Catch Me If You Can

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  1. Alexander Lancaster
     
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    Amy
    Sognò di trovarsi in un camino. O meglio, una parte di lui si trovava in un camino, quella superiore del suo corpo, l'altra era finita chissà dove. Intorno al camino erano raggruppati circa una decina di Auror, tutti intenti a esaminare quel che rimaneva di Alexander Lancaster. Di lui. Uno in particolare scriveva su un taccuino, la piuma incantata che svolgeva il lavoro mentre il soggetto in questione cinguettava con un suo collega, convinto che le sue parole non potessero essere udite da altri: "Una morte davvero strana, proprio come il padre. Cosa sarà successo davvero?" La sua bocca tentò di aprirsi e replicare ma, nel sogno, era ormai morto.
    Le sentiva ancora rimbombare nella sua mente, quelle voci, quando sgattagliolò fuori dal dormitorio in modo furtivo, a notte ormai fonda.
    Scosse la testa brevemente, deciso ad allontanare per un attimo quei pensieri e a concentrarsi su una veloce, quanto silenziosa, risalita dai sotterranei. Non provava ormai più alcun tipo di affetto verso suo padre, ne mai ne aveva provato, a dire il vero; ciononostante, per un amante degli intrighi e del mistero come lui, il fatto di non aver ancora trovato una valida spiegazione alla morte del genitore a volte ancora gli toglieva il sonno. Si appiattì contro una parete, non appena le sue iridi adocchiarono un'ombra elevarsi in lontananza. La bocca chiusa fino a quando non la vide scomparire, ricevendo così il via libera per macinare velocemente gli ultimi gradini e giungere infine al piano inferiore Est, dove si fermò per qualche secondo. Suo padre aveva usato la Metropolvere quotidianamente per anni, e non aveva mai avuto nemmeno un piccolo incidente, com'era possibile che una pratica ormai così familiare fosse la causa della sua morte? Lo sguardo volò rapido lungo il corridoio, la testa che si muoveva furtivamente prima verso destra, poi verso sinistra, per controllare che non ci fosse nessuno. Precauzione abbastanza grossolana dato che qualcuno avrebbe comunque potuto sorprenderlo alle spalle dopo essersi già incamminato, e considerando che la sua meta era la Biblioteca, non era affatto da escludere; tuttavia, l'accesso a quella riserva di libri, che all'esterno del castello poteva solo sognarsi, era troppo invitante per poter rimandare alle prime luci del giorno. Così invitante che, dopo essersi svegliato di colpo, il suo cervello aveva impiegato davvero poco a suggerirgli cosa fare. Forse in Biblioteca avrebbe potuto trovare qualcosa di utile per giungere finalmente alla verità e risolvere l'enigma; oppure avrebbe potuto farsi semplicemente un giro nel reparto proibito e curiosare un po' tra tutti quei tomi così interessanti.
    Si ritrovò inconsciamente con la sua fida moneta in mano, gli abiti neri che lo aiutavano a confondersi con l'ombra di una statua mentre il fuoco di una lanterna poco distante faceva risaltare solo la chioma bionda. La prima cosa che avrebbe fatto l'indomani sarebbe stata informarsi sui nomi e sui turni di Prefetti e Caposcuola, così da stilare itinerario grazie al quale potersi muovere liberamente la notte. C'erano decisamente troppe regole ad Hogwarts, per i suoi gusti.
    Dopo qualche minuto di attesa alla fine si incamminò, la sua figura che rapida tentava di attraversare il corridoio accalcandosi alla parete sinistra. Magari avrebbe potuto farsene addirittura amico qualcuno, così da poter davvero agire indisturbato e senza la preoccupazione di eventuali conseguenze. Studiare i Prefetti e i Caposcuola sarebbe stato interessante di per sé, in effetti, ed era una cosa che sicuramente non avrebbe mancato di fare. Anche quel momento, nel caso ne fosse spuntato uno, si sarebbe potuto trasformare in un'ottima occasione per osservarne la reazione e capire se, di tanto in tanto, gli piacesse chiudere un occhio. A dirla tutta, però, per quella notte gli sarebbe bastato intrufolarsi in biblioteca.
    Continuò quindi ad avanzare con passo felpato e senza alcun ripensamento, le iridi azzurre che quasi riuscivano a intravedere l'entrata della biblioteca, mentre la parte d'ombra che lo aveva coperto fino a quel momento si esauriva, a sua insaputa.
    Quando iniziò a correre verso la meta e se ne rese conto, il piede destro aveva già pestato una delle decorazioni di natale che gli elfi avevano trasportato chissà dove nel pomeriggio - dimenticandosi evidentemente un pezzo. Fottute creature inutili.
    < Dannazione!>
     
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    Il rientro a scuola era stato devastante, ancora non riuscivo ad accettare l'idea che Abigail, la bambina che portava in grembo Vanja, fosse morta, lasciando di se solo un amaro ricordo acerbo. Non appena io e Ellie avevamo scoperto della gravidanza di nostra sorella, non eravamo state esattamente contente, Vanja era giovane e ancora troppo immatura per una responsabilità del genere, eppure alla fine ce ne eravamo affezionate, io più di tutte, tanto da considerarla come una figlia propria. Non avrei mai permesso che Vanja la crescesse tutta da sola, avrei sempre provveduto a entrambe nel miglior modo possibile, perché era a questo che servivano le famiglie. O almeno questo valeva per le famiglie degne di quel nome, perché ve ne erano pure di un altro tipo, come quella orribile e spietata in cui ero nata. Della quale potevi fare parte solo se prima ti strappavi il cuore dal petto e lo lanciavi nelle profondità degli abissi marini e io non sarei mai stata disposta a farlo. Sicuramente non dopo ciò che avevano fatto a mia madre e in seguito a mio padre, non dopo che si erano presi la vita delle persone alle quali volevo veramente bene e di certo non dopo che avevano tentato di cancellare dalla mia memoria ogni briciolo di ricordo legato alle loro barbariche azioni. L'unica cosa che sarei stata ben disposta a dimenticare in quel momento era l'insopportabile dolore che non abbandonava mai il posto che si era preso nel mio cuore, come un macigno troppo pesante da spostare o un vaso infranto talmente tanto in piccoli pezzi da non poterlo riparare in alcun modo. Così mi sentivo in ogni momento della giornata da lì a due settimane, un vaso infranto che tentava in tutti i modi di fingere che tutto andasse bene, che i suoi cocci fossero ancora ben saldi fra loro e che nulla potesse anche solo scalfirlo. Nascondendomi dietro a quelle menzogne avevo trovato la forza di tornare a scuola dopo il permesso di una settimana che il vicepreside mi aveva concesso, visto che nello stato in cui versavo le mie magie involontarie legate all'elemento dell'acqua si sarebbero potute presentare molto più spesso e in maniera molto più violenta del normale, rischiando di fare del male a me stessa o a un qualche ignaro studente presente durante un mio momento di debolezza. L'idea di lasciare Vanja da sola in Alaska non mi piaceva per nulla, ma sapevo di non poter rimanere a casa con lei per sempre, rischiando di perde l'anno e tutto ciò per il quale avevo tanto duramente lavorato. Lei stessa era stata intransigente su tale punto, io ed Ellie dovevamo tornare a scuola e procedere con le nostre vite, per quanto difficile fosse, anche se poi, nei weekend o nei pomeriggi con svariate ore buche avevamo pattuito che l'avremmo raggiunta per accertarci che stesse bene e per farle compagnia cercando di tirarle anche solo di poco su il morale. Non era passato molto dal nostro rientro a Hogwarts e da allora, quando non ero a lezione o con la testa china sui libri, cercavo di coprire quanti più turni di ronda notturna possibili. Mi aiutava a non pensare e visto che di dormire non se ne parlava affatto, considerato che non appena chiudevo gli occhi pensieri orribili si materializzavano nella mia mente, occupare il mio tempo per qualcosa di utile mi pareva una buona idea. Dopo una cena appena assaggiata e un veloce bagno per evitare di doverlo fare a notte fonda, mi ero messa nuovamente addosso la divisa invernale ed ero scesa veloce giù dalla torre dei Corvonero per iniziare il mio doppio turno di ronda. Le prime due ore erano passate svelte e senza nessuno studente sorpreso a infrangere il coprifuoco ed ero addirittura riuscita a leggere qualche capitolo del libro che mi ero infilata in una piccola borsetta a tracolla in cuoio, per leggerlo in caso di assoluta noia mentre facevo avanti e indietro per i corridoi. Leggere e camminare allo stesso tempo senza andare a sbattere da nessuna parte era una capacità molto utile in casi simili e quella sera si era rivelata un salva vita, visto che tutti gli studenti del castello sembravano essersi messi d'accordo per dormire sogni tranquilli sotto le loro calde e soffici coperte. L'unico studente che avrei potuto trovare fuori dalla sua stanza sembrava essere Axel, ma non ero per nulla dell'umore adatto a vederlo e quindi mi ero ben guardata dal passare davanti al portone d'ingresso, posto in cui era solito sostare mentre si fumava le sue sigarette notturne, optando invece per proseguire lungo il corridoio che portava dritto alla biblioteca del castello. Meta molto gettonata dagli studenti così assetati di sapere che non potevano fare altro che tentare di raggiungere il tanto ambito reparto proibito. Fu proprio mentre imboccai tale corridoio che alle mie orecchie giunse un rumore sospetto, lo seguii curiosa correndo e una volta raggiunta la fonte del suono, lo vidi. Un ragazzo dalla chioma chiara come la mia stava oltrepassando il portone della biblioteca, ma prima che potesse chiuderselo dietro alle spalle lo bloccai con un piede per tenerlo socchiuso ed entrai subito dopo di lui. «Io mi fermerei fossi in te, dubito ci siano tanti posti in cui nascondersi in una biblioteca» In realtà ce ne erano abbastanza se sapevi dove cercarli, ma la mia presunzione mi faceva credere che ne conoscessi più io di lui, il che significava che lo avrei trovato in ogni caso. «Lasciami indovinare, sei venuto qui nel cuore della notte perché sentivi un bisogno irrefrenabile di prendere e leggere un qualche manuale babbano dalla corsia C, dico bene?» Esclamai sarcastica avvicinandomi al ragazzo con un sorrisetto tirato dipinto sul volto. «Ho indovinato?» Domandai glaciale fissandolo severamente con i miei occhi bicolore.
     
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  3. Alexander Lancaster
     
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    Amy
    Esistono momenti fugaci che la mente evita di registrare in maniera permanente. Momenti che il cervello ritiene così superficiali da non necessitare nemmeno di uno straccio di ricordo, di un appiglio. Altri, invece, più intensi e sorprendenti, è come se venissero marchiati a fuoco tanto nella mente quanto nelle iridi di chi osserva, creando una sorta di macchia indelebile che nemmeno un Aguamenti castato dal più potente dei Maghi può lavare via. Quando i suoi occhi intravidero un piede intromettersi nei suoi piani, Alexander capì subito sotto quale categoria sarebbe finito quell'attimo.
    Un sospiro anticipò lo scattare della testa, le iridi celesti che spiccavano nella penombra della biblioteca, non ancora illuminata come nelle ore diurne. Amante del controllo e, soprattutto, fine stratega - almeno secondo lui- nell'esatto momento in cui realizzò di essere stato sorpreso con le mani in un metaforico vasetto di cioccolata, il biondo comprese anche che difficilmente avrebbe dimenticato quella nottata, quell'affronto. Si perché, per quanto quello in difetto in realtà fosse lui e per quanto avesse preventivato una possibile intrusione, essere stoppato proprio a un passo dalla meta lo costrinse a storcere il naso come poche volte aveva fatto in vita sua.
    Lo sguardo cercò subito il viso dell'intrusa, un atipico quanto perfetto gioco di luci che ne faceva risaltare la chioma bionda e la pelle quasi diafana, portandola alla sua vista come un puntino dorato su una parete completamente nera. Trascorsero diversi secondi prima che Alexander spostasse lo sguardo verso la spilla da Prefetta appesa al petto di lei, con fare pensieroso, mentre pensava a come ribaltare quella situazione che, presto, sarebbe di sicuro diventata molto scomoda. Più di quanto già non fosse.
    < Prego?> Esordì, un finto tono perplesso a infarcire quella prima domanda, come se la ragazza le avesse appena chiesto qualcosa di veramente stupido.
    < Non ho alcuna intenzione di nascondermi. Ormai mi hai visto. > Sollevò le spalle verso l'alto in modo tranquillo, l'espressione priva di qualsiasi timore che lasciava spazio a una delle tante maschere che gli piaceva indossare per ingannare il prossimo.
    <Inoltre, non mi sembra stia facendo nulla di male, Prefetta.> Si costrinse, in un primo momento, a ignorare lo sproloquiare palesemente sarcastico della bionda, così da lasciare libera la sua mente di cercare una veloce quanto perfetta scusa; ciononostante, mentre si avvicinava, le parole di lei giunsero comunque in modo decisamente chiaro alle orecchie di Alexander, suscitando in lui un secondo sguardo che gli rivelò una bellezza che, fino a quel momento, era rimasta coperta dalla poca luce che li circondava. Almeno era stato beccato una Prefetta carina.
    < Niente di tutto quello che hai detto! > Inclinò leggermente il busto verso di lei, così da decimare i centimetri grazie ai quali sovrastava la sua figura. < Sei davvero una pessima indovina!> Composto, non si lasciò sfuggire alcun sorriso beffardo o compiaciuto, ma solo un mezzo sorriso criptico, quasi divertito. Anche se la situazione non lo divertiva per nulla. Non ancora, almeno.
    < Ho semplicemente dimenticato un tema di Storia della Magia, da consegnare proprio domani. Tutto qui. Non volevo che qualcuno arrivasse prima di me e usasse il mio tema per prendere una E, capisci? >
    Le sue bugie strusciarono fuori dalle sue labbra come degli astuti ed affamati serpenti, bramosi di cibarsi dell'ingenuità che spera di trovare nella Prefetta. Alexander Lancaster non dimenticava mai niente! In effetti, ricordava ancora, e in maniera perfettamente nitida, persino la prima volta in cui la sua bacchetta scagliò il primo incantesimo: un lumos che illuminò l'intera bottega di Ollivander.
    < Puoi venire con me a cercarlo, se vuoi, cosi magari lo troviamo prima. >
    A quel punto le si avvicinò di più, le iridi celesti che la sfidavano mentre la bocca si accostava di poco all'orecchio di lei.
    < Sempre che tu non abbia paura di girare in piena notte, e in un luogo oscuro, con uno che conosci appena. >
    Poteva quasi percepire il potere di quella provocazione, l'unica cosa su cui poteva far leva in un momento delicato come quello.
    Sarebbe riuscito a corromperla, a istigarla a trasgredire le regole che lei stessa avrebbe dovuto far rispettare?
     
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    Quella tanto noiosa serata aveva appena preso una piega piuttosto interesse. Dopo essermi introdotta all'interno della biblioteca, al seguito del ragazzo dai colori quasi albini, mi ero ritrovata davanti un volto mai visto prima. Gli studenti a Hogwarts andavano e venivano e non era raro che alcuni studenti arrivassero ad anno già inoltrato, io per prima ero stata una di quegli studenti ritardatari. Non per mia scelta sia chiaro, se davvero avessi potuto decidere in totale libertà della mia vita i miei studi sarebbero iniziati al compimento dei consueti undici anni, ma allora, visto che mi trovavo in Alaska, totalmente tagliata fuori dal mondo e celata dagli attenti occhi della famiglia di mio padre, che per la precisione erano letteralmente ovunque, non avevo avuto una reale scelta e i miei studi si erano limitati a quelli privati fra le mura di casa. Avevo imparato molto, questo era vero, non potevo lamentarmi in alcun modo dell'istruzione che mio padre era riuscito a darmi, bensì ciò di cui potevo lamentarmi era la totale assenza di contatti umani, oltre a lui, ai miei nonni e pochissimi insegnanti fidati, non avevo praticamente mai visto nessun altro nei primi dodici anni di vita e solo in seguito alla fuga dall'Alaska avevo avuto modo di conoscere persone nuove, ragazze della mia età e persone adulte, ma era durato poco e dopo circa un anno la famiglia di mio padre ci aveva ritrovati e dopo avermi obliviata, mi aveva costretta a seguirli, dando inizio alla mia seconda vita. Un altrettanto solitaria quanto più disgustosa vita all'insegna delle buone maniere, degli eventi di famiglia e degli obblighi morali che non desideravo. «La pensassero tutti come te...» Esclamai portando gli occhi al cielo. Praticamente ogni studente che sorprendevo fuori dal dormitorio tentava prima una fuga a gran velocità, poi un nascondiglio non troppo creativo e in fine scuse campate in aria atte a convincermi a chiudere un occhio, il che spesso succedeva, se nei loro occhi leggevo reale terrore nel dover affrontare il proprio caposcuola. Il ragazzo davanti a me sembrava però di diverso avviso e non tentò in alcun modo di scappare e anzi, sembrò quasi voler sfidare la mia già fragile e traballante pazienza con i suoi modi di fare presuntuosi. «Mh...» Mi grattai il mento fingendomi pensierosa. «Farsi beccare fuori dal proprio dormitorio oltre l'orario del coprifuoco è l'esatta definizione del: "star facendo qualcosa di male". Lo sai vero?» Una cristallina risata non troppo pacata mi sfuggì dalle labbra, tagliando di netto il silenzio che riempiva la stanza. Le mie parole erano sarcastiche e il sorrisetto sghembo che mi piegava le labbra ne era la prova, ma a differenza mia il ragazzo sembrava molto serioso e convinto delle sue parole, il che mi portò a credere che forse fosse realmente convinto di non trovarsi nel torto. Lo trovai stranamente divertente, dopotutto tanta sfacciataggine era quasi ammirabile e potevo affermare con quasi assoluta certezza che tali caratteristiche non potevano che appartenere all'ennesimo studente della casata con la quale forse avevo stretto più rapporti in generale. Il ragazzo si avvicinò di svariati centimetri alla mia esile figura slanciata, ma prima che potesse entrare nel mio spazio personale fu il mio affusolato dito indice ad arrestare la sua corsa, obbligandolo a bloccarsi sul posto. Il mio viso si alzò appena per poterlo osservare meglio e il mio sguardo bicolore cercò di carpire ogni più piccola informazione che il suo viso e la sua criptica espressione potevano rivelarmi. Mi ero sempre considerata una persona attenta ai dettagli, amavo studiare chi avevi difronte e qualvolta non mi dispiaceva tentare di mettere il mio interlocutore in difficoltà, gli scontri verbali mi avevano sempre affascinato, ma fra quelle mura sembravano essere veramente pochi gli studenti e le studentesse in grado di tenere testa alla mia lingua biforcuta. «Temo tu abbia ragione, divinazione non è il mio forte, sono troppo realista per credere ciecamente al fondo di una tazzina del caffè, preferisco dilettarmi in altre materie...» Constatai senza variare minimamente la mia fredda espressione. Indietreggiai di qualche passo abbassando finalmente l'indice che per tutto il tempo avevo tenuto puntato contro il suo petto e guardandolo di sottecchi ascoltai il modo creativo in cui stava tentando di giustificare la sua presenza lì. «Oh ma certo...» Mi finsi comprensiva sbattendo più volte le mie lunghe ciglia da cerbiatta con fare preoccupato. «Sarebbe davvero una disgrazia se finisse nelle mani di qualche sprovveduto» Contunuai a fingere di credergli portandomi una mano al metto in segno di sincera preoccupazione. «Ti aiuto volentieri a cercarlo, ma prima... bacchetta prego» Intimai con tono intransigente tendendo il palmo della mano davanti a lui per farmi consegnare il suo catalizzatore. Ok fingersi collaborative, ma così stupide da lasciargli materializzare una pergamena su un qualche tavolo di studio, anche no. Percepii il corpo dello studente avvicinarsi ulteriormente, fin quasi a sfiorarmi il lobo dell'orecchio con le labbra, in un pietoso tentativo di provocazione. «Innanzitutto se avvicini di un solo altro centimetro le tue sudice labbra al mio viso giuro che te le diffindo di netto, secondo... se avessi paura del buio e di incontrare sconosciuti dubito potrei adempiere ai miei compiti da prefetta, visto che passeggiare al buio è proprio una delle nostre principali mansioni» Sibilai velenosa voltando il mio viso per fissare i miei occhi su di lui per l'ennesima volta, incurante che il suo viso fosse a soli pochi centimetri dal mio. Pure volendo non avrebbe potuto compiere alcuna strana o malintenzionata anzione, non ne avrebbe avuto il tempo, perché per farlo se la sarebbe dovuta vedere prima con i miei impeccabili riflessi, che in meno di un secondo gli avrebbero potuto far ritrovare le palle sul pavimento, in seguito a un offensivo quanto subdolo attacco preventivo. Era raro che io temessi realmente qualcuno, mi ero trovata spesso in situazioni difficili, pericolose e al limite (e oltre) del legale ed ogni volta mi ci gettavo a capofitto senza farmi troppi problemi, ma mai senza un buon piano d'azione. Non sarebbe stato di certo un primino presuntuoso a farmi temere il peggio, non dopo aver avuto a che fare con maghi oscuri e soggetti senza un minimo scrupolo a dettare le loro azioni. «Tranquillo, finché ci sarò qui io nemmeno tu dovrai temere il buio» Mi sbeffevgiai divertita di lui riservandogli un premuroso buffetto sulla spalla. «Prego, fammi strada... o preferisci vada avanti io per difenderti da eventuali mostri nascosti dietro agli scaffali?» Sibilai nuovamente acida e pungente, facendogli cenno di proseguire lungo il corridoio della biblioteca per iniziare la ricerca del suo fantomatico tema perduto.
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  5. Alexander Lancaster
     
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    Amy
    Mentre lei si dava delle arie da vera Prefetta sul pisello, Alexander continuò a fissarla. Perplesso, quasi seccato. Davvero non riusciva a comprendere il perché la ragazza stesse ostentando in maniera così evidente quelle che credevano essere le sue qualità. Solitamente era lui quello che veniva marcato come arrogante, considerata l'enorme stima di se ma, in quel frangente, sembrava aver trovato qualcuno decisamente più megalomane di lui. Forse fu da questo che derivò l'espressione vagamente sorpresa in cui si piegarono il lineamenti del suo viso. O forse dipendeva da quel fastidioso dito ammonitore che ancora puntava contro il proprio petto.
    Rimase dove il dito lo aveva bloccato, saltellando con le iridi da esso al viso di lei. Sarebbe potuto restare in silenzio, assecondare i deliri di onnipotenza della Prefetta e persino le sue richieste, così d'assicurarsi una collaborazione pacifica e, magari, nessuna punizione. Un'ottima mossa, ma con risvolti tremendamente noiosi. La classica decisione giusta che si dovrebbe prendere ma che non fa gola a nessuno. Figurarsi a lui. Si sarebbe tirato fuori dai guai a modo suo.
    Sorvolò quindi sulla questione Divinazione e sulle materie in cui doveva evidentemente sentirsi una cima, evitando di domandare così da non sorbirsi un'altra vagonata di auto complimenti. Preferiva concentrarsi su quell'assurda richiesta.
    < Eh? Stai scherzando? > Se solo fosse stato privo del suo innato autocontrollo, probabilmente le avrebbe riso sonoramente in faccia: darle la bacchetta? Che richiesta stupida. A stento l'avrebbe consegnata a un Auror, figurarsi a una Prefetta. L'ego della bionda doveva aver raggiunto davvero vette fantascientifiche, come direbbero i babbani. O forse era davvero semplicemente stupida. Scoprirlo sarebbe potuto essere divertente.
    < Non ti consegnerò mai la mia bacchetta. Non sei un Auror. Non sei un Docente e, a onor del vero, probabilmente conti anche meno del custode.> Si concesse di guardarla con più attenzione, grazie a un'effimera luce generata dallo spostarsi di una fiamma in una delle lanterne attaccate alla lontana parete. Probabilmente gli avrebbe urlato in faccia, dopo quello. O forse no; non importava. Avrebbe scoperto come procedere strada facendo: era quella la parte interessante, del resto.
    <Tuttavia, in questo momento conti di sicuro più di me. Quindi terrò le mani in tasca ed eviterò di sfoderarla, se ti fa sentire più al sicuro. Ma non la vedrai mai nelle tue mani. > Non quella, almeno. Avrebbe voluto aggiungere, ma non c'era davvero bisogno di un commento del genere in un contesto come quello. E poi, che iniziasse a sentirsi privata di qualcosa anche lei, come lui lo era stato della propria tranquillità. In questo caso, le avrebbe sottratto solo un po' di quell'autorità a cui sembra tanto affezionata e che, forse, le piaceva più del necessario. Per sua fortuna, almeno l'ostacolo del dito venne presto debellato senza che facesse il minimo sforzo, se non guardarlo in cagnesco. La mano destra scattò quindi rapida verso quella tesa della Prefetta, riservandole un leggero colpo sul dorso che l'avrebbe scansata via, verso il basso.
    < Apprezzo molto il tuo aiuto, però. Rischi di diventare la mia Prefetta preferita.> In un'altra vita, forse. O Forse sarebbe potuta diventarlo davvero; magari l'avrebbe scoperta essere la classica indifesa mascherata da Firebolt su per il culo. Quello sarebbe stato davvero esilarante. Neanche quello importava più di tanto, però, l'unica cosa che importava era provare a portarla dalla sua parte. Un tentativo, forse due, considerando il soggetto. Poi avrebbe mollato il colpo. Non era di certo l'unica Prefetta che avrebbe potuto provare a corrompere. Anche se questo avrebbe voluto dire che la sua scappatella notturna sarebbe diventata di domino pubblico e, probabilmente, punita.
    Un rischio che valeva la pena correre. Considerata la scarsa gravità di un'eventuale punizione.
    Si scostò di lato, infilando la mano destra nella tasca dei pantaloni e distendendo la sinistra nel vuoto. < Se ti va, seguimi pure perché, anche se hai intenzione di punirmi in qualche modo, sappi che non andrò via di qui senza quel tema. Sono arrivato da poco, un'insufficienza non sarebbe un bel biglietto da visita. >
    Continuò a mentire spudoratamente, l'espressione seria che non lasciava trasparire alcun segno di goliardia. Avrebbe pensato poi a dove recuperare un tema a caso. Iniziò quindi una lenta camminata verso il centro della biblioteca, per poi fermarsi di colpo e girare la sua figura verso la Prefetta. Se lei avesse deciso di seguirlo, allora si sarebbero ritrovati di nuovo a pochi centimetri di distanza. All'improvviso.
    < Mi chiamo Alexander, comunque. > Lasciò che un sospiro generasse una pausa. Gli occhi fissi in quelli di lei.
    < Mi raccomando, occhi aperti. È solo un foglio di pergamena arrotolato, potresti non notarlo, nel caso ti distraessi. >
    Immaginarsi la fortuna se, davvero, qualcuno avesse dimenticato un foglio di pergamena arrotolato su uno dei tanti tavoli. Non erano casi rari e isolati, del resto.
    Lo avrebbe scoperto presto. Sempre che la Prefetta decidesse di assecondarlo.
     
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    I miei occhi rotearono verso il soffitto. Quante storie per una richiesta tanto semplice come quella di consegnare la sua bacchetta magica. Non gliela avrei di certo trattenuta per sempre, né tanto meno gliela avrei rotta. La mia era una richiesta unicamente atta ad evitare al Serpeverde di cedere alla tentazione di usare la magia per richiamare a se un tema utile a provare la veridicità delle sue parole. Nulla di più. Ma visto che il biondino sembrava intransigente su tale punto, decisi di lasciar perdere, concedendogli il beneficio del dubbio e sperando che non tentasse di compiere atti tanto stupidi come quelli che mi erano balenati in testa. «Ebbene tienila pure, ma se solo vedo fuoriuscire da essa una sola scintilla, questa serata si concluderà in presidenza» Sorrisi glaciale chiudendo il discorso. Lasciai che il ragazzo aprisse la strada e lo seguii a soli pochi passi di distanza puntando i miei occhi fissi sulle sue mani in cerca del minimo pretesto per trascinarlo fuori di lì. Non credevo a una sola parola di ciò che diceva, temi, dimenticanze, insufficienze tanto temute, tutte cazzate. Dalla sua il presunto Serpeverde aveva una buona parlantina e un autocontrollo tale da permettergli di restare calmo e fingersi totalmente convinto di ciò che diceva, ma io stessa ero un'abile bugiarda e sapevo bene che le migliori menzogne erano quelle semplici e potenzialmente plausibili, come di fatto l'essersi dimenticato un tema in biblioteca. Chi gli avrebbe creduto se come Christian, qualche settimana addietro, avesse puntato tutto sul sonnambulismo? Nessuno. Era una scusa talmente tanto campata per aria che nemmeno alla persona più ingenua del castello sarebbe sembrata vera. Per cui, l'idea del tema era tutto sommato da elogiare, se non fosse che era stata pensata per ingannarmi e convincermi a non far valere i miei diritti, non che dovrei, da prefetta. «Che fortuna, essere la perfetta preferita di qualcuno era proprio l'ambizione della mia vita...» Confessai con tono serioso senza preoccuparmi di risultare sincera. Non lo degnai nemmeno di uno sguardo e anzi, continuai silente la nostra passeggiata notturna e mi guardai attorno per scorgere eventuali pergamene fluttuanti. La corsa del ragazzo si arrestò improvvisamente e colta alla sprovvista mi ritrovai a sbatterci contro. «Non te l'ho chiesto, comunque» Sibilai infastidita scostandomi da lui. Che diamine di bisogno c'era di bloccarsi sul posto e girarsi per fornirmi un'informazione non richiesta. Non mi interessava conoscere il nome delle persone prossime a una punizione e se me ne fossi mai interessata, sarebbe stato unicamente per conoscere e riferire l'identità del trasgressore al primo professore o capocasata utile. «Skylee» Mi presentai più per educazione che per altro. «Ora che conosciamo i nostri rispettivi nomi possiamo continuare la ricerca? Grazie» Lo intimai di proseguire senza troppa grazia nei movimenti e ripresi a camminargli a qualche centimetro di distanza in più rispetto a poco prima. Se davvero avevo creduto che l'intrusione in biblioteca da parte del ragazzo potesse rianimare la mia serata, mi sbagliavo di grosso. Erano passati ormai svariati minuti e l'unica cosa che continuavamo a fare era camminare avanti e indietro per le sale della biblioteca, alla ricerca di quella pergamena ormai evidentemente inesistente. «Senti parliamoci chiaro, sono piuttosto sicura che la tua bellezza da divinità Greca non mi abbia distratto e a meno che tu stesso non sia rimasto vittima del tuo fascino, distraendoti da solo, mi pare ormai evidente che qui non ci sia alcun compito abbandonato» Sbottai improvvisamente incrociando seccata le braccia al petto. Attesi che l'attenzione del ragazzo si posasse su di me, poi proseguii. «Perché non ammetti semplicemente di aver mentito così posso punirti e cessiamo di perdere tempo con questa farsa? Sto iniziando ad annoiarmi, non mi diverte più tenerti il gioco fingendo di credere alle tue parole» Ammisi in fine il mio bluff durato fin troppo tempo e appoggiando il fondoschiena sul bordo di uno dei tanti tavoli vicino a noi, iniziai a fissarlo con sufficienza in attesa di una risposta. «Se mi fai la cortesia di dirmi la verità potrei darti pure una punizione divertente...» Feci spallucce abbozzando un sorrisetto sghembo. «Giusto perché come scusa mi è sembrata piuttosto buona» Esclamai ammiccando e producendo uno schiocco secco con le labbra. «Che so, potrei farti fare un tema che elogi il tuo talento nel mentire e il mio nello scoprirti, oppure ancora farmi portare un muffin caldo alla mattina per evitare di scendere a fare colazione...» Sorrisi divertita. Come se un solo muffin potesse placare la mia fame mattutina e farmi cominciare la giornata col sorriso. Impossibile. Ne sarebbero serviti almeno sei e pure a quel punto, probabilmente, mi sarebbe rimasto un buchino nello stomaco per il settimo. Amavo mangiare, non era un segreto e ormai molteplici studenti erano rimasti scioccati dalla quantità di cibo che riuscivo a ingurgitare pur mantenendo una forma fisica impeccabile. Il caso aveva deciso di donarmi un metabolismo invidiabile e le occhiatacce di diverse adolescenti brufolose e un po' pienotte non mi passavano inosservate, tuttavia non era colpa mia, non era un talento coltivabile, era una qualità con la quale si nasceva e chi poteva saperlo, magari un giorno il karma si sarebbe abbattuto su di me e avrei iniziato a ingrassare a vista d'occhio, pagando così tutti gli sgarri alimentari fatti fino a quel momento. Chi poteva saperlo.
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  7. Alexander Lancaster
     
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    Alex
    Alexander riteneva di essere decisamente bravo nel gestire una conversazione con una persona che parlava troppo. Soprattutto quando alla persona in questione piaceva in modo spropositato il suo della sua stessa voce ed era alimentata da un inesauribile ego. Complice anche il fatto di avere una madre chiacchierona, la quale sarebbe stata capace di sproloquiare per ore intere anche su un semplice centrino da tavola, aveva ormai capito da anni dove e come indirizzare tutte quelle energie in eccesso che gli venivano praticamente vomitate addosso dalla logorroica di turno. Ciononostante, il flusso incessante di parole proferite dalla Prefetta giunse alle sue orecchie come un'impetuosa valanga, travolgendo sia i suoi timpani che la sua mente. Scosse la testa, mentre vagava in compagnia della bionda, nel vano tentativo di rimettere ordine nei suoi pensieri e magari cancellare parte di tutte quelle informazioni che erano giunte al suo cervello in maniera così rapida - tra le quali dubitava seriamente ci fosse qualcosa che valesse la pena conservare. L'aveva lasciata fare, parlare, mentre lui pensava a come e dove recuperare un tema fittizio, una pergamena arrotolata; sfortunatamente, così facendo le aveva lasciato davvero troppo campo libero.
    < Beh, considerando la Firebolt che hai infilata su per il culo, dubito fortemente che qualcuno altro ti designerà mai come la sua Prefetta preferita, Skylee. > Riprese, partendo da un punto a caso della conversazione. Le iridi che scivolavano sui tavoli della biblioteca alla ricerca di uno straccio di pergamena.
    < Quindi tieniti stretto questo regalo che ti ho fatto. Mi aspetto almeno una cartolina per Natale con scritto: al mio solo e unico fan! > Le rivolse un'occhiata sfuggente, indagatoria, come a voler insinuare qualcosa. Distrarla, provocarla forse gli avrebbe dato il tempo necessario per agire. Oppure il tempo necessario a far si che agire non fosse più un bisogno: l'avrebbe scoperto presto. Per un breve attimo, l'effimero ricordo evocato in precedenza riguardo sua madre sfociò in una storia che ella era solita raccontargli da piccolo. Una storia non proprio adatta ai bambini, considerato il tragico finale, ma che al piccolo Alexander piaceva molto. Una storia che ben si adattava al contesto in cui si trovava in quel momento: chissà chi dei due sarebbe finito come il protagonista di quella favola.
    < Non ti ha distratta ma l'hai notata. > Replicò con un sorriso compiaciuto, in merito alla sua bellezza da Divinità Greca. Non poteva di certo dissentire: come altro sarebbe potuto essere un Dio se non come lui, del resto? All'improvviso il biondo si fermò, e si ritrovò a mimare i movimenti della Prefetta, evidentemente stanca di girare per la biblioteca. Le braccia infilate nelle tasche dei pantaloni piuttosto che incrociate al petto. Era tuttavia interessante, Skylee. Curiosa, a modo suo. Quella specie di viaggio nella sua psiche in cui si era lanciato, tra un occhiata sfuggente ad un tavolo e un'altra, di sicuro non aveva annoiato il Serpeverde. Infastidito, quello si.
    Sospirò, dopo aver girato la sua figura verso quella di Skylee. L'espressione ormai rassegnata al fatto che, nonostante la quantità d'idioti presenti nel castello, nessuno lo era stato così tanto da dimenticare una pergamena in biblioteca. Non quel giorno, almeno.
    < Dovresti rilassarti un po', Skylee. O prendere fiato, di tanto in tanto. > Storse in modo impercettibile il naso, senza nascondere il fastidio provocato per il troppo parlare. Era giunto il momento di mettere giù la maschera, del resto.
    < Comunque... Si, non c'è nessuna pergamena qui, lo ammetto. Evidentemente qualcuno è passato prima di noi e ci ha fregati. > Fece spallucce, spifferando la verità ma senza farlo davvero. L'espressione sardonica mentre la guardava negli occhi. Aveva ammesso quello che la Prefetta voleva, in fin dei conti: che li non ci fosse alcuna pergamena. Il fatto che la sua versione continuasse a tirare acqua al suo mulino, era solo una piccola vittoria che non le avrebbe di certo lasciato.
    < Ma suppongo dovrai punirmi comunque. > Continuò, avanzando di un passo verso il tavolo sui Skylee era poggiata.
    < Mi lascerai entrare nel tuo dormitorio, quindi?> Le chiese con finta sorpresa. < Un'altra regola che potrei violare, in effetti. Soprattutto con te a coprirmi. Ma non per un Muffin. > Inclinò la testa di lato, lo sguardo scaltro che la squadrava. < Se togli la Firebolt, magari ci vengo. > Concluse, ironizzando sulla metaforica scopa infilata su per il fondoschiena di Skylee a cui aveva accennato prima.
    < Oppure...> Aggiunse sospirando, la mano che sgusciava fuori dalla tasca per colpire con un sonoro schiocco di dita la spilla da Prefetta attaccata alla divisa della Corvonero. < Usciamo di qui come se non fosse successo nulla e torniamo entrambi da dove siamo venuti. Senza punizioni, senza prese in giro. E soprattutto senza il mio fottuto compito. Anche se tu avrai dalla tua la consapevolezza di essere stata, solo per un attimo, la mia Prefetta Preferita. Ah e, ovviamente, avrai anche un debito da riscuotere. >
    Il momento della verità era giunto. Il ciak finale di quella commedia che gli avrebbe rivelato quanto e se la bionda potesse essere corrotta.
     
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    «Touchè» Esclamai divertita al suo commento sulla scopa che si supponeva avessi infilata nel sedere. Non era il primo e non sarebbe stato di certo l'ultimo a definirmi troppo rigida con l'ausilio di tale paragone. Se avere una scopa infilata nel culo significava essere una persona con la testa sulle spalle, attenta ai dettagli e con la lingua tagliente, allora ero ben felice di tenermi la mia bella firebolt nel fondoschiena. A mio avviso era mille volte peggio risultare una stolta troppo fiduciosa nell'essere umano da apparire ingenua pure agli occhi di un bambino. Tutto sommato essere rigidi aiutava ad essere sempre pronti a tutto e soprattutto al peggio. «Cercherò di ricordarmelo...» Scherzai visualizzando già mentalmente una possibile cartolina ignorante da inviargli a natale. Probabilmente ci sarebbe rimasto di stucco quando se la sarebbe vista realmente recapitare da un gufo, ma ero fatta così, al minimo accenno di sfida o battuta inerente all'argomento io partivo in quarta e sentivo il bisogno di primeggiare, portando a termine ciò che mi era stato proposto anche solo scherzosamente. «La mia era una battuta, ma se ciò può compiacere il tuo ego ritienila pure una verità. Non vorrei mai beffeggiarmi delle tue convinzioni» Affermai una volta fermata e sistemata col fondo schiena sul bordo di un ampio tavolo in legno. Non era un brutto ragazzo, questo era innegabile, ma da lì a definirlo seriamente una divinità greca c'era un bell'abisso profondo. Ricapitolando ciò che in quel breve lasso di tempo avevo scoperto sul ragazzo, c'era: Uno smisurato ego, una probabile appartenenza alla casata delle serpi, un innato talento nel mentire, un sarcasmo pungente e un nome che non gli avevo mai richiesto di rivelarmi. Non male dopotutto, considerando che lo avevo sorpreso dentro quella stessa biblioteca solo una decina di minuti prima. «E tu dovresti smetterla di riservare pareri non richiesti...» Sorrisi arricciando le labbra in segno di stizza. Non mi piaceva quando le persone mi facevano notare che la mia inesauribile parlantina potesse dare fastidio. Ero fatta così, amavo parlare ma sapevo stare al tempo stesso in silenzio, se la situazione lo richiedeva. Parlavo e ascoltavo in egual misura e non sarebbe stato di certo un ragazzetto incontrato per caso a dirmi che non andava bene. «Mh... certamente...» Finsi nuovamente di credere alle sue menzogne riguardanti il fantomatico tema perduto. Chi non si sarebbe portato via un inutile compito, probabilmente poco accurato e preciso, di storia della magia? In fondo se vi si faceva attento caso, si poteva scorgere ogni giorno una fila infinita di studenti che facevano a botte fuori dalla biblioteca per rubare temi lasciati incustoditi. Era risaputo. «Supponi bene» Ammisi compiaciuta incrociando una gamba sull'altra per assumere una postura composta. Che il tema esistesse o meno la punizione non gliel'avrebbe tolta nessuno. Lui aveva infranto il regolamento scolastico e si era dato all'esplorazione nel cuore della notte e ciò era più che sufficiente per rifilargli una bella punizione. «Ora supponi male invece. Anche se volessi e vedi bene, non voglio di certo. Se solo provassi a intrufolarti nel dormitorio delle ragazze di una qualsiasi casata verresti sorpreso da uno scivolo che ti impedirebbe di raggiungerlo» Feci spallucce con aria di superiorità per quell'informazione che fino a quel momento il ragazzo ignorava, non conoscendone probabilmente ľesistenza. «Ah e le anguille vengono servite di martedì solitamente...» Abbozzai una battuta non troppo esplicita atta a dargli senza troppo giri di parole del viscido. Se davvero pensava che avrei lasciato avvicinare al mio dormitorio o ancora peggio alla mia biancheria intima uno sconosciuto quale era lui, si sbagliava di grosso. Era accaduto solo una volta, volta che si era poi ripetuta nel tempo con la medesima persona, che in ogni caso non avrei propriamente potuto definire estranea, quanto più sconveniente, ma non sarebbe di certo mai più accaduto. Mi era bastata come esperienza di vita. «Esattamente cosa ti fa credere di poter abbaiare condizioni in questo modo?» Domandai afferrandogli con un repentino movimento della mano il dito con il quale aveva urtato la spilla appuntata al mio petto. «L'unica in condizioni di dettare legge al momento sono io e non me ne faccio nulla di uno stupido favore da riscuotere» Affermai gelida lasciando malamente la presa che avevo sul suo dito per restituirlo al suo legittimo proprietario. «Dovrai fare di meglio se vuoi convincermi a non farti nulla» Sibilai seriosa sbattendo più volte le lunghe ciglia che incorniciavano i miei occhi bicolore. Se davvero credeva che sarebbe bastato così poco per evitarsi una punizione, si sbagliava di grosso. Mi aveva beccato in un periodo già di suo difficile e stressante e non avevo di certo bisogno che un ragazzino dall'ego pompato si permettesse di fare il gradasso con me. Non aveva idea quanto odiosa e ostica potessi rivelarmi.
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  9. Alexander Lancaster
     
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    Alex
    Perdere tempo ad Alexander Lancaster proprio non piaceva. Probabilmente era una cosa che non piaceva a nessuno, a onor del vero, ma per il Serpeverde era quanto di peggio potesse esistere. Pari merito con la noia. Allontanò lo sguardo dalla Prefetta, la mano destra impegnata a sistemare un ciuffo ribelle che aveva fatto capolino sulla fronte. Quella conversazione lo stava portando proprio verso quella combo devastante, verso un irrimediabile spreco di tempo in uno scenario, adesso, davvero noioso. Se ne rese conto non appena la bionda aprì di nuovo bocca, riprendendo a tessere le sue lodi -come se c'è ne fosse davvero bisogno- e a mostrarsi come un Troll inviperito: non aveva fatto altro da quando l'aveva incontrata. O le mancava qualche rotella, o provava un irrefrenabile bisogno di dimostrare agli altri che lei era... Cosa, poi? La più stressata del castello?
    Le riservò uno sguardo annoiato, senza nascondere quanto quella sinfonia che la Prefetta suonava ormai da un po' avesse iniziato a infastidire davvero le sue orecchie. Non valeva la pena di continuare; anche nel caso fosse riuscito a corromperla in qualche modo, agli occhi di Alexander non sarebbe mai risultata affidabile: troppo impegnata ad auto venerarsi e a odiare il mondo per rendersi davvero utile per qualcosa.
    Avrebbe dovuto capirlo prima.
    < Sei davvero noiosa. > Riprese, interrompendo quel fiume di parole. < Dovresti iniziare ad ascoltarti quando parli. Perché dubito tu lo faccia. >
    La guardò nello stesso modo in cui avrebbe osservato una bambina fare i capricci, senza provare rabbia, ma solo compassione per i genitori.
    < Ribadisci lo stesso concetto da quando ci siamo incontrati, ma con parole diverse. Appigliandoti a tutto. Forse è quella Firebolt che hai incastrata nel culo che non ti permette di focalizzarti su altre cose. > Inclinò la testa di lato, fingendo uno sguardo pensieroso, per poi drizzare la testa e abbandonarsi a un sospiro deluso. < Ma non mi interessa, ormai. > Infilò entrambe le mani nelle tasche, i passi che lo portarono a una libreria posizionata poco vicino al tavolo.
    < Parlare con te è quanto di più noioso mi sia capitato nella mia vita. > La mano destra sgusciò fuori dalla tasca e afferrò un libro. La sinistra che lo sfogliava a caso, dimostrando più interesse per quello che per la bionda. < E mi hai beccato in flagrante. Immagina ci fossimo incontrati normalmente... Mi avresti ucciso a colpi a di stronzate. >
    Un altro sospiro sfuggì dalla sua bocca, il sordo rumore provocato dalla mano che chiuse di colpo il libro ad anticipare le sue parole.
    <Perciò poni fine a questo supplizio e decidi cosa fare. Perché a questo punto preferisco tornare nel dormitorio. O andare in Presidenza. >
    Poggiò il libro di nuovo al proprio posto, sostituendolo con la sua fida moneta. Le iridi azzurre adesso puntate sul viso di Sky mentre la moneta passava da un dito all'altro, lentamente. Quanto ci avrebbe messo a decidere? Sperava vivamente che non attaccasse con un altro inutile sproloquio.
    Attese giusto qualche secondo, poggiato con la schiena alla libreria, poi prese a camminare.
    < Gli auguri puoi mandarmeli lo stesso, però. Non preoccupati. Il fuoco in Sala Comune ha sempre bisogno di cose da ardere.>
    Infilò la moneta nella tasca e prese a dirigersi a passo calmo verso l'uscita.
    < Buonanotte, Skybolt. >
    Erano tutti così i Prefetti? Sperava vivamente di no!



     
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    «Io sono veramente cosa?» Domandai scioccata inarcando un sopracciglio. Davvero quel ragazzino credeva di poter dare aria alla bocca come più credeva? Il mio cervello non era in grado di concepire tale atteggiamento, così maleducato quanto sfacciato da avere il coraggio di dire certe stupidaggini pure in circostanze del genere. «Sarai mica un Grifondoro?» Domandai di getto confusa dal suo atteggiamento. Avevo dato per scontato che appartenesse alle fila delle serpi, ma una sfacciataggine del genere e un così imbarazzante rispetto per le regole e le cariche scolastiche, sembravano essere molto in linea con tutt'altra casata. O il mio istinto aveva errato in pieno o quella davanti a me era la serpe meno furba e scaltra del castello. «Forse è la mia firebolt o forse sei te che non ti lavi abbastanza spesso le orecchie. Ripeto gli stessi concetti solo perché te continui a ignorarli... Non ti puoi comportare in questo modo, a Hogwarts ci sono regole severe e se le infrangi, ci si aspetta almeno che tu porti un minimo di rispetto per chi ti sorprende a farlo» Deficiente. Aggiunsi fra me e me scuotendo lievemente il capo. Gli sarebbe bastato veramente poco, molti studenti erano riusciti a scamparsela in situazioni analoghe, dopotutto a me bastava un sincero sorriso e un'altrettanta sincera promessa che sarebbero tornati immediatamente ai propri alloggi senza combinare ulteriori guai. Non durante i miei turni di ronda per lo meno. Se gli altri prefetti e caposcuola non fossero stati altrettanto attenti da sorprenderli in fragrante, beh... non era un problema mio. «Oh povero tesoro, ti stai annoiando? Se vuoi ti leggo un libro di fiabe per farti addormentare del tutto» Sibilai con tono piatto mentre mi alzavo in piedi e abbandonavo quella seduta tutt'altro che comoda. «Se ci fossimo incontrati normalmente ti avrei solamente ignorato, non sono abituata a buttare il mio tempo con gente tanto stupida» Proprio no. L'intelletto per me era la chiave che apriva ogni porta e chi ne era privo valeva meno di zero. Non mi importava sprecare tempo con persone tanto stupide da farsi beccare a fare casino oltre il coprifuoco e tanto presuntuose da pretendere pure di aver il diritto di dettar legge. Saper stare al proprio posto in alcune situazioni era d'obbligo e l'avevo appreso a mie spese, ma ora era tutto diverso e personalmente non sarei stata più così sciocca da commettere gli stessi errori. «Oh tranquillo, il tuo supplizio è appena terminato e la tua serata si concluderà in dormitorio, non temere.» Affermai obbligando le mie labbra a piegarsi in un sorrisetto affabile. «Ma presto si terrà un ballo qui a Hogwarts e indovina chi aiuterà i volontari a preparare il cibo per il buffet, ora che gli elfi sono in sciopero» Allargai di qualche millimetro il mio sorriso mostrandomi decisa e sicura su ciò che stavo dicendo. «Domani mattina il vicepreside riceverà una lettera con su scritto quanto deciso e non temere, ti farò avere presto gli orari in cui presentarti alle cucine del castello» Sfortunatamente per lui il tempo per le trattative si era ormai esaurito e non gli sarebbe rimasta altra scelta che presentarsi alla punizione, se non voleva incappare in conseguenze ben più gravi. Soddisfatta e per nulla pentita della mia decisione mi avvicinai a lui e gli riservai un paio di pacche sulla spalla prima di indicargli gentilmente l'uscita e seguirlo a pochi metri di distanza, giusto per accertarmi che la sua prossima meta fosse proprio il suo dormitorio. «Buonanotte Grifoscemo, è stato un piacere. Magari la prossima volta che ci incontreremo io avrò tirato fuori la scopa dal culo e il tuo cervello si sarà ripopolato di neuroni, ma chissà... magari non sarà così» Conclusi in fine con tono molto tranquillo prima di lasciarmi assorbire totalmente dal silenzio che regnava fra i corridoi e seguirlo silenziosamente fino alla sala comune delle serpi, dove lo salutai e gli augurai nuovamente di passare una buona nottata in attesa dell'esilarante compito che lo avrebbe atteso svariati giorni dopo.
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