freedom

Privata

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    Caposcuola
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    Alla fine era accaduto. Aveva indossato il vestito bianco che altri avevano scelto per lei, coperto il volto triste con un velo che le toglieva il fiato e si era arresa. Si era chiesta che vita avrebbe avuto di lì in avanti ed aveva dovuto reprimere l'istinto di piangere o di scappare perchè non le sarebbe stato concesso. Vivere era una concessione di cui Lorence le faceva dono, e dover essergli grato per ogni respiro d'inferno che Helena riusciva a compiere in quel tormento, era il prezzo peggiore da pagare.
    Eppure si era arresa. A spalle basse aveva stretto il bouquet di rose tra le mani e si era diretta senza fiato lungo l'altare che sembrava immenso, in una chiesa che sembrava opprimente, colma di un pubblico che sembrava godere della sua disfatta.
    Piangeva lacrime silenti ad ogni passo, ingoiando singhiozzi che avrebbe voluto urlare.
    Quando tremante aveva raggiunto il mostro che le aveva rovinato la vita, aveva sperato di morire. Aveva pregato perchè avvenisse. Quel che accadde fu anche migliore. Le porte del suo inferno si spalancarono ed in un attimo il caos popolò quel luogo. Vide come a rallentatore, gli auror fare il loro trionfale ingresso. Non badò a null'altro di quel che le succedeva intorno. Crollò sulle ginocchia, stanca.
    Spogliarsi di quell'abito era stata una liberazione. Indossare il camice del san Mungo, una vittoria. Non era stato facile subire le attenzioni della guaritrice che esaminava il suo corpo con minuzia, scattando foto su ogni vecchia/nuova cicatrice, ma aveva taciuto. Serrato la mascella e respirato. Era tutto finito.
    Più difficile fu sopportare le domande di un uomo, un auror, che nelle domande che le aveva porto si era palesato agli occhi della Haugen ostile e poco sensibile nei suoi riguardi. Quando aveva intravisto tra le sue parole una muta accusa, lo aveva cacciato urlando così forte da farsi male alla gola.
    «Vaffanculo.» Quando circa mezz'ora dopo la porta della sua stanza si era riaperta, non aveva accolto di buon grado il nuovo auror lì presente. Era libera. Non le importava più se la credessero o meno. Voleva solo tornare a casa e provare a vivere. «Se anche tu sei qui per accusarmi, allora te ne puoi andare a fanculo.» Chiarì quindi all'uomo, palesando fin da subito la sua scarsa pazienza nell'affrontare, di nuovo, una serie di domande scomode in cui sembrava essere lei l'accusata piuttosto che la vittima. «Voglio andare a casa. A casa mia Lo urlò, mentre afferrava il cuscino a mo' di arma, puntandolo contro l'altro. «Se fai un solo passo, giuro che ti pugnalo con la bacchetta.»
     
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