Bad habits

Quando il destino si mette in mezzo...

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  1. .Dorian.
     
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    Estate 1989


    Avere diciassette anni nella Dublino della fine degli anni '80 era come sentire il mondo intero nel palmo della mia mano, stretto tra le mie dita e le stringhe della mia inseparabile chitarra, dove potevo trasformarlo in note, cantarlo e plasmarlo a mio piacimento: le ragazze impazzivano, i cacciatori di talenti alla ricerca di novità musicali erano in agguato dietro le quinte - solitamente un vecchio ripostiglio sul retro di qualche pub - gli acidi mi avvelenavano corpo e anima... E tutto era perfetto.
    Mi sentivo quasi in colpa ad essere così felice, finalmente padrone della mia vita, all'indomani di un diploma stiracchiato per mantenere le apparenze in un'alta società di cui non mi era mai importato un accidente, quando Susan soffriva così.
    Dovevo tutto a lei e agli agganci che aveva trovato per me non appena si era trasferita qui a Dublino per frequentare il Trinity; era merito suo se avevo finalmente lasciato l'antro maleodorante della mia cameretta e degli ubriaconi del pub locale di Wicklow per suonare i miei primi accordi nel fermento di Dublino.
    A nostro padre non fregava niente di me, di cosa ne sarebbe stato del mio futuro, di cosa avrei fatto della mia vita, per questo durante quell'estate ero libero di sparire da casa anche per giorni interi, suonare fino a notte fonda e trascorrere le mie mattinate a smaltire la sbornia e gli allucinogeni in qualche squallido appartamento di chissà chi. Mi sentivo come Freddy Mercury e David Bowie, damnù, anche se ero solo Dorian Killough.
    Se non altro, ero riuscito a presentare a Susan un tizio che da qualche mese faceva coppia con me e suonava la batteria, anche se ero pressoché certo che non avrebbero combinato un bel niente. Anzi, nel profondo speravo che la mia sorellona si rendesse conto che essere dei ragazzacci non implicava necessariamente avere il cervello, la passione e la profondità del carattere di Anthony, ammesso che io avrei mai capito cosa diamine fosse successo tra quei due. Speravo solo che lei la facesse finita con le questioni di principio e lo perdonasse, qualunque fosse la sua colpa, perché se c'erano due persone al mondo destinate a stare insieme, per quanto l'idea mi facesse salire i conati di vomito dalla dolcezza, erano proprio Susan ed Anthony.
    Invece lei aveva deciso di troncare con lui da quasi un anno, anche se io potevo giocarmi la chitarra e la vita sul fatto che lo amasse ancora, anche perché era piuttosto difficile liberarsi della presenza del montanaro della Contea, dato che continuava a spuntare nella sua vita ogni volta che lei era sul punto di dimenticarlo: un'ottima strategia, non c'era che dire, anche se mia sorella stava da cani e io trascorrevo con lei ogni momento in cui non fosse intenta a starsene china su quei libroni dell'università.
    Dai, vieni, che ti costa? Sì, c'è anche Susan con le sue amiche, ma che c'entra? Pensi davvero che tra Susan e Benny possa durare? Lei ci esce solo per spassarsela un po' ma non si fa toccare con un dito, te lo dico io, pensa solo a te. E poi che cazzo, O'Toole, sei mio amico o avere nelle grazie il fratellino della tua bella era solo una strategia per fartela dare in scioltezza? Stasera è una serata importante, siamo al The Mezz, sai che vuol dire? Lo sai? Ci hanno suonato gli U2! Come sarebbe "Chi cazzo sono?" ?! A volte mi sembra che tu viva su un altro pianeta... Ok, vieni e basta, cominciamo alle nove, se mi dai buca puoi anche andare a farti fottere quel culo sodo da taglialegna!
    Non so se lo avevo convinto, ma almeno avevo provato a scrollare dalle spalle di Anthony quella polverosa aura da sfigato innamorato, perché aveva ventun anni e il mondo ai suoi piedi esattamente come me!
    La serata si preannunciava elettrica, i giovani turisti e le giovani turiste si riversavano sul quartiere del Temple Bar come un fiume che affiancava le tranquille acque del Liffey, trasportando con sé una vitalità elettrica che mi accendeva di adrenalina così come la punta della mia canna si accendeva ad ogni tiro.
    Andiamo a far ballare un po' di gente! esclamai con un ghigno al resto della band, mentre il mozzicone si tuffava nel tombino e la schiena si staccava dal muro esterno del pub ricoperto di murales.
    La serata fu più che intrattenimento, fu una comunione di anime e corpi tormentati che si muovevano all'unisono, uniti dallo stesso filo rosso di dolore e voglia di riscatto.
    Nella chitarra che facevo ululare riversavo ogni singola emozione, mi nutrivo degli applausi e mi caricavo dell'alchimia scaturita dall'improvviso legame tra quel branco di sconosciuti e la mia musica.
    Non mi sarei mai abituato a questa sensazione, damnù, era tutto ciò che placava la mia fame di vita e di avventura, in uno schema ripetitivo eppure mai uguale.
    Stacchiamo per dieci minuti, gente, non ve ne andate! gorgogliai a metà serata sul microfono, un attimo prima di sfilarmi la maglietta madida per infilarne una di ricambio, una delle tante dei Led Zeppelin di almeno tre taglie più grande.
    Saltai giù dal palco e mollai Benny al suo destino con Susan e le sue amiche del Trinity, deciso a cercare Anthony... Che sembrava sparito chissà dove.
    Ehi Joe, fammi due pinte, per piacere!
    Andava sempre così, durante le pause: scolavo una pinta di Guinness o di Kilkenny ghiacciata e offrivo la seconda alla sconosciuta o allo sconosciuto di turno, mi infilavo prepotentemente nella sua vita con la loquacità del cantastorie a caccia di nuove idee da raccontare, perché la mia musica nasceva dalle esistenze delle persone che incontravo... E le mie avventure finivano spesso tra le loro lenzuola, anche se non era di questo che mi importava maggiormente.
    Certo, se le cose fossero andate così con la brunetta che esitava in piedi vicino alla porta del locale, incerta se fermarsi o meno, non mi sarebbe dispiaciuto affatto, considerato quanto fosse carina. Sicuramente si trattava una turista di quelle che non avevano la più pallida idea di dove fossero capitate e perché, che si era avventurata nella zona del Temple Bar senza sapere molto bene cosa aspettarsi ed era entrata nel primo pub che aveva attirato la sua attenzione spinta unicamente dalla curiosità. Ne capitavano a decine, di quelli che non trovavano posto al Temple Bar e ripiegavano altrove un po' a casaccio.
    Sarei stato davvero un coglione a farla uscire da lì con la convinzione che, al The Mezz, non ci fosse niente di interessante.
    Permesso, permesso, permessoooo... Ehi, stronzo, ho detto "permesso", fammi passare! Ecco qua... Benvenuta a Dublino, scommetto che è la prima volta che vieni da queste parti. Bevi questa, così magari hai un motivo per restare, come al The Mezz non la spillano da nessun'altra parte, qui in città! porsi la birra alla ragazza e sfoggiai il mio sorriso migliore, un attimo prima di scolarmi una lunga sorsata della mia pinta scura.
    Giuro che non ci ho sputato dentro e non ci ho messo neanche roba strana! Io qui ci lavoro, se faccio il cretino mi arrestano... La prima pinta è in omaggio, se poi in questi dieci minuti ti do un motivo per restare beh, le prossime dovrai pagarle!
    Terapia d'urto, o si metteva a ridere, o storceva il naso, girava i tacchi e se ne andava altrove... Se fosse appartenuta a questa seconda categoria, di sicuro non mi sarei perso granché.
     
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3 replies since 16/1/2022, 17:12   125 views
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