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    Sofija Anastasya Bennet Vanja E. Rosencrantz| Corvonero, IV anno | Gufo | Scheda | Chronology

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    Tornare in territorio inglese mi ha fatto un certo effetto. Ho scritto un gufo alle sorelle spiegando che sarei venuta a Londra il pomeriggio per trovarmi con Lennox; lui sapeva della casa in Alaska ma avevo deciso di venire io oltre Oceano per provare a mettere il naso fuori da quel tunnel maledetto. Loro due, insieme a Ronny e Dillon avevano ragione, prima di tutto la voglia di guarire doveva partire dal soggetto, certo i farmaci funzionano, ma il sottoscritto deve in primis collaborare.
    Il mio primo mezzo viaggio di ritorno è stato per trovare Lennox, chiaramente avessi avuto più tempo lo avrei dedicato alle sorelle ma quello era comunque in programma; non avendo assolutamente l'intenzione di mettere ancora piede a scuola avevo sottolineato loro che dopo aver concluso con lui sarei andata diretta a Hyde Park per prendere la passaporta di ritorno. Era accaduto anche che Ronny e io ci fossimo dilungati in discorsi che non vertevano per niente l'argomento della licantropia, nè di Abigail, nè della mia salute. Mi aveva raccontato che era pieno di lavoro come sempre e che si era lasciato con Anna. La cosa mi stupì perchè sapevo che stavano insieme da un po' e lui stesso mi disse che se io volevo trasferirmi da loro per far nascere la mia bambina lui ci avrebbe messo la casa volentieri. Era stato proprio lui a parlarmi di famiglia con quell'enfasi per cui io lo adoravo. Ah, Lennox, il papà dei miei sogni. Era quello che pensavo mentre infilo le mani in tasca del giubbotto scuro che indosso, l'aria è fredda, cè un leggero venticello ma essendo abituata all'Alaska, il tempo di Londra non mi intimidisce per nulla.
    Percorro la via principale dove i negozi all'ora che si è fatta sono già chiusi e non rimane che qualche neon acceso dietro le serrande. Il tabaccaio con l'insegna "Smoke Every Time With US" ha appena chiuso, il signorotto con pastrano fino a terra mi ha anticipata di poco. Guardo il piccolo orologio che porto al polso, uno di quelli con le lancette e un paio di bottoni laterali, segna le ventitrè e cinquantasei. Sospiro e penso che era da molto che non stavo sveglia a fare qualcosa che fosse davvero "qualcosa" che non fosse piangermi addosso. Mi permetto un lusso, stasera, che non facevo da molto. Più che un lusso è un vizio che avevo messo da parte da quando ero entrata nel quarto mese di gravidanza; infilo una banconota nel distributore automatico di tabacchi e seleziono un pacchetto di sigarette confezionate, ne scarto la confezione rigirando più volte il pacchettino e ne infilo una in bocca facendola oscillare fra le labbra più volte. Sbuffo chiaramente infastidita dal fatto che non posso accenderla con la bacchetta perchè anche se la strada è deserta i babbani sono ovunque. Cammino spedita lungo la via e svolto a destra, in fondo a questa, illuminata da una serie di lampioni dalla luce giallastra e traballante, c'è l'angolo perfetto per smaterializzarmi e recarmi a Hyde Park e quindi fumarmi la sigaretta in santa pace prima di toccare la statua per il ritorno.
    Sorpasso un edificio enorme con una grossa scritta luminosa che si spegne al mio passaggio, qualcosa come Cross.. Fit e qualcosa non ci faccio caso e proseguo mentre un borbottio di due persone uscite dalla porta del palazzo si allontana dalla direzione opposta. Torna il silenzio e mi concentro sul vapore che esce dal mio naso per via del gelo. Proseguo fino in fondo e mentre faccio due conti pensando che sia il momento giusto per sparire percepisco dei passi dietro di me. Non sono vicinissimi ma comunque qualcuno cammina in modo pacato nella mia stessa direzione e non è saggio smaterializzarmi rischiando che il soggetto sconosciuto svolti l'angolo nel preciso istante in cui sto sparendo sperando di essere sola e nascosta. Sospiro un po' spazientita e appoggio la mano sulla porta grigiastra che trovo alla mia sinistra, mi infilo nella scala di emergenza che porta fin sopra. Col modo brusco in cui ci sono entrata la porta di metallo spesso ha provocato un tonfo abbastanza forte sul muro. Con calma supero tre piani per poi spingere un'altra porta nella completa oscurità e trovarmi sui tetti del palazzo visto poco fa. Mi guardo intorno nel silenzio travagliato solo dal rumore del traffico serale di una Londra di fine gennaio. Mi avvicino al cornicione, mettendo poi le gambe a penzoloni, sfilo la bacchetta e finalmente accendo la sigaretta premurandomi di sistemare il cappuccio sul capo. Non mi nasconde da nessuno ma proteggo la sigaretta da folate di aria di quell'altezza. Inspiro e assaporo a occhi chiudi il gusto per poi aprirli e guardare un pezzo di città luminosa da quell'altezza.
    Fumerò la sigaretta tranquillamente e poi raggiungerò il parco londinese.


    Edited by Anastasya. - 22/1/2022, 22:16
     
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    Il mio tempo di vacanza è finito e ho capito che quei giorni non sono serviti a un cazzo. Ho dovuto far le valigie e tornare a scuola con un sacco di pensieri e problemi in testa. Non avessi aggredito quel dottore a quest'ora starei cento volte meglio. Ma alla fine che ci vuoi fare? Quelli che meritano una lezione alla fine non capiscono niente, quelli che hanno ragione finiscono per avere la fetta di torta avvelenata. Mi è successo proprio questo. Non posso combattere per un anno e tutto questo mi fa stare male perché quello è il mio angolo si sfogo. Per fortuna non mi è stato vietato del tutto di allenarmi, non vorrei mai e poi mai perdere la forma fisica per colpa di questo inconveniente. Prendere a pugni è qualcosa che mi fa sentire vivo, mi sfogo e riesco a sentirmi meglio anche nei momenti più difficili.
    Ne ho passati tanti di momenti difficili, la vita non è mai stata troppo buona con me ed io l'ho sempre presa a pugni in faccia. Sono così, non c'è niente che mi fa paura, non ho voglia di fermarmi perché se mi fermo a pensare ai problemi soffoco, ho bisogno di movimento e di continuo sforzo muscolare per permettere al mio cervello di liberarsi. Per questo appena ho finito il mio lavoro ad Hogwarts sono partito, non ho neanche cenato perché avevo bisogno di mangiare qualcosa di migliore per il mio corpo, per poter allenarmi proprio in tarda serata ed avere quindi le energie giuste e necessarie per l'allenamento. Alla fine il signor Fisk mi ha lasciato le chiavi della palestra, lui mi conosce ormai da anni e sa che può fidarsi di me. Quando smetto di prendere a pugni quel sacco da boxe mi faccio una doccia rinfrescante e metto la tuta pulita, esco tra i vicoli di Londra con lo zaino alle spalle. È mezzanotte passata ormai. Sto tornando verso casa quando scorgo una figura familiare, sembrerebbe.. Vanja? Non è possibile. Quindi a passo felpato mi avvicino sempre più e sono sicuro, deve essere proprio lei e mi chiedo che cosa ci farà a Londra, da sola, a quest'ora. Vorrei chiamarla ma decido di seguirla per capire dove sta andando. All'improvviso sale sul palazzo e la seguo poco dopo. Ma che starà mai facendo? Spingo la porta e salgo i piani pensando che dovrebbe essere proprio sopra il palazzo. Apro la porta e la trovo seduta sul cornicione, sta fumando e lentamente mi avvicino tossicchiando per farmi sentire, non vorrei spaventarla. < Vanja? > chiedo con tono incerto < Sei tu? > mi avvicino e mi abbasso al suo livello piegando le ginocchia, la guardo stupito e con mezzo sorriso sulle labbra. Ora sono sbarbato e le mie espressioni non possono essere nascoste sotto la solita barba, si vede che sono parecchio sorpreso. < Che ci fai qui? Che stai facendo? >
     
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    Il fumo si allontana dalla mia bocca e il puntino rossastro si muove insieme alla mia mano. La città sotto di me è luminosa e nonostante le lucine riconducibili alle auto che sfrecciano di continuo, il rumore rimane lontano e per niente fastidioso. E' ovattato e mi piace ascoltarlo così, mentre inspiro ed espiro concedendomi questo momento di solutine. Poggio il piede destro sul muretto di mattoni e appoggio il mento sul ginocchio sbuffando di nuovo. Un debole sorriso delinea le mie labbra e mi sento stranamente rilassata ad aver visto Ronny oggi. Non gliel'ho detto ma secondo me ha qualche nuova ruga in più in fronte, magari scherzosamente glielo dirò in altra occasione.
    Stringo il filtro e osservo la sigaretta ormai a metà, questa diavoletta mi è mancata e forse non lascerò andare questo vizio tanto in fretta. Non mi concedo altri pensieri che le mie orecchie si tendono ad un rumore inconfondibile: passi che salgono verso l'alto. Se questo posto è controllato da qualcuno o se ho commesso un'effrazione mi leverò di torno ma al momento non mi muovo di un millimetro, le porte non erano sigillate. Sbadataggine del personale o libere sempre, non è di mio interesse, continuo a fumare rimanendo di spalle alla porta metallica da dove sono uscita poco fa. Il vento sposta un ciuffo coprendomi la visuale nell'esatto momento in cui il suono si arresta per far spazio ad un cigolio. Abbiamo visite penso fra me e me inspirando un'altra volta. Mi dondolo leggermente usufruendo della stabilità del ginocchio e penso che se quel qualcuno ha saziato la sua curiosità si leverà di torno abbastanza in fretta senza necessità di avere mezzo dialogo con la sottoscritta.
    I passi vengono verso di me, rimango in ascolto e immobile e solo quando lo sconosciuto tossisce riconosco il tono. Mi irrigidisco rimanendo comunque stupita del fatto che Ethan sia quì, cavolo mi segue? Mi volto appena verso di lui per vederlo chinato sulle caviglie. Ha i capelli umidicci come appena uscito da una doccia e si è fatto la barba per bene. Potrei farti la stessa domanda rispondo secca, se fa attenzione potrebbe notare un leggero sorriso sul mio volto e comprendere che stanotte sto meglio dell'ultima volta che ci siamo visti in Alaska. Agito le dita che tengono stretta la sigaretta. Fumo, non è chiaro? ridacchio. Infine sciolgo il ginocchio e faccio cenno, in modo pacato, di sedersi sul muretto. Guardo fisso davanti a me e poi rispondo alla sua domanda parzialmente. Sono venuta a Londra spiego. A trovare una persona.. piego la testa di lato facendo uscire i boccoli ramati dal cappuccio. Avevo bisogno di vedere Lennox ammetto strizzando leggermente gli occhi conoscendo il fatto che non si piacciono molto. Ho fatto tardi e ho deciso di prendermi dieci minuti in perfetta solitaria prima di tornare con la passaporta. Sì, Ethan, me ne torno in Alaska, non sono "tornata" in Scozia, se è questo quello che stai pensando. Scuoto il capo e mi preparo ad una classica frase delle mie giusto per stuzzicarlo. Ma hey, sembra impossibile chiedere un momento per sè, il Signor De Masi è ovunque!
     
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    Potrebbe farmi la stessa domanda-dice lei, ma sa bene che abito a Londra e piuttosto mi sembra strano vedere lei qui in realtà. Però ci leggo una nota positiva, forse sta per tornare a scuola? Io ancora non l'ho vista tra i corridoi e sono sicuro che non ci sia ancora tornata, continuo a stare in pensiero per lei ma sembra stia meglio o è solo una mia impressione? La vedo fumare e ridacchia mentre si esprime agitando la sigaretta, mi faccio convincere con un solo sguardo e mi siedo affianco a lei senza farmelo ripetere, tolgo lo zaino dalle mie spalle e lo appoggio affianco a me, guardo i palazzi di Londra e da qui si può sentire ancora la confusione che c'è aldilà del ponte, in uno dei centri più notturni di Londra, dove la gente esce e beve con gli amici, si può sentir passare qualche auto e gli schiamazzi di adolescenti ancora in giro per strada. Mi spiega che è venuta a Londra perché aveva bisogno di vedere Lennox. Il mio cuore si agita un po' e mi mordo le labbra cercando di rimanere impassibile, non voglio che sappia tutto quello che è successo, per me è irrilevante che lei lo sappia, non ho bisogno di farglielo sapere per adesso.. No Dillon, sono affari tuoi e di Lennox. Sono convinto che se lui non ci fosse stato quel giorno, sarebbe stato tutto più semplice. Poi mi dico che la mia vita non è mai stata semplice e ormai ci ho fatto l'abitudine. < Ah Lennox. > rispondo sospirando, cercando su farmela passare quella faccia tirata che compare ogni volta che parla di lui. Dopotutto è importante per lei, non posso dire nulla e mi sembra anche giusto che la protegga. < La passaporta? > chiedo voltandomi, la guardo quasi sbalordito. < Sei ancora in Alaska? > stringo le labbra e incrocio le braccia al petto, non sono molto d'accordo ma sospiro cercando di non pensarci, ora guardo di nuovo i palazzi e le luci della città. La sua battuta mi fa spuntare un sorriso. < In realtà mi sei passata davanti sai? È incredibile come ci incontriamo ovunque noi, è sempre stato così. > la guardo con la coda dell'occhio, sta ancora fumando e sorrido lateralmente. < Una volta che ti ho vista ho pensato si seguirti anche per vedere se era vero.. Ed eccoti, sei verissima! > a volte capita di scambiare una persona, ma Vanja diciamo che ha un modo di camminare che ormai ho stampato nel cervello, poi quando ha cominciato a salire su per il palazzo ho capito che solo una testa calda come lei poteva decidere di mettersi con le gambe a penzoloni guardando la città. < Come stai? > sussurro in sua direzione.
     
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    Non risponde alla mia domanda però penso che abbia capito l'istigazione velata nelle mie parole. Prende posto nel muretto ghiacciato al mio fianco e posa dietro a quello lo zaino che portava su una spalla. Che tieni lì dentro? domando incuriosita, mi sporgo allora indietro, proprio al di là della sua schiena per fissare lo zaino troppo gonfio per essere una borsa qualsiasi e poi realizzo. Oh! Non mi dire, sei appena uscito dalla palestra? torno con lo sguardo su di lui alzando un sopracciglio. Ora mi spiego perchè sei semi fradicio borbotto Ma Mr De Masi non ha paura di un raffreddore vero? lo prendo in giro tirando l'ultima boccata dalla sigaretta.
    Esatto.. Lennox ripeto annuendo e sposando i capelli che dal vento mi si appiccicano al volto e devo stare attenta a non ingoiarli mentre parlo. Sembra sorpreso quando parlo di Hyde Park e io annuisco convinta di rimando. Esatto mormoro. Cosa credevi, che tornassi in fretta? Mi chiedo osservandolo in silenzio da sotto il cappuccio, stringo quello con il palmo della mano libera e col dito dell'altra colpisco il mozzicone nel mezzo e lo faccio volare sotto di noi. Soffio fuori il fumo senza colpirlo volontariamente.
    Certo che sono vera! esclamo con una smorfia in sua direzione. E quindi, ti sei allenato finora? penso al neon che si è spento al mio passaggio, ti alleni quì? col mento indico il piano sotto di noi. Non pensavo fosse una palestra.. in verità non ci ho fatto caso, volevo giungere all'angolo buio per andarmene. Ma.. qualcuno e lo guardo strizzando l'occhio. Ha alterato i miei piani mh?
    Dillon che si allena fino a notte fonda, in una palestra londinese. E che razza di specialità sarebbe la sua? Si allena come Ellie col sacco? Io di queste cose non so nulla, iniziasse a parlarmene non ci capirei niente fino a che non mi fa vedere con gli occhi cosa intende. Dillon che si allena col sacco.. Dillon che si allena. Dillon che sud.. Sento un colpo di tosse nella mia testa. Va bene, va bene, V. Adesso rimani focalizzata su ciò che stavate dicendo. Mantieni il controllo.
    Mi domanda come sto e metto da parte il tono scherzoso che stavo usando. Sto pensando di esserci quasi.. ammetto infilando le mani in tasca del giubbotto, un brivido di freddo mi percorre la schiena e assaporo con grandi deglutizioni il gusto del tabacco che è rimasto sulla lingua. Insomma, uscire mi fa bene faccio spallucce. Essere venuta a Londra dopo tanto tempo.. è stato liberatorio ammetto. La forza di ricominciare risiede dentro di noi lo ripeto ormai come un mantra e lui sono sicura che ne gioirebbe se lo ripetessi ad alta voce. Tu piuttosto? domando infine per circostanza, in verità non sono solita chiedere di rimando come stanno gli altri, cosa raccontano, come gli va. Sono fatta così e una volta risposto ad una domanda non sento quasi mai la necessità di rimandarla al mittente.
     
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    Qui? metto una mano sullo zaino e la vedo belle incuriosita Proprio così, sono uscito dalla palestra e lì ci sono i miei guantoni da boxe! apro la cerniera e ne esco uno fuori per farglielo vedere, sorrido felice quasi come un bambino. Sono un pugile nato Vanja, non te l'avevo mai detto? forse dal mio fisico si può intuire qualcosa, anche se non ho tantissima voglia di affrontare la cosa più da vicino. per adesso sono fermo e quindi fa male, fa male doversi scaricare solo su di un sacco e non poter sfidare un uomo a pugni. E' frustrante per me. Chissà cosa starà facendo Caterina con le pratiche dei documenti, chissà se riuscirà a farmi togliere questo limite. Prima che prendo un raffreddore io passeranno anni. rido e mi rendo conto che è molto tempo che non prendo un raffreddore, ci sono abituato a sudare e di solito tengo la maglietta anche quando fa abbastanza freddo, dentro di me ho praticamente un camino, un fuoco in continuo fermento. E' con questo fuoco che ora la sto guardando, i suoi capelli rossi che volano col vento, la sua pelle chiara, il suo sorriso. Mi passo una mano sulle labbra strapazzandole mentre mi dice che è vera, guardo davanti a me le luci della città e cerco di concentrarmi su quelle. Mi alleno qui, esattamente.. il tizio mi ha pure lasciato le chiavi perchè si fida di me. tocco la tasca della mia tuta e provoco un rumore con le chiavi. Mi volto a guardarla con un sorriso costante sulle labbra. Ho alterato i tuoi piani. confermo mordendomi le labbra, rimango a fissarla in silenzio per qualche secondo mentre diventa seria e mi spiega che venire qui a Londra la fa sentire meglio. Penso che un po' di città ti fa stare meglio, ascoltare il casino a volte e terapeutico sai? non sempre il silenzio aiuta.. solo fino ad un certo punto. guardo la città Londra è una città caotica ma affascinante, così.. elegante. mi chiede come sto e rispondo subito guardandola. Sto bene grazie. rimango qualche secondo in più a fissarla
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    forse sono un po' troppo pensieroso e dopo qualche secondo inclino la testa e il mio sguardo interrogativo la scruta. Sai non mi capita tutti i giorni che qualcuno mi chieda come sto. Poi ti incontro per caso, arrivi tu praticamente dal nulla e sembra che.. sai, sembra che ci capiamo al volo o è solo una mia impressione? è un pensiero che stavo facendo, perchè improvvisamente è diventato parola? scuoto la testa agitando la mano. Dai lascia perdere, ti stavo parlando di quanto sia bella Londra.. i suoi occhi sono così belli, la sua pelle... non ci pensare, diomio. Mi faccio solo un po' più vicino, con il dito indico un grattacielo. London Bridge Tower, inaugurato nel duemiladodici .. riflette tutte le luci della città.. lo sai che.. mi fermo improvvisamente mentre continuo a guardarla. cazzo fai Dillon?. Mi avvicino sporgendomi verso di lei e sussurro. A volte ci mettono dentro delle... luci... che.. sono speciali.. con le mani afferro la sua giacca e la tiro a me, all'improvviso e con forza. La bacio, ma non è un bacio soffice. E' un cazzo di bacio come si deve perchè basta, non ce la faccio più a fare l'amico stupido, io voglio quelle labbra e averla incontrata di nuovo per caso ha acceso una luce dentro di me. Premo contro le sue labbra stringendo forte la sua giacca, per non lasciarla scappare. Voglio che risponda al bacio e la lingua la cerca, quasi con violenza, le mani salgono sul suo cappuccio e lo abbasso, immergo le mani tra i suoi capelli e la tengo salda a me. Sono disposto a prendermi un ceffone ma è lei che voglio.
     
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    Ah, boxe, ma che cosa è una moda? Prima Logan, poi El, adesso Dillon. Deve essere parecchio interessante come sport per farlo in tanti. Solo io l'unica che non sente un gran interesse per il sacco e i guantoni? No vabbè un certo interesse forse ce l'ho, non esattamente nelle azioni, nè nel sacco da boxe in se.. ma in chi lo fa. Tipo adesso, dovrei chiedergli qualcosa a riguardo se non fosse che.. Sono un pugile nato spiega ed è meglio così che inizia a parlare sennò la mia mente corre e partorisce di tutto tranne che un discorso pulito. Schiarisco la voce per non sembrare troppo assorta nei miei pensieri. Non ricordo se me lo avevi già detto faccio spallucce e al momento devo solo infilarmi un discorso normale senza destare sospetti per quanto riguarda il mio silenzio e pensieri del tutto poco "sani". Quindi medico legale, bibliotecario, pugile.. mi tocco il mento con la mano libera accentuando il fatto che è tutto parecchio strano e incongruente perchè sia vero ma lo è sul serio! Sicuramente tutti si spetterebbero che Dillon De Masi nasconda tutto questo no? aggiungo con sarcasmo. Scuoto il capo divertita e penso a quella sera in cui me la stavo svignando nel corridoio della Torre dei Corvonero e mi ha colta il flagrante. Che altri segreti hai Ethan?
    Scherza su sulla mia istigazione di poco prima, ora che si ammala passerà del tempo. Domani ti riderò addosso se sei a letto con la febbre ridacchio tirando su la zip più che posso perchè il freddo sta penetrando entro il giubbotto.
    Continua a parlare e spiega che ho fatto centro, la palestra è proprio quì sotto e pare un assiduo frequentatore per essersi conquistato la fiducia del proprietario che gli ha affidato una copia di chiavi. Annuisco mentre lo ascolto, si dilunga in un discorso che all'inizio pare banale poi diventa più serio di come credevo. Mi dice che sta bene e velatamente mi ringrazia per averglielo chiesto. Vorrei voltarmi verso di lui e dirgli che non è come crede, che l'ho domandato perchè è quì, non mi verrebbe da scriverglielo su una pergamena per capirci. Sai, sembra che ci capiamo al volo o è solo una mia impressione? guardo davanti a me, concentrandomi senza successo su un gruppetto di luci che sembrano disegnare un tetto di un edificio a più piani in lontananza. Mi irrigidisco all'istante e ruoto il capo lentamente verso di lui fissandolo con ampi occhi grigi. Dove vuoi arrivare..? riesco a mormorare in sua direzione. Oh, ti prego, Dillon, non sono fatta per questi discorsi, per queste cose.. penso fra me mordendomi il labbro e mettendo su una faccia piuttosto seria e protettiva. Scuote la testa, si riprende facendo un gesto con la mano e lascia morire il discorso. Già.. Londra lo incalzo deglutendo con fatica e tornando a fissare le luci colorate sotto e distanti da noi. Ondeggio i piedi al vento gelato che soffia piano sulle gambe.
    Dillon sembra allacciarsi al discorso della cittadina londinese per cercare di non creare altro imbarazzo tra di noi e ho capito che per uscirne lui parla a differenza mia; lui riesce meglio di me a mascherare le cose che la mente preme di dire . Solitamente io mi rizzo con la schiena, rimango immobile, smetto di parlare e mi chiudo a riccio e l'unica cosa che mi viene bene è fuggire oppure litigare in qualche modo. Una caratteristica che non è di certo un vanto è quella di infastidire l'altro a tal punto da aizzarlo al litigio, rigirando la frittata come meglio riesco affinchè sia colpa sua o si senta molto in colpa. Diavolo fatto donna? In verità è una tattica orribile che ormai uso da secoli, per allontanare le persone nel peggiore dei modi. Sai V, alle volte basterebbe congedarsi con educazione e ammettere che non è pronti o si ha di che parlare. Cazzo, vorrei davvero riuscirci ma anche impegnandomi per farlo non ci riesco, allontano, rovino e basta.
    Si fa più vicino con un saltello del sedere, non ci do granchè bado infine gesticolando e parlottando è quasi ovvio che una persona non sta fissa sul posto, soprattutto quando fa un freddo del genere. Unisco le mani per sfregarle poi con il chiaro intento di riscaldarle come meglio riesco. Si è messo a parlare della London Bridge Tower, lo sto ascoltando un po' ma anche no, infine la mia testa è piena di questi pensieri ossessivi: te ne devi andare V, adesso e non indugiare troppo. Penso a questa cosa da mettere in pratica ma rimando confusamente quando mi sta guardando da più vicino. Le luci mormoro senza sapere quello che dico osservando i suoi occhi celesti. Mettono.. le luci..? chiedo prima che sia troppo tardi. Merda. Cazzo. Ma porca putt.. non reagisco come invece poco prima mi sono promessa di fare. Rimango immobile sentendo le sue labbra incollarsi alle mie dapprima con delicatezza, tastano la bocca come se fosse una cosa fragile. Sento la giacca tirare verso di lui, sono troppo impegnata a farmi mille pensieri sul suo gesto, maledicendolo ma volendolo nello stesso istante per oppormi. Addosso la mia fronte alla sua involontariamente e credo di perdere il controllo di me. In verità per qualche manciata di minuti succede: la mia lingua cerca la sua, il cappuccio scema dalla mia testa, le sue mani si infilano nei miei capelli e di rimando la mia mano destra si appoggia sul suo giubbotto poco sotto al mento. La mente ha il sopravvento sulle emozioni e desideri, uno dei miei difetti più grandi. Stiro il palmo che mi teneva ancorata a lui, allontanandolo indietro con forza. S-smettila.. sussurro con un viso che è tutto un programma e che in qualche modo nasconde una certa amarezza per aver compiuto quel gesto, decisamente forzato rispetto quello che desidero in verità. I-io.. forse è meglio che vada. Ruoto sulla mia seduta e metto i piedi sopra al cemento che riveste il piano dove siamo, Tossisco e mi schiarisco la voce chiudendo la zip del giubbotto. Sono tesa e nervosa, così tanto da desiderare un'altra sigaretta prima di scendere le scale di sicurezza. Potrei anche smaterializzarmi ora, chi me lo impedisce? Uso la bacchetta per accendere la sigaretta già infilata nelle labbra. Gli do le spalle e inspiro forte per prendere il controllo sulla situazione, compio dei passi verso la porta di ferro e mi volto poco prima di arrivarci. Tengo la sigaretta fra due dita della destra, soffio fuori il fumo e mi volto verso di lui, studiandone il contorno ancora sul termine del tetto. Appoggio la schiena sul muro gelato e rimango lì a fumare osservandolo in silenzio. Non spiaccico parola ma intendo rendere noto che non sono infuriata, sto solo tenendo testa alla promessa che mi sono fatta. Cala un silenzio mostruoso fra di noi, mi domando se ha qualcosa da dire o se accetta che me ne vado ora, perchè al termine della sigaretta non aspetterò un secondo in più, scomparirò verso Hyde Park.
     
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