Unsolved question

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    M_UNREADM_UNREADM_UNREAD

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    Amy
    Mi rigiro l’unicorno in miniatura tra le dita dopo averlo fatto scivolare dal sacchettino in pelle che lo conteneva. Ne carezzo delicatamente il capo, così ben intarsiato da replicare fedelmente quello della sua copia in carne ed ossa. Al mio tocco la sua rigida muscolatura, congelata nell’atto di levarsi sulle due zampe posteriori, si scioglie e la piccola bestiola, ora animata da una magia invisibile, saltella imbizzarrita sul mio palmo. La osservo compiere un paio di cerchi prima di arrestare la sua corsa e volgere il muso argenteo verso di me, intercettando coi suoi piccoli occhi scuri i miei, immancabilmente sgranati per la sorpresa. Sono passati parecchi mesi dall’ultima volta che l’ho estratto dalla custodia concedendogli di scorrazzare per la stanza. Gli avvenimenti che mi hanno vista sia come protagonista che come tacita spettatrice in questi ultimi mesi hanno completamente assorbito la mia attenzione, relegando a una zona recondita della mia mente tutto il superfluo. Come il mistero che ha sempre aleggiato intorno a questo piccolo unicorno, per esempio. Mi sdraio sul letto senza nemmeno levarmi le scarpe, affondando il capo nel cuscino ed incrociando i piedi sopra la spalliera, così da non toccare la coperta con le suole. La memoria va a ripescare l’esatto istante in cui un insolito portatore di lettere – un corvo nero – aveva bussato alla finestra della mia stanza con estrema insistenza. Legato alla sua zampa vi era l’oggetto in questione, meticolosamente impacchettato in un involucro argentato ma privo di mittente. Solo poche persone conoscono la mia curiosità, a tratti quasi ossessiva, per gli unicorni, ed in una sola occasione ho avuto modo di palesare il mio interesse a qualcuno, che pare essere stato risucchiato dalle viscere della terra perché totalmente irreperibile da mesi. Fatico a immaginare che sia stato lui ad inviarmi la missiva: troppo pieno di sé per spostare le proprie attenzioni su una tassa qualunque. Mi piace pensare che sia un fortuito scherzo del caso, una sorta di segnale divino che mi invita a non frenare la mia proverbiale curiosità anche dinnanzi al divieto di varcare i confini della foresta. Nemmeno la punizione inflittami dalla Rei dopo la mia prima, ed unica, incursione al suo interno è stata in grado di spegnere il mio entusiasmo, che come una debole scintilla che ancora cova sotto le ceneri aspetta solo di essere nuovamente alimentata. Tale onere è spettato al qui presente unicorno tascabile, che mesi fa riaccese l’interesse spingendomi per una seconda volta al limitare del bosco. Questa volta furono i Thestral e la drammatica reazione di Rose a frapporsi di nuovo tra me e l’obiettivo, sancendo definitivamente la fine delle mie ricerche. Presa da questioni ben più importanti di queste, ho poi dimenticato la mia personalissima missione, fino ad ora perlomeno. Come un tarlo che lentamente scava nel legno, così l’idea di tornare di nuovo a visitare quel luogo proibito ha piano piano eroso il mio subconscio, palesandosi solo ora, in una luminosa mattina di dicembre. Ecco il motivo per cui ho ripreso dal cassetto l’esserino animato: quest’oggi abbiamo Incantesimi con Krueger e vorrei mostrarglielo per avere un suo parere. Il Professore di Incantesimi è il meno bacchettone del corpo docenti, anzi, quell’aria perennemente svampita gli ha conferito la nomea di simpatico burlone, quasi fosse uno studente un po’ troppo cresciuto. Non ho quindi timore a domandargli se sappia qualcosa di oggetti come questo, con la speranza che funga da richiamo per la sua controparte reale. Scopro, però, con mio sommo disappunto che il Professore in questione è stato sostituito da un’Auror, a cui non chiederei nemmeno dove si trovano le toilettes, per inciso. Rinuncio quindi a soddisfare la mia curiosità, seguendo con scarso interesse la lezione del giorno dal mio banco in ultima fila. Al termine della stessa estraggo l’animaletto dalla custodia e lo lascio libero di correre tra libri e fogli di pergamena sparpagliati davanti a me. Arya, al mio fianco, lo segue con lo sguardo, senza nascondere un’espressione interrogativa. “Mi è arrivato per posta qualche mese fa”. Le spiego facendo spallucce. “E’ un richiamo per unicorni” azzardo, rendendo la mia voce nulla più che un flebile sussurro.
     
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  2. Alexander Lancaster
     
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    Alex
    L'attesa di un evento è capace di allungare spaventosamente il tempo. Di caricarlo di aspettative, di sfumarlo di gesti nevrotici che altro non fanno che rispecchiare quanto ardentemente si stia attendendo un preciso momento. Era esattamente così che Alexander Lancaster aveva passato l'ultima ora, in preda alla febbricitante - ma magistralmente controllata - attesa che la lezione d'incantesimi finisse. Aveva ormai da tempo accettato il fatto di avere un problema con qualsiasi forma d'autorità, ma vedere un Auror fare lezione d'Incantesimi, era stato davvero troppo anche per una persona curiosa e con un forte autocontrollo come lui: gli Auror non avevano nulla d'interessante da dire, del resto. Secondo la sua particolare visione del mondo, non erano altro che soldatini al servizio di qualcuno più furbo. E cosa mai avrebbe potuto insegnargli un soldatino, a marciare a testa bassa?
    Infilò l'ultima pergamena nello zaino, i gesti adesso più rilassati grazie alla conclusione di quell'interminabile lezione, anche se una parte di lui provava ancora una profonda delusione per quell'ora sprecata. Qualsiasi sua azione doveva restituirgli un vantaggio, un upgrade, altrimenti significava che non si era impegnato in nulla di particolarmente rilevante. Fu proprio per via di quella fastidiosa sensazione d'insoddisfazione che, mentre infilava anche la piuma nello zaino per poi portarlo sopra una spalla, lanciò distrattamente un'occhiata incuriosita al banco davanti al suo, attirato dal bisbigliare e dal gesticolare sospetto di due studentesse.
    Un sopracciglio si inarcò scettico, non appena le parole tirate della bionda giunsero faticosamente alle sue orecchie. Unicorno... Unicorno, cosa? Volse la testa di lato, lo sguardo fisso verso un punto a caso dell'aula mentre l'orecchio sinistro cercava di captare altri indizi. Non era stata tanto la parola Unicorno ad attirare la sua attenzione, quanto più quella che l'aveva accompagnata; sfortunatamente, delle due era quella che più si prestava ad altre interpretazioni, causa l'imperfetto suono con cui l'aveva udita. Motivo per cui tentennò ancora qualche secondo sul suo posto, fingendo di cercare qualcosa d'inesistente - orma vi era abituato, dopo la nottata passata in Biblioteca a cercare un tema mai scritto - prima di avanzare di un solo passo, ancora titubante. Del resto, la differenza tra richiamo e ricamo era una variabile da non sottovalutare: chi aveva voglia d'intromettersi in un discorso riguardo centrini di unicorni e roba varia? Di sicuro non Alexander Lancaster. Tuttavia, nel caso si stesse parlando di un modo per richiamare gli Unicorni, invece...
    Soppesò la sua decisione ancora per qualche secondo, prima di optare per la scelta, a conti fatti, più ovvia: intromettersi! Solo così avrebbe potuto togliersi ogni sorta di dubbio. Avanzò perciò con passo lento e sicuro verso la bionda appartenente alla casata dei Tassi, la divisa ben aderente al corpo e lo sguardo impegnato a squadrarla per cercare di capire se fosse tipa da custodire oggetti del genere. Sfortunatamente, non lo sembrava per niente. La possibilità di vedere con i suoi occhi azzurri un Unicorno, di poterne osservare da vicino tutte la particolari proprietà magiche - non un'ultima la curiosità d'impossessarsi di una goccia del loro sangue - erano troppo invitante per farsi scoraggiare dall'aspetto poco scaltro della ragazza. Era una Tassorosso, del resto. Non poteva di certo aspettarsi un'avventuriera. Magari era un regalo, un'eredità di famiglia. O magari ricamava soltanto.
    Fu con grande gioia che le sue iridi accolsero dunque la figura minuta di un piccolo Unicorno che saltellava sul banco, che a causa delle figure delle due studentesse non aveva ancora notato. Non poteva di certo servirle come ispirazione per ricamare. O forse si?
    < Curioso...> Esordì, lo sguardo rivolto prima verso il piccolo Unicorno e poi verso Amy.
    < Non questa simpatica creatura in se. > Un cenno del capo a indicare il presunto oggetto incantato.
    < Ma quello che può fare. Ammesso che tu non abbia detto un cazzata. > Si concesse un flebile sospiro, la testa inclinata di lato mentre le palpebre si assottigliavano leggermente. < Perché ho sentito bene e tu non ricami, vero? >
    Le chiese infine, troppo sospettoso per via di quell'aspetto troppo genuino, in netto contrasto con un oggetto così raro. La mano destra che affondava distratta nella chioma bionda.
    Forse il supplizio per la lezione da poco terminata sarebbe stato già ripagato.
    Sperava solo non con un centrino.
     
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    Amy
    Acciuffo l’unicorno saltellante prima che sparisca oltre il bordo del banco, stringendo la criniera soffice tra pollice e indice. Un paio di nitriti di disapprovazione prima di tornare docile, ammansito dalle mie carezze. Faccio scorrere le dita lungo la schiena sinuosa che ricalca alla perfezione i tratti dell’originale, lisciandone il pelo candido leggermente scompigliato dai saltelli agitati. Arya, accanto a me, lo osserva incantata mentre le spiego come ne sono venuta in possesso, il petto che quasi si gonfia per poter esibire un oggetto di fattura tanto pregiata. Sulla sua utilità nutro ancora forti dubbi, che non paleso alla Grifondoro dagli occhi da cerbiatta per non far scemare la curiosità che ne fa brillare lo sguardo.
    «Puoi accarezzarlo, se vuoi. Non morde.» Glielo porgo allungando la mano verso di lei, gli occhi chiari stregati dalle movenze aggraziate della bestiola prima di liberarla davanti ai palmi aperti della ragazza. Sono sul punto di palesarle i miei dubbi circa il suo utilizzo, decisa a raccontarle di quell’unica volta che l’ho studiato attentamente in compagnia di Rose e Kyky, ma le parole mi muoiono sulle labbra, interrotte sul nascere da una voce fuori campo. Il biondo Serpeverde che credevo assorto nei propri pensieri si intromette a gamba tesa nella conversazione, senza nascondere di aver già udito la restante parte. Sbuffo contrariata, avrei preferito che quella rimanesse qualcosa di simile ad una confidenza non avendo idea delle proprietà dell’oggetto, ma d’altronde è stato un mio errore discuterne in una classe ancora semipiena, di cui ora pago le ovvie conseguenze. Frasi, le mie, che non mi stupisco possano stuzzicare la curiosità di un arrivista della casata di Salazar. Nella mia mente prende subito forma l’immagine di una figura verde-argento intenta ad imbottigliare il prezioso sangue argenteo per farne un uso scaltro. Le mie iridi guizzano quindi in direzione del nuovo arrivato, che identifico come Alexander. Ne studiano per alcuni istanti l’espressione, registrando una curiosità che tenta di dissimulare con scarso impegno. In fin dei conti mi inorgoglisce essere in possesso di qualcosa di potenzialmente raro tanto da far invidia agli occhi avidi di un Serpeverde. Si sa che i membri di quella casata si scomodano difficilmente, a meno che non fiutino un’irrinunciabile opportunità. Nascondo quindi un sorriso compiaciuto mentre le mani tornano a catturare il piccolo unicorno.
    «No che non ricamo!» Aggrotto la fronte, colta di sorpresa da una domanda così fuori contesto. Tento invano di trovare un collegamento tra un’attività da elfo domestico e la capacità dell’oggetto di guidarmi verso la sua controparte reale. La mano sinistra affonda tra i capelli chiari, alla base della nuca, ad espressione della sottile sensazione di disagio che si insinua nel mio petto ogni qualvolta non colgo appieno il senso delle parole dell’altro. Devio quindi il discorso, recuperando il sorriso entusiasta.
    « Dato che è chiaro tu abbia sentito il resto del discorso.» Un velo di stizza che nascondo dietro un colpetto di tosse. « Si, non è un modello per ricamo.» Asserisco, avendo infine compreso la ragione della sua domanda, figlia di un orecchio poco attento che ha mal interpretato la mia spiegazione ad Arya. Il sorriso sulle mie labbra si allarga, dissipando del tutto il fastidio per l’intromissione del biondo. In fin dei conti non posso lamentarmi di aver di fronte qualcuno animato dalla mia stessa curiosità. In un certo senso mi rivedo nei suoi occhi celesti, attratti dal modellino che gentilmente gli porgo affinchè possa valutarne le fattezze. Avrei proseguito con la spiegazione se la Ramirez non ci avesse scoccato uno sguardo interrogativo dall’altro capo della stanza, ancora intenta a riordinare il materiale della lezione. L’occhio inquisitore di un Auror è l’ultima cosa di cui ho bisogno in questo momento, conscia che con tutta probabilità mi requisirebbe l’oggetto. Ritiro quindi la mano, che non raggiunge mai quelle tese di Alexander, e la infilo lesta nella tasca della divisa, facendo sparire il piccolo unicorno tra le pieghe del tessuto. Getto uno sguardo verso Arya, che nel frattempo ha aperto il libro di Incantesimi. «Torno in dormitorio, ti spiego più tardi a cena.» Non intendo distrarla ulteriormente dallo studio, quindi torno a volgere il capo verso il biondino mentre recupero velocemente libri e pergamene sparsi sul tavolo. L’occhiata indagatrice della Ramirez mi ha convinta che questo non è un buon posto in cui parlare, quindi mi avvio verso i corridoi, affiancata da Alexander che suppongo abbia avuto lo stesso pensiero.
    «Mi è stato recapitato senza alcun biglietto dopo una gita nella foresta volta proprio a cercare un esemplare di unicorno. Non ho ancora avuto modo di utilizzarlo, ma sono abbastanza sicura che serva a quello scopo, ecco. Altrimenti perché inviarmelo?» Gli spiego, abbassando la voce per non farmi udire dai quadri alle pareti. «Il motivo per cui non l’ho ancora testato è che non voglio prendermi un’altra punizione. La Rei mi ha già beccata a gironzolare nella foresta, e ho pulito i bagni del quinto piano per un intero weekend.» Ammetto con uno sbuffo stizzito. L’immagine del patronus della Preside m’incendia per un istante le iridi, prima che la scacci con un rapido movimento del capo. «Servirebbe un mantello dell’invisibilità, o un quantomeno saper castare un buon incantesimo di Disillusione.» Sussurro, più a me stessa che al ragazzo accanto a me.
     
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  4. Alexander Lancaster
     
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    Alex
    I polpastrelli di Alexander incontrarono il piccolo unicorno un paio di volte, prima di accoglierlo nella mano e portarlo lentamente all'altezza degli occhi. Le palpebre lievemente assottigliate mentre lo squadrava con curiosità, dimenticandosi totalmente della ragazza a cui apparteneva. Non aveva nulla di tanto affascinante, se non lo scopo per cui era stato creato. Lo rigirò una volta, e un'altra ancora. La piccola caricatura che gli correva sul dorso della mano mentre la sua mente pensava già a come impadronirsene; anche se, forse, non ce ne sarebbe stato bisogno.
    Volse infatti subito lo sguardo verso Amy, non appena quest'ultima le confermò che l'oggetto che aveva tra le mani era proprio quello che aveva intuito e che, fortunatamente, non era solita dilettarsi nell'arte del ricamo: aveva dunque la concreta possibilità di poter richiamare un unicorno! E di prelevare, o far prelevare a qualcuno, qualche goccia di quel prezioso sangue.
    Un sorriso compiaciuto gli incurvò inesorabilmente le labbra, le iridi che riflettevano per un'ultima volta l'immagine dell'unicorno prima che lo riconsegnasse alla legittima proprietaria. Ricordava di aver letto qualcosa riguardo eventuali sventure che potrebbero capitare a chi ferisce o si nutre del sangue di quegli esseri cosi puri. E se lo stesso discorso valesse anche per un semplice e innocuo prelievo? Forse sarebbe stato meglio avere qualcuno al suo fianco; qualcuno che magari poteva saperne più di lui o che, a conti fatti, avrebbe anche potuto usare. Scosse la testa, risalendo a galla dal fiume improvviso di pensieri che avevano inondato la sua mente. L'espressione soddisfatta come se gli fosse stato appena comunicata una notizia che avrebbe svoltato la sua vita. E magari sarebbe stato davvero così, chi poteva saperlo?
    < Mi fa piacere! Sei troppo carina per stare in dormitorio a ricamare. E poi è una cosa da vecchie signore. >
    La fissò di sottecchi, il tono volutamente scherzoso per sondare il terreno e vedere se poteva essere proprio la tassa, la persona adatta al viaggio che nella sua mente era già stato programmato quasi nei minimi dettagli: un posto a portata di mano in cui cercare c'era; il richiamo per Unicorni anche. O meglio, quasi.
    < Dimmi di più! > Le sussurrò, mentre sistemava meglio lo zaino sulla spalla e la seguiva verso l'uscita.
    La curiosità, la brama d'impossessarsi di qualcosa di estremamente raro e, per certi versi, proibito, ormai alimentavano la sua mente come un fuoco.
    Era così raro trovare qualcosa di davvero interessante, che il suo umore restava lo stesso a giornate intere; non poteva non cogliere quell'invitante pluffa al balzo. Rimase a guardarla dall'alto dei suoi centimetri in più, quando lei decise di condividere altre informazioni, venendo fulminato da sensazioni che, irrimediabilmente, lo rapirono. La soddisfazione che provava quando vedeva materializzarsi davanti ai suoi occhi la possibilità di raggiungere un obiettivo che si era prefissato, era quanto di più afrodisiaco il suo animo potesse chiedere.
    < Quindi è davvero cosi. E hai anche già provato a usarlo...> Lo ripeté più per convincere se stesso che per ribadire il concetto, ancora leggermente stranito dal fatto che quell'oggetto fosse di proprietà di una tassorosso. Una mano che teneva ancorato lo zaino sulla spalla mente l'altra scivolava nella tasca del pantalone nero della divisa.
    < Non lo avrei mai detto! Sei una specie di ex galeotta, in pratica. O solo una brava studentessa che è stata cosi sfortunata da essere beccata nell'unica occasione in cui aveva deciso d'infrangere il regolamento? > Le rivolse un sorriso divertito, la parte machiavellica della sua mente momentaneamente in standby. Non vi era bisogno di nessun sotterfugio, per il momento. Amy era molto collaborativa, e forse la prima a cercare un partner in crime era proprio lei. Poteva rilassarsi.
    < Per fortuna hai incontrato me. Mi piace un sacco progettare piani per infrangere lo stupido regolamento di questo castello, sai?> La mano destra sgusciò rapida fuori dalla tasca e si chiuse con garbo intorno al polso di Amy, interrompendo la loro avanzata nei corridoi per un secondo.
    < Se vuoi davvero testare l'efficacia di quel regalo... > Con un cenno della testa indicò la tasca della divisa della bionda.
    < Devi solo darmi qualche minuto, conosco una persona che fa al caso nostro. > Al che si interruppe per un istante, la mano che abbandonava il polso di Amy.
    < Nostro, si. Hai sentito bene, perché se vuoi il mio aiuto, dovrai soddisfare la mia curiosità lasciandomi venire con te. >
    Meglio specificarlo.
     
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    Amy
    Faccio sgusciare la mano dalla tasca e la porto alla spalla per sistemare la borsa pericolosamente in bilico. Ben decisa a tenere alto l’interesse del biondo Serpeverde, gli rivolgo un sorriso ammiccante mentre avanzo a passo spedito verso il portone di legno semi aperto, assicurandomi con un’occhiata fugace ai suoi movimenti che abbia deciso di seguirmi. Stuzzicare la curiosità nell’altro richiede una certa dose di spregiudicata malizia di cui non sono certa di disporre, ma non posso perdere l’opportunità di scambiare con lui qualche battuta circa l’oggetto in questione. Mi lascio quindi affiancare, e volgendo le spalle all’aula di incantesimi ci incamminiamo lungo il corridoio in penombra, la flebile luce delle torce che proietta lunghe ombre sul pavimento in pietra. Mentre il fruscio dei mantelli accompagna l’eco dei nostri passi, mi ritrovo a fantasticare per un istante su una nuova visita alla foresta, questa volta a seguito di un piano elaborato in maniera più scaltra per evitare tediose punizioni. Portare l’unicorno a lezione aveva come unico scopo quello di racimolare qualche informazione rilevante sulle sue potenzialità, ma l’idea di utilizzarlo di nuovo non mi aveva minimamente sfiorata. Un’allettante possibilità che ora, invece, sta lentamente prendendo forma nella mia mente, dapprima come un’idea fumosa dai contorni indefiniti, per poi acquisire consistenza man mano che la conversazione con Alexander procede.
    «A dire il vero ho infranto più volte il regolamento.» Asserisco sovrappensiero, le iridi ancora intente a sondare l’immagine della foresta che la mente mi ha riproposto. Al ricordo della presenza silenziosa alle mie spalle un brivido mi corre lungo la schiena, riscuotendomi infine dai pensieri in cui sono sprofondata. Alexander al mio fianco mi rivolge un sorriso gioviale, che ricambio tornando a prestare attenzione alle sue parole, che sembrano piuttosto interessate. Scosto i capelli dal viso con un rapido movimento del capo e torno ad affondare entrambe le mani nelle tasche della divisa, assecondando il ritmico movimento delle gambe. Una nuova repentina occhiata al mio interlocutore è sufficiente a convincermi che possa essere un degno accompagnatore in quella seconda avventura nella foresta. Ne scansiono i lineamenti delicati, come a voler individuare i segni di una scaltrezza che sono certa lo caratterizzi. È chiaro dal modo deciso in cui si pone e dall’irriverenza del suo tono che Alexander è il compagno adatto a scortarmi nuovamente là dentro. Una convinzione, la mia, che assume a poco a poco i tratti di una proposta che sto quindi per formulare, quando le parole del biondo mi frenano bruscamente la lingua. La Dea bendata pare abbia deciso di strizzarmi un occhio quest’oggi, perché il ragazzo mi comunica senza troppi giri di parole il suo interesse a prendere parte alla spedizione. Un sorriso compiaciuto si allarga prepotente sul mio viso, mentre la mano del ragazzo scivola lungo la mia figura in movimento arrestando la sua corsa intorno al mio polso. Mi fermo quindi, interrompendo il mio incedere lungo il corridoio semibuio ed assecondando il gesto di Alexander. Gli occhi celesti cercano i suoi, in cui si specchiano le fiamme rossastre delle torce alle mie spalle: non vi è segno di beffa, il ragazzo appare sincero.
    «Allora abbiamo qualcosa in comune.» Esordisco senza perdere il sorriso, in riferimento alla passione del biondo di architettare piani per aggirare le regole scolastiche. «Infatti non ti nego che questa» scosto i capelli dal busto rivelando la spilla da prefetto «sia una gran scocciatura.» Tamburello la superficie liscia con l’indice, guidando lo sguardo del Serpeverde all’altezza del mio petto. Continuo a pensare che l’unica nota positiva di avere una spilla del genere appuntata alla divisa sia l’accesso al bagno dei prefetti, di cui recentemente faccio largo uso. Diversamente, quell’inutile cerchietto di metallo porta con sé nient’altro che seccature, come le ronde notturne o le ripetizioni agli studenti in difficoltà.
    «Allora abbiamo un piano, direi.» Aggiungo soddisfatta liberando il polso dalla sua stretta ed offrendogli la mano da stringere, in un simbolico patto. «Promettimi che non dirai a nessuno che una prefetta ti ha proposto una gita nella foresta, ed io in cambio ti faccio usare l’unicorno in miniatura come meglio credi.» sussurro avvicinando il capo alla figura longilinea del Serpeverde, di parecchi centimetri più alto di me. I quadri del castello sono famosi per spifferare ogni dettaglio delle conversazioni tra studenti, così cerco di raggiungere il suo orecchio senza che le mie parole vadano oltre, arrivando a quelle indiscrete degli abitanti delle pareti.
    «Quindi conosci qualcuno con un mantello?» Un’espressione stupita si fa largo sul mio viso, mentre riprendiamo ad avanzare lungo i corridoi. Raggiunte le scale arresto di nuovo il passo, posando le dita sul corrimano. «Senti, io per oggi ho finito con le lezioni, e non ho compiti né consegne per domani. Inoltre il tempo è stranamente buono, quindi pensavo.. se la persona che conosci è disposta a darci una mano, che ne dici di andarci direttamente ora?»
     
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  6. Alexander Lancaster
     
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    Alex
    Alexander non amava mostrarsi debole, né tanto meno amava l'idea di risultare tale. E non per via del giudizio altrui, ma proprio perché non concepiva l'idea di poterlo essere, in qualsiasi situazione. Anche in quelle più innocue.
    Sorrise in modo quasi genuino, non appena Amy accennò alla sua carriera criminale da sabotatrice di regole seriale. Era la terza volta, quel giorno. Per uno come lui, abituato per lo più a sorrisi artificiali e mai senza un secondo fine, era decisamente strano. La guardò per un attimo incuriosito, saltellando con lo sguardo dalla spilla al viso, domandandosi se la Tassa fosse stata mandata direttamente da qualche suo Avo nell'aldilà, considerata la fluidità con cui scorreva il loro discorso e la facilità con cui continuavano a incastrarsi i pezzi del puzzle che stavano assemblando. Neanche il fatto che fosse una Prefetta gli sembrò un ostacolo ma, anzi, agli occhi del Serpeverde era un'aggiunta da mille galeoni: a quanto pareva non tutti i Prefetti avevano accessori per il quidditch incastrati in parti scomode.
    < Sei davvero una criminale, dunque. E io che credevo di portarti sulla cattiva strada...> Era da molto che non sosteneva una conversazione con qualcuno in modo quasi spontaneo, senza pensare alla prossima mossa. < Credo proprio che mi ci porterai tu! Sono un bravo ragazzo, in fin dei conti. E tu sei una Prefetta corrotta! >
    Lo disse con superficialità disarmante, le palpebre leggermente sgranate per enfatizzare in modo ironico le ultime parole. La fortuna che lo aveva investito dopo essersi sorbito quella noiosa lezione d'Incantesimi in compagnia di Auror, al momento era inqualificabile. E ancora non si erano diretti verso la meta stabilità Sorrise di nuovo, questa volta in modo scaltro, senza neanche rendersene conto. La mente che vagava verso orizzonti ancora più fortunati: che avesse ingerito della Felix Felicis a sua insaputa? Lo avrebbe scoperto presto.
    < Ad ogni modo...> Riprese, l'espressione adesso seria. < Il tuo segreto è al sicuro con me, non preoccuparti. Non sono il tipo che fa la spia. > Tranne quando era utile ai suoi piani, avrebbe dovuto aggiungere; ma non c'era bisogno. Non avrebbe di certo fatto la spia su una Prefetta così utile e così adatta a lui e ai suoi interessi. < Non sulle mie complici, almeno. >
    Sancì così quello che era ormai diventato a tutti gli effetti un patto, un accordo tra potenziali criminali che li avrebbe portati a incrementare ancora di più tale status. L'inizio di una giornata divertente, insomma.
    Prima, però, avrebbero dovuto recarsi in un certo posto. Da una certa persona. Per fare una certa cosa.
    < Niente mantello dell'invisibilità, comunque. > Aveva qualcosa di meglio e meno ingombrante. Anche se stare in due sotto un mantello con la Prefetta non gli sarebbe dispiaciuto di certo.
    < Useremo un incantesimo di Disillusione. O meglio, qualcuno lo userà per noi.> All'improvviso, il quinto sorriso spontaneo si materializzò sulle sue labbra, inaspettato come un buon voto dopo un compito compilato a caso. L'enfasi di Amy nel voler passare subito dalle parole ai fatti, fu la ciliegina su una torta creata dalla Dea bendata. Non poteva chiedere di meglio!
    < Dico che sono d'accordo! > La mano sul fianco per tirarla a se, le iridi impegnate a guardarsi intorno. Prima a destra, poi a sinistra. < Prima però dobbiamo recarci dalla persona a cui ho accennato prima. > Le labbra si insinuarono fino all'orecchio della Prefetta, in un sibilo affilato e silenzioso, come ad annunciare - e a pregustare - il modus operandi che avrebbero dovuto adottare. < Senza dare nell'occhio, mi raccomando.>
    Si allontanò poi e la prese per mano, indicandole la strada da seguire e lo step da effettuare prima di recarsi nella foresta, per poi lasciarla dopo qualche metro.
    < Andiamo!>





     
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5 replies since 12/12/2021, 09:41   146 views
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