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    M_UNREADM_UNREADM_UNREAD

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    Amy
    Inspiro una boccata d’aria e tuffo la testa sotto il pelo dell’acqua, lasciando che le migliaia di bollicine mi solletichino le guance. La vasca del bagno dei prefetti, con i suoi rubinetti tempestati di pietre e la varietà di aromi che sprigionano è ufficialmente diventato il mio posto preferito tra le mura del castello, nonché unica nota positiva di dover tenere la sciocca spilla di prefetta appuntata al petto. È qui che mi rifugio, chiudendo a doppia mandata la porta, quando voglio ritrovare un po’ di serenità e l’uggioso tempo scozzese non mi permette di accendermi semplicemente una sigaretta in riva al lago. In qualche modo l’acqua è l’elemento che ricerco ogni qualvolta necessito di riallineare i pensieri, come se il suo dolce sciabordio riuscisse a dare un ritmo alle immagini che si affollano nella mia mente. Riemergo dall’acqua insaponata passandomi le dita tra i capelli per appiattirli dietro alle orecchie. Non so nemmeno più da quanto tempo sono immersa qui, accoccolata in un angolo comodo della vasca e circondata da miriadi di candele fluttuanti che donano alla stanza un’atmosfera natalizia. In fondo non manca nemmeno tanto al venticinque dicembre, data che quest’anno, diversamente dal solito, non attendo trepidante. M’immergo di nuovo e lascio che l’acqua bollente lavi via l’immagine di una famiglia spezzata dalle bugie di mia madre. Chiudo gli occhi e ascolto il rumore del getto che s’infrange sulla superficie coperta di schiuma. Giunge ovattato alle mie orecchie e mi trasporta in una dimensione parallela in cui i volti dei miei familiari vengono spazzati via da una nuova, nitida immagine. La regola quando mi immergo nella vasca bollente è non frenare il flusso di pensieri, lasciando che la mia mente scelga le immagini da propormi, pescando da quel metaforico corridoio che ho percorso insieme a Lionel. Guidata dalle sue mani esperte, la bacchetta del biondo è stata capace di rievocare il ricordo del mio primo bacio, meno casto di come l’avevo immaginato. Sento le guance ardermi al solo pensiero delle fameliche mani di Axel che esplorano il mio corpo sulle rive del lago. Mentirei a me stessa se dicessi di non aver rimuginato su quell’incontro dall’esito impensabile. Non che mi aspettassi un invito a cena, sia chiaro. Non sono nemmeno il tipo da mazzi di rose o cioccolatini, ci mancherebbe! Solo non pensavo ci saremmo ignorati, tutto qua. Inevitabilmente il mio cervello si è attrezzato per propormi tutti gli scenari possibili, spaziando dall’eventualità che il bacio non gli sia piaciuto alla probabilità più certa che la mia brusca frenata finale lo abbia infastidito. Ho esposto a Rose i miei dubbi, e per quanto la tassa non vanti di un’esperienza decennale con gli uomini, il suo parere si è immediatamente allineato al mio, alimentando la convinzione d’esser apparsa agli occhi del bulgaro come una verginella inesperta. Il che non si discosta affatto dalla realtà, sia chiaro! È il mio orgoglio che ogni tanto si fa prepotente e mi impone di vendere all’altro un’immagine di me non del tutto aderente alla realtà. Sfamare il bulgaro dandogli ciò che vuole è un’urgenza che da giorni ha preso forma nella mia testa, arrabbiata con me stessa per essermelo fatta scappare per così poco. Lusingata per le sue attenzioni, l’essere successivamente ignorata è stata una doccia fredda a cui non ero preparata. Sospiro e porto le mani ai lati del viso, avvertendo la pelle delle dita raggrinzita a contatto con quella liscia delle guance. È decisamente giunto il momento di uscire dall’acqua, così mi isso sul bordo e con un movimento fluido mi ritrovo in piedi sul pavimento, sgocciolando tutt’intorno. Afferro l’asciugamano e dopo essermelo avvolto intorno al busto cerco con lo sguardo l’intimo da indossare. Per la barba di Merlino, devo essere salita già in costume perché non lo vedo da nessuna parte. Con un sonoro sbuffo levo gli occhi al cielo e mi infilo leggins e felpa direttamente sopra il bikini fradicio, che immediatamente inzuppa il tessuto dei vestiti asciutti. Inutile asciugare i capelli, a questo punto, tanto vale tornare in dormitorio in quello stato, sperando che nessuno studente troppo chiacchierone colga la prefetta di tassorosso vagare gocciolante per i corrodi. Il giornalino direi che ha già parlato di me a sufficienza. La fortuna sembra assistermi, non incontro nessuno fino al piano più basso del castello, dove si trova la nostra Sala Comune. Svolto l’angolo a passo affrettato, desiderosa di scappare dal gelo che mi attanaglia la nuca fradicia, quando scorgo la prima figura umana percorrere il corridoio nel senso opposto al mio. Se mi ero considerata fortunata fino a quel momento, ora sono costretta a rimangiarmi tutto. Non solo è uno studente e non un innocuo elfo domestico, ma è pure l’oggetto delle mie quotidiane paranoie. Sebbene non sia nella migliore delle condizioni, ignorarlo non è un’opzione. Sotto sotto aspetto questo momento da tempo: un confronto, anche solo per saggiare il suo modo di porsi con me ora. “Ehi Ax” paleso la mia presenza accompagnando le parole con un sorriso smagliante. Bene, il ghiaccio è rotto, ora tocca a pensare a un modo carino per proseguire la conversazione, altrimenti quello va dritto per la sua strada e tanti cari saluti. “Senti” lo induco a fermarsi muovendo un paio di passi nella sua direzione, come a sbarrargli la via. “Giù al lago..” l’idea era di proseguire con una frase di scuse, giustificandomi per essere fuggita via come una ladra. L’imbarazzo, però, prende il sopravvento deviando involontariamente le mie parole. “Ho dimenticato la bacchetta giù al lago” sussurro con voce strozzata, schiarendomela poi in una palese espressione di disagio. Complimenti Amy, non potevi trovare una frase più idiota da dirgli! Se mai dovesse proporsi di accompagnarmi a recuperarla, dove me ne vado con questa testa bagnata? Complimenti Amy, complimenti davvero.
     
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    Axel Dragonov | V anno | Serpeverde

    Axel
    Nulla era meglio di un bagno bollente post allenamento e gli allenamenti di quel moccioso irritante di Evans, c’era da ammetterlo, non erano affatto male soprattutto per uno come Axel che in quel periodo voleva unicamente faticare faticare faticare. Tutto pur di tenere lontani i pensieri, tutto pur di ammazzarli sul nascere. Novembre era stato per lui un mese difficilissimo a cominciare dal suo strano compleanno che per una volta aveva fatto meno schifo del solito grazie alla presenza e alle attenzioni inaspettate della bionda prefetta di Corvonero. Bionda che però, era il fulcro del suo malumore e la causa dei suoi nuovi casini. Quando il mannaro si era presentato al ballo dei Métis con la scusa di accompagnarla per una missione non si sarebbe aspettato di finire in un’imboscata preparata ad arte dalla ragazza. Era stata buona, persino gentile con lui ma quella era stata l’ennesima prova che alla bontà seguivano solo prese per il culo e che doveva smetterla di lasciarsi andare a sentimentalismi, non fosse stato così vulnerabile avrebbe fiutato lontano un miglio la menzogna di Skylee e adesso non si sarebbe trovato in quella situazione. Ethan aveva ragione, stava sbagliando tutto e Hogwarts gli stava facendo più male del dovuto. L’ulteriore prova era stata una decina di giorni dopo con la Tassorosso, Daisy aveva osato urlargli contro pretendendo da lui cose come se davvero le dovesse qualcosa, come se fosse il suo cane, il suo servo. L’aveva accontentata unicamente perché in qualche strano modo si poteva dire il mannaro si fosse affezionata alla ragazza e a suoi modi di fare innocenti ma non si era di certo aspettato da una che professava “amore” un tale silenzio. Un silenzio che si era protratto fino a che non gli aveva teso un agguato proprio l’ultimo giorno di luna piena, quando Axel riusciva a stento a reggersi in piedi per imbarcare una conversazione che fece poi acqua da tutte le parti. Guardandola di soppiatto quando andava ai banchetti ancora si chiedeva che cazzo fosse stata quella roba.
    Con uno sbuffo tirò la mano fuori dall’acqua bollente e roteò tra le dita rugose dalla permanenza l’anello che si ostinava a portare all’indice. Era l’anello d’oro massiccio della sua famiglia, i Dragonov, sua madre si era premurata di farglielo avere il giorno del suo diciassettesimo compleanno con tanto di lettera corredata in cui lo pregava di fare ritorno a casa, di prendere in mano la sua eredità in quanto figlio maschio maggiore e con quel gesto di onorare la morte di Petar. Come avrebbe potuto onorare Petar quando lo aveva ucciso dilaniandolo con le sue stesse mani? Si passò una mano tra i capelli, nuovamente ricresciuti insieme alla barbetta che aveva acquisito i millimetri persi per la notte di Samhain e poggiò la nuca contro il bordo tiepido della vasca chiudendo gli occhi. La sua ostinazione a portarlo, a ricordargli chi lui fosse nonostante le sue accortezze perché rimanesse nell’ombra gli erano costate care. Aveva ragione Ethan quando diceva che lui agiva, lui era un braccio, una macchina e per questo non premeditava abbastanza, se lo avesse fatto non avrebbe commesso quell’errore da dilettante. Uscì dall’acqua e si rivestì rapidamente coprendo quella muscolatura ancora rigida dallo sforzo fisico e compiendo alcuni passi si allungò verso la scrivania dove accanto alla pila di libri aveva la tabaccheria.
    «Vado a fumare», mise al corrente il suo compagno di stanza, «posso andare o devi seguirmi anche lì?» Rimbeccò Mors. Non era più lo stesso dopo la notte di Halloween di cui, per inciso, non riusciva a ricordare niente. Ricordava di aver preso conoscenza in mezzo ad una strada e che il biondo lo aveva guardato con due occhi sbarrati mentre constatava l’ovvio: “sei vivo”, così aveva esordito mentre lui lo guardava intontito, la testa pulsante. Certo che era vivo, cazzo! Non sarebbe stata una festa ad ucciderlo! Da quel giorno però il Barker non lo aveva mollato un secondo, lo seguiva ovunque e pretendeva che Axel lo rendesse partecipe dei suoi spostamenti unendosi a lui il più delle volte. Sembrava volesse tenerlo d’occhio ed un po’ gli era effettivamente necessario. Il suo malumore lo rendeva ancora più aggressivo ed in concomitanza con le fasi lunari questo poteva tradursi in un pericolo per chiunque gli stesse attorno tranne proprio il Barker che, conoscendolo da anni sapeva ormai come prenderlo. «Non impensierirti mamma, torno presto» gli schiacciò un occhiolino meritandosi tuttavia il dito medio che l’altro gli dedicò e ancora ghignando uscì dalla stanza.
    «Ehi Ax», era intento a rollarsi la sigaretta quando una voce lo interruppe. Alzò lo sguardo fulminando immediatamente lo sventurato che aveva osato prendersi quella confidenza e constatò che di fronte a sé c’era una ragazza. La sua espressione già torva si fece, se possibile, ancora più gelida. Di fronte a sé, grondante d’acqua vi era un’imbarazzata Amy Russell. «Russell», la sua replica fu glaciale ed immediatamente distolse lo sguardo pronto ad andarsene per la sua strada. «Senti... giù al lago» la ragazza gli tagliò la strada piazzandosi nuovamente di fronte e il mannaro sollevò un sopracciglio contrariato sia per il gesto che per la sorpresa di quell’incipit. Considerando il tempo passato aveva ormai archiviato quell’episodio tracciando una grossa “X” scarlatta sulla ragazza cancellandola così dalla lista delle potenziali scopate. Axel era un ragazzo piuttosto rabbioso, il che andava al pari passo con la capacità di rancore che riusciva a riservare al prossimo. Indi per cui, istigarlo fin quasi al limite per poi fuggire lasciandolo con un’erezione con i fiocchi il primo giorno di luna piena non era stata una mossa geniale da parte della Tassorosso. «Ho dimenticato la bacchetta giù al lago» sputò quasi strozzandosi. “Cazzi tuoi?”, lo sguardo del bulgaro si affilò rizzando bene il collo per poi inclinare il capo lateralmente,
    ax
    «da settembre? E come hai fatto finora?» Era palese la ragazza stesse mentendo deviando in corso ciò che voleva dire. I suoi occhioni innocenti parlavano come un libro aperto e per Axel fu chiaro che non si riferisse ad una svista del giorno ma che quell’esordio stesse proprio ad indicare quella breve liaison avuta sulle rive del Lago Nero. Lasciò che abbozzasse la sua scusa stentata per poi avvicinarsi, l'intenso sguardo verde che le squadrava la figura con lentezza calcolata. Le fu ad un passo quando si chinò leggermente senza scollare gli occhi verdi da suoi. «Trovata», mormorò con uno schiocco della lingua sfilandole la bacchetta dalla tasca della felpa.
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    Edited by Axel~ - 12/12/2021, 01:42
     
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    Amy
    Mi incastro in quel lembo di corridoio tra il Serpeverde e l’angolo che sta per svoltare, tagliandogli inevitabilmente la strada e costringendolo a non ignorare la mia gocciolante presenza. Un gesto impulsivo, il mio, dettato dall’incapacità di trovare in poco tempo la frase giusta con cui catturare la sua attenzione, frenando la sua corsa verso l’aria fresca dove avrebbe finalmente soddisfatto la sua fame di nicotina. Lo sguardo si posa rapido sulle sue dita affusolate che reggono una cartina chiusa per metà, salendo poi lungo il busto per incontrare gli occhi verdi che tanto mi avevano ammaliata un paio di mesi prima. Gli stessi occhi verdi che lui stesso mi ha negato, rifiutandosi di replicare altrove il momento di intimità che ci ha uniti in riva al lago. Di ragazzi so poco, è vero, ma ero certa di avergli lanciato i giusti segnali. Lasciarlo ad un passo dalla meta è stata una mossa azzardata, ma non credevo che Axel si sarebbe arreso alla prima difficoltà, quasi certa che avrebbe considerato la conquista più come una sfida che come un mero soddisfacimento di un bisogno primario. Ad ogni modo eccomi qua, ad un passo da lui, mossa dall’impellente bisogno di indagare in quegli occhi verdi che ora mi concede di scrutare. Voglio leggergli sul viso cosa pensa di me, interpretandone l’espressione che mi rivolge, e solo a quel punto decidere come comportarmi: se svoltare direttamente l’angolo sparendo dalla sua vista o convincerlo in qualche modo a trattenersi. I pensieri si accavallano mentre la distanza tra noi viene bruciata dai miei passi frettolosi, ed è con estrema fatica che scelgo le parole da porgergli, goffe e fuori posto. Un saluto fin troppo amichevole seguito da una bugia dalle gambe troppo corte, che l’altro accoglie con una criptica alzata di sopracciglio. Fraintendibili sono le parole che faticosamente assemblo, erroneamente allusive all’incontro in riva al lago che appartiene ad un passato ormai quasi remoto. Non era quello che volevo dire, ma evidentemente l’agitazione mi ha fatto incespicare più del dovuto. Porto una mano dietro la nuca abbassando leggermente il capo, lo sguardo che ora segue le fughe scure tra le mattonelle del pavimento. “No io non..hai capito male, non da settemb..” non faccio in tempo a concludere la frase che Axel colma la distanza che ancora ci separa, la sua testa che mi sovrasta, ad una spanna abbondante sopra la mia. Il suo profumo pungente mi investe, ricalcandone il ricordo che ho ben impresso nella mente, mentre la sua mano si infila lesta nella tasca della felpa. Un gesto fulmineo che non riesco ad anticipare e che lo vede infine brandire la mia bacchetta con un’espressione assai eloquente in viso. La lingua che schiocca e gli occhi verdi che cercano i miei per rivolgermi un’occhiata che grida ‘ti ho sgamata, sciocca ragazza’. Se solo non gli avessi fornito una scusa così mal tratteggiata, ora quel sorrisetto soddisfatto che ha dipinto sulle labbra avrebbe ceduto il posto a tutt’altra espressione. Sbuffo, contrariata da quel fraintendimento che mi pone nuovamente in una posizione di svantaggio. Allungo quindi una mano e recupero la bacchetta dalla sua con un gesto deciso. “Grazie, a quanto pare non si cerca mai nei posti più ovvi.” Azzardo una chiusura rapida a quel ridicolo teatrino, il tono di voce fermo e la mano saldamente stretta intorno al catalizzatore, che ripongo rapidamente laddove era stato estratto. “Ti farei compagnia con quella, ma penso mi verrebbe una polmonite”. Rifiuto un invito mai arrivato, ostentando una nonchalance che sono ben lontana dal possedere. Gli occhi corrono alla sigaretta ancora a metà, per posarsi poi lontani, su una fiaccola ardente lungo il corridoio. “Senti, c’è una cosa che devo dirti”. Tagliamo la testa al toro, suvvia! “Ti spiace se la tua sigaretta aspetta un paio di minuti? Sarà una cosa breve, giuro.” O almeno spero, che i giri di parole apparentemente non fanno per me, mi ci ingarbuglio solo, come pochi istanti fa. “Non qui però, fa freddo”. E ci possono sentire, aggiungerei. Mi infilo quindi in un’aula vuota sulla sinistra, premurandomi di chiudere la porta alle nostre spalle. Mi siedo sulla cattedra aggrappandomi al bordo con entrambe le mani e facendo dondolare i piedi come una bambina prima di compiere una marachella. I capelli ancora gocciolanti ed il bikini che non ho tolto hanno ormai inzuppato completamente la felpa grigia, che ora aderisce al corpo come un guanto, regalando al Serpeverde un’immagine di me decisamente fuori contesto. “Okay, dunque. Non mi va di girarci intorno, ma mi secca che non ci parliamo da quella volta”. Inutile specificare quale volta, direi. “Insomma, voglio dire.. poi con chi sfotto Niels se io e te ci ignoriamo?” Esibisco un sorriso furbo, fiera della direzione che hanno preso le mie parole: ho centrato il punto, ma conservando quella nota di ironia tale da alleggerire il messaggio finale.
     
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    Axel Dragonov | V anno | Serpeverde

    Axel
    Axel la fissò con aria di sfida, il mezzo sorriso sghembo che arrivava ad illuminargli gli occhi verdissimi con cui la stava giudicando, le dita si muovevano esperte roteando con maestria la bacchetta facendola passare da un dito all’altro esattamente come aveva fatto sulle sponde del lago con il suo coltellino perduto. Amy sbuffò grattandosi a disagio la nuca e dalle labbra del Serpeverde fuoriuscì un lieve sbuffo divertito mentre con un ennesimo giochetto delle dita roteava il bastoncino fino a porgere l’impugnatura del legno di betulla alla Tassorosso, una smorfia ed Amy se ne riappropriò nuovamente abbozzando una nuova scusa di circostanza che giustificasse tutto quel teatrino di fraintendimenti voluti che Axel aveva in fin dei conti trasformato in una velata frecciata. Un messaggio ben chiaro: col cavolo che ci casco di nuovo condito da un non farmi perdere tempo nemmeno troppo nascosto tra le righe. Non le avrebbe permesso di prendersi nuovamente confidenza per poi lasciarlo a bocca asciutta. La sua fuga al lago era stata un duro colpo da digerire per il suo orgoglio e non le avrebbe dato modo di replicare quella madornale offesa. Se la sua intenzione era di sedurlo doveva essere sicura di andare fino in fondo o questa volta il mannaro non l’avrebbe risparmiata con del semplice, sicuro quando pacato, silenzio. Oh no, la sua fame di vendetta gli avrebbe fatto tirare fuori il peggio di lui rendendo la biondina vittima della sua collera.
    Si portò la sigaretta ancora aperta alle labbra e con una rapida leccata inumidì l’estremità della cartina sigillando il tubicino pregno di tabacco che presto si sarebbe fumato, già ne pregustava l’aroma terroso che gli avrebbe disteso con effetto immediato i nervi cancellando per qualche minuto di vuoto totale quei pensieri soffocanti che lo tediavano nell’ultimo periodo. Il suo umore degli ultimi tempi era così nero che stava valutando persino un rientro alla scuola del nord, cosa di cui non aveva però fatto parola con nessuno, nemmeno con Mordikai. Salvo la comodità logistica, Axel sentiva di poter soprassedere ai metodi della scuola d’altronde ci aveva vissuto per cinque anni pieni e a discapito di tutto lì, non aveva gatte da pelare. Si faceva i cazzi suoi, socialmente parlando, ed eseguiva gli ordini degli insegnanti portando a casa da Ethan i frutti del suo impegno. Ethan non ne sarebbe stato soddisfatto – ma non lo era mai, non era una novità – e tutto sarebbe continuato a filare liscio come l’olio. «Senti, c’è una cosa che devo dirti» la sua attenzione fu richiamata nuovamente dalla biondina ed Axel puntò nuovamente il suo sguardo inquisitore sul suo volto trovandola a fissare qualcosa alle sue spalle: disagio, più di quello emanato fino a quel momento. Forse sarebbero finalmente giunti al dunque di quell’impasse a cui il mannaro non aveva fatto nulla, di proposito, per rendergliela facile. «Spara» esclamò incastrandosi la sigaretta tra le labbra salvo poi doverla spostare nell’incavo del padiglione auricolare per seguire la ragazza verso un’aula vuota. La questione poteva farsi interessante. La biondina aveva forse deciso di concedersi pur di farsi perdonare dal bulgaro? In quel caso Axel avrebbe accettato di buon grado le scuse della ragazza. L’aula poi poteva essere un posto sufficientemente privato rispetto alle rive del lago dove il rischio di essere interrotti poteva scoraggiare i meno audaci. Lì sarebbe bastato un incanto sigillante alla porta, un Muffliato per coprire i rumori e avrebbero avuto tutta la privacy che la biondina avrebbe potuto desiderare. Axel non era nuovo di quella metodologia, la Métis in quel breve periodo in cui se la erano spassata non era stata propensa ad entrare nel suo dormitorio e lui non intendeva farsi sette piani, un indovinello del cazzo e poi una missione ninja per infilarsi in quello delle Corvonero, così le aule vacanti erano diventate il “loro posto”.
    Amy si accomodò con disinvoltura sulla cattedra accavallando le lunghe gambe fasciate dallo stretto jeans che lasciava poco all’immaginazione delle sue forme. Axel ne seguì il movimento sinuoso prima di poggiarsi con la base della schiena al primo banco posto di fronte alla cattedra: distanza. «...Mi secca che non ci parliamo da quella volta. Insomma, voglio dire... poi con chi sfotto Niels se io e te ci ignoriamo?» Niels? E ‘sticazzi di Niels? Il sopracciglio del mannaro scattò immediatamente verso l’alto mentre un fondo d’irritazione cominciava a crepitare dentro di lui. «Con la tua compagna di stanza, magari?» Rispose con stizza mettendo bene in chiaro con quell’appunto quanto a lui del capitano dei Tassorosso fregasse meno di zero. «Non so a che gioco tu voglia giocare, ma non è nel mio tornaconto far ingelosire quel frocio se pensi che questa sia l’ultima spiaggia per farlo svegliare fuori.» Fece un gesto allusivo della mano sollevando le spalle prima di lasciarle andare. «Quindi, cosa stai cercando di ottenere?» Gli occhi verdi del bulgaro si strinsero con durezza sulla figura impacciata della biondina scrutando il modo in cui le sue dita stringevano il bordo in legno della cattedra. Non gliel'avrebbe resa semplice.
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