Numeri, 16:27

Castiel || Sobaki.

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    Gli uomini si dimostrarono indocili, perciò Dio fece sì che la terra si aprisse ed inghiottisse uomini, donne e bambini.
    Numeri, 16:27. L'Antico Testamento era un tripudio di violenza. Dio puniva i suoi figli attraverso pene atroci e implacabili. Così facevano alcuni uomini con i loro simili e con i loro stessi figli, a testimonianza che l'uomo era davvero creato ad immagine e somiglianza di Dio. Ogni punizione che Cassandra aveva ricevuto negli anni della sua infanzia era stata una punizione venuta dal Signore che aveva agito attraverso i Rocha, strumenti nelle sue mani. Ma chi la puniva adesso?
    Se lo era chiesta molte volte. Si era domandata perché Dio avesse permesso che lei venisse liberata da quelle pene che con così tanta solerzia le aveva riservato nel corso dei suoi primi undici anni di vita. Quella sua creatura nata già dannata e corrotta, con il Male nell'anima, aveva meritato sofferenze da bambina, quando ancora i suoi peccati erano poca cosa - sebbene a lei apparissero atroci e le venissero presentati come tali - ne avrebbe dunque meritate ancor più da adulta. Ora che la veggente aveva assecondato il proprio dono impuro, asservendolo addirittura all'arte della Necromanzia, ora che le sue mani si erano macchiate di sangue, ora che la violenza che il suo cuore custodiva era emersa e si era riversata sul prossimo.
    Per un po' di tempo, la brasiliana aveva creduto che Dio - spinto da un moto di imperscrutabile benevolenza - avesse ridimensionato le sue pene, lasciandole il dolore di sapersi dannata, il senso di inadeguatezza, l'incomunicabilità e l'incapacità di comprendere ed essere compresa. Non era una sofferenza di poco conto, ma era comunque meglio delle punizioni corporali, delle penitenze e soprattutto delle gabbie. Tutto era meglio di una gabbia.
    Poi, il Signore aveva riso della sua ingenuità e le aveva tolto Luis.. Aveva acceso in suo fratello la consapevolezza di quanta oscurità si celasse in lei, di quanto poco meritevole d'amore fosse la gemella con cui aveva sempre avuto un rapporto simbiotico, aveva insinuato dubbi e insofferenza nei suoi pensieri e nel suo cuore. Lo aveva indotto a rivolgere tutto sé stesso verso altri lidi, perfetti sconosciuti che in breve avevano guadagnato un'importanza che - per qualche ragione a lei incomprensibile, malgrado anche il suo universo affettivo si fosse leggermente allargato - privava Cassandra di ogni cosa, escludendola definitivamente. E così Dio le aveva riconfermato che non c'era clemenza per quelli come lei.
    La lanterna esplose all'improvviso, i vetri infranti contro la parete rocciosa. Ne seguì un'altra e un'altra ancora, mentre l'anima di Cassandra ribolliva ed il suo corpo veniva sfiorato da schegge di vetro volanti che sbattevano contro la giacca di pelle nera e scivolavano a terra, le lasciavano una striscia rossa di sangue sul dorso della mano o, ancora, si infilavano nella fitta rete dei suoi ricci. La sua rabbia ignorò la tempesta che era stata in grado di provocare e la ragazza proseguì a passo spedito, lasciandosi alle spalle le tre lanterne distrutte e una figura maschile avvolta nella penombra a cui non sarebbe stata in grado di prestare attenzione.
    Sobaki. Odiava quel luogo. Odiava le prigioni. Quella, in particolare: strutturata in gironi, un cono che sprofondava nell'abisso della montagna, così simile all'Inferno descritto da Dante. Quel posto era un incubo che prendeva vita, eppure ogni volta poterne uscire e lasciarselo alle spalle donava a quella tortura un pizzico di piacere, di trionfo. Era proprio dietro le sbarre che Cassandra aveva appreso le più importanti lezioni su sé stessa: nelle gabbie dei Rocha, così come nel carcere in cui si trovava adesso, dove i prigionieri di Roeim l'avevano quasi uccisa. Avevano cercato di trascinarla all'Inferno con loro, forse riconoscendola come loro simile, ma l'orrore della dannazione eterna era per lei la principale spinta di attaccamento alla vita. Rimaneva ancorata ad essa con le unghie e con i denti, disposta a tutto pur di sopravvivere, senza nemmeno amare il mondo in cui lottava per restare.
     
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    Era come se qualcosa all'improvviso lo avesse risvegliato dal torpore in cui era crollato. Come se un'onda pregna di una pesante sofferenza lo avesse risvegliato e guidato. Erano solo sensazioni? Era quel posto? Erano le persone che vivevano e morivano a Sobaki?
    Sapeva solo che quella prigione era un inferno in terra, come se fosse una sorta di anteprima per quelli come lui, solo che lui in quelle celle non ci era mai finito e nemmeno c'era ragione che succedesse.
    Vagava tra quelle pietre di tanto in tanto, sia per diletto, che per nessuna ragione, che per via di Roeim che ogni tanto gli chiedeva qualche favore.
    Andava e veniva, si ubriacava di oscurità e ritornava nel mondo per riversala su chiunque gli capitasse a tiro e ora la fonte di quell'ubriacatura poteva essere una ragazzina mai vista prima che carica di ira fece esplodere alcune lanterne forse senza neanche rendersene conto.
    Camminava come se esistesse solo lei, come se tutto il peso del mondo fosse su quelle magroline spalle. Sfacciata, gli era passata davanti senza nemmeno accorgersene, mostrare così apertamente il dolore non era così vantaggioso.
    Parlava lui che sul dolore ci aveva basata la sua follia, ma poco importava adesso, adesso nei pensieri del mangiamorte c'era quella ragazza, l'oscurità che sperava di lasciare dentro le mura della prigione avevano inevitabilmente attirato Westwood, facendolo sgusciare da quella parete per sbucare da nulla davanti a lei a pochi centimetri dalla sua faccia sorridendole come se avesse appena trovato un nuovo giocattolo.
    "Ehi..."
    Interruppe bruscamente la sua camminata fermandosi davanti a lei cercando di scrutarla. Lo sentiva nelle ossa, emanava un'energia che Castiel adorava.
    "Solo le persone speciali possono entrare e uscire liberamente da questo posto. Chi sei. Non ti ho mai visto. Strano."
    Non era strano per niente in realtà, la sua frequenza era altalenante e incostante, poteva anche essere che non si erano mai incrociati fino a quel momento semplicemente.
    "Solitamente si cerca di uscire da questo posto lasciandosi alle spalle più rabbia possibile, un bel posto per sfogarsi no? Eppure sbaglio o con te non sta funzionando affatto? Mi sa che devi cambiare approccio. "
    Lui parlava come se ne sapesse qualcosa, ma cosa poteva mai sapere un folle come lui? Si stava solo basando su quello che riusciva a percepire da lei solo guardandola e in quello sguardo così rigido e tagliente non c'era niente di noiosamente normale.
    "Tutta quella rabbia, se non sfogata adeguatamente, logora solo te stessa."
     
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    Quando la figura maschile emerse nella flebile luce delle lanterne, Cassandra credette per un istante di trovarsi davvero all'Inferno. Colui che le si era parato davanti aveva le fiamme della dannazione negli occhi, un luccichio che rifletteva i giochi di luce delle lanterne traducendoli in uno sguardo folle ed inquietante. Trascorse qualche secondo nella convinzione che si trattasse di un demone, ragion per cui non osò attaccarlo. Se davvero l'oscurità l'aveva avvolta, non vi era alcuna speranza per lei: nessun essere umano riusciva a sopraffare una forza tanto oscura, non si fuggiva dalla dannazione eterna. La sua voce, tuttavia, sebbene connotata da sfumature inquietanti, era abbastanza umana da riportarla alla realtà. Gli occhi della Rocha scrutarono a lungo quel volto, trovando in quei lineamenti qualcosa di familiare, di conosciuto ma non immediatamente identificabile.
    Solo una strega che ha imparato molto da Roeim.
    Si limitò a quella risposta, poiché in quel momento ed in quel luogo lei in effetti non era altro. Si sentiva ancora profondamente turbata dalla disperazione che la dominava quel giorno, tanto che la sua rabbia guizzava tra i suoi grandi occhi azzurri e le luci delle lanterne appese alle pareti di pietra, facendole tremare visibilmente. Ma nessuna lanterna accennò ad esplodere, com'era accaduto un attimo prima, allo stesso modo la sua furia pareva in uno stato di precaria immobilità: era presente ma non più sul punto di esplodere. Si rendeva finalmente conto del sangue che le colava lungo le dita della mano sinistra, sfregiata da un detrito appuntito, così come si rendeva conto della polvere che le aveva sporcato il volto. Si sentiva, in sostanza, più consapevole della realtà esterna ai suoi pensieri.. e questo era riconducibile alla sua soglia di attenzione che si era alzata, impegnata nel tentativo di comprendere perché lo sconosciuto le apparisse così familiare.
    Raramente cerco il posto giusto per sfogarmi, non è qualcosa che controllo.
    Non si sarebbe cacciata in diversi guai, né in accademia né in precedenza a Castelobruxo, se fosse stata abbastanza controllata da sfogare la propria ira solo nei luoghi e contesti più adatti, trattenendola quando uno stimolo la provocava. No, il controllo non era mai stato parte di Cassandra e ultimamente aveva la sensazione che gli anni non avessero fatto altro che inasprire la sua impulsività.
    Questo è parte del mio martirio, non può che logorarmi.
    Era frustrante fare i conti con il fatto che tutti, senza eccezioni, guardassero al suo dolore come a qualcosa che lei, in un modo o nell'altro, avrebbe potuto risolvere. O quantomeno gestire, affrontare. C'era chi ragionava in termini positivi e chi - come Hyram Price, Roeim e anche l'uomo che aveva davanti - sembrava invece proporle la possibilità di una soluzione che non avesse cura dei danni che avrebbe procurato. Ma tutti pensavano che la possibilità di venirne a capo fosse nelle sue mani. Niente di più distante dalla verità di cui la veggente era a conoscenza.
    Lui ha scelto questo.. per me.
    Altri non avrebbero capito, ma lo sconosciuto sì. Perché quello, in realtà, non era affatto uno sconosciuto qualunque. Cassandra non aveva mai avuto a che fare con quell'uomo a livello personale, ma ora finalmente riconosceva il suo volto. Ricordava di averlo visto sui giornali, più di una volta, di aver letto più di un articolo su Castiel Westwood già molto prima di conoscere Roeim ed avvicinarsi alla magia oscura. In alcune circostanze, frequentando ambienti che si erano aperti a lei grazie al legame con Nystrom - nei quali Cassandra si era aggirata inquieta e silenziosa, sentendosi fuori posto come in ogni altro luogo - le era capitato di sentire molte storie su quello che si diceva essere il mangiamorte più folle rimasto in circolazione.
    Si dice in giro che Dio punisca anche te, Castiel.
     
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    Solo una strega che ha imparato molto da Roeim.
    Roeim aveva apprendisti? Oppure lei era speciale? A quel "solo una strega" Castiel non ci credette neanche per un secondo, c'era dell'altro, c'era per forza. Se già così giovane passeggiava in quei ricordi ci doveva essere altro che poteva stuzzicare la curiosità di un mangiamorte che si divertiva con poco.
    Alle volte lo si poteva immaginare come un bambino attratto dalle cose nuove, ora quella ragazza era "una novità", qualcosa che era intrigante da scoprire, da sviscerare, e per quale motivo Westwood lo voleva fare? Nessun motivo realmente concreto in realtà, come per i bimbi per l'appunto, perché si interessavano a qualcosa? Perché era nuovo, perché l'idea del non sapere era fastidiosa.
    Quindi ora Castiel voleva sapere, e basta.
    "Solo una strega? Veramente? Sai spesso e volentieri ho a che fare con personalità che non si limiterebbero mai a descriversi in maniera così poco approfondita. La teatralità è famosa tra questi ambienti...hai chiaro cosa intendo? Non ti preoccupare, non devi esserlo anche tu, è persino stucchevole come cosa...però...se decidi di dire così poco poi io mi sento provocato. Incuriosito."
    Sorrise, spostagli gli occhi lungo tutta la figura della ragazza, notando che si era sporcata e ferita, non gli importava che perdesse sangue dalla mano, affari suoi se si metteva a farsi esplodere vetri addosso.
    "E chi ha parlato di controllo? Il controllo è sottovalutato, eppure tu in qualche modo ti controlli, no? Se no non staresti così ora, di cosa hai paura? Si...si...logora. E' vero...logora così in profondità da farti soffocare.."
    Disse quelle ultime parole come se stesse soffocando per davvero, ma non era recita la sua, lo conosceva fin troppo bene quel logoramento, lui era corrotto e deteriorato ormai da decenni. Ma perchè doveva essere solo lui quello logorato?
    "Ma perché devi essere solo tu quella logorata? Perché ciò che provi devi subirlo solo tu? E' da qui...da qui che deriva un controllo di cui non ti rendi pienamente conto."
    Perchè doveva soffrire solo lui? Tutti dovevano, tutti in un modo o nell'altro lo meritavano, per questo spalancò gli occhi e rimarcò anche con il tono della voce queste domande, perché se c'era qualcun altro che aveva il disperato bisogno di sfogarsi, perché covava dentro rabbia ingiusta....allora era più che lecito liberarla, darle gli strumenti per unirsi alla guerra.
    Ma poi ci furono parole che Castiel non seppe prevedere, quel Lui, pronunciato in quel modo, accese in Westwood un allarme in grado di pietrificarlo sul posto per qualche istante.
    LUI non deve più scegliere PER NESSUNO.
    La rabbia improvvisa nel suo sguardo non era rivolta a lei, neppure quando sembrò che lo stesse provocando dicendogli che Dio lo aveva punito.
    No, nessuna punizione, Dio si era divertito, Dio era annoiato, Dio aveva voluto recare dolore ai sudditi come a cercare i più fedeli nonostante il dolore.
    "LUI, NON DEVE PIù SCEGLIERE. Non glielo devi permettere, NO. NO. NO!"
    Appoggiò con forza le mani sulle spalle della giovane stringendo anche più forte di quello che avrebbe dovuto, la strinse scuotendola improvvisamente come se quelle parole avessero fatto scattare in lui chissà che cosa.
    "Per quanto ancora gli devi dare tutto questo potere? Lui non mi punisce più, lui subisce ciò che faccio. Io stermino i suoi sudditi, io mi sono schiarato con il Demonio, io sono un suo Nemico. Lui non deve più osare. Quanto ancora ti deve distruggere per fare in modo che tu reagisca? Ti limiti a picchiare quattro delinquenti quando vieni nelle prigioni? E che gusto c'è? Sono spazzatura, come colpire una lattina vuota su un marciapiede...che soddisfazione mai ti potrà dare?"
     
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    Sarebbero bastati i suoi occhi. Quel suo sguardo acceso di follia, le iridi chiare eppure in qualche modo ammantate di oscurità, le pupille dilatate da una misteriosa eccitazione, lo sguardo fisso su di lei.. tutto questo sarebbe stato sufficiente a Castiel a comunicare più di quanto in molti sarebbero riusciti a fare a parole. Ma Westwood di parole ne aveva eccome: si scagliarono su di lei veloce e vivaci, irrequiete come fossero bramose di ghermirla. Parevano quasi sovrastarsi l'un l'altra nella fretta di attirare la sua attenzione, come tante ballerine che ambissero febbrilmente alla prima fila. Quell'irruenza, naturalmente, la portò a ritrarsi. Si irrigidì appena, scrutando il suo interlocutore con malcelato sospetto. Ma la curiosità l'aveva aiutata a distogliersi almeno leggermente dalle sue ossessioni, accogliendo anche un elemento esterno nel suo campo di attenzione. Per questo motivo decise di rispondere, seppure con ritrosa prudenza, alle affermazioni dell'altro.
    Già, io non amo i riflettori.
    Sapeva bene di essere una creatura insolita, in quel luogo come in molti altri. Se era bizzarra tra i suoi coetanei in accademia per il suo carattere scontroso e cupo, la sua eccessiva ostilità verso il prossimo e altre caratteristiche che la rendevano "strana" con un'accezione tutt'altro che positiva, lo era tuttavia anche tra maghi oscuri e mangiamorte. Amanti della grandiosità, egocentrici e deliziati nello sfoggiare potere e crudeltà.. tutti loro condividevano una precisa attitudine, pur nella loro diversità. Roeim, Sigfrid, Loki..e anche Castiel. Eppure proprio lui sembrava interessato all'evidente discrezione della brasiliana.
    Perché.. ti sembro controllata?
    Esitò appena, aggrottando la fronte nel sentirsi definire in quel modo. Non si era mai considerata controllata, ma piuttosto "fuori controllo". Tuttavia, i suoi parametri di confronto erano quasi sempre stati individui probabilmente immuni agli impulsi violenti che la dominavano. In confronto a chi frequentava Sobaki, effettivamente, lei forse poteva apparire piuttosto "controllata".
    Ma era naturale che fosse così. Probabilmente nessuno di loro condivideva le sue stesse paure.
    Forse cerco di evitare le pene più atroci dell'Inferno.
    La sua fu quasi un'ammissione, seppure tardiva. C'era del controllo in lei, forse, ma si trattava di un basilare meccanismo di sopravvivenza. La sopravvivenza della sua anima, non certo quella del suo corpo. La carne avrebbe comunque ceduto alle offese del tempo, ma l'anima immortale non conosceva tale clemenza e ciò la sottoponeva a rischi ben peggiori. Il suo destino era già segnato, ne era tragicamente consapevole, ma perché scavare ancor più a fondo negli abissi infernali.. con le sue stesse mani? Ci pensava spesso e forse era questo a trattenerla, così come a spingerla in ginocchio inducendola a pregare per un po' di clemenza, elemosinando un perdono che non arrivava mai.
    Tu assecondi la tua natura. Non temi le conseguenze?
    Glielo domandò in modo semplice e diretto, come fosse certa che l'altro avrebbe compreso esattamente il senso delle sue parole. Era così, ne era certa. Gli atei potevano bearsi della fortuna di non "capire", un'ignoranza che li avrebbe preservati almeno nel corso della loro vita mortale, ma per quelli come lei e Westwood le cose stavano diversamente. Eppure Castiel continuava a sembrare più interessato a parlare di lei che di sé - o forse il suo era un modo per parlare anche di sé stesso - e cercava di offrirle una via che evidentemente gli appariva percorribile. La sua foga, però, era decisamente troppa per la Rocha. Si irrigidì completamente quando avvertì la presa dell'uomo sulle spalle, rimanendo per un istante come paralizzata mentre lui la scuoteva. Tornò subito padrona di sé stessa e puntò le mani contro il petto dell'altro per respingerlo con tutta la forza che aveva e svicolare dalla sua presa, muovendo qualche passo indietro.
    Non mi piace essere toccata da chi non conosco.
    Lo ammonì così, lo sguardo serio e deciso, ma non accennò ad armarsi di bacchetta. Non riteneva l'altro una minaccia, non certo per il suo potenziale che certamente l'avrebbe travolta, ma piuttosto per le intenzioni del mangiamorte che non apparivano realmente ostili.
    Che cosa hai detto..?!
    Sbiancò. Avrebbe potuto dirgli che lei non si recava a Sobaki per sfogarsi sui prigionieri. Che li aveva affrontati una volta sola, ad armi pari se non addirittura in svantaggio. Ma non aveva alcun orgoglio da difendere ed era consapevole che la rabbia avrebbe potuto spingerla verso simili attività da un giorno all'altro. A turbarla erano piuttosto le dichiarazioni di Castiel.
    Ti sei schierato con il Demonio? Sei più folle di quanto si dice in giro!
    Era evidente che non stesse scherzando, ma la veggente si chiedeva come potesse asserire simili intenzioni con tanta disinvoltura. Non era tranquillo - probabilmente quell'uomo non lo era mai - ma di certo la sua agitazione non aveva alcuna traccia di angoscia: sembrava fiero, addirittura esaltato dalla posizione che aveva deciso di assumere. Sembrava aver trovato in quello schieramento estremo che lo vedeva a combattere contro Dio una risposta, una soluzione alla persecuzione subita dall'Onnipotente. Forse né Roeim né nessun altro mago oscuro che lei avesse mai conosciuto eguagliava Westwood nella presunzione con cui sfoggiava la propria gloria, la propria forza di fronte al più implacabile dei nemici. Come si poteva scegliere Dio come avversario?
    Lucifero non premia i suoi adepti, non lo sai? Li usa e poi li punisce per l'eternità!
    E forse era ancor più assurdo scegliere il Principe delle Tenebre come alleato. L'angelo caduto non poteva promettere salvezza, non poteva offrire la grazia, dunque cosa offriva a chi perseguiva i suoi propositi? Solo le fiamme. Il meglio che aveva da offrire era ciò che Dio impartiva come castigo. La ragazza scosse la testa, sconcertata al pensiero che Castiel non temesse le torture a cui l'avrebbe destinato la dannazione eterna.
    Parli come se non conoscessi il dolore.
     
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    Perché.. ti sembro controllata?
    Lo sguardo che le restituì Castiel fu di sorpresa, davvero non si rendeva conto di quanto controllo c'era nel suo atteggiamento? Di come sembrava che si trattenesse? Di come il suo corpo fosse rigido, scosso da un'energia che lei non permetteva di scatenare, se non solo in parte venendo qui a rissare con quattro omuncoli.
    Per Westwood che faceva del caos la sua ragione di vita il comportamento della ragazza era ovviamente controllato.
    "Fin troppo controllata. Quella magia involontaria che ha esploso quelle lanterne...è un chiaro segno. C'è così tanto che non lasci fuoriuscire, tanto che il tuo corpo ti sta urlando a gran voce di sfogare...lo sai meglio di me eppure...eppure perché ti trattieni?"
    Lo faceva sempre il mago oscuro, se trovava una persona palesemente controllata, che voleva evitare di essere quello che in realtà era, allora lui si sentiva il dovere di intervenire, come se spezzare vie umane nello spirito potesse essere l'ennesimo torto a Dio.
    Beh, in un certo senso lo era.
    Forse cerco di evitare le pene più atroci dell'Inferno.
    Non c'era ironia nelle sue parole, non sentì schernimento in quello che diceva... Westwood non era abituato ad affrontare questo tipo di discorsi con persone che effettivamente ci credeva, che intelligentemente ci credevano.
    Non rispose stavolta, perché questa paura lui poteva capirla, lui già sapeva che l'inferno aveva un posto prenotato per lui, per questo lottava con tutto se stesso per rimanere in vita, voleva tardare il possibile il momento in cui avrebbe sofferto per l'eternità.
    Tu assecondi la tua natura. Non temi le conseguenze?
    Mosse il collo Castiel, come a volerlo scrocchiare prima di rispondere a questa domanda, una domanda che richiedeva una lucidità che non gli apparteneva...ma che poteva venire in soccorso per una risposta almeno un po' vaga...
    In lui viveva ancora della lucidità, ma era limpida quanto poteva essere la nebbia.
    "A volte...credo? Dipende di quali conseguenze stiamo parlando. Tu non temi la possibilità di esplodere nel momento sbagliato...e con la persona sbagliata?"
    Lui non aveva il lusso di temere le conseguenze, la sua instabilità, la follia che conviveva nella sua mente non gli dava possibilità di decidere le conseguenze, di temerle a tal punto di frenarsi. Non poteva frenarsi, il suo controllo era tanto flebile quanto la sua lucidità.
    Esisteva, ma era debole...volutamente debole.
    Alzò le mani velocemente verso l'alto quando la ragazza si ribellò al suo tocco, lo comprese e forse in segno di un rispetto dato dal fatto che lei si stesse dimostrando più intelligente di tante altre persone abbassò il capo in segno di scuse.
    "Hai ragione. Ti chiedo scusa."
    Cosa assai rara, nemmeno ricordava l'ultima volta che aveva chiesto scusa a qualcuno, eppure la giovane fu in grado di scatenare questo in lui, fu proprio spontaneo scusarsi.
    Poi fu lo sgomento ad attraversare il viso di lei, un terrore che poteva comprendere perfettamente, una paura che lui stesso aveva, ma che non poteva assecondare.
    Le sue parole erano giuste, tutto quello che stava dicendo aveva perfettamente senso, non rispose però di istinto, non si lasciò nuovamente prendere dall'aggressività e l'impulso...
    Per poi persino fare una smorfia di dolore quando sentì quelle sue ultime parole... quelle si che erano maledettamente false.
    "E' proprio perché conosco il dolore più profondo e dilaniante che ho perso fiducia in Dio. Il dolore più immenso me l'ha procurato Lui. LUI, LUI MI HA TOLTO TUTTO."
    Indietreggiò, il suo petto si alzò di parecchio a causa di un respiro più profondo degli altri, ma non esplose nuovamente, perché finalmente aveva davanti qualcuno che poteva realmente capirlo, non poteva farla andare via. Non voleva farla andare via.
    "Perché si prega Dio? Perché, paradossalmente si dice "Grazie a Dio"?...Perchè ci si aspetta qualcosa da Lui no? Chi crede in Lui, è convinto che possa essere di conforto, di supporto, che possa intervenire in qualche modo quando le situazioni sono tremendamente tragiche...e invece? Ha mai fatto qualcosa? Niente. Lui non fa mai niente. Che cosa lo prego a fare? Che cosa lo ringrazio a fare? Perché dovrei celebrare delle messe in Suo nome e in nome di Suo figlio?...Per assurdo...l'ipocrisia del Demonio è più cristallina delle intenzioni di Dio."
     
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    Dannata Sobaki. Aveva sempre odiato quel luogo, eppure ne era irrimediabilmente attratta. Una prigione strutturata come un gorgo di gironi infernali, un regno a cui forse lei sentiva di appartenere e che la chiamava a sé con bramosa crudeltà. Forse varcare quelle mura, attraversare quell'Inferno per poi poterne uscire liberamente lasciandosi i dannati alle spalle era ciò che, più di ogni altra cosa, riusciva a farla sentire viva. Aggrappata alla vita, in grado di difendersi dalla sete dell'abisso che attirava a sé ogni essere umano e che per Cassandra avrebbe rappresentato un tormento infinito. Come molto di ciò che la riguardava, il suo rapporto con Sobaki aveva una natura morbosa. E continuava ad odiare quella prigione eppure a recarvisi, al punto che alla fine, proprio sotto la luce tremolante di quelle lanterne, si era imbattuta in qualcuno che andava oltre il concetto di dannazione. Un dannato lo era di certo, Castiel Westwood, ma diverso da tutti gli altri.
    Cassandra non aggiunse altro per difendere il suo essere restia a perdere totalmente il controllo. La minaccia della punizione divina era una spiegazione sufficiente a suo avviso: era convinta che, se si fosse abbandonata completamente ai suoi istinti e alla rabbia che sempre portava con sé, per lei non sarebbe stato più possibile tornare indietro. Fermarsi. Sarebbe diventata altro rispetto alla Cassandra che ancora riusciva a vivere nel mondo magico, relazionandosi con il suo prossimo e seguendo i suoi interessi. L'osservazione dell'uomo, tuttavia, colse nel segno.
    Lo temo ogni giorno.
    Non c'era giorno in cui non si chiedesse se sarebbe esplosa nel momento più sbagliato e soprattutto con la persona più sbagliata. Le persone a cui teneva erano davvero poche, ma erano anche quelle che aveva intorno più di frequente. Era inevitabile per lei chiedersi se la sua vicinanza le mettesse in pericolo, se il caos dentro la sua anima potesse rappresentare una minaccia per loro.
    Rivolse a Castiel uno sguardo intenso e vagamente sorpreso quando lui sollevò le mani, reagendo con prontezza al fastidio della brasiliana rispetto all'essere toccata. Si stava addirittura scusando. Cassandra avrebbe potuto giurare che persone molto meno pericolose e violente di lui non l'avessero mai fatto: era abituata ad essere guardata con sconcerto di fronte al fastidio con cui reagiva agli approcci fisici, pur pacati che fossero da parte del suo prossimo. Alcuni accompagnavano quello sconcerto al giudizio e allo scherno, più o meno espliciti, altri si rivelavano semplicemente turbati, addirittura mortificati in alcuni casi. I pochi che si scusavano lo facevano senza capirne il perché. Castiel sembrava invece aver compreso all'istante la sua reazione, averla accettata senza porsi domande. Fu questo a spingerla ad annuire silenziosamente, in segno di tregua, di fronte alle sue scuse. E forse quell'inaspettata dinamica contribuì anche a farle trovare la vicinanza tra loro meno allarmante, persino a solleticare nella veggente l'idea di voler portare avanti quella conversazione.
    Hai detto che Lui ti ha tolto tutto. gli fece notare a mezza voce, tutt'altro che indifferente alla sofferenza che sentiva pervadere la confessione dell'altro Credo sia per questo che si prega Dio, che lo si ringrazia: perché non c'è limite a ciò che può portarci via, alla sofferenza che può infliggerci. Siamo alla sua mercé.
    C'era senz'altro chi sarebbe inorridito di fronte alla sua considerazione. Ringraziare e pregare Dio al solo scopo di scongiurare la sua minaccia: non era certo questo il messaggio di pace di Cristo. Ma lei era sempre stata più un tipo da Antico Testamento, era stata educata così. E L'Antico Testamento era un tripudio di sangue, sacrifici, punizioni e morte.
    Forse le persone credono di pregare per il suo conforto, ma in realtà pregano per la sua clemenza. E quando si chiede clemenza è perché si ha paura.
    La maggior parte dei credenti amavano illudersi, raccontarsi storie. Venivano accusati dagli atei - ciechi e stolti - di immaginare ciò che nemmeno esisteva, ma la verità era che il loro errore era attribuire alla divinità valori di pietà e compassione a cui ambivano loro stessi. Non si soffermavano a riflettere su quanto l'essere umano si rivelasse spesso profondamente crudele, dando un'efficace spiegazione al passo in cui le Sacre Scritture sostenevano: "Dio creò l'uomo a sua immagine e somiglianza". Gli uomini sottomettevano coloro che ritenevano più deboli facendo leva sulla paura e avevano imparato a farlo dal migliore dei maestri.
    E se tu credi in Lui ma non lo celebri, non implori il suo Perdono e non ti struggi per la sua benevolenza.. riesco a pensare solo che devi aver smesso di provare paura.
    Quella considerazione le aveva attraversato la mente solo in quel momento, un improvviso lampo nell'oscurità dei suoi pensieri. Possibile che fosse vero? Westwood era così folle da non temere più la furia punitiva del Creatore? Si scoprì sconcertata da quell'ipotesi. Rimase a guardarlo, le braccia distese lungo i fianchi, tutto il corpo immerso in un senso di attesa e nessuna traccia della volontà di lasciarsi quell'uomo alle spalle.
    È così, Castiel? lo incitò, muovendo addirittura un passo per farsi più vicina a lui Se è così devi dirmi come hai fatto.
    Bisbigliava, come se tra loro stesse per rivelarsi qualche prezioso segreto. Ma in verità non riusciva a credere che la risposta di Castiel potesse essere affermativa e sospettava che, se anche così fosse stato, la sua assenza di paura potesse attribuirsi unicamente alla follia di cui tutti lo accusavano. Eppure voleva sapere, voleva una risposta. Una spiegazione all'arroganza che l'altro rivolgeva a Dio e che sembrava farlo sentire più libero di quanto la Rocha non fosse mai stata.
    Hai già perso ogni cosa, d'accordo. Ma.. c'è ancora l'Inferno, oltre questa vita.
    Come poteva non averne paura?
     
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    Era come osservare se stessi. Un se stesso più giovane, che dopo la morte dell'amore della sua vita e del suo amato figlio si era trovato chiuso in un ospedale psichiatrico a farsi le stesse domande che ora si stava facendo lei. Era tutto legittimo quello che si chiedeva, quello che diceva, Castiel non si sentiva offeso o provocato dalla ragazza, anzi, tutt'altro.
    Finalmente c'era qualcuno che si stava facendo le domande giuste, che capiva che per vivere in questo mondo era necessaria la paura di qualcosa di più grande di loro. Ma questa paura non doveva lenire la propria libertà, non doveva farli sentire come schiavi.
    Lui aveva avuto molto più tempo, rinchiuso in una stanza il tempo scorreva senza che se ne rendeva conto, le voci nella sua testa aumentavano, il diavolo gli aveva parlato mentre cercava di capire perché Dio gli avesse provocato tutto quel dolore.
    Dio non aveva risposto alle sue preghiere, non gli aveva dato alcun segno, niente di niente.
    Il Principe delle tenebre invece si era palesato, l'oscurità lo aveva accolto. Aveva paura dell'inferno? Certo che ne aveva paura, ne era terrorizzato.
    Ma per via di questo motivo doveva forse sottomettersi a un Dio tanto terribile? Un Dio che nonostante la sua devozione lo aveva torturato in quel modo? Assolutamente no.
    Lo temo ogni giorno.
    "E tu non vorresti avere più potere su questo timore? La paura non deve essere il tuo aguzzino."
    Dunque ora Westwood voleva cercare, come aveva fatto il Diavolo per lui anni addietro, instillare in lei il seme del dubbio, farle pensare a quella prospettiva che lui aveva potuto covare per diverso tempo.
    Lei sembrava non aver udito nessun sussurro, lei cercava quei sussurri? Magari il Signore oscuro lo stava usando come strumento verso quella ragazza.
    "Nonostante io lo pregassi, lui mi ha tolto comunque tutto. Quindi ora per cosa dovrei pregarlo? Lui ha già provato a toglierti qualcosa vero? Lo ha già fatto...ma...forse non ancora tutto."
    Il fatto forse era questo, lei magari aveva ancora qualcosa da perdere e aveva troppo timore di ribellarsi. Quindi cosa fare? Continuare a pregare per la sua clemenza fino alla morte? Non se lo meritava.
    "Che senso ha pregare un Dio che toglie soltanto. Oppure...ti ha dato forse qualcosa? O quello che hai te lo sei preso da sola?"
    Aveva attirato l'attenzione di quella ragazza, lo poteva vedere nel suo sguardo che ora c'era un luccichio, un qualcosa su cui il mangiamorte poteva attaccarsi. Sorrise prima di risponderle, un sorriso che in realtà non aveva alcun vero significato.
    "Non ho mai detto di non averne paura, ma quella paura non mi rende schiavo di Dio. Abbracciando un'altra via mi sono rialzato. La guerra che conduco contro di lui non mi paralizza. Il Diavolo mi ha dato gli strumenti, quella magia arcana e pericolosa che tanto viene resa proibita...eppure, perché esiste? Continuando a pregare la sua clemenza avrai per sempre delle catene legate ai polsi."
    Si toccò d'istinto i polsi facendo una smorfia, come se effettivamente delle reali catene per tanto tempo fossero state attaccate alla sua carne, lascando dei segni indelebili, un dolore indimenticabile.
    "L'inferno sarà la mia casa, è ormai inevitabile. Io il perdono di un mostro ipocrita non lo vorrò mai."
    Lui non avrebbe mai dato spazio alla ragione nella sua mente, se la lucidità fosse ritornata a regnare sulla sua mente, si sarebbe suicidato. Perché solo la morte poteva fermare la follia di Castiel e la morte che poteva ancora propagare.
     
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    Credeva che non si sarebbe trattenuta a lungo in quel luogo, una volta concluso ciò che era venuta a fare. Non lo faceva mai. Sobaki non le piaceva e ancor meno le piaceva avvertire ugualmente la necessità di recarvisi di tanto in tanto. Quel luogo la chiamava a sé proprio come avrebbe fatto l'Inferno, una volta che la sua vita fosse giunta al capolinea. Per questa ragione si affrettava sempre ad andarsene e mai si sarebbe sognata di trattenersi tra quelle mura al solo scopo di conversare con accoliti di Roeim o mangiamorte che fossero. Il suo mentore in effetti era l'unico a cui lei avesse mai rivolto più di qualche parola stentata e ritrovarsi ora coinvolta in una vera e propria conversazione con qualcun altro, qualcuno che non era certa noto per i suoi approcci "discreti", era sicuramente sorprendente. Persino destabilizzante, considerata la natura del discorso intrapreso.
    Annuì piano alla domanda ricevuta, una domanda retorica dopotutto e che non prevedeva molto più di una conferma silenziosa. Certo che avrebbe voluto esercitare potere su quella paura, avrebbe voluto controllarla, dominarla. Perfino riuscire ad annientarla. La paura era un'infezione che la divorava dall'interno, fin da quando aveva memoria. Aveva conosciuto la paura persino prima di conoscere l'odio, eppure anche quello era un suo antico compagno di vita. Tuttavia, non aveva mai individuato una strada che potesse portarla lontana da tale emozione: si poteva smettere di avere paura di molte cose, a suo avviso, ma non di Dio. Se ora si fosse ritrovata davanti i Rocha - e prima o poi sarebbe successo - non avrebbe più provato quell'angoscia che in passato erano stati in grado di provocarle. Quei babbani fanatici avrebbero conosciuto solo il suo risentimento, il suo odio, la sua necessità di restituire loro tutto il dolore che le avevano provocato. Ma come poteva porsi nel medesimo stato d'animo anche di fronte all'Onnipotente?
    Mi ha dato qualcosa.. soppesò quelle parole con aria distante, lo sguardo spento che si riaccese dopo qualche istante nel dare una conclusione ed un senso alla sua risposta ..qualcuno, per poi strapparmelo.
    La sua voce vibrava di risentimento. Sapeva che già solo provare tutto quel rancore era un atto violento verso di Dio, una bestemmia, l'ennesima espressione del suo essere un'inguaribile peccatrice. Non si contestava l'operato divino. Non lo si contestava nemmeno quando causava morte o atroci sofferenze, dunque lei non poteva biasimare il Signore solo perché aveva allontanato Luis, permettendo al gemello di capire che il loro rapporto non rientrava più tra le sue priorità. Eppure lei lo faceva: biasimava il suo unico Dio per questo, senza prostrarsi con umiltà all'imperscrutabilità del volere divino. Il dolore la portava anche a questo. Cassandra sollevò uno sguardo interessato su Castiel, quando lui alluse alle Arti Oscure e allo stretto legame che avevano con il Principe delle Tenebre. Era stato il Diavolo a generarle, così come ogni sfaccettatura del Male era univocamente riconducibile a lui, anche su questo lei e Westwood erano d'accordo.
    La magia oscura ha una natura demoniaca. Ma Lucifero è opera di Dio, solo che ha scelto di ribellarsi. Tu.. non credi che se ne sia pentito, dunque?
    Si era interrogata svariate volte in proposito. Quando Lucifero, l'angelo prediletto dal Signore, aveva guidato la rivolta contro Dio aveva segnato il suo destino. Cadendo aveva perso ogni traccia della sua lucente purezza e sprofondando nella terra aveva creato l'Inferno, trascinando con sé i suoi seguaci. Ma da quando l'Oscurità era diventata al contempo la sua casa e la sua prigione, non aveva mai desiderato di poter tornare sui suoi passi? Si sarebbe riaffidato a Dio se avesse potuto sperare nel suo Perdono? Era quella, infondo, la domanda che la spingeva ad inginocchiarsi ancora ogni sera e a pregare per una Salvezza che, fin da bambina, le era sempre stato detto di non meritare.
    Da quando hai fatto questa scelta, ti senti più libero?
    Interrogò nuovamente Castiel con una domanda che rifletteva a sua volta i suoi dubbi su Lucifero, questa volta riversati sul Westwood. Violare la Legge Divina, scagliarsi contro il suo Creatore, ribellarsi ad esso nel modo più blasfemo e immorale.. come lo faceva sentire?
    Quando riversi il tuo odio, la violenza, su qualcun altro.. ti sembra di liberarti di un peso?
    Lei non aveva ancora mai superato davvero quel confine. O meglio, aveva fatto soffrire diverse persone ma non si era mai portata via una vita umana. Eppure sapeva che la sua stessa natura la stava progressivamente trascinando in quella direzione. Conoscere Roy aveva rallentato il suo incedere verso il Male, ma non l'aveva mai arrestato davvero. Roy era importante. Ma questo non poteva annullare il fatto che la sua anima fosse infetta ormai da tempo. Da sempre.
    A volte mi sento come se dovessi far uscire il veleno da una ferita.
     
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    Tutti riuscivano ad avere qualcosa, nessun essere umano nasceva con l'assoluto niente. Pure nelle situazioni più tragiche un individuo poteva reclamare di avere qualcosa, ma quando quel qualcosa veniva strappato via senza alcune ragione o colpa come era giusto reagire? Accettare l'inevitabile e andare avanti sperando di riottenere di nuovo qualcosa? Sopportare il dolore e costruire qualcosa di nuovo?
    No, per Castiel la perdita di ciò che aveva di più chiaro senza avere nessuna colpa lo aveva portato inevitabilmente a reagire nel modo peggiore possibile in assoluto. Non avrebbe mai accettato a testa bassa un torto simile.
    Cosa aveva fatto per perdere sua moglie e suo figlio? NULLA.
    Non era stata una punizione meritata, non aveva subito un castigo dettato da come aveva scelto di condurre la sua vita fino a quel momento, lui era stato un uomo devoto e buono...eppure, Dio aveva voluto così e allora lui aveva reagito di conseguenza rendendosi ora meritevole delle peggiori punizioni.
    Lui ora era il mostro che andava ucciso, l'uomo che andava punito. Adesso si che si meritava il dolore che provava, ora aveva un cazzo di senso.
    "E come stai scegliendo di reagire a questo? Ti è stato strappato via per colpa tua? Tu hai fatto effettivamente qualcosa per meritare questo dolore? Quante volte hai potuto osservare situazioni in cui una persona soffre e gli viene ingiustamente strappato qualcosa solo perchè "doveva succedere e basta"? Non è qualcosa di tremendo?"
    Lui ora contribuiva a tutto questo, lui aveva ucciso e fatto soffrire persone innocenti, ne era assolutamente consapevole, ma Castiel era il prodotto di un'ingiustizia divina, un male che era stato generato per via di un'insofferenza ingiustificata, talmente tanto senza senso da farlo impazzire.
    "Penso che ogni essere vivente, divino o meno, possa provare pentimento. Il pentimento lo si prova quando non si ottiene quello che si sperava di ottenere, indipendentemente dal come. Se una persona ottiene gioia, soddisfazione o compiacimento uccidendo qualcuno sicuramente il pentimento non ci sarà. Se uccidendo invece non si ottiene nulla, puff ecco il pentimento e solo perché si è fallito non per via di qualche ridicola ragione morale."
    Fece una smorfia Castiel, ben consapevole dell'animo umano, dell'egoismo dell'essere umano di fronte alle proprie azioni, di come ogni scelta era condita da cosa si poteva ottenere emotivamente.
    Era strano comunque che si interessasse tanto a conversare con lei, ma erano rare le persone che andavano oltre la sua apparente follia, spesso nessuno cercava di capire cosa lo muovesse, lui era solo pazzo, distrutto dal dolore era solo impazzito.
    Invece c'era di più e questa ragazza stava indagando, nettare per l'ego di Westwood.
    Infatti le domande continuavano, domande che servivano a se stessa per l'appunto, ma domande più che lecite. Non così immediate le risposte tra l'altro.
    Si concesse del tempo, cercando di capire come avrebbe potuto risponderle. La libertà era un concetto troppo soggettivo, non si sentiva esattamente libero, ma consapevole.
    "Ogni ferita che infliggo, giustifica la mia disperazione. Quando riverso il mio odio sto meglio si...io sono condannato all'inferno e ne sono pienamente consapevole. Sono libero nel senso in cui Lui non può più farmi alcun male. L'unico dolore che sento è quello auto inflitto e quello lo decido IO. Io decido per me stesso e accolgo gli strumenti che mi permettono di rendere giustificato ciò che provo e faccio."
    Non era facile da comprendere, non con il quadro completo della sua vita, nemmeno era un uomo che era in grado di farsi pienamente comprendere tra l'altro. Senza contare che poteva persino contraddirsi da solo nella stessa conversazione. La follia c'era eccome in lui d'altronde.
    "Ti senti schiava di un dolore ingiustificato? Quel veleno che origine ha?"
     
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    Conosceva una sola risposta alla domanda di Castiel. Quella che le avevano sempre dato i Rocha, la risposta con cui lei e Luis erano stati cresciuti. Se vi erano risposte alternative, magari che non prevedessero una "colpa" da parte sua, Cassandra le ignorava. E forse, se le avesse udite, non sarebbe stata capace di credervi.
    Questo è ciò che mi è stato detto. confermò quindi, lo sguardo basso e assorto Sono cresciuta in una famiglia di devoti cattolici, per molto tempo mi è stato insegnato che meritavo ogni pena che mi trovavo a patire.
    I suoi occhi ora rifuggivano quelli dell'uomo. Era quasi surreale ritrovarsi a parlare della sua infanzia - seppur senza scendere nei dettagli - con quello che fino a qualche istante prima non era altro che un perfetto sconosciuto. Non aveva mai affrontato davvero l'argomento con qualcuno: non con Roy, né con Jerome o Alexander, nemmeno con Vanya nonostante la ragazza si fosse esposta subito con lei confidandole il proprio dolore. Forse la persona a cui aveva accennato qualcosa in più, quella che assurdamente l'aveva quasi spinta ad esporsi, era Hyram. E di certo non perché tra lei e il Price vi fosse un legame forte o un rapporto speciale. No, quella tentazione aveva avuto a che fare con la natura di Hyram, così come ora aveva a che fare con la natura di Castiel. Un filo conduttore inquietante e sintomatico di quanto lei si sentisse, in qualche modo, alla stregua di persone come loro. Eppure Westwood e Price erano molto meno simili di quanto la loro inclinazione oscura potesse suggerire.
    Ma così non prendi in considerazione il senso di colpa.
    Aveva ascoltato in silenzio le parole dell'altro, lo sguardo sfuggente che continuava a vagare nel corridoio fiocamente illuminato dal bagliore delle fiaccole. Ma ora i suoi grandi occhi azzurri erano di nuovo su di lui. Capiva il discorso che Castiel cercava di proporle ma non riusciva a riconoscersi, non riusciva a riconoscere l'essere umano in sé e per sé in quella visione così priva di guizzi di coscienza. Il pentimento non poteva essere legato solo a ciò che non si riusciva ad ottenere, semplicemente perché talvolta non scaturiva da un'azione esercitata con una finalità ben precisa. Il senso di colpa era una realtà più insidiosa, legata talvolta ad azioni non razionalmente indirizzate ad uno scopo, a comportamenti spontanei, espressioni della propria interiorità che si era incapaci di controllare. La maggior parte dei sensi di colpa che nutriva verso Roy, per esempio, avevano quella natura. Infondo Cassandra sapeva di non avergli mai fatto niente di male, tantomeno di averlo colpito intenzionalmente. Si era sempre sentita in colpa per l'anima persa che era in primo luogo, per la sua stessa essenza. La sua anima.
    Sei libero anche da questo giogo?
    Era davvero possibile un simile traguardo per un semplice essere umano? Persino Lucifero soffriva del castigo divino e aveva vagato come un esule nelle profondità della propria sofferenza e dello smarrimento, dopo aver perso la sua battaglia. Persino l'incarnazione del Male - Cassandra ne era certa - soffriva il non aver ottenuto alcun Perdono e il suo odio era in parte generato da questo. Ma la Rocha era abbastanza sicura che Castiel la pensasse diversamente. Sembrava molto distante dalla sua umanità, dall'empatia che caratterizzava solitamente ogni individuo, eppure i suoi occhi raccontavano di una sofferenza mai sopita, il che lo rendeva al contempo profondamente umano.
    Sembra davvero.. liberatorio.
    Quell'uomo era un mistero e forse conosceva risposte che per lei erano ancora oscure. Westwood riusciva a vivere nella consapevolezza della dannazione, senza fare alcun inutile sforzo nel tentativo di mutare il suo destino. Non indirizzava preghiere all'Onnipotente, non tratteneva l'odio che sentiva crescere dentro di sé. Era, a tutti gli effetti, libero.
    Ho sofferto a lungo, in un periodo della vita in cui non si è in grado di difendersi. spiegò, lo sguardo di nuovo lontano dagli occhi del mangiamorte Da allora sento che quel dolore si è depositato dentro di me, come un male incurabile. A volte credo che solo la violenza possa alleviare questa sofferenza, poi mi dico che assecondando un tale impulso diventerei un mostro come quelli che mi hanno cresciuta. Eppure.. non lo sono forse già diventata, ormai?
    Il corridoio le appariva più buio ora, mentre pronunciava quelle parole. Le fiamme delle fiaccole, troppo distanziate tra loro, potevano poco contro quell'oscurità così ingombrante. Inghiottiva ogni cosa, inghiottiva anche lei.
    "Costoro saranno castigati con una rovina eterna, lontano dalla faccia del Signore e dalla gloria della sua potenza."
     
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    "Non è una risposta. "Mi è stato insegnato che me lo meritavo"? Non ti rendi conto da sola di quanto sia assurdo? Perché sei così carica di rabbia se non lo trovassi già ingiusto? Ti sei meritata tanto dolore solo perché sei nata? Sarebbe quello il motivo? "Mi è stato detto", "Mi è stato insegnato"...io ho chiesto cosa ne pensi tu, non cosa ti è stato detto."
    Anche Castiel era cresciuto in una famiglia cattolica, ma nessuno gli aveva mai recato del male, la sua famiglia lo aveva amato, lui per anni aveva servito il Signore nel modo giusto, era un ragazzo come chiunque altro che credeva in Dio e nella sua parola...eppure...eppure perché gli era stato portato tutto via? C'era un vero motivo? No. Per cui era più che lecita la sua furia.
    Nessuno gli avrebbe ridato Gabriel, nessuno gli avrebbe restituito l'amore che Helena era in grado di trasmettergli.
    "Mh...il senso di colpa."
    Quello c'era. Se si fermava il giusto tempo per scendere nella profondità nella sua anima poteva scorgere una briciola di umanità, quell'umanità che se avesse preso improvvisamente il sopravvento lo avrebbe condannato a morte certa prima del tempo, prima di aver compiuto ciò che andava fatto.
    Perché era quello il punto, aveva accumulato così tanto dolore e senso di colpa che l'unica alternativa era il suicidio, ma come poteva realmente Castiel Westwood suicidarsi? Non era contemplato.
    "Ho controllo su di lui. Non ha le forze per contrastarmi..."
    Non stava esattamente parlando del senso di colpa, era come se, guardando al di la delle spalle di Cassandra, stesse osservano se stesso, quel se stesso che nonostante la perdita di ogni amore credeva ancora nel buono di questo mondo. Stupido illuso, sapeva che solo inducendo il suicidio avrebbe potuto fermare questa follia.
    Debole, non ne aveva affatto le forze e nessuno era in grado di raggiungerlo...anche se il rischio in passato c'era stato.
    Un punto debole che nessuno conosceva, non più...
    Tornò di scatto a guardare la ragazza, prendendo di nuovo la parola.
    "Se scegli di subire e basta, prima o poi non avrei alcun controllo, perché la mente umana cede al bisogno di rivalsa. Capiterà che perderai ogni freno nel momento peggiore di tutti."
    Lei si poneva troppe domande...ma d'altronde come poteva biasimarla? Lui stesso aveva dovuto patire anni di prigionia in quell'ospedale psichiatrico facendosi quasi gli stessi quesiti. Lui non aveva avuto scelta però, non era stato per niente semplice fuggire, così il tempo si era dilatato e la sua mente aveva divagato in ogni possibile riflessione inducendolo a una follia impossibile da monitorare.
    "Io non ho mai detto che quello che faccio non mi abbia reso un mostro. Certo che lo sono...certo che lo sei. Oh...si lo so, sono pazzo...me lo dicono tutti. Ciò che faccio è folle... il caos che smuovo lo è, ma mai...MAI...ho dichiarato di non essere un mostro. Sono un assassino, un torturatore. E' ovvio che non sono una brava persona...cosa credevi che ti dicessi? O si subisce il dolore o lo si provoca. O si combatte per la propria rivalsa o ci si lascia sconfiggere dalla Sua sudditanza. Ciò che devi decidere tu è questo."


    Edited by Castiel. - 16/8/2022, 15:25
     
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    Il fervore di Castiel le causava emozioni contrastanti. Da un lato ne era turbata, come le capitava con tutti i comportamenti altrui che le davano l'impressione di invadere il suo spazio personale, mettendo in discussione il suo sentire, le sue emozioni, cercando di esaminarle sotto una lente di ingrandimento per scandagliarne le sfumature. Era quella sensazione che spesso la induceva ad essere tanto respingente nei confronti del suo prossimo, a prescindere dalle buone intenzioni che potevano muovere la persona in questione. Dall'altro lato, Westwood era magnetico per lei: i suoi occhi inquieti la irretivano costringendola all'ascolto di parole che erano come un incantesimo difficile da ignorare. Tuttavia, la sua osservazione, impetuosa e categorica, dipinse un sorriso sardonico sulle labbra della brasiliana.
    Davvero mi stai invitando a razionalizzare? scosse la testa, come a sottolineare l'assurdità della cosa Non credo che tu capisca. Non riesco nemmeno a pensare.. qualcosa di diverso.
    Non era solo assurdo che fosse proprio Castiel ad invitarla a scindere il suo pensiero dal regno del terrore in cui aveva trascorso la sua infanzia. Quell'invito era surreale in sé e per sé, parlava di un uomo che non aveva idea di quanto profondamente i suoi primi undici anni di vita avessero determinato l'essere umano che Cassandra era adesso, le sue capacità di gestire l'angoscia, di scindere non solo Giusto e Sbagliato ma anche Vero e Falso. Per lei il peccato che si portava dietro dalla nascita era una verità assoluta, una colpa indiscutibile, la minaccia costante di un dolore che si era meritata. Provare a mettere in discussione quella realtà alimentava immediatamente una concatenazione mentale di disagio profondo che si trasformava in ansia, angoscia claustrofobica e infine puro e irrazionale terrore della morte. Nella sua mente riprendevano vita ricordi di violenza e reclusione, come se la volontà divina fosse pronta a scatenare su di lei l'Inferno per il semplice ardire di pensarsi vittima, ingiustamente colpevolizzata.
    Non ancora. Sono in gabbia..
    Quella piccola precisazione era già un enorme passo avanti, per lei. Prendere in considerazione l'idea che si potesse trattare di un "non ancora" e non di un "mai" era rivoluzionario, ma ciò non doveva essere confuso con la Speranza. Si trattava piuttosto di Disperazione, così violenta da indurla a sfidare l'impossibile pur di guadagnarsi la sopravvivenza. Se spezzare le proprie catene stava diventato un imperativo categorico, una necessità per scampare alla morte e all'Inferno, allora questo poteva darle nuova forza. Fu quel pensiero a spingerla ad alzare nuovamente lo sguardo sul suo interlocutore.
    Sì, è quello che temo.
    Socchiuse gli occhi, osservando intensamente Castiel nel rendersi conto che l'uomo pareva guardare qualcosa oltre lei, o forse qualcuno. Ma non le serviva voltarsi per capire che erano ancora soli in quel corridoio fiocamente illuminato dalle torce. Castiel era tormentato da fantasmi, esattamente come lei: non veri ectoplasmi appartenenti ad anime trapassate, ma spettri di ricordi dolorosi, ostinati e ossessivi.
    I mostri sono liberi, dispensano dolore senza remore. Ma è una libertà che porta con sé la solitudine.. e io non so se sono pronta.
    Questo lo sapeva, il mago oscuro di fronte a lei? Doveva essersene reso conto, nel corso degli anni. La Rocha non riteneva possibile che l'uomo fosse riuscito a far coesistere la sua decisione di abbracciare la follia, il Male, con qualunque possibile forma d'amore. Una scelta del genere comportava una rinuncia suprema, poiché non vi era anima in grado di amare che potesse convivere con tanto orrore, perdonare tali atrocità. Non un amico, non un fratello né un amante. Se Castiel era solo, non mostrava di soffrirne. Ma ciò che si poteva scorgere di un uomo nel corso di una conversazione era una parte infinitesimale del suo essere.. persino se si trattava di una conversazione come quella.
    Quel confronto aveva smosso qualcosa dentro di lei, lasciandole molto su cui riflettere. Ma un simile vicinanza era troppo intensa per poter essere perpetrata ancora a lungo, senza pause, senza che tra lei e il mangiamorte si creasse la giusta distanza per permetterle di capire quanto ancora fosse disposta a lasciarsi avvicinare in futuro. Era arrivato il momento di congedarsi.
    Ci rivedremo, Castiel?
     
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