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Daphne

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    Sayuri osserva il milkshake davanti a lei e si rende conto di non averne ancora bevuto un sorso. In compenso il piatto dei pancake è quasi vuoto, seppur li abbia mangiati lentamente, quasi a fatica e non voracemente come avrebbe normalmente fatto.
    Un po’ assorta, guarda al di là della finestra del coffee shop in cui siedono lei e Daphne ed osserva la vita frenetica di Chicago passarle davanti gli occhi.
    È un po’ preoccupata e non riesce a nasconderlo. Beh un po’ tanto preoccupata.
    Solo il giorno prima lei, la mamma e Daphne sono arrivate nella grande città americana e Sayuri sa che non si tratta di un viaggio di piacere.
    La mamma le ha spiegato che c’è un altro di quei processi, quello in cui decideranno se Sayuri può rimanere con lei o no. L’ha rassicurata, dicendole che andrà tutto bene, che staranno sempre insieme, ma Sayuri ammette di aver pianto aggrappata a lei, chiedendole disperatamente di non andare.
    Nella sua testa il non presentarsi al processo equivaleva al poter rimanere con la mamma a prescindere, ma a quanto pare non era un’opzione.
    È contenta che Daphne sia con loro e di non dover aspettare fuori dall’aula del tribunale con una sconosciuta come l’ultima volta.
    Daphne l’ha portata a fare colazione fuori e le ha proposto di andare poi a fare una passeggiata, magari alla ricerca di un parco.
    Sayuri ha provato a mostrarsi entusiasta ma, per quanto ami passare del tempo con lei, non può smettere di pensare alla mamma e a quello che deciderà il signor giudice.
    “Quanto ci vorrà?” le chiede, prima di allungare una mano verso il milkshake e berne finalmente un sorso. È alla pesca ed è buonissimo.
    Alza gli occhi a mandorla sulla rossa e la guarda speranzosa. Vorrebbe che le dicesse che ci vorrà pochissimo, un battito di ciglia, che la mamma torna prestissimo.
    Ma Sayuri sa che richiede tempo, ce ne è voluto parecchio anche l’ultima volta, in cui ha fatto in tempo a fare dieci disegni e di leggere il suo libro.
    Sospira e guarda nuovamente fuori. Mamma Haru e Daphne hanno provato tanto a distrarla, la sera prima, e deve ammettere che il pigiama party in albergo è stato piuttosto entusiasmante e le hanno concesso di mangiare tonnellate di pop corn. Non aveva mai avuto un pigiama party in albergo ed in qualche modo è sembrato speciale. Per un po’ non ha pensato a quello che le aspettava l’indomani.
    Con un ulteriore sospiro afferra la forchetta e finisce gli ultimi bocconi di pancake perché non vuole sembrare un’ingrata nei confronti di Daphne che si sta comportato tanto gentilmente con lei.
    “Sono buonissimi” dichiara poi con la bocca ancora un po’ piena.
    Quando finiscono la colazione, Daphne paga e lasciano il coffee shop.
    È una giornata soleggiata, ma Chicago è molto più fredda di Londra e ai bordi della strada si è accumulata un po’ di neve, caduta quella notte.
    Sayuri si calca bene il berretto con le orecchie da gatto sulla testa ed indossa i guanti, poi afferra una mano di Daphne, mentre camminano lungo il marciapiede.
    Per un po’ la bambina resta in silenzio, cerca di trattenere la domanda che ha premuto sulla punta della sua lingua per tutto il tempo, poi non riesce più a farlo ed alza timidamente lo sguardo su Daphne.
    “Pensi che mi porteranno di nuovo via dalla mamma?” chiede con voce sottile e gli occhioni pieni di preoccupazione. “Non voglio andare dai nonni, non li conosco. E non voglio perdere la mamma e nemmeno te…”
     
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    Macinare risentimento per persone che a stento si rendevano conto di averle fatto un torto non era una novità per Daphne. Non era poi così difficile incorrere nella sua "ira funesta" che, come un'implacabile divinità greca, indirizzava a tutti coloro che agivano in modi che lei riteneva inaccettabili, incomprensibili e offensivi nei suoi confronti o nei confronti delle persone che amava. La rossa aveva una vena spiccatamente drammatica che la rendeva incline a compilare liste nere nella sua mente e tenerne fermamente conto per il futuro, ma solo negli ultimi anni si era resa davvero conto di poter odiare persino persone delle cui colpe non era stata nemmeno testimone diretta: senza ombra di dubbio, i coniugi Wàng rientravano in quella categoria. Non li aveva visti cacciare di casa la loro primogenita, né li aveva visti presenziare in tribunale per far valere le loro assurde pretese su Sayuri. Ma le erano bastati i racconti al riguardo, le era bastata la rabbia di Harumi, l'angoscia che negli ultimi giorni aveva visto trasparire in ogni gesto. Quando aveva iniziato ad aiutarla nella sua battaglia legale per mantenere la tutela della figlia, Daphne aveva saputo fin da subito che tale percorso sarebbe stato lungo e che non si sarebbe certo risolto con il primo ritorno di Sayuri a casa, dopo il suo allontanamento. Quella era stata una tregua, certo, ma non una certezza. Tuttavia, da quando aveva iniziato a frequentare l'appartamento di Haru abitualmente, da quando la sua vita si era intrecciata a quella dell'orientale e di sua figlia, gestire lucidamente certe consapevolezze era stato più difficile. Era troppo coinvolta emotivamente per guardare a quella situazione con il distacco di un occhio professionale ma, per fortuna, questo non le era richiesto.
    Purtroppo ci faranno aspettare un po', devono prendere una decisione importante e questo richiede tempo.
    Scrutò Sayuri oltre il tavolo che le separava. Aveva scelto il proprio approccio nel momento stesso in cui Harumi le aveva chiesto di accompagnarle negli Stati Uniti e di fare compagnia alla bambina nell'attesa che la porta di quell'aula di tribunale venisse riaperta con un conseguente verdetto. L'età anagrafica di Sayuri corrispondeva all'età mentale e psicologica della bambina: era ancora immersa nel mondo dell'infanzia ovviamente, ma era intelligente e possedeva un grande spirito di osservazione. Le sue riflessioni erano quelle di una bambina, ma di una bambina sempre intenta a farsi domande e a cercare risposte. Per questo motivo la rossa aveva deciso che non le avrebbe mentito né avrebbe mistificato la realtà, non sarebbe stata evasiva rispetto alle domande che Sayuri le avrebbe rivolto, solo cauta. Sorrise, annuendo appena al commento sulla colazione: sapeva bene che un piatto di pancakes, per quanto buoni, non poteva fare miracoli.. ed era evidente che non sarebbe bastato a far svanire ogni traccia di preoccupazione dalla mente della bambina. Uscirono, immergendosi nella città.
    L'aria fredda rendeva Chicago un po' troppo ostile per i gusti di Daphne, il che era senza dubbio bizzarro considerato il Paese in cui era cresciuta. Ma nel freddo della Danimarca sembrava celarsi un'anima antica e profonda, mentre quella metropoli americana le ricordava New York senza però custodirne il fascino. Era indubbio, però, che il suo stato emotivo condizionasse molto il suo approccio a quelle strade, al punto da indurle l'istinto di portare la bambina che teneva per mano lontano da lì, al sicuro. Per un momento, la danese ebbe una visione chiara e limpida: Harumi che perdeva la causa, loro due che scappavano via con Sayuri, dandosi alla macchia come tre fuorilegge. Un'immagine surreale, ma che possedeva una certa attrattiva.
    Oh..
    Sayuri le parve con i piedi del tutto piantati a terra - sicuramente più di lei che immaginava fughe rocambolesche - al punto che le sue parole risuonarono di una serietà intrisa di profonda amarezza. Daphne osservò quel visino delicato, incorniciato dai capelli corvini sormontati da un cappellino con adorabili orecchie da gatto: istintivamente si chinò per abbracciare la bambina.
    Vieni qui.
    La strinse forte a sé. Ciò che più la faceva arrabbiare era l'orrenda ironia di quella situazione. Non c'era stata alcuna figura materna nella vita di Daphne, mentre Harumi aveva avuto una madre che pur amandola aveva scelto di rinunciare a lei, di allontanarla nel momento in cui aveva costatato una mancata corrispondenza tra la figlia e le proprie aspettative. Sayuri, invece, aveva una madre che l'amava più di ogni altra cosa, che aveva affrontato mille difficoltà pur di tenerla con sé ed era disposta ad affrontarne mille altre. Ma, come tutte le donne che Daphne aveva avuto modo di conoscere da vicino, anche Sayuri era vittima di una volontà esterna, pretestuosamente superiore, che cercava di portarle via ciò che le apparteneva e di imporle decisioni dall'alto.
    Io penso che la tua mamma la spunterà. Sai, servono buone ragioni per decidere che una mamma non può occuparsi della sua bambina. fissò il suo sguardo azzurro negli occhi neri di Sayuri, dopo averla liberata dal suo abbraccio I tuoi nonni magari credono di averle, ma io e te sappiamo che non è così.
    Parlava come stesse esprimendo delle sue personali riflessioni ad alta voce per condividerle con la piccola e infondo, in un certo senso, era così. Si era detta di non mentirle e di non nasconderle niente, per questo motivo aveva escluso ogni "andrà tutto bene" da quella conversazione: anche se pronunciare quelle parole sarebbe stato senza dubbio più facile, anche se il musetto di Sayuri così piccolo e delicato le avrebbe indotto proprio quel genere di rassicurazioni.
    Lì dentro Harumi non è da sola. Con lei c'è un bravissimo avvocato che spiegherà al giudice cosa la rende un'ottima madre. continuò, scostandole una lunga ciocca scura dal viso e sistemandole meglio il cappotto per proteggerla dal freddo Faranno delle domande anche a tua zia Mèi e ai tuoi insegnanti, tutte persone che possono portare il punto di vista di chi ti vede crescere giorno dopo giorno.
    Spiegarle quanto poteva le veniva naturale, come un necessario tentativo di annientare un terrificante immaginario di ciò che stava accadendo in quel momento in quell'aula di tribunale. Lei, personalmente, fin da piccola aveva sempre trovato che ci fosse un che di confortante nelle spiegazioni, nel chiarimento di dettagli riguardanti fenomeni che le apparivano misteriosi. Non poteva sapere se lo stesso valeva per Sayuri, ma stava facendo del suo meglio. Le prese le mani tra le sue.
    Tua madre è una guerriera e sta combattendo con tutte le sue forze per tenerti con sé.
    Forse il fatto che si stesse mostrando positiva poteva sembrare una mezza bugia, ma se stava indorando la pillola lo stava facendo prima di tutto per sé stessa. Anche se l'ansia le stringeva il petto voleva davvero credere nelle proprie parole, voleva confidare nella loro sensatezza poiché la speranza in quel momento era la loro principale risorsa.
     
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    Sayuri non ama aspettare, anche se è sempre stata una bambina paziente e mai troppo pressante. Non ama aspettare soprattutto quando si tratta di aspettare notizie importanti, importanti come quella che riguarda il resto della sua vita.
    Non capisce perché di punto in bianco sia dovuto accadere tutto questo. Lei e la mamma stavano bene, erano felici e Sayuri sa che ai nonni non è mai importato niente di loro, quindi perché tutto questo accanimento ora?
    Vorrebbe capire di più, ma la verità è che sa davvero poco e comprende altrettanto poco. Sa solo che spera di tornare a casa con la sua mamma e continuare a vivere come hanno sempre fatto.
    È sempre stata felice con lei e sembra che a tutti questi adulti che stanno decidendo la sua sorte non importi.
    Le uniche a cui sembra importare sono mamma e Daphne.
    La stessa Daphne che cerca di rassicurarla, di spiegarle che ci vorrà del tempo prima che finisca il processo e che non le parla come se fosse una bimba tonta.
    È una qualità della rossa che Sayuri apprezza tanto, che le ha fatto apprezzare la danese fin da subito.
    Eppure per un attimo, mentre camminano lungo il marciapiede ghiacciato, persino Daphne sembra essere presa contropiede e per qualche secondo non sa che dire.
    Sayuri alza lo sguardo su di lei e attende, fiduciosa.
    Quando Daphne l’abbraccia, lei fa altrettanto, felice di essere avvolta da quella stretta. Le piace l’odore della ragazza, la rassicura esattamente come l’odore di mamma Haru. Daphne usa più profumo, questo è certo, ma non stona mai su di lei.
    La guarda poi negli occhi e annuisce con fare solenne.
    “Beh non ci sono buone ragioni per non farmi stare con mamma” dichiara “Lei è la mamma migliore del mondo, lo hai visto anche tu! Nessuna delle mie amiche ha una mamma così speciale, nemmeno Naomi, anche se la sua mamma è bravissima”
    E questa è decisamente una cosa che un giudice dovrebbe sapere perché è davvero importante. Sayuri un po’ si preoccupa pensando che magari non c’è nessuno a dirglielo, anche se faranno domande a tante persone, come dice Daphne.
    “E perché non chiedono anche a me?” dice poi, con tono un pochino frustrato. “Io posso dire a tutti quanto è brava e che sono felice e sto bene!”
    È il ragionamento più logico per lei, chi meglio di Sayuri può sapere se la sua mamma la fa stare bene? Perché a nessuno di loro importa della sua opinione? Eppure dovrebbe essere quella che conta più di tutte. Basterebbe farla andare lì e dire a tutte quelle persone la verità e di certo non ci sarebbero questi stupidi problemi. Invece, fino ad ora, nessuno le ha chiesto niente.
    “Dovrebbero chiedere anche a te. Passi tanto tempo con noi, tu sai le cose”
    La rassicura però pensare che ci sia almeno zia Mèi lì dentro ad aiutare la sua mamma. La zia è sempre stata dalla loro parte e Sayuri si fida di lei.
    Prende nuovamente la mano di Daphne e per un po’ resta in silenzio, riprendendo a camminare.
    Distrattamente calcia un pezzo di neve ormai congelato. Lo osserva rotolare fino al bordo del marciapiede e poi torna a guardare avanti a sè.
    Passano davanti un parco, nonostante il freddo è pieno di bambini che giocano. Normalmente chiederebbe di andare a giocare a sua volta, invece si ferma a guardarli e non prova alcun desiderio di unirsi a loro.
    È pieno di genitori che controllano i loro figli. Mamme che chiacchierano tra di loro, papà che giocano con i bambini.
    Qualche volta Sayuri si è fatta qualche domanda sul suo papà, ma non le è mai importato più di tanto. Nella sua scuola ci sono altri bambini che non hanno il papà o non hanno la mamma. Alcuni vivono con i nonni o gli zii. Per cui le è sempre sembrato normale avere solo la sua mamma.
    E poi adesso c’è Daphne. È vero, le hanno detto che è presto per considerarla un’altra mamma, ma Sayuri spera che possano diventare una vera famiglia un giorno.
    “Daphne… dove sono la tua mamma ed il tuo papà?” si rende conto che la danese non li ha mai nominati, almeno non in sua presenza. “Anche loro sono stati cattivi con te come i genitori della mia mamma con lei?”
    Perché ha senso in questo modo. La mamma non parla mai di loro, quindi se nemmeno Daphne parla mai dei suoi devono per forza essere stati cattivi con lei.
     
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    Sayuri aveva gli occhi di chi era certa di subire una grande ingiustizia. Era uno sguardo tipico di molti bambini, talvolta per motivi molto più futili: la loro realtà protetta rendeva importanti frustrazioni che con il tempo sarebbero parse loro più gestibili, rimpiazzate da atre di maggiore portata. La differenza, in quel caso, era che la ragione dello sconcerto risentito della piccola Wàng, ciò che rendeva i suoi occhi simili a quelli di un animale ferito a tradimento, era di gran lunga più ingombrante di ciò che avrebbe dovuto riguardare la quotidianità di una bambina di sei anni. Le era ben chiaro che i suoi nonni volessero separarla da sua mamma e che diverse persone, alcune delle quali completamente sconosciute, si fossero riunite per determinare ciò che sarebbe dovuto accadere. Per determinare il resto della sua infanzia. Doveva essere una minaccia ben più grande di quella che qualunque bambino fosse disposto a sopportare, l'incubo per eccellenza. Eppure Sayuri non piangeva, poneva domande con la serietà che la sua giovanissima mente laboriosa e brillante le suggeriva fosse più utile in quel momento. Daphne, non per la prima volta, provò una sincera ammirazione per le risorse della piccola creatura che stringeva tra le braccia.
    Sono d'accordo con te, hai una mamma molto speciale. E conto sul fatto che l'avvocato non solo lo stia spiegando al giudice in questo momento.. ma che possa anche dimostrarlo.
    Non era forse a questo che servivano i testimoni convocati per essere interrogati circa la vita di Sayuri? I signori Wàng avevano soldi e potere, influenza, ma non avevano alcuna ragione valida che giocasse a favore di uno sradicamento della nipote da quella che era la sua casa, la sua scuola, il suo intero mondo. Quello che c'era da augurarsi era che il fatto che Harumi avesse avuto la possibilità di farsi affiancare da un legale che non aveva nulla da invidiare a quelli della controparte giocasse alla fine un ruolo fondamentale. Era possibile dimostrare che Sayuri conduceva la vita che meritava, di questo la rossa era più che convinta. Ma ciò non le impediva di avere paura, dopotutto era cresciuta all'ombra di un uomo da cui aveva imparato quanto potere e posizione sociale potessero giocare un ruolo determinante.
    A volte vengono rivolte delle domande anche ai bambini, durante processi del genere. Ma in alcuni casi, come in questo, si pensa che siano solo gli adulti a doverne discutere. spiegò, scegliendo con cura le parole ma non potendo per questo impedire che fossero portatrici di un inevitabile scontento, persino sdegno, per quella bambina che richiedeva di essere riconosciuta con i suoi bisogni e i suoi desideri So che ti sembra ingiusto.. e lo so perché è proprio quello che avrei pensato io alla tua età.
    Aveva sempre avuto ben presente ciò che proprio non le andava a genio, fin da bambina.. con l'unica grande eccezione della volontà di Soren che sempre soggiogava subdolamente le sue idee e le sue emozioni, tirando le fila di un costante e imperterrito bisogno di affetto che, mai soddisfatto, sovrastava qualunque altro stimolo. Ma, al di fuori del rapporto con il padre, il suo modo di osservare la realtà era sempre stato attento e guidato da un pressante bisogno di autoaffermazione.
    Tra ragazze sveglie ci si intende.
    Annuì, ammiccando alla bambina con un occhiolino e una stretta di mano carica di solidarietà femminile, per un istante più spiccata di tutto ciò che le poneva su due piani differenti in quanto adulta e bambina. Sciolto il loro abbraccio, Daphne e Sayuri proseguirono fianco a fianco tenendosi per mano. Se si fermava a pensarci, la danese non poteva che costatare quanto fosse quasi surreale la sua posizione in quel preciso momento: camminava per le strade di Chicago tenendo per mano la figlia della sua ragazza. Solo un paio di anni prima non sarebbe stata nemmeno in grado di immaginarsi in una situazione simile ma, d'altra parte, nemmeno sarebbe stata in grado di prevedere che avrebbe "indossato" il cognome Morrow al posto di Mikkelsen. Eppure, quello era ufficialmente il suo cognome adesso e lei se ne sentiva rappresentata più che mai, lo sentiva giusto per sé, così come sentiva stranamente naturale tenere quella bimba per mano e cercare di rassicurarla.
    L'avvocato di Haru pensa che sia meglio fare domande a chi vi conosce da più tempo, ma sono sicura che tua zia saprà essere molto convincente.
    Wàng Mèi le era piaciuta fin dal loro primo incontro e l'evidente forza del legame tra le due cugine rendeva il supporto della più grande una valida risorsa sotto molti punti di vista. Certo, la rossa non poteva negare che una parte di lei vibrasse del desiderio di poter esporre a gran voce il proprio punto di vista su quel piccolo e meraviglioso nucleo familiare composto da madre e figlia, ma sapeva che la situazione era ben più complessa di ciò che aveva potuto spiegare a Sayuri. E a dirla tutta, riconosceva che parlare davanti a tutte quelle persone in veste di "compagna di Harumi" le avrebbe probabilmente causato un attacco di panico istantaneo, decisamente poco utile in sede di processo.
    Le domande che Sayuri le aveva rivolto fino a quel momento non erano state tra le più semplici: risponderle con la sincerità che meritava ma calibrando tutte le verità così che la bambina le potesse comprendere davvero era stata un'operazione a tratti delicata, ma ciò le parve niente in confronto a quello che ora la piccola le stava chiedendo. La storia familiare di Daphne era un tripudio di orrore, violenza e disperazione, era davvero troppo spietata per una bambina. In effetti, lo era anche per una ragazza di ventidue anni.
    Non ho mai conosciuto mia madre. Vedi, purtroppo quando sono nata era molto malata e non ha avuto modo di occuparsi di me. quella era senza dubbio la verità, ma i dettagli più scabrosi e complicati sarebbero rimasti omessi per il momento. Daphne si schiarì la voce prima di proseguire Mio padre.. sì, lui è un po' come i tuoi nonni: vorrebbe decidere tutto per me, senza lasciarmi modo di essere me stessa. Persino quando sono diventata grande, non ha mai smesso di essere così prepotente.
    Prepotente, un termine che si addiceva alla perfezione a Soren Hans Bachskov. Un termine inevitabilmente riduttivo, eppure sufficientemente forte per una bambina educata alla libertà e a tutti i valori che Haru le aveva trasmesso.
    Così un giorno ho preso Bijou e ce ne siamo andate. Dici che ho fatto bene?
    Per qualche motivo le venne naturale includerla nel discorso in modo più diretto, richiedere il suo parere. Voleva capire cosa passasse per la testa di Sayuri, quali pensieri potesse elaborare su ciò che le era appena stato raccontato. L'idea di turbarla eccessivamente era comunque una presenza costante, malgrado le scelte di verità che la danese stava compiendo.
    Mi dispiace, so che non è una storia molto allegra da ascoltare.
    Doveva essere strano per una bambina cresciuta immersa nell'amore ascoltare storie tanto diverse dalla sua. La piccola Wàng ora si trovava ad affrontare una situazione difficile, una minaccia incombente alla sua serenità, ma fino a quel momento era cresciuta avvolta dall'amore di sua madre, delle sue zie, aveva un cugino più grande e tre gatti che animavano il suo piccolo appartamento. Quanto doveva apparirle triste il rapporto che Daphne e Harumi avevano con i loro genitori?
    Però ho un fratello gemello, sai? Jerome. Ha i capelli rossi come me, li abbiamo ereditati dalla nostra mamma. la informò, rendendosi conto che Bram era l'unica persona del suo universo affettivo che avesse mai interagito con la bambina Quindi ho Jer accanto a me, ho te e tua mamma, Bram, la mia amica Helena. Le famiglie non sono tutte uguali: a volte possiamo anche costruircele da soli, scegliendo le persone per conto nostro.. l'unica cosa che conta è volersi bene.
    Ma questo Sayuri lo sapeva già. Anzi, probabilmente lo sapeva da prima che Daphne iniziasse a comprenderlo.
     
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    Quel giorno Sayuri ha una sola certezza: Daphne non le mentirebbe mai. Se le sta dicendo che stanno facendo di tutto per non farla portare via dalla sua mamma, allora deve essere per forza vero.
    E sa che Daphne ha ragione sulla zia Mèi, lei c’era quando Sayuri era nata e c’era stata per un sacco di tempo finché Harumi non era stata in grado di badare a se stessa e alla bambina, lo sa perché la mamma glielo ha raccontato.
    Poi è vero che la sua è una mamma speciale, Sayuri lo sa bene e solo uno stupido non lo vedrebbe ed è certa che per diventare giudici e prendere decisioni importanti non si possa essere stupidi.
    L’avvocato lo ha pagato zia Mèi, le è stato detto anche questo, e Daphne ha aiutato a sceglierlo quindi deve essere per forza il migliore di tutti.
    Sono pensieri in qualche modo rassicuranti, ma continua a trovare ingiusto il fatto che nessuno voglia fare domande a lei, la persona che vive con Harumi ogni giorno fin dalla più tenera età e che potrebbe confermare quanto sia felice.
    Decide che se dovessero giungere all’orrenda decisione di mandarla a vivere con i nonni, si comporterà come la bambina più infelice del mondo ed malissimo, così da dimostrare quanto siano loro a renderla triste e a costringerli a rimandarla indietro.
    “Però non pensi anche tu che sia ingiusto che non mi facciano domande?” insiste un pochino, perché Daphne ha detto solamente che alla sua età avrebbe pensato la stessa cosa, ma Sayuri vuole sapere cosa pensa adesso, da adulta.
    Il suo parere conta molto per lei, non solo perché è il parere di una persona grande, ma di qualcuno che è diventato importante per lei e per la mamma.
    Tuttavia il discorso sui genitori di Daphne è capace di distrarla per un po’. L’idea che Daphne non abbia mai conosciuto sua madre la intristisce e non sa come ci si senta a non essere cresciuta con una mamma. Forse è come non essere cresciuti con un papà, ma Sayuri non si sente triste per questo, mentre la rossa lo sembra un pochino mentre gliene parla.
    “Ti dispiace non averla conosciuta?”
    Per il padre di Daphne invece prova subito avversione ed il suo visino si contrae in una smorfia di disappunto quando le dice che è come i genitori di mamma Haru.
    “Hai fatto benissimo!” dice solennemente, guardandola con serietà. “Devi decidere tu, sei grande e nessuno può farlo per te! Quindi non hai più parlato con lui? E lui non ti cerca? Lo caccio io se viene da te!”
    Agita i piccoli pugnetti nell’aria con fare piuttosto agguerrito per poi abbracciare i fianchi della ragazza ed alzare lo sguardo su di lei, quando le parla di un fratello e di tutte le persone che le vogliono bene.
    “Certo, se ci si vuole bene si diventa una famiglia! Mamma, io, zia Yoko, Ichi, Ni, San, Mèi, Jun e Bart siamo una famiglia, anche i cani di zia Mèi ne fanno parte. Ed ora ci sei anche tu. Anche se Jerome, Bram ed Helena c’erano prima, vuoi bene anche a noi?”
    La guarda, quasi con trepidazione, e la stringe ancora di più.
    “Mi farai conoscere anche Jerome?”
    Prova ad immaginarselo, un ragazzo con i capelli rossi ed il viso simile a quello di Daphne. Se un giorno diventeranno davvero una famiglia, se potrà considerare anche lei una mamma, magari Jerome diventerà suo zio?
    A Sayuri brillano quasi gli occhi all’idea di quella famiglia allargata.
     
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    L'ulteriore insistenza di Sayuri sulla sua posizione circa l'ingiustizia subita sorprese Daphne, spingendola a chiedersi se non le avesse erroneamente mostrato un atteggiamento troppo accondiscendente. Non era certo quello il messaggio che voleva trasmetterle, non voleva che la bambina pensasse che solo immaginando una sé stessa molto più piccola Daphne poteva comprendere la sua frustrazione e concordare con lei. Quel tribunale e tutto ciò che stava accadendo oltre le porte chiuse a cui Sayuri non aveva accesso stavano facendo sentire quest'ultima impotente e piccola nel senso più negativo del termine. La Morrow conosceva bene quella condizione, un malessere che non aveva smesso di provare una volta diventata adulta: Soren, tra tutti, non aveva mai smesso di farla sentire piccola di fronte a lui. Sayuri non poteva ancora immaginare quanto frequentemente alcuni esseri umani provocassero tali emozioni nei loro simili e Daphne combatteva con l'istinto di proteggerla da quella consapevolezza. Tuttavia, la necessità di essere onesta con quella creatura dallo sguardo così acceso e affamato di verità la spinse ancora una volta verso un approccio diverso.
    Lo penso anch'io. ammise, legittimando così le emozioni dell'altra e riconoscendole come qualcosa di diverso da un capriccio infantile Sono solo più abituata di te ad assistere alle ingiustizie: non è una bella cosa, anzi.. tu non dovresti abituarti mai.
    Non poteva scendere nel dettaglio di quanto distante la realtà fosse da ciò che una bambina avrebbe sperato e meritato di vivere. Non avrebbe mai voluto privarla della sua innocenza in quel modo. Tuttavia.. Sayuri aveva ormai compreso l'esistenza di ingiustizie più grandi del mancato soddisfacimento della richiesta di un gelato; la danese desiderava quindi invitarla a tenersi stretta la sua indignazione il più a lungo possibile. Era quell'indignazione di fronte ai soprusi a forgiare la forza di un essere umano, una forza che troppo a lungo la stessa Daphne aveva soffocato e messo a tacere e della quale si stava riappropriando a fatica solo nell'ultimo anno.
    Mi dispiace molto, sì.
    Non c'era altro che potesse rispondere ad una domanda così diretta da parte della piccola Wàng. Le dispiaceva non aver conosciuto Theresa, infondo le era dispiaciuto fin dall'inizio.. per tutti gli anni in cui aveva creduto che sua madre l'avesse semplicemente rifiutata preferendole Jerome. Con la scoperta della verità e delle opportunità di cui Soren l'aveva privata, il dispiace della rossa si era fatto più intenso, prendendo la forma di un pungente rammarico. Sapeva che conoscere Theresa non avrebbe affatto garantito un buon rapporto tra loro, un sano legame madre-figlia, ma questo non annullava la sua consapevolezza della perdita a cui era stata costretta. L'amarezza era sul punto di prendere il sopravvento su di lei, ma l'improvviso entusiasmo battagliero di Sayuri si abbatté come un piccolo tsunami contro l'insorgere di quello sconforto. I pugnetti agguerriti della bimba le strapparono addirittura una breve risata.
    Oddio, sei proprio la figlia di Harumi.. non c'è dubbio. Sono sicura che con un po' di impegno daresti del filo da torcere ai tuoi nonni!
    Osservò, senza nascondere una punta di orgoglio che in realtà non aveva motivo di provare. Si sentiva fiera di Sayuri ben oltre quanto avrebbe forse dovuto sentirsi nei confronti della figlia della sua ragazza. Quasi che quella piccolina con un cappello ornato di orecchie da gatto sulla testa fosse direttamente connessa a lei, legata da una forza misteriosa.
    Grazie, Sayu. le sue parole erano cariche di sincerità quando si abbassò per ricambiare l'abbraccio, rendendolo più reciproco e carico di affetto Ma stai tranquilla, mi tengo alla larga da lui.
    Purtroppo le sue intenzioni sembravano non bastare, ma di certo non voleva alimentare in Sayuri un'angoscia per qualcosa che non avrebbe mai potuto controllare. Era vero, dopotutto, che Daphne faceva del suo meglio per tenersi lontana dal padre, soprattutto dopo il loro ultimo incontro a Copenaghen.
    La successiva domanda della piccola Wàng la spiazzò nella sua genuinità e innocenza. A lasciarla interdetta fu anche la facilità con cui si riconobbe in quella ricerca di conferme, in quella fame di affetto e rassicurazioni a riguardo che l'aveva sempre posseduta e che riteneva si sarebbe portata dietro per tutta la vita. Ripensò a come non avesse mai osato chiedere a suo padre una conferma diretta del suo amore, spaventata dalla severa insofferenza di quell'uomo di ghiaccio e forse anche dall'inconscia paura di vedere infrangere ogni sua fantasia e illusione.
    Io vi voglio molto bene, tesoro. Moltissimo.
    Le confermò con aria seria dopo aver sciolto in parte l'abbraccio solo per guardarla negli occhi, le mani guantate appoggiate su quelle piccole guance vellutate. Quella bambina avrebbe sempre ricevuto conferme dell'amore di cui aveva bisogno: da Harumi, da Yoko, Mèi..e adesso anche da lei. Quella certezza regalò alla danese un senso di sollievo. Forse almeno Sayuri, crescendo, non sarebbe diventata una giovane donna bramosa di primeggiare nella sfera affettiva di chi le era caro, insistente nella richiesta di attenzioni al punto da cadere fin troppo facilmente nell'egoismo. Sorrise, afferrandole di nuovo la mano per riprendere la loro passeggiata.
    Certo che sì. Ma sai, Jer dei due è il gemello simpatico.. quindi in effetti sono già un pochino gelosa, cerca di non preferirlo a me.
    Affrontare sé stessa con autoironia le capitava un po' più di frequente ormai. Era piuttosto permalosa, dunque quando l'ironia sui suoi difetti arrivava da altri non era sempre incline ad accoglierla, ma quando si concedeva di prendere in giro sé stessa le riusciva ovviamente più semplice trovare il tutto divertente.
    Quando tutto questo sarà finito potremmo organizzare una cena tutti insieme, che ne pensi?
     
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    Al pensiero di una Daphne dispiaciuta per non aver mai conosciuto la sua mamma, un velo di tristezza attraversa il volto di Sayuri. Dura solo un istante perché ha paura che il suo essere triste possa rendere Daphne ancora più triste, una cosa che ha visto fare ad Harumi più di una volta.
    Sayuri sa che la sua mamma a volte è triste, perché può succedere a tutti, e sa anche che cerca di nasconderglielo per non farla preoccupare.
    Per cui la bambina cerca di fare lo stesso con Daphne, sentendosi brava proprio come un adulto.
    Il che, accompagnato dal commento della rossa sul fatto che somigli alla mamma, non può che rendere Sayuri fiera.
    La bambina sorride entusiasta. Diventare come la sua mamma è la sua più grande aspirazione al momento.
    Non mette in dubbio il fatto che Harumi assesterebbe qualche calcio nel sedere al papà di Daphne e se solo fosse una cinquantina di centimetri più alta, lo farebbe anche Sayuri stessa.
    “Oh sì, sarei il peggiore incubo dei nonni!” ribadisce con orgoglio.
    Eppure quando pensa alla possibilità di dover andare a vivere con loro, sente lo stomaco sottosopra e prova paura.
    Non li conosce e la mamma non parla quasi mai di loro, ma per quel poco che sa, la bambina è certa che non le piacerebbero. Anche se ha intuito che la nonna non deve essere così tanto cattiva, non come il nonno comunque sia.
    Quel piccolo momento di ansia è almeno soffocato nel sapere che Daphne si tiene alla larga dal suo papà cattivo e Sayuri ormai crede a qualsiasi cosa dica la rossa, si fida di lei e confida quindi nel fatto che sia vero, che Daphne non lo veda più ormai.
    Il piccolo sorriso sdentato della bambina si allarga ancora di più nel momento in cui la danese conferma di volere loro bene e non solo molto, ma moltissimo.
    Abbracciarla di nuovo è inevitabile.
    “Anche io ti voglio bene, Daphne” le dice con sincerità. “Bene benissimo!”
    Ridacchia della battuta dell’altra e poi scuote la testa.
    “Impossibile, nessuno può essere più simpatico di te” aggiunge “Ed io non posso preferire nessun altro”
    Nessuno al di fuori della mamma, questo era bene inteso, era certa che non servisse specificarlo.
    La danese parla di una cena tutti insieme quando ogni cosa sarà finita e per Sayuri suona come una speranza che tutto andrà bene. Annuisce vigorosamente con il sorriso sdentato sempre più luminoso.
    Riesce a vedersi, attorno ad un tavolo con mamma Harumi, Daphne e suo fratello Jerome, ormai senza la paura di essere portata via da quei nonni sconosciuti. Il pensiero la fa sentire meglio.

    Guarda la porta della loro stanza d’albergo da dieci minuti ormai. La mamma ha mandato un messaggio dicendo che sta per tornare e Sayuri non è più nella pelle di sapere come è andata, ma soprattutto impaziente di riabbracciarla.
    Quando finalmente la porta si spalanca ed Harumi fa il suo ingresso, il suo sorriso la dice lunga.
    Lascia cadere la borsa ed il cappotto a terra e si tuffa ad abbracciare Sayuri che si stringe forte a lei di rimando.
    Mamma Haru profuma di buono come sempre, l’odore che Sayu conosce fin da neonata e che riesce a calmarla sempre.
    “Torniamo a casa presto, sei contenta?!” dice Harumi quando sciolgono l’abbraccio e la bimba saltella emozionata.
    “Quindi non devo andare con i nonni?!”
    “No. Mai! Il giudice ha detto che devi rimanere con me per sempre”
    Sayuri l’abbraccia di nuovo, felicissima, è come se un peso enorme le fosse stato improvvisamente tolto dalle spalle.
    Poi Harumi alza lo sguardo su Daphne, sempre sorridendo e si alza per andarle incontro. La bacia con un’espressione che sembra essere di puro sollievo sul volto e abbraccia anche lei.
    “Dobbiamo andare a festeggiare!” esclama poi, su di giri “Troveremo la migliore pizzeria di Chicago e mangeremo fino a scoppiare. Non badiamo a spese!”
    Per Sayuri è come se fosse Natale o il suo compleanno. Saltella piena di frenesia e corre poi a prendere i suoi vestiti speciali dalla valigia, quelli che avrebbe dovuto indossare se l’avessero voluta a testimoniare al processo e che invece userà per qualcosa di molto meglio.
     
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    La rassicurazione offerta da Sayuri la intenerì, colpendola non poco. Si era già resa conto di piacere molto alla bambina, tra loro c'era stata affinità fin da subito e il tempo trascorso insieme aveva forgiato una complicità tra le due, ma non avrebbe comunque immaginato di diventare una delle persone preferite dalla piccola Wàng. Quando l'aveva conosciuta Daphne aveva visto in lei una bambina molto socievole e comunicativa, con un proprio mondo affettivo che andava oltre il suo legame primario e imprescindibile con Harumi, ragion per cui la Morrow aveva continuato a considerarsi una new entry nel mondo della piccola. Daphne non aveva dimestichezza con i bambini: a pelle le piacevano, certo, provava tenerezza nei loro confronti, ma non aveva mai avuto rapporti significativi che potessero farla sentire esperta in tal senso.. eppure ora relazionarsi a Sayuri le risultava del tutto naturale.
    Mi sento proprio una privilegiata.
    Accompagnò un sorriso a quell'ammissione, cercando di non rendere troppo palese il fatto che stesse silenziosamente gongolando. Daphne amava primeggiare in tutto, anche negli affetti.. ed era ormai chiaro per lei che Wàng Sayuri non era solo la figlia della sua ragazza, ma una bambina a cui si era affezionata molto, persino più di quanto avesse originariamente previsto.

    Il messaggio di Harumi le aveva rese entrambi irrequiete. Per quanto Daphne avesse preso in considerazione l'idea di provare a distrarre Sayuri per evitare che trascorresse in fremente e ansiosa attesa il lasso di tempo necessario ad Haru per tornare in hotel, alla fine non aveva fatto nulla del genere. Il suo tentativo sarebbe stato ridicolo, dal momento che lei stessa si sentiva troppo nervosa per chiacchierare o fare qualunque altra cosa, ora che sapeva che la mora stava facendo ritorno portando con sé il verdetto del giudice.
    Alla fine, quando la porta si aprì svelando la figura della Wàng, Daphne e Sayuri saltarono in piedi quasi in contemporanea. La rossa, tuttavia, fece del suo meglio per lasciare alla sua ragazza lo spazio necessario per parlare con la figlia, qualunque fosse la notizia che aveva da darle. Le ascoltò rimanendo immobile, finché il responso non la indusse a coprirsi la bocca con una mano in un gesto di genuino sollievo.
    Ce l'avete fatta!
    La mano scivolò via dal volto, rivelando un sorriso un po' incerto che in un attimo si fece però molto più radioso. Si sentiva una sciocca a mostrare tanta incredulità, poiché una reazione simile era in netto contrasto con le rassicurazioni che aveva provato ad offrire alla bambina fino a quel momento, come anche ad Harumi nei giorni precedenti. Eppure si rendeva conto di essersi lasciata sopraffare dal timore che tutto volgesse per il peggio. Doveva essere accaduto nel momento in cui si era ritrovata a rispondere alle domande di Sayuri su Soren: l'angoscia che le provocava il potere di quell'uomo l'aveva in qualche modo suggestionata, portandola per estensione ad immaginare anche i coniugi Wàng come detentori della medesima onnipotenza.
    Hai sentito, Sayu? Pizza!!
    Si lasciò trasportare dall'entusiasmo del momento, esultando quanto e forse anche più di Sayuri in vista della pizza che le attendeva. Avvertiva un senso di liberazione di fronte a quella vittoria, quasi come se il suo valore si estendesse anche oltre i confini di quel singolo evento, gettando una luce di speranza sul futuro e non solo sulla vita delle Wàng, ma persino sulla sua.

    Sayuri era molto preoccupata.
    Gli occhi di Daphne scrutavano Chicago, mentre lei sostava appoggiata alla balaustra del piccolo balcone che si apriva dalla loro modesta camera d'albergo. La città era immersa in una notte decisamente poco buia, illuminata dalle vivide luci di una frenesia instancabile, ben lontana dal conoscere una tregua. Le sue dita sottili giocavano con una sigaretta, corteggiando una tentazione a cui non faceva che cedere e astenersi a fasi alterne in base allo stress che la quotidianità le provocava.
    E lo confesso.. ad un certo punto anch'io ho temuto che potessero spuntarla i tuoi, anche se sarebbe stato scandaloso.
    La fiamma le illuminò il volto mentre mormorava quella confessione alla donna al suo fianco, prima di aspirare il fumo e rigettarlo lentamente fuori. Sayuri ora dormiva profondamente nel letto matrimoniale che le tre avrebbero condiviso per la notte, vinta dalla stanchezza di una giornata carica di emozioni decisamente intense: ancora una volta, il sonno l'aveva benevolmente abbracciata privandola delle preoccupazioni della veglia, con quella naturalezza che Daphne le invidiava sempre. La danese, dal canto suo, sentiva ancora strascichi della tensione provata avvinghiati a sé. Le capitava sempre più di frequente, da quando il suo rapporto con l'Adderall si era fatto meno rigoroso, con eccessi più frequenti e discontinui.
    Gettò un' occhiata ad Harumi, consapevole che per tutto il giorno quest'ultima aveva dovuto fare del suo meglio per mostrarsi forte di fronte alla figlia spaventata. Allungò la mano libera dalla sigaretta, agganciandola al fianco della Wàng per tenerla più vicina a sé.
    Hai intenzione di parlare con loro, ora che è finita?
    Le domande che Sayuri le aveva fatto su Theresa, la tristezza della bambina nell'apprendere che Daphne non aveva mai conosciuto la donna che l'aveva messa al mondo, avevano inevitabilmente spinto la rossa a pensare a ciò che Haru le aveva detto riguardo alla propria madre, a come l'affetto che le legava non fosse svanito del tutto.
     
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    Esco dal tribunale con passo veloce, leggero, così leggero che mi sembra quasi di non avere equilibrio.
    L’aria gelida di Chicago mi sferza subito il volto ma quasi non me ne accorgo, sento solo il sollievo che si fa strada nel mio corpo e che mi scalda da dentro. Vorrei urlare, di gioia ovviamente, ma mi trattengo e cerco di mantenere un’aria composta, eppure sono così felice che lo direi a tutti i passanti che incrocio lungo la strada.
    Ho mandato un messaggio a Daphne dicendole di farsi trovare in albergo con Sayuri. Non mi piace tenerle sulle spine, ma voglio dare loro la bella notizia di persona.
    Dopo un viaggio in metro non troppo lungo, arrivo finalmente a destinazione ed è con il cuore in gola per l’emozione che apro la porta della nostra stanza.
    Accolgo subito Sayuri tra le braccia, come se non la vedessi da secoli, invece che poche ore. Non posso credere che rimarrà con me per sempre senza che nessuno provi più a portarmela via.
    La camera si riempie subito di gioia, l’idea della pizza entusiasma non solo Sayuri, ma anche Daphne ed il vederla così eccitata mi strappa un risolino.
    Scelgo la migliore pizzeria italiana della zona. E’ vero, abbiamo cercato di risparmiare durante questo viaggio, ma ho qualche soldo extra datomi da Mèi, che a proposito non so come ringrazierò per tutto quello che ha fatto per noi. Lo so che non si aspetta nulla in cambio, ma io le devo davvero molto.
    Mangiamo fino a scoppiare e riusciamo persino ad avere un po’ di spazio per il dolce. Sayuri sceglie il brownie con il gelato alla vaniglia ed io l’aiuto a finirlo perché quando arriva a metà è decisamente troppo piena per proseguire da sola.
    Non posso fare a meno di vederci come una piccola famiglia a cena fuori per festeggiare. La mia piccola famiglia.
    Continuo a regalare sorrisi a Daphne per tutta la sera, un paio di volte sfioro la sua mano, ma niente di troppo evidente perché non voglio metterla a disagio, né farle pressioni per mostrarsi in pubblico.
    Tornate in albergo, Sayuri mette il pigiamino senza protestare e riesce a vedere un cartone animato sulla tv della stanza prima di crollare dalla stanchezza.
    E’ stata una giornata molto intensa, per tutte noi, e non escludo che Daphne ed io la seguiremo presto nel mondo dei sogni.
    Prima però ci concediamo una chiacchierata solo tra di noi ed anche una sigaretta, con i cappotti pesanti sopra i nostri pigiami per sopportare il freddo della notte di Chicago.
    - Non la biasimo, la prospettiva di essere portata via per stare con degli sconosciuti avrebbe spaventato chiunque - i miei occhi vagano sul traffico sottostante, così come quelli di Daphne e seguo il suo movimento portandomi la mia sigaretta alle labbra.
    Le lancio poi un’occhiata piena di comprensione.
    - Ho avuto paura anche io. Ma durante il processo ho capito che ogni cosa andava a mio favore. Loro avranno anche i soldi, cosa che io non ho, ma non c’era nient’altro che potesse renderli più idonei di me a crescere Sayuri. Il fatto che mi abbiano abbandonata a me stessa quando avevo quindici anni non li ha messi in buona luce, oltretutto. L’avvocato che hai trovato ha fatto davvero un ottimo lavoro, sai?
    Sorrido, continuando a guardarla e stringendo di rimando la sua mano. E’ un po’ fredda, ma è sempre un porto sicuro.
    Faccio poi una smorfia ed arriccio il naso quando mi chiede se ho intenzione di parlare con i miei genitori.
    - A quale scopo? Non parlo con loro da anni, pensi che voglia farlo proprio ora che mi hanno fatto questo?
    Mi lascio sfuggire un verso un po’ sprezzante e scrollo le spalle, riportando lo sguardo sul traffico e poi sui i grattacieli che ci circondano.
    Per qualche secondo non dico niente, ripensando a quelle ore in tribunale e penso a mia madre, la quale non ha aperto bocca per tutto il tempo, con lo sguardo basso e… forse carico di tristezza.
    - Mia madre non voleva essere lì, era chiaro - espiro poi, quasi infastidita dal fare questa rivelazione, infastidita perché mi rendo conto che nel dirlo sento una stretta al cuore.
    - Ma ciò non toglie che c’era, il tutto per accontentare mio padre ed essere sottomessa come al solito. Probabilmente non ha nemmeno provato ad andargli contro e a farlo desistere.
    Lo so che in tutto questo, il trascinarmi in tribunale per ottenere la custodia di Sayuri, lei non c’entra niente. Sono sicura che non sia partito da lei, né che l’abbia mai veramente voluto, ma ha comunque seguito il volere di mio padre.
    - Così come non ha provato a cercarmi quando me ne sono andata di casa, minorenne, incinta e sola. Quindi no, non voglio parlare con loro e se mai dovessi farlo sarà solamente per mandarli a quel paese.
    Faccio un tiro nervoso e profondo dalla mia sigaretta.
    - Come è andata con Sayuri oggi? Sono sicura che hai fatto un ottimo lavoro nel gestire la sua preoccupazione - voglio cambiare discorso, non voglio pensare a questa mattina e all’aver dovuto stare nella stanza delle due persone che al momento detesto di più. Non voglio parlare di loro, di quanto mi abbiano ferita o di quanto, in fondo, mi manchi mia madre.
     
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    La paura provata da Harumi non poteva sorprenderla. Se ne aveva provata lei stessa, che non era direttamente coinvolta in quella minaccia di separazione, figurati quanto intensamente doveva essersi angosciata la Wàng rischiando di perdere la bambina che aveva messo al mondo e cresciuto fino a quel momento. Daphne aveva fatto del suo meglio per starle vicina in quella fase, ma la sua proverbiale tendenza a prendere il controllo delle crisi altrui per porvi rimedio aveva subito non poche frustrazioni in quella circostanza: la prima si era verificata quando l'aver scavalcato Harumi parlando con la cugina le aveva spinte a scontrarsi, ma anche quando quell'attrito si era risolto la danese aveva dovuto fare i conti con il fatto che, in quella situazione, lei avrebbe potuto aiutare solo fino ad un certo punto. Era tutto nelle mani di avvocati e giudici, così la rossa si era applicata nell'offrirsi come spalla e sostegno piuttosto che come fidanzata ficcanaso ed interventista, ruolo che le avrebbe dato molta più soddisfazione e sicurezza. Sperava comunque di essersela cavata e ora si ritrovava a tirare un sospiro di sollievo nel vedere Haru finalmente più tranquilla.
    Ho puntato su uno dei migliori in circolazione. annuì, soddisfatta della cura della sua scelta Ma senza i soldi di Mèi non avremmo avuto questa opzione.
    Quel dettaglio non l'aveva lasciata affatto indifferente. Cresciuta nella piena disponibilità economica offerta dal patrimonio del giudice Bachskov, Daphne Mikkelsen non si era mai trovata a far fronte ad ostacoli di natura economica, limitandosi sempre ad osservare da lontano e con inevitabile distacco qualunque questione dipendesse dalla disponibilità finanziaria. Ma per Daphne Morrow, invece, la vita era ben diversa. E così lo era anche per Harumi, da quando aveva lasciato la casa dei suoi genitori.
    Quando la mia carriera sarà avviata e potrò permettermi di farlo.. vorrei coprire anche qualche causa pro bono.
    Era da un po' che ci pensava, in realtà. Quell'idea si era risvegliata nella sua mente mentre il progetto di Theresa iniziava a prendere forma, quando si era inevitabilmente ritrovata a chiedersi quale apporto pratico avrebbe potuto dare alla fondazione, oltre all'aspetto organizzativo. Si sarebbe fatta carico gratuitamente della difesa di chi si rivolgeva alla fondazione, ma non solo.. infondo anche un caso come quello di Harumi e Sayuri, per esempio, rischiava di subire le conseguenze del peso del denaro sull'amministrazione della Legge. La Giustizia era elitaria. E Daphne oscillava tra il trovarsi sorpresa per non essersene preoccupata più di tanto per molti anni e lo stupore nel sentirsi ora così sensibile alla questione. Infondo, lei non aveva certo smesso di sentirsi la principessina nordica che amava i vestiti griffati e i locali più esclusivi.. eppure, al contempo, era anche la stessa giovane donna che sentiva lo stomaco contorcersi di fronte a certe ingiustizie. Si chiedeva quanto ciò fosse o meno incoerente da parte sua.
    No, certo che no.
    L'amarezza di Haru nel parlare dei suoi genitori la allontanò da quei dubbi, riportandola alla realtà di quel momento. Aspirò il fumo dalla sigaretta, soffiandolo poi nella notte mentre stringeva il corpo dell'altra contro il proprio fianco in un mezzo abbraccio e le posava un bacio leggero sulla tempia.
    Ad essere sincera.. mi riferivo solo a tua madre.
    Stranamente, in quel caso si rendeva perfettamente conto di quanto intromettersi fosse un azzardo. Forse era l'argomento "madre" a renderla meno autocentrata del solito, spingendola a lanciare alla sua ragazza un'occhiata titubante nell'addentrarsi su quel delicato terreno. Allo stesso tempo, però, era proprio l'importanza attribuibile alla figura materna che impediva alla rossa di virare su un altro argomento. Ascoltò le considerazioni dell'altra, avvertendo distintamente il risentimento che ne segnava la voce. Sarebbe stato impossibile biasimare Haru per la delusione e il rancore che stava palesando verso sua madre.
    Prima di conoscere tutta la verità su Soren, io mi affidavo completamente al suo giudizio. Mi rendevo conto che era autoritario nei miei confronti: nel profondo percepivo che mi tarpava le ali, bloccava ogni mia spinta di indipendenza, soffocava la mia autonomia di pensiero. lasciò cadere della cenere oltre il bordo del balcone, mordendosi il labbro inferiore con aria assorta A volte penso che, anche se non mi piaceva ammetterlo, infondo sapevo persino che era un misogino e che per lui non avrei mai avuto lo stesso valore di un figlio maschio.
    Non solo non l'aveva mai affermato ad alta voce, ma non l'aveva mai ammesso nemmeno a sé stessa. Sarebbe stato come ammettere che, per quanto potesse impegnarsi a compiacerlo, non sarebbe mai riuscita a raggiungere il livello di perfezione che Soren avrebbe considerato degno della sua sincera stima. Dirlo adesso, con la figura di Haru stretta alla sua, aveva qualcosa di liberatorio per quanto non libero da un alone di amarezza.
    Ma lo amavo e desideravo così tanto essere amata da lui. Tutto il resto sbiadiva al confronto, sbiadivo.. persino io. Ci sono persone che fanno questo ad altre persone.
    Era arrivata al punto. Parlare del suo rapporto con Soren non era mai facile, con Harumi ci riusciva più che con altri.. ma in quel caso si era impegnata a farlo con uno scopo ben preciso. Sperava di offrire alla mora un altro punto di vista: la prospettiva di qualcuno che poteva immedesimarsi in un rapporto di dipendenza affettiva, simile a quello che sembrava avere la signora Wàng con il marito. Perché Daphne non poteva credere che il comportamento di quella donna fosse determinato unicamente da regole e tradizioni.. c'era sempre qualcosa di più profondo dietro alle scelte di un essere umano.
    Tua madre ha un sacco di colpe. Ma non desideri mai.. avere un'altra occasione di parlarci, voi due da sole?
    Azzardò quell'interrogativo, lasciando all'altra la possibilità di riflettervi sopra mentre la loro conversazione toccava anche altri argomenti. Pensare alla giornata trascorsa con Sayuri le strappò un sorriso del tutto spontaneo. Malgrado l'ansia provata da entrambe, era stata una bella parentesi e la danese aveva la sensazione che quei momenti insieme avessero creato una nuova e più intima connessione tra lei e la bambina.
    Credo di essermela cavata. Ci sono dinamiche del mondo adulto che le sembrano ingiuste e la verità è che ha decisamente ragione: è così sveglia. era una delle caratteristiche di Sayu che lei personalmente amava di più, quel suo essere tanto acuta seppure nella sua innocente dolcezza infantile Mi ha parlato della sua fantastica famiglia composta da umani, gatti e cani. E mi sembra che abbia "mire espansionistiche": ha voluto sapere quanto vi voglio bene. E vorrebbe conoscere Jer.
     
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    Ripenso inevitabilmente a quel giorno in cui l’ho raggiunta con tanta rabbia dicendole di stare fuori dalla mia famiglia.
    È inevitabile farlo, quando nomina Mèi e l’aiuto economico che mi ha dato per questo processo. Daphne ha ragione, se non fosse stato per lei non mi sarei potuta permettere un avvocato così bravo e magari le cose sarebbero andate diversamente.
    In un certo senso, sono contenta che Mèi abbia saputo subito ogni cosa e si sia fatta carico di queste spese, ma non vuol dire che abbia cambiato opinione su quello che ha fatto Daphne. Sono ancora dell’idea che non spettava a lei farlo, ma… adesso le sono grata.
    Ovviamente il mio orgoglio mi impedisce di dirlo ad alta voce, probabilmente non lo farei nemmeno sotto tortura, ma lei lo sa, ne sono certa.
    Mi chiedo solo come ripagherò Mèi di tutto questo. So che non vuole niente in cambio e di certo non accetterà mai i miei soldi, nemmeno se un giorno dovessi averne così tanti da potermici fare il bagno, ma io mi sento in dovere di ricambiare in qualche modo.
    Mi lascio sfuggire un sospiro e guardo alle mie spalle quel tanto che basta per controllare Sayuri attraverso il vetro della finestra. Dorme ancora, beatamente. Deve essere bello poter dormire finalmente senza preoccupazioni.
    Riporto l’attenzione su Daphne, per niente sorpresa della sua decisione di voler lavorare anche pro bono.
    Annuisco in approvazione, guardandola seria. - Theresa aiuterà in questo - non è dopotutto lo scopo dell’associazione che pian piano sta nascendo? - Sarai un ottimo avvocato.
    Sarà perfetta, ha dentro di sé quello che serve per esserlo: forza, determinazione, intelligenza ed un gran cuore, anche se forse non è consapevole di quest’ultimo.
    Vuole aiutare gli altri, è la caratteristica più importante a mio parere. Si è fatta avanti per aiutare me quando non eravamo altro che due persone in perenne litigio, la nostra reciproca scontrosità non l’ha mai fermata.
    - Oh… - dico piano distogliendo poi lo sguardo quando parla di mia madre.
    Deglutisco e non dico niente. Mi rendo conto solo ora di quanto l’argomento debba essere sensibile per lei ed io ho semplicemente sputato veleno su una figura materna che probabilmente lei ha sognato per tutta la sua vita.
    Il punto è che, anche se in modo diverso, l’ho sognata anche io. Tuttora continuo a farlo.
    Sì, forse una parte di me vorrebbe vedere mia madre, lei soltanto. E forse una parte di me vorrebbe ancora darci una possibilità.
    Vedere tutta la situazione con gli occhi di Daphne, gli occhi di chi è stata manipolata da una persona tossica, cambia un po’ le carte in tavola, lo ammetto.
    Non avevo mai visto la faccenda da questo punto di vista, la mia rabbia me lo ha impedito per tanto tempo.
    Ma il vedere Daphne come la vittima di un uomo orribile - e per molto tempo la vittima inconsapevole - non può che portarmi a vedere mia madre nello stesso modo. Sbiadisce anche lei pur di essere amata da mio padre?
    - E se non ci fosse la possibilità di essere noi due da sole? Se ha tutto questo potere su di lei, come potrà mai accettare di frequentarmi? Di nascosto oltretutto, perché mio padre non glielo permetterebbe mai - scrollo le spalle, come se l’idea di Daphne fosse una cosa assurda ed impossibile.
    Per un po’ cambiare argomento mi sembra l’idea migliore, mi strappa persino un sorriso sapere delle “mire espansionistiche” di Sayuri.
    - Tiene davvero tanto a te - guardo Daphne - Temo che arrivata a questo punto non ti libererai di noi facilmente. Possiamo invitare tuo fratello a cena da me, che ne dici? Nemmeno io l’ho ancora conosciuto ufficialmente, sarebbe ora.
    Inspiro. Stretta nel suo abbraccio sembra tutto più rassicurante e facile. O quasi tutto per lo meno. Non riesco a togliermi dalla testa quello che mi ha detto e non riesco a smettere di pensare a mia madre adesso. Non posso fare a meno di riprendere l’argomento e mi odio per questo.
    - A dire la verità… pensavo ad un incontro veloce, prima di ripartire - mi mordo il labbro inferiore, guardando verso la strada per rifuggire il suo sguardo. - Sicuramente mio padre sarà a lavoro domani mattina. Magari… magari lei potrebbe accettare di vederci per un caffè. Però, non so cosa potrei dirle… sono così arrabbiata che ho paura che finirò solamente con l’aggredirla.
    Arriccio appena il naso, infastidita dal dover ammettere che non mi fido di me stessa e del mio temperamento.
    - E poi… in realtà, stavo pensando di far loro causa. Per avermi abbandonata quando ero minorenne e per avermi trascinata adesso in tribunale - arrossisco appena nell’ammetterlo, come se stessi confessando di voler fare la cosa più meschina del mondo. - Come posso tentare un dialogo civile con lei se ho intenzione di fare una cosa del genere?
     
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    Pensare a Theresa e a tutti i progetti che aveva in mente al riguardo riusciva ad alimentare la sua energia, la sua motivazione ad andare avanti nonostante gli ostacoli che la vita le metteva davanti. Sentiva di non essere mai stata tanto motivata rispetto a qualcosa, il che era incredibile dal momento che la "motivazione" era sempre stato il motore principale di ogni sua azione. Ogni traguardo raggiunto era stato frutto della sua motivazione, del suo desiderio di distinguersi, brillare, sentirsi vincente sotto ogni aspetto. Eppure con Theresa, la sua spinta motivazionale aveva un'accezione diversa, forse più matura. Credeva in quel progetto, voleva ottenere dei risultati non solo per gratificare sé stessa, né tantomeno per compiacere suo padre. Sentirsi così coinvolta in quella causa aveva gettato una nuova luce anche sul suo modo di guardare al suo futuro professionale: si era sempre vista in aula con un completo elegante intenta ad incantare la giuria con la sua parlantina, ma ora più che mai sentiva di desiderare ardentemente quel ruolo per motivazioni ancor più profonde.
    Lo sarò, puoi scommetterci.
    Fu quel senso identitario che ora tale professione le restituiva a rendere fiero e luminoso il suo sguardo, mentre pronunciava quelle parole. Naturalmente persisteva una buona dose di narcisismo in quella sicurezza così ostentata, ma nell'insieme tutto aveva assunto nuove sfumature, ben più complesse. Voler aiutare gli altri, certo, poteva tradursi in varie forme: con le persone che amava era sempre stata particolarmente invadente, al punto che a volte più che aiutarle cercava effettivamente di prendere le redini della loro vita, spinta dalla convinzione di saperle gestire con più accortezza, di poter capire cosa fosse meglio per loro. Con Harumi questa sua tendenza si era spinta addirittura oltre. L'aveva aiutata ben oltre ciò che la Wàng le avesse espressamente richiesto - e consentito - dopo un unico pomeriggio trascorso insieme, quando ancora non aveva idea di poter provare per l'orientale sentimenti intensi come quelli di cui ora era consapevole. Aveva capito in fretta che con Haru prendersi troppo libertà "autoritarie" presupponeva un inevitabile scontro.. ma adesso, affacciate su una Chicago illuminata dalle luci cittadine, mettere da parte quella tentazione le appariva particolarmente difficile.
    Daphne osservò la ragazza al suo fianco, costringendosi ad un silenzio che le lasciasse il tempo di riflettere. Aveva il sospetto di aver stuzzicato in lei dei sensi di colpa nel paragonare sé stessa alla signora Wàng, ma questo non era certo quello che desiderava. Non voleva che Harumi si sentisse in colpa nei confronti di sua madre, né tantomeno nei suoi confronti per non aver colto prima un parallelismo che fino a quel momento era stato chiaro solo agli occhi della stessa danese. Per una volta, Daphne non voleva proprio che l'attenzione fosse su di lei, o su quello che poteva provare, sperava quindi che Haru potesse prendersi quel tempo per guardarsi dentro e capire quali erano invece le sue emozioni al riguardo.
    Mpf.. con chi credi di esserti fidanzata? sollevò un sopracciglio, mentre dentro di lei si risvegliava rapida l'eccitazione dovuta al proposito dell'altra: alla possibilità di un dialogo tra lei e la madre, ma anche ad una nuova sfida per la stessa Daphne Io posso organizzarti anche un incontro con la regina, se decido che quello è il mio obbiettivo.
    Magari non era ancora stata invitata per un tè a Buckingham Palace, ma questo non lo rendeva un evento futuro improbabile. Certo era che se Harumi desiderava parlare in privato con sua madre, Daphne avrebbe fatto di tutto per renderlo possibile.
    Metteremo a punto un piano.
    Vedeva già una lista di ostacoli e variabili di cui tenere conto formarsi nella sua mente. La Morrow adorava scrivere liste e ancor più adorava spuntarle. La soddisfazione che provava doveva avere a che fare con il suo bisogno di controllo, magari non era del tutto salutare ma senza dubbio si rivelava utile. La sua pianificazione si arrestò solo quando la conversazione cadde di nuovo su Sayuri e l'osservazione di Haru le strappò un sorriso quasi commosso.
    Questo è un bene, perché non voglio farlo.
    La intimoriva ancora molto l'idea che Harumi, la ragazza più testarda e sfrontata che avesse mai conosciuto, fosse diventata per lei così importante nel corso dell'ultimo anno. Ma la sua consapevolezza al riguardo ormai era del tutto completa e Daphne sapeva che lo spazio che Haru e sua figlia si erano fatte nel suo cuore apparteneva ormai solo a loro, al punto che non avrebbe potuto allontanarle neanche volendo. E comunque.. non lo desiderava affatto.
    Ne parlerò con Jer, sono sicura che ne sarà felice. Come ho detto a Sayuri, lui è il gemello simpatico.
    Non la preoccupava affatto l'idea che suo fratello e le Wàng non si piacessero a vicenda: era certa che sarebbero andati d'accordo e in particolare che Jerome sarebbe piaciuto molto alla piccola Sayu. Si appuntò mentalmente di parlarne con il gemello appena fossero rientrate dagli Stati Uniti.
    Ma allora è tutto molto più semplice del previsto! Puoi presentarti da lei domani mattina, io starò con Sayu.
    Il fatto che Harumi avesse nuovamente dirottato la conversazione sul suo incontro con la madre l'aveva sorpresa, ma le era anche parso un ottimo segno. Mise a tacere la bimba imbronciata nella sua testa, quella che batteva il piedino di fronte alla possibilità andata in fumo di organizzare un piano articolato per rendere possibile quell'incontro, decidendo di concentrarsi invece sull'incoraggiare la sua ragazza nel mettere in pratica quel proposito.
    Pensa ora a cosa vuoi dirle e a come vorresti dirglielo. Potrebbe esserti d'aiuto.
    Sperava davvero che potesse aprirsi uno spiraglio di dialogo per le due. Personalmente avrebbe dato qualunque cosa per una conversazione con sua madre, ma era arrivata a formulare - o forse a riconoscere - quel bisogno molto tardi: Theresa non c'era più. E anche se si fosse resa conto prima di averne bisogno, si sarebbe comunque trovata a confrontarsi con una donna provata dalla malattia mentale e dal trauma subito. Haru invece poteva recuperare qualcosa del suo rapporto con la madre, provare ad aprirle gli occhi, farla ragionale, fare leva sui sentimenti che le legavano. Quella prospettiva rendeva il confronto tra le due un'occasione da non perdere.
    Oh.. mh, ha senso. Con l'avvocato che hai, potresti anche vincere.
    Le intenzioni legali di Harumi, tuttavia, rendevano il tutto più complicato. Daphne sapeva di non doversi sorprendere più di tanto: le motivazioni della mora erano del tutto legittime ed infondo era giusto che i suoi genitori pagassero per ciò che le avevano fatto passare. Tuttavia non poté dissimulare la sorpresa, che fu palesata dal suo prendersi un po' di tempo prima di riaprire bocca. In parte la stupiva che, dopo lo stress appena affrontato, Haru volesse imbarcarsi di nuovo in un'azione giudiziaria contro i suoi, con tutto ciò che questo avrebbe comportato. Ma la verità - doveva ammetterlo almeno a sé stessa - era che la sconvolgeva la determinazione della sua ragazza nell'attaccare il padre in modo tanto diretto: non poteva fare a meno di chiedersi se lei avrebbe mai avuto lo stesso coraggio.
    Perché non intenti causa solo a tuo padre? La gestione dell'economia familiare è sempre stata tutta nelle sue mani, giusto? Il loro rapporto è sbilanciato. furono quelle le parole che seguirono uno sbuffo di fumo, disperso nella notte. Una volta riemersa dallo stupore e dall'improvviso spaesamento, Daphne aveva deciso di analizzare la situazione nel modo più funzionale possibile Non sto dicendo che tua madre non abbia colpe. Avrebbe dovuto opporsi, combattere per te. Ma.. se vuoi prendere questa direzione, puoi anche scegliere di fare causa solo a lui.
    La prese per mano. Voleva che entrambi i desideri di Harumi fosse realizzabili, che potessero coesistere. Ottenere giustizia per ciò che aveva dovuto subire e riavvicinarsi alla madre. Per ottenere ciò, quella appena proposta le sembrava l'unica strada percorribile.
     
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    Non riesco a trattenere un sorriso nel pensare a Daphne che riesce ad ottenere un incontro anche con la regina Elizabeth. Non è poi così difficile immaginare la rossa seduta in un salotto regale, con la sovrana, un preziosissimo set da tè su un altrettanto prezioso tavolino tra loro due, mentre conversano in maniera amabile e nobile.
    La scena mi fa quasi ridere e devo fare uno sforzo per non lasciarmi andare. Ha ragione, se solo lo volesse probabilmente riuscirebbe ad ottenere anche questo.
    Ed è una delle cose che amo di lei, dopotutto: la sua caparbietà, il non arrendersi davanti ad un ostacolo ma trovare il modo di superarlo, anche se ciò significa sfociare a volte nell’invadenza.
    Il mio sorriso divertito si trasforma in uno più dolce quando conferma che non ha intenzione di liberarsi di noi ed io ancora una volta non riesco a credere alla fortuna che ho avuto nel trovarla.
    Non credo che qualcun’altro sarebbe mai stato capace di amare così tanto non solo me, ma anche mia figlia e che a sua volta fosse capace di essere amato da lei.
    A volte ho il terrore che tutto questo possa finire. Ho sempre paura che ci sia qualcosa di brutto che mi aspetta dietro l’angolo, è una sensazione che non riesco a scrollarmi di dosso e credo che dipenda dal fatto che non sono abituata a chi resta.
    Le do una piccola spallata giocosa.
    - Anche tu sei simpatica, non sottovalutarti. La gente non capisce la tua simpatia ecco - dico divertita - Ma sarà un piacere conoscere bene Jerome.
    Non mi sorprende che Daphne si offra subito di stare con Sayuri domani e che mi incoraggi ad incontrare mia madre. Prima di tutto perché si tratta di Daphne e poi perché domani è il nostro ultimo giorno qui, non ho molto tempo per pensarci.
    Inspiro, annuendo leggermente. Una volta tanto decido di non intestardirmi sulla mia posizione e semplicemente di buttarmi.
    Forse è la mia sola occasione di parlarle e se non lo faccio mi chiederò sempre come sarebbero potute andare le cose.
    - Va bene - accetto - Andrò solo per un paio d’ore al massimo e poi raggiungerò te e Sayuri per pranzo.
    Sento una strana sensazione all’altezza dello stomaco nel pronunciare ad alta voce la mia decisione e giungo alla conclusione che potrebbe essere nervosismo.
    E se le cose dovessero andare male? O se lei si rifiutasse di parlare con me? Non dovrebbe cambiare poi molto in entrambi i casi, no? Le cose vanno già male e non ci parliamo.
    Allora perché l’idea che possa scoppiare un litigio tra noi o che non voglia vedermi mi spaventa così tanto?
    Credevo che non avrebbe più avuto una tale importanza per me e scoprire che invece ne ha ancora è… strano.
    - Sì, fare causa a mio padre solamente è la cosa più sensata… - concordo con lei - Non posso fare a meno di chiedermi… e se anche lei fosse solamente una vittima? Ho sempre pensato che non abbia combattuto per me, ma quello che mi hai detto prima, su di te ed il tuo rapporto con tuo padre, mi ha fatto vedere le cose in un altro modo…
    Cingo la vita di Daphne con un braccio.
    - Non sto dicendo che non abbia sbagliato, perché la situazione è comunque diversa dalla tua e sono certa che se ci fosse stata una figlia di mezzo tu avresti combattuto, ma forse è stata raggirata davvero troppo da mio padre e il suo potere. Forse lo teme…
    Sospiro, voltandomi verso Daphne e tirandola di più a me per un abbraccio. Respiro il suo odore, affondando il volto nel suo collo e lasciandoci un lieve bacio.
    - Adesso andiamo a letto. Non so tu, ma sono distrutta.
    Le afferro la mano, separandomi da lei, e la conduco di nuovo in camera, al caldo, dove Sayuri ci aspetta già nel mondo dei sogni.
     
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