Old memories

privata

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    La vita di Jonathan era andata avanti, fatta di alti e bassi come in tutte le cose. L'uomo aveva lasciato casa di sua sorella con la quale divideva un appartamento e ne aveva preso uno tutto suo. Si era lasciato tutto alla spalle e da pochi mesi aveva rincominciato. Non aveva più contatti con nessuno della sua vita passata, neppure con la sua ex moglie, con la quale in un primo momento tornato a Londra si era raccostato. Tagliato ogni legame, si era dedicato alle nuove circostanze. Era maturato tanto nel suo lavoro, raggiungendo obiettivi dapprima distaccati. Qualcuno si era accorto della sua dote e l'aveva voluto nell'équipe medica, raggiungendo un altro ospedale babbano, dove da alcune settimane aveva assunto appieno l'incarico.
    Anche quel giorno stava per giungere al termine, quando si sfilò il camice e stava per stringersi attorno a se il suo caldo cappotto per tornare a casa. Le temperature erano ancora rigide e Jonathan molto premuroso di se stesso.
    Lo fece con molta calma, perchè sapeva che nessuno lo stava aspettando a casa, se non una bella pizza fumante, dove affondare ogni suo pensiero. Uno sguardo al suo cellulare, nessuno l'aveva cercato e poi lo mise in modo frugale tasca dei pantaloni.
    Dovresti metterle sempre queste magliette - disse con un sorriso alquanto scaltro. Beh di lui tutto si poteva dire, meno che aveva perso il vizio di fare battutine alle sue colleghe. Rise, fino a quando l'aria divertente che si era creata, lasciò spazio a un nuovo caso urgente da risolvere. Avevano bisogno di nuovo del suo operato e anche quella volta non si tirò indietro.
    Era di nuovo in campo, mentre vedeva solo gente correre da una parte e l'altra della corsia. Era scoppiato un incendio in un grosso incidente e alcune persone avevano bisogno delle prime cure. Ci impiegò diverse ore, che lo portarono a restare lì fino all'alba, quando il sole fece capolino tra le nuvole, la faccia di Jonathan era dietro un grosso vetro trasparente. Era provato, stanco da quelle ore interminabili, ma allo stesso tempo soddisfatto. Avrebbe meritato una sana doccia calda e del meritato riposo.
    Sgarrò gli occhi quando si accostò ad una caffettiera che tenevano da quella parti, perchè era sicuro che dopo un bel caffè il suo umore e il suo fisico si fossero un poco ripresi. Intento a mescolare lo zucchero nel caffè, l'odore che sprigionava era alquanto delizioso, si rese conto che qualcuno alle sue spalle pronunciò il suo nome. Oh, no!
     
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    Erano passati diversi giorni ormai dall'incidente, e la sua ansia di madre non si era ancora smaltita del tutto, nonostante suo figlio fosse stato dichiarato fuori pericolo sin dall'inizio, sin dalla notte in cui era finito al pronto soccorso per essere stato investito.
    Per lei era stato come se il suo intero mondo potesse spegnersi all'improvviso.
    Era fuori con Liam quella sera, quando ebbe quella terribile notizia, e via di corsa in ospedale.
    Per fortuna, Gabrièl non aveva avuto alcun danno permanente. Doveva fare una riabilitazione e di certo una serie di esami diagnostici, ma era stato davvero fortunato, come gli avevano detto in ospedale.
    Lei aveva subito sporto denuncia, ma era impossibile capire chi fosse stato, senza un numero di targa o un qualche riferimento. Doveva farsi aiutare da qualche amico del figlio, ma tempo al tempo, avrebbe fatto anche quello. Adesso era fondamentale concentrarsi sulla salute di Gabrièl, era quella la cosa più importante.
    L'ospedale stesso aveva prescritto una serie di visite e controlli da fare, per essere sicuri che non ci fossero danni collaterali. Gabrièl era stufo di farsi ribaltare come un calzino, era ancora provato dall'incidente, ma capiva che era necessario, lui voleva solo tornare alla sua normale vita di un ragazzi di vent'anni, senza veder ospedali e medici.
    "Questa pare sarà l'ultima" mormorò mentre guidava, dopo che suo figlio aveva sbuffato per l'ennesima volta. "Hai ragione hijo, perfettamente, ma sai che ci tocca. Oggi faremo controllare tutti gli approfondimenti fatti, e vedremo che dicono."
    Fecero l'accettazione nella hall dell'ospedale, il dottore che avrebbe visitato Gabrièl si chiamava dott. Wood.
    Curioso, anni fa aveva avuto una relazione con un uomo di cognome Wood, anche lui medico. Sorrise a quel pensiero, Londra era infinitamente grande, e quel cognome forse anche piuttosto comune, era sicuramente una casualità.
    Si accomodarono nello studio medico, Dayane guardava con attenzione quei poster appesi alle pareti, che illustravano i sistemi del corpo umano in maniera semplificata. Interessanti.
    Gabrièl aveva anche insistito per non farsi accompagnare da lei, in effetti ce la faceva da solo, e avrebbe parlato tutto il tempo lui, lei era lì per...Supporto. Si poteva dire così, supporto e preoccupazione, si poteva dire che fosse sicuramente più preoccupata lei di suo figlio ormai, il quale aveva superato il trauma, o forse non lo aveva mai avuto, dato che diceva di ricordare molto poco di quel momento.
    Forse erano solo gli antidolorifici che lo mettevano di buonumore.
    Gli sorrise nervosamente mentre aspettavano il medico nel suo studio.


     
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