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    HUGO
    31 Gennaio

    Un mese. Trentun giorni esatti erano passati dall’ultima volta che Hugo aveva intravisto il sorriso sprezzante di Helena, o il suo dito medio rivolto nella sua direzione come abituale cenno di saluto. L’aveva vista sparire lungo le scale del dormitorio una sera di fine dicembre, certo che il suo viso pallido sarebbe tornato l’indomani a fargli compagnia, insieme ad una qualche sigaretta magica.
    Niente di più sbagliato. Gennaio era arrivato, con le sue giornate umide e bigie, ma la Serpeverde dagli occhi celesti non si era degnata di dargli il benvenuto. Non gli sarebbe parso nemmeno troppo strano, né avrebbe dato gran peso alla cosa in un altro frangente, ma per quanto gli costasse ammetterlo, la presenza di Helena riusciva ad essergli di conforto, distraendolo dai pensieri asfissianti che, come gas tossico, gli ottundevano la mente.
    Lucrèce non faceva più parte del mondo visibile, ma lasciava alle notti tormentate il compito di rendere indelebile il suo ricordo, comparendo con frequenza regolare nei sogni di Hugo. Una presenza rassicurante ed angosciante al contempo. Nemmeno le massicce dosi di erba di cui faceva largo uso erano in grado di allontanarne il viso angelico dalla mente, ormai stanca di reggere ogni notte il peso di quelle apparizioni.
    Pesanti occhiaie bluastre erano diventate l’accessorio immancabile del Dubois, sfoggiate con imperitura apatia nelle rare occasioni di socialità al castello. Non era ancora pronto a raccontare la verità agli amici circa il suo tormento, così si limitava ad evitarli e a rintanarsi nella torre di Astronomia o nella Stanza delle Necessità. Merlino solo sa quanto avrebbe voluto il mantello dell’invisibilità in quel lungo mese ostile, ma la sua nuova proprietaria si era dileguata senza lasciare traccia alcuna.
    Avrebbe mentito a sé stesso se si fosse detto indifferente: Helena aveva assunto i tratti di un’amica, una spalla solida su cui poggiare qualora le sue gambe non avessero retto il peso della giornata. I suoi grandi occhi celesti erano in grado di leggere la sofferenza negli occhi dell’altro, e con una delicatezza che quasi stonava con la consueta scurrilità delle sue parole, era sempre riuscita a farlo sentire compreso. Non era compassione quella dipinta sul suo volto, ma pura e semplice comprensione mista ad una malcelata tristezza, che tentava invano di camuffare dietro occhiate pungenti e ricorrenti diti medi.
    Le mancava, ecco la verità. Ed ammetterlo avrebbe reso quell’assenza ancor più concreta. Via via che passavano i giorni, però, la rabbia verso la Serpeverde e la sua fuga silenziosa avevano assunto una forma diversa, dai contorni tremolanti della preoccupazione. Sebbene la mente di Hugo si rifiutasse di immaginarla in pericolo, il dubbio che qualcosa potesse esserle successo cominciò ad insinuarsi subdolamente tra i suoi pensieri, come un tarlo che scava ritmicamente nel legno.
    Ed ecco che, passato ormai un mese preciso senza ricevere risposte ai suoi gufi, Hugo decise che era giunto il momento di prendere in mano la situazione. C’era solo una persona in grado di fornirgli le risposte che cercava, e sebbene fosse l’ultima sulla faccia della terra a cui avrebbe domandato qualcosa, non gli restavano davvero alternative. Nella peggiore delle ipotesi avrebbe scoperto che lei e Mason si erano presi una tregua dal mondo magico e avevano deciso di trascorrere il mese più triste dell’anno spaparanzati su una spiaggia caraibica a sorseggiare piña colada. In cuor suo sperava davvero in un epilogo del genere, per quanto disprezzasse la compagnia da lei scelta. Decisamente poco in linea con il carattere della Haugen, ma meglio immaginarsela ubriaca in bikini che tra le sbarre di Azkaban, per dirne una.
    Ad ogni modo, imbattersi nel giovane Chesterfield per puro caso era un’eventualità che non aveva alcun senso considerare, dal momento che non conosceva i giri del ragazzo e non era nemmeno sicuro che frequentasse ancora l’Accademia. Vagare come un fantasma per i corridoi nella speranza di incontrarlo fuori da qualche aula non era un’opzione perseguibile, così fece appello alle sue facoltà mentali ormai sopite per rammentare le briciole che sapeva di lui, per merito di Helena. Non che la Serpeverde si fosse mai sbottonata più di tanto, il che risultava in una penuria di informazioni sul conto del ragazzo. Spremendo a fondo le meningi, però, Hugo ricordò di averle sentito nominare il negozio in cui lavorava come commesso.
    Nocturn Alley fu quindi la meta di quell’uggioso pomeriggio invernale. Col cappuccio del mantello calato sul capo e il bavero stretto intorno al collo per sfidare le sferzate di vento gelido, Hugo si insinuò tra i vicoli maleodoranti del villaggio, la testa bassa ogni qualvolta una figura incrociava il suo cammino. Avrebbe raggiunto rapidamente la bottega in questione, come uno spettro silenzioso. Non si era nemmeno informato su cosa vendesse Noxious, né aveva degnato di uno sguardo la vetrina impolverata una volta individuata l’insegna lungo la via. Si infilò sinuoso dietro la porta semiaperta, lasciando che questa si richiudesse pesantemente alle sue spalle. Una volta all’interno del locale lasciò scivolare il cappuccio sulle spalle rivelando una capigliatura spettinata dal vento e iridi iniettate di sangue. Le sigarette magiche della sera prima avevano lasciato qualche traccia, apparentemente. Lo sguardo corse rapido ai quattro angoli della stanza, ma del Chesterfield nemmeno l’ombra.
    «C’è nessuno?» chiese, una punta di impazienza a colorare il tono della voce.
     
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    Hubert era ormai un uomo d'affari. Il suo giro e i territori su cui esercitava il suo potere, andavano ampliandosi ogni giorno di più. Quel che gli mancava però era la voglia di fermarsi. Non era un ingordo, né lo sarebbe mai stato. Tuttavia, sentiva la necessità di raggiungere l'idea che di sé aveva. Soltanto quando chiunque sul territorio inglese avrebbe temuto il suo nome, si sarebbe arrestato.
    Nonostante i suoi affari proliferassero, non abbandonava il negozio da cui tutto aveva preso ad evolvere. Aveva per lui, oltre che un significato strategico, anche un valore affettivo. Era lì quindi che si rifugiava quando i suoi pensieri necessitava di calma.
    Voltò il capo di scatto quando sentì la porta cigolante aprirsi e le assi del pavimento piegarsi appena sotto il peso di un nuovo ospite. Risalì quindi le scale della cantina in cui era, zoppicando nell'ombra fino al piano superiore.
    Si concesse qualche attimo di oblio, scrutando l'ospite che aveva appena fatto accesso in quel luogo. Era un ragazzo, forse appena più piccolo di Mason. Aveva già conosciuto studenti attratti dalla magia oscura e dal mondo di cui Hubert si sentiva re. Il modo in cui il suo ospite avanzava e si guardava intorno era tipico di chi di quel mondo ci si sentiva già vestito. Fu quell'idea a spingere Hubert a venire allo scoperto.
    “Dipende da chi lo cerca." Esordì, spuntando fuori dall'ombra, per palesarsi. Poggiò il peso del suo corpo sull'ombrello finemente intarsiato che usava come bastone. Una sua opera ben più pericolosa di quanto potesse sembrare, soprattutto nelle sue mani.
    "È qui per qualcosa o qualcuno?" Chiese al ragazzo, guardandolo fisso nei suoi occhi rossastri.
    “In entrambi i casi, mi offro volontario per aiutarla a cercare il nessuno di cui necessita."

     
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    Un’impazienza febbrile consumava il giovane Dubios nell’attesa del presunto Chesterfield. Il locale vuoto, odoroso di polvere e muffa, lasciava intendere una gestione superficiale. Si figurò il ragazzo, intento a sbrigare qualche affare da dietro il bancone consumato dai tarli, che con sguardo affilato colpiva ogni nuovo cliente. Forse era nel retrobottega a fumarsi una canna, o a calarsi qualcosa di ben più forte. Qualcosa che avrebbe fatto gola all’inquieto Hugo, le cui mani scosse da un lieve tremore sgusciarono rapide dalle tasche del mantello per incrociarsi dietro la schiena. Da qualche tempo a questa parte non riusciva a controllarne i movimenti, schiavo di un tremolio che si presentava con insistenza giorno dopo giorno. Ignorato in principio, ora il Dubois si chiedeva se non fosse il caso di porvi rimedio in qualche modo, magari con una dose di ciò che il Chesterfield era certo stesse abusando, da qualche parte lì dentro. Strinse le dita con forza, tentando invano di arrestarne le lievi convulsioni, per poi muovere qualche passo in direzione di una teca impolverata. Un volume dal titolo illeggibile, consumato dal tempo e dall’incuria, troneggiava al centro su un cuscino di velluto cremisi. Fece per avvicinare il naso al vetro freddo quando uno scricchiolio di passi lo avvertì dell’arrivo di qualcuno. Fu con una nota di delusione sul volto che accolse una figura allampanata sbucare dal retro del negozio. Non si trattava del Chesterfield, sebbene ciò non significasse che fosse del tutto assente quel giorno. Forse era davvero relegato nei meandri del retrobottega a catalogare ammennicoli vari, o forse, opzione ben più plausibile, non era di turno quel giorno. Recuperò un’espressione quanto più possibile neutra nell’approcciarsi all’uomo di mezz’età. Ne studiò velocemente i lineamenti appuntiti del volto, gli occhi che scivolavano curiosi lungo il profilo greco per terminare la corsa sull’accessorio insolito su cui appoggiava il proprio peso. La ragione per cui un mago rispettabile dovesse avanzare sorretto da un ombrello non fu facile da individuare, tanto che la prima impressione che si formò nella testa del giovane Dubois fu di mago stravagante, a tratti folle. Un personaggio imprevedibile, cui l’istinto suggeriva di non dare troppa confidenza. Non che Hugo corresse realmente questo rischio, schivo per natura e reso ancor più sfuggente dai recenti avvenimenti.
    Un sorriso tirato spuntò a comando sul suo volto stanco in risposta a quella che confidava essere una battuta. Insolito sentirla rimbombare tra le mura di un negozio del genere, intriso di magia oscura. Un binomio ossimorico, in effetti.
    La convinzione di non doversi in alcun modo fidare di quell’uomo si rafforzò nel suo petto, mentre valutava rapidamente le opzioni a disposizione. Avrebbe potuto rispondere in modo affermativo alla domanda, suggerendo all’altro chi fosse il mago che stava cercando. Tuttavia, fu proprio la precisione di quel quesito ad accendere un campanello d’allarme nel cervello del Serpeverde. Che un abituale cliente s’infilasse nel negozio per cercare qualcuno, anziché acquistare un manufatto, non gli sembrava plausibile a meno che l’insegna cigolante non nascondesse un significato diverso. Che il Noxious celasse una doppia identità: una bottega anonima come copertura di traffici illeciti? Tutto era possibile a Nocturn Alley, tuttavia una seconda, preoccupante ipotesi s’affacciò alla mente del ragazzo, convincendolo ancor più a tenere alta la guardia. Non poteva infatti escludere che il figuro fosse un Legilimens esperto e avesse captato brandelli di pensieri in cui Hugo s’angustiava per l’attesa del Chesterfield.
    Ecco, quindi, che la verità era forse meglio custodirla gelosamente, restituendo all’altro nient’altro che qualche frase evasiva.
    «Mi sto solo guardando intorno.» Mentire non era un’opzione, qualora fosse stato realmente un Legilimens avrebbe fiutato la bugia. Optò invece per una mezza verità, descrivendo un’azione che stava a tutti gli effetti compiendo.
    «Che libro è?» Una curiosità sterile, esternata al solo scopo di rendere più credibile la sua presenza nel negozio.
     
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    Lo scrutò per qualche istante, analizzando al meglio l'ospite inaspettato. Non aveva capacità da legilimens, ma si era sempre ritenuto piuttosto bravo a leggere nell'animo delle persone. Era stata questa sua abilità a portarlo avanti, oltre alla spudorata violenza che istericamente utilizzava contro il prossimo. Allargò le labbra in un sorriso cortese e ambiguo, di sicuro poco rassicurante. In definitiva nessuno si sarebbe sentito a proprio agio dinanzi ad un personaggio come Hubert. Conoscendo la sua fama, stargli vicino sarebbe stato anche peggio.
    “Allora forse questo non è il posto adatto a te.” Gli rispose poco dopo pacatamente. Non mentiva. Nocturn Alley non era certo per i curiosi. Quel posto e il negozio come il suo, era per coloro che covavano l'oscurità nel proprio petto. Era per coloro che sapevano già cosa cercare. Il ragazzo si muoveva sicuro nella sua incertezza. Cercava qualcosa, qualcosa che lo aveva spinto ad arrivare proprio lì. Era solo questioni di attimi ed Hubert lo avrebbe presto scoperto.
    “Chi viene qui ha di solito le idee fin troppo chiare.” Annuì, avanzando di qualche passo per sottrargli il libro. Glielo mostrò, mentre la copertina prima nera palesava mano a mano il suo titolo. “Filtri d'amore e morte. Per un ultimo bacio letale.” Sorrise recitando il titolo di quel tomo. “Il bestseller più venduto nel giorno di San Valentino.” Non mentiva nemmeno in quell'istante. L'amore vendeva tanto quanto l'odio. Unire le due cose, aveva fatto la fortuna di menti furbe come la sua.
    Posò il libro su un davanzale, tornando al suo ospite verso cui, lentamente, voltò il capo. Lo scrutò in silenzio per qualche istante prima di tornare a parlare. “Se non è interessato a nulla, dovrebbe andar via.”
     
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