Wrong place, right time.

Privata; Ellen.

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1.  
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Studente Grifondoro
    Posts
    530

    Status
    Offline
    E' sera a Londra, la temperatura non sembra voler cedere nemmeno un grado alla brezza fresca che combatte per avere la meglio sul caldo torrido di questi ultimi giorni, ma nemmeno l'afa riesce ad arrestarmi e, passo dopo passo, mi appresto a raggiungere quello che - da oggi, fino a settembre - sarà il mio lavoro estivo: un pub, tanto per cambiare.
    Mentre cammino, con le cuffie alle orecchie, non posso fare a meno di pensarti. Sono passati due anni dall'ultima volta che ti ho vista, due anni lunghissimi. Non c'è stato giorno durante il quale non mi sia chiesta dove diavolo ti sia cacciata e, lo ammetto, una parte di me, vorrebbe che spuntassi fuori dal nulla, magari in mezzo al traffico londinese, oppure in un qualsiasi angolo della periferia, e mi sorridessi. Me ne basterebbe uno, un solo sorriso è tutto quello che vorrei, oltre alla piena certezza che stai bene, ora. Chissà dove, senza di me.
    Supero l'ennesimo stop senza nemmeno guardarmi intorno e un taxi suona il clacson, intimandomi di levarmi di mezzo. Alzo le mani e supero l'incrocio, fermandomi un secondo - con i palmi delle mani sulle ginocchia - per riprendermi dai miei pensieri. Mai nome fu più azzeccato, Lilith, sai? Scuoto il capo e riprendo lentamente l'andatura, cercando di scacciarti dalla mente.
    Manca più di un'ora prima che cominci il mio turno, così penso bene di allungare il tragitto, infilandomi frettolosamente in una viuzza del centro. Non riesco nemmeno a completare la svolta, che finisco rovinosamente contro qualcuno. Cazz Scusami, non volevo urt- E non faccio nemmeno in tempo a finire la frase dalla sorpresa. E-Ellen? domando, incerta.
    B_POLL
     
    Top
    .
  2.  
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Studente Corvonero
    Posts
    158

    Status
    Anonymous
    Si sente un po' spaesata Ellen. Non sa bene come descrivere quella sensazione di disagio misto ad inappartenenza che le solletica il collo come il soffio di un vento troppo caldo: tutto ciò che vorrebbe è tergersi il sudore con la mano e farlo sparire, ma sa che sarebbe solo una questione di minuti prima di ritrovarsi la pelle nuovamente umida.
    Cammina tra le viuzze di Londra tirandosi dietro la bicicletta a mano, carica di borse ricolme di ciarpame babbano appena acquistato per arredare il suo nuovo appartamento a Diagon Alley. La Scozia? Ormai un ricordo da archiviare nella sezione del passato senza ritorno, di fronte a sé soltanto i concetti di autonomia ed indipendenza. Parole strane e pressoché sconosciute, che solo a pensarle si sente attorcigliare la lingua immaginaria come se stesse pronunciando il nome di un piatto libanese sul menù di un ristorante asiatico. Insomma, strambo strambissimo. Cerca di non pensarci troppo, riempiendo il vuoto con cavolate da appendere al muro e crisi da disoccupazione. Perché dopo la perdita dei nonni Ellen si è vista cascare addosso un'eredità da far invidia ai piani alti della Gringott, ma lei ha altri progetti per il proprio futuro e nessuno di essi contempla l'idea di starsene tutto il giorno seduti cazzeggiando a dismisura.
    Sta accarezzando l'idea di seguire corsi di cucina e hey magari aprire persino una pasticceria tutta sua, assumere un assistente, infilarsi uno di quei deliziosissimi grembiuli bordati di rosa e un-
    « Ah! » sobbalza con le spalle irrigidite, facendo un passo indietro e lasciando la bici ad incastrarsi in una delle numerose borse. « Ehm » non ci crede, non vuole. Il fiato caldo di prima non esiste più, rimpiazzato da una folata di ghiaccio che le rizza i peli delle braccia e le apre una morsa tra le costole, là dove un tempo il suo cuore batteva in modo naturale, ritmato e persino pigro. « Dovremmo smetterla di incontrarci così » per caso? nella Londra babbana? dopo... Anni? Non riesce a guardarla in faccia, mentre con le mani sudate tenta di divincolare la plastica aggrovigliata dei sacchi, ovviamente fallendo con poca discrezione.
     
    Top
    .
  3.  
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Studente Grifondoro
    Posts
    530

    Status
    Offline
    Reggo prontamente il manubrio della bicicletta della mia interlocutrice, prima che la ruota anteriore si incastri su sé stessa, e - superato un primo momento di stupore - punto lo sguardo sul suo viso; ha qualcosa di diverso, i suoi lineamenti sembrano più duri e non riesco a comprendere a fondo la sua espressione. Evita il contatto diretto col mio sguardo, questo almeno non è cambiato, penso.
    O forse no. Sembra che questo sia l'unico modo di vederci. commento, a caldo. Non ho dimenticato la sua fuga, così come quella di qualsiasi altra persona che abbia significato alcunché nella mia vita. Ammetto di aver pensato di essere stata maledetta, qualche volta. Insomma, Ellen, Soana, Lilith: non c'è persona che non abbia scelto di allontanarsi da me, alla fine. Non una lettera, né un messaggio, la costante era sempre stata il vuoto, vuoto che non ho mai imparato a colmare. Quello che, col tempo, ho deciso di fare è andare avanti, in qualche modo.
    Inspiro profondamente, lascio che riprenda il controllo del manubrio della sua bicicletta e mi passo una mano tra i capelli platino. Vivi qui, adesso? Pensavo fossi tornata in Scozia. Ne ero convinta, a dire il vero. Non avrei immaginato Ellen in nessun altro posto al mondo. Ti va di accompagnarmi? Non lavoro tanto distante da qui. le propongo, facendo cenno in direzione del Pub. Una camminata insieme non avrebbe potuto fare del male a nessuno, no?
    B_POLL
     
    Top
    .
  4.  
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Studente Corvonero
    Posts
    158

    Status
    Anonymous
    Ha sempre ammirato la prontezza con la quale Alexis affrontava le cose, arrivando quasi ad invidiarle quella disinvoltura che la caratterizzava persino nelle situazioni più scomode. Difatti, non resta delusa: le afferra la bicicletta ancor prima di parlare, tirandola fuori dall'ennesima prova di goffaggine che, malgrado il passare degli anni, le sta ancora ben appiccicata addosso.
    Sente il suo sguardo percorrerla mentre libera dai sacchi la ruota e riprende il manubrio che la (ex?) Grifondoro le porge, e la cosa la agita non poco; fatica a capire se quella di lei sia un'analisi positiva o negativa, ma non ha bisogno di attendere molto per ricevere risposta.
    « Be' allora bisognerebbe ringraziarlo, questo strano destino » cerca di sorridere, sentendosi però punta dal tono ruvido che le fa capire la presenza di un certo risentimento non troppo velato. D'altronde non ha alcun potere per obiettare: se n'era andata da Hogwarts senza una parola, svanendo come se non fosse mai esistita. Le era stato impossibile dare gli addii, optando dunque per la via più facile e senza dubbio più egoista: evitare la parte più scomoda fuggendo, com'era sempre stata abituata a fare e come aveva già fatto in passato proprio con lei. Era quasi un pattern di deresponsabilizzazione nei confronti di quello che lei aveva reputato essere amore, dove quel che inseguiva era il senso di colpa piuttosto che il dolore nel dare spiegazioni dovute e rispettose. Eh già.
    « Ssssì, in effetti ci ho abitato dopo - dopo Hogwarts. Ora però mi sono appena trasferita a Diagon Alley » è questo il momento di scusarsi? O di dirle come stavano le cose? Forse lei non ha nemmeno voglia di sentirle, le sue giustificazioni. « E tu invece? Sempre al Castello? » chissà che vita aveva condotto, dopo la sua partenza. Chissà se aveva fatto nuove conoscenze, nuove amicizie, nuovi... No, non adesso.
    « Certamente » lo mormora senza celare un velo di sorpresa e contentezza nello scoprire che forse il suo rancore non era così definitivo. « Sempre a lavorare tu, eh? » un impacciato tentativo di rompere il ghiaccio, mentre con sguardo sfuggente dà un'occhiata al volto di Alexis, sperando di non essere notata. « Sono molto belli, i capelli. »
     
    Top
    .
3 replies since 22/6/2022, 19:38   75 views
  Share  
.
Top