lost girls

privata.

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    Studente Grifondoro
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    ”Non guardarmi così.” Posò bruscamente lo sguardo su quella matassa di pelo ingrata. Era stata una mera dimenticanza, Una stupida e imperdonabile dimenticanza. Detto ciò, poteva dire addio alla giornata programmata, all’insegna della tranquillità e dare il benvenuto all’idea di trascorrere il pomeriggio immersa nella caotica Diagon Alley. ”Potresti anche mangiare meno.” Il suo gatto la fissò per circa mezzo secondo e andò a posare il suo regale didietro sul cuscino di piume candido e illibato. ”Giuro su Merlino che il prossimo anno ti scambio con il ratto di Takahashi. È stupido ma si accontenta di mangiare quello che trova. Non come sua maestà.” E certo. I croccantini del Serraglio potevano andare anche se, caso strano, non risultavano essere la marca preferita di Ares.
    Si mise il cuore in pace e si mescolò con i compagni di casata, elettrizzati per quel pomeriggio, considerato “diverso” dall’ordinario. Sarebbe potuta andare peggio. Guardò il lato positivo, sarebbe potuta passare a farsi una burrobirra in solitaria, rifugiandosi in qualche oscuro locale, prima di tornare al cestello.

    Lasciò alle spalle quella gioia immotivata proveniente dai ragazzetti dagli ormoni impazziti e si addentrò per i vicoli della cittadina, con la meta ben stampata nel cervello, evitando, così, distrazioni inutili che le avrebbero fatto perdere solo tempo. La sua predisposizione a quel tipo di vita mondana era, pressoché, nulla e, per questo motivo, non riusciva a comprendere tutto l’entusiasmo che potevano provare. Affari loro, dopotutto, non le competeva trovare risposte a quei misteri.
    Doveva ammetterlo, l’atmosfera non era male e c’era una nota familiare nell’aria, quel tanto che bastava per farla sentire a proprio agio tra quelle dimore così accomodanti. Immaginava come stessero passando il tempo a casa sua ed un barlume di nostalgia le si infiltrò nel cuore, trascinandola nei ricordi più cari che albergavano da qualche parte in lei. Poco importava. Sulla sua famiglia, ancora, nutriva forti dubbi e, per questo, allontanò quei pensieri, confinandoli lì, dove erano sempre stati e, forse, dove sarebbero rimasti sepolti per sempre.
    Quando si accorse di essere dinnanzi al negozio che stava cercando, sul suo volto si aprì un mezzo sorriso. Neanche si era accorta di aver macinato tutta quella distanza e ringraziò il cielo che nessuno si fosse palesato sul suo cammino. Fino a quel momento, ovviamente.
    Osservò attentamente la vetrina e ragionò sui mille animale che avrebbero potuto sostituire quella palla al piede di gatto, bisognoso di attenzioni e decisamente troppo sedentario per poterlo considerare un fedele compagno di avventure. ”Che stupida che sono stata. Una puffola. Altra valida alternativa!” Una specie di fogna umana, senza pretese. Cosa poteva esserci di meglio?
    Si trovava ancora concentrata su quella realtà parallela quando, improvvisamente, una folta chioma la richiamò alla temibile realtà. Conosceva la figura a pochi passi da lei e, a quel punto, sarebbe entrata in contatto con lei, anche se si fosse impegnata per evitarlo. Con il cuore in pace, si avviò per anticipare i tempi e le sfiorò il braccio, per catturare la sua attenzione. ”Ha giurisdizione anche qui, Prefetto?” Domandò per attaccare bottone ma senza risultare sgarbata, così come era sua consuetudine. ”Qual buon vento?” Abbozzò un sorriso, così da rendere meno dolorosa la conversazione che, di lì a poco, per forza di cose, si sarebbe instaurata tra le due dolci (?) donzelle. Non conosceva bene la Corvonero ma, a pelle, non risultava essere la persona più indicata a diventare ciò che più si avvicinava alla figura di un’amica. Ciò, però, non la escludeva dalla lista delle conoscenze e, seppur non nutrisse chissà quale speranza, non riusciva a negare un saluto a nessuno, neanche a coloro che fossero molto lontane dal suo modo di essere e di vedere le cose. ”Scusa, sarai molto occupata, immagino!” Alzò un sopracciglio e tornò a fissarla, aspettando una sua risposta.
     
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