Abigail?

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    Ho visto stamattina presto la sua lettera, subito ho pensato ad Abigail e non ho potuto fare a meno che pensarla per tutto il breve tragitto che ho fatto per arrivare qui in ospedale, infatti mi sono preso una passaporta per essere più rapido e quando arrivo al San Mugo sono circa le sette del mattino. Per fortuna oggi comincio a lavorare alle dieci e avrò tutto il tempo necessario per parlare con Vanja. Si, proprio Vanja. Mi chiedo ancora come mai abbia mandato una lettera a me, sono stupito da tutto questo e non riesco ad immaginare che cosa mi dirà. D'altro canto mi sento emozionato e agitato allo stesso tempo, non so esattamente come comportarmi ma di sicuro quando entrerò saranno le mie scuse a scivolarmi dalle labbra. Ci ho pensato molto, ho ripensato a tutte quelle volte in cui ci siamo incrociai facendo finta di non conoscerci, tutte le volte in cui i nostri sguardi si incrociavano e e venivo puntualmente rifiutato da lei, come giusto che sia dopo averla trattata in quel modo. Ho pensato a quella volta in cui abbiamo litigato, le parole che ci siamo detti e al fatto che dentro di me un po' lei mi manca. In realtà Vanja mi manca un bel po' e sono sicuro che oggi, la nascita di Abigail farà in modo di farci fare pace. Sono molto felice per questo avvenimento forse arrivato un po' presto, porto in mani un mazzo di girasoli e questo vuol dire che vengo davvero in pace, che ho bisogno di parlare con lei e dirgli che sono stato stupido, un bambino. Infatti la mia espressione è tirata, problematica, sto cercando di pensare alla frase migliore da dire quando entrerò in camera da lei. Ha peggiorare le cose ci pensa un incontro inaspettato, mentre proseguo lungo il corridoio incrocio lo sguardo di Ronny Lennox, l'auror avrà sicuramente già visto Vanja e il suo sguardo mi mette quasi in soggezione, infatti leggo rabbia nel suo sguardo, non so perchè ci guardiamo e non ci diciamo niente, io proseguo cercando di far finta di niente e incontro la professoressa di pozioni che mi passa affianco. Mi chiedo come mai lei proprio li.
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    Buongiorno. la saluto con un mezzo sorriso prima di fermarmi davanti alla porta di Vanja. Faccio un bel respiro e abbasso la maniglia, entro stringendo il mazzo di girasoli e mi fermo davanti alla porta guardandola. Ciao Vanja! sorrido e non riesco a nascondere la gioia di rivederla e di vedere Abigail per ala prima volta. Faccio qualche passo verso di lei e appoggio il mazzo di girasoli sul comodino. Come.. come stai? è da tanto che .. insomma, che non ci parliamo. non so bene cosa dire, mi sento un rincitrullito in questo momento. Mi guardo intorno e noto che di Abigail non c'è neanche l'ombra, probabilmente le staranno facendo qualche controllo. Abigail? alla fine dico sorridendo.
     
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    E' inutile cercare di sperare che il sonno sopraggiunga. Stringo gli occhi secchi e stremati dal pianto pregando di avere un momento di pausa dai miei pensieri, rabbie, frustrazioni, delusioni. Vorrei avere il potere di mettere in pausa il mio cervello, vorrei davvero che qualche guaritore competente mi prendesse il capo fra le mani e mi dicesse che può fare qualcosa a riguardo. Smettila di pensare V mi rimprovero e ciononostante non è sufficiente Non puoi cambiare le cose, essere una strega non ti rende onnipotente sul destino. Come non lo sono state le parole delle sorelle, le loro braccia intorno alle mie spalle, le rassicurazioni. Ci ho letto tanto dolore nel viso di entrambe, Skylee era distrutta. El è molto brava, nonostante la sofferenza che ci accomuna, a proferire le parole giuste al momento giusto.
    Di certo qualcosa di potente scorre nel tubicino collegato al mio braccio, ho perso persino l'interesse di volermi liberare di questi fili medici. Ho smesso di urlare in faccia a Bennet, sono caduta in una situazione di apatia, il dolore mi divora e ho chiesto con voce rauca e implorante di rimanere da sola. Così prima che le sorelle prendessero una pausa anche per loro, insicura lasceranno l'ospedale in fretta, ho dato loro un piccolo biglietto indirizzato a De Masi. El non ha detto nulla, comprende il motivo per cui lo faccio, probabilmente ha sempre capito cosa covo per lui ma non è questo il motivo per cui io ho voluto scrivergli stanotte. Abigail non ha colpe per i nostri diverbi, io sono stata senza cuore a volergliela portare via per punirlo: E' questa la verità, mi bruciavano a fondo le sue offese, non le ho ancora dimenticate. Non sopporto che lui abbia voluto ferirmi in quel modo e ci è riuscito bene. Eppure merita di sapere cosa è accaduto perchè anche se a parole non l'ha mai ammesso lui si era affezionato a questa bambina. Sono certa che avrebbe voluto prenderla in braccio prima o poi, che il nostro rapporto si fosse riappacificato oppure no, non potevo di certo vietarglielo. Lui aveva offerto casa sua, aveva cominciato a farsi da parte. Quella bambina stava rivoluzionando la sua vita nonostante non fosse sua. E' immenso il potere che un neonato può avere anche su una persona dal carattere duro e irremovibile. E Abigail, ancora prima di nascere, aveva preso Ethan De Masi e lo aveva stregato.
    Singhiozzando e stremata mi ero abbandonata sul materasso semi coperta dal lenzuolo. Non mi ero curata di bere da l bicchiere che El aveva preparato, nè avevo voluto altro. Dalle quattro alle sei e mezza del mattino ero rimasta nel letto a rigirarmi, scervellandomi su cosa sarebbe accaduto se solo non mi fossi mai trasformata in quella creatura che incredula non sapevo di essere. Il mio cervello continua a fantasticare su come sarebbe andata, mi continuo a chiedere perchè tutto questo sia successo e mi ammonisco profondamente definendomi inadatta dal principio.
    Sospiro all'ennesimo rumore in corridoio, per distrarmi e cercare di non impazzire mi sono focalizzata su ogni passo che riuscivo a udire, ogni voce poco chiara che passava davanti alla porta della camera diciassette B. Avevo studiato in silenzio il rumore dei carrelli di linea, le chiamate d'urgenza mascherate dai muri.
    Le mie orecchie seguono gli ennesimi passi affrettati che provengono dal fondo del reparto. Sono annoiata e rannicchiata di lata con il viso rivolto alla finestra orizzontale che percorre tutta la parete. Il sole è ancora nascosto dietro alle nuvole dell'alba novembrina, la luce è fioca e l'unica fonte di luce più intensa è la lampada sul mio comodino. SKylee l'ha voluta lasciare accesa, un po' come si fa per i bambini quando dormono da soli. E in queste condizioni ci assomiglio molto, perchè credo di essere più sull'orlo di un esaurimento nervoso che una ripresa.
    La porta si apre lentamente verso l'interno, percepisco un leggero fruscio seguito da dei passi incerti che aimè non sono propri del dottor Bennet, nè delle sorelle. E' qualcun altro e questo basta per focalizzarmi su quel suono che si avvicina. Rimango a dargli le spalle, immobile, con le dita che tengono il lenzuolo fermo sulla spalla sinistra. Tutto tace ad un certo punto, i miei occhi ruotano verso la spalla e rimango in ascolto. Chiunque sia, se un infermiere, chiederà o verificherà ciò che deve. Non ha bisogno di me. Ciao Vanja! la voce famigliare scaturisce una certa sorpresa in me, istintivamente le dita lasciano il lenzuolo e i muscoli della schiena mi provocano una fitta. Lentamente e con poca forza mi volto verso di lui, verificando che non mi sono affatto sbagliata. La sua sagoma è illuminata dalla luce della lampada da comodino, dietro di lui quella del corridoio ne definisce i contorni. Lo guardo in silenzio, notando che stringe in mano un mazzo di fiori, gialli e grossi come piacciono a me. Girasoli. Ci siamo persi in un campo di girasoli e ci siamo ritrovati la stessa sera, nel mezzo di una tempesta estiva. Sento una stretta allo stomaco mentre li appoggia sul vaso del mio comodino, dal lato opposto in cui c'è un altro piccolo mazzo. Il dolore mi trafigge vedendo che il suo viso è preoccupato ma tutto sommato felice. E'.. felice. Deglutisco e non riesco a salutarlo come vorrei, le accuse che ho per lui muoiono all'istante, le scuse che avevo elaborato in momenti di lucidità le dimentico. Ethan ha l'ansia da prestazione, è.. è venuto quì in velocità perchè.. perchè vuole vederla. Un'ondata di nausea mi coglie impreparata, metto la mano davanti alla bocca pensando di dare di stomaco all'istante. Non avviene per fortuna. E' da tanto che non ci parliamo dice e di rimando rimango immobile seduta sul letto a guardarlo. Ci siamo evitati per due mesi, io sono stata durissima nei suoi confronti ma ancora penso che abbia meritato e meriti la mia distanza. Sono fuggita dalla sua presenza ogni volta che percepivo la possibilità che lui potesse avvicinarsi; in biblioteca mi recavo al primo piano e quando lo vedevo salire per aiutare uno studente nella ricerca mi muovevo in un altro tavolo esattamente opposto a dove sarebbe passato. Ethan De Masi era diventato una persona che evitavo come la peste, ciononostante quando ero certa che lui fosse occupato mi perdevo a verificarne i movimenti: ai banchetti per esempio oppure in fondo al corridoio quando mi aveva già sorpassata. Mi dicevo che sarebbe passata, che ero stata una sciocca a lasciarmi coinvolgere e che ero venuta meno alla promessa a me stessa e mi maledicevo per questo, sottolineando che meritavo tutto ciò. Meritavo di sentire dolore per quella persona che non potevo volevo avere, che avevo allontanato facendo cazzate e con cui mi ero scannata nel quartiere di Londra sotto il tetto che in quel momento era nostro.
    Ho lo sguardo spento, stanco e le occhiaie viola sotto agli occhi comunicano un messaggio silenzioso: qualcosa non va. Credo che comunque ciò non basti a capire, probabilmente penserà che sono provata dal parto e sono certa che mi farà le domande giuste per ottenere le risposte che servono per dire la verità.
    Non riesco a parlare, sono bloccata dallo shock che mi imprigiona. Non mi sono mai sentita così e pur sforzandomi boccheggio. Si guarda intorno stranito, si sofferma su una poltrona vuota di fianco al letto, su delle riviste sul tavolino, l'acqua sul comodino, la porta del bagno privato socchiusa. I suoi occhi azzurri cercano qualcosa che non trovano eppure è semplice pensare che un neonato non è sempre in camera con la madre.
    Viene verso di me capendo che ho bisogno di farmi tirare fuori le parole di bocca. E' così.
    Sei venuto.. gracchio con la gola secca. Abbasso lo sguardo sulle mie dita nascoste dal lenzuolo. Sto.. malissimo. Ammetto. E probabilmente il cervello di un uomo sta pensando a quando difficile sia partorire un bambino, le ore che la donna rimane in sala parto e il dolore che prova. Un brivido mi percorre la schiena, pensando che da quella angolazione e rimanendo seduta in quel modo, Ethan non si sta rendendo conto che il mio fisico è quasi perfetto; strano per una donna che ha partorito poche ore addietro. Il seno è ancora semi gonfio ma percepisco che si sta ritirando pian piano, i punti al basso ventre tirano la pelle e verranno riassorbiti in pochissimi giorni.
     
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    Non avrei mai immaginato una scena del genere, in verità non avevo mai immaginato che Vanja potesse chiamarmi personalmente per venirla a trovare in ospedale dopo la nascita di Abigail. Non avevo mai pensato ad uno scenario del genere perché le cose stavano andando davvero male con lei, era così difficile però non pensarla, fregarsene altamente di lei era stato impossibile. Avevo più volte chiesto ad Ellie come stava, avevo sempre cercato di capire come stessero andando le cose e giusto ieri sera mi sono accorto della sua assenza in sala grande. Mi sono chiesto come mai, ma poi mi sono dato una risposta soddisfacente: sarà andata da qualche parte a farsi un fine settimana, visto che era venerdì. Ho pensato a mille cose quando sono entrato qua dentro, tutto tranne le cose peggiori, tutto tranne quegli occhi affossati e provati che mi guardano dispersi, questo suo sguardo mi uccide perché capisco che qualcosa non va, anche un bambino lo capirebbe, saprebbe sicuramente decifrare dalle sue espressioni che qualcosa sembra andato storto. Allo stesso tempo però mi dico che non è possibile, ma la sua voce mi tradisce. Sei venuto dice, ed io annuisco silenziosamente con uno sciocco sorriso, ignaro di tutto, forse voglio semplicemente dirmi che le cose sono andate liscie e che non è successo nulla. Quando mi dice che sta malissimo mi si spezza qualcosa dentro. Che cosa è successo? Abigail ha avuto qualche intervento? È nata malsana? Ci sono state complicazioni?
    I suoi occhi sono quelli sconfitti di una madre messa alla prova, il suo corpo è incredibilmente asciutto, mi stupisco di quello che vedo. Faccio un sospiro lungo e la mia espressione diventa seria, voglio infondere sicurezza in lei, voglio che tutto quello che è successo non fosse mai accaduto. Eppure mi avvicino a lei con calore, mi preoccupo per lei e mi lascio tutto dietro le spalle. Adesso m'importa solo di capire che cos'è successo. Ora lentamente mi siedo sul materasso che si abbassa, la mia mano va ad appoggiarsi sul suo braccio e il mio sguardo è fisso nei suoi occhi. < Che cosa è successo? > chiedo con la voce preoccupatissima, non lo so ma ho un brutto presentimento. Tutta questa storia che mi ha chiamato, questo coinvolgimento improvviso, c'è qualcosa di veramente importante che vorrebbe dirmi? < Perché stai male? > chiedo ancora con voce preoccupata mentre la mia mano accarezza quasi in modo impercettibile il suo braccio, abbasso lo sguardo proprio sul suo braccio e rifletto tra me e me, insicuro sulle parole da dire, ma alla fine mollo. < È successo qualcosa ad Abigail? > vorrei che rispondesse sinceramente, che si fidasse di me, vorrei anche dirgli scusa ma non mi sembra il momento giusto... Ora ho solo bisogno di capire che cos'è che non va, mi sto seriamente preoccupando perché non ho mai visto la faccia di Vanja in quel modo.
     
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    Il volto di Ethan cambia più volte, non riesco a decifrarlo come lui del resto non capirà il mio. Ammutolita alzo il mento su di lui solo quando parla nuovamente. Sento il materasso abbassarsi sotto il suo peso, prende posto di fronte a me, ponendosi di lato e il braccio si allunga verso di me. Il contatto mi fa sussultare, mi ritraggo prontamente come se mi fossi appena scottata. Ai suoi occhi potrà sembrare un rifiuto bello e buono eppure lo faccio d'istinto per un altro motivo: stai lontano da me, Ethan, sono pericolosa.
    Ancora una volta il silenzio fa da padrone, svio i suoi occhi che si soffermano a cogliere i dettagli di me. Adesso che è vicino mi scruta e io so benissimo che si sta rendendo conto che le cose non sono andate lisce come sperava. Eppure non mi chiede nulla del parto, in generale domanda cosa è successo. Boccheggio di nuovo mentre le iridi si inumidiscono di nuovo. Tiro su col naso scuotendo il capo. Perchè sto male? E' accaduto qualcosa ad Abigail?
    Sono tutte domande che hanno una sola risposta e che non riesco a pronunciare.
    Attuo la respirazione che El mi ha insegnato quando ero incinta, mi aiuta anche in questo momento, regola il respiro, placa la tensione. Il petto si gonfia sotto alla casacca ospedaliera, le mani gelate e tremolanti spostano il lenzuolo definitivamente rivelando il mio corpo avvolto nel pigiama ospedaliero bianco a pois blu scuro. Rivolgo i palmi verso di me, li osservo come se non li avessi mai visti prima. I-io.. sospiro e la voce è esageratamente bassa, come se alzando il tono sentissi le mie colpe ancora più grandi. Credo che questo dolore mi ucciderà, non riesco a vedere la luce in fondo al tunnel e spiegare quanto successo mi fa cadere uno scalino più a fondo.
    Il tubicino della flebo trema al mio movimento. Sposto lo sguardo grigiastro sul suo, mi sta osservando con una faccia incredula e in attesa. Vedo la fronte piena di rughette d'espressione. I-io.. mormoro tornando a guardarmi le mani. E-E' successo un imprevisto inizio a dire con voce traballante. Doveva essere solo un controllo aggiungo sconcertata. Soffio fuori il fiato incredula mentre un attacco di panico per l'accaduto sopraggiunge agitandomi maggiormente.
    Io.. l'ho uccisa. Rispondo. Le mani cominciano a tremare incontrollate, mentre le gote si rigano di lacrime calde e salate. Mi bruciano gli occhi perchè stremati. Io ho ucciso la mia bambina. Mi piego in avanti con la schiena formando una vaga C, un gemito strozza la mia agonia, il dolore muscolare è ancora presente.
    Quel poco che ho detto lo confonderà ancora di più, sembrano parole di una pazza in verità sono di una madre sotto shock.


    Edited by vânjaRosèncrañtz - 15/12/2021, 09:00
     
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    Io e Vanja ci guardiamo in silenzio e quel silenzio diventa lunghissimo. Più passa il tempo e più il mio cuore comincia a battere forte per l'agitazione, penso tutte le possibili cose che possono essere successe e mi sembra di impazzire se non mi dice subito la verità. Ho paura che sia successo davvero qualcosa alla piccola, quella bambina non era ancora nata l'ultima volta che ci siamo visti, eppure io ero già conquistato da lei, avevo offerto la mia casa per lei e avevo fatto spazio nelle mie cose per accoglierla, forse ho fatto tutto in fretta ma ho fatto le cose con il cuore, anche se poi mi sono comportato da idiota e l'ho fatto nel modo sbagliato. Ora non comprendo che cosa stia succedendo e stringo il lenzuolo con la mano quando lei comincia a parlare, ho solo paura di sentire una brutta notizia, lei balbetta e non dice delle cose chiare, mi ha appena detto che c'è stato un imprevisto e la mia faccia diventa sempre più seria. È venuta per controllarsi e lei l'ha uccisa, doveva essere solo un controllo dice. Faccio una fatica enorme a collegare le cose, non riesco ad immaginarmi niente e penso sia soltanto dicendo cose a caso solo perché è preoccupata per la piccola. Lei si piega, piange tantissimo e mi si spezza il cuore, rimango immobile davanti a lei senza sapere cosa dire né cosa fare, schiudo le labbra e le mia sopracciglia si aggrottano. < Ma che stai dicendo Vanja.. Stai solo.. Solo blaterando. > dico convinto annuendo, eppure è proprio qui davanti a me che piange e piange ancora, è disperata. < l'hai uccisa.. > dico a me stesso mentre la vedo ritirarsi dal mio tocco, ci sta che non lo vuole ma io vorrei tanto poterla consolare, non mi faccio domande e non mi pongo limiti. < Hey.. > appoggio una mano sulla sua testa e accarezzo i suoi capelli, voglio che mi guardi un attimo e quando finalmente ho la sua attenzione proseguo. < L'hai uccisa? Ma che.. Ma che s-stai dicendo non è possibile Vanja, ma cosa ti è capitato!? Non capisco. > dico quasi con rabbia perché davvero è tutto molto confuso, non sto capendo niente e mi rifiuto di credere alle parole che sta dicendo. Abigail sicuramente sarà in qualche posto, la staranno visitando perché magari gli è caduta dalle braccia appena nata, forse è successo un piccolo incidente o forse non lo so, mi sento confuso e sono impaziente di sapere. Io non lo so cos'è successo, mi è arrivata questa lettera stamattina, poi sono subito corso in ospedale quasi felice per quella notizia improvvisa, adesso si sta drasticamente trasformando tutto e non capisco che cosa sia successo. Lei continua a piangere e non riesce a parlare, istintivamente la tiro verso di me prendendola dal braccio e cerco di consolarla abbracciandola, me ne frego altamente di quello che è successo, Vanja ha bisogno di me. < Cerca di calmarti.. Per favore, io non.. Non lo so che cos'è successo, ma secondo me sei solo preoccupata. >
     
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    E' chiaro che Dillon non capisce, come potrebbe del resto servendosi di frasi farfugliate, dette a metà, spezzate dai singhiozzi continui. Metto a fuoco la sua figura con fatica visto che la vista è annebbiata dalle lacrime che continuano a prodursi senza sosta. Il corpo trema, tossico più volte; è chiaro che il mio organismo è stremato da tutto questo e anche dalla trasformazione della sera prima.
    Scuote il capo dinnanzi a me, ancora seduto rivolto verso la mia figura che è tutto fuorché da vedere. La stanza è colma dai miei pianti e le sue domande che anche se non le pone con velocità sento che le sta accumulando. A tratti i suoi occhi vagano increduli su di me, noto una vena di nervosismo nella sua fronte quando avvicina le sopracciglia fra loro. Oltre a non capire (e io vorrei tanto che mi leggesse nel pensiero per risparmiarmi un'altra ondata di dolore nel raccontarlo) sembra infastidito dal temporeggiare. Non lo sto facendo di proposito, non trovo le parole giuste per dirgli che Abigail non c'è più per colpa mia.
    Fisso confusamente le lenzuola spiegazzate mentre la sua voce tranquilla cerca di farsi strada nel mio vortice di insicurezza e agonia. Le dita della sua mano si insinuano nei miei capelli, in un'altra occasione avrei chiuso gli occhi e mi sarei goduta la dolcezza di quel gesto. Anche se non gli avrei detto che amavo quando si prendeva cura di me sarei stata in silenzio a subire quella carezza che sa di "aiuto". Il suo modo silenzioso di infondere sicurezza sarebbe l'ideale per una persona che desidera di essere aiutata ma non lo è per me per tantissimi motivi. Sono ancora ferita da lui e dopo aver capito che cosa sono in verità penso che le persone debbano starmi lontano: sono un lycan, non so frenare ne anticipare il momento in cui lo divento.. e sono un'assassina. Vivrò per tutta la vita con il peso della morte di Abigail nella mia mente, non credo che esista un intruglio magico capace di farmi dimenticare questo evento. Non posso dimenticare otto mesi di gestazione caratterizzati da un'esponenziale interesse per lei. Se lucidamente ci penso un poco, quella bambina mi ha cambiata non solo nell'aspetto. Abigail si è fatta amare col tempo e non solo dalla sottoscritta ma da tutti, quella bambina senza volto ha rimesso in sesto dei pezzi di me che credevo non si sarebbero incollati mai: ha messo la parola fine ad una vita senza significato, una vita da ragazza a cui piaceva divertirsi senza porsi tante domande. Io non credo che nel mio futuro sarò una persona seria e perfetta ma sono sicura che non ho bisogno di sentirmi felice per una notte, non ho necessità di passare da un uomo ad un altro od ubriacarmi giorno dopo giorno per soffocare le mie frustrazioni. Mi divertirò in modo congruo e soprattutto sono sicura che Abigail è stata un tramite per riaccendere qualcosa che mi sono promessa di non voler sentire più: l'amore per una persona. Non posso negare che lei si è fatta amare dalle sue mamme che l'hanno sempre messa al primo posto, ma si è fatta anche amare dalla persona che oggi è quì davanti a me e che non avrei creduto arrivasse col fiato tirato e con un mazzo di girasoli in mano. E' incredibile la forza immensa che ha esternato e il petto ha un sussulto ripensando a quei momenti in cui le attenzioni erano per lei e non di certo per sua madre.
    Indecisa alzo le iridi umide su di lui, è di fronte a me con il braccio teso sulla mia testa. Annuisco tremante. Si l'ho uccisa mi piacerebbe urlare. Cosa non capisci Ethan? Perchè lo devo ripetere? Sono chiaramente shockata e mi sto arrabbiando contro la frustrazione di dovergli dare questa notizia. Io non voglio vedere la sua reazione, mi piacerebbe voltarmi e dirglielo dandogli le spalle. In preda alla responsabilità che percepisco in questo momento sono scossa da altri pianti isterici e contro ogni previsione le sue braccia enormi mi avvolgono, mi stringe sul suo petto. Percepisco il suo calore eppure vivo dentro una diversa dimensione fatta di paure e di vergogna. Piango di nuovo così forte che davanti a lui non mi sono mai mostrata così debole. Non c'è spazio per le apparenza adesso. Le sue dita smuovono i boccoli ramati e le mie lacrime bagnano la sua maglietta, chiudo gli occhi e il tremolio dei singhiozzi mi fa tremare contro di lui. Con la faccia nascosta e la fronte appoggiata rispondo a tratti alla sua ultima domanda e alla sua frase. E' così.. E' successo che.. mi sento in apnea, fatico a respirare come si farebbe normalmente e di conseguenza anche a parlare. Io.. io con un movimento di spalle ricavo dello spazio fra me e lui, il minimo che serve per spostare i miei palmi sotto il mio mento. Abbasso lo sguardo su di essi e credo di vederci degli artigli. Anzi, forse sono così shockata che li vedo davvero, e sono insanguinati nonostante io ieri non abbia ferito nessuno. Sento il cuore andare a mille. H-ho ucciso Abigail ripeto traballante. S-sono diventata un.. tiro su col naso continuando a fissare le mani come se fossero qualcosa di orribile. Un lupo. Sospiro con difficoltà e ripenso alla sua reazione a Londra quando ha saputo che Abigail sarebbe stata un lycan come suo padre. Lui si inferocì così tanto da snocciolare una serie di offese nei miei confronti e io difesi a spada tratta la natura di quella che doveva essere mia figlia. N-non lo sapevo.. io non sapevo di.. di essere c-come lei. Un'altra ondata di pianto spezza l'aria della stanza numero diciassette B. Lei.. non.. la trasformazione non.. non l'ha risparmiata.. il mio corpo e abbasso le mani a toccarmi quelle parti che riesco. L'ha uccisa..
    Un urlo disperato si disperde mentre mi aggrappo al tessuto che riveste il suo petto percependo il suo corpo allenato. Mi passano per la mente diversi spezzoni di visioni e affannosamente in preda alla disperazione penso ancora che ci sia un modo. Un modo di portarla da me. Non so come, non sono una maga formata ma ci deve essere. Al costo di mettermi nei casini più malsani, di rivolgermi a stregoni oscuri o che altro. Io voglio credere che ci sia un modo di riaverla. Oppure sono speranze condite dal dolore che io nego di voler accantonare.
     
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  7. ;dillon
     
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    Rimaniamo abbracciati per minuti che sembrano ore, nella mia mente ripenso a quei momenti semplici passati insieme e mi sento così idiota, mi pare di aver sprecato il tempo a stare lontano da lei, ma certo che l'ho sprecato. Dillon, tu non sai mantenere le relazioni, sei sempre stato un grande disastro in questo, ma ora che Vanja piange ed è distrutta, ora mi sento ancora più che mai parte di lei, non voglio lasciarla e vorrei poter fare qualcosa per farla stare bene, mi sento così dannatamente inutile. Il suo pianto mi disarma, mi sembra di impazzire. La sento parlare mentre i miei occhi guardano il muro che ho di fronte, lo sguardo è spento e preoccupato e il cuore batte sempre più forte, lei si stringe a me e le mie braccia la proteggono, la stringo a me più forte.
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    Non riesco a collegare le sue parole, ma appena mi dice che è diventato un lupo sussulto, non ci posso credere.. mi manca il fiato per un attimo. Si stacca per un attimo e la guardo incredulo, scuoto la testa. oh mio dio. riesco a sussurrare solo questo. Così Vanja è un lupo, una cosa che non mi aspettavo neanche lontanamente e sono completamente stravolto dalla notizia. Dice che Abigail non è sopravvissuta perchè schiacciata da quella trasformazione che l'ha completamente soffocata, non ha lasciato scampo alla piccola neonata che desideravo tanto di vedere. Istintivamente guardo i girasoli che mi sembrano più spenti che mai, continuo a scuotere la testa e i miei occhi si riempiono di lacrime. Lei si stringe di nuovo a me e le mie braccia la stringono nuovamente, piango insieme a lei senza nessun tipo di sosta. N-non devi s-sentirti in.. colpa, n-non lo sap-pevi. un lamento esce dalle mie labbra e le lacrime non finiscono mai di scendere, piangiamo abbracciati per dei minuti che sembrano infiniti e lunghissimi. Mi dispiace... ta-ntissimo. dentro di me ho tanta confusione e vorrei urlare, vorrei non piangere ma non ci riesco, il mio cuore si è appena spezzato ed è difficile rimarginare una ferita del genere.. penso a Vanja, lei starà soffrendo molto di più e mi sento piccolo, non so neanche come affrontare tutto questo dolore. Cerco di scostarla un poco per guardarla negli occhi, siamo irriconoscibili sotto tutte quelle lacrime. Ma.. io n-non capisco, come mai ti sei trasformata .. è successo q-qualcosa, ti hanno fatto arrabbiare .. ? io non lo so, vorrei poterti aiutare .. vorrei.. faccio un profondo sospiro e cerco di calmarmi Vorrei non averti mai lasciata andare via quella sera. parlo senza fermarmi F-forse è anche colpa mia e farò qualsiasi cosa per farti stare meglio. torno a stringerla tra le mie braccia e poso dei baci sulla sua testa. Mi dispiace tanto. Davvero tanto.
     
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    Ti prego Ethan non me lo far spiegare nel dettaglio penso fra me mentre sento il cuore frantumato nel petto. Non so come sia successo nel dettaglio, lei è s-soffocata, oppure l'ho.. frantumata.. c-come lei sia morta non mi è chiaro ed avere il cervello annebbiato dai farmaci che scorrono in me non mi aiuta. Mi sento responsabile, se solo avessi saputo.. io.. io avrei preso dei sedativi.. avrei evitato qualsiasi cosa per diventare quella b-bestia. Così la mia mente mi punisce col volto addossato alla sua maglietta fradicia. Mi sento così piccola e così stupida dinnanzi a lui. Le sue braccia muscolose mi raccolgono come se fossi qualcosa di fragile che va protetto, come se quel grande uomo potesse avere la forza di rimettere insieme i pezzi di me che adesso non ne vogliono sapere di ricomporsi. E chissà quando avverrà, servirà tanto tempo o forse non mi passerà mai.
    Oh mio dio.. lo sento sussurrare al mio orecchio. Noto strazio nella sua voce e non ho coraggio di guardarlo in volto per paura di essere giudicata da lui. Un altro gemito di dolore si azzera sul suo petto, sussulto fra un singhiozzo e l'altro.
    Vorrei nascondermi, per una frazione di secondo penso che farei bene a invitarlo a tornare a casa. Perchè ho voluto dirgli questa notizia? Adesso il fatto di averlo convocato mi provoca nausea perchè forse facevo bene a tenerlo fuori da tutto ciò. Magari sapere di Abigail in un altro momento non lo avrebbe fatto sentire così.
    Mi pietrifico e smetto di tremare quell'istante in cui sui miei capelli si posa il suo mento, delicatamente, alcune gocce provenienti dai suoi occhi calano su di me.
    Ethan sta piangendo.
    Lo fa in modo più composto di me e mi sento dannatamente stupida. Che cazzo ho fatto?
    Sento la colpa del fallimento farsi più grossa: io ho voluto ferirlo portandogli via Abigail, quella sera il mio intento era quello. E oggi partecipa al mio dolore più grande. Che cazzo ho fatto?
    Con voce rauca cerca di convincermi che non è colpa mia ma una voce incatenata nel pianto gli risponde prontamente. Sono stata io! replico con naso appiattito sul petto. Io! urlo con la faccia incollata a lui.
    Un silenzio rotto dai singhiozzi inonda la stanza prima che le sue mani invitano il mio corpo a scostarsi da lui quanto basta per guardare il mio viso dagli occhi gonfi, la pelle bianca come uno straccio e il dolore fatto persona. N-non puoi aiutarmi gracchio scuotendo il capo, i capelli si incollano al volto sudato e sporco di lacrime. Le dita tremano e si appoggiano ai suoi avambracci che mi tengono. Sono debole come un lenzuolo e ho paura di svenire da un momento all'altro. Ieri.. ieri quando sono venuta in ospedale.. ho.. ho incontrato mio padre. Le labbra si serrano nervosamente e il volto di Zoya compare nei miei pensieri. E mia madre aggiungo velocemente. Mi hanno detto come sono andate le cose.. le menzogne che si sono detti.. L-la mia infanzia è stata il r-riflesso dei loro errori e delle guerre che si sono fatti.. Metto il pugno chiuso davanti alla bocca soffocando un conato di vomito. Deglutisco. Ed.. è successo chiudo gli occhi cercando di regolare il respiro. M-magari loro lo sapevano.. io.. potevo salvarla. Ricomincio a piangere metre si fa strada la frustrazione poichè non posso più fare nulla per sistemare le cose.
    Ripete che vorrebbe aiutarmi e io scuoto il capo mentre le labbra si inondando di lacrime salate. Shh! dico con un dito tremolante posato davanti alle labbra. I-io.. quella sera.. volevo portartela via spiego ed è la verità ma non so quanto mi creda, non so nemmeno se abbia accantonato l'episodio della biblioteca. Deglutisco saliva che ormai non esiste più. Volevo privarti di lei.. Volevo p-punirti metto le mani davanti alla faccia. Te lo meritavi.. io.. io odiavo le tue parole.. tu.. sono ancora arrabbiata con lui ma la situazione schiaccia queste sensazioni anche se sono annidate in un posto nascosto per ora. E.. Perchè continuavo a vederla.. non potrà capire che mi riferisco a delle visioni, non gliel'ho mai raccontato. Piango più forte piegandomi in avanti. Io la vedevo.. attraverso t-te le mani mi coprono per bene il volto per non farmi vedere mentre esterno uno dei segreti più grossi che io gli abbia mai nascosto. Vedevo Abigail quando lo baciavo, oltre a volerlo di mio spesso cercavo un suo contatto perchè desideravo alimentarmi di quei piccoli spezzoni futuri.
    So che ho detto cose insensate dinnanzi a lui, forse dovremo parlarne.
    Con fermezza avvolge di nuovo il suo braccio intorno a me traendomi su di lui, i capelli nascondono il mio viso e le sue labbra si posano su quei boccoli ramati. Il calore di quell'abbraccio è forse un punto di partenza per un futuro chiarimento.
    O forse no.
    Forse devo allontanare le persone che amo per la loro sicurezza.



    Edited by vânjaRosèncrañtz - 20/12/2021, 22:08
     
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    Vorrei fare qualsiasi cosa per quel pianto che non si frena e che mi crea un buco enorme dentro al cuore. Non posso fare altro che condividere le sue lacrime, condivido il dolore dentro di me come se Abigail fosse stata figlia mia, forse non posso dirglielo adesso ma io la vedevo così, e anche se sono stato uno sciocco mi sento di essere completamente parte di questa storia e non ce la faccio a sentirmi un estraneo, ho appena scoperto che Vanja è così preziosa che mi pento per tutto il tempo passato stupidamente lontano da lei. < No.. No. > rispondo quando continua a dirsi che è stata per colpa sua, la stringo ancora a me cercando di fermare le mie lacrime. E poi all'improvviso comincia a raccontarmi qualcosa che neanche mi aspettavo, un a rabbia nasce dentro di me nel sentire quelle parole. BASTARDI. penso tra me e me scuotendo più volte la testa, sono distrutto da tutte queste emozioni ma dentro di me si accende una scintilla, vorrei reagire, vorrei fare qualcosa per lei.. P
    null
    er farla stare meglio, ma cosa posso fare? < Cosa? > quasi non credo alle sue parole, ci stacchiamo e la guardo negli occhi, il mio sguardo è turbato profondamente dalla tristezza del momento. < T-tuo padre e tua madre c-chi sono Vanja? Li conosco?? > domando seriamente mentre le mani appoggiano sulle guance di Vanja, voglio che mi guardi e voglio che capisca che la sto ascoltando, che voglio sapere di lei perché ci tengo, perché è estremamente importante. < Come hanno potuto fare una cosa del genere.. Maledizione. > il mio tono è basso ma adesso appare amareggiato e arrabbiato, io non avrei mai fatto una cosa del genere eppure... Lo stavo per fare, abbandonare Abigail lasciandola da sola. Ma cosa dico? La mia situazione è diversa eppure...
    Quando sto per dirgli che vorrei aiutarla mi dice di stare zitto, ascolto le sue parole.. Schiudo le labbra e arriccio la fronte, la mia espressione è dispiaciuta ma mi sento colpevole di tutto, sono stato io a farla andare via, e penso che adesso non esiste un altro momento per dirgli che mi dispiace, non mi metterò a perdere tempo, io voglio essere in pace con lei, vorrei tanto che potesse contare su di me in un momento così difficile. Le mie dita si muovono accarezzando leggermente le guance di Vanja, anche se lei si nasconde. < Hey hey hey ssh! > cerco di intrecciare il suo sguardo distrutto, mi avvicino a lei sussurrando. < Sono stato io l'idiota lo sai no? io mi sono incazzato stupidamente, davvero.. Io volevo soltanto che tu non mi nascondessi le cose perché ci tenevo a.. Condividere le cose con te e non volevo sentirmi un estraneo, è la verità Vanja devi credermi. Quelle parole che ti ho detto non sono vere, ero solo arrabbiato ma non ho mai voluto farti stare male. Sono stato un idiota. > nella confusione di tutto si nasconde e mi dice che lei vedeva Abigail attraverso me. E non capisco, non ci arrivo. < Cosa? > lascio le sue guance e le mie mani scendono sulle sue, stringendole. < Ehy guardami Vanja.. Che cosa vuol dire che vedevi Abigail attraverso di me? >
     
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    Trasalisco alla sua domanda perchè non ne sono affatto preparata: chi sono i miei?
    Lo osservo silenziosa per un po' di secondi, soffio il fiato dalle narici e rimango senza parola pensando a che rapporto possa avere lui con la professoressa Stojnov. Non ho ci ho fatto particolarmente caso alle frequentazioni e amicizie del personale della scuola perchè quando una cosa non è fra i tuoi interessi non la studi nemmeno stando seduto al banchetto tre volte al giorno. So che spesso sedevano vicini, la professoressa e i fratelli De Masi ma ciò può essere un'informazione di poco conto. M-mio padre è..è un medico molto conosciuto mi servo delle parole che le persone dicono ma che io non condivido. Non lo lodo, anzi, non è praticamente nessuno per me se non che il suo DNA scorre nelle mie vene. Non so di preciso se sia primario del San Mungo, se rivesta il ruolo di direttore o che altro, ciò che so di lui è che non ha salvato la mia bambina e ciò lo etichetta come una persona con cui non voglio assolutamente avere a che fare. Lavora quì dentro deglutisco amaramente e socchiudo gli occhi. M-mi fidavo di lui.. c-ci eravamo parlati da paziente e medico. Lui aveva detto che.. mi copro il naso e la bocca con le dita biancastre. Che si sarebbe preso cura di me e lei qualsiasi complicazione sopraggiungesse dal controllo al parto e durante. Tiro su col naso. Si chiama J-Jonathan Bennet.. e.. non ha salvato Abigail.
    Il silenzio cala pesantissimo nella stanza. Siamo scostati di poco, quel che serve per parlare anche se con la pesantezza dell'accaduto sulle spalle tendo a non incrociare il suo sguardo. Non ha senso girarci intorno e farlo aspettare, pronuncio la verità nuda e cruda senza pause. La signora Stojnov è mia madre. Alzo gli occhi sui suoi lentamente per vedere le sua reazione e rimaniamo così, con la schiena immobile uno di fronte all'altro, col respiro traballante.
    C-come hanno potuto non lo so abbasso lo sguardo e scuoto la testa. Sicuramente erano giovani.. pare che ognuno avesse le sue idee e i suoi r-rancori ed è andata così..
    Fra me penso che poteva essere andata esattamente come detto infine, io avrei covato del fastidio e non avrei condiviso le loro scelte ma non doveva capitarci di mezzo Abigail.
    Cerco di nascondermi di nuovo poichè un'altra ondata di angoscia si prende gioco di me. Piango mentre tossisco stremata. Le sue dita sfiorano il viso con il chiaro intento di consolarmi. I suoi occhi color oceano sono lucidi e sono chiaramente scossi e rammaricati.
    Le sue scuse riguardo il nostro litigio giungono inaspettate, si collegano a ciò che gli ho spiegato. Non stavo mentendo e spero non lo stia facendo nemmeno lui. Non è il momento per covare rabbia e sputare false cose per alimentare problemi futuri e oggi mi sono liberata di una parte di colpe e tralascio altri segreti che tengo per me. Lui non è pronto e forse non lo sarà mai a meno che non diventerà qualcuno per me davvero.
    Si proclama un idiota e io senza sconti annuisco pensando che sì, lo era stato e tanto uguale lo avevo etichettato tutte le volte che lo avevo beccato fissarmi di passaggio quando mi fermavo a parlare con le Corvonero, al banchetto oppure quando filavo in fondo allo stanzone della biblioteca. Pensavo di avergliela fatta franca ogni volta ma in verità sentivo a distanza il suo sguardo su di me. Di rimando io facevo lo stesso, prendendo al balzo la possibilità di guardare oltre le teste chine dei partecipanti alla cena o al pranzo del giorno per osservare la tavolata del personale.
    Racconta che voleva essere coinvolto nella gravidanza e in quello che riguardava Abigail e sento un fastidio al petto pensando che il motivo per cui avevo causato quel casino era appunto perchè io non volevo rimanesse coinvolto nelle mie cose e in quelle delle sorelle. Penso che non sia pronto a ricevere questa durissima risposta quindi rimango in silenzio perchè alle volte è meglio celare ciò che si pensa per non rendere il momento più problematico di quanto sia.
    Adesso che ci siamo detti l'un l'altro ciò che di sbagliato abbiamo detto o fatto quella sera forse è il momento di dargli qualcosa in più. Un briciolo posso concederglielo perchè questo non comporterebbe la confessione di sentimenti o altro, è solamente la verità che deve sapere.
    Annuisco. E' così confermo quando la sua faccia sbigottita mi fissa a lungo e le sue mani cercano le mie per darmi forza. Q-quando stavo con te.. sospiro. Quado io e te stavamo insieme a lungo capitava di riuscire a vederla. Spesso.. le persone come m-me mi tocco il petto. Riescono a v-vedere un qualcosa che verrà.. servendosi del contatto sospiro. C'è un margine di e-errore.. ma.. ma quando succedeva.. Abigail era.. era in tua compagnia chiudo gli occhi respirando a fondo, appoggiando la fronte sulla sua. Sono sudata, appiccicosa, non sono di certo una ragazza gradevole quest'oggi. E-era.. così bella.. coi capelli biondi e.. gli occhi di ghiaccio..la pelle di luna e.. ed era felice.. tu lo eri. Rimango immobile sentendo il calore della sua fronte fondersi con la mia pelle. Sospiro. N-non succede più.. apro gli occhi fissando da vicino i suoi. Ora N-non ci riesco più.. dico istericamente addossandomi a lui. Sotto shock per il fatto che il contenuto della flebo non è sufficiente a mettere a dormire le mie paure e a rendermi lucida. E' troppo presto per non collegare piccole cose all'accaduto.
    I minuti passano silenziosi e la mia energia diminuisce eppure ho i pensieri così vivi che non riuscirò a riposare come si deve.
    Mi stacco velocemente da lui come improvvisamente fossi tornata in me. Scuoto il capo e scivolo indietro nel letto, scuotendo il capo come se stessi negando qualche accusa. Io.. io me ne devo andare. Non.. non voglio vivere chiusa in un ospedale.. devo andare via.. lei.. lei verrà con me.. lui la porterà di nuovo fra noi vero? E' così no? Le frasi sono sconnesse e incomprensibili. Poi.. poi io non voglio tornare ad Hog.. non posso.. io non posso sussurro a voce alta anche se sto parlando solamente con me. Non voglio vedere la camera colma di.. di cose sue. H-Ho bisogno di stare da sola. Da sola.
    Sospiro e gli volto le spalle.
     
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    Le parole di Vanja piano piano cominciano ad assumere forme precise nella mia testa o meglio: volti precisi che comincio a collegare. E ci rimango di merda perchè si, il primo lo conosco e mi chiedo: chi non lo conosce? quel riccone avido di successo, il dottore che non mi è stato mai particolarmente simpatico ma che nonostante tutto io stimavo per le sue immense qualità. All'università non si faceva altro che parlare delle sue imprese. Ora che penso che è il padre di Vanja dentro di me sento crescere una grande rabbia, quell'uomo con una vita di successo, una vita agiata, avrebbe potuto benissimo provvedere a tutte le necessità di Vanja invece di lasciarla al vento e alla pioggia, parola che si dice, ma lasciare una figlia nel mondo non è mai una
    null
    buona scelta.. e se il primo nome mi fa storcere il naso, il secondo mi fa spalancare gli occhi. Cosa? dico in faccia a Vanja senza capire davvero fino in fondo. LA PROFESSORESSA DI POZIONI, OH MIO DIO. L-lei è tua madre? sbatto le ciglia più di una volta e scuoto la testa incredulo, ora le lacrime sono sparite e dentro di me c'è solo un'immensa rabbia. Io stimavo quella donna, è una mia collega e in qualche modo io l'ho conosciuta, ora mi sembra solo una figura odiosa. Come cazzo è possibile che quella donna non abbia un cuore per sua figlia? vorrei dire a Vanja che i suoi genitori mi fanno schifo, che meritano di soffrire ma invece mi trattengo, perchè so che è un momento delicato e potrei far male con ogni mia piccola parola. Non esistono scuse che tengano, hanno fatto una scelta scellerata a lasciarti da sola! replico con tutta la rabbia che ho dentro di me, poi mi calmo quando Vanja si fa vicina: la sua fronte contro la mia, il suo profumo, la sua presenza, il cuore comincia ad accelerare. Chiudo gli occhi per un attimo ascoltandola e mi stupisco delle sue parole. E' una veggente Vanja? davvero? ma soprattutto perchè vedeva Abigail attraverso di me? E-era.. così bella.. coi capelli biondi e.. gli occhi di ghiaccio..la pelle di luna e.. ed era felice.. tu lo eri. cerco con tutte le mie forze di trattenere le lacrime ascoltando quelle parole tremanti, sento il cuore che mi scoppia per le forti emozioni e sto cercando di prendere dei respiri per calmarmi. Sono così profondamente deluso dalla figura della professoressa, ed ora sono così sconvolto dinanzi alla sua rivelazione: Vanja vedeva Abi attraverso me. E' la verità. Rimaniamo in silenzio fino a quando mi dice che non ci riesce più, io non so cosa dire e non voglio dire quello che penso.. Non ci riesci più perchè Abigail no c'è più. Si addossa a me ed io la stringo ancora, accarezzo la sua testa mentre un silenzio assordante si fa spazio, io rimango per tutto il tempo a fissare il vuoto, poi Vanja si scuote improvvisamente distaccandosi. Vanja che stai dicendo? dico seriamente preoccupato prima di appoggiare le mani sulle sue spalle. Va bene, starai da sola e ti prenderai una pausa.. non sei obbligata a tornare a scuola adesso, tutti capiranno i tuoi bisogni e non devi preoccuparti. Dove vorresti andare? come se potessi realmente realizzare tutti i suoi desideri. Penseremo a te e io voglio aiutarti insieme a tutte le persone che ti vogliono bene hey.. la scuoto affinchè mi guardi. Non sei da sola.
     
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    Annuisco mentre tremo un'altra volta in preda a delle emozioni per nulla piacevoli. Sì, è mia madre gracchio addossata a lui, di nuovo mi stringe a se, sono troppo confusa e debole per ribellarmi. In questo momento la sua vicinanza e calore cadono al momento giusto al posto giusto e io non lo allontano come invece farei fossi più "sana". Sento il suo commento riguardo la decisione dei miei genitori biologici, lo sguardo di Dillon cambia all'istante, ci leggo durezza e fastidio. E' come se qualcosa in lui fosse scattato. Non è il momento per parlare della Stojnov e di Bennet, questo momento è troppo delicato per dover dare loro importanza che in verità non si meritano. Abigail ha stravolto tutti e io che sono sua madre non penso altro che a lei e alle mie colpe.
    Poco dopo, alla rivelazione di aver visto Abigail più volte grazie al suo contatto, la faccia di Ethan si fa stranita. Vorrebbe sicuramente chiedere altro però rimane ammutolito perchè l'aria è intrisa di tristezza e la consapevolezza che la bambina è morta è così difficile da pronunciare che si guardiamo per qualche secondo consapevoli che la verità delle visioni bloccate sta tutta lì. Se avessi forza, non avessi paura di schiantarmi conto la nuda e cruda verità, chiederei forzatamente di sfiorare le sue labbra, in qualche modo vorrei rivederla. So che non apparirebbe nella mia mente. Questo mi ucciderebbe più di quanto lo sono già.
    Il delirio mentale che emano non mi permette di ragionare, non me ne rendo conto e lui cerca di capire qualcosa fra le frasi sconnesse e senza senso. Sì, il dottore.. mio padre la porterà fra di noi no? lo osservo, gli occhi grigi sporgenti, rossi di pianto e di stanchezza, la faccia affossata e lo sguardo perso. Mi domanda dove vorrei andare e io piego la testa di lato emanando uno sguardo interrogativo perchè davo per scontato la risposta e nello stato in cui verso le sue domande mi paiono assurde quando in realtà sono appunto corrette. A casa... dico con un filo di voce rauca. Voglio andare a casa. Penso di aver accennato un paio di volte alla casa condivisa con le sorelle oltre oceano, in Alaska. Ci ho passato l'estate e ho raggiunto il paesino con un velivolo babbano. Ho tralasciato tutti i dettagli, non erano necessari e non lo sono affatto per ora. Se una persona desidera trovare quel luogo particolare e nostro non ci riuscirà mai. Gli incantesimi protettivi e allusivi sono conosciuti solo dai proprietari della chiave e sarà per lui impossibile trovarvi anche se ci mettesse tutto l'impegno di questo mondo e perlustrasse la cittadina da cima a piedi. Le sue mani afferrano le mie braccia, sono tese e il suo volto è serio e comprensivo. Non sei da sola dice con fermezza. Sento in lui una grande voglia di esserci e in quel momento sento le budella contorcersi, mi viene da vomitare e in concomitanza a ciò che sento il volto si riga di pianto di nuovo. Singhiozzo e scuoto il capo. I-io.. voglio andare a casa. insisto con voce isterica; sono stremata e non ho più le forze di parlare. La mia sembra una preghiera. Ti prego.. io.. voglio andare via di quì. Mi guardo intorno desiderando che le sorelle compaiano, che qualcuno di cui mi fido arrivi dentro la stanza e decida di smaterializzarci subito in direzione statua di Peter Pan, la passaporta che porta diretta alla città in Alaska. Sospiro accasciandomi ancora stretta fra le sue mani. I-io.. non lo so Ethan.. m-mi farò trovare.. Non lo so.
     
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    Non ce la faccio più a vederla in questo stato, mi sento distrutto dentro di me e sto cercando di resistere alla tempesta per supportarla. Sto malissimo e sono troppo incazzato per ragionare lucidamente. Lei continua a stringersi a me e a piangere Io.. non so neanche cosa rispondere alle sue assurde domande, Vanja sta blaterando di grosso e non so come gestire la situazione. Mi sento così triste e se ci fosse un modo tornerei di certo indietro nel tempo per sistemare le cose.
    null
    Ma non posso, e tutto questo è terribile. Sssshh.. ora non parlare più Vanja. faccio l'unica cosa che mi è possibile fare, la stringo ancora a me e ascolto il suo pianto straziante, mi dice che si farà sentire lei e con molta amarezza devo acconsentire a questa cosa, lei ha bisogno di tempo e se per lei è necessario che io mi faccia da parte lo accetto, tutto per il suo bene. Rimaniamo abbracciati per lungo tempo, mi lascio andare alle lacrime e ancora una volta piangiamo insieme la perdita di Abigail. Sono distrutto quando esco dalla sua camera, Vanja ha pianto così tanto che si è stancata e alla fine si è addormentata tra le mie braccia: l'ho lasciata sprofondare sul letto e dopo avergli rimboccato le coperte me ne sono andato.
    La mia faccia nel giro di circa cinque minuti cambia, è più incazzata che mai, non accetto il fatto che due genitori si siano comportati in quel modo causando a Vanja una sofferenza assurda. Cammino lungo il corridoio e miro dritto alla reception, mentre i respiri aumentano e la mia faccia diventa sempre più dura. Stringo i pugni che cadono lungo ai miei fianchi, mi fermo davanti all'infermiera. Posso vedere il dottor Bennet? chiedo con voce rauca dalla rabbia Mi dispiace ma è in pausa. VOGLIO VEDERLO ADESSO! sbatto le mani sul tavolo e mi allontano rapidamente cercandolo per i corridoi: vado al piano bar e tiro dritto senza guardare in faccia a nessuno, lo cerco come un pazzo, ogni secondo di più la mia rabbia aumenta, mi consuma. Dove cazzo sei. sussurro tra me e me, poi sento parlare un infermiere di lui, è al reparto numero dieci dicono, scatto come un pazzo ma senza correre, non vorrei destare troppi sospetti: lo vedo da lontano, sta camminando nella mia stessa direzione e quindi sono alle sue spalle. Mi tocco le mani e avanzo rapidamente. HEY DOTTORE! urlo con tono arrogante e prima ancora che si volti carico un pugno, sono un pugile e so che posso ammazzarlo se lo colpisco in testa, ma in un momento di lucidità cambio direzione e lo colpisco alle coste, forte. Si accascia a terra preso alla sprovvista, non ha modo di potersi difendere. COME AVETE POTUTO FARGLI DEL MALE, TESTE DI CAZZO! urlo ringhioso contro di lui che non ha il tempo di parlare, un altro pugno sotto le coste gli fa sputare sangue e dentro di me sento qualcosa liberarsi, quel peso che mi sono tenuto dentro per troppo tempo, un altro pugno su quella faccia di merda mentre intorno a me la gente urla. Sono così furioso che non mi accorgo quasi che improvvisamente le mie mani si attaccano tra di loro dietro la mia schiena, è un chiaro incantesimo. IN GINOCCHIO, SUBITO! il mio corpo si muove da solo e sono costretto a mettermi in ginocchio, alzo lo sguardo e mi ritrovo il signor Lennox con la bacchetta puntata in faccia. Lasciami! aggiungo con tono quasi di sfida. Ti dichiaro in arresto per aver aggredito il personale medico. Hai il diritto di rimanere in silenzio. Qualsiasi cosa dirai potrà essere e sarà usata contro di te in tribunale. mi innervosisco e vorrei urlare Ma che cazzo di senso ha? penso a Vanja eppure non dico più nulla.. Hai preso a pugni un dottore, idiota! vuoi finire a Nurmengard o vuoi un avvocato? alzo lo sguardo sull'auror che appoggia una mano sulla mia spalla e ci smaterializziamo all'istante.

    conclusa
     
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