Ty... sukinsynu.

Isola di Mann, Coast Road.

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    Quando uno ha delle collaborazioni, si creano problemi.
    Cosi è.
    Cosi è sempre stato.
    E sempre cosi sarà.
    Oramai è passato un mese, trenta cazzo di giorni.
    Da quando mi ha lasciato in carico merce scottante.
    "Tornerò presto a prenderlo, amico."
    Ecco le sue spiegazioni.
    Questo è nient'altro.
    Zero tempistiche, nessuna organizzazione.
    Come sempre, come di consueto.
    Cosi gli si addice, dovevo aspettarmelo.
    Inoltre, io stesso verso in uno stato di profondo nervosismo.
    Oggi sono due anni che l'attività è aperta.
    Tanto, forse troppo, tempo.
    Che sia registrata o meno sotto prestanome, poco conta.
    Prima o poi dà nell'occhio.
    Succede sempre,
    Dunque, per una serie di ragioni, bisogna farsi capillari.
    Abili nel spostarsi prima.
    In modo preventivo e sicuro.
    Funziona così in questo business.
    Ha sempre funzionato così, è la vita che ho scelto.
    Sigilo la porta d'ingresso con i soliti incantesimi.
    Il cartellino "chiuso" è in bella vista.
    Appeso alla porta di quest'erboristeria.
    Di quella che all'apparenza è un'erboristeria.
    Uno stratagemma, ben rodato, per celare l'attività ai bannani.
    Oltre che a tutti gli sguardi indesiderati.
    La vera natura dell'attività ufficiale è la solita: compravendita di pozioni e ingredienti.
    Frutta poco ma camuffa a dovere.
    Celando, al piano interrato, ciò che veramente faccio per vivere.
    Il mio laboratorio, quello che mi rende così schifosamente ricco.
    Veleni e piante magiche nocive ma bellissime.
    Beni rari o illegali, d'ogni tipo.
    Creature ingabbiate e libri oscuri.
    Ogni cosa qua sotto, tutta quanta, è in vendita al dettaglio.
    Dietro giusta trattativa, si intende.
    E poi c'è quello, preso a coccolarsi tra le fiamme del camino.
    Quel fottuto uovo di panciasquamato.
    Quello che lui, senza fronzi, mi ha chiesto di tenere.


    Potremmo tenerlo noi, dovremmo tenerlo noi.
    Immaginatevi, il fuoco di un drago nel palmo della mia mano.
    Mi inturgidsco solo a pensarci.

    Perché poi io abbia accettato, resta un mistero.
    Sarà che ne sono affascinato.
    Potrei aver pensato di studiarlo.
    Tutto ciò però ormai non importa, non più.
    Oggi verrà a prenderlo.
    Cosi ho appreso mediante il solito cane di comunicazione.
    Pertanto, ora, non mi rimane che pensare al mio.
    Ai miei affari.
    L'ingresso è sigillato, ermeticamente e dall'interno.
    Le protezioni alzate, ora posso lavorare.
    I tre paioli commissionatimi di antilupo non si prepareranno da soli.
    Carezzo le piume di Augurey con la punta dell'indice.
    Quale massacro di creature è stato quello.
    La verde Irlanda, così la chiamano, s'è tinta di rosso.
    Sublime, oserei dire.
    L'orologio batte un colpo, Tic Tac.
    Sono le diciannove precise.
    Tra meno di mezz'ora lui dovrebbe essere qui.
    Oppure tra qualche ora, o giorno.
    Non v'è certezza con quel soggetto.
    Sicché, se io son composto da ingegno e aritmetica, lui è pura imprevedibilità.



    IMG_20220110_130851



    Arrivando all'indirizzo suggerito, l'auror Chopra si troverà davanti quella che apparentemente sembra un'attività babbana qualsiasi. Avvicinandosi le parole sull'insegna e la merce esposta muterano lantamente fino ad assumere la loro forma reale.
    Ampolle, parti animali, liquidi e piante essiccate sono esposte in bella vista sulla vetrina, mentre l'insegna, consunta, recita: "Smith's & Potions".
    La porta sarà sigillatta, la scelta se tentare di forzarla o meno spetta a lei. Attenzione però, qualcuno si sta avvicinando lungo il viottolo ciottolato posto dinanzi al negozio.


    Edited by - Drago. O.F. - 1/3/2022, 23:33
     
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    Da quando Jack lavora al castello lo vedo davvero poco, in compenso mi ha lasciato in ottima compagnia.
    Io e il suo secondo litighiamo in continuazione, che dire, mi ravviva le giornate.
    Tranne quando il capo manda i messaggi a me e non a lui e quindi si ritira tutto offeso nelle sue stanze (l'ufficio).
    Non ci faccio molto caso e rileggo la nota, un indirizzo e delle raccomandazioni, non me lo faccio ripetere due volte.
    Il massimo del mio incognito consiste nel fare la turista, mi sono quindi procurata un trolley, ho messo un paio di jeans e un giubotto con cappuccio e pellicciotto, per compensare quanto sia caldo sotto mi son dovuta mettere una canottiera, niente di meno.
    Non essendoci mai stata mi guardo attorno come una che sta guardando per la prima volta Mielandia, non sembro una turista, io lo sono a tutti gli effetti.
    Del bambini si rincorrono e il bambino scivola facendo diversi giri su se stesso.
    Mi spunta su un sorriso e noto un bazar con delle cartoline esposte.
    Ne prendo alcune e lascio ricadere la busta attorno al polso.
    1727 diceva il biglietto.
    Coast Road.
    Siamo quasi arrivati, anzi direi che ho il negozietto proprio davanti ai miei occhi.
    Carino, molto chiaro, i colori mi piacciono tantissimo. Quasi surrealistico che dentro ci lavori un piromane del cavolo che ha carbonizzato dozzine di ignari irlandesi.
    Mi guardo attorno, non scorgo nessuno e sembra chiuso.
    Allora attraverso la strada, in fondo sembra un emporio dove vendono profumi ed erbe per fare i saponi, ecco si, un'erboristeria.
    Ma i miei occhi notano il mutamento, non è un semplice negozio babbano, sono nel posto giusto.
    "Smith's & Potions".
    Vado per entrare ma la porta è chiusa.
    Forzarla vorrebbe dire non comportarmi come una turista che trova un negozio chiuso.
    Allora cosa fare?
    Devo guardarmi attorno e capire se non c'è nessuno oppure se sono osservata, allora tiro fuori il telefono e faccio una chiamata, mia cugina Abby, le ho promesso una crema per Natale, che non le ho ancora comprato per mancanza di tempo.
    Sicuramente mi terrà impegnata un po' al telefono, e cosa si fa quando si parla con qualcuno? Ci si guarda attorno no?
    -Abby cara- mi sposto di qualche passo – ti ricordi quando ti ho promesso una crema super bella per natale?- mi dice di si, chiaro, quando devi trovarti un alibi che sia credibile insomma – ebbene non sono riuscita a trovarla e ora sono qui, a Coast Road, si certo, davanti al negozio che mi hai detto, ma .. è chiuso- il negozio che mi ha detto lei non si trova a Coast Road e sta infatti provvedendo a illuminarmi in tal senso, mi son beccata pure “grazie al berretto rosso se sta chiuso, hai sbagliato locale”.
    Dimentico per un solo attimo che l'ho chiamata per intrattenermi mentre mi guardo attorno, è più forte di me, non resisto e allontano il ricevitore di qualche millimetro per fare una smorfia, si le sto facendo il verso , ed è anche con tutta la nonchalance del mondo che mi volto verso la vetrina e fingo di sistemarmi i capelli, niente da ridire quelle zampe di rana con accanto la bava di lumaca promettono miracoli per le rughe delle più datate.
    -Ma se tipo cambiassi regalo?- insisto quando sento avvicinarsi qualcuno, cliente o proprietario?
    Di un po' sei tu il mio piromane?
     
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    Ma cazzo, io non mi sarei mai immaginato me stesso a scrivere e riscrivere una fottuta lettere per "trovare le parole giuste"... trovare le parole giuste, io?! IO?! Che non me ne è mai fregato uno strameledetto cazzo di trovare le parole giuste. Diciamo che devo trovare le parole migliori affinché il mio obiettivo venga raggiunto. Meglio, suona meglio, suona più come la persona che sono: una che fa le cose per tornaconto personale. Dopo aver spostato da sotto la mia vista l'ennesima pergamena stropicciata, prendo la mia agenda mentale degli impegni. Uno sguardo fugace al quadrante dell'orologio e decido che sì, va bene, facciamo una bella capatina dal nostro amico adesso che io più tardi ho da fare. Mi aspettano delle ottime offerte ad un certo negozio oscuro... no, quel genere di negozi non fa le offerte, almeno che non sia io l'acquirente.
    Ho dato un vago appuntamento al mio amico musone pelosone ma per quanto sia vago, un appuntamento è un appuntamento. E io sono dannatamente puntuale. Quando voglio, logico. Insomma, oggi voglio, che comunque alla fine mi sta facendo da babysitter all'uovo di drago e si merita quindi una giuste dose di rispetto e considerazione da parte mia. Avevo bisogno che quell'uovo entrasse a Londra proprio a ridosso della consegna, perché io non avessi la patata bollente fra le mani e perché lui stesse in un posticino bello appartato al socuro tra le braccia di amorevole sociopatico. Adorabile. Chi lo avrebbe trovato in un luogo di cui si è scordato pure Dio? Chi?!
    E quindi bene, raggiungo il suddetto luogo per i suddetti motivi grazie ai soliti mezzi magici attorciglia budella vabbè. Si sa. Non ci vado nudo, purtroppo per alcuni, ma mi copro con un bel cappotto pesante e pure un paio di guanti. Fanno chic. Sono di ottimo umore, un raggio di sole praticamente. Fischietto per la strada non particolarmente affollata che conduce alla zuccherossissima attività commerciale del mio amichetto. Tenera come scelta di colori. Il fischio si fa però più sommesso quando in lontananza scorgo la sagoma di una giovane donna ingiubettata. Si fa sommesso come apprezzamento delle curve che scorgo dalla vita in giù. Si fa sommesso pure perché la cliente rompicazzi doveva esserci giusto oggi. Sono scoperto, troppo visibile, metaforicamente "nudo" per davvero alla fine. L'entrata secondaria è quindi fuori questione, non ci posso arrivare senza esser visto. Peccato. Quella era la via breve per lo scantinato. La quantità di imprecazioni che mi attraversano il cervello sfiorano l'illegalità. Che palle gli imprevisti. Divertenti anche. Però che palle. Contavo di fare toccata e fuga, tornarmene a Londra e didacarmi a qualche film.
    Con l'andatura di chi ha appunto notato io negozio chiuso, rallento fino a quando non sopraggiungo alla porta «ma come, è chiuso??» ma no, ma davvero... metto su il tono più convincente del mondo, stupito, sbigottito, quello proprio di un signore che aveva davvero bisogno di comprare quei due tre ingredienti di cui è rimasto sprovvisto. Però in questo caso, meglio se faccio il ruolo del babbano. Allora mi correggo, ho l'aria di un signore che aveva davvero bisogno di quelle pilloline rilassanti alla camomilla. La bacchetta sta proprio dietro la mia schiena, sotto il cappotto pesante. Che cazzo, se la vede allora ha i fottuti raggi X negli occhi.
    «Salve» rivolgo un saluto alla signorina lì presente come se l'avessi appena notata. Sbircio al di là della vetrina, dove pozioni e gingilli vari sostituiscono magicamente le creme per cellulite ed occhiaie. L'uomo nero sarà sicuramente nel suo super laboratorio a fare le sue super pozioncine o che ne so io. Con il mio uovo. Maledizione. Il mio fottuto uovo.
    Cosa fare dunque? Secondo me è meglio palesare all'ignoro proprietario di casa che ci sono ospiti «eppure dovrebbe essere aperto...» dico imitando quel deficiente del padre si Kynthia, e portando dunque una mano a grattarsi la nuca in maniera perplessa. Insomma, fingo innocenza. E suono. Una, due, tre volte «magari sarà nel retrobottega» altro sorriso tirato alla tizia mentre più che altro parlo a me stesso. E poi, pure questa, doveva venire proprio ora a comprare i souvenir?

     
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    Mi volto a guardare il nuovo venuto. Che dire .. ma davvero esistono uomini così in questo posto dimenticato da dio? Questo il primo pensiero che mi passa per la mente, accompagnato da un altro inutile che neanche sto qui a esprimere.
    Comunque sono ancora al telefono con Abby, gli riservo solo un'occhiata e lascio perdere la risposta evidentemente ovvia, però ho annuito con lo sguardo magari se ne è accorto.
    -Tesoro, ti devo salutare, si contaci, baci si, ciao- aah fly.
    Dedico un'ultima occhiata al ricevitore che poi rimetto in tasca e lì ce lo lascio con tutta la mano che ora sta impugnando la bacchetta.
    -Salve- rispondo con un sorriso – oggi non è la nostra giornata fortunata, per caso sa a che ora apre di solito? Magari è solo un po' in ritardo- chiunque debba aprire insomma.
    Studio i suoi movimenti, suona. A quanto pare qui c'è un retrobottega e lui lo sa.
    Quindi il mio Mr X potrebbe ancora essere nei paraggi dopo tutto.
    No non è questo che ho davanti il mio uomo, per quale motivo dovrebbe fingere di non essere il proprietario?
    Forse uno del posto, o un amico..
    Io d'altro canto mi accodo alla sua euforica suonata, se apre per lui apre anche per me.
    In fin dei conti sono un angelo, aggiungerei anche solare, nonostante la situazione potrebbe essere molto sfavorevole emano serenità e spensieratezza, tipica di una turista così a modo..
    -Spero tanto sia come dice, non vorrei davvero dover tornare a casa a mani vuote- e allo stesso tempo spero che, qualora sia un semplice cliente, desista e decida di tornare in un altro momento.
    Se invece così non fosse.. beh, in quel caso sarebbe un problema, ma perchè dovrei essere così pessimista?
    -Se andassimo a bussare sul retro a qualche finestra dice che si indisporrebbe?-
     
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    Alzo il polso che indossa l'orologio ad altezza occhi, le lancette segnano le undici e tredici minuti. Alla porta ci sta pure attaccato un cartello con gli orari dell'attività, il nostro amichetto ha deciso di fare tutto per bene «temo di no» ci aggiungo una risata perchè io in questo momento ho deciso di rivestire il ruolo della persona affabile. Affabile, amabile, cortese e disponibile. Che cazzo, non è forse ciò che faccio ogni giorno a lavoro? «dagli orari indicati dovrebbe essere aperto da un paio di ore...» faccio spallucce innocenti da tassorosso « ma non so che abitudini abbia il proprietario» io per sicurezza, mi mostro non troppo legato al nostro misterioso proprietario. Ok, allora, ripercorriamo mentalmente i passi che ho fatto:
    sapevo che l'attività doveva essere aperta, potrei quindi esserci stato altro volte.
    Però non so le abitudini del proprietario.
    So però che il negozio ha un retrobottega. Ma quale negozio non ne ha?
    Vabbè dai, ci siamo.

    «Non mi dica che è venuta fin qua solo per questo negozio! Spero almeno che non sia stato un viaggio troppo lungo» è anche naturale che l'occhio mi cada sul quel trolley. Ma poi, chi cazzo sceglie questo posto per farsi una vacanza? Forse nella valigia c'è un cadavere di cui disfarsi. Crederei molto di più a questa versione «Se non avessi impegni, me ne sarei andato a farmi un giro e sarei tornato in un altro momento... c'è una bella scogliera qui vicino, l'ha vista?» magari ci può andare. Avvicinarsi, guardare il panorama. E buttarsi di sott- no. No dai. Sarebbe uno spreco per un bel visino come questo.
    Ma lei sembra DAVVERO voler entrare qui dentro. Non te ne vuoi proprio andare. Mi propone addirittura una strada alternativa. Inizialmente mi allontano dubbioso dalla porta. Ci penso. Mi sta facendo perdere tempo. Questa donna mi sta facendo perdere tempo.
    Dovrei assecondarla e forse dopo aver fatto il suo tentativo, finalmente, deciderà di andarsene a fanculo. O sulla famosa scogliera, magari «è davvero interessata ad entrare a quanto sembra» le passo davanti sorridendole, falso, come l'oro degli scemi. Che cazzo di turista ostinata «può controllare di lato se vuole» il mento mi si solleva in direzione di due piccole finestrelle sporche appena svoltato l'angolo del negozietto. Sporche di schifo, ci saranno almeno quattro centimetri di polvere. Quest'uomo non pulisce mai «ma non vorrei fargli girare le scatole, quelle due volte che l'ho visto il proprietario mi è sembrato poco amichevole» scusa orsetto mio se faccio le presentazioni al posto tuo, ma spero che il tuo pessimo carattere allontani la donzella venuta da tanto tanto lontano.



    Edited by -Ethan - 21/2/2022, 10:38
     
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    La prima cosa che farò quando rivedrò Jack sarà sicuramente chiedergli dove accidenti mi ha mandata.
    Qua non solo non c’è un’anima viva ma o il tipo che ho davanti mi sta prendendo in giro ed è il proprietario o i ragazzi sono più pedanti di me come donna nel voler le cose cremose o gli ingredienti che vende questo negozio.
    Comunque è lampante che se da una parte ci sono io che non voglio andarmene dall’altra neanche questo tipo ne ha intenzione alcuna.
    E va beh, mi dico, aspetto un altro po'.
    Oppure me ne vado e torno dopo.
    Io ancora stento a credere che abbiamo disquisito per più tempo del consentito sulle abitudini di questo scansafatiche che neanche si degna di aprire a quest’ora del giorno, poi dicono che c’è la crisi.
    -Ma le pare? Hanno parlato bene di questa isola, ricca di patrimonio celtico e vichingo, e i castelli medievali e si, anche della scogliera. Ma soffro di vertigini – mento – credo che farò passaggio del bel panorama che offre-
    Se sembro interessata… a sapesse! – Ho promesso a una mia amica speciale che le avrei preso un prodotto che realizzano solo qui- può scorgere la mia finta incertezza, come se stessi valutando che ne vale la pena oppure no ciondolare oltre.
    Dice che ha da fare, e allora se hai da fare … vai!
    Ma niente, allora va bene Ringo, me ne vado io.
    - Credo che andrò a fare un giro, magari torno più tardi- alzo la mano come a voler dire “ci si vede” ma accompagno il gesto con un – buona giornata- e mi dirigo verso il lato opposto della strada. Avanzo per qualche metro, più di qualche metro fino a sparire dalla visuale altrui, semmai mi stesse ancora guardando, poi svolto a destra dietro una via che dà al palazzo proprio di fronte al negozietto.
    Già che devo aspettare magari faccio un appostamento. Vediamo se tolta io dai piedi lo scorbutico proprietario si decide ad aprire.
     
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    La Ramora, quale meravigliosa fonte d'ingredienti.
    Un pesce così piccolo, eppure cosi magico.
    Catturarla non è semplice, importarla ancora meno.
    Tuttavia, ne vale decisamente la pena.
    Le tinture vengono preparate, i fuochi accessi.
    E qui, tra i fumi, mi perdo.
    Non v'è più il ticchettio dell'orologio.
    Né il rumore dei mezzi che passano all'esterno.
    O lo scalpiccio del fuoco, ove l'uovo cova.
    Nulla, solo io e ciò che so fare.
    Io e ciò che sono.
    Un pozionista; il Pozionista.
    Con la sua creazione che sobbole quieta, qui davanti.
    Lunica alternativa ai ministeri, qualora un mannaro volesse lenire i suoi dolori.
    Lontano, ovviamente, da registri di sorta o gente ficcanaso.
    Lascio la seduta ai calderoni, mi necessita un mortaio.
    Per tanto...
    Un suono attira la mia attenzione, e non dovrebbe.
    Due voci entrano dalla grata di sbocco sul mondo.
    Posta in basso, all'angolo della strada.
    Discreta, per natura.
    Comunicante, univocabilmente, con l'esterno.
    Un mezzuccio utile per il sottoscritto.
    Delle due una è femminile, verosimilmente giovane.
    L'altra, giunta poco dopo, perfettamente riconoscibile.
    Non posso sbagliarmi in merito.
    Io, che per natura non mi fido di nessuno. O quasi.
    Ironico, quindi, come ora uno dei "quasi" si trovi sopra di me.
    Letteralmente.
    Abbasso i fuochi e tendo le orecchie.
    Ogni singolo ingrediente qua sotto potrebbe compromettermi.
    Tutti, nessuno escluso.
    Il mio socio regge il gioco.
    Lei sembra fin troppo accondiscendente.
    Frasi circostanziali, seguite da velate minacce.
    In vero, nemmeno troppo lontane dalla realtà.
    Poiché io, poco amichevole, lo sono davvero.
    Un piede si poggia sugli scalini in legno.
    Seguito da uno sbuffo, più infastidito che irato.
    C'è una cosa che si impara in questo settore.
    Fin da subito, senza riserve di alcun tipo.
    Ovvero che L'attenzione ai dettagli non basta mai.
    La punta della bacchetta scorre lungo la porta, ora chiusa dietro di me.
    Cosicché il legno ceda spazio al cemento, come di consueto.
    Il laboratorio è sigillato ermeticamente.
    Perfettamente invisibile ad occhi indesiderati.
    Quella porta non ricomparirà, a meno che non sia io a volerlo.
    A chiederlo, genuinamente, pagando pegno.
    Ecco il bello dell'oscurità, non ha mezze misure.
    Gli incantesimi lanciati sul negozio reggono.
    Così bene da permettermi di scrutare la giovane donna da dietro il vetro.
    Indisturbato, completamente celato a lei.
    Ne percorro il corpo con lo sguardo, più volte.
    Meditabondo e attento, mentre la lingua passa in rassegna un labbro.
    C'è del potenziale, qui dinnanzi a me.
    Curve sinuose che aspettano solo d'esser percorse.
    E io, ovviamente, so apprezzare del bello quando lo vedo.
    Quasi come il sobbollio di un calderone, e a volte anche più.
    La inviterei ad entrare, con l'intento di sedurla.
    Probabilmente arriverei anche a riuscirci.
    Se solo fossi cosi stupido.
    Così idiota da non reputare quantomeno sospetta la sua presenza qui.
    Su quest'isola dimenticata da dio.
    Quasi all'ora in cui la luce cede il passo all'oscurità.
    Un peccato, un vero peccato.
    Temo però che il negozio, per lei, rimarrà chiuso.
    Sgrano gli occhi, posandoli a lungo sulla figura mentre si allontana.
    Quale occasione sprecata.
    Ethan resta lì, attendendo paziente.
    Probabilmente sa che io lo sto guardando.
    Posso quasi leggerglielo sul volto.
    Su quel suo ghigno vagamente fastidioso.
    Tuttavia attendo, almeno cinque minuti.
    Lo strumento tra le mie dita accarezza il vetro.
    Sulla targhetta degli orari compare un messaggio.
    Breve, ben chiaro.
    "Non mi piace."
    - Oh...-, il mio linguaggio del corpo simula con capacità una genuina sorpresa.
    Una sorpresa cosciente.
    Come fossi evidentemente stranito e al contempo lieto di vederlo.
    Al pari, si direbbe, di un commerciante che ricorda il viso d'un cliente.
    Un cliente abituale.
    - Buonasera signore, è un piacere vederla. -
    Roteo un mazzo di chiavi tra le dita, sorridendo amabilmente.
    Si direbbe quasi che io voglia chiudere la mia attività.
    Eppure, come verosimilmente si converrebbe...
    - È un po' tardi, temo di aver già chiuso...
    Forse però, per un cliente come lei, posso fare un'eccezione.
    Mi segua, prego. -

    Seguito a sorridire, col ghiaccio negli occhi.
    Mentre indico la via d'ingresso all'altro.
    Il campanello tintinna al chiudersi della porta.
    E io emetto un singolo, lungo, sospiro.
    - Due minuti in più. -, sogghigno, - E avrei potuto schiantarla prima di chiuderla, a lungo, nel sottoscala. -
    Per qual motivo lo lascio immaginare a lui.
    In fin dei conti, mi conosce.
    Così bene, invero, da sapere a cosa proprio non saprei resistere.

    L'avresti legata e violata, fino a soddisfare le voglie di turno, incapace di resistere alle tue pulsioni meravigliosamente perverse. Successivamente, nel caso ti fossi distratto dopo la terza o quarta volta per fumarti una sigaretta, e io fossi andato a trastullarmi in un angolo della nostra mente, magari "Francisco" sarebbe schizzato fuori.
    Costringendomi poi - dopo una rigorosa lavanda gastrica - ad ascoltare le tue lagne nello schifare te stesso.
    Essí, è proprio una merda essere l'unico pazzoide cosciente di esserlo qua dentro.


    - Dimmi, Ethan, hai intenzione di riprenderti ciò che mi hai lasciato? Tu brutto figlio di... -

    Drago e Ethan si spostano all'interno, la porta del negozio è chiusa. Non sigillata.
     
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    Ethan
    Cristo santo, quanto parlano le donne. Le ho dato un mignolo e lei si sta prendendo tutto il fottuto corpo. Almeno se lo prendesse letteralmente, cazzo, ci starei, non sono mica un coglione.
    Vabbè, ho smesso di ascoltarla mezz'ora fa, mi limito ad annuire e sorridere amabile: regola numero uno del manuale di sopravvivenza dell'uomo. La presenza di questa giovane donna sta diventando fastidiosa come quella di una zanzara di notte, sai, una notte d'estate in cui provi a dormire ma quella maledetta puttana continua a ronzarti intorno. Lei per me ora è una zanzara «ah! Anche il mio è un regalo, non sono proprio riuscito a trovare un altro giorno utile per venire qua» <em>mi sento una comare dal parrucchiere.
    Non mi convince. Lei ha qualcosa nella voce che la tradisce. Questa tizia ha decisamente qualcosa che non mi convince. Stai forse prendendo tempo, piccola stronza?
    Poi avviene qualcosa di meraviglioso: decide di andarsene. La zanzara è stata schiacciata dalla mia potente infradito «arrivederci, buon giro» sorrido, amabile, falso. Vittorioso, la guardo allontanarsi per un breve periodo di tempo. Poi suono, di nuovo, in maniera più convinta. Un altro sguardo fugace alla strada. Ok, non la vedo più. Quello che vedo è piuttosto un messaggino del mio amico orso sulla targhetta degli orari "non mi piace".
    E grazie al cazzo, a te non piace nessuno, se magari mi aprissi la porta potresti anche dirmelo a parole, coglione.
    «Allora era qui, salve!» mi costa tanta fatica sorridere entusiasta a questo cavernicolo, ma lo faccio comunque «davvero?» mi mostro entusiasta della sua infinita cordialità, conoscendo la vera natura dell'uomo che mi si para davanti mi viene pure da ridere a vederlo così cortese «allora ne approfitto, grazie!» lo seguo dentro con il sorriso di chi finalmente può fare il suo regalo.
    Stacco. Interno, giorno. Ethan cambia espressione e sbuffa portandosi le mani ai fianchi. Drago fa cadere la maschera rivelandosi in tutta la sua volgarità «ma lei è davvero un uomo violento, signore» recito. Fingo scalpore. In realtà le so io le mille mila cose che avrebbe fatto a quella ragazza. Le avrei fatte anche io.
    «Ehi ehi ehi, modera il tuo linguaggio, come ti permetti» mi guardo intorno, non è che qua dentro ci sia stato poi chissà quante volte «bella bottega. Sì, sono venuto a riprendermi ciò che è mio, contento? Spero che tu non ti ci sia affezionato» gli poggio una mano sulla spalla «dai amico, non fare quella faccia, ti ricambierò il favore» pacchetta sulla spalla e via ad esplorare l'interno di qualche barattolo sulle mensole. Che roba è questa? Eucalipto? «quindi... che ne pensi?» abbasso la voce. Un cenno della testa, indica l'esterno del negozio «dovremmo preoccuparcene?» e riposo il barattolo. La tipa aveva una valigia con sè. Una valigia. devi essere un amante della noia per farti un giro in questa landa desolata.
    Non mi convince.

     
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    - Dovrei moderarmi davvero?-
    Ribatto e ghigno.
    Il sapore dei cogito sulla donna ancora in mente.
    Dice che è venuto a riprendersi ciò che gli appartiene.
    Ciò che è suo.
    Se mi ci sono affezionato. Io.
    Forse, in qualche modo, un po' si.
    Non all'uovo, certo che no.
    Semmai al fascino.
    Alle possibilità.
    Il pensiero di farlo schiudere mi ha attraversato.
    L'idea, affascinante, di possedere un drago.
    Un arma così micidiale da essere indecente.
    - Questo posto è una latrina. Una mera copertura necessaria.
    Si, sono contento
    E no, non sono un sentimentale.-

    Lo sguardo, glaciale, segue il suo movimento.
    La sua mano sulla mia spalla.
    Odio essere toccato, vorrei fargliela saltare.
    Per lui però, mi dico, posso fare un eccezione.
    Accolgo con un cenno del capo ciò che dice.
    Poiché la mia attenzione è altrove.
    Là, fuori dalla vetrina del negozio.
    - Si è tolta dalla linea visiva, potrebbe non essere un caso.-, osservo, - Userai il camino nel seminterrato per andartene.
    Io passerò dal retro.
    Una così, qui attorno, non ce la vedo a fare la turista...-

    Indico la scalinata che porta di sotto a Ethan.
    Tuttavia, il mio sguardo resta fisso ove la donna è sparita.
    La mia strategia non fu casuale.
    Scelsi questo luogo, tempo fa, con oculata capillarità.
    Basso afflusso di estranei.
    Gente riservata.
    E, soprattutto, un territorio poco considerato.
    Tanto dalle istituzioni britanniche, quanto da quelle irlandesi.
    Una vera e propria piccola Svizzera.
    - Non toccare niente.-
    Raccomando, conoscendo il mio socio.
    Il lotto di antilupo e ancora al suo posto.
    Sobbole soave.
    Impregnando l'aria con l'odore che gli appartiene.
    Così soave, nella sua acredine.
    - L'uovo è la, sul fuoco. -
    Un colpo di bacchetta sistema la stanza.
    Chiudendo, con tanto di lucchetto, l'armadio sulla destra.
    Dispensa d'inspiegabile ribrezzo per il sottoscritto.
    Una storia ancora non chiara, sulla quale sto indagando.
    Osservo Ethan interagire col suo premio.
    La mia figura compare nello specchio posto sopra il camino.
    E io, interdetto, mi ritrovo a fissarla.
    Un uomo simile a me in tutto e per tutto, ricambia lo sguardo.
    Però non sono io
    Egli non potrebbe essere più diverso da me.
    CITAZIONE
    Fanculo ai conveneboli, alle precauzioni del cazzo di Mr. Hannibal e tutto le altre belle cosine, questo, adesso, mi sente.

    L'uomo scuote la testa, ghignando.
    Un ghigno che piega la mia bocca, eppure non mio.
    ~ Non farlo orsetto lavatore del cazzo, tienilo per te. Tinilo per noi.~
    Io non proferisco parola.
    Né mi lascio andare in mimiche facciali.
    Ma il mio riflesso si.
    Sciatto e indecente, nella sua postura disordinata.
    Tutto ciò è incredibile.
    - Ethan, vieni qui. Cazzo!-
    Ottave in più e una gravità insolita nella mia voce.
    Che infine io, Dragomir Korczak, abbia perso il senno?
    - Cosa vedi nello specchio? Dimmelo!-
    Una risata malsana, scomposta, disordinata.
    Si dipinge sul volto dell'uomo nel mio riflesso.
    Così fragorosa di rimbombarmi in testa.
    ~ Oh povero piccolo orfanello del mio cuore, lui sa. Lo sa, ma non ti ha detto nulla.~
    - Cosa cazzo sta succedendo!?-
    Un buio tetro tenta l'assalto alla mia coscienza.
    Lo respingo, con tutto me stesso.
    Questa volta no, non adesso.
    Io voglio sapere.
    Io devo sapere.
     
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    Chissà come mai io vado via e il bastardo apre.
    Ha un volto che non credo di aver mai visto, eppure mi ispira inquietudine.
    C'è una parte di me che mi dice di lasciar perdere, di andare via.
    Di tornare da Jack e dirgli che a parte un identikit non posso fare altro.
    Due se si pensa che l'altro ora è dentro e io no e questa cosa mi puzza di marcio.
    Il teatrino che mettono su non posso neanche udirlo, o mi sarei fatta una risata, arrivati a questo punto ce ne sarebbe davvero bisogno?
    Ora sono a un bivio. Entro o me ne vado? “Vattene” mi dice la coscienza.
    “Vattene via”
    Ma l'altra parte mi dice che potrei aver frainteso, che effettivamente non sono niente di che, uno il commerciante, uno l'acquirente.
    Ha aperto, posso provare ad entrare.
    Male che vada sono tornata dal giro..
    Ho lasciato i miei bagagli sul tetto. Non c'è nulla in quella valigia che non siano un paio di cambi delle scarpe e il necessario per l'igiene.
    I documenti, semmai venissero recuperati, parlerebbero di una babbana che si chiama Samir Patel, Indiana di 24 anni.
    L'unica verità è il numero di Jack, quello che mi ha detto di usare semmai le cose si mettessero male.
    Sono con le spalle al muro e sento delle voci dentro che scemano sempre di più fino a che non diventano brusii indistinti.
    Allora mi disilludo, credo sia davvero la cosa migliore da fare, ed entro.
    C'è una campanella sul cardine della porta, suonerà non appena questa si chiuderà quindi la tolgo di mezzo con un colpo di bacchetta, solo dopo avanzo completamente e mi guardo attorno.
    Ad una prima occhiata non sembra niente di che.
    Non tocco nulla mentre osservo i vari vasi contenenti erbe, intrugli vari. E' chiaro come il sole che se c'è qualcosa non la troverò di certo qua sopra.
    Mi avvicino alle scale.
    Sono di sotto e chi parla non è l'uomo con cui ho discorso pochi minuti fa, quindi desumo che sia lui “Ethan”.
    Convinta che non possano vedermi azzardo una spiata, vedo un calderone con una pozione che bolle, non ho idea di quale sia, e poi un uovo, dalle dimensioni sembra di drago, comunque non è un uovo da fare sodo..
    La domanda che mi pongo è “cosa faccio adesso?” insomma sono in inferiorità numerica, e ora che entrambi si sentono a loro agio hanno tolto la maschera della cortesia.
    Uno dei due sembra inquieto, lo vedo guardarsi allo specchio e urlare all'altro.
    Al suo “- Cosa cazzo sta succedendo!?- “ ho quasi il timore che mi abbiano scoperta.
    Mi appiattisco al muro e sollevo la mano per vedere se sono tornata visibile, ma non si direbbe.
    Unico problema, pare ci fosse qualcosa dietro di me e ho fatto un casino della malora.
    -Cazzo- bisbiglio mentre mi muovo velocemente verso l'uscita.
    Cazzo cazzo cazzo!
     
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