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    "Ok, buona idea." Continuo a parlare con tono di voce basso, quasi impercettibile. Sarà di sicuro più comodo che rimanere in bilico sulle tegole di un tetto, rischiando oltretutto che suo padre o chiunque altro ci senta. La situazione tra i nostri genitori continua ad essere complicata e sono abbastanza certa pesi ad entrambe, come un senso di colpa che proprio non vuole saperne di andarsene. Se non fosse così, non saremmo così rigide e guardinghe e ci staremmo già facendo un giro per il vialetto urlando imprecazioni stupide e sgranocchiando qualche pacchetto di patatine nonostante l'orario poco consono. Perché io e Roxy siamo fatte così. Chiunque riconoscerebbe l'anomalia nei nostri gesti, nelle nostre parole, in noi. Ma è un comportamento che ha delle ragioni, forse non completamente chiare l'una all'altra, perché diramate in rimorsi che prendono direzioni molto più profonde di ciò che sembra. Che senso avrebbe ignorarci per esserci ritrovate in un guaio da cui siamo uscite senza particolari problemi? Raggiunto quattamente il muretto dietro casa sua, mi ci siedo a gambe incrociate, la schiena ricurva e le braccia rannicchiate al petto nel tentativo di scaldarmi o perlomeno non soccombere alle gelide temperature di una notte di dicembre. Avrei potuto scriverle. Avrei potuto scegliere qualsiasi altro momento e punto d'incontro per chiarirci lontane da occhi ed orecchie indiscrete... ma non ho resistito. La mancanza si è fatta sentire. Mi sono detta che se avessi rimandato ancora una volta, non sarei mai riuscita ad agire sul serio. Così questo momento è arrivato e finalmente, tra un tentennamento e l'altro, ho l'opportunità di capire come stiano le cose, se lei sia arrabbiata per la mia sparizione e quanto tragica sembri la situazione tra i nostri genitori. "Come stai? Hai la faccia di un cadavere e dico che non dipenda solo dal sonno." Provo a rompere il ghiaccio, ad avanzare qualche battuta prima di ritornare alla serietà di cui abbiamo bisogno, ma è complicato. Non riesco a lasciarmi andare del tutto, perché c'è troppo freddo tra noi, troppi dubbi ed interrogativi a vagare tra i nostri corpi. Non passa molto tempo prima che io vada al sodo, gli occhi dispiaciuti e colpevoli a puntarsi nei suoi. "Volevo scriverti mentre stavo a scuola, ma non sapevo esattamente cosa dire." Una giustificazione che non uso come uno scudo. Semplicemente le rivolgo la mia più totale sincerità, sebbene dalle poche parole che pronuncio per il momento non possa capire granché. "E poi non avevo molta voglia di parlare con le persone..." Non lei, né nessuno. Mi sono allontanata da tutti e l'ho fatto per codardia, raccontandomi di voler ricominciare da capo. Non puoi cambiare, però, se ti dimentichi di ciò che ha fatto parte del tuo passato.

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    "Smetti di rendere le cose così dannatamente imbarazzanti, maledizione!" Sbotto dinanzi alla sua incredulità, sentendomi sempre più stupida nell'intraprendere questa conversazione - non che potessi aspettarmi diversamente visto l'argomento intavolato... soprattutto trattandosi di lui! - ma sono costretta ad andare avanti. Non ho percorso tutti questi chilometri, mobilitando persino mia cugina, per starmene con le mani in mano. L'imbarazzo non mi impedirà di risolvere questa faccenda così scomoda. Continuare a rivolgergli il mio nervosismo sembra l'unico modo per uscirne senza morire dalla vergogna. Più o meno. "Bellissima... cosa?! Ma sta' zitto! Chiudi quel cesso." Rispondo al suo complimento, incapace di accettarlo. Ma cosa gli salta in mente? Vuole mandarmi in autocombustione?! Stupido Drayton, lo odio. Ed odio ancora più me stessa per essermi convinta a rivolgermi a lui per fare... quello che abbiamo fatto! Questa situazione è ridicola. Lo spintone che gli rivolgo mentre camminiamo, prima che il mio sguardo si rivolga completamente altrove, a tutto ciò che ci circonda, pur di non incrociare ancora i suoi occhi o anche solo il suo viso concentrato su discussioni che non riesco a reggere. "Quindi ti stai dando le colpe che mi stavo dando io? Non è una gara, nessuno ha costretto nessuno, chiaramente, quindi smettila con questi piagnistei." Mi sento sollevata, anche se solo in parte. Per il resto continuo a sentirmi strana. Le sue parole mi fanno impazzire e non mi si può mica biasimare! Perché gli importa così tanto? Perché si sente in colpa per me?! Sono stata io a trascinarlo in questo casino, a scegliere il luogo, l'ora e la modalità. Dovrei dargli addosso solo perché non mi ha detto di no? Non ha alcuna logica. Non mi va. "Smettiamola entrambi, ok? Immagino fosse meno grave di quel che pensavo, meglio così." Eppure non riesco a sentirmi più tranquilla. C'è ancora quest'ombra di rimorso che mi si è appiccicata addosso e non vuole andare via. Fa veramente schifo. E non capisco come porvi rimedio. "Comunque credo che faccia sempre schifo, la prima volta. Mia cugina me lo ripeteva in continuazione, ma non mi era mai importato prima." Una sorta di bugia. C'è stato un periodo in cui i maschi mi facevano vomitare, un po' come i rapporti affettuosi, le moine o le coppie in generale. Stavo bene da sola, mi dicevo "piccola" per addentrarmi in certi contesti ed anche raggiunta l'età in cui di norma ce ne si interessa, non avevo voglia di sperimentare. Si è trattato anche per me di una vagonata di novità che non avevo la minima idea di come gestire. Ed a quel punto sono iniziati i miei problemi. Mesi e mesi di domande, di dubbi ed incertezze, un continuo rimuginare su questo genere di cose... fino a quando Reid non ne è rimasto intrappolato. E' stato un percorso lungo, non mi stupisce come sia andato a finire. Forse, però, non si trattava che dell'inizio ed io devo ancora realizzarlo. "Non sei andato... male! E' solo stato doloroso... o fastidioso, per meglio dire." Mi mordo le labbra, sbuffando vistosamente nel pronunciare quelle ultime parole, come potessi scacciare tutto l'imbarazzo che provo prima che mi faccia venir voglia di urlare o piangere. "La parte prima era ok." Che incoraggiamento da idiota.

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    Perché ogni volta che mi ritrovo davanti al Drayton mi pento di qualunque idea mi sia balenata in mente portandomi a cercarlo? Dev'essere lui il problema, quell'atteggiamento da deficiente che riesce a sovrastare persino il suo essere arrogante. E' fastidioso. E' uno stupido! ...E sì, mi rendo conto di star solamente accampando scuse - mentali? - per mascherare il disagio che provo, quello che i miei sensi di colpa hanno inevitabilmente messo su senza darmi scampo. Odiarlo o fingere di farlo mi sembra la scappatoia ideale, l'unica via d'uscita da una profondità che non sento di poter rivolgere a nessuno in genere. Ancor meno a lui. Non ho voglia di cominciare a guardarlo con occhi diversi perché abbiamo condiviso qualcosa di... beh, importante? Lo sembra più per lui che per me ed è questo a darmi il tormento. Sapere che per Reid sia stato stressante più a livello emotivo che fisico, mi fa impazzire. Suppongo sia la maledizione dell'essere una brava persona, dannazione. Non riesco a dimostrarmi menefreghista come vorrei e forse ho accumulato troppi disagi nel corso degli ultimi mesi per poter resistere ancora, persino con lo scozzese... greco... qualunque sia la sua nazionalità! Mi importa meno di quel che do a vedere poco. Molto poco. Già. Ad essere onesti mi sento comunque in parte sollevata dal suo atteggiamento, sebbene quasi mi prenda un colpo quando pronuncia quella parola con la "i" che mi fa dannatamente venire i brividi! "Eh?!" Almeno mi dà una scusa accettabile - o quasi - per rivolgergli le solite note di fastidio che gli riservo sempre. "Cazzo, Reid, sei proprio un coglione! No!" Il suo straparlare mi manda ai matti. Lo fa perché si concentra su troppi dettagli che io sto cercando invece di mettere da parte. Non riusciamo mai a collimare, sembra inevitabile che tutti i nostri incontri si trasformino in scontri più o meno accesi. Due teste dure, troppo per poter calmare gli animi e decidere di dedicarsi ad un po' di civiltà. Immagino che il problema sia principalmente mio, con tutti i particolari esistenti su cui mi impongo categoricamente di non porre l'attenzione trascinando lui nella mia gabbia di limiti che non dovrebbe mai competergli. E' che non ci incontriamo a metà strada, perché non gli permetto di farlo. Continuo a dirmi di non avere bisogno di altre compagnie, di sopravvivere egregiamente con le pochissime, uniche amicizie che mi restano e con la mia famiglia - o quel che ne rimane, ma ci stiamo lavorando - e poi, in momenti di sconforto e lucidità, mi rendo conto che non mi basti mai davvero. E' il Drayton, maledetto stronzo, ad aver lasciato che certi tarli si insidiassero nella mia testa e non sopporto di esserne vittima, né di dovervi soccombere. Ancor meno, sopporto l'idea di non riuscire a fare a meno che succeda. Quindi, ancora una volta, mi impongo di calmarmi, di respirare profondamente e dare una possibilità in più a... lui? Noi? Devo ancora capirlo. "Camminiamo." Accondiscendo alla sua proposta, uno sbuffo ad accompagnare la mia risposta, per mascherare il disagio avvertito. Ancora. E me ne resto in silenzio per un po', nei primi minuti di avanzata del nostro percorso. Ne ho bisogno per mettere ordine ai pensieri, per non rendere vano il mio arrivo fino a qui, né il nostro incontro. Ho finto fino ad ora mi servisse solo per ripulirmi la coscienza, eppure poco a poco mi ricredo. Magari in fondo lo sapevo già che ci fosse dell'altro, ma ho troppa difficoltà ad ammetterlo a me stessa, figurarsi farlo mentre gli occhi altrettanto imbarazzati di Reid scorrono a tratti sul mio volto, poi sul paesaggio che ci circonda. E' un bel posto, ma non riesco a goderne appieno. C'è altro che preme sulla mia coscienza e finalmente, dopo diversi istanti, mi decido a farglielo presente. "Ok, salto i convenevoli perché girarci intorno mi farebbe solo venire voglia di urlare e mollarti un pugno per il nervoso, quindi vado al sodo." Un incipit brusco, ma piuttosto chiaro. Non sono realmente arrabbiata con lui, piuttosto con me stessa e voglio che lo capisca. "Sono venuta qui per chiederti scusa per come sono andate le cose." Assurdo rivolgere a Reid parole simili, eppure sta succedendo davvero. Wow. "Io l'ho presa sottogamba e ho... "sfruttato" la situazione perché speravo di potermi sentire un po' meno sola e chiusa nei miei limiti. Ma l'ho capito dopo che per te fosse un po' più importante o il cazzo che ti pare e..." Sospiro. E' difficile rimanere seri in questi casi, ma mi costringo a farlo. Glielo devo. "...e mi spiace averti praticamente obbligato a farlo. O a farlo come dicevo io e... beh, lo sai. Non ho voglia di ripeterlo." Solo adesso mi fermo, voltandomi verso di lui per ricercare un contatto più profondo, per capire anche solo dal suo sguardo o dalle sue espressioni cosa pensi in merito. Magari mi odia ed a quel punto me ne farei chiaramente una ragione. Però... non ne sarei soddisfatta. Solo che non posso dirglielo. "Ti prendo a schiaffi se mi rispondi con arroganza." Ed anche se le mie parole risultano dure e minacciose, i miei occhi lo stanno solo implorando di non prendermi in giro. Per questo momento, per quello. Per tutto.

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    30 Dicembre 2020

    Forse sto per compiere una pazzia. Immagino fosse inevitabile dopo i miei continui tentativi di ritorno alla normalità, all'adolescenza che mi sono lasciata scappare di mano per una manciata di mesi. Ricerco la spensieratezza che rendeva colorate le mie giornate, affidandomi a ciò che di buono mi circonda, alle persone che amo che ho finalmente ripreso con me, alla consapevolezza di non essere più in pericolo quanto credessi. Certo, non comincerò a camminare per ogni stradina londinese con l'allegria figlia dell'incoscienza che mi ha sempre caratterizzata, ma sto provando a spingermi oltre i timori, a riabbracciare la libertà di cui mi sono privata perché troppo occupata a piangermi addosso e darmi la colpa di qualcosa che non ho potuto controllare realmente. Esistono tuttavia alcuni elementi in disordine che non sono dipesi che da me, uno tra i quali il più insistente che ha scelto di non darmi tregua per tutto il periodo festivo, neanche nei momenti di calma che sono riuscita a ritagliarmi. Era una conseguenza inevitabile rimanere scottata dal gesto avventato che ho imposto a me stessa e non solo e sono così profondamente decisa a rimettere tutto a posto, che ho scelto di affidarmi alla presenza di Roxy, perché solo lei può aiutarmi in questo. E' lei la spalla che non mi mancherà mai nella vita, neanche se decidessi di ignorarla per altri cinque, dieci, vent'anni. Tra i Jackson funziona così. L'ho quindi implorata - persino scendendo in alcuni scomodi dettagli per cui probabilmente mi deriderà per sempre - di accompagnarmi sino in Scozia. E' qui che so che Reid passerà le vacanze natalizie e per quanto difficile sia stato emotivamente difficile rintracciarlo dopo il modo brusco in cui ci siamo lasciati, mi sono fatta coraggio per spedirgli un gufo a cui spero davvero risponderà. Gli ho dato appuntamento in una di quelle che, a quanto pare, dovrebbe essere una delle piazzette più importanti ed al contempo tranquilla di Edimburgo. Nulla che qualche ricerca su google - amo i babbani - ed una smaterializzazione non potessero risolvere. Lascio andare Roxy, conscia del fatto che adesso tocchi a me cavarmela da sola e sistemare, se possibile, il macello che ho combinato. Attendo seduta su una panchina, incerta sul destino di questa giornata. Non so se ne varrà la pena, però potrò dire di averci provato. Stretta in un largo giaccone, i guanti a coprirmi le dita esili ed un berretto a scaldarmi la testa, attendo l'arrivo del Drayton. Immancabili le caramelle che mangiucchio nel mentre, quasi come un antistress a cui appigliarmi per non soccombere ad un qualsiasi crollo nervoso. Ho bisogno di parecchio zucchero, per sopportare il peso di una resa imminente. Eppure... mi tocca ricredermi. Vedo Reid arrivare e guardarsi attorno, suppongo cercando la mia presenza, e per un momento mi sembra di provare sollievo. Un attimo fugace, destinato a svanire quando col cenno della mano lo richiamo a me, mettendo da parte le caramelle e tirandomi in piedi. Gli vado incontro io stessa, cominciando ad avvertire le punte d'imbarazzo incendiarmi il volto. Non mi arrendo però. "Che faccia da cazzo!" Un approccio usuale, che forse non è il momento di rivolgergli proprio adesso. Scuoto per tal motivo la testa, come a volergli suggerire di lasciar perdere le mie parole. "Scusami." Sussurro, anche se ce ne sarebbero davvero tante di motivazioni per cui chiedergli scusa. "E scusami anche se ti ho allarmato con quel "questione di vita o di morte", ma volevo accertarmi più che potessi che mi avresti raggiunta." Sì, ho calcato un po' la mano nella breve missiva che gli ho spedito, ma il risultato è stato positivo, no? In fondo adesso lui è qui, anche se non avrebbe alcun motivo per farlo altrimenti. "Possiamo parlare?"

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    Dicembre 2020

    Ho bisogno di rimettere in sesto tutti i pezzi scomposti che ho lasciato al caso. Un'esplosione di elementi che ha mandato all'aria la mia intera esistenza, solo perché ho avuto troppa paura per affrontarla, preferendo rifugiarmi in un isolamento che credevo potesse aiutarmi a modificare la mia visione delle cose, a tenere al sicuro le persone a cui tengo. Invece sono finita per lasciarmi risucchiare da tutto questo e diventare una vittima delle mie stesse azioni, seminando caos e scompiglio, nonché lo scontento di chi mi è rimasto attorno, anche se da lontano. Tutti fermi a guardarmi o ad aspettarmi... ed io non ho mai fatto ritorno. Non riesco più a sopportarlo. Ho bisogno di fare qualcosa, perché sono già troppe le persone immischiate nonostante tutto in una storia che non li riguarda. E se anche sia inevitabilmente Reid il pensiero fisso che si è piantato con prepotenza nella mia mente, non è a lui oggi che baderò. Perché c'è qualcosa che mi stringe il petto da diversi mesi e che ho provato ad ignorare con tutte le mie forze, senza mai riuscirci davvero. Ne è la prova il fatto che dopo l'ennesima notte insonne, in preda alle prime luci dell'alba, non ci ho pensato due volte a sgattaiolare fuori casa per raggiungere quella dei miei zii. Ho bisogno di vedere Roxy e per accertarmi che sia in casa, senza allertare i miei o i suoi genitori, mi sembra l'unico piano decente da attuare. Mi vesto in fretta di abiti pesanti, una sciarpa ed un berretto di lana a tenermi scoperti solo gli occhi vispi ed attenti nonostante la stanchezza. Mi precipito fuori a passo felpato, correndo poi, una volta raggiunto il limite del vialetto, sotto il chiarore dell'imminente mattino verso la mia agognata meta. Non è semplice arrampicarsi sino al tettuccio sotto la finestra della sua stanza; essere dei maghi alle volte è davvero una fortuna! Così con un po' di impaccio in meno rispetto ad anni fa, quando potevo contare solo sulla forza delle mie braccine da ragazzina, raggiungo finalmente la superficie tegolata e facendo ben attenzione a non capitombolare giù, mi inginocchio accanto alla finestra, su cui busso con delicatezza per non rischiare di fare troppo rumore. "Roxy? Pssst." Sussurro, rincarando solo dopo un po' la dose di colpi puntati alla finestra e la forza pregna nelle mie dita. Spero di non svegliare nessun altro.

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    Perché si comprende di aver commesso un errore solo dopo averlo fatto? E' già troppo tardi quando mi rendo conto che avrei fatto bene a tirarmi indietro e non per chissà che sorta di amor proprio, rispetto per me stessa e blablabla. Non me ne importa niente di quelle cazzate, è solo un... pezzo di cartilagine! Non definisce la mia persona. E' per Reid che comincio ad avere qualche scrupolo. Il suo tentennamento non mi aiuta e capire dipenda con grande probabilità dall'infinità di limiti che gli ho posto... che ci ho posto, mi provoca la nausea. Pensavo si trattasse in tuffo al cuore o qualcosa del genere, l'eccitazione che deriva quando ti avvicini a qualcosa di questo tipo. Ed invece, per quanto provi a rilassarmi sotto il suo tocco, non riesco a goderne appieno. Resto rigida, mi sento infastidita e dovrei farglielo presente; continuo invece a dissimulare un piacere che non provo, a fingere che mi stia bene così mentre in realtà non va bene per niente. Ci prendo in giro e non andrà a finire bene, per niente. "Ma figurati." Non che mi servisse il suo monito perché i miei occhi si catapultassero letteralmente su qualunque cosa sia presente nella penombra di questo sgabuzzino piuttosto che su di lui e sull'impiego delle sue mani. Cazzo, c'è un singolo dettaglio di questa faccenda che non risuoni tremendamente imbarazzante e patetico?! Ne dubito fortemente. Lascio a lui il compito di procedere, mordendomi il labbro mentre lo sguardo va ad incastrarsi con prepotente necessità su uno degli scaffali che ci è intorno. Decisamente non una visione decente per concentrarmi su un momento come questo e - se davvero ha attinenza - ne arriva la prova quando all'improvviso avverto un fastidiosissimo dolore proprio... beh, dove sia supposto faccia male. "Ahiah! Cazzo!" Non riesco a bloccare l'impulso del mio pugno, che si scaglia con forza contro la sua spalla. Diamine, non credevo potesse fare così male. E' lui che sta sbagliando qualcosa o sono io ad essere una specie di caso umano? Davvero alla gente piace così tanto fare certe cose?! Pazzoidi. Sollevo le mani quando le proteste di Reid giungono alle mie orecchie, quasi chiedendogli scusa per il gesto avventato. Nell'imbarazzo e nella tensione generale, tutto ciò che vorrei fare adesso è continuare a colpirlo, staccarlo da me e scappare via urlando... Beh, magari non proprio urlando, ma solo per l'orario di ronda. Invece continuo a sbagliare, provando inutilmente ad adattarmi ad un ritmo che non sembra far bene a nessuno dei due. Mi aggrappo alla sua spalla per riuscirci, quasi concedendogli un abbraccio, seppur per niente amichevole o affettuoso, attendendo che la situazione migliori. Ma non succede. Anzi, mi sembra faccia sempre più male e no, non solo nel fisico. Il mio orgoglio sembra incrinarsi al cospetto di quella meccanicità scomoda, dei gesti impacciati che Reid mi riserva e che io non riesco allo stesso modo ad accomodare per rendere tutto meno atroce. E' un disastro. E quando ogni cosa sembra essere finita - e non me ne sarei neanche accorta se lui non si fosse allontanato - mi sento ancora indolenzita, sofferente. Provo una vergogna immensa, che va inevitabilmente ad accentuarsi con il senso di colpa che sorge nel momento in cui le parole altrettanto dispiaciute di Reid giungono alle mie orecchie. Dovrei, cazzo se dovrei, confortarlo. Consolarlo. Dirgli che non è colpevole di niente, che non ha agito in modo sbagliato. Ma si sa, sono una testa dura e non trovo modo diverso dallo sbraitare per sfogare tutta l'angoscia che provo in questo momento. "Cosa? Colpa tua? Approfittato?!" Storco il naso, l'espressione adirata si tuffa tra le ombre del suo viso, mentre tento faticosamente ed impacciatamente di darmi una ripulita e rivestirmi della divisa. Balzo giù dagli scatoloni, mentre in fretta e furia abbottono la camicia. "Senti Drayton, non sono una principessina da salvare. Sono tanto responsabile quanto te, forse anche di più, ok? Non c'è bisogno di sottolinearlo ulteriormente." Non merita il mio astio, ma mi sento un treno in corsa, un fiume incontrollato di parole che vengono fuori col solo scopo di dissimulare la tristezza, la sofferenza e l'imbarazzo che provo. Un mix mortale, che si risolverebbe altrimenti con le lacrime e non ho voglia che lui sia spettatore di una scena così pietosa. E' già bastato quel che è successo. "Lascia perdere, dimentica tutto. Non voglio più parlarne." E' così che lo lascio in tronco, stringendomi nella giacca mentre mi accingo ad accertarmi che non ci sia nessuno oltre la porta. E' solo a questo punto che mi allontano, senza neanche guardarlo in faccia. Mi sono comportata orribilmente e questo non sarà che un ennesimo peso da sommare a tutte le colpe che mi do in questo periodo. Bel lavoro, Jackson! Sempre sul pezzo.

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    "Oh, andiamo! Ce la faremo." E' difficile calmarmi, mi stupisce sia ancora qui a reggere la pressione della situazione piuttosto che darmi alla fuga e costringermi ad evitare Reid per i prossimi... beh, vent'anni? Trenta, magari. Però no, resto qui, e comincio a credere nel profondo che non dipenda soltanto dal mio estremo desiderio di portare a termine il tutto e raggiungere il mio obbiettivo, nella speranza di sentirmi meglio. Lo vedo come mi guarda. Lo vedo che per lui sarebbe uno spreco ed un peso affrontare la situazione con la noncuranza con cui ce l'ho trascinato io e riesco a realizzarlo effettivamente solo quando scopro che anche lui sia tanto inesperto quanto me. E no, forse i racconti delle mie cugine e sorelle su come la prima volta sia un evento raccapricciante e per nulla godibile, hanno influenzato il mio giudizio a riguardo, portandomi a credere che non si tratti di nient'altro che di un peso da togliersi di mezzo. Per il Drayton non sembra esattamente così e la cosa comincia a mettermi a disagio. Mi incuriosisce indubbiamente leggere un po' di umanità negli occhi solitamente rigidi ed apparentemente arcigni dell'altro, ma è proprio quello uno dei motivi per cui ho scelto lui: speravo ne avrebbe approfittato. Ci ho sperato fino ad ora, anche se le sue parole hanno continuato a mettermi in guardia sin da stamattina. Non ci credevo. Mi conveniva non credere che potesse esserci traccia di alcun sentimento nell'atteggiamento di Reid... e non ha funzionato. Mi tocca adesso fare i conti con una realtà ben diversa, una in cui io sento di dovergli qualche sforzo in più, per quanto mi risulti difficile. So per certo che restare così rigida non mi aiuterà, né sarà d'ausilio a lui che, suppongo, abbia la strada appena più spianata in questo. Lo dimostra il cambiamento che sento poco a poco farsi evidente sotto le mie dita. Mentirei se affermassi di non sentirmi a disagio, non solo per ciò che mi sto apprestando a fare - e spero non in modo totalmente sbagliato - ma anche per le attenzioni che lui sembra volermi dare, senza opportunità di ripensamenti. I suoi baci scorrono sul mio collo, sulla mia spalla... in definitiva, su tutte le zone del mio torace libere dai vestiti. Anche le sue mani mi tastano, quasi spingendomi a ritrarmi in uno scatto improvviso nel sentirlo così tanto vicino a me. Proprio lui. Non lo faccio. Immobile, accolgo le sue premure tentando di farmele piacere. E sono certa che se si trattasse della persona giusta, così come lui aveva tentato di suggerirmi, sarebbe assai più piacevole. Ma ci siamo dentro, non ho voglia di arrendermi, né di dargli ragione per quanto, per certi versi, si stia comportando con me molto meglio di come io stia inconsciamente facendo con lui. Chiudo gli occhi, cercando di immaginare che dall'altra parte ci sia una persona totalmente diversa dal Drayton, ma non è per niente facile. Il suo profumo è insistente e mi ricorda anche momenti della nostra sgraziata quotidianità. Non è semplice far finta di nulla. Lo diventa ancora più complicato quando le sue mani si spingono oltre limiti che io non ho ancora avuto il coraggio di superare, neanche dopo la sua considerazione in merito - quasi sonante come una richiesta, che un consiglio. Sobbalzo quando le sue dita sfiorano la mia pelle in zone che io a stento sfioro da me. Sale a galla quella vergogna che non ho mai superato e che ho creduto di poter mettere da parte lasciandomi andare a questa fantomatica "prima volta" che, no, non mi sta aiutando quasi per nulla. Ma non apro bocca. Forse dovrei farlo, dovrei dargli un accenno di reazione per poterlo guidare così come mi ha chiesto, ma non ci riesco. Non inizialmente. Mi limito a scuotere il capo, affondando i denti sul labbro inferiore e non per una qualche sorta di piacere; è solo nervosismo. Un minimo effetto lo sento dopo una buona manciata di secondi - tra la necessità di rilassarmi seriamente ed alcuni balzi improvvisi dovuti al solletico che di tanto in tanto mi provoca - ma avverto la mia rigidità e mi convinco sempre di più che questo sarà l'ostacolo più grande. Io, che ho chiesto che tutto ciò avvenisse, lo sarò. "Va bene, sei... bravo, sì." Una rivelazione che lo incoraggi, mentre in un tentativo più accentuato di lasciarmi andare, lo attiro ulteriormente a me, aggrappandomi alla sua schiena con la mano libera. Sospiro sul suo collo i baci che non riesco a lasciarvi e ad occhi chiusi, raccattato un po' di coraggio, mi decido ad abbassare quanto necessario i suoi pantaloni ed i boxer. A contatto diretto con la sua intimità, cerco di alternare tocchi delicati ad altri d'intensità crescente, quanto possibile per evitare di fargli male. E solo quando comincio a cedere realmente alle prime sensazioni piacevoli che le sue dita provocano, le mie labbra raggiungono il suo orecchio per sussurrare lo step successivo di quell'incontro. "Quando sei pronto, puoi andare." Per un attimo, mi convinco davvero possa essere facile.

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    I tentennamenti di Reid non mi aiutano, eppure mi ritrovo a pensare che probabilmente niente in questo momento sarebbe in grado di aiutarmi a rilassarmi e di giudicare quest'esperienza meno imbarazzante di quanto appaia ad entrambi. Non è solo il fatto che sia lui - sebbene la mia scelta facesse affidamento sulla sua apparente superficialità, su cui a quanto pare ho sbagliato ogni aspettativa - ma il dover consumare un'esperienza che per me non è che un peso da togliermi al freddo, al buio, stretti nello sgabuzzino affacciato in corridoi dove alcuni insegnanti fanno la ronda. Dai, cazzo, sono seduta su una pila di scatoloni! Cosa mi è saltato in mente? "Ok, se devi polemizzare su ogni cosa, puoi anche andare via. Non ti ho obbligato a venire qui." Sbotto in un moto d'irritazione, pentendomene l'attimo dopo. E sì, mi sto davvero mettendo in ridicolo, rischiando che lui capisca fino a dove la solitudine patita mi possa spingere, ma non posso fare a meno di scuotere il capo e ritirare il mio fastidio dopo il piccolo sfogo pronunciato. "Scusa. Va bene, lo so che è strano e che tu sia stato appositamente progettato per sputare ironia su ogni cosa che incontri sul tuo cammino, ma sono seria. Sono sicura." Annuisco, rimarcando convinzioni in cui credo fermamente. "E sta' certo che non esista nessuno, adesso, da cui vorrei essere toccata e tutto il resto." Mi fa paradossalmente ancora strano pensare a me accanto a qualcuno. Qualsiasi ragazzo. Qualsiasi persona, vista la fase assurda che sto attraversando, ma questi sono dettagli che non condividerò con lui. E sarei quasi tentata di tirarmi indietro, mentre sfilo lentamente la camicia ormai sbottonata gettandola dritto sulla giacca qui accanto. Spero che la pelle d'oca sulla mia pelle distolga l'attenzione di Reid dai segni sbiaditi che solcano ancora, ormai quasi impercettibilmente, le mie braccia. E' la sua rivelazione, nuda e cruda, sincera, che per un attimo mi lascia basita. Non negativamente, checché ne dica la mia faccia. "Sei vergine?!" Non avrei voluto puntare all'attenzione quel particolare, ma non l'avrei mai detto di Reid. Forse avrei dovuto aspettarmelo, vista la considerazione che ho di lui. Magari, però, nel profondo lo giudico diversamente da ciò che ogni giorno emerge dai nostri stupidi battibecchi. Che imbarazzo. Cerco di rimediare l'attimo dopo, perché siamo sulla stessa barca, non potrei di certo giudicarlo! Anzi, a ben pensarci, forse sono anche più contenta così. Non avrà termini di paragone, per un po', che gli faranno giudicare quest'esperienza uno schifo. Non so perché, ma in parte ci tengo. Mpf, forse sono soltanto ridicola. "Ok ok ok, lo fanno tutti, no? Quanto può essere difficile?" Abbiamo anche le precauzioni, siamo ben organizzati! La nostra inesperienza non sarà un problema... giusto? "Va bene, sì. Ci... aiutiamo a vicenda!" Quanto mi pento, adesso, di aver sempre tappato le orecchie ed urlato sonori "lalalala" quando Roxy, Steph e le mie sorelle provavano a spiegarmi qualcosa in più sul sesso. Adesso mi ritrovo a dover dare ascolto al Drayton, che ne sa più di me... ma non ha comunque esperienza! Non ne usciremo vivi, me lo sento. Anzi, mi irrigidisco ogni istante di più e la sua ultima domanda non fa che peggiorare la situazione! Non perché non sia lecita, anzi... è proprio perché lo è, parecchio. Non riesco a rispondergli a parole. Gli faccio un cenno del capo, attirandolo a me con la mano stretta attorno al suo polso, e mi faccio coraggio preparandomi ad accogliere i suoi baci, ovunque siano diretti. Spero capisca, visto che ho il volto appena girato verso la parete dello sgabuzzino, che le mie labbra siano off limits. Nel frattempo, recuperata un'altra ingente dose di coraggio, le mie mani si fiondano sull'allaccio dei suoi pantaloni. Non ho intenzione di guardare. Dunque, alla cieca, dopo aver faticosamente sbottonato tutto, mi decido per il momento a lasciar intrufolare le dita sopra la sua biancheria intima e... ew! Che consistenza orribile! Ma davvero questo coso si indurisce? E' disgustoso! Merda, avrei dovuto portare dell'erba. "Se lo faccio male, guidami tu... ok?" Perché ogni parola che pronuncio in questo momento suona ridicola ed imbarazzante? ...Oh! Perché la situazione lo è. Ho le mani infilate dentro i suoi dannati pantaloni!

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    Il confronto con Reid mi disturba sempre di più. Nessuna sorpresa, in fondo, ma è inevitabile che un estremo senso di vergogna emerga dentro me con insistenza crescente, sebbene continui a premurarmi di non lasciar intravedere con trasparenza la natura dei miei sentimenti al Drayton. Uno sforzo probabilmente vanificato, viste le anomale tracce di compassione - così mi sembra - che adombrano all'improvviso il suo volto, lasciandomi specchiare in un riflesso di me stessa che mi procura il voltastomaco, uno che attraversa le sue iridi misericordiose. E' questo il motivo per cui sentirlo accettare la mia proposta, quasi con esasperazione più che per volontà vera e propria, non mi fa sentire meglio. Ed ho passato tutta la giornata a pensare se non fosse meglio mollare la presa, dargli buca e tagliare del tutto l'ultima possibilità di contatto che mi è rimasta tra le mura del castello, nonché fuori da esso, per certi versi. Alla fine, a pochi minuti dall'appuntamento concordato, non riesco a tirarmi indietro. Mi rivesto della divisa, che avevo già sostituito col pigiama, sgattaiolando fuori dal dormitorio per giungere al luogo concordato, mettendo una spiccata attenzione a non farmi beccare da professori o chiunque faccia la ronda. Adesso che ci sono dentro, non voglio mandare tutto in fumo.

    "Piantala o ti ritrovi uno stivale nel culo." Sussurro in risposta al suo evidente stupore, con gli occhi che roteano perché incapaci di sostenere il suo sguardo, le braccia incrociate al petto e un sonoro sbuffo che soffio spazientita, avanzando verso l'aula. E forse sono troppo su di giri per potermi rendere conto dei passi che lui sembra aver udito, ma quando lo sento afferrarmi per il braccio improvvisamente, dopo i primi bruschi tentativi di divincolarmi e proteste infastidite che sfuggono dalle mie labbra, mi lascio trascinare in quello che si rivela essere... uno sgabuzzino. Un dannato, freddo, buio sgabuzzino. "Fanculo." Impreco silenziosamente, col cuore in gola, immobile, mentre resto all'ascolto dei passi al di là della porta che, poco a poco, si fanno finalmente più lontani, sino a svanire del tutto. L'aula sembra, a quanto pare, essere un'alternativa fin troppo rischiosa, specie in un covo di matti psicopatici come questo, ma quando la presunta resa del Drayton giunge alle mie orecchie, non posso trattenere il mio disappunto. "Cosa?! Non se ne parla proprio!" Sbotto stizzita, guardandomi intorno, un lumos richiamato alla bacchetta, alla ricerca di una fonte di luce da attivare. Quando finalmente quella che sembra una malconcia lampadina dal raggio fioco lascia l'ambiente nella penombra - e forse neanche mi dispiace - torno a guardare il Drayton con decisione estrema. "Lo facciamo qui." E non accetto repliche. In fondo si sente sempre di gente che si chiude nei bagni pubblici dei più scadenti pub in circolazione a fare le porcherie, perché uno sgabuzzino non dovrebbe andare bene? "Sì, io posso... Mmmh... Sedermi quassù! E tu stai... beh, di fronte." Sottolineo con rigidità alcune ovvietà, mentre mi metto a sedere su un cumulo di scatoloni pieni che sembrano reggere il mio peso, alti abbastanza per le evenienze di Reid - quindi... non poi così alti, suppongo! Eheheh. "Ma ti avverto, non ho voglia di baciarti o di spogliarmi. La gonna non la tolgo." E neanche il reggiseno, sarebbe troppo imbarazzante. E magari queste non sono le circostanze giuste per addentrarsi in una cosa del genere, ma non ho voglia di mettermi letteralmente a nudo davanti agli occhi del Drayton. Non sono solo i suoi giudizi da stronzo, quanto l'idea di esporre così tanto di me ad un estraneo. Non è neanche il mio ragazzo, non lo sarà mai e questo mi rende anche più rigida. Spero non si riveli un disastro, mentre lentamente mi libero della giacca della divisa e sbottono la camicia, oltre cui si intravedono i primi lembi della pelle accapponata dal freddo. "E farai meglio a mettere il... coso o te lo scordi di... hai capito!" Sarebbe il colmo rischiare malattie o impagnottamenti indesiderati, questo è qualcosa su cui non transigo, tanto che sono io stessa a porgergli un pacchettino recuperato dalla tasca della mia giacca, ormai abbandonata sullo scaffale qui accanto. Infreddolita e visibilmente agitata, resto per un attimo in attesa. Sono già pronta a sorbirmi tutte le sue proteste ed eventuali accanimenti su cosa io "dovrei fare" per stimolare... la sua voglia e... Cazzo, non funzionerà mai. "Devo... Devo toccarti?" E purtroppo, temo nella positività del suo responso. Così inesperta, però, non so davvero come muovermi.

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    Cinque secondi. Gliene bastano solo cinque per farmi sentire una completa idiota, amplificando il senso di disagio che l'aver chiesto una cosa del genere, proprio a lui, ha piantato con decisione nel mio orgoglio ormai disintegrato. "Ma che ne sai di quello che voglio?" Lo rimprovero con enorme disappunto dipinto sulla faccia; le braccia incrociate al petto e il piede che batte nervosamente a terra danno una palese dimostrazione del fastidio che le sue parole mi provocano. Decido io del mio corpo e posso pertanto scegliere come approcciarmi a certe cose. So io di cosa ho bisogno. Ed è una distrazione che mi serve, qualcosa che riesca a riempire il vuoto che provo all'altezza del petto da quando ho scelto di rintanarmi in un forzato isolamento, nonché il primo passo verso una riscoperta di me stessa e dell'autostima di cui ho bisogno per farmi strada in questo mondo di lupi. Perché sto a terra, come una nullità senza scopo alcuno, e mi sono stufata di sentirmi addosso quest'aura di negatività. Yo, Pressley Jackson non è così piagnona! Ed è con la risoluzione che mi caratterizza di consueto che porto avanti il mio punto, soprattutto nel vederlo accennare ad una premurosa umanità che mi fa sentire molto peggio di quando si limita ad insultarmi. Io queste carinerie, da parte sua, proprio non le capisco. Non le mando giù. "Dai, per favore! Proprio adesso te li fai venire tutti questi scrupoli?!" Pesto i piedi come se fossi una ragazzina. In un certo senso, lo sono. Aver compiuto sedici anni non mi ha certamente catapultata nel mondo degli adulti e per quanto ci tenessi ad addentrarmi precocemente nelle insidie di quelle mature realtà, sono attualmente abbastanza lieta di potermene tenere fuori per un altro po' qui al castello. Sono una codarda, mi pesa anche questo. Ma indietro non si torna. I momenti antecedenti quel maledetto rapimento, sembrano ormai estremamente lontani. "Non sei il "primo che passa", ti pare?" Replico alla sua considerazione, sentendomi cadere ancora più in basso di quanto non sia già accaduto. Mi sento davvero da schifo. Sto provando ad imporre la mia indipendenza e la mia forza, strisciando come una disperata ai piedi di un ragazzetto che passa le giornate a sfottermi. Non lo avrei mai fatto, se fossi stata in me. Il punto è che adesso non riesco davvero a collocarmi in alcun posto nel mondo e la mia figura non mi sembra che una copia sbiadita di un cliché qualunque. Priva di personalità e di forza interiore, non mi resta che arrancare alla ricerca di un po' di luce e solo Reid può aiutarmi in questo. E' l'unico che mi rimane. "Sei l'unica persona con cui parli al castello, anche se passi la maggior parte del tempo ad insultarmi o imprecarmi contro." Un affare vicendevole, in fin dei conti, ma pur sempre un contatto, un caso isolato ed eccezionale di questi tempi, per me. Lui non può saperlo, per questo motivo mi costringo a tentare di farglielo capire. Subito dopo, afflitta, a sguardo chino verso il basso e con qualche sbuffo soffiato dalle labbra imbronciate, gli lascio intravedere altri scorci della mia condizione. Dettagli senza dubbio più evidenti. "Non potrei chiederlo a nessun altro." Sussurro imbarazzata, come se stessi rivelando la più vergognosa delle confidenze. Un po' lo è, per me. Come ammettere di essere un fallimento, di non avere alcuna dote per farmi apprezzare dagli altri. Proprio come quando sono arrivata al castello, da bambina. "Non ho amici." Non voglio aggiungere altro a riguardo. Mi sento già scoperta, nuda dinanzi ad occhi che, per quanto talvolta stranamente comprensivi e quasi cortesi, mi piombano addosso con un giudizio che mi annienta. E sono abbastanza certa che sia solo una mia sensazione, l'ultimo tassello di devastazione da sommare al mare di sofferenza che mi porto dentro e che tento inutilmente di nascondere agli altri ed a me stessa, ma non riesco a farne a meno. "Ti prego. E' già abbastanza patetico così. Non farmi sentire ancora più stupida." Un ultima supplica, prima che la resa mi costringa a piombare negli abissi di solitudine e timore che coronano ogni mia giornata.

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    C'è una priorità che vige nella nuova generazione dei Jackson, una sorta di "regola" che ti apre le porte, a detta delle mie sorelle e dei miei cugini, Roxy in particolar modo, ad un mondo fantastico e, cito testualmente, "imperdibile": il sesso. Ho passato gli ultimi anni a mascherare il mio interesse per certe cose, insistendo al punto da convincere me stessa di non avere minimamente voglia di cedere a quelle dannate pulsioni. E' un paradosso assurdo il fatto che proprio ora che tutti i miei strani desideri a riguardo abbiano cessato d'esistere, mi stia convincendo che sia quella l'unica chiave per distrarmi a sufficienza dall'inferno che sto attraversando ormai da mesi. La distanza fisica e, per certi versi, emotiva da Roxy mi sta distruggendo, l'isolamento forzato a cui mi sono costretta a scuola mi fa impazzire ed ogni briciolo della solitudine provata mi fa sempre più paura. E' un incubo che mi perseguita, il terrore di rimanere sola per chissà quanto tempo e non avere nessuno ad accompagnarmi nei miei momenti più bui. Magari me lo merito. In parte, è una cosa che sto ricercando io stessa e comincio ad essere stufa di questa ridicola opera di auto-sabotaggio. E' il momento di cambiare e sì, purtroppo per farlo, mi toccherà cadere in basso. Veramente in basso.

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    Ho aspettato che Reid venisse fuori dai dormitori maschili prima di colazione. Tutti troppo impegnati a trascinarsi verso la mensa, non avranno la voglia né la forza di origliare una discussione che ho bisogno resti privata. Quando finalmente lo avvisto, reprimendo a fatica l'istinto di tirarmi indietro già nell'osservare la spocchia con cui non riesce proprio a fare a meno di muoversi per i corridoi, lo raggiungo con sguardo serio, mettendo a tacere ogni principio di tentennamento che potrebbe mandare a monte il mio piano. Non voglio succeda. "Ehi, Drayton, ho bisogno che tu mi faccia un favore." Detta così sembra davvero semplice, eppure più il momento si avvicina, più sento lo stomaco fare capriole degne di un trapezista. In che idea del cazzo sto decidendo di ficcarmi? Non gli lascio molto tempo per replicare, mentre lo afferro per un braccio e lo trascino in disparte, guardandomi intorno con fare quasi losco per una manciata di secondi. Accertatami che nessun orecchio indiscreto sia nei paraggi, mi decido a parlare, tutto di getto. "Voglio fare sesso." Gli concedo un attimo per reagire, ma come l'incontrollata scarica di un temporale improvviso, riprendo a parlare prima che le sue parole, di qualunque tipo siano, mi inducano a cambiare idea. "Non l'ho mai fatto." Confesso, roteando gli occhi imbarazzata per aver condiviso con lui qualcosa di così personale. "Quindi pensavo che, magari... potessi aiutarmi tu." Aggiungo, mentre un nuovo fiume in piena di parole sovrasta qualunque sua reazione. Sono così nervosa da non riuscire a frenarmi. "Sarà veloce, indolore - almeno per te - e una volta fatto, potremo tornare ad odiarci e scambiarci al massimo qualche caramella due volte l'anno." Riprendo fiato, fissandolo in attesa di un responso che la fine del mio attacco di logorrea gli ha concesso solo adesso. E quasi come se il problema dipendesse realmente da lui, scarico un po' della pressione provata sul Drayton, mentre i miei occhi ed il mio tono di voce assumono le sembianze di un ricercato rimprovero che mi riporti all'immagine di me a cui Reid è abituato. "Diamine, dì qualcosa!" E farà meglio a risparmiarmi strane battute sulla faccenda o sulla mia inesperienza, perché potrebbe finire molto male per il suo faccetto da stronzo incallito.

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    "Meglio per te, bello! Mh-mmhh?" Per la prima volta, mi sembra quasi di non avvertire l'usuale necessità di trasmettergli astio sotto i modi da ghetto che gli ho rivolto. Non è un'espressione accidiosa quella che investe il suo viso ironicamente contratto in una smorfia di finta resa, quanto una faccia vagamente... divertita. Mi costringo a rinvenire l'attimo dopo, non lasciando al sorriso lieve che ha sostato sulle mie labbra più di una doppietta di secondi prima di sparire. Non riesco a concedermi alcun cedimento, non solo perché ho quello che ho considerato sino ad ora un presunto nemico di fronte a me, ma anche perché sembra tremendamente difficile lasciarmi andare da quando... beh, dalla nottata passata tra le grinfie di quella banda di delinquenti. Sospiro, cacciando quel ricordo insistente dalla mia mente anche solo per un po'. Non fa che tornare, ma non voglio permettergli di influire così tanto sulla mia esistenza. Sembra farlo già abbastanza senza che io riesca a controllarlo. O a controllarmi. "Beccato! Sapevo che non potessi essere davvero così vecchio e noioso come sembri." Per quanto lo sembri, non è un complimento quello che gli rivolgo. C'è però un'ambivalenza di cui non mi rendo conto insita nelle mie parole, dove la mia interpretazione va disegnando un'immagine fastidiosa del Drayton, lasciando in trasparenza l'opportunità di rivestirlo invece della speranza sia diverso da ciò che dimostra d'essere. E' una possibilità che non contemplo, beandomi per un po' nella superficialità che i nostri battibecchi continuano ad avanzare e poco a poco, mi sento davvero meglio, come se mi stessi concedendo finalmente di abbassare la guardia, di tornare ad essere me stessa perché niente di male potrebbe accadermi. Non qui. Incredibilmente, non davanti a Reid. "Mi stai dicendo che sei un nonnetto praticamente da quando avevi tre anni? Yo, mi sa che devo ricredermi allora." Continuo a punzecchiarlo, forse anche per nascondere il lieve entusiasmo che la sua proposta ha scoccato dritto contro il mio animo confuso. E no, non riesco chiaramente a dargliene una chiara dimostrazione; mi perdo piuttosto per qualche attimo a rimuginarci su, lo sguardo chino verso i nostri piedi, le braccia conserte, nella perenne illusione di potermi proteggere da qualunque figurativo pericolo possa cogliermi di sorpresa da un momento all'altro. E' solo quando mi pone quell'ultima domanda che mi costringo a sollevare il capo, torturandomi l'interno della guancia per stemperare l'ansia provata al pensiero di rispondergli, sì, ma anche di rispondere a me stessa ancor prima che a lui. Ho sempre finto una sicurezza che non mi appartiene ed è andata benissimo fino a quando il mio entusiasmo è perdurato negli anni. Adesso che ci sono più timori che menefreghismo in me però, sembra un'impresa insuperabile tornare a quelle vecchie abitudini, dissimulare un benessere che non esiste. "Guarda che tra i due sei tu lo stronzo, Drayton. Io sono una brava persona." Lancio quindi quell'ultima accusa, perché incapace di rispondergli con sincerità, come di capire io stessa perché stia rivolgendo così tante premure proprio a lui. Nel profondo conosco la risposta, ma non ho voglia di ammetterla a me stessa. Scacciato quindi quell'ultimo principio di carineria, rovisto nel mio zaino per recuperare una pergamena ed una piuma. Con decisione, scelgo di intrattenermi ancora in sua compagnia, sperando fino all'ultimo secondo di questo bizzarro incontro di non pentirmene. "Allora? Me lo insegni o no quest'alfabeto?"

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    Pagherei oro per sentirmi a mio agio in questa situazione, invece sembra sempre che tutto ciò che riguarda il Drayton riesca ad innervosire anche le più piccole particelle di me. E' orribile. Non saprei neanche dire se dipenda dal caos di cui sono protagonista ormai da un po' o se sia l'atteggiamento dell'altro a farmi sentire come fossi costantemente posta sotto giudizio. Probabilmente entrambe le cose. Eppure stiamo facendo uno sforzo e questo mi fa sentire anche più a disagio. Normalmente riprenderei con la mia scarica d'ironia ed il mio personaggio costruito su ideali di ghetto che mi riparano dai sentimentalismi o dalle debolezze, ma non me ne sento in grado adesso. Le ultime settimane hanno risucchiato la mia forza vitale ed anche tornare a scuola, che dovrebbe aiutarmi a sentirmi al sicuro, non mi aiuta comunque a calmarmi. I bulletti che ci sono qui non sono certo dei criminali che ti spengono i mozziconi di sigaretta sulle braccia - cominciano solo adesso a passare alcuni di quei lividi - ma non sono neanche compagni con cui divertirsi e pensare ad altro. Fa tutto schifo, insomma. Chissà se tornerà mai alla normalità. "Puoi finirle, tanto io non ne ho voglia." Una frase inusuale, non solo perché di consueto sarei lì a rimproverarlo per aver tentato di svuotare il mio pacchetto di caramelle - senza contare che non gliene avrei offerte a prescindere, probabilmente - ma anche perché a Durmstrang non c'è stato un anno in cui sia sopravvissuta senza una scorta, anche infinitesimale, di zucchero. Lo scarso appetito dell'ultimo periodo pare riflettersi anche in questo, comincia ad essere quasi preoccupante e se entro un mese non mi verrà voglia di azzannare un hamburger o avventarmi su un cartoncino di patatine fritte, mi converrà rivolgermi a qualche psicologo, davvero. "Mpf, ma figurati!" Metto su una smorfia contrariata, per nascondere quella realtà che il Drayton ha appena colto dalle mie parole. Mi sento piuttosto imbarazzata adesso, odio questa sensazione tremenda. "Non ero preoccupata, condividevo solo il mio odio per le punizioni ed il disappunto nel notare quanto sia stato imbecille a cacciarti nei guai dopo appena un giorno. Non sono stata chiara?" Continuo a ribadire quel concetto, ripetendolo come per convincermene io stessa. Beh, ne sono convinta, fermamente. Credo. Il punto è che si tratti di egoismo, esatto! Nient'altro che quello. Non voglio stare sola e Reid sembra l'unico essere umano qui dentro che non si è ancora stufato di avvistare la mia faccia per i corridoi. L'unica di cui non mi importi qualcosa, perlomeno. Questa però è un'altra storia su cui non voglio soffermarmi, perché ci manca solo la malinconia ed il senso di colpa a completare questo quadro di disperazione che mi si è dipinto attorno. Non voglio apparire vulnerabile. "Comunque io sto bene, non hai bisogno di "impensierirti" per me. Dai un taglio a questa messa in scena." E ancora, nonostante la stizza - in parte finta - che gli rivolgo, i miei piedi restano ancorati al terreno e le braccia incrociate al petto. Continuo a mordermi l'interno della guancia nervosamente, di tanto in tanto i denti si conficcano anche nel labbro inferiore, poi lo rilascio e via di smorfie, in un ciclo ripetitivo che dimostra palesemente che gli abbia appena rifilato una bugia. Non sto bene per niente. Mi sento sola ed impaurita e mi viene il disgusto ogni volta che i miei occhi si posano sulle bruciature ingiallite che mi macchiano le braccia. Istintivamente, tiro giù ulteriormente le maniche della divisa, sebbene chiaramente sia abbastanza lunga da nasconderle. Credo sia solo un fattore psicologico, qualcosa che non riesco a controllare. Ed è proprio non avere più il controllo di niente che mi manda allo sbaraglio. "Platone? Yo, sembra una cosa noiosissima!" Inarco un sopracciglio, riuscendo in parte a stemperare la tensione provata. E' una cosa celere, di appena qualche secondo, aiutata dal fatto che la sua proposta sia riuscita in qualche modo a distrarmi. "Dì la verità, ti porti dietro questi mattoni greci per sembrare un uomo di mondo, ma poi sotto ci nascondi le fiabe dei "Tre porcellini" o di "Cappuccetto rosso", ammettilo!" E' una difesa che uso per distogliere l'attenzione da quello che, per l'amor del cielo, sembra essere un sorriso miracolosamente spuntato sulle labbra dell'altro! Lo stesso che di solito mostra i denti solo per sfottere. Dio, mi sembra di andare a fuoco. "L'alfabeto greco sembra fico, però!" Lo sembra davvero, amo i ghirigori di alcune delle lettere che ne fanno parte. Certo, il mio è solo un tentativo - imbarazzante - di prolungare la chiacchierata, ma non c'è niente di male nel cercare un po' di compagnia... giusto?

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    Roteo gli occhi per riflesso alla sua frase da dongiovanni scadente. Odio quando prova a fare il provolone - quale ragazzo che ci prova, in fondo, non mi risulta che un povero coglione decerebrato? - ma in fondo questa non è che una goccia nell'oceano di pessime opinioni che ho nel tempo collezionato nei suoi riguardi. Un miracolo il mio senso di disgusto vada a scemare alla luce delle ferite riportate sulle mani. Non so davvero perché senta di aver "preso a cuore" questa visione; continuo a dirmi di essere piuttosto vittima di un marcatissimo senso d'egoismo, quello dettato dalla paura di rimanere sola. Rendetevi conto di quanto io sia disperata se tra tutti mi sono ritrovata ad accontentarmi della presenza del Drayton. Sarà, forse, che nonostante l'odio reciproco - o quel che sembra esserlo in superficie - più volte è stato lui ad avvicinarmisi per rivolgermi la parola. E sì, lo fa sempre con modi che mettono a dura prova la mia pazienza e risvegliano i miei istinti omicida nove volte su dieci, però a volte sembra meno peggio della gente che circola per i corridoi. Una persona, insomma, accettabile, abbastanza calma da non risultare totalmente sgradevole, ma non troppo da farmi sentire come se lo stessi macchiando con il mio pessimo modo di vivere. Quanto ancora potrò andare avanti nella vita macchiando gente per bene con tutti i marcatissimi dettagli sbagliati che mi riguardano? "Non è preoccupazione, è solo odio spropositato per i metodi medievali che usano qui dentro. Non ti fare strane idee." Lo canzono ancora, cercando di sostituire le vaghe tracce di preoccupazione sul mio volto con note di visibile fastidio, quello che di consueto la vicinanza dell'altro mi provoca. Non è poi così difficile lasciarmici guidare, viste le parole che seguono. "Ti confermi sempre il solito imbecille, come se non sapessi che ribellarsi a questi psicopatici significa scavarsi la fossa da soli." Comprendo il senso di ribellione e l'impulso di, non so, dare fuoco a tre quarti dei prof e della popolazione studentesca, ma c'è quell'istinto primordiale di autodifesa che dovrebbe lavorare meglio nel Drayton, così come io stessa tento il più delle volte di tenermi lontana dai guai. In questo momento, poi, sono stanca delle ripercussioni che certi errori ti segnano addosso inevitabilmente. Sono stanca di subire e soffrire, ma questo l'altro non può capirlo. "Certo, anch'io quando mia cugina mi uccide di solletico mi ricopro di bende su tutto il corpo." Mi viene uno strano nodo allo stomaco nel pronunciare quelle parole. Mia cugina. E' da un po' che non la sento, non con l'assiduità di prima e fa dannatamente schifo essere intrappolate in questa situazione, chiaramente non per volontà nostra. Di sicuro non per la mia. Mi manca. Ed il fatto che mi manchi così tanto mi fa piombare addosso quell'amarezza di cui sono stata vittima fino a cinque minuti fa, prima che il Drayton intervenisse distraendomi momentaneamente da quel disagio. Eppure lui non è abbastanza. Niente lo sembra. Per questo, nuovamente preda delle sue fastidiose battute, sento di non poter reggere il colpo. Mi accorgo di aver ricercato comprensione nella persona sbagliata ed il farlo con metodi che non lascino trasparire in alcun modo le mie intenzioni o necessità è stato un errore anche peggiore, che certo non posso affibbiare all'inconsapevole ragazzetto dinanzi a me. Sbuffo, vistosamente irritata dalla sua saccenteria e dall'arroganza che riveste ogni sua parola. Scuoto il capo, rivolgendogli uno sguardo da cui traspare un velo di tristezza che lui non arriverà di certo a comprendere, ancora, mentre lo supero. "Non ti reggo, sei proprio un deficiente." Dico infine, svanendo oltre l'angolo del corridoio.

    Ci ho pensato su per tutta la mattina e mi sono resa conto di aver esagerato. Ho cercato di convincermi che in fondo Reid meriti il mio astio, visto quanto irritante sia di consueto, ma mi sono lasciata guidare dai miei problemi e li ho riversati contro chi è stato già ingiustamente vittima di soprusi disumani. Questa spiccata sensibilità verso questo genere di cose mi disturba, eppure non riesco proprio a placarmi ed è orribile sentire di non avere più il controllo sulle proprie sensazioni. Su niente, in definitiva. E' pomeriggio. Ricerco con attenzione il volto del Drayton e una volta avvistatolo, spavaldo ed indifferente come sempre, dopo diversi tentativi mentali di auto-convincimento, mi decido a raggiungerlo. "Nel caso in cui fossi ancora giù di morale..." Gli dico sottovoce, un pacchetto di caramelle retto nella mancina per porgergli il contenuto. Uno degli snack che riesco a trafugare ed introdurre di nascosto di tanto in tanto al castello. Non potrei farne a meno, la vita è già abbastanza amara di suo, troppo per rinunciare ad un po' di zucchero. "Ma se tiri fuori un'altra delle tue stronzate, ti annodo la cravatta alle caviglie e ti faccio trascinare da un troll per i boschi." Ci provo a fare la dura, ma vista l'espressione vagamente turbata dipinta sulla mia faccia, dubito di risultare credibile. Odio sentirmi così. "A differenza di quel che dici, sembra fare male, comunque."

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    Spesso mi sono sentita sola tra le mura di questo inferno formato "castello", ma ho sempre trovato un appiglio a cui aggrapparmi prima che tutto degenerasse all'alba dell'estate appena passata. E adesso mi sembra tutto diverso. E' come se ci fosse un ostacolo insuperabile sul mio cammino e rendermi conto che, indirettamente, ne sono io la stessa fautrice, mi fa stare anche peggio. Devo essere fottutamente sincera con me stessa: non ho superato l'aggressione. Mi sono chiusa in casa per gran parte dell'estate, fingendo di non aver voglia di interagire col mondo esterno ed utilizzando assurde scuse sulla pubertà per giustificare il mio anomalo isolamento. Niente risse di quartiere - un sollievo, per i miei ignari genitori - niente visite agli amici, nessun responso a chi ha provato a cercarmi senza successo. Sono stata da schifo. E sto da schifo anche adesso, perché il ritorno a Durmstrang non è che la ciliegina su una torta di amarezza e panico che mi danno ancora il tormento. Mi sento al sicuro, perché lontana da quella realtà così spietata e violenta, ma ci sono altre minacce da affrontare in questa scuola per snob con l'animo più nero del carbone. Essere una mezzosangue già rinomata per la sua incapacità con la bacchetta ed un atteggiamento da bassifondi che la gente d'élite osserva con disprezzo mi procurerà nuovi grattacapi da affrontare. Ed in tutto questo ho solo una certezza: non posso superarla da sola. E forse è proprio questo che mi spinge a non liquidare l'ennesimo irritante tentativo d'approccio di Reid, quel demente che non mi è mai andato a genio non solo perché ha passato non so quanti mesi a fare il cagnolino sbavante dietro quella vipera della Haugen - non posso sviluppare un giudizio concreto basandomi solo sui suoi pessimi gusti - ma anche per le rispostine saccenti e spesso velate d'acidità che si diverte a rivolgermi, a cui solitamente rispondo con un dito medio, qualche insulto e, nel peggiore dei casi, uno spintone. Niente che sia andato, almeno fino ad ora, oltre certi limiti. Eppure questa volta non riesco a tirarmi indietro. O perlomeno, storco il naso non appena si avvicina a me e poggia il suo braccetto rinsecchito attorno alla mia spalla, ma non sgattaiolo nell'immediato dalla sua presa. Scrollo appena le spalle, in tentativi non così convinti di togliermelo di dosso, mentre gli occhi visibilmente infastiditi si posano sul suo sorrisetto da schiaffi. "Tu invece non sei cambiato di una virgola, Drayton. Hai la stessa identica faccia di merda di sempre." Lo rimbecco, rispondendo senza troppo impegno alla sua irritante considerazione sui miei capelli. Sono così chiusa nel mio dramma - e detta così sembra una realtà esageratamente tragica - da non riuscire neanche ad offendermi per quelli. Ed in effetti, l'acconciatura semplice e ben diversa dalle solite vistose ciocche colorate ed intrecciate ad opera d'arte lasciano intravedere spiragli di quel disagio - spero momentaneo - che mi ostino a mascherare, soprattutto davanti a Reid. "Gira a largo, okay? Non è giornat-..." Nel posare le dita attorno alle sue per liberarmi della sua presa, mi rendo conto delle bende che gli ricoprono i palmi e ne resto visibilmente stupita. "Uoh uoh uoh, che cazzo hai fatto?" Mi metto di fronte a lui, reggendo per qualche secondo una delle sue mani tra le mie, in un gesto inconsulto che gli sto probabilmente rivolgendo solo perché a discapito dell'odio spropositato per tutti gli studenti di questa scuola, ciò che mi fa ancora più ribrezzo sono i metodi che utilizzano per farci rigare dritto. Che branco di psicopatici. "Ma fai sul serio? E' il secondo giorno, che hai combinato?" Non è una ramanzina quella che gli rivolgo e chiaramente non sono preoccupata per le sue ferite, ma per certi versi non posso che concordare col discorso plateale - e ridicolo, di sicuro - che ha pronunciato pochi istanti fa a gran voce. Non condivido il suo modo di fare da uomo vissuto, ma c'è una cosa che ci accomuna sin dall'inizio: l'odio palese per questo castello. In questo momento, sento di avere veramente bisogno di una spalla in questo. "Che scuola del cazzo." Che è poi probabilmente il motivo per cui stavolta, piuttosto che guardarlo con disappunto e girare i tacchi, sono ancora ferma davanti a lui, gli occhi puntati sulle bende, le braccia ora incrociate al busto come per proteggermi. Da cosa, poi, non lo so.

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