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    La prudenza in casa Hollingsworth ha la stessa forma della paranoia. Deve essere così quando i tuoi affari, la tua vita, girano intorno a soldi sporchi e alla vita delle persone. Letteralmente. I sistemi d'allarme installati nei nostri nascondigli quindi sono molteplici e raffinati. Alcuni sono visibili e persino facili da neutralizzare, quasi ad ingannare eventuali intrusi, ma altri riferiscono ogni informazione necessaria ad essere preparati ad un attacco. Perché quando fai il male, il male te lo aspetti e devi essere preparato, sempre.
    Quando l'allarme suona indicando la grotta scavata nella montagna di un paesino sperduto delle montagne inglesi, mi preoccupo ma solo in parte. Le celle sono vuote e le ricchezze ben custodite. Ciò che mi spinge a mobilitarmi velocemente è la possibilità siano lì rimasti incustoditi dei documenti, dettagli che potrebbero essere fuorvianti nelle mani sbagliate. Così, bacchetta alla mano, pugnale nel fodero e via, pop, mi smaterializzo.
    Silenziosamente e con attenzione percorro il tratto di strada fino a luogo segnalato. Li vedo. Due figure, sebbene di spalle li identifico fin da subito come un uomo e una donna. Quando l'uomo si volta, al suo profilo do un nome e anche una spiegazione sul come sia arrivato fin qui.
    Mason Chesterfield. Averlo aiutato nel suo periodo di lontananza con Hubert, non è stato un grande affare come sostenuto invece da mia madre. Non lo è stato affatto se, tornato dal suo padrone, cerca ora di rapinarci. Ma non mi farò prendere in giro.
    Così, aspettato il momento opportuno, vengo fuori dal mio nascondiglio, puntando la bacchetta contro il soggetto più debole, la ragazza. Mi basta uno schiantesimo per metterla ko. Prima che possa però crollare al suolo l'afferro. Un braccio a sostenerla, mentre il suo volto chino e addormentato, resta rivolto al suo complice così che il Chesterfield possa ben vedere la bacchetta che punto contro il suo piccolo collo.
    “Pessima scelta, Chesterfield.” Dico mentre appongo la giusta distanza tra noi. “Se cercavi un posto per appartarti, te lo dico da subito. Questo non è quello giusto.” Lo fisso rabbioso, come una bestia fa con un'altra che è entrata nel proprio territorio. “Un solo passo. Solo. Uno. Dai.” La bacchetta si muove per un attimo, tagliando un pezzo della manica del maglione indossato dalla vittima inerme. Solo il maglione, in un atto dimostrativo. Se prova soltanto a fare il gradasso, non mi farò scrupoli ad essere più indelicato. “Che cazzo vuoi?”


     
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    Come ha potuto lasciare che accadesse?

    'Abbiamo degli stronzi da prendere a calci in culo, no?' L'adrenalina di quell'istante ha donato un'ultima scarica al suo corpo esausto. Carico di quel legame recuperato, ha riafferrato tutto ciò che la separazione pareva avergli tolto. Si è ritrovato a ridere, ad arricchire di speranza prospettive credute smarrite, rifocillandole, smettendo di lasciarle appassire. Un lavoro che hanno fatto insieme, stringendosi quella ed altre notti, condividendo incontri e ricerche, avanzando su una strada reciproca, mirata ad obbiettivi adiacenti e non più discordanti. La sola volontà di aiutarlo, ha reso Helena l'alleata ideale. Puntuale come sempre però, l'abbassare la guardia ha comportato l'arrivo di un nuovo problema all'orizzonte, di un brutto scherzo giocato da elementi che forse sino ad ora sono stati sottovalutati. Giunti ad una delle losche grotte degli Hollingsworth, quel destino pressante non tarda a ritorcerglisi contro. Un fascio di luce colpisce la ragazza, addormentandola prima che l'inevitabile impatto si compia. Un braccio la regge, la familiarità di pari passo col tono di voce che ha lanciato l'incanto. Tutto si fa chiaro, l'ovvio si palesa, ma l'agitazione del Chesterfield amplifica le peggiori sensazioni mai provate in vita sua, alcune sfiorate nel passato, rimpolpate da quell'evento, dalla sua disattenzione, ed altre nuove a strozzargli il collo vietandogli di respirare. Solo un urlo, il nome di lei a riecheggiare tra le pareti della grotta. Fermo sotto la volontà di Harvey, si sente braccato da fittizie catene di timore ed impotenza. Braccia tremanti, vene pulsanti.

    'Lasciala andare, cazzo!' Il Chesterfield è ben conscio quell'insistenza non servirà in alcun modo. Le loro figure appaiono nella penombra della grotta come il preludio di uno scontro tra titani. E' la resa dei conti, apparente o effettiva, eppure sin troppi elementi in quel quadro scombinato creano ulteriore scompiglio. Tutto sbagliato, la presenza di Helena prima fra ogni cosa. 'Prendi me se ne hai le palle, perché se le torci un solo capello il tuo biondino non ne esce vivo.' E' l'unico elemento che possa attaccare. L'unico di cui abbia avuto testimonianza, più o meno evidente, di un legame per nulla limitato alla sola superficie. Un'entità di cui non conosce che i sommi capi, ma che ha osservato abbastanza da renderla un plausibile punto debole del ragazzo. 'Se la lasci, metto via la bacchetta.' Cerca inizialmente un incontro, un attimo di calma in cui lasciare che quello scambio si rifletta. Una possibile buona riuscita, per Mason quanto probabilmente per Harvey. Entrambi hanno parecchio da perdere. Entrambi conoscono l'uno dell'altro vari dettagli trapelati dalla tregua forzata con cui sono evasi dalla realtà. Troppi, a quel punto. 'E tu mi darai le risposte che cerco sulla nostra famiglia, o i vostri segreti faranno una pessima fine.' Sul volto, il dipinto di una sicurezza relegata a spigoli di cattiveria ben impressi sul suo animo. Un perfetto dipinto di Hubert Chesterfield, del figlio che è riuscito a tirar su nonostante tutto.


     
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    La voglia di spaccargli la faccia è proporzionale all’irruenza con cui osa rispondermi. A me. In casa mia. Mi pento amaramente di aver seguito il consiglio di mia madre ed avergli porto il mio aiuto tempo addietro. E’ stato decisamente tutto inutile, ed ora mi ritrovo a dover risolvere un impiccio di cui sinceramente non vorrei occuparmi. Non adesso.
    Sbuffo alle sue richieste poco caritatevoli. Il suo fare da bullo funzionerà con i cagasotto dell’accademia, ma non con me. “Oddio, smettila di fare l’eroe, non è un ruolo adatto a te. Testa di cazzo.” In memoria di quel breve periodo di confidenza che abbiamo condiviso, posso affermare lo sia, una testa di cazzo. E mi fa ancora più rabbia abbia deciso di mostrare a me la sua pessima attitudine. E colpirei davvero lui e la sua accompagnatrice, ma non sarebbe utile a nessuno. Siamo dinanzi ad un impasse. Quindi, mio malgrado, sono costretto a perseguire la strada del compromesso.
    “Buttala a terra, e la lascio.” E per dimostrargli le mie buone intenzioni - o comunque la mia voglia di non spaccargli la faccia in questo momento e senza repliche - poggio la ragazza sul pavimento, senza tuttavia allontanarmi da lei. La mia bacchetta resta puntata contro il suo corpo, qualora alla testa calda venga in mente qualche azione spropositata. Ma lui proprio non riesce a contenere la sua idiozia. Non mi meraviglio dopotutto, visto l’esemplare da cui è stato cresciuto. “Lo immaginavo non fossi quello intelligente tra noi, ma minacciare me in casa mia, non è troppo anche per te? Questo mister paperotto non te l’ha insegnato?” Rispondo alla sua minaccia con una mezza risata nervosa. E lo so, sarebbe stupido far finta di nulla dinanzi al suo quesito e al modo rabbioso con cui me lo rivolge. Devo capire cosa sa, per mettere in guardia la mia famiglia. “Che vuoi sapere?”


     
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    C'è un equilibrio incomprensibile tra i due. Restano sospesi alla stessa altezza, nessuno a sovrastare realmente l'altro, solo l'illusione di poterlo fare. Hanno alle spalle uno sfondo comune, frammentato in zolle di storia che si sono allontanate, placche separate con la possibilità momentanea di riavvicinarsi. Ciò che Mason cerca è il punto d'incastro perfetto, quello che chiarisca gli irrisolti, che incida duramente ciò che è stato sino ad ora un tratteggio sbiadito. Harvey, non il fulcro delle sue domande, ma una possibile via attraverso cui giungere alle risposte. Tutte, alcune, sarà l'epilogo di quell'incontro a stabilirlo. Accondiscende alla sua richiesta, seppur mantenendo la mascella serrata nell'odio e gli occhi accesi dal fuoco della vendetta. Helena è ancora una volta il suo bene superiore, un tallone d'Achille che oscilla costantemente tra le debolezze del Chesterfield. Tira lentamente su la bacchetta, mostrandola al cugino prima di riporla sul pavimento con altrettanta flemma, di pari passo con l'adagiarsi del corpo addormentato della ragazza sul terreno. 'E' meglio per te se non fai stronzate.' Ribadisce ancora, pugno di ferro, denti digrignati. Non è la necessità di agire da spaccone in un contesto tanto serio quanto delicato. E' solo la voglia di piantare nella mente dell'altro quel concetto inscalfibile, dalle intenzioni più sincere e chiare che possano mai scaturire dalle sue labbra, che la sua mente possa mai elaborare. Ed altrettanto difficile è frenare i propri impulsi dinanzi alla nomina di Hubert, velata di denigrazioni di cui, agli occhi di Mason, non è assolutamente degno. Ingoia quel rospo, lasciando scorrere gli occhi ardenti ora su Helena, ora su Harvey. Non tarda a giungere al punto di quella fallimentare sommossa silenziosa. 'La tua famiglia si è macchiata dei peggiori crimini del mondo, tutti magistralmente insabbiati. E sai, sinceramente, non me ne frega un cazzo.' Dopotutto il nome dei Chesterfield non è da meno. Nelle mani di Mason scorre ancora imperterrito tutto quel sangue versato. 'Ma a quanto pare ce n'è uno che mi tocca nel personale, mh? E se vuoi che il peggio si eviti, allora mi aiuterai tu stesso.' Lo mette di nuovo dinanzi ad un bivio, non mancando di sottolineare la serietà di quella richiesta, di una problematica ormai potenzialmente giunta al suo culmine. Il batticuore accompagna un nervosismo sempre più plateale. E' però con calma, ancora, che tira fuori dalle proprie tasche un fogliettino. Lo porge all'altro, attendendo vi si avvicini, lo richiami a sé, lo afferri in qualsiasi modo. Gli chiede prima ancora che con la bocca, di puntare gli occhi sui dettagli in esso impressi. Una data, un orario, altri dettagli in apparenza vaghi di cui il Chesterfield conosce il significato. 'Voglio gli archivi di questa cazzo di notte.' La notte dell'assassinio, dove tutta la distruzione del ragazzo ha avuto inizio. E' solo nelle lontane azioni degli zii che può ricevere le conferme che è andato cercando per più di un anno. Solo in quella certezza potrà ritenersi salvo dalla schiavitù del lancinante dolore a cui è stato sottoposto sin da bambino. 'Mi servono le mie dannate risposte, o vi taglio la gola con le mie stesse mani. Uno. Per. Uno.' E se tali risposte si riveleranno adiacenti all'ipotesi suggerita da Hubert, sarà solo ai coniugi Hollingsworth che quel destino spetterà inevitabilmente. Questo però Harvey non lo saprà.


     
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    Non apprezzo l’arroganza, sarà perchè ne sono il primo fruitore. Il modo in cui mi si rivolge, mi spinge a mettermi sulla difensiva. Potrei anche essere propenso ad aiutarlo ma non se il suo modo di reagire è questo. Mostrarsi debole è una variabile che non posso concedermi. “Di che cazzo parli?” Supero la ragazza, fronteggiando il ragazzo. Occupiamo lo spazio che ci divide, guardandoci come farebbero due grossi predatori. Nessuno attacca per ora, ma nell’aria la tensione è palpabile.
    So bene di cosa parla. I miei genitori mi hanno messo in guardia su tutto ciò che riguarda Mason e la sua famiglia, sulla faida che fin da principio ci ha visto vittime e carnefici. Una guerra di cui noi, Hollingsworth e Chesterfield di nuova generazione, non c’entriamo nulla. jmn Ciò che Mason non sa è che non è l’unico ad averci perso in questa storia. A lui è stata tolta via la famiglia, a me la serenità. L’infanzia l’abbiamo persa entrambi. “Tu credi gli Hollingsworth abbiano un archivio dove raccolgono tutte le loro malefatte?” Rido alla sua folle richiesta. E’ così solo per gli affari, ma per le rappresaglie nessuno terrebbe conta dei propri malefici. Non avrebbe alcun senso e non sarebbe sicuro. “Passare ai Chesterfield ti ha reso un po’ ingenuo, cuginetto.” Lo prendo in giro mentre mi avvicino a lui. Lo istigo, è chiaro. Non è la lotta quello a cui ambisco, ma portare l’altro al limite della propria pazienza è sempre stato un passatempo divertente a cui non sono mai riuscito a sottrarmi. Ripongo via la bacchetta, come a dimostrargli di volere uno scontro alla pari. “Quanti anni avevi? Circa sei giusto? Deve essere stato terribile vederli morire, uno a uno.” Il mio sguardo si fissa nel suo mentre la mia espressione diventa seria, pensosa. Piego leggermente il capo in un lato, guardandolo. “Ed è strano, davvero strano, che siano morti tutti, tranne tu.” Aggiungo poco dopo, sorridendo sghembo. “Hai mai pensato potresti essere stato proprio tu ad ucciderli? Un piccolo assassino provetto.” Il mio dito, si punta sul suo petto, spingendolo appena. Il campanello d’inizio per una guerra che è diventata inevitabile.


     
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    'Una data, Hollingsworth. Basta solo quella cazzo di data.' Il Chesterfield è consapevole l'altro abbia recepito il messaggio. Il suo tergiversare si lega a quelle semplici manie di sadismo che in superficie li hanno sempre accomunati. Emergono entrambi da storie difficili, da famiglie per nulla convenzionali. Hanno condiviso i più disperati estremi di un mondo che gli è stato cucito addosso a forza, ed ora si ritrovano protagonisti di un campo di battaglia che non gli appartiene. Il sangue che gli scorre sulle mani non è loro responsabilità. Il fuoco di vendetta che incendia i loro occhi non ha a che vedere con nessuno dei due. Harvey riveste tuttavia quel ruolo con egregio talento. Persino la possibilità di recuperare Helena, ormai lontana da ogni potenziale mossa del ragazzo, va via via sfumando al passo con le parole dell'Hollingsworth. La lingua tagliente sa dove andare ad adagiarsi. Le ferite di Mason si riaprono, con la facilità di lembi mai perfettamente cicatrizzatisi. Il sangue che ne sgorga è vivido quanto quello versato nella notte dell'incidente. Ora imbratta i sensi del Chesterfield e si prepara a stagliarsi sul cugino. Il dito premuto contro il suo petto è la rampa di lancio per uno scontro inevitabile. La furia di Mason, tradotta in ruggiti di un rogo divampante, lo spinge dritto contro l'altro. Un pugno sul suo volto, le braccia sulle sue spalle nel tentativo di abbatterlo. 'Tappati quel cesso di bocca quando parli di me e della mia famiglia, è chiaro?!' Un avvertimento inevitabile, seppur probabilmente già incastrato tra le consapevolezze dell'Hollingsworth. Non ne segue però che una lotta, lo scaricarsi di un accumulo di frustrazione ambivalente. Come due bestie rimaste in gabbia per troppo tempo, i loro istinti vanno mescolandosi con il solo intento di ferire. E non è chiaro cosa quella necessità di cattiveria abbia spinto Harvey a condurli in quella via, ma per Mason non c'è un minimo di sollievo in ognuno dei colpi inferti ai danni del cugino. 'Stai solo confermando la loro colpa, stronzo!' Urla ancora, tra una percossa inflitta ed una ricevuta. 'E vi giuro che andrete a fondo per avermi rovinato la vita.' Una promessa, al limite più basso mai raggiunto negli ultimi anni.


     
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    Prevedibile la bomba che di qui a breve esploderà. La violenza che ne scaturisce, mi investe in pieno, in pugni che non posso evitare ma a cui rispondo con altrettanta tenacia. Saremmo pur cresciuti in due famiglie diverse, ma immagino che il DNA parli da sè: della violenza abbiamo bisogno. Non sappiamo esprimerci diversamente. E quando soffriamo, quando il dolore diventa troppo grande da poter sopportare, abbiamo necessità di dargli una motivazione o di soffocarlo. Momenti come questi, aiutano a mascherare la sofferenza emotiva. Patire il dolore di una scarica di pugni dopotutto è ben più semplice che sopportare una immotivata sofferenza emotiva.
    Reagisco colpendolo a mia volta. Lo faccio fin quando un colpo più forte degli altri, non mi strappa un urlo. Porto una mano alle costole, ansimando. Lo spingo via con ferocia, chinandomi appena in avanti. “Sta fermo, cazzo.” Dopotutto se mi uccide, non conoscerà nulla della sua storia. Sputo del sangue sul pavimento, poggiando la schiena contro la parete. Fingo una resa per il dolore. Poi, inaspettato, mi muovo verso di lui. La mano contro il suo collo nel tentativo di rendergli pan per focaccia. “I miei non c’entrano niente in questa storia.” L’idea è di spingerlo verso le sbarre alle sue spalle, così da limitare i suoi movimenti e poterlo colpire ancora lì dove lui ha ferito me. “Se le cose fossero andate come chi di dovere le aveva progettate, forse ci sarei io al tuo posto. O mio fratello.” Lo colpisco ancora mentre la presa al suo collo si fa più dura. A volte tenere a bada il demone che ho dentro diventa difficile. La violenza richiama violenza in un circolo vizioso che non ha fine. “Quello che è successo alla tua famiglia, è stato un errore del cazzo. Gli obiettivi eravamo noi.” Spingo la sua testa contro le sbarre, prima di lasciarlo andare.
    Mi sbrigo a porre la giusta distanza tra noi, e non è un caso che mi avvicini di nuovo alla ragazza.
    I colpi che sto per infliggergli necessitano d’attenzione. Se il timore io possa far del male all’altra lo spingerà a darsi una calmata, ben venga. E’ per questo che la riafferro tra le braccia. Lei mugola ma sembra apparentemente ancora priva di sensi. “Non ti è mai sembrato strano che un uomo come Chesterfield si prendesse a cuore una storia come la tua? Un bambino come te? Dovevi essere davvero importante per attirare la sua attenzione. Lui si avvicina solo a ciò che luccica come una fottuta cornacchia.” Comincio a spiegargli, cercando il suo sguardo. Non mi importa ciò che accadrà di qui a breve o quali saranno le conseguenze delle mie rivelazioni. Mason non è il solo ad aver atteso a lungo questo momento. Non è il solo a desiderare vendetta.
    “Voglio dire… cosa avevi di speciale?” Gli chiedo piegando il capo. Una domanda che cerca di instillare in lui il dubbio ci sia qualcosa di estremamente incomprensibile nella vicenda che lo vede protagonista. “Avrebbe potuto raccattare tutti i poveri disperati per farne i suoi prediletti ed invece ha scelto te. Proprio te, Mason. Il testimone di un massacro le cui dinamiche non sono mai state chiarite. E poi? Poi cosa ha fatto?” Continuo a guardarlo mentre il mio tono si fa più duro e deciso. Gli disegno la verità sotto gli occhi, aspettando la accolga. Non so se ne sarà capace. “Ti ha nascosto al mondo, presentandoti con un nome diverso. Uno a cui nessuno ha mai avuto il coraggio di opporsi.” Aggiungo poco dopo, allontanandomi di un altro passo. Aspetto qualche altro attimo. Davvero tutto questo non gli è mai sembrato strano? Sul serio si è lasciato plagiare così a fondo e così a lungo da un essere così? Quasi non provo rabbia, ma pena. “Lo capisci da solo o devo dirtelo io?”


     
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    Quando la rabbia è così forte, si radica nel tuo animo sino a guidare ogni tuo gesto. Il seme della discordia si è piantato al centro del petto dei ragazzi sin dalla loro infanzia. Sulle loro braccia, scorrono neri rami di quel risultato sempre pronto ad esplodere. E c'è grandezza in quelle percosse reciprocamente inferte, al punto tale da scavare fosse di dimensione epocale, raschiando un passato che pare aver ferito entrambi in egual misura, seppur incapaci di vederlo, di comprenderlo. Le parole di Harvey sferzano l'aria con più violenza di qualsiasi pugno. Tagliano in profondità, dove anche la più affilata delle lame non riuscirebbe ad arrivare. Resta al contempo vittima di quella furia. Pressato contro le fredde sbarre alle sue spalle, fatica a respirare. Annaspa risposte confusionarie, incapace di arrendersi nonostante l'impossibilità di riprendere in mano la situazione. 'Lasciami...' L'ossigeno va via via dissipandosi. La debolezza lo assale. D'improvviso però l'obiettivo dell'Hollingsworth si rende più palese. Con appena la situazione sotto controllo, molla la presa, lasciando Mason chino sul pavimento, tossendo alla ricerca di un'aria che non torna. Una mossa apparentemente avventata, ma in realtà chiaramente studiata come dimostrato l'attimo dopo. A frenare il Chesterfield dal tornargli addosso infatti non è la consapevolezza di aver ferito gravemente il sangue del suo sangue, né il dolore insopportabile avvertito alla testa, alle tempie in fiamme; è la presenza di Helena a bloccarlo, il rischio a cui viene ancora sottoposta, di nuovo bloccata tra le braccia del ragazzo. Ed è chiaro non basteranno altre intimidazioni per indurlo a desistere, a lasciarla andare. C'è un messaggio che vuole mandare, forte e chiaro. Un messaggio tanto potente da mandare la psiche del Chesterfield in un vortice di dubbi che gli fa salire su un'incontrollata nausea. Se le accuse di Harvey fossero vere, significherebbe che il responsabile dell'assassinio risieda altrove. Che si tratti di una figura che gli è sempre stata sotto il naso. La figura che l'ha accolto, allevato e... No. Dev'essere una bugia, un giochetto mentale per soggiogarlo. D'altro canto è così che funziona nel loro mondo. Così sconfiggi il nemico. 'Basta, sta' zitto!' Tuona con disperazione la sua voce. Troppe immagini scorrono nella sua mente. Tutte si realizzano nelle parole del cugino. Appare tutto così plausibilmente reale da essere insopportabile. E Mason si costringe fino alla fine a tenere sugli occhi quel velo d'incredulità, di fiducia rivolta a chi, non smetterà mai di ripeterlo, gli ha incredibilmente salvato la vita. 'Sei malato, cazzo. Sei tale e quale ai tuoi genitori, ma non mi piegherò ai vostri giochetti di merda.' Palesa quindi la riluttanza verso le sue idee. A tradirlo è però l'incertezza sul suo volto. Il timore ci sia un fondo di verità in quelle spiegazioni. Che l'incastro di quelle accuse sia il perfetto pezzo mancante per tutto ciò che ha costruito sino ad ora. 'Ti avevo chiesto delle prove, non di diffamare la mia famiglia.' Una realtà a cui non vuole arrendersi, che passa di conseguenza in secondo piano, mentre l'incolumità di Helena regna padrona sino alla fine, spostando l'attenzione di entrambi, prima di un ritorno che sia, secondo il Chesterfield, l'effettiva resa dei conti. 'Lasciala.' Gli si rivolge quindi, la voce meno dura, la tempia umida ed appiccicosa per le ferite riportate. 'Lasciala e me ne vado. Per ora.' Biascica nervosamente, cercando lentamente e con difficoltà di rimettersi in piedi.


     
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    Non sono meravigliato dalla sua reazione. Non credevo si affidasse alle mie parole senza batter ciglio, dopotutto è venuto qui alla ricerca di prove e non di chiacchiere. Io d’altro canto potrei semplicemente ignorarlo ed esser fiero di aver almeno provato a mettere una pulce nella sua testa bacata da fantoccio di uno psicopatico. Potrei farlo, eppure si muove in me una sorta di empatia che mi spinge a rimuginare sull’ipotesi di cercare realmente qualcosa da dargli per prendere in mano la sua vita. Sarà che in fondo è ciò che desidero per me o forse la vicinanza con alcune persone mi ha rammollito. “Io sono malato o sei tu che sei un ingenuo?” Gli chiedo, conscio di star continuando ad istigare la sua già labile pazienza. Non cerco una guerra ulteriore ma solo di far sì apra la mente. “Hubert… ops, tuo padre, voleva ampliare il suo giro di affari rifacendosi sul nostro.” Continuo a parlargli, tenendomi bene a distanza dalla sua furia. Immagino tuttavia di essere prevalentemente in salvo visto la presa che ancora ho sulla ragazza. Pessima scelta quella di portarla nella tana del lupo, ma questo evito di dirglielo. Per ora. “I miei non erano nemmeno in città quella notte.” E’ questa la verità a cui lui fatica a credere. Un fraintendimento ha portato alla strage sbagliata che poi si è riversa su di noi con ancora più violenza. “E sai cosa? Hubert ha aspettato qualche anno per rifarsi anche su di noi. Ha fatto rapire me e mio fratello, sbattendoci per un mese in un capanno del cazzo in mezzo al nulla. Prova a cercare le prove anche di questo.” Questa però sono certa sia una parte della storia che nessuno gli abbia mai raccontato. Per un po’ hanno celato anche a me la realtà dei fatti, ma ora mentire è inutile. Se siamo a questo punto della storia, è giusto che tutto venga a galla. “Che tu ci creda o no mi spiace per quello che hai dovuto passare.” Gli dico dopo un lungo silenzio, indirizzando il mio sguardo verso il suo. Sono sincero quanto mai prima di adesso. E per mostrargli le mie buone intenzioni, mi avvicino a lui con la ragazza, aspettando l’afferri. “So cosa significa essere tirati su a bugie, mentre si è costretti a nascondere le proprie debolezze.” Quando lo fa, non abbiamo più niente da dirci. Lascio la presa e mi allontano. Appena dietro l’angolo mi smaterializzo mentre un rumoroso allarme suona agli intrusi.
    Un'ora dopo circa, avrei fatto recapitare al Chesterfield una lettera riportante la foto dei miei genitori impegnati ad una festa delle famiglie più ricche del mondo magico. La data e l'orario coincidevano con quelli del massacro della sua.


     
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8 replies since 7/4/2023, 00:09   110 views
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