo Auror in persona mi raggiunge nella sala dove sono stata invitata ad accomodarmi.
    E’ il capo Auror in persona ad entrare nella sala dove sono stata accompagnata dopo un viaggio alquanto tribolato. Ho preferito spostarmi a zig zag prima di raggiungere la meta onde evitare di essere facilmente rintracciabile.
    Con un formale sorriso di circostanza saluto il Ministeriale rammentando le parole di mia sorella. <mai fidarsi dei Ministeriali> Venus è molto più che prevenuta verso la categoria e dal suo punto di vista non posso darle torto. Io stessa ne ho fatto parte e non posso dire di aver avuto come colleghi solo persone illuminate.
    Farò del mio meglio. Sarei disoccupata senza la burocrazia.
    Affermo convinta che la maggior parte dei documenti che dovranno essere compilati siano inutili. D’altronde complicare la vita pare diventata una priorità alla quale nessuno può sottrarsi.
    L’uomo arriva al sodo mostrandosi sorpreso, perplesso e forse anche incuriosito dall’incarico che mi sono assunta. A grandi linee traccia il profilo del mio cliente. Un profilo che a mio avviso è di parecchio minimizzante rispetto alle informazioni in mio possesso.
    Negli ultimi mesi ci sono stati diversi casi di sparizioni di Maghi e Streghe. Professionisti versati soprattutto nell’abile arte della Pozionistica. Di loro non si sa nulla ma si da il caso che sia venuta a sapere, da fonte certa, che i ‘collaboratori’ del mio cliente li abbiano rapiti per estorcere il loro sapere ai fini di creare nuove pozioni la cui legalità non è solo dubbia ma assolutamente pericolosa. Da quel che sono riuscita a mettere insieme mi sono fatta un’idea di quello che potrebbe essere l’obiettivo del buon Agey. Sta cercando un sistema per indebolire o privare Maghi e Streghe delle loro doti magiche rendendoli simili ai babbani. Facile intuire quali siano i suoi scopi in caso la mia ipotesi sia veritiera. Serviranno prove, serviranno testimoni e non penso sarà facile trovarli. I testimoni verranno eliminati senza tante cerimonie. In quanto alle prove, con una organizzazione altamente strutturata come quella messa in piedi da Kuznetsov la vedo dura reperirle.
    Dubito molto che Roeim Nystrom mi stia dicendo tutto ciò che sa sul caso. E’ facile sappia più di quel che vuole o può dire limitandosi a sondare il terreno.
    Dopo aver allungato il collo per dare un scorsa veloce ai documenti da compilare appoggio la schiena alla sedia portando le mani in grembo ed accavallo le gambe. A mia volta ritengo saggio prendere tempo. Per rispondere alla sua domanda invece non mi rimane fare appello alla mia professione che, in parte, può spiegare quello che per il Ministeriale è un ‘disguido’.
    Faccio l’avvocato. La mia professione consiste nell’accusare o nel difendere chi richiede il mio supporto. Difendendo Agey Kuznetsov difendo un cliente, non la sua causa o le sue idee.
    Debbo trasmettere di essere convinta che se non ci fosse chi infrange le regole, se non ci fossero criminali non ci sarebbe bisogno di Avvocati. Devo essere credibile affermando che il mio compito non prevede simpatizzare con le parti in causa ma difendere o accusare chi paga il mio onorario. I veri motivi per cui ho assunto l’incarico non debbono trapelare. Ne va della mia vita e della sicurezza di quella della mia famiglia.
    Vorrei farle una domanda, se mi è consentito.
    Presumendo mi sia consentito mi arrogo il diritto di continuare mentre rispondo con un sorriso al sorriso dell’uomo.
    Veramente sarebbero due i quesiti anche se il secondo non è importante. Si è chiesto come mai, nonostante i Ministeri di mezzo magico lo cerchino, Kuznetsov, con una fedina penale lunga come la quaresima, sia ancora a piede libero?
    Quasi tutti gli Auror del Pianeta gli davano la caccia. O erano diventati tutti incompetenti, possibile ma poco credibile, o qualcosa non torna. Il mio sguardo è diretto e con una punta di curiosità insidiosa.
    Vorrei anche sapere se può consigliarmi un posto dove alloggiare. Credo rimarrò nei paraggi per qualche giorno. Vorrei rendermi meglio conto della situazione. Come lei giustamente dice potrei essere all’oscuro di particolari importanti e vorrei riesaminare la storia. Posso contare sulla sua collaborazione?
    Cercando di non muovere più muscoli facciali del necessario piego il busto cominciando a leggere i documenti da compilare per rendermi conto di quanti siano e quali siano realmente quelli importanti.







  2. .
    Ciao :) Bentrovato anche qui! Spero che ti troverai bene fra noi. Ci sono player simpatici e disponibili che ti faranno sentire a tuo agio. Tutti in pratica tranne qualche eccezione ;) In attesa di leggere la scheda, sono curiosa di vedere che combini, mi prenoto per una role ;)
  3. .
    Splendido! Grazie 😍
  4. .
    Dopo la lezioncina di Storia della Magia ebbi anche il privilegio di sentirmi minacciata. Credevo nel destino ma proprio non capivo perché, quella sera, avesse avuto voglia di giocare con me mettendomi di fronte un soggetto così inqualificabile.
    Scusa tu se la mia ignoranza e la mia presunzione non sono pari alle tue. Prima che tu abbia il tempo di pensare alla formula della pozione, in caso avessi intenzione e capacità per farla, ti troveresti impastoiato.
    Probabilmente pensava di parlare con Biancaneve il tipo e lui, ovviamente, era convinto di poter fare la parte della strega cosa che, a pensarci bene, non gli riusciva nemmeno tanto male.
    Che ha il mio bel faccino che non ti aggrada?
    Chiesi più per curiosità che per interesse ribadendo, subito dopo e senza nemmeno tirare il fiato, alla sua errata, tanto per cambiare, deduzione.
    Il presagio nefasto si riferiva la nostro incontro non al cimitero. Pensavo fossi abbastanza egocentrico da averlo compreso. Non di dar pena per la mia mente, la tua mi sembra molto più interessante come oggetto d’osservazione.
    Mi pareva di avere a che fare con una bomba ad orologeria sempre pronta ad esplodere ed io purtroppo non ero un artificiere. Ero scontrosa di carattere, reattiva alle punzecchiature e quell’uomo era fastidioso tanto quanto un folletto della Cornovaglia ma ora che quella conversazione surreale stava volgendo al termine quasi mi dispiaceva lasciarlo li, da solo. Il prepotente, saccente e indiponente mago in fondo mi stava simpatico.
    Con un cenno di saluto e un abbozzo di sorriso poco convinto lo vidi allontanarsi verso il cimitero.
    Non c’era nessuno in giro a quell’ora, nessuno di vivo e visibile perlomeno.
    Il vento soffiava sinistro fra i cipressi e sentivo il rumore dei suoi passi che calpestavano la ghiaia e foglie secche del vialetto che facevano di fondo al sentiero.
    Rimasi in attesa di sentire lo sferragliare del cancello ipotizzando che avrebbe trovato il modo di aprirlo e mi chiesi, ancora una volta, chi mai potesse cercare in quel luogo in cui gli unici presenti erano assenti. Non escludevo nemmeno che, essendo il luogo dell’eterno riposo di babbani ma anche di maghi, questi ultimi non avessero operato sortilegi per proteggere i loro cari trapassati.
    Merlino, adesso si mette nei guai e non l’ho avvisato.
    Portandomi la mani alla bocca soffocai le parole spontanee che sorsero nel medesimo momento in cui avevo formulato il pensiero. Avrei dovuto pensarci prima per Morgana!
    Senza pensarci due volte cominciai a correre per il sentiero ghiaiato con l’intenzione di avvertire il mago del rischio ma quando arrivai a destinazione ciò che vidi fu la distruzione più totale. I resti di statue funerarie e lapidi spaccate ostacolavano il mio cammino e benedissi San Converse per avermi fatto venire l’idea di indossare scarpe comode. La polvere era ancora a mezz'aria e impediva la visibilità. Seguitando a correre incorsi nel rischio di inciampare più di una volta ma non accesi la bacchetta. Il rumore dell’esplosione non si era sentito ma una luce sarebbe stata ben visibile ed individuabile.
    Dopo essermi guardata d’attorno per qualche minuto finalmente vidi la sagoma, tristemente ormai ben nota, stagliarsi nel centro del cimitero e, incredibile ma vero, mi stava puntando addosso la bacchetta.
    In contemporanea sentii un suono che, li, in quel luogo e a quell’ora, non doveva proprio esserci. Un vento freddo prese a gelarmi le guance, mi trapassò i vestiti. Potevo sentire i brividi e la pelle d’oca sulle braccia; ero così attenta e concentrata che non diedi peso alla meraviglia espressa dall’uomo nel rivedermi così presto rispondendogli con la prima cosa che venne in mente.
    Ho sentito la tua mancanza in questi cinque minuti e ho pensato di raggiungerti. Punta dall’altra parte quell’affare prima che ci scanniamo fra noi. C’è qualcuno che canta in caso non ti sia accorto.
    Balzai prima al suo fianco e poi dietro di lui mettendo la mia schiena contro la schiena di quello scriteriato che con la sua prodezza aveva risvegliato non sapevo bene cosa anche se qualche dubbio lo avevo.
    Si accettano scommesse: molliccio od obscuriale?
    Non che ci fosse da stare particolarmente allegri, le due ipotesi non facevano affatto simpatia. Quello che temevo era che entrambe le figure oscure, o altro ancora che non riuscivo ancora a definire, fossero state messe a guardia del cimitero e se le mie previsioni erano giuste mentre loro cantavano noi avremmo dovuto ballare.
    Non deludermi e dimmi che sei anche maestro di danza altrimenti non ne usciamo bene.
    Un movimento nell’aria, quasi impercettibile per qualcuno non sottoposto a tensione, mi fece girare il capo. Una sagoma indefinita, eterea, probabilmente trasparente se non fosse stato per la povere che la rendeva appena visibile si staccò da terra e le sue intenzioni non parevano affatto buone. Un grido, non mio, e la bacchetta puntata verso la direzione della figura che avanzava.
    Ero fondamentalmente contraria ad usare la magia oscura ma in questo caso sentivo di non poter fare altro. Presi la mira e
    Crucio
    Il raggio rosso scaturì dalla mia bacchetta andando dritto verso il bersaglio e pregai, nonostante non credessi quasi in niente lo feci, che andasse a segno.
  5. .
    Non ci potevo credere ma avrei dovuto aspettarmelo. Un nome più grande del gatto, pomposo e pure difficile da pronunciare.
    Mi apre adattassimo questo nome per un gatto, hai dei gusti orribili. Te lo ha mai detto nessuno?
    Anche se qualcuno lo aveva fatto il risultato non cambiava, quell’uomo era pessimo da diversi i punti di vista, puntava sulla simpatia e cominciavo a capirne il motivo.
    Non mi disse di farmi i fatti miei nel rispondere alla mia domanda su cosa voleva andare a fare o a cercare al cimitero a quell’ora di notte ma mi sciorinò una storiella alla quale non avrebbe creduto nemmeno il più piccolo dei miei nipoti. Dubitavo molto del fatto che sapesse leggere, che avesse poi trovato addirittura un manoscritto tale a quello che descriveva e con le indicazioni di una pozione per far rivivere i morti lo classificava, ai miei occhi, leggermente più creativo del dovuto.
    Per caso non hai trovato anche la pozione per creare l’elisir di lunga vita? Magari anche Maria Antonietta era una strega e forse potrebbe averlo inventato.
    Non esisteva nessun tipo di pozione in grado di far ritornare alla vita i trapassati e questo lo sapevano anche i morti, soprattutto loro.
    Comunque se è un osso che ti serve…
    Con le mani frugai fra il pasto di Dobby che stava spilucchiando il pollo e le rubai l’osso della coscia porgendolo al mago.
    Questo è un osso. Se riesci a far rivivere questo povero pollo qualche speranza potresti anche averla.
    Modificato dal gergo garbato e forbito del mago il ‘fatti i fatti tuoi’ arrivò previsto e puntuale. Cominciavo a stare in pensiero.
    Era il secondo che ricevevo nel corso della serata e cominciavo ad annoiarmi. Cominciavo anche a chiedermi cosa ci facessi seduta nell’erba, nei pressi del cimitero di Aberdeen, a quell’ora, con un mago che non conoscevo e che era più indisponente ed irritante del verso della mandragola.
    Sollevai il pollice. Avevo capito e non gli avrei più fatto domande, nemmeno se mi avesse pregato di fargliene.
    Dobby aveva fatto onore al cibo, lisciai il pelo scomposto ed arruffato del suo manto e la sentii emettere una specie di fusa. A lei, in fondo, bastava poco per essere felice. Un pasto e un luogo caldo ed asciutto dove dormire. Avrei voluto fosse così anche per me. Gli umani avevano l’orrida capacità di complicarsi la vita aggiungendo alle loro priorità alcune cose oltre che ritenevano fondamentali ai bisogni primari.
    Il mago, per assurdo che fosse, dimostrò di conoscere nozioni di Storia della Magia rilevando e commentando la luminosità del pianeta della guerra e parafrasandola. Cose gravi erano successe in passato e cose gravi sarebbero successe in futuro. Incolpare l’astro del comportamento degli abitanti della terra serviva come alibi per non assumersi più responsabilità del dovuto.
    Sollevando il viso ed osservai il pianeta. Marte, il pianeta rosso, ritenuto responsabile di buona parte delle sciagure umane brillava nel cielo. Era un caso che fosse anche il pianeta dal quale venivano gli uomini? Ne ero poco convinta.
    Direi di no visto che ci ha fatti incontrare e finire accanto ad un cimitero in piena notte. I presagi non sono dei migliori. Potrebbe essere sufficiente come sciagura.
    Non volli aggiungere un punto di domanda alla fine della frase solo per non infrangere la promessa che avevo fatto a me stessa di non chiedere ma mi chiesi se non ci fossero altre e ben peggiori grane da affrontare. Il chiodo fisso di Claire non mi dava tregua; a tratti si affacciava alla mia mente facendomi preoccupare e ora ci si metteva anche Marte. Solo chi ha una famiglia, per quanto sparsa e stramba essa sia, sa quanto sono importanti i legami di sangue. Quando un ramo dello stesso albero è in pericolo è tutto l’albero a risentire. Pur non avendo stretti rapporti con mia nipote lei faceva parte del mio albero. Mi parve inutile comunicare lo sconforto al mago. Lui aveva altri pensieri, forse ancor più incasinati dei miei a giudicare dal suo comportamento. Le faccende di famiglia, noi McDolan, le sbrigavamo da soli.
    Faccio da sola grazie. Grazie anche per non aver cercato di affatturami. Te ne sono riconoscente.
    Il sarcasmo e l’ironia erano un buon modo, il mio modo, per nascondere ciò che realmente pensavo e provavo e pareva funzionasse.
    Declinando il suo aiuto a rialzami feci da sola ripulendomi del terriccio e dei fili d’erba che mi erano rimasti addosso. Dalla mossa dell’uomo mi parve di intuire che eravamo prossimi al commiato ma se era veramente il momento di salutarlo una piccola trasgressione potevo anche permettermela.
    Stendendo il braccio indicai, con l’indice teso, un punto davanti a noi. Se avesse guardato bene avrebbe intravvisto il viale dei cipressi che conduceva dritto al cimitero. Non poteva sbagliarsi.
    Non so cosa o chi tu stia cercando ma so come ci sente a non trovarlo. Sei quasi arrivato, non manca molto.
    Nessuna domanda e nessuna richiesta uscirono dalle mie labbra che rimasero sigillate mentre i miei occhi erano pensierosi e un po’ tristi.
  6. .
    .

    Mi ero sempre chiesta quale funzionalità mancasse al cervello degli uomini rispetto a quello delle donne; sarebbe stato interessante sapere che cosa gli impediva di fare più cose contemporaneamente. Ci riuscivo pure io che ero bionda.
    Con il garbo che lo contraddistingueva il mago rispose, a modo suo, alla domanda sul molliccio e mentì sul suo sentirsi bene.
    Ok, ok, non vorrei mai che i tuoi neutroni andassero per in tilt. “Il molliccio è mio e lo gestisco io”.
    Scimmiottando la patetica imitazione di uno slogan femminista, babbanisssimo per giunta, alzai ed abbassai le spalle facendogli chiaramente intendere che poteva tenersi le sue paure tanto lo avevo sgamato.
    In merito alla prima risposta poteva anche avere ragione, per la seconda si stava riprendendo, era un tipo tosto e non avrei dovuto raccoglierlo da terra anche perché la sua stazza era tale e tanta che mi sarebbe passata la voglia.
    Non serviva essere legiliemens per indovinare quanto grande fosse l’ego dell’uomo ma arrivare perfino a pensare di avermi salvato la vita…era troppo anche per lui. La risposta non si fece attendere ed arrivò bella secca.
    Ma davvero? Non me ne ero accorta. Ho avuto l’impressione che fossi parecchio occupato a non fartela nei pantaloni ma, ovviamente, è una mia impressione.
    Egocentrico e pure lestofante. L'imperio lo aveva casato eccome! Sarebbe stato interessante scoprire se aveva anche dei difetti oltre a così tante doti.
    Ma certo, è ovvio. Ora dirai anche che eri sempre assente alle lezioni di DCAO immagino.
    Con le mani mimai un cerchio che posi sul mio capo a mo’ di aureola ad indicare quanto lo ritenessi degno di essere in odor di santità.
    Avrei davvero voluto rimanere seria ma con quel tipo era quasi impossibile. O lo si prendeva a sberle o si la si buttava in caciara e non era proprio il caso di cominciare a menarsi per strada come due barboni. Ero una signora io e per quanto strano fosse quel tipo cominciava a divertirmi.
    Dobby è un bellissimo nome per un gatto e sono convintissima che le tue amiche non ci rimarranno troppo male se non chiami questo esserino innocente con qualcuno dei loro nomi.
    Chiamasse pure la micetta come voleva visto che aveva deciso di prendersene così teneramente cura ma per me sarebbe stata Dobby.
    Per meglio farmi intendere allungai la mani dando una carezza al manto ispido della cucciola.
    Piccola Dobby, non temere, lui scherza, non oserà altrimenti …io ero presente alle lezioni di DCAO, e ben attenta.
    Con la sfida negli occhi rivolsi all’uomo un ghigno dispettoso mentre il riso minacciava di rovinare un’immagine che voleva essere alquanto seria.
    La birra babbana forse non era un toccasana ma aveva avuto il merito di far sciogliere la lingua al mago che da qualche minuto riusciva ad infilare ben due frasi una dopo l’altra. A saperlo ne avrei presa una bottiglia di scorta. Bugiardo e pure ruffiano. La lista delle doti si allungava. Accennando a mia nipote le rivolse perfino un complimento ma nel sentirlo nominare Claire mi sentii profondamente in colpa per non essere ancora a casa a controllare che fine avesse fatto. Sapevo, da mia madre, che non stava passando un bel periodo a casa. Non avevo idea di cosa fosse successo ma era strano che mia sorella spedisse la figlia ad Aberdeen dai nonni e questo mi causava ansia.
    Claire ha solo diciotto anni, troppo pochi per essere tosta ma spero che siano sufficienti per non essersi cacciata nei guai. Mia sorella morirebbe se le fosse successo qualcosa.
    Dobby, quello ormai era l’unico nome col quale avrei chiamato la micia, pensò bene di rigurgitare il pasto sulla canotta del mago. Le schifezze delle quali si era nutrita non erano adatte all’età e allo stato denutrito della cucciola e non era insolito che i piccoli, di qualsiasi razza fossero, difendessero il loro stomaco rigettando quello che faceva loro male.
    Credo sia colpa tua. Ha espresso il suo parere circa il nome che pensi di appiopparle. Brava piccina, così si fa. Protesta!
    Non era mia intenzione protestare per il fatto che il mago si fosse ripulito e avesse provveduto a tenere al caldo la gattina. Lo avevo visto fare ben di peggio e non avrebbe avuto senso. Rimasi assorta era perchè stavo pensando a cosa avevo nella borsa. In genere conteneva ogni sorta di oggetto utile ma anche una quantità esagerata di ciò che molti ritengono superfluo. Per una donna non c’è quasi nulla di superfluo che non può stare dentro una borsa ma ero certa di non avere croccantini o cibo per gatti. Una dimenticanza alla quale avrei ovviato al più presto.
    Facendo mente locale infilai la mano nella sacca sulla quale avevo operato un incanto di espansione e cominciai a frugarci dentro alla ricerca di qualcosa di commestibile ma era impossibile trovarlo in mezzo a tutto quel casino ed un incantesimo di appello non sarebbe servito visto che non sapevo esattamente cosa appellare. Fermando la marcia verso il cimitero mi accostai al ciglio della strada e con un sussurrato ‘lumos’ feci scaturire dalla punta della mia bacchetta una luce sufficiente ad illuminare il terreno. Senza troppo starci a pensare svuotai il contenuto della borsa dalla quale uscì un marasma indescrivibile di piccole e grandi cose fra cui una tenda ben ripiegata e completamente arredata, un mazzo di fiori, diverse boccette di profumo, un set completo di pronto soccorso e chi più ne ha più ne metta. Frugando con le dita nell’erba finalmente riuscii a scovare qualcosa di utile, nel senso di commestibile. Uno zuccotto di zucca e ben due cioccorane una delle quali fu velocissima a saltare e sparire nel buio. Riuscii ad afferrare l’altra con uno scatto fulmineo e la strinsi fra le dita ancora recalcitrante.
    Dal niente no ma questo è cibo ed è per Dobby.
    Non ero male in trasfigurazione e non doveva essere poi tanto difficile trasformare un zuccotto di zucca in una coscia di pollo. Detto e fatto una succulenta e profumata coscetta, già sminuzzata, era pronta per dar nutrimento alla gattina. Era così piccola che ci avrebbe messo un po’ per mangiarla ma confidavo che l’avrebbe gustata e che non le avrebbe fatto male.
    Conviene che ci sediamo un attimo per lasciare che la micia possa mangiare senza fretta se non vuoi che ti vomiti addosso di nuovo.
    Nel tempo di un battere di ciglia tutto il contento sparso sull’erba tornò dentro alla sacca che andò a riappendersi alla mia spalla. Porsi all’uomo la ciccorana affinchè ne facesse quello che voleva, pure il Kebab se ci riusciva e se lo desiderava.
    No, non manca molto al cimetero. A quest’ora sarà sicuramente chiuso ma immagino che questo non sia un problema vero?
    Era una domanda puramente retorica alla quale diedi io stessa la risposta alzando gli occhi al cielo. Continuava a piovigginare ed eravamo entrambi zuppi. Non che mi dispiacesse, amavo la pioggia come amavo tutto ciò che aveva a che fare con l’acqua, con il fresco e con l’umido.
    Sua Signoria si offende se le chiedo cosa caspita deve andare a fare al cimitero a quest’ora? Non mi risulta vendano Kebab da quelle parti e non penso nemmeno che ci sia qualcuno con cui scambiare quattro chiacchiere .
    Seduta a gambe incrociate sull’erba pensai fosse giunto il momento di dare una rinnovata al look. Le mie scarpe con i tacchetti presto la consistenza e la sostanza di comodo paio di Converse che avrebbero protetto i miei piedi dalle pozzanghere e reso il passo più comodo e veloce.
  7. .
    Quello che accadde in seguito non avrebbe dovuto stupire più di tanto uno strega, non era affatto comune spaventarsi per un topo e sentirsi sollevata per la vista di molliccio per una purosangue. Dovevo ammettere che la mia atavica repulsione per i ratti avrebbe dovuto essere oggetto di studio in quanto la loro vista mi paralizzava completamente.
    Non fu tanto la trasformazione del sorcio a stupirmi quanto la forma che prese e furono soprattutto le parole dell’uomo a lasciarmi nuovamente di stucco.
    Sparito il ratto ricominciai a respirare, le spalle si rilassarono e la muscolatura del collo tornò ad essere funzionale tanto da potermi girare verso l’uomo e poterlo guardare in viso.
    Hai posto la domanda in maniera inesatta. Il problema non è cosa ci fa un molliccio ad Aberdeen ma cosa ci fa il TUO molliccio qui e ora.
    Era inutile che tentasse di sviare il discorso, i mollicci non apparivano a caso. Essendo la rappresentazione delle paure dei maghi assumevano la forma che più ci terrorizzava ed avevo avuto modo di osservare il panico nel viso dell’uomo mentre castava il Riddikulus.
    Avevo visto fin troppo chiaramente il viso della donna che si era avventata contro l’uomo gridando, avevo visto il sangue e le ferite sul suo volto. Per quanto si trattasse di uno sconosciuto non potevo rimanere indifferente verso tale visione.
    La mia spavalderia, la solita che mostravo e che serviva a nascondere e proteggere la timidezza della quale tanto mi vergognavo, subì un duro colpo. Non avrei voluto e dovuto lasciarmi coinvolgere ma di fatto lo ero. Ero presente e far finta di nulla non era da me.
    Deglutendo per ingoiare l’eccessiva salivazione dovuta all’adrenalina che sentivo scorrermi nelle vene alzai la destra sventolandola come a voler sminuire l’impatto della scena appena osservata.
    Ho un problema con i ratti, mi terrorizzano. Sto bene ora, grazie. Tu piuttosto, mi sembri pallido.
    Se la mia reazione era stata infantile e non consona ad una purosangue quella dell’uomo era altrettanto strana ma non ebbi il tempo di formulare domande in quanto un nuovo elemento venne a completare il quadretto idilliaco di una serata tranquilla e rilassante.
    La scena a cui assistetti, fra le tante, fu quella che più mi colpì. Un cucciolo di gatto affamato e scarno, forse attratto dal trambusto o forse dall’odore dei resti di cibo sparsi attorno al cassonetto del pattume attirò l’attenzione di entrambi ma fu il Mago ad avere la reazione più pronta. Rimasi a guardarlo, osservai con quanta dolcezza e delicatezza si prendeva cura della piccola creatura e compresi che, davvero, le apparenze a volte potevano ingannare. Sotto quella scorza da duro correvo il rischio di scoprire un’animo sensibile. Chi ama gli animali difficilmente ha animo cattivo anche se ero sempre stata convinta che le bestie potevano essere di molto migliori degli uomini. Attaccavano ed uccidevano solo per soddisfare bisogni primari e per difesa a differenza degli umani che erano in grado di ferire ed uccidere per i più svariati e stupidi motivi.
    Non ero affatto certa di riuscire a nascondere la tenerezza che provai nell’osservare quell’uomo grande e robusto mentre prendeva fra le mani il corpicino minuscolo e tremante della micetta. Mi avvicinai all’insolita coppia ed allungai, lentamente, la mano, per posare una carezza sul capo della cucciola arruffandole il pelo.
    Sai che sei strano straniero? Se non ti avessi visto con i miei occhi castare Imperius e Riddikkulus non crederei a ciò che vedo ora. A proposito, ti dispiacerebbe spiegarmi?
    Pensai fosse inutile e superfluo aggiungere altro. Avrebbe sicuramente capito a cosa mi riferivo senza che scendessi nello specifico.
    La domanda che mi sentii porre mi diede l’opportunità di insistere, più o meno velatamente, affinchè soddisfacesse quella che a mio avviso era una curiosità legittima. Con una occhiatina sbieca gli rivolsi un timido sorriso. Stupirmi della sua richiesta, a quel punto, mi pareva perfino un paradosso. Non c’era stata una cosa ‘normale’ in tutta la serata. Il cimitero era solo la rossa e un po’ lugubre ciliegina da aggiungere ad un dolce nato strampalato.
    Certo che so dov’è il cimitero. Se vuoi ti ci accompagno. Dovrò fare una deviazione e allungare la strada per casa ma ormai temo che per stanotte non riuscirei a ritrovare Claire in ogni modo, questa piccoletta ha bisogno di nome ed io di qualche risposta. Tremo al pensiero di come potresti chiamarla senza il mio aiuto.
    Era dote e difetto di tutti noi McDolan, mia madre esclusa, cercare di dare più importanza la bicchiere mezzo pieno piuttosto che a quello mezzo vuoto e anche se quell’incontro era partito col piede sbagliato pensai che forse era recuperabile. Era mia ferma convinzione che le cose non accadevano per caso, c’era sempre un motivo e mi era sorta la curiosità di scoprire quale fosse il senso di quell’incontro.
    Con la destra indicai una stradina che rimaneva sulla destra rispetto a noi. Sapevo essere asfaltata solo per un tratto, in seguito sarebbe apparsa sterrata e limitata da cipressi. Non che fosse l’ideale far fare un giro turistico ad uno straniero di notte ma erano i ratti a spaventarmi e non i morti. I vivi erano ben più pericolosi dei defunti e davanti a me avevo un uomo vivissimo. A torto o a ragione non temevo neppure la presenza dello straniero. Se avesse avuto voglia o motivo di attaccarmi le occasioni non gli erano mancate.
    In attesa che mi si affiancasse, mentre indicavo il percorso, mi rivolsi alla gattina.
    Vediamo un po’ piccoletta…come vorresti essere chiamata? Dobby!
    In effetti la micetta somigliava ad un elfo. Gli occhioni immensi in un visetto spaurito ricordavano molto la fisionomia delle magiche creature che servivano i maghi.
  8. .
    Fin dall’arrivo del gufo di mia madre avevo avuto la sensazione che quella storia potesse diventare complicata. Quello che non mi sarei aspettata era di trovare, in quel locale, un tipo di clientela così poco incline all’ascolto. Si trattava pur sempre di una ragazza molto giovane, poteva essere in pericolo ma nessuno, in quel posto, pareva prestasse attenzione alla mia richiesta.
    Solo il Mago che aveva castato l’incanto rispose al mio appello ma non era certo quel tipo di risposta che mi avrebbe aiutata ad avere notizie di Claire.
    Ha proprio ragione. In questo locale mia nipote non avrebbe mai messo piede.
    Non potevo esserne certa ma il fatto che il tipo avesse dato per scontato per potesse essere una sfigata mi aveva urtato i nervi. Claire faceva parte della mia famiglia e sentirla appellare in quel modo da un perfetto sconosciuto che nemmeno sapeva della sua esistenza mi fece venire l’impellente voglia di girare i tacchi e andare a bere la mia birra.
    Anche di spalle udii perfettamente l’uomo farmi la ramanzina per aver mostrato una foto magica. Se non fosse stato patetico il tentativo sarebbe anche stato simpatico. Aveva appena castato un Imperius e rampognava me per aver esibito una foto sgualcita, sbiadita e …animata. Tutti i torti non li aveva, sapevo riconoscere un errore. Ero stata incauta.
    Mi girai ad osservarlo e vidi che stava radunando le sue cose. Vidi anche il suo indice salire verso la sua tempia. La metafora era chiara ma mettersi a discutere con un ubriaco, aveva appena ammesso di esserlo, in un luogo pieno di ubriachi e di ochette starnazzanti mi pare quanto meno inutile, una mera perdita di tempo.
    Alzai gli occhi al soffitto mostrando modesta insofferenza alle sue parole. Non avevo bisogno dei suoi consigli. Ero abilissima a sbagliare da sola.
    Percorsi i pochi passi che mi separavano dal bancone e mi appoggiai allo sgabello dando finalmente ristoro alla sete che stava diventando insostenibile. Dopo un paio di sorsi mi sentivo già molto meglio. La rossa scivolava lungo la gola fresca e amara, proprio come piaceva a me. Attratta e distratta dai movimenti di Mister tifacciolapredica lo segui con lo sguardo e lo vidi dirigersi verso il tavole delle ragazze. Il locale intanto si stava svuotando e riuscii a cogliere qualche frase che mi permise di capire a cosa fosse dovuto quello stravagante abbigliamento per una serata molto alcolica. Se il mio senso della contestualizzazione non mi tradiva si tratta di un addio al nubilato. Non riuscii a capire chi fosse la futura sposa ma più che una festa pareva presenziassero ad un funerale. I pianti si sprecavano e non era chiaro se fossero così tristi per il conto che avrebbero dovuto pagare per la sorte della sposina. Non che mi importasse, non erano fatti miei. Il mio pensiero era già proiettato oltre, verso casa dove speravo di trovare risolta una situazione o, almeno, di avere rassicurazioni circa Claire nel caso contrario mia madre avrebbe dato in escandescenza e mio padre si sarebbe chiuso in un mutismo che sarebbe terminato solo a vicenda finita. Avere una famiglia comportava anche dover comprendere e sopportare modi di fare e carattere dei suoi membri ma era la mia famiglia e mi ritenevo di fortuna al averla.
    Cincischiando col bicchiere fissai le goccioline di condensa che scendevano lungo i bordi seguendone le linee ondulate. La birra, una birra, era il massimo dell’alcol che riuscivo a sopportare e preferivo berla lentamente onde evitare che mi desse alla testa.
    Finii di bere senza più curarmi di altro che del pensiero di tornare a casa. Pur non essendo lontano avrei dovuto fare una passeggiata per arrivarci. Non me la sentivo di azzardare la smaterializzazione dopo aver bevuto, non essendo abituata a farlo temevo di spaccarmi ed era meglio arrivare in ritardo ma intera.
    Pagai la bevuta lanciando un’ultima occhiata al tavolo delle ragazze. Stavano bevendo un’ulteriote giro di shot e mi chiesi a che numero fossero arrivate. Probabilmente avevano superato la decina a giudicare dal loro stato.
    Uscendo dal locale respirai a pieni polmoni. Piovvigginava e il vento stava rinforzando, probabilmente era in arrivo un temporale. Sollevai il cappuccio dell’impermeabile per ripararmi. Avrei potuto usare la magia per non bagnarmi ma pensai che non fosse il caso. Mi piaceva la pioggia e per quella sera c’erano già stati abbastanza inconvenienti dovuti alle bacchette. La mia era ben riposta e celata nella tasca interna del soprabito che mi strinsi addosso per puro istinto. Non sentivo freddo e amavo l’umida stagione autunnale che stava per arrivare.
    Camminando a capo basso, pensierosa ed attenta a dove mettevo i piedi, cercavo di scansare oggetti e pozzanghere sulla via fermandomi, di quanto in quanto, per aggirarli.
    Quasi traslii udendo una voce, la stessa voce che avevo udito farmi le pulci nel locale.
    Mi fermai di scatto sollevando il viso per inquadrare la figura dell’uomo nella quale non esitai a riconoscere il Mago che avevo incontrato nel pub.
    Non poteva essere che ogni volta che quell’uomo si rivolgeva a me fosse per rimproverarmi. Non era mio padre e nemmeno mio fratello per quel che ne sapevo.
    Inspirai profondamente prima di rispondergli. Non volevo perdere la calma ma mi stavo stufando di essere trattata come una scolaretta che sbaglia i compiti.
    Tu lo sai che è presuntuoso dar per scontato ciò che potrebbe sembrare ma che è ben lontano dall'essere?
    Non c’era un motivo al mondo per cui avessi dovuto seguire qualcuno, men che meno uno sconosciuto dall’aria arrogante.
    Ero passata al tu senza nemmeno accorgermene cosa che di solito non facevo con chi non conoscevo. Colpa della birra e dei modi sgarbati dell’uomo che non inducevano a gentilezze.
    D’un tratto, da dietro il bidone dell’immondizia, udii un movimento che attirò la mia attenzione mettendo in allerta i sensi. Il rumore di lattine lasciate incivilmente accanto al raccoglitore e di cartacce che scricchiolavano denunciava la presenza di qualcuno. Di chi si trattasse era impossibile saperlo vista la scarsa illuminazione e la protezione del manufatto.
    Dando addio ai buoni propositi di non usare la magia sentii la destra, guidata più dall’istinto che dal ragionamento, salire verso la tasca e raggiungere l’impugnatura del catalizzatore. Con lo sguardo fisso nel punto da cui era scaturito il rumore strizzai gli occhi per focalizzarne l’origine. Non prestai attenzione all’uomo, non ero certa avesse visto e neppure udito e non ero neppure certa che sarebbe intervenuto in caso di bisogno. Visti i tempi che correvano e il luogo dove mi trovavo era prudente stare all’erta.
    Avrei dovuto tirare un sospiro di sollievo quando realizzai chi era l’artefice del ruomore. Invece di sfoderare la bacchetta feci un salto indietro, forse anche due, e mi portai la mano alla bocca per soffocare un grido. La viscida coda un topo gigante stava sparendo sotto l’ammasso di immondizia. Erano poche le cose mi suscitavano ribrezzo quanto un ratto. Era più forte di me, scattavo come una molla e mi veniva da gridare. Il mostro, forse più spaventato di me, si ritirò sotto il cumolo di sporcizia ma pur non vedendolo intuivo che c’era e questo mi paralizzava. Sentivo i suoi occhietti malefici fissarmi da sotto le cartacce, immaginavo i baffetti che vibravano e le narici che si dilatavano nel cercare di captare l'odore.
    Deglutendo girai il viso quel tanto che bastava per non perdere di vista il luogo in cui si era nascosto quello che era il mio incubo, il mio molliccio e per inquadrare il mago.
    Fai qualcosa per Merlino
    Sussurrai ringhiando fra i denti.
    Aveva castato un imperio su un’uomo poteva ben immobilizzare un topo!.
  9. .
    .

    Il gufo di mia madre mi aveva colta di sorpresa. La maledetta bestiaccia doveva essersi fermata a fare il bagno da qualche parte; il messaggio che portava era solo parzialmente leggibile ma il tono era estremamente serio. Mia nipote Claire, figlia di mia sorella, era sparita. Sapevo fosse ospite a casa dei miei e da quel che intuivo dalla missiva non era tornata a casa a dormire.
    Strano chiamasse proprio me e non sua madre, conoscevo appena mia nipote, la ricordavo molto piccola e per questo mia madre aveva ben pensato di allegare alla lettera una sua foto che, ovviamente, essendosi bagnata, risultava molto confusa. La cosa mi era apparsa così insolita da indurmi a partire immediatamente anche se l’ora era piuttosto tarda. Risiedevo a Londra in quei giorni, nell’appartamento ricevuto in eredità da una lontana parente e per fare in fretta usai la smaterializzazione prendendo come destino il porto di Aberdeen. La mia famiglia era originaria della Scozia da generazione e tutti noi McDolan eravamo nati ad Aberdeen. Probabilmente la diciottenne si era intrattenuta nel luogo più vivace della cittadina e aveva perso di vista l’orario. O il senno. Un’adolescente è una bomba ad orologeria innescata e basta poco a farla esplodere. Un ragazzetto carino che ci prova, uno o due o tre bicchieri di troppo per testare la resistenza all’alcol ed ecco che il senso del tempo andava a farsi friggere.
    Consapevole che ci fossero buone probabilità che al mio arrivo la peste fosse già rincasata e stesse beatamente dormendo nel suo letto mi rassegnai a subire il disagio del modo di viaggiare più veloce che i maghi avevano a disposizione e quando sentii sotto la suola delle scarpe la famigliare pavimentazione del porto controllai di non aver perso nessun pezzo per la strada: La borsa c’era, debitamente incantata ma c’era. L’impermeabile anche, i jeans e la leggera maglietta chiara che erano la mia tenuta da viaggio pure. Non mancavano nemmeno i tacchi, non altissimi, delle scarpe.
    Raddrizzando le ginocchia che si erano piegate a causa dell’impatto col terreno la prima cosa che feci fu annusare l’aria. L’odore del mare riempì le mie narici avide di quello che consideravo il profumo migliore del mondo, quello dell’acqua salmastra.
    Forse ero un caso raro o addirittura unico ma la smaterializzazione mi faceva l’effetto di farmi atterrare assetata; era come se la pratica assorbisse o eliminasse buona parte dei liquidi del mio corpo. Conoscendo bene Aberdeen sapevo esserci nei paraggi un locale, forse l’unico, ancora aperto a quell’ora. Casa dei miei non era lontana, se mi fossi presa qualche minuto per ristorarmi non sarebbe stato un dramma e non avrebbe cambiato le sorti di Claire.
    Mentre mi incamminavo pensai, non senza ridacchiare, che non avrei voluto essere nei panni della ragazzina al suo ritorno. I miei erano stati estremamente severi con noi figli e di certo non avrebbero risparmiato alla nipote una indimenticabile lavata di capo.
    La zona del porto di Aberdeen, come quasi tutte le zone portuali, di notte era animata dalla peggior specie di energumeni per i quali bere era un passatempo, l’unico passatempo che si potevano concedere e non si trattava di succo di zucca.
    Il mio piede, dopo una decina di passi, urtò una lattina, e dopo altri cinque una bottiglia vuota. Al quindicesimo inciampai, causa la scarsa illuminazione e la sete pressante, nel corpo di un ubriaco steso in mezzo al passaggio. Scavalcai il poveretto puntando dritta verso le luci del locale a cui ero diretta e che ormai cominciavo ad intravvedere.
    Il vento portava musica e voci fino alla mia portata e queste si facevano sempre più forti mano a mano che, fra altri mille ostacoli che avevano messo a dura prova i miei pur modesti tacchi, mi avvicinavo a quello che pareva più un ritrovo di disperati che un pub.
    Ero già in vista della porta del locale quando una ragazzina, dell’età approssimativa della mia fuggitiva nipote, uscì correndo con una mano alla bocca. Indossava forse un costume da carnevale anche se non era periodo visto che settembre era appena iniziato. Aveva un fiocco di tulle in testa e, per quello che mi era dato vedere, una gonna da ballerina classica. Non c’erano più le ragazze di una volta, l’eleganza era morta, sepolta da fiocchi vistosi e sottane che non coprivano nemmeno l’inguine. La vidi svolare l’angolo e sentii i conati del vomito giungermi alle orecchie.
    Ecco dove può essere finita.
    Il pensiero di pendere due piccioni con una fava, bere e trovare la fuggiasca, mi rinfrancò lo spirito e ce ne voleva parecchio per entrare in quel posto.
    Alzando gli occhi ad un cielo stellato mi apprestai ad abbassare la maniglia e ad entrare alla ricerca di qualcosa da bere e di una nipote scriteriata.
    La scena che mi accolse aveva il sapore, l’odore e i suoni dei vecchi film western che i babbani proiettavano all’oratorio per i ragazzini la domenica pomeriggio come premio per essere andati a messa. Non credente e non babbana non ero mai stata invitata a quel tipo di festa ma durante l’estate, quando ero in vacanza, le proiezioni erano all’aperto e con i miei fratelli ci arrampicavamo sugli alberi che facevano da scudo e perimetro all’improvvisata sala cinematografica per guardarceli.
    Pance gonfie di birra, visi rubizzi, occhi resi languidi dal troppo bere furono le prime cose che colsi entrando. Gli schiamazzi di una tavolata di ochette infiocchettate come quella che avevo appena visto uscire furono le seconde.
    Prima ancora di avere la possibilità di accertarmi che del Campidoglio non facesse parte anche Claire fui fulminata da una parola che conoscevo molto bene. Fulminata mentalmente e non fisicamente. La maledizione che avevo udito non era diretta a me e neppure alle paperelle che un attimo ridevano e quello dopo piangevano e solo Merlino sapeva il perché.
    Nella confusione era difficile capire chi aveva cominciato e chi avrebbe dovuto finirla. Il genio che aveva castato la maledizione in un luogo pubblico, con decine di testimoni, ubriachi ma pur sempre testimoni, stava riponendo la bacchetta mentre un altro stava sganciando la grana. Le uniche parole che riuscii ad udire in mezzo a tutto quel casino furono ‘scopato mia moglie’ e frocetto. Insieme, dirette alla stessa persona, non avevano alcun senso ma mi sfuggiva il contesto e la mia insegnate di Storia della Magia diceva sempre che era necessario ‘contessstualllizzare’ per comprendere.
    Se ancora avessi avuto la mansione di Auror non mi sarei potuta esimere dal puntare il mio catalizzatore verso l’incauto mago che aveva castato l’Imperio e legarlo come un salame prima di chiamare e rinforzi e denunciarlo al Ministero che avrebbe mandato gli obliviatori. Avremmo fatto mattina se non pomeriggio seguendo tutta la procedura canonica ma quella era la sera fortuna dello sconosciuto. Era una semplice seppur fantastica Spezzaintesimi e non era mio dovere ne mio diritto puntargli addosso alcunchè tranne un’occhiata sbieca che fu notata, fra gli altri, anche da un tizio ben pasciuto e meglio abbeverato che mi diede una gomitata, presumo, in segno di solidarietà. Non so per quale motivo il suddetto tizio mi si affiancò con la pretesa, affatto gradita e mano ancora desiderata, di condurmi verso il bancone.
    Davvero, vorrei molto approfittare della sua gentilezza ma faccio da me.
    Gli occhi azzurri erano diventai cupi mentre mi rivolgevo all’ometto calvo che continuava a spingermi correndo il serio rischio di farmi perdere la pazienza.
    Strattonai il gomito liberandomi della zavorra e mi avvicinai al bancone chiedendo una birra e raccomandandomi che fosse ben fresca. La birra tiepida era una delle cose peggiori che si potesse immaginare di bere.
    Mentre il banconista spillava la birra estrassi dalla borsa la fotografia di Claire. Era solo parzialmente riconoscibile ma era sempre meglio di niente.
    La osservai facendo alternare lo sguardo dall’immagine, animata, che tenevo fra le mani, e il gruppo di ragazze vestite a carnevale non riconoscendo, a prima vista, in nessuna di loro la figlia di mia sorella. Non sapevo se esserne felice o meno ma non volevo lasciare nulla di intentato e seppur con poche speranze mi avvinai al tavolo dal quale avevo sentito castare l’incanto proibito. Ad una occhiata veloce che non si soffermò a lungo su nessuno in particolare esibii la foto della ragazza. Per quanto avventato che fosse quello che aveva fatto il misfatto era sicuramente un mago ma gli altri mi sembravano tutti, o quasi tutti, babbani.
    Per caso aveste visto questa ragazzina in giro?
    Dalle espressioni vuote che potevo osservare dubitavo perfino che potessero comprendere ciò che dicevo ma se c’era anche solo una possibilità di avere notizie di Claire dovevo tentare.
  10. .
    .

    Lasciate qui i vostri messaggi. grazie. Risponderò tramite Grace, la mia civetta.
10 replies since 19/8/2020
.
Top