On my way

Jasper

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    Stava provando a trovare un equilibrio tra l’essere cauto e il non ignorare i propri bisogni, soprattutto quello di dormire.
    Dopo quanto successo negli ultimi tempi era giunto ad un compromesso: avrebbe dormito qualche ora al giorno, ma non lo avrebbe fatto di notte.
    Con il buio si sentiva più vulnerabile, chiunque lo controllasse lo faceva con il favore delle tenebre, agiva nell’ombra quando era difficile notarlo.
    Bram era giunto alla conclusione che dormire di giorno era più sicuro e così aveva iniziato a prendere quel ritmo: la mattina andava a lezione, nel pomeriggio tornava a casa per riposare qualche ora e la notte era di tirocinio al San Mungo così come aveva richiesto.
    Certo, questa routine non era sempre fattibile, ma aveva iniziato ad essere di aiuto. Aveva recuperato un po’ di colorito in volto, le occhiaie non erano più così visibili ed il suo appetito era tornato al punto che era certo che avrebbe recuperato presto i pochi chili persi.
    Si sentiva più in forze, più lucido ed anche il suo umore era migliorato un po’.
    Fu sulla base di ciò che decise di potersi concedere un sabato in compagnia di Jasper.
    Lui ed il gallese erano rimasti in buoni rapporti dopo quella sera in cui quest’ultimo era finito nella trappola e Bram era corso in suo aiuto.
    Si erano visti qualche volta per un caffè ed una chiacchierata veloce ed il Dubois aveva avuto la conferma di quanto fosse effettivamente piacevole la compagnia di Jasper, quando non era impegnato a prendere in giro il giovane americano o ad atteggiarsi superiore a lui.
    Jasper era intelligente ed aveva una vasta cultura, cose che Bram apprezzava particolarmente. Le menti brillanti lo attiravano come i fiori con le api e condividere a sua volta le proprie conoscenze gli dava una sensazione di appagamento.
    Era stato probabilmente questo a fargli accettare subito l’invito di Jasper ad andare a visitare il Galles e questa volta al di fuori della tenuta di quest’ultimo.
    Bram non aveva fatto troppe domande perché sembrava che il Mountbatten conoscesse decisamente bene la sua terra natia ed aveva deciso di fidarsi, tutto quel che sapeva era che avrebbe dovuto vestirsi comodo e coprirsi bene perché avrebbero passato il pomeriggio all’aperto.
    Si incontrarono nel primo pomeriggio, Bram arrivò carico di energie dopo una mattinata passata a dormire e dopo aver mandato giù una pozione Corroborante che, con sua soddisfazione, gli aveva dato un colorito decisamente sano.
    Scoperto che quella che li aspettava era una gita al lago, non aveva particolarmente protestato ed anzi aveva seguito volentieri Jasper lungo il sentiero.
    Il paesaggio intorno a loro era principalmente pianeggiante, anche se il terreno non era regolare, l’aria era fredda e si sentiva che era pulita.
    Bram scorse residui di neve qua e là, segno che aveva iniziato solo recentemente a sciogliersi, e ringraziò di aver deciso di indossare anche i guanti, oltre la pesante giacca sportiva e la sciarpa bucata fatta da sua madre. Il vento gelido gli sferzava la faccia e dopo un minuto a camminare iniziò a pensare che forse non era stata una buona idea, anche se doveva ammettere che il paesaggio ripagava abbastanza bene tutto quel freddo.
    “Sembrerebbe un posto più adatto all’estate” azzardò cercando di tenere il passo di Jasper che era avvantaggiato dall’avere gambe più lunghe e una conoscenza del luogo a differenza di Bram.
    Probabilmente d’estate, senza il gelo che minacciava di farti cadere il naso da un momento all’altro, il luogo era ben più godibile, ma era anche vero che non c’era nessuno nei paraggi a parte loro il che lo rendeva quasi surreale, etereo.
    “Ci vieni spesso?”
    Un passo troppo lungo e il terreno reso scivoloso in parte dalla fanghiglia ed in parte dal gelo lo tradirono improvvisamente: con un piccolo “oh” di sorpresa e disappunto si ritrovò a scivolare e atterrare duramente a terra con il fondoschiena. Si morse la lingua, soffocando un’imprecazione, ed alzò subito lo sguardo cercando quello di Jasper.
    “Non dire una parola!” lo ammonì, certo che l’altro morisse dalla voglia di prenderlo in giro, vista la situazione “Lo so: sono goffo, il fango mi dona, sono un ragazzino di città che non sa muoversi nella natura, etc etc”
    Si alzò in piedi e voltò la testa per controllare i danni e stabilì che solo un incantesimo avrebbe potuto aiutarlo. Tirò fuori dalla tasca della giacca la bacchetta e, castato un gratta e netta, i suoi vestiti tornarono come nuovi.
    Inspirò, in parte a disagio ed in parte divertito, e guardò nuovamente Jasper, cercando di reprimere un sorriso.
    “Dovrai insegnarmi ad essere un po’ meno ragazzo di città suppongo. Dai, proseguiamo”
    Quando raggiunsero il lago - anzi, i laghi -, meno di cinque minuti dopo, pensò che dopotutto ne era valsa la pena. Per qualcuno come lui, cresciuto nella caotica e moderna New York, il paesaggio era incredibile, i suoi occhi passarono in rassegna tutto, curiosi ed interessati: si soffermarono un po’ di più sulla casetta delle barche sull’altra sponda e poi sulla piccola montagna sullo sfondo, ancora completamente innevata.
    Si affrettò verso la riva, scivolando nuovamente ma riuscendo a rimanere in piedi questa volta, e da lì rimirò ancora i dintorni.
    “È bellissimo” sentenziò “Sembra un luogo perfetto per scrivere, ti capita di farlo qui?”

     
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    La superficie dei laghi Cregennan brilla del riflesso del pallido sole in questo freddo inverno gallese, l'aria ci sferza le pallide carni mentre proseguiamo dritti verso la meta ed ogni tanto stupisco me stesso nel modo in cui volgo lo sguardo verso il mio compagno di scampagnata, quasi volessi controllare la sua presenza.
    Di crepacci in cui cadere non ve ne sono, ma l'americano e la sua goffaggine potrebbero stupirmi in qualsiasi momento.
    Gli ho chiesto di venire con me, oggi, per un semplice motivo: da quando abbiamo avuto modo di parlare e sistemare le questioni lasciate in sospeso, debbo ammettere che l'amicizia che sta fiorendo tra me ed il ragazzino non è così male. Ormai il nomignolo sta raggiungendo connotazioni affettuose, lontane dallo scherno iniziale con cui solevo prenderlo in giro ed appuntare così la mia superiorità intellettuale.
    Questo non significa che sia meno divertente prendermi simpaticamente gioco di lui, solo che, quando capita, è sempre meno per pura superbia e un po' più per amichevole avvicinamento.
    Ho messo da parte l'idea di fargli da insegnante e mentore, così come l'astio nato da quel litigio insensato nato sul terreno della mia proprietà, ma sto comunque godendo della sua presenza, forse persino più pienamente di quanto non avrei fatto se in testa avessi ancora avuto solo tutti quei precetti da dovergli inculcare senza se e senza ma.
    In fondo Bram Dubois è un bravo ragazzo, la sua anima pura ed intelligenza sono quanto più apprezzo di lui, e quella dolce goffaggine che mostra di tanto in tanto riesce persino a smuovermi teneramente, seppur per ora preferirei non doverlo ammettere ad alta voce al diretto interessato visto che non desidero ricevere occhiate o strane battutine.
    Forse un po' ipocrita da parte mia, visto il modo in cui devo mordermi il labbro inferiore per evitare di scoppiargli a ridere in faccia nel momento in cui cade col sedere a terra, ma infine la natura ha la meglio e quando mi ammonisce non riesco a non farmi sfuggire uno sbuffo divertito.
    Ringrazia di non essere caduto di faccia, ti saresti raffreddato ancora di più quel naso rosso che ti ritrovi.
    Non tutti sono fatti per vivere in mezzo alla natura selvaggia, e per quanto Bram si sia preparato a dovere per la camminata si vede da come cammina e commenta il paesaggio che ha ancora molto da imparare sulla bellezza che quest'asprezza può nascondere.
    Se ci trovassimo in un luogo privo di babbani potremmo cambiare forma e correre liberi con le nostre pellicce a farci da protezione, ma essendoci ben pochi alberi siamo in bella vista e non sarebbe saggio rischiare così tanto per un breve momento di libertà. Personalmente il freddo lo sento poco anche in forma umana, essendoci abituato, ma non mi stupirei se vedessi il ragazzino battere i denti da un momento all'altro.
    Potrei insegnarti a pescare a mani nude, se questo non turba troppo i tuoi principi alimentari. A pensarci bene però forse è meglio di no... I salmoni qui sono grossi quanto te, ti mangerebbero in un sol boccone.
    Gli lascio un bonario occhiolino prima di voltarmi e tornare a camminare verso i laghi, felice di vedere che è in grado di prendere con filosofia queste piccole cadute di stile ridendoci sopra senza tirarmi altro fango addosso come fece nel bosco della mia tenuta.
    E di nuovo mi tocca ammettere che mi piacerebbe passare del tempo con lui, in mezzo al verde, per spiegargli come muoversi nella natura anche come creatura che si regge su sole due zampe. Mi chiedo da dove nasca tutto questo desiderio di stare accanto all'americano... Che sia una sorta di bisogno di riconoscenza nata dal suo salvataggio? E perchè mi rassicura sentire il suo passo incerto dietro al mio?
    Nel vederlo affrettarsi verso la riva rischiando nuovamente di scivolare, un sorriso mi allarga appena le labbra e scuoto la testa mentre lo raggiungo. Mi fa piacere vederlo tanto preso dall'ambiente che lo circonda, nonostante la poca dimestichezza ne pare attratto e non avverso, cosa che apprezzo molto.
    Solitamente prendo appunti sparsi, ma il mio luogo preferito in cui perdermi con la fantasia è la cascata di Arthog che sta a circa un'ora a piedi da qui. Se te la senti potrei portartici.
    E' un luogo magico circondato da alberi e silenzio, interrotto solamente dallo scrosciare dell'acqua che cala impetuosa lungo le rocce ricoperte di muschio. Un paio di mie storie sono nate proprio lì mentre, con uno zaino sulle spalle, vagavo tra quei sentieri scrocchianti di foglie secche.
    Un vecchio detto del posto dice che esseri nati in Galles è un privilegio, poichè abbiamo musica nel sangue e poesia nell'anima. Peccato che io sia un pessimo ballerino e non sappia suonare alcuno strumento.
    Con lo sguardo vago lungo tutto il lago, la superficie piatta ispira una calma quasi irreale che vado a smuovere nel momento in cui, dopo essermi chinato per raccogliere un sasso piatto, lo lancio lungo lo specchio d'acqua per farlo rimbalzare un paio di volte.
    E' stato mio zio ad insegnarmi a farlo, anche se lui è molto più bravo di me. Da bambino mi portava qui e facevamo a gara scommettendo caramelle o piume trovate per la strada.
    Mi rigiro un altro pezzo di pietra tra le dita mentre i ricordi di un piccolo Jasper che stava imparando a sorridere di nuovo mi passano davanti; in quegli anni mamma, papà e Finlay non c'erano più da molto tempo e Rhys ed Alfred erano la mia unica compagnia e sfogo insieme ai figli dei braccianti e gli animali del bosco.
    Lancio anche questo sasso, ma affonda dopo appena un salto, come se fosse stato appesantito da tutti quei momenti in cui, nonostante tutto e tutti, continuavo a sentirmi profondamente solo.
    Reagisco con una smorfia e mi lascio cadere seduto a terra con un tonfo sordo, così da riposare le membra mentre, con un'indice, punzecchio un polpaccio magro del ragazzino per poi lanciargli dal basso un sasso nel momento in cui si volta a guardarmi.
    Avanti, tocca a te, mostrami di cosa sei capace. Cosa vuoi scommettere? Non potrei mai toglierti il pranzo di bocca, quindi che ne dici di qualcosa di più sostanzioso? Se farai più di due salti al primo colpo ti darò una storia, e se vinco io ne darai tu una a me.
     
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    Bram ringraziava di non essere caduto di faccia non tanto per il suo naso - che non aveva idea fosse così rosso - quanto perché lo avrebbe trovato ancora più imbarazzante del cadere di sedere sotto lo sguardo di Jasper.
    C’era da dire che almeno il gallese aveva provato a non ridere e, se non si contava quello sbuffo di scherno, ce l’aveva quasi fatta, una cosa che in un certo senso Bram aveva trovato divertente e che gli aveva fatto rendere conto che se anche avesse riso di lui non se la sarebbe presa come avrebbe fatto un tempo.
    Non poté fare a meno di chiedersi se non fosse un segno dell’evoluzione del loro rapporto. Negli ultimi tempi si era sentito trattato come pari da Jasper, che aveva smesso di guardarlo dall’alto verso il basso. Questo aveva portato Bram ad essere più rilassato in sua presenza e meno incline ad essere contrariato per una sua qualche presa in giro.
    “Ugh perché dovrei volere saper pescare a mani nude?” replicò con una piccola smorfia, voltandosi a guardare il Mountbatten.
    Non lo sorprendeva che l’altro sapesse farlo, probabilmente erano molte le cose che il gallese sapeva fare in quell’ambito ed in un certo senso Bram lo trovava interessante. Continuava a non approvare determinate cose - tra cui il suo cacciare sottoforma di lupo - ma ce ne erano altre per cui poteva accettare il compromesso di farlo semplicemente per procurarsi del cibo, come il pescare.
    “Oh sì? Adesso voglio proprio vederlo un salmone grosso quanto me” alzò gli occhi al cielo, ma sul suo volto si era disteso un mezzo sorriso divertito. “Ad ogni modo ci saranno temperature siberiane dentro quel lago, quindi declino gentilmente l’offerta”
    Non faticava ad immaginarsi Jasper seduto vicino la riva di uno dei laghi, circondato da fogli, penne, piume, inchiostro, ed intento a prendere appunti per le sue storie, magari persino ispirato dal paesaggio attorno a lui. La trovò un’immagine molto bella e molto pacifica, al punto da desiderare di trovarsi lì con lui in uno di quei momenti, in silenzio, senza dire niente, a godersi il rumore della penna che grattava sulle pagine, il silenzio attorno, e la natura a riempirgli lo sguardo.
    “Mi piacerebbe molto vedere la cascata. Camminare non è un problema”
    Osservò a sua volta la superficie del lago, rendendosi conto di non essersi sentito così tranquillo da molto tempo ormai. Non ricordava nemmeno l’ultima volta che era stato così sereno.
    C’erano dei momenti, quando la sera sedeva accanto a Daphne davanti la televisione, con una ciotola di pop corn ed una coperta condivisa, in cui credeva che tutti i suoi problemi fossero fuori dalla porta, ma tornavano sempre a far sentire la loro presenza nel corso della serata, lasciandogli di continuo un sottile senso di angoscia.
    In quel luogo che sembrava lontano dal mondo intero, non sentiva angoscia.
    “Per il ballare non posso essere di aiuto, purtroppo, ma posso insegnarti a suonare” sorrise a Jasper, contento all’idea di potersi scambiare a vicenda le proprie conoscenze “Il mio strumento è il pianoforte, ma me la cavo con la chitarra anche”
    Osservò il sasso lanciato da Jasper saltare un paio di volte sull’acqua prima di affondarvi. Avrebbe voluto chiedergli qualcosa di più sulla sua famiglia, ma non ebbe il coraggio di addentrarsi in un qualcosa che gli sembrava così delicato, soprattutto da quando in qualche modo aveva insultato la memoria di suo padre.
    “Probabilmente non riuscirò a farlo saltare nemmeno una volta” dichiarò dopo aver preso al volo il sasso che Jasper aveva lanciato.
    Suo padre aveva provato ad insegnarglielo, tanto tempo prima, quando Bram era ancora un bambino, sulle rive del fiume Hudson, ma dopo tutti quegli anni non ricordava più la tecnica e comunque non era mai stato granché bravo.
    E difatti il suo sasso nemmeno sfiorò la superficie, vi andò dritto a fondo praticamente subito.
    “Oh beh… un’altra cosa che puoi insegnarmi”
    Si voltò verso Jasper, per controllare la sua reazione, e scrollò poi le spalle, per niente a disagio.
    “Papà ed io preferivamo la biblioteca” si giustificò, lasciandosi cadere accanto a lui “Hai fatto due salti prima, quindi vinci tu, no? Non sono un grande narratore, ti avverto, e non ho nemmeno una storia da raccontare”
    Guardò la montagna in lontananza, mordendosi il labbro con fare pensoso.
    “Dunque… mi sono trasformato per la prima volta quando avevo cinque anni. Nessuno se lo aspettava, i miei genitori non avevano idea di quale fosse la mia natura e non ero affatto preparato. È stato… beh è stato un trauma. Ero molto spaventato, non volevo più uscire dalla mia stanza”
    Ricordava ancora quel momento come se fosse appena accaduto, nonostante fosse così piccolo e fossero passati sedici anni. Ricordava il terrore che aveva provato all’idea che accadesse di nuovo senza che lui potesse deciderlo, il dolore provato, il modo in cui aveva ringhiato contro i suoi stessi genitori nel momento di panico subito dopo la trasformazione.
    Sharon e Francois erano stati fantastici a gestire la cosa, anche se erano totalmente impreparati e colti di sorpresa, ma Bram aveva deciso che avrebbe passato il resto dei suoi giorni chiuso nella sua stanza, senza alcun contatto con il mondo esterno.
    “Un giorno mia nonna - la madre di mia madre - venne a trovarci. Era al corrente di tutta la situazione, sapeva che erano forse tre giorni che mi rifiutavo di uscire o di parlare con il terapeuta che i miei avevano chiamato, ma lei non si fece fermare da queste cose. Così entrò nella mia stanza, mi parlò come se niente fosse cambiato, come se fossi ancora lo stesso Bram e mi diede un regalo”
    Il sorriso di sua nonna in quel momento gli era sembrato persino più rassicurante di quello di sua madre. Il modo in cui gli aveva accarezzato i ricci scuri era stato così amorevole che Bram ne sentiva ancora la sensazione.
    “Era una valigetta da dottore” sorrise “Fatta completamente in legno, bellissima, con gli strumenti intagliati alla perfezione. Mi disse che ero un bravo bambino, buono ed altruista. Che sarei cresciuto ed avrei aiutato gli altri e che non dovevo assolutamente avere paura di quello che era successo perché non sarebbe cambiato niente, non avrei mai fatto del male a nessuno. Ero sempre il suo piccolo Abraham dal cuore d’oro”
    Strappò un ciuffetto d’erba e se la rigirò tra le mani con fare distratto. Raccontargli qualcosa di sé era stato un modo per farsi conoscere meglio, per qualche motivo non si sentiva spaventato all’idea di aprirsi di più con Jasper, fargli conoscere di più di se stesso.
    “Nonostante tutto, spero ancora che non si sia sbagliata” alzò lo sguardo sul gallese “Lo so che hai vinto tu, ma adesso vorrei sentirla io una storia”

     
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    Anche mia madre di tanto in tanto suonava il pianoforte.
    Un mormorio cullato dal vento, si perde tra le increspature del lago quasi volesse entrare a farne parte. Mi chiedo quanti ricordi siano custoditi tra queste acque, quante persone vi abbiano riposto le loro confidenze e segreti mentre camminavano sulla riva, soli o in compagnia delle persone che amavano.
    Guardo dritto davanti a me e vedo la mia cara mamma, così buona e dal cuore colmo d'amore, che tentava d'insegnarmi qualche veloce melodia mentre Finlay le riposava tra le braccia e le mie dita di bambino premevano con goffaggine sui tasti.
    Lei era brava, a volte le sue canzoni mi svegliavano la domenica mattina, quando fuori vi era solo una grandissima nebbia ed in casa papà aveva appena finito di accendere il grosso camino del salone. Dopo la loro sparizione non ho più toccato quel pianoforte, che ora giace semi dimenticato in un angolo e forse sente la mancanza di quella donna china su di lui coi suoi capelli rossi e lo sguardo attento.
    Forse avevo paura che, pigiando i tasti, lo strumento avrebbe preso il mio profumo per sostituirlo al suo, ed io non lo volevo perchè doveva rimanere per sempre legato a lei: uno dei tanti idoli eretti in memoria di ciò che mi era stato tolto.
    Però potrei provare a sedere accanto a Bram e lasciare che sia lui ad insegnarmi qualcosa, sarebbe un modo per andare avanti e mettere un po' di distanza tra e me quel bimbo ferito di nove anni, senza però lasciare Elinor troppo indietro.
    Mi piacerebbe, piccolo musicista.
    Sentenzio infine con un sorriso, voltandomi verso il ragazzino la cui chioma scura viene smossa dal lieve vento freddo.
    Lo guardo e rimango in silenzio mentre si prepara a lanciare il sasso verso il lago, mi accorgo subito di come tiene il polso troppo piegato verso il basso, eppure non dico nulla perchè l'idea di vincere e sentire cos'ha da dirmi mi stuzzica parecchio.
    Ed infatti eccolo lì che cala a picco, il ciottolo sfortunato, ed io sorrido scuotendo appena la testa. Un tempo avrei fatto battute poco simpatiche nei confronti della scarsa bravura dell'americano, ma i rapporti tra noi si sono distesi e preferisco tenermi il sarcasmo per momenti di spessore.
    Lascio che sia il silenzio ad avvolgerci, e per un'istante mi sembra di essere un giovane che, davanti al fuoco e con le stelle sopra il capo, attende con entusiasmo la storia del vecchio saggio del villaggio e si ciba con voracità delle sue parole.
    Non lo incito a procedere perchè non voglio interrompere i fini processi che si stanno mettendo in atto nel suo cervello, eppure lo guardo la curiosità ed insistenza che avrebbe un bambino di fronte al proprio regalo di natale.
    Ho sempre amato le storie e ciò che si portavano dietro: pezzi di vita altrui, leggende che gli antichi popoli utilizzavano per darsi spiegazioni su fatti per loro sconosciuti o semplici prove di fantasia ed ingegno messe in atto da abili tessitori. La storia di Bram fa parte della prima categoria, e mi trovo in parte sorpreso e persino un po' onorato di quanto stanno udendo le mie ampie orecchie.
    Immagino quel bambino che muta forma sotto gli occhi dei propri genitori, tutti e tre ignari e spaventati di quanto sta accadendo; lo vedo contorcersi dal dolore a cui nessuno lo ha preparato e provo una profonda pena per lui, per tutto ciò che non ha mai potuto avere e che le persone fortunate come me hanno sempre avuto a portata di mano; e poi vedo la speranza racchiusa nelle mani vecchie e dolci di una nonna che è in grado di amarlo in maniera incondizionata, come solo chi tiene davvero a te sa fare.
    Nonostante tutto il ragazzino è stato illuminato da una luce benevola che gli ha donato quella donna e dei genitori che non lo hanno cacciato di casa, alimentando così l'odio per se stesso e quel lupo nascosto tra le fibre del proprio essere.
    Lo guardo e sorrido dolcemente nel vedere la sua piccola anima bianca che lui ora fatica a riconoscere a causa di tutto ciò che gli sta accadendo, ed è con confortante calma che gli poso una mano sulla spalla, allargando un po' il mio sorriso. Dubito mi abbia mai visto così, e chissà che non rimanga sorpreso da questo mio lato ben lontano dal Jasper superbo ed egocentrico con cui discusse agli inizi della nostra conoscenza.
    Tua nonna non si è sbagliata, chi ci influenza così tanto raramente lo fa.
    Con quel regalo la donna lo ha plasmato nel ragazzo che ora ho davanti, questo futuro medimago dal cuore gentile che pare immune dalla crudeltà, ma non dalla goffaggine e dal fango. Credo che potrei persino ringraziarla, per questo nuovo amico che mi ha donato.
    Sei una brava persona, ragazzino. Anche se non avresti il diritto di sentire la mia storia.
    Lo prendo in giro per qualche secondo fingendo un tono serioso ed abbandonando il sorriso, che però ripesco un attimo dopo macchiandolo di divertita furbizia.
    Però è il tuo giorno fortunato... In fondo mi reputo un narratore eccezionale quindi come potrei mai privarti di tale regalo? E poi mi piace attirare la tua attenzione.
    Quasi quanto trovo divertente provocargli imbarazzo e vedergli le gote tinte di rosso. Per un momento mi perdo a guardarle, quelle guance ben definite, e mi stupisco nel trovarle belle e lisce come quelle di una statua greca.
    Torno a voltarmi verso il lago per evitare di pensare alle eventuali implicazioni di questo mio giudizio estetico, e mi preparo quindi a raccontare la mia, di storia.
    C'era una volta un piccolo re che viveva tra verdi colline ricoperte di boschi, al cui centro però vi era il suo maestoso castello in cui scorrazzavano ogni giorno servi e animali da compagnia. I preferiti del piccolo re erano un lupo nero, una cerbiatta ed un cucciolo di drago rosso che stavano sempre insieme nonostante le differenze che, in un luogo normale, li avrebbero resi nemici. Il castello del piccolo re però era un luogo di pace e nessuno aveva il permesso di litigare tra le sue mura. Un giorno però i tre favoriti del piccolo re dovettero allontanarsi a causa di un'importante missione che li avrebbe tenuti lontani qualche settimana, ma promisero al loro sovrano che sarebbero tornati presto e gli avrebbero portato molti doni in regalo.
    Trovo sia più facile raccontarla in questo modo, la rende più poetica e bella in tutta la sua dolorosa tristezza. O forse rende me uno sciocco che imbelletta la verità con sfarzi inutili pur di non vederne il sangue sparso sulle pareti.
    Purtroppo, come puoi immaginare, non tornarono mai più e il piccolo re ne fu estremamente provato. Corse per tutto il suo regno alla ricerca di lupo, cerbiatta e draghetto, ma dei suoi più cari amici non vi era rimasta alcuna traccia. "Si sono allontanati troppo dai confini del bosco e sono caduti in una trappola", disse il consigliere del sovrano quando egli tornò e così, dopo molte lacrime versate, infine si mise il cuore in pace. Eppure non dimenticò mai del tutto coloro che gli avevano portato tanta gioia e, un giorno, tra gli sguardi circospetti di tutti, un'essere incappucciato fece il suo ingresso al castello ed il piccolo re, che in quel momento stava ammirando il regno dal suo balcone, rimase folgorato da un lampo color del sangue che aveva fatto capolino da quello straniero. Corse come un pazzo, il piccolo re, e nel trovarsi davanti al nuovo arrivato non poté far altro che urlare "Sei tu! Sei tornato!".
    Chissà cosa penserebbe Finn nel sentire questa favola che è la nostra vita... Omettere le difficoltà che abbiamo avuto nel venirci incontro è semplice, ma ciò non significa che le ho dimenticate. E' fin troppo vivido il ricordo della paura nel suo sguardo quando mi ha visto mutare, ma qui e oggi non serve riportare tutto questo alla memoria, quindi perchè non perdersi nella finzione?
    Il mantello volò via ed ecco che davanti al sovrano apparve il suo drago rosso, un po' cresciuto ed acciaccato, ma con gli stessi occhi di quando era partito, tanti anni addietro. "Chiedo perdono per l'attesa, maestà", disse il drago "Forze oscure mi hanno trattenuto e purtroppo i nostri nemici hanno ucciso il lupo e la cerbiatta, ma ora sono tornato da voi e potremmo essere nuovamente felici e vivere portando nel cuore la memoria di coloro che abbiamo perduto". E così si abbracciarono, e tutto il regno gioì insieme a loro... Fine.
    Lancio un sasso, ed i piccoli tonfi sulla superficie sanciscono la chiusura del racconto, eppure non ho finito di parlare e mi volto verso Bram per carpirne le espressioni mentre aggiungo un paio di piccole postille alla mia storia.
    Il mio secondo nome, Rhion, significa re. Si può dire che io fossi destinato ad essere superbo già dalla nascita.
    Una rivelazione superflua, se il ragazzino è già arrivato al vero significato dietro questa favola.
    Ho ritrovato il fratello che credevo di aver perso, Bram. Purtroppo i nostri genitori non erano con lui e non abbiamo dei corpi da poter seppellire, ma sapere che almeno lui è vivo mi ha fatto rivedere un po' di luce. Avanti, andiamo.
    Mi alzo in piedi e, pur non provando imbarazzo, sento comunque una sorta di fretta nelle membra, come se volessi lasciare sulla riva quel momento così che le onde possano farne ciò che preferiscono. Custodirlo o mangiarlo facendolo in mille pezzi, per me non fa alcuna differenza, poichè vivrà dentro di me per sempre.
    Ti ho concesso una storia, non delle spiegazioni. E poi questa giornata è per noi due e per levarti un po' di quell'aria da ragazzo di città di dosso; un giorno ti parlerò di Finn, te lo prometto.
    Mio fratello aleggerà per sempre su di me, così come lo faranno i nostri genitori, ma oggi vorrei solo pensare a me stesso e a questo amico trovato per puro caso lungo la strada. Prima avevo tutti i Mountbatten a farmi compagnia e mi sentivo perso, ora ho smesso di essere solo e non dovrò più camminare in mezzo ai boschi con l'unico rumore dei miei passi come compagno. Guardo avanti, e loro ne sarebbero felici.
    Hai detto che camminare non è un problema, quindi muoviti: le cascate ci aspettano. Mangeremo durante il tragitto.
     
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    C’era un qualcosa di agrodolce nel sapere che anche la madre di Jasper era avvezza a suonare il pianoforte.
    Forse era dato dal modo in cui il gallese lo aveva detto o dal suo sguardo che si era perso lontano, forse nei ricordi di quei tempi, e alla malinconia che Bram era certo di avervi letto.
    Era una di quelle situazioni in cui si rendeva conto di quanto fosse sensibile, forse troppo, perché per qualche secondo aveva sentito la gola chiudersi ed aveva serrato le labbra, incapace di dire qualcosa.
    Non aveva chiesto a Jasper perché non avesse imparato da lei a suonare il pianoforte, gli era sembrato quasi che avrebbe potuto toccare un tasto dolente. Magari non ce ne era stato il tempo, sapeva che era scomparsa quando l’altro era solamente un bambino.
    Era piuttosto rimasto in silenzio, in attesa che fosse lui ad aggiungere qualcosa, se lo avesse voluto, ma tutto quello che era uscito poi dalle sue labbra era stato accettare la sua offerta e poi un sorriso.
    Bram non aveva potuto fare a meno di chiedersi se questo non avrebbe riacceso ricordi, magari dolorosi, nell’amico, ma si era poi detto che Jasper era una persona abbastanza sicura di sé da poter rifiutare qualsiasi cosa non gradisse.
    Per cui aveva risposto con un sorriso anche lui, in un certo senso contento di poter essere, questa volta, l’insegnante.
    Jasper ascoltò il suo piccolo racconto in silenzio, non lo interruppe mai, non fece domande, ma nei suoi sembrava esserci… curiosità.
    E sì, Bram ne fu sorpreso perché in fondo non pensava potesse esserci niente di interessante in quello che gli stava dicendo, ma era la prima cosa che gli era venuta in mente perché voleva che il Mountbatten potesse conoscerlo meglio e che potesse capire da dove era nata tutta quella paura per se stesso e la propria natura.
    Bram non aveva avuto nessuno che lo avesse preparato a quanto stava per accadergli e la colpa non era di certo di Sharon e Francois che erano del tutto ignari della sua licantropia. Ma era certo che se solo ne fossero stati al corrente, le cose sarebbero andate diversamente. Magari non sarebbe stato un lupo fiero come Jasper, ma di certo non si sarebbe odiato in quel modo e non avrebbe avuto paura di se stesso.
    “Mh… sì, forse è così. Non si è sbagliata”
    Dopotutto non dipendeva da lui quello che gli stava accadendo e avrebbe tanto voluto rivelarlo a Jasper, ma continuava a non volerlo coinvolgere in quella storia e poi… si era reso conto che non c’era bisogno di dirglielo perché il gallese continuava in qualche modo a vedere la sua purezza. E a Bram questo piaceva.
    A stento si trattenne dall’alzare gli occhi al cielo quando l’altro elogiò le proprie capacità nel raccontare, ma soprattutto quando disse che gli piaceva attirare la sua attenzione.
    “Sbruffone” mormorò, chiedendosi per un attimo se lo intendesse davvero, il fatto che gli piaceva. E l’idea, per un secondo, gli fece provare un lieve sussulto all’altezza del cuore.
    Una cosa era certa però: Jasper era un bravissimo narratore e Bram ascoltò con attenzione e curiosità il suo racconto, seduto sul terreno freddo ed il corpo un pochino teso verso l’altro come se potesse aiutarlo a sentire meglio.
    Fu verso la fine del racconto che comprese che il Mountbatten gli stava raccontando di se stesso e quel lupo e la cerbiatta uccisi non erano altro che i suoi genitori.
    Senti lo stomaco stringersi, come se fosse stato legato in un nodo strettissimo, e guardò l’altro che in qualche modo era calmissimo nel raccontargli quella storia.
    Sapere che i suoi genitori erano scomparsi quando era solamente un bambino doveva essere stato già orribile, avere la conferma che erano morti anni dopo doveva aver distrutto ogni sua speranza.
    Certo, aveva almeno ritrovato suo fratello e questa era una notizia sorprendente, ma soprattutto a sorprendere Bram era che la stesse condividendo con lui, eppure questo ritrovamento sembrava portare con sé un po’ di amarezza insieme alla gioia.
    Si alzò in piedi a sua volta, velocemente e un po’ goffamente. Avrebbe voluto fargli domande, tante domande, ma le parole ed il tono di Jasper sembravano chiudere la conversazione. Era chiaro che fosse stato già tanto per lui aprirsi in quel modo e forse non aveva le energie per dire di più di quanto aveva già fatto.
    “A-aspetta…” lo richiamò prima che potesse mettersi in cammino e lo guardò poi in silenzio non sapendo cosa dire. “Mi dispiace…”
    Sembrava la classica cosa da dire in un momento del genere, ma lo intendeva davvero, la sua voce ne era carica, di dispiacere.
    Gli strinse la spalla come aveva fatto Jasper stesso con lui, poco prima, e resistette all’impulso di abbracciarlo.
    “Possiamo parlarne quando vuoi. Quando te la senti. Mi piacerebbe sapere di più di Finn e di come vi siete ritrovati”
    Ritirò la mano e si guardò la punta delle scarpe, scacciando un ricciolo ribelle dalla fronte.
    “Hai ragione, sei un narratore bravissimo. E… Rhion mi piace come nome, si addice decisamente alla tua superbia” risollevò la testa rivolgendogli un lieve sorriso.
    “Andiamo o rischiamo di arrivare alla cascata quando sarà buio”

    Circa un’ora e tre cadute dopo - incredibilmente solo tre - Bram fu lieto di vedere finalmente il paesaggio cambiare, seppur non fosse più principalmente pianeggiante come quello intorno al lago.
    Gli alberi si erano fatti via via più fitti, così come il cielo si era fatto sempre più uggioso e la luce un po’ più cupa dando quasi un’aria misteriosa al piccolo bosco in cui si erano appena addentrati.
    E più avanzavano, più Bram si avvicinava a Jasper, come se la vicinanza lo facesse sentire un po’ più tranquillo in quel luogo che, odiava ammetterlo, un pochino lo intimoriva.
    Era una sensazione stupida, quella che gli faceva credere che dietro ogni albero potesse esserci qualcuno pronto ad aggredirlo. Ma il dolore del sasso che gli spaccava la tempia sembrava ancora così vivido.
    Quando la sua spalla urtò quella di Jasper, si allontanò di un passo, con una risata nervosa.
    “Scusa, tipico atteggiamento di un ragazzo di città non abituato a certi posti, suppongo” spiegò velocemente “Biancaneve mi ha traumatizzato da bambino” aggiunse quella che voleva essere una battuta, ma che suonò un po’ fiacca.
    Almeno la vista della cascata lo ripagò di tutta quella improvvisa ansia.
    Non era grande o imponente - non come le cascate del Niagara che i suoi lo avevano portato a vedere quando era bambino - ma era in qualche modo più selvaggia e affascinante.
    “Quindi è qui che vieni a scrivere? Sembra un posto perfetto per avere un po’ di pace”
    Ed in effetti normalmente avrebbe sicuramente dato un senso di pace, accompagnato dai suoni naturali del bosco e dell’acqua che scorreva, senza altri esseri umani intorno.
    Almeno di questo cercava di convincersi Bram mentre si gettava un’occhiata nervosa alle spalle. Non era forse un rumore di passi quello che sembrava venire da dietro la fitta vegetazione?
    Era solo la sua immaginazione, stupido sciocco. Non poteva rovinare quello che si stava rivelando un pomeriggio piacevole con le proprie paure infondate. Si forzò a tenere lo sguardo puntato sulla cascata e si avvicinò ad essa. L’acqua che scorreva era limpidissima e aveva l’aria di essere anche freddissima.
    “E’ potabile?”
    Si chiese come doveva essere bere da una fonte naturale e stava per allungare la mano e bagnare un dito quando sentì nuovamente quel rumore, quei passi. O almeno quelli che credeva tali. Si avvicinò istintivamente a Jasper con i muscoli tesi e la mascella contratta.
    “Hai sentito?”
    Si stava comportando da stupido e si stava mettendo in ridicolo, ma prima che potesse dire altro e prendersi in giro da solo, le fratte davanti a loro presero a muoversi con insistenza e… Bram agì d’istinto.
    Non gli era mai successo prima, di rispondere al senso di pericolo in quel modo, ma prima che potesse rendersi conto del suo corpo che mutava, era già scattato in avanti, i sensi del lupo acuti, le zampe dritte sul terreno, deciso a non permettere a nessuno di fargli del male questa volta, né a lui, né a Jasper, il ringhio che gli saliva lungo la gola e le zanne in mostra contro… un leprotto.
    Quello che era saltato fuori dalla fratta non era altro che un leprotto messo subito in fuga dalla vista della bestia ringhiante.
    Quando si rese conto di ciò che aveva fatto, dopo l’iniziale attimo di smarrimento, Bram indietreggiò con un guaito, ora consapevole dei brandelli dei suoi vestiti che pendevano dal suo corpo ferino - la giacca costosa e nuova di zecca ormai andata, dannazione - e della figura terribile che aveva appena fatto.
    Non sapeva se fu la vergogna o lo shock a rendergli impossibile mantenere la trasformazione, ma tornare se stesso - questa volta con una lenta e un po’ dolorosa mutazione - privo di vestiti, al freddo, con le braccia strette intorno al corpo tremante, non fu di aiuto al suo desiderio di voler sparire inghiottito dal terreno sotto di lui.
    “Ho… ho perso il controllo” sussurrò, come se non fosse stato evidente, incapace di guardare Jasper.

     
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    Volgo lo sguardo verso quel richiamo gentile e malfermo, fisso in silenzio il viso dell'americano a cui non ho dato molto tempo per elaborare la mia storia, forse per timore di mostrarmi troppo fragile dinnanzi a quel passato lontano ma ancora doloroso.
    Molto meglio procedere, lasciandosi alle spalle quanto perso per strada. Gli echi di ciò che mi è accaduto posso sentirli ogni giorno, quest'oggi vorrei sentire una melodia diversa, a cui potrò accedere con la memoria ogni qual volta penserò al ragazzino e alla sua buffa goffaggine.
    Avrebbe potuto fingere di non aver sentito nulla di quanto gli ho riferito, forse per paura di farmi ulteriormente male, ed io lo avrei capito, però sottovaluto la bontà di questo ragazzino dal cuore gentile e non posso dire di non essergli grato per questo piccolo dispiacere che vuole donarmi.
    La stretta alla spalla crea vicinanza, è un contatto che apprezzo, così come la curiosità che mostra nel voler sapere di più riguardo mio fratello e la nostra storia. Con calma, a poco a poco, gli racconterò anche questo aneddoto e potrei... Potrei dirgli di come mi sono sentito, quando il signor Anderson mi ha cacciato da casa loro ed io ero pieno di rabbia: così capirebbe che lui non è il solo ad essersi considerato sbagliato, anche se solo per qualche momento.
    Giusto il tempo di un sorriso divertito per quel suo commento alla mia superbia, seguito da un serio cenno d'assenso, e poi è ora di andare. Mi soffermo però un secondo nei suoi occhi, prima di girarmi e lasciare che le gambe lunghe mi portino via, e in quel quieto silenzio pungente di freddo lo ringrazio per non essere andato oltre con le domande lecite che quella parte della mia vita avrebbe potuto scatenare.
    Dà agli altri togliendo a se stesso, il piccolo americano, e continua a stupirmi quanto possa essere cieco di fronte a tutta la sua luce.

    La passeggiata è piacevole, un po' meno lo sono per il Dubois le risatine fuoriuscitomi dalle sue cadute poco eleganti. Il terreno gallese non gli è amico, ma chissà, forse col tempo e l'avvicendarsi dei nostri incontri prenderà più confidenza con l'aspra bellezza del luogo.
    Do per scontato che ci rivedremo ancora sotto queste fronde, e perchè non dovremmo? In fondo il nostro rapporto sta migliorando via via che passiamo insieme questi piacevoli momenti d'amicizia, e già immagino le occhiate furbe che la nostra cara Tywy ci lancerà non appena lo saprà. Se Bram non fosse stato impegnato forse a quest'ora ci avrebbe già organizzato un'appuntamento di nascosto, quella scaltra principessa.
    Nel proseguire lungo il percorso percepisco una strana tensione provenire dal ragazzo al mio fianco, che si fa via via più vicino, tanto da sbattere contro la mia spalla. Lo scruto come se volessi cercare più a fondo in quella sua testa coperta di onde scure, l'stinto mi suggerisce che non sia semplice mancanza di competenze quella che lo fa incedere in questo modo, ma per il momento preferisco non chiedere e aspettare l'evolversi della giornata.
    Potrei benissimo essere in errore, non lo escludo del tutto, e forse questo moto di preoccupazione che provo nei suoi confronti andrà a spegnersi col passare delle ore.
    Non lo dubito. Riesci a guardare una torta di mele senza tremare?
    Lo schernisco simpaticamente mentre la piccola cascata si apre di fronte a noi in tutta la sua boschiva beltà. Ogni volta che vengo qui mi aspetto di trovare una comunità di elfi e centauri che ballano al suono di cetre e tamburi inghirlandati di fiori profumati, ed è quasi con delusione che invece ne ammiro il mistico silenzio che pare avvolgere questo luogo.
    E' un posto magico, più di molti negozi che potresti trovare a Diagon Alley. Nasconde storie a non finire, sai? Se chiudi gli occhi potrai sentire gli zoccoli del destriero di Rhiannon, signora di questa Terra e messaggera del mondo ultraterreno.
    Papà e mamma mi raccontavano spesso le leggende gallesi, e dopo la loro scomparsa continui le ricerche per conto mio grazie alla nostra biblioteca, scoprendo così tante storie da poter riempire una vita intera. Mi piace prendere in prestito alcuni di questi eroi e dee per dar loro voce nei miei scritti, così che, se mai dovessi diventare famoso, anche la gente fuori dal Regno Unito verrà a sapere di loro e la storia del mio popolo non morirà mai.
    Seguo il ragazzino avvicinandomi al corso d'acqua, sto per rispondere alla sua domanda quando mi rendo conto che l'irrequietezza pare non averlo abbandonato del tutto ed il modo in cui la sua mascella si contrae mi fa scattare insieme a lui, facendomi tendere l'orecchio verso un non precisato rumore che pare preoccuparlo.
    Colgo lo spostamento del fogliame, lo scroscio della cascata al nostro fianco ed i rumori del bosco che ci avvolge, ma nulla di più.
    Bram, cosa st-
    La frase viene spezzata a metà dalla sorpresa di vederlo mutare così in fretta sotto i miei occhi. Rimango immobile, incapace di agire e col cervello -forse per la prima volta in vita mia- incapace di proferire parola o agire d'istinto: guardo e basta, con la bocca semiaperta, questa bestia nera che ringhia ad un leprotto come se fosse il suo peggior nemico.
    I brandelli di vestiti pendono dal corpo della bestia che arretra non appena l'animaletto fugge spaventato per avere salva la vita, ed io rimango lì a guardarlo mentre quel moto di preoccupazione torna a bruciarmi il petto, che si acuisce nel momento in cui il lupo svanisce e davanti a me ho solo un pallido ragazzo, nudo e tremante.
    Ricordo quando, durante il nostro primo incontro sotto la luna, fece una tremenda fatica a trasformarsi e dovetti stringerlo in un'abbraccio per tranquillizzarlo, ora il panico ed i nervi a fior di pelle lo hanno fatto mutare in un battito di ciglia e per quanto so che dovrei sentirmi fiero allo stesso tempo non ci riesco. Non del tutto.
    C'è un alone di paura che sembra avvolgere perennemente Bram, e nel guardarlo così vulnerabile sento improvvisamente il bisogno di strapparglielo via. Un tempo lo avrei preso in giro, e non è detto che in futuro non ricorderemo questo giorno con una risata a fiori di labbra, ma non è questo ciò di cui lui ha bisogno adesso e che amico sarei io, se non volessi il suo bene?
    Mi avvicino, una volta di fronte a lui gli poggio le mani sulle spalle nude e le scuoto appena, come se volessi chiedergli con gentilezza e fermezza di guardarmi in faccia.
    Va tutto bene.
    Tre semplici parole che potrebbero risultare banali, già sentite e forse false alle orecchie di chi si sente col cuore pregno di disperazione, ma voglio che sappia quanto io ci creda fermamente in questo futuro. Voglio che sappia che ci tengo.
    Lo abbraccio, l'essere più alto di lui mi permette di avvolgerlo e tenerlo stretto al mio petto mentre con una mano gli carezzo vigorosamente la schiena per tenerlo protetto e al caldo dall'aria invernale.
    A volte capita di perdere il controllo quando si è sotto pressione, purtroppo è una piccola clausola della nostra maledizione. Però non è successo nulla, d'accordo?
    Lo rassicuro scostandolo appena da me, gli sorrido nello stesso modo in cui mio padre faceva con me nei momenti in cui non mi sentivo abbastanza forte da poter continuare e voglio credere che Bram sarà in grado di credermi ed allo stesso tempo rubarmi un po' di questa sicurezza che porto dentro, così da farla sua.
    Mi guardo attorno con circospezione, fortunatamente siamo soli e posso togliermi dalla tasca la bacchetta per aggiustargli i vestiti fatti a pezzi, così che possa tornare a scaldarsi.
    Avanti, o preferisci che sia io a vestirti?
    Scherzo nel porgergli gli abiti, nella speranza che una piccola battuta possa scioglierlo col calore delle gote arrossate. Mi trovo a soffermarmi sulla pelle bianca della sua pancia per un secondo di troppo, e per qualche strano motivo sento di dover distogliere lo sguardo prima d'incappare in pensieri che, per ora, sento di non voler formulare.
    Con un paio di movimenti di bacchetta raduno dei rametti secchi a cui do fuoco, e con un gesto della mano lo invito a sedervisi accanto per scaldarsi mentre io mi avvicino all'acqua della cascata per raccoglierne un po' nella mia borraccia ormai praticamente vuota.
    Ecco, è fresca e potabile. Ti farà sentire rinato.
    Gliela porgo con un sorriso affabile nel sedermi accanto a lui, il piccolo fuocherello mi scalda le punte delle dita arrossate dall'aria fredda.
    Continuo a guardarlo mentre beve, incapace di spegnere la sirena che ulula in lontananza dentro di me, non così forte da cancellare qualsiasi altro pensiero, ma abbastanza forte da attirarmi tra le sue grinfie che mi attanagliano con preoccupazione. Vorrei chiedergli cosa lo turba, ma quando mi salvò dalla tagliola gli dissi che sarei stato paziente nei suoi confronti e tendo a tener fede alle promesse che faccio.
    Non ti ho mai chiesto scusa per tutte quelle volte in cui ti ho dato del piccolo beta, vero?
    Domanda retorica, poichè so benissimo di non averlo fatto. L'orgoglio è pesante, un bel macigno da portarsi dietro, ma per chi ci è abituato nemmeno pesa così tanto, lo usiamo più che altro come arma per ferire gli altri e raramente ce ne rendiamo conto.
    Mi spiace se ti ho fatto sentire inadeguato o inferiore a me, ma una parte di ciò che sono è legata a quel modo di vedere la vita ferina e non ho mai pensato a come sarebbe potuto essere una volta incontrato un altro lupo. Forse sono davvero solo un bambino a cui piace giocare al branco.
    Una lieve risata amara, lo sguardo che si perde nella danza delle fiamme davanti a noi.
    La verità è che sotto alcuni aspetti credo tu sia migliore di me, ragazzino.
    Più buono e dolce col prossimo, più aperto al resto del mondo e decisamente per nulla incline a lasciarsi andare alla superbia. Non dico di voler essere lui, perchè il mio carattere non mi permette di voler divenire altro che la versione migliore di me stesso... Ma nulla vieta a quella versione di prendere esempio dal giovane americano che tanto disprezzavo per quella sua testa dura.
    Perdonami, se puoi. Siamo due individui alla pari, Bram, ed è giusto così, niente capi e nessun sottomesso... Anche se tutte quelle cadute potrebbero far credere il contrario.
     
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    Come futuro medico Bram doveva essere pronto a reagire prontamente, a saper ragionare lucidamente ed in fretta anche sotto pressione e quando era al San Mungo ne era capace, era anche decisamente bravo in quello, così come nelle potenziali situazioni al di fuori dell’ospedale in cui avrebbe dovuto prestare soccorso a qualcuno (e così come, in effetti, era accaduto proprio con Jasper).
    Ma quando era lui il protagonista di una situazione d’emergenza - o quasi - non era in grado di fare niente ed era come se la sua testa smettesse di ragionare.
    In quel momento, stretto nelle proprie braccia e tremante, non riusciva a pensare in modo logico.
    Riusciva solo a pensare a quanto gli era appena successo e allo shock lieve che provava. Non gli succedeva di perdere il controllo in quel modo dal giorno in cui si era quasi trasformato davanti Harvey Hollingsworth e Alexander. Quel giorno, se Harvey non lo avesse fermato in tempo, forse avrebbe potuto compiere qualcosa di cui si sarebbe pentito per il resto della sua vita ed ora sembrava quasi che la cosa avrebbe potuto replicarsi. E se al posto del leprotto ci fossero state delle persone? Se le avesse attaccate prima di poterselo impedire?
    Tremava per il freddo e forse anche per lo spavento. Teneva la testa bassa con vergogna, ma alzò lo sguardo su Jasper quando quest’ultimo lo invitò a farlo.
    Osservò i suoi occhi dal colore indecifrabile e desiderò di poter tornare indietro a quando poco prima l’altro lo stava prendendo in giro riguardo le torte di mele o gli stava accennando a qualche storia del posto.
    Avrebbe voluto sentirla quella storia, invece di trovarsi lì con lo sguardo da cucciolo spaventato pieno di imbarazzo.
    Va tutto bene. La voce di Jasper era calma, rassicurante e seppur si era trattato di una semplice frase, in qualche modo Bram si sentì più tranquillo.
    Non rifiutò l’abbraccio, anche se in un’altra occasione l’idea di essere nudo lo avrebbe messo a disagio, ed anzi si lasciò avvolgere volentieri da quel tepore stringendolo a sua volta, con forza, gli occhi serrati e le narici piene dell’odore di Jasper.
    Era rassicurante, un porto sicuro, le mani dell’altro sulla sua pelle erano piacevoli.
    Annuì leggermente alle parole del gallese. Non era successo niente, si era fermato in tempo, si sarebbe fermato anche nel caso ci fossero stati degli umani al posto del leprotto e nessuno si sarebbe fatto male.
    “N-no!” sussurrò in risposta alla battuta di Jasper, avvampando appena e lanciando un’occhiata ai propri vestiti appena ripristinati, una delle cose a cui non aveva pensato a causa del panico.
    Tremando, si scostò da lui e si rivestì in fretta, lieto di non dover più sentire l’aria gelida sulla pelle sensibile.
    Sedette davanti il piccolo fuoco di buon grado e accettò l’acqua che Jasper gli stava porgendo. La bevve a piccoli sorsi e, non seppe dire se si trattasse solamente di suggestione, gli sembrò davvero di sentirsi meglio. Di certo non aveva mai bevuto acqua così buona e pura.
    Scosse poi la testa, lanciando un’occhiata al gallese al suo fianco. Non gli aveva mai chiesto scusa, no, ma non era mai stato qualcosa che Bram aveva preteso. Così come non aveva preteso le scuse di Daphne. C’era qualcosa che gli permetteva di perdonare e andare avanti lo stesso, con le persone a cui… voleva bene. Doveva ammettere che da un po’ di tempo Jasper era rientrato in quella categoria.
    Forse fu per questo che le scuse del Mountbatten lo sorpresero ancor più di quanto avrebbero fatto normalmente, facendogli spalancare gli occhi e alzare le sopracciglia in un’espressione di pura meraviglia.
    Non pensava che sentirsi trattato alla pari dall’altro lo avrebbe fatto sentire così bene, eppure stava succedendo.
    “Grazie, Jasper…” fu l’unica cosa che riuscì a dire sulle prime. “Ti avevo già perdonato, non era evidente? Sarei forse qui, se non così non fosse?”
    Abbozzò un sorriso e cercò di non ridere alla battuta dell’altro.
    “Però conta davvero molto per me. Il fatto che mi giudichi tuo pari” tacque per qualche secondo, con lo sguardo puntato sulle fiammelle “Non c’è niente di male nel fatto che tu voglia un branco. Abbiamo tutti un bisogno di appartenere a qualcosa, di sentirci integrati, di non essere… soli. Non valgo molto come lupo, ma spero di valere un po’ più come umano, possiamo essere un branco. Magari lo siamo già, siamo amici, no?”
    Inspirò, prima di bere un altro sorso d’acqua che scivolò piacevolmente fresca lungo la sua gola.
    Non poteva vedere diversamente Jasper ormai. Erano amici, era suo amico e come tale si sarebbe preso cura di lui, così come cercava di fare con tutte le persone a cui voleva bene. Non sapeva come avrebbe potuto bilanciare tutto, considerando anche i suoi problemi personali e tutti gli impegni, ma avrebbe tentato ad ogni costo.
    Non avrebbe lasciato Jasper solo, questo era certo. Senza contare che la compagnia del gallese era ormai diventata qualcosa a cui difficilmente avrebbe rinunciato.
    “Scusami per aver perso il controllo prima. Lo so, come hai detto tu può succedere, ma ho sempre fatto così tanto per tenere a bada questa parte di me che difficilmente ho avuto esperienze del genere, almeno quando sono cosciente…” alzò di nuovo lo sguardo su di lui “E non ho potuto fare a meno di pensare a come sarebbe andata se ci fossero state delle persone al posto di quella lepre. Magari non avrei fatto loro del male, ma avrebbero visto tutto”
    Certo, i babbani si potevano obliviare, ma non era di certo una cosa legale, usare la magia su di loro, e rivolgersi al ministero avrebbe creato non poche rogne.
    “I boschi mi rendono davvero nervoso. No, non è colpa di Biancaneve” sorrise lievemente “Al mio primo anno in accademia uno studente mi ha attaccato senza motivo, nella foresta del campus”
    Non ne aveva mai parlato con nessuno e non sapeva perché lo stesse tirando fuori proprio in quel momento con Jasper, forse per giustificarsi del suo essere così timoroso davanti a tutto.
    “Sono qui per parlarne, ma diciamo che poteva andarmi molto peggio, se non fosse intervenuto un altro studente penso sarei morto. Mi ha lasciato un ricordino” scostò i riccioli per mostrargli la cicatrice sulla tempia. “Lo so… dovrei essere un po’ meno fifone, vero? Magari ci riuscirò. C’è da dire che da quando abbiamo iniziato a conoscerci meglio, tu ed io, odio molto meno l’altra mia natura. In quello ho fatto un passo avanti”
    Gli sorrise, sincero, per poi dargli una lieve, giocosa spallata.
    “Hai un’altra storia per me?”
     
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    Trovo divertente come il ragazzino si sia circondato di persone che, a differenza sua, faticano a perdonare un torto subìto: io e Daphne ci somigliamo fin troppo nel modo in cui leghiamo al dito parole ed azioni che non ci sono andate giù, ed entrambi, col tempo, abbiamo imparato con estrema fatica a porgere appena l'altra guancia.
    Forse è la vicinanza con Bram ad averci resi in un certo senso migliori, più inclini al perdono, seppur ancora parecchio distanti dai modi luminosi e dolci dell'americano. Credevo che dopo mia madre non avrei mai più incontrato una persona con una bontà così fuori scala, ma evidentemente mi sbagliavo ed ora ammetterlo non è poi così doloroso.
    Gli sorrido, in un certo senso grato di essere da tempo rientrato nella sua personale lista di persone da cui non desiderava più scuse, e forse se non gli avessi mai detto niente nulla sarebbe cambiato, eppure mi sento molto meglio ad averlo fatto.
    Si, siamo amici. Chi l'avrebbe mai detto, mh? Dopo i nostri disastrosi primi incontri non ti avrei biasimato se avessi continuato a mal sopportarmi, ma evidentemente dovevamo solo imparare a conoscerci meglio.
    Grattare via dalla superficie tutte quelle cattive impressioni ed astio nato dal voler primeggiare, per poi trovarvi al di sotto quello che è in fin dei conti un piccolo tesoro. Si, il ragazzino è stato proprio fortunato a trovarmi... E lo sono stato anche io. Ora ho un compagno di avventure a cui poter insegnare come muoversi nei boschi, una persona che sembra interessata alle storie che ho da raccontare e che mi ha aiutato in un momento di sofferenza; ho messo da parte il fastidio e la tristezza provate il giorno in cui disse di non voler più prendere parte alle nostre lezioni, e sarei un bugiardo se dicessi quanto mi abbia fatto piacere rivederlo e sentirlo chiedermi scusa perchè in fondo mi mancava, ma ero troppo orgoglioso per ammetterlo ad alta voce.
    E non dubitare mai del tuo essere un'ottimo essere umano, ok? Non dopo che ti ho detto che sotto alcuni aspetti sei migliore di me, dato che è una frase che molto probabilmente non mi sentirai pronunciare mai più.
    Scherzo nel rubargli la borraccia dalle mani per poter assaporarne la freschezza mentre lui inizia a scusarsi e fasciarsi la testa riguardo faccende che sarebbero potute accadere, ma che, per nostra fortuna, il fato ci ha voluto risparmiare. I babbani non sarebbero stati un problema, anche se sicuramente il ragazzino avrebbe avuto da ridire riguardo la poco illegale mossa del togliergli la memoria, ma a mali estremi estremi rimedi.
    Per quanto riguarda la sua reazione invece... Avevo percepito il suo nervosismo, ma mai avrei potuto collegarlo ad un attacco del genere di cui è stato vittima tempo fa. Inizialmente rimango basito, gli occhi appena sgranati nel fissare lui e quella cicatrice nascosta dai riccioli scuri, poi muovo una mano nella sua direzione per scostargli una ciocca di capelli ed osservare quel segno che deve avergli provocato molto dolore, forse non quanto la tagliola d'argento che mi prese il polpaccio, ma per lo meno nel mio caso non vi era alcun essere umano coinvolto direttamente.
    La sfioro con l'indice e provo ad immaginare quanto sia stato traumatico per lui vivere quel momento, forse quest'altro studente era semplicemente fuori di se o sotto effetto di stupefacenti ed ha incontrato Bram nel momento peggiore per entrambi.
    Spero che tu lo abbia denunciato.
    Dico con voce dura e tinta di preoccupazione mentre ritiro la mano dal suo viso e me la riporto in grembo.
    Quindi tu hai seguito Duke nella foresta del campus nonostante la paura che quegli alberi ti provocavano? Non capisco perchè ti stai dando del fifone, ragazzino: in quel frangente sei stato molto impavido, saresti potuto tornare indietro e lasciare lì il tuo cane, invece gli sei corso dietro e mi hai salvato. Anche oggi sei venuto con me pur essendo nervoso a riguardo, si percepiva a chilometri di distanza, e dubito fosse per il mio innato fascino, quindi non parlare più in questo modo di te stesso.
    Lo ammonisco con serietà, ma credo ad ogni singola parola che ho pronunciato. Non capisco perchè lui abbia una così bassa opinione di se stesso, è come se non riuscisse a vedere i propri risultati, ma solo i fallimenti.
    In ogni caso, sono molto contento che la tua natura ferina ti sia più amica. Prima o poi mi piacerebbe tornare a correre sotto la luna, se sei d'accordo.
    Una piccola luce di speranza mi brilla nella sguardo mentre tento di proporgli quest'uscita notturna senza insegnanti o allievi, priva di battute di caccia o gare a chi è più bravo a percepire rumori lontani: solo due lupi che vagano nel fitto della boscaglia in compagnia di loro stessi, nulla di più.
    Quando mi chiede un'altra storia torno a sorridere, l'orgoglio torna a pungermi il petto insieme a qualcos'altro, uno strano calore accompagnato dal pensiero che trovo davvero piacevole attirare la sua attenzione, per pura e semplice amicizia ovviamente. Cos'altro mai potrebbe esserci?
    Dunque, vediamo un po'...
    Mi gratto il mento nel riflettere, scavo a fondo nella memoria finchè, guardando la superficie dell'acqua danza sotto la cascata, mi viene in mente un'idea.
    Avanti, alzati. Devo mostrarti una cosa.
    Gli batto la mano sulla schiena per invitarlo a seguirmi mentre mi avvicino alla riva coperta di foglie. M'inginocchio ed inizio a scrivere nel terreno melmoso un nome utilizzando l'indice, per poi enunciarlo in gaelico.
    Llamhigyn Y Dwr, significa "Saltatore d'Acqua". E' una creatura molto famosa del nostro folklore e si tratta di una gigantesca rana maligna dotata di ali di pipistrello e di una lunghissima coda da lucertola dotata di pungiglione. Da piccolo mi raccontavano che viveva proprio in fondo a questo stagno e adorava mangiare i bambini che osavano pescarvi dentro perchè le toglievano il cibo da sotto il naso. Si nasconde sotto il fango, poi ti avvolge nella sua coda ed infine ti tira giù finchè non muori annegato e delle tue ossa ne fa gioielli per la crudele incantatrice Ceridwen.
    Mi sporgo appena verso l'acqua, come se volessi guardarci dentro, e nell'invitare Bram a fare lo stesso gli poggio una mano sulla schiena, pronta ad agire.
    Se fai attenzione però potrai vedere i suoi occhi gialli brillare, sembrano enormi topazi e forse ti verrà voglia di raccoglierli, ma fa attenzione perchè potrebbe ammaliarti ed allora tu ti sporgerai sempre di più finchè... Gnam!
    Nell'alzare la voce sull'ultima parola spingo il corpo dell'americano verso l'acqua, e ci sarebbe finito sicuramente dentro se con l'altro braccio non l'avessi preso al volo per riportarlo in salvo contro il mio petto. Fortunatamente per lui non sono così crudele e trovo divertente prenderlo in giro in questo modo innocente, anche se forse lui non approva in toto.
    E' una sorta di abbraccio quello con cui lo sto tenendo mentre la mia risata allegra svanisce a poco a poco, lui mi da le spalle e per un attimo l'odore dei suoi capelli mi riempie le narici. Lo lascio andare scivolando seduto a terra, spingendo via ancora una volta quei pensieri a cui non voglio dare adito.
    Perdonami, è stata una tentazione troppo forte. La prossima volta torneremo in primavera e faremo il bagno quando l'acqua sarà più calda, che ne pensi? Ti darò addirittura il permesso di spingermi per primo.
     
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    Jasper aveva ragione, avevano avuto solo bisogno di imparare a conoscersi meglio per porre fine alle divergenze che li aveva visti protagonisti per tanto tempo.
    Eppure il Mountbatten parlava come se fosse solo Bram quello che mal sopportava l’altro, come se lui non lo avesse mai trovato davvero irritante.
    “Non mi odiavi?” chiese di getto, mosso dalla curiosità.
    Forse odiare era un verbo un po’ troppo forte, dopotutto lui stesso non aveva mai odiato Jasper ma lo aveva solamente trovato insopportabile.
    Ed era contento di aver scoperto che non fosse davvero così, che ci fosse molto di più dietro e di aver scoperto una persona piacevole, con un’intelligenza vasta e con un umorismo particolare che, sì, a volte gli faceva alzare gli occhi al cielo e sbuffare, ma anche sorridere senza che potesse controllarlo.
    “Deve esserti costato molto dirmi che sono migliore di te in alcune cose” lo punzecchiò senza cattiveria, lasciando che prendesse la borraccia.
    Rimase in silenzio poi, mentre Jasper gli sfiorava i capelli, spostandoli appena per poter osservare nuovamente la cicatrice. Quando la sfiorò con il dito, Bram si ritrovò a rabbrividire, reazione che attribuì al ricordo che aveva di quella notte e non al gesto in sé.
    Osservò il gallese con un’occhiata di traverso, per poi portare lo sguardo verso il suolo. La voce di Jasper sembrava piena di sincera preoccupazione e per qualche motivo questo fece fare le capriole allo stomaco di Bram.
    Era sicuramente nervosismo a causa di quanto gli aveva detto.
    “Umh sì… più o meno. Non… non ricordavo bene il suo volto quindi ho sporto denuncia verso ignoti”
    Ed invece se in quel momento chiudeva gli occhi poteva scorgere in modo preciso il volto di Mercury su di lui mentre alzava il braccio armato di sasso.
    “Certo che ho seguito Duke!” esclamò poi.
    Era la cosa più ovvia no? Non avrebbe mai potuto permettere alla paura di fargli perdere il suo cane, non avrebbe potuto lasciare via Duke in quel modo quella sera.
    Tirò un pochino su le spalle, raddrizzandole, come rinvigorito dalle parole di Jasper che, a quanto pareva, non lo considerava un fifone e questo… questo faceva sentire Bram un po’ meglio.
    “E sono venuto con te oggi perché… hai organizzato questa gita e volevi mostrarmi uno dei posti che ti piacciono, non volevo rovinare tutto…” scrollò le spalle “Inizio a pensare che il tuo innato fascino sia la tua capacità di vantarti qualsiasi cosa tua stia dicendo”
    Sorrise appena, con divertimento, ma poi solo un lieve alone di sorriso rimase sul suo volto, in modo un po’ amaro, mentre pensava al tornare a trasformarsi con Jasper.
    Non pensava che un giorno sarebbe mai potuto accadere ma gli mancava farlo. Gli mancava la sensazione di libertà che gli avevano dato quei giorni e come gli avessero insegnato a sentirsi meglio con la propria natura e quasi ad apprezzarla.
    “Sì… sì piacerebbe anche a me” mormorò “Magari quando avrò sistemato i miei problemi”
    Se mai ci fosse riuscito.
    Incuriosito si alzò per seguire Jasper fino alla riva del ruscello, contento di star per ricevere una storia per distrarsi e interessato alle leggende del posto.
    “Llamhigyn Y Dwr” provò a ripetere, storpiando del tutto la pronuncia e sorridendo a metà tra l’imbarazzo è il divertimento.
    “Ugh è un essere orribile” commentò poi pensando che se qualcuno gli avesse raccontato una storia del genere quando era bambino, avrebbe fatto di tutto per evitare ruscelli e simili. Il piccolo Bram ne sarebbe stato terrorizzato.
    Ma il Bram di adesso si sporse un pochino in avanti quando Jasper lo invitò a farlo, pur sapendo che non avrebbe visto alcuna creatura sul fondo fangoso del ruscello, immaginandosi gli occhi descritti dal gallese e non sospettando minimamente della mano calda appoggiata sulla sua schiena.
    Quando si sentì spingere gli sfuggì un’esclamazione di sorpresa dalle labbra e le sue braccia si tesero in avanti, a parare una caduta che non arrivò mai. Il braccio di Jasper lo avvolse tenendolo saldamente ed evitando che finisse di faccia nell’acqua gelida.
    Si ritrovò stretto al suo petto scosso da una risata che di rado gli aveva sentito fare. Aveva un suono piacevole, si ritrovò a pensare, prima che quel pensiero e la stretta del Mountbatten lo facessero sgusciare via, a disagio è goffo - al punto che forse aveva per sbaglio mollato una gomitata all’altro - con il volto caldo ed un lieve disappunto che però non celava un piccolo sorriso sulle sue labbra.
    ”Ma che simpatico!” lo rimbeccò “Puoi scommetterci che torneremo in primavera! E ti spingerò quando meno te lo aspetti, altrimenti che vendetta è?!”
    Scosse la testa, allontanandosi di qualche passo dal piccolo corso d’acqua.
    “Forse dovremmo cominciare a rientrare, prima che inizi a fare buio” disse poi. L’idea di trovarsi lì con il buio non lo ispirava affatto, nemmeno con la compagnia di Jasper.
    “Grazie per avermi portato qui e avermi mostrato questo posto. E grazie per avermi… fatto sentire meglio. Riguardo molte cose”
    Gli sorrise, per poi voltarsi e incamminarsi verso la direzione da cui erano venuti.
    “Scommetto che questa volta non cadrò!”
     
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