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Haru

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    Ad ogni stimolo dalla dubbia connotazione, Mèi percepiva un allarme scattare nel suo cervello. Quella tendenza a cogliere ovunque indizi di un pericolo imminente era talmente marcata da apparirle quasi innata, eppure sapeva per certo di averla appresa: l'unico dubbio riguardava il momento in cui tale apprendimento aveva avuto luogo. Ricordava di aver conosciuto la paura con il rapimento di Jun, ma non di essersi trascinata dietro quel trauma tanto a lungo da sentirsi incline a tenere costantemente la guardia alzata. Non più di quanto il buonsenso non le suggerisse di fare, almeno. L'incontro tra Bart e Coen, il modo in cui la situazione era degenerata - mettendo in pericolo la vita del Murphy e poi anche quella della stessa Mèi - aveva senz'altro scatenato in lei un tipo di reattività che non conosceva, o meglio.. che non sapeva di conoscere.
    In realtà quell'evento aveva aperto nella sua malandata memoria uno squarcio di emozioni già familiari, paure e tensioni già provate a cui la Wàng non riusciva ad associare ricordi dal contenuto chiaro e comprensibile, ma che bastavano a farle comprendere che le disavventure che avevano caratterizzato la sua vita con Bart l'avevano segnata modificando non solo i suoi tempi di reazione, ma anche la sua sensibilità al pericolo. Non le era difficile comprendere, dunque, che le ragioni per cui Bart sembrava ossessionato dal timore di metterla in pericolo fossero in effetti motivazioni fondate: ma ciò che aveva capito di provare per quell'uomo la spingeva a voler rimanere fedele alle decisioni prese prima di dimenticare una parte così importante della propria vita.
    La situazione con l'americano era ancora instabile e poco chiara, così come ciò che sarebbe accaduto una volta che Coen avesse deciso di mettersi nuovamente in contatto con loro e di avanzare le sue richieste. Ma era proprio quell'attesa ad alimentare la reattività della Wàng, al punto che la lettera della cugina - già di per sé tutt'altro che rassicurante - la trovò subito più angosciata che mai. Si affrettò a risponderle, invitandola a recarsi alla casa sulla spiaggia quello stesso pomeriggio.
    Il suo primo pensiero era corso, inevitabilmente, a Sayuri. Il benessere della bambina era sicuramente la prima fonte di preoccupazione per la madre e non era passato troppo tempo da quando i genitori di Harumi avevano cercato di reclamarne l'affido. Non sarebbe stato un problema ricorrere nuovamente all'intervento dell'abile avvocato che aveva aiutato Haru in precedenza, ma Mèi trovava ugualmente esasperante e detestabile il fatto stesso che sua cugina e sua nipote fossero nuovamente vittime di assurde pretese patriarcali. Ancora una volta, l'arroganza di una generazione fossilizzata nei dettami arcaici di una cultura che non le riguardava più tornava a farsi sentire: la legilimens, suo malgrado esperta nel giogo delle sue origini sociali, temeva che ciò non avrebbe avuto termine finché suo zio fosse stato abbastanza lucido e in forze per mantenere vive le tradizioni che il fratello maggiore avrebbe voluto poter imporre ai suoi stessi figli, se solo la sua morte prematura non avesse lasciato Mèi e Jun liberi da tali imposizioni.
    La più grande delle cugine Wàng non aveva fatto altro che ripensare al sopruso che credeva in corso mentre attendeva l'arrivo di Haru preparando un té al gelsomino, come era sua abitudine fare ogni qualvolta le capitava di ricevere qualcuno, a prescindere dal tipo di ospite di cui si trattava. Alla fine, malgrado fosse intenzionata ad affrontare la questione con tutta la razionale fermezza che la cugina probabilmente non sarebbe stata in grado di mantenere, Mèi si sentiva comunque più inviperita che mai.
    Sbloccò il cancello - altrimenti invalicabile, non solo perché chiuso ma soprattutto perché difeso da svariati incantesimi di protezione - che separava il giardino dalla spiaggia, ma non attese di vedere Harumi percorrere il viottolo che l'avrebbe condotta all'ingresso dell'abitazione. Attraversò invece il giardino per andarle incontro, immediatamente affiancata da Ares che pareva convinto di doverla scortare - come la più attenta e letale guardia del corpo - ogni qualvolta la vedeva uscire di casa. In effetti, Mèi aveva il forte sospetto che qualcuno lo avesse addestrato a farlo.
    Haru.
    Si limitò a pronunciare il suo nome prima di stringerla forte a sé accarezzandole i capelli, corvini e setosi esattamente come i suoi ma decisamente più corti. Sospirò, cercando di mostrarsi un po' più serena di quanto in realtà non fosse e si separò dall'altra per incontrare il suo sguardo.
    Si tratta di Sayuri? Come sta? le chiese, decisa a non attendere oltre Che diavolo vogliono, ancora, i suoi nonni?
     
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