Bad habits

Quando il destino si mette in mezzo...

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    Estate 1989


    Avere diciassette anni nella Dublino della fine degli anni '80 era come sentire il mondo intero nel palmo della mia mano, stretto tra le mie dita e le stringhe della mia inseparabile chitarra, dove potevo trasformarlo in note, cantarlo e plasmarlo a mio piacimento: le ragazze impazzivano, i cacciatori di talenti alla ricerca di novità musicali erano in agguato dietro le quinte - solitamente un vecchio ripostiglio sul retro di qualche pub - gli acidi mi avvelenavano corpo e anima... E tutto era perfetto.
    Mi sentivo quasi in colpa ad essere così felice, finalmente padrone della mia vita, all'indomani di un diploma stiracchiato per mantenere le apparenze in un'alta società di cui non mi era mai importato un accidente, quando Susan soffriva così.
    Dovevo tutto a lei e agli agganci che aveva trovato per me non appena si era trasferita qui a Dublino per frequentare il Trinity; era merito suo se avevo finalmente lasciato l'antro maleodorante della mia cameretta e degli ubriaconi del pub locale di Wicklow per suonare i miei primi accordi nel fermento di Dublino.
    A nostro padre non fregava niente di me, di cosa ne sarebbe stato del mio futuro, di cosa avrei fatto della mia vita, per questo durante quell'estate ero libero di sparire da casa anche per giorni interi, suonare fino a notte fonda e trascorrere le mie mattinate a smaltire la sbornia e gli allucinogeni in qualche squallido appartamento di chissà chi. Mi sentivo come Freddy Mercury e David Bowie, damnù, anche se ero solo Dorian Killough.
    Se non altro, ero riuscito a presentare a Susan un tizio che da qualche mese faceva coppia con me e suonava la batteria, anche se ero pressoché certo che non avrebbero combinato un bel niente. Anzi, nel profondo speravo che la mia sorellona si rendesse conto che essere dei ragazzacci non implicava necessariamente avere il cervello, la passione e la profondità del carattere di Anthony, ammesso che io avrei mai capito cosa diamine fosse successo tra quei due. Speravo solo che lei la facesse finita con le questioni di principio e lo perdonasse, qualunque fosse la sua colpa, perché se c'erano due persone al mondo destinate a stare insieme, per quanto l'idea mi facesse salire i conati di vomito dalla dolcezza, erano proprio Susan ed Anthony.
    Invece lei aveva deciso di troncare con lui da quasi un anno, anche se io potevo giocarmi la chitarra e la vita sul fatto che lo amasse ancora, anche perché era piuttosto difficile liberarsi della presenza del montanaro della Contea, dato che continuava a spuntare nella sua vita ogni volta che lei era sul punto di dimenticarlo: un'ottima strategia, non c'era che dire, anche se mia sorella stava da cani e io trascorrevo con lei ogni momento in cui non fosse intenta a starsene china su quei libroni dell'università.
    Dai, vieni, che ti costa? Sì, c'è anche Susan con le sue amiche, ma che c'entra? Pensi davvero che tra Susan e Benny possa durare? Lei ci esce solo per spassarsela un po' ma non si fa toccare con un dito, te lo dico io, pensa solo a te. E poi che cazzo, O'Toole, sei mio amico o avere nelle grazie il fratellino della tua bella era solo una strategia per fartela dare in scioltezza? Stasera è una serata importante, siamo al The Mezz, sai che vuol dire? Lo sai? Ci hanno suonato gli U2! Come sarebbe "Chi cazzo sono?" ?! A volte mi sembra che tu viva su un altro pianeta... Ok, vieni e basta, cominciamo alle nove, se mi dai buca puoi anche andare a farti fottere quel culo sodo da taglialegna!
    Non so se lo avevo convinto, ma almeno avevo provato a scrollare dalle spalle di Anthony quella polverosa aura da sfigato innamorato, perché aveva ventun anni e il mondo ai suoi piedi esattamente come me!
    La serata si preannunciava elettrica, i giovani turisti e le giovani turiste si riversavano sul quartiere del Temple Bar come un fiume che affiancava le tranquille acque del Liffey, trasportando con sé una vitalità elettrica che mi accendeva di adrenalina così come la punta della mia canna si accendeva ad ogni tiro.
    Andiamo a far ballare un po' di gente! esclamai con un ghigno al resto della band, mentre il mozzicone si tuffava nel tombino e la schiena si staccava dal muro esterno del pub ricoperto di murales.
    La serata fu più che intrattenimento, fu una comunione di anime e corpi tormentati che si muovevano all'unisono, uniti dallo stesso filo rosso di dolore e voglia di riscatto.
    Nella chitarra che facevo ululare riversavo ogni singola emozione, mi nutrivo degli applausi e mi caricavo dell'alchimia scaturita dall'improvviso legame tra quel branco di sconosciuti e la mia musica.
    Non mi sarei mai abituato a questa sensazione, damnù, era tutto ciò che placava la mia fame di vita e di avventura, in uno schema ripetitivo eppure mai uguale.
    Stacchiamo per dieci minuti, gente, non ve ne andate! gorgogliai a metà serata sul microfono, un attimo prima di sfilarmi la maglietta madida per infilarne una di ricambio, una delle tante dei Led Zeppelin di almeno tre taglie più grande.
    Saltai giù dal palco e mollai Benny al suo destino con Susan e le sue amiche del Trinity, deciso a cercare Anthony... Che sembrava sparito chissà dove.
    Ehi Joe, fammi due pinte, per piacere!
    Andava sempre così, durante le pause: scolavo una pinta di Guinness o di Kilkenny ghiacciata e offrivo la seconda alla sconosciuta o allo sconosciuto di turno, mi infilavo prepotentemente nella sua vita con la loquacità del cantastorie a caccia di nuove idee da raccontare, perché la mia musica nasceva dalle esistenze delle persone che incontravo... E le mie avventure finivano spesso tra le loro lenzuola, anche se non era di questo che mi importava maggiormente.
    Certo, se le cose fossero andate così con la brunetta che esitava in piedi vicino alla porta del locale, incerta se fermarsi o meno, non mi sarebbe dispiaciuto affatto, considerato quanto fosse carina. Sicuramente si trattava una turista di quelle che non avevano la più pallida idea di dove fossero capitate e perché, che si era avventurata nella zona del Temple Bar senza sapere molto bene cosa aspettarsi ed era entrata nel primo pub che aveva attirato la sua attenzione spinta unicamente dalla curiosità. Ne capitavano a decine, di quelli che non trovavano posto al Temple Bar e ripiegavano altrove un po' a casaccio.
    Sarei stato davvero un coglione a farla uscire da lì con la convinzione che, al The Mezz, non ci fosse niente di interessante.
    Permesso, permesso, permessoooo... Ehi, stronzo, ho detto "permesso", fammi passare! Ecco qua... Benvenuta a Dublino, scommetto che è la prima volta che vieni da queste parti. Bevi questa, così magari hai un motivo per restare, come al The Mezz non la spillano da nessun'altra parte, qui in città! porsi la birra alla ragazza e sfoggiai il mio sorriso migliore, un attimo prima di scolarmi una lunga sorsata della mia pinta scura.
    Giuro che non ci ho sputato dentro e non ci ho messo neanche roba strana! Io qui ci lavoro, se faccio il cretino mi arrestano... La prima pinta è in omaggio, se poi in questi dieci minuti ti do un motivo per restare beh, le prossime dovrai pagarle!
    Terapia d'urto, o si metteva a ridere, o storceva il naso, girava i tacchi e se ne andava altrove... Se fosse appartenuta a questa seconda categoria, di sicuro non mi sarei perso granché.
     
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    "No, no Verni, scordatelo, io non ci vengo con te" furono quelle le ultime parole famose che la giovane Every Westwood riuscì a rivolgere alla sorella maggiore, con tanto di braccia conserte e broncio d'ordinanza mentre veniva letteralmente trascinata nella stanza che condividevano per quelle vacanze estive. Quando suo padre aveva annunciato che, per festeggiare il diploma della sua secondogenita, si sarebbero concessi una settimana in Irlanda, aveva pensato che le cose non potessero andare peggio con il rischio di incontrare Anthony in uno dei giorni in cui anche Steve li avrebbe raggiunti, ma non aveva fatto i conti con la voglia di Vernita di festeggiare prima delle nozze con Bill. Every proprio non riusciva a comprendere come potesse anche solo pensare che, passare mesi come in un infinito addio al nubilato, fosse una cosa normale, le voleva un mondo di bene e non la voleva giudicare, ma non era capace di condividere tutta la sua libertà e, soprattutto, non voleva affatto essere complice dei suoi tradimenti.
    "Smettila di fare la lagna, c'è una nuova band che voglio andare a sentire al locale in centro... mi è stato riferito che il loro batterista ci sappia fare con le mani... - lo sguardo che Vernita rivolse alla sorella minore era eloquente, come al solito quella serata non sarebbe stata una tranquilla serata fra sorelle, sarebbe stata l'ennesima occasione per Vernita per divertirsi mentre Every rimaneva in un angolo ad ignorare chiunque, troppo timida anche solo per ricambiare un saluto - e mettiti un vestito decente che sembri appena uscita da un convento'' furono queste le ultime parole, accompagnate da un sospiro della giovane Westwood ormai abituata ai commenti della sorella, mentre l'abbandonava dirigendosi in solitaria al pub.
    "Vernita, aspetta... Vernita!'' troppo tardi. Every rimase praticamente a bocca aperta a fissare la porta della camera ormai chiusa, come sempre sua sorella non si era fatta per niente scrupoli a commentare il suo modo di essere e di vestire lasciandola poi in balia dei propri pensieri, dei propri sentimenti brutalmente feriti. In fondo sapeva che non era cattiva, ma certe volte sembrava che lo facesse apposta, che ci provasse gusto a scorgere la delusione e la tristezza sul suo viso e questo le impediva di essere completamente se stessa, di essere genuina quando era in sua compagnia. Avrebbe tanto voluto essere diversa Every, essere la persona che tutti si aspettassero che fosse alla sua giovane età, più spregiudicata, più festaiola, meno pudica, meno crocerossina, avrebbe voluto, in pratica, essere semplicemente meno ''Tassorosso''. C'erano giorni in cui si guardava allo specchio e la persona che vedeva riflessa non le piaceva affatto, comprendeva il motivo per cui tutti usassero apostrofarla col nome della propria casata come se fosse il peggiore degli insulti, si era legata a doppio filo in una relazione che iniziava a farle male, a stringerle come un cappio al collo già ben consapevole, anche se ancora non ne aveva le prove, che la loro relazione non era destinata a durare, che lei lo avrebbe perdonato milioni di volte mentre Stephen Harris avrebbe continuato imperterrito a spezzarle il cuore. Già stava accadendo, l'animo libertino del Grifondoro aveva già preso il sopravvento sulla sua voglia di provare a mantenere una relazione monogama, anche se lei ne era ancora completamente all'oscuro. Povera anima pura, quanto male avrebbe dovuto ancora accettare. Presa dalla voglia di cambiamento si tolse l'abito nero tanto criticato da sua sorella per indossare la cosa più colorata presente nella sua valigia, per l'uscita con Steve di quel weekend avrebbe optato per altro, e si dedicò al trucco più stravagante che il suo viso avesse mai visto usando, addirittura, il piegaciglia!
    E fu con questa nuova e travolgente voglia di divertirsi che varcò la soglia di quello che, almeno sulla carta, sembrava il locale in cui l'aspettava Vernita. Ok, un bel respiro, c'era molta più gente di quel che si aspettava, la musica era molto più alta ed i boccali di birra sembravano non essere mai vuoti, poteva ben giurare di non aver visto nemmeno un bicchiere d'acqua o anche solo di succo di frutta così come di non riuscire a scorgere minimamente la figura di sua sorella fra la folla di persone che ridevano e ballavano vicino al palco su cui sembrava appena essersi esibito qualcuno, forse il famoso batterista si era già appartato con la biondissima Westwood. Se c'era una cosa che Every non sopportava era rimanere in un angolo a reggerle la candela, stava quasi per girare i tacchi ed uscire dal locale maledicendo la stupida idea di indossare un vestito degno di una delle protagoniste dei video musicali di Prince, quando una voce attirò la sua attenzione. Si guardò attorno Every quasi a domandarsi se il ragazzo, che ad una prima occhiata sembrava avere più o meno la sua età, potesse davvero avercela con lei, se quel boccale di birra non fosse per qualche bella ragazza alle sue spalle.
    "Dici a me? - chiese la mora, decisamente perplessa, nessuno le aveva mai offerto niente! - Oh no, grazie, mi spiace deluderti ma non bevo'' gli sorrise, di uno di quei suoi sorrisi spontanei e caldi come una giornata di primavera arrossendo lusingata.
    "Anche se credo di non essere esattamente nel posto giusto per non bere alcolici'' rise arricciando leggermente il naso alla sua battuta, nessuno aveva mai flirtato con lei e non sapeva dire se il ragazzo lo stesse facendo o se, questo pensava ingenuamente, fosse solo un modo per essere gentile visto che era un dipendente del locale, ma almeno era simpatico.
    "In realtà sto cercando mia sorella, mi ha costretta ad uscire per andare a sentire una band ma senza darmi l'indirizzo esatto... forse l'hai vista'' ed era veramente difficile non notare Vernita Westwood in tutta la sua prorompenza
    "E' alta un chilometro, occhi azzurri, un bel seno, un vestito cortissimo addosso, lunghi capelli biondi... insomma, prendi me ed immagina tutto il contrario!'' spesso infatti si era domandata come potessero essere veramente sorelle, cosa le rendesse simili, almeno Cressida e Castiel avevano gli stessi occhi azzurri... ma lei? Suo padre diceva che era la copia di sua nonna materna che, dalle foto che aveva visto era bellissima, ma Every non sapeva se crederci, le sembrava una scusa per darle coraggio anche perchè lei sentiva spesso la più bruttina di casa.
    "E' venuta per un batterista che, a suo dire, sa usare mooooolto bene le mani, forse lo conosci...Anche se non nel modo in cui intende mia sorella!'' per qualche strano motivo si sentiva quasi più simpatica del solito, forse i fumi di erbe strane che stava respirando o i vapori dell'alcool, o forse semplicemente il ragazzo le trasmetteva tranquillità.

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    Il mio essere un quattrocchi, che celava gli occhi turchesi dietro due fondi di bottiglia contornati di nero, era parte di me al pari della mia zazzera rossa perennemente spettinata, o del dono di imprimere l'anima nelle dita che stringevano le stringhe di qualsiasi chitarra mi capitasse a tiro, trasformandola in musica.
    Damnù, ero miope dalla nascita e portavo gli occhiali già ai tempi dell'asilo, ma ormai mi ci ero abituato, facevano di me un personaggio con grande stile, erano una sorta di marchio di fabbrica! Dorian Killough? Sì, lui, quel pazzo alternativo con gli occhiali da secchione che lo fanno sembrare un bravo ragazzo, ma ti ingannano come le piante carnivore ingannano con i loro fiori colorati le povere mosche ignare.
    Appunto, però... Ero miope, mica strabico, per questo mi fece sorridere la sorpresa della ragazza che, anche quando mi trovavo a meno di un metro da lei e la stavo inequivocabilmente guardando, in un primo momento credeva che mi stessi rivolgendo ad un'altra persona.
    Dovevamo essere più o meno coetanei, ma aveva un'aria così dolce ed ingenua che non mi andava proprio di comportarmi come la famosa pianta carnivora bastarda solo per il gusto di papparmela. Oh, sarebbe stata un pasto niente male, ma si vedeva al volo che lei non era una di quelle che sarebbero state al gioco e io non ero uno stronzo di quel tipo, mi divertivo solo con chi ci sarebbe stata e aveva la stessa voglia.
    Una come la sorella di cui mi stava parlando, probabilmente.
    All'inizio ero rimasto un po' interdetto dalle sue parole, voglio dire... Che cazzo ci fai in un pub del quartiere di beoni più famoso del mondo, se sei astemia?
    Senza contare che mi sentivo un vero imbecille, adesso, con in mano la mia birra e quella che lei non avrebbe bevuto, era la prima volta che mi capitava di conoscere qualcuno che non volesse assaggiare alcolici in un locale come questo.
    Per fortuna se lo era detto anche da sola, anche perché le mie sopracciglia sollevate e la mia espressione divertita avevano già parlato abbastanza senza che infierissi ulteriormente con una battuta idiota.
    Sì beh, sai risi a mia volta mentre mi guardavo intorno alla ricerca di un vassoio su cui posare la mia pinta di troppo E' un po' come se un frate entrasse in un night club.
    La risposta alla domanda "E allora cosa ci fai qui?" arrivò ancora prima che riuscissi a porre la domanda.
    Guarda, se avessi visto una così di sicuro me ne sarei accorto! Peccato che di solito con quel genere di ragazza non si batte chiodo. Cioè, non voglio dire che con te lo batterei, eh mi affrettai subito a chiarire.
    Cielo, che cretino!
    Però quanto meno non mi guardi dall'alto in basso come un appestato e come di solito fanno queste strafighe, che quando vengono a sbronzarsi qua non puntano certo al pel di carota con gli occhiali e i tatuaggi. le sorrisi stringendomi nelle spalle, abbassando lo sguardo sugli avambracci già in parte rivestiti d'inchiostro colorato. Ne andavo fiero, come di tutte le cose che facevano imbestialire mio padre e la sua schiera di lacchè ricchi, ipocriti e snob.
    Che è un po' il genere del batterista che suona nel mio gruppo, quindi non penso che la tua biondissima sorella popputa sia con lui, anche perché se ne starebbe vantando almeno da una settimana! E poi in questo momento esce con mia sorella... E detto tra me e te, sta solo perdendo tempo. le confessai arricciando le labbra in una smorfia. No, sicuramente la splendida sorella di questa brunetta non aveva mai messo piede al The Mezz.
    Però che dire... Se proprio vuoi andare a cercarla, forse devi cambiare pub. Altrimenti puoi restare e ascoltare una canzone, tanto se quel tizio sa usare così bene le mani non penso che siano così impazienti di averti lì, a meno che non dobbiate fare una cosa a tre.
    Rabbrividii al solo pensiero di un rapporto plurimo e incestuoso, l'idea di vedere mia sorella nuda mi faceva venire il voltastomaco, per quanto ci fossero cozze peggiori in giro.
    O magari, con quei capelli, devi andare a fare l'animazione a qualche compleanno per bambini... ridacchiai, accennando alle forcine che le facevano ricadere le ciocche scure qua e là attorno al viso facendola sembrare molto più piccola della sua età. Non volevo certo offenderla o prenderla in giro, ma dovevo ammettere che era buffa e che non ero proprio in grado di tenere a freno la lingua e la risata facile, quando ero sotto l'effetto dell'erba buona. Anche se temo che qui in Irlanda servano alcolici anche lì.
    Improvvisamente, un energumeno con una pancia da alcolizzato che sembrava una donna incinta di sette mesi, barcollando, mi piombò addosso con tutto il suo peso, facendomi finire in avanti assieme alla birra scura che riempiva il boccale da cui ancora nessuno aveva attinto. Niente di grave, in questi posti succedeva in continuazione, così come di frequente capitava che qualcuno scivolasse su qualche bella pozza di Guinness finita a terra a causa della stessa dinamica, tra le risate gioviali di tutti i presenti.
    Benvenuti a Dublino, dove ogni scusa è buona per ubriacarsi e ridere a crepapelle senza giudicare ed essere giudicati!
    Il problema era che, in questo caso, almeno un quarto del boccale finì dritto addosso a quella poveretta con cui stavo chiacchierando, bagnandole la scollatura e parte del vestito che le fasciava il petto.
    Avvampai, soffermandoci lo sguardo. Porca puttana, da come aveva elogiato la sorella credevo di avere davanti una di quelle con la seconda scarsa come Susan, invece... Damnù!
    Solo che le avevo appena rovesciato la birra addosso, non era decisamente il caso di fare apprezzamenti, soprattutto perché il bestione che mi era finito addosso le si era inginocchiato davanti come per chiederle la mano, stringendole le dita mentre si scusava goffamente, tra risate ben poco credibili.
    Sì sì, ti perdona, bello, ora smamma eh. Senti, che ne dici di finirti questa? Però fuori in strada, hai proprio bisogno di un po' d'aria fresca. dissi allo scimmione, che con occhi inebetiti dall'alcool biascicò un grazie e mi liberò una mano dal boccale e caracollò verso la porta.
    Scusa... Stai bene? Deve essere molto strano, se non sei abituata a frequentare posti così. Se vieni sul retro, ti accompagno nel bagno della band, così ti puoi dare una pulita nel posto più igienico che puoi trovare qui dentro.
    La guardai, sfoderando l'espressione da bravo ragazzo più credibile di cui fossi capace.
     
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    Se si era domandata come avesse fatto a fidarsi di sue sorella? Ovviamente sì, ma c'era anche quel lato Tassorosso del suo carattere che, come un grillo parlate fin troppo insistente, le sussurrava all'orecchio che era lei ad aver sbagliato, che sicuramente non aveva ben compreso quello che le veniva detto da Vernita, che non lo aveva fatto apposta a lasciarla senza un vero indirizzo in cui recarsi... Ingenua! ''Ci vediamo al pub!", Every era davvero convinta che sua sorella, la festaiola Vernita Westwood, non sapesse che in Irlanda vi erano più pub che abitazioni? No, solo che odiava pensare male delle persone e, soprattutto, dover ammettere a se stessa di essere stata presa in giro, che anche il sangue del suo sangue mal sopportava la sua compagnia... la parte più masochista e ferita di se non voleva lasciargliela vinta, le avrebbe dimostrato che poteva divertirsi. In un pub. Da sola. In mezzo ai vapori di quello che sicuramente non era tabacco. Ad uomini già alticci da qualche ora. Non sapeva Every come avrebbe fatto a resistere in quel posto, si sentiva così fuori luogo, così piccola e stupida, con quel vestito così poco adatto e quell'aria da ingenua principessa dei boschi o meglio, da animatrice di feste per bambini, come la stava definendo lo sconosciuto che aveva di fronte. Sorrideva, come era solita fare anche nelle situazioni peggiori, ma un nodo aveva iniziato a stringerle la gola e pizzicarle gli occhi. Voleva andare via, girare i tacchi, tornare nella propria camera d'albergo a mangiare razzles guardando L'attimo fuggente e dimenticarsi di quella brutta serata, fingere che sua sorella non si fosse presa gioco di lei come quando erano bambine e la illudeva di farla giocare con la bambola che nonno le aveva regalato per Natale. Lui ci aveva provato ad essere gentile, a farla ridere, a metterla a suo agio, non nel migliore dei modi, ma un tentativo lo aveva fatto tanto da riuscire a farle accennare un lieve sorriso. All'apparenza sembrava veramente un bravo ragazzo, forse un po' sfacciato ed incline ai doppi sensi, ma era educato e gentile, quel tipo di persona capace di conquistarti con un sorriso e con una battuta, di essere al centro dell'attenzione anche in una stanza piena di gente, il cuore della festa, anche senza essere il più bello, il più alto, il più atletico, semplicemente rimanendo vero, leale a se stesso, essendo semplicemente il più carismatico.
    "Tutti si accorgono di lei effettivamente...solo di lei...'' rispose Every abbassando leggermente lo sguardo e scostandosi timidamente una ciocca ribelle di capelli dietro l'orecchio. Non le era mai capitato prima di esprimere quel tipo di pensiero ad alta voce, di non lasciarlo solamente chiuso in un cassetto del proprio cuore e della propria mente a cementarsi. Tutti erano soliti girare lo sguardo appena la maggiore delle sorelle Westwood varcava la soglia di qualsiasi stanza e ad osservarla fino a che non usciva, inebetiti dalla sua bellezza, dalla sua contagiosa risata e dalla sua prorompente sensualità, il contrario di quanto accadeva con lei e questo spesso la feriva, la faceva sentire la brutta copia di Vernita Westwood. Odiava essere gelosa di sua sorella, odiava sentire quel malessere intorpidirle il corpo ma non riusciva a scacciarlo, soprattutto da quanto si era accorta che anche Steve non era immune al fascino della biondissima Serpeverde. E se l'aveva tradita? Fra i corridoi del Castello aveva sentito i bisbigli delle altre ragazze, di quelle che si domandavano come Stephen Harris, il più bello, assieme a Anthony O'Toole e Adam Carter, fra i giocatori che la squadra di Quidditch di Grifondoro avesse mai avuto, fosse finito assieme ad una sempliciotta come lei, di chi insinuava che fosse sotto l'effetto di qualche pozione magica e di chi asseriva che lui si dava da fare sotto altre mille lenzuola... Negava Steve. Ed Every negava a se stessa di sentirselo nelle ossa che qualcosa non andava, che un fondo di verità c'era nelle parole al vetriolo di quelle persone. Soffriva al solo immaginare che sua sorella e il suo ragazzo potessero arrivare a tanto, ma ancora di più nel rendersi conto che sarebbe davvero potuto succedere e che lei li avrebbe comunque perdonati...
    "Forse ti sembrerò una cattiva persona ma non mi va, non mi va di andare a cercarla. Forse è il caso che torno in Hotel...'' ed era proprio quello che stava per fare, girare i tacchi e scappare a gambe levate da quel postaccio quando, nel giro di quelli che potevano essere 20 secondi netti, si ritrovò prima col ragazzo letteralmente addosso, a pochi centimetri dal suo viso e, soprattutto, dal suo seno, e poi con uno strano ed alquanto alticcio uomo inginocchiato ai suoi piedi.
    "Sei molto maleducato a ridermi in faccia dopo il modo in cui ti sei comportato!'' era infastidita, erano sicuramente cose che potevano succedere, ma non riusciva più a sopportare, almeno per quella sera, che qualcuno si prendesse gioco di lei. L'uomo, dopo essersi alzato e aver mostrato tutta la sua enoooormità, non sembrava molto contento del tono stizzito della giovane Westwood e sembrava anche pronto a risponderle a tono quando, per l'ennesima volta, venne in suo soccorso il rosso musicista che con poche parole riuscì a svincolarla dalla presa dell'ubriacone.
    "Ti ringrazio, di nuovo, ma non preoccuparti, preferisco davvero tornare in hotel! Non è molto distante da qui... - anche perchè l'ultima cosa che voleva era farsi vedere in lacrime da uno sconosciuto. Quando sarebbe finita quella terribile serata? - Io sono Every comunque, Every Westwood... è stato un piacere fare la tua conoscenza!'' certo che, ora che ci pensava, non si erano nemmeno presentati, non sapeva il nome di quel simpatico ragazzo. Ma era troppo tardi, alcuni dei presenti lo avevano distratto e lei, cercando di non farsi notare più da nessuno, scivolò fra la folla raggiungendo in pochi passi l'uscita, pronta ad andarsene.
    Certo che non posso andare a casa in queste condizioni, puzzo di birra e di fumo strano, papà mi uccide se ne sente anche solo il minimo odore! Si disse la bella Every mentre, convinta che nessuno l'avesse seguita e di essere al riparo da occhi indriscreti, estraeva la bacchetta dalla propria borsa, pronta a darsi una sistemata!

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3 replies since 16/1/2022, 17:12   125 views
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