"People break so easily, and so do dreams and hearts.”

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    C'era una volta un lupo ferito, ed in modi che mai avrebbe ammesso, specialmente a se stesso...

    Ricordo il bisogno di passeggiare nella grande tenuta dell'Accademia, tramutatosi poi in desiderio di mutare forma e sentire la natura grazie ai sensi amplificati del lupo.
    In queste ultime due settimane sento di averlo fatto più del previsto, almeno una volta al giorno, forse di più. Sono stato distante e silenzioso, ma al contempo ho ringraziato la stanza che abito al campus per i chilometri di distanza che mette tra me e la villa di Ystrad Meurig, altrimenti nulla mi avrebbe salvato dalle occhiate preoccupate di Alfred.
    Gli voglio bene quasi fosse un secondo zio, o una sorta di migliore amico molto più grande e saggio di me, ma non possiedo abbastanza forza mentale per affrontare un tipo di discussione che, quasi sicuramente, mi porterebbe a digrignare i denti e dirgli di farsi gli affari propri.
    Eppure dovrei essere felice di come sta procedendo il rapporto con Finn -mi sto persino abituando a chiamarlo così per non turbarlo- e le domande continue del ragazzo mi fanno sorridere perchè non riesco davvero a capire da chi abbia preso quella parlantina instancabile. Ci vediamo, parliamo e forse prima o poi riuscirò a perdonarmi di averlo spaventato a morte, ma dopo quanto successo con... con quello stupido ragazzino borioso, gli ho chiesto di lasciarmi tranquillo per qualche giorno, inventandomi degli esami importanti.
    Nemmeno a lui ho voglia di spiegare, probabilmente per paura che possa uscirsene con un commento troppo diretto e senza filtri. Ne sarebbe capace, ed i consigli fuori dai denti non sono ciò di cui ho bisogno.
    Gli alberi, la fredda terra sotto le zampe mentre corro, il buio che mi rende praticamente invisibile non appena cala il sole... Questo è quanto il mio cuore sembra bramare di più.
    Mi sono rifugiato nella seconda forma come fosse una casa, senza chiedermi se stessi sbagliando o meno a non affrontare quel senso di perdita parlandone con qualcuno.
    Ricordo di essermi trasformato, abbandonando vestiti e bacchetta al sicuro nel tronco cavo di un albero, e poi gli odori ed i rumori mi hanno invaso.
    La verità è che, pur essendo solo, vivere questi brevi momenti mi aiutano a non pensare a ciò che sarebbe potuto essere: un piccolo branco con un'amico, un'allievo e potenziale confidente. Corro sotto un cielo pomeridiano già oscuro per evitare di pensare a Bram Dubois e al modo in cui ha osato parlarmi, offendendo me e mio padre praticamente sotto il nostro tetto.
    Corro a perdifiato per evitare di ricordare quanto stesse iniziando a piacermi la sua presenza accanto.
    Ricordo un'odore forte nell'aria, sembrava una lepre... Molte foglie cadute a terra, non ho prestato attenzione come avrei dovuto, e poi, in un secondo... Ecco l'arrivo di un dolore lancinante.
    Una tagliola stretta attorno alla zampa anteriore destra, laddove in forma umana dovrebbe esserci il polpaccio. E' d'argento e brucia provocando una sensazione che mai ho provato prima.
    Provo a tirare la zampa ma i denti sono ben conficcati in profondità, senza rendermene conto inizio ad uggiolare come un cucciolo spaventato in preda al panico. Chi ha messo una cosa tanto pericolosa nel parco? E se ci avesse messo il piede la creatura sbagliata, o magari uno studente?
    Finisco sdraiato a terra, mi lamento e tento in tutti i modi di liberarmi, tanto che finisco col bruciarmi anche una gengiva nel provare a strapparla via a morsi. E' tutto inutile, il bruciore sale dalla zampa e sembra prendermi tutto il corpo. Sono una bestia in gabbia e mi chiedo cosa succederà quando chi ha messo la trappola mi troverà... Forse sarà un cacciatore di frodo clemente e porrà fine alle mie sofferenza con una freccia dritta al petto, o chissà, magari avrà pietà del ragazzo nudo e tremante che lo attende.
    Ho ripreso forma umana praticamente senza rendermene conto, troppo perso nel dolore per accorgermi che i guaiti sono mutati in bassi gemiti e lacrime silenziose. Ho il respiro affannato, sono sdraiato a pancia in giù ed il volto è nascosto tra le braccia, quasi volessi proteggermi da eventuali aggressori. Per la prima volta ho veramente paura di quello che potrebbe succedermi e non posso evitare di darmi dello stupido con la testa tra le nuvole; papà non sarebbe mai finito in una trappola del genere, e in caso sarebbe stato abbastanza forte da liberarsi. Però lui non era solo, io si. Sono solo e morirò come un cane.
    Ebbene, a quanto pare è proprio una creatura a quattro zampe che giunge in mio soccorso, grugnendo e alitandomi addosso.
    Non l'ho sentito arrivare, ma alzo la testa non appena percepisco il muso contro la mia testa. E' un french bulldog scuro dall'odore familiare e dal temperamento decisamente giocoso, quando il suo padrone me lo presentò si divertì molto a leccarmi le mani e circa un'ora dopo lo salvai da un'attacco da parte di un cinghiale.
    Duke...?
    Sussurro a fil di voce e ormai quasi privo di forze. La bestiolina allunga la linguetta rossa contro il mio naso e normalmente mi strapperebbe un sorriso ma il dolore è troppo forte e potrei svenire da un momento all'altro.
    Ed ecco che il suo padrone giunge di corsa da dietro degli alberi, forse il piccoletto gli è scappato da sotto le dita a causa dei miei guaiti. Per un momento i nostri sguardi s'incrociano ed io mi sento come il fantasma di Jasper Mountbatten, una sua pallida imitazione sanguinante e tremante, ben lontano dalla persona con cui il ragazzino ha avuto a che fare.
    L'orgoglio mi direbbe di mandarlo via, di comunicargli che posso fare benissimo da solo, ma la paura che si legge nei miei occhi color tempesta trasmette un messaggio ben diverso e, deglutendo a fatica, butto giù ogni sentimento negativo che provo nei confronti di questa testa dura e ammetto a me stesso di avere bisogno di lui, anche se solo per un momento.
    Aiutami, ti prego.


    Edited by rhion - 11/12/2021, 14:21
     
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    Non era stata una giornata facile. Non perché fosse accaduto qualcosa di particolare, ma perché la stanchezza che Bram aveva accumulato in quelle ultime settimane gli rendeva complicato persino concentrarsi sulle lezioni o sullo studio. Ne mancavano poche ormai, prima degli ultimi due esami che precedevano le vacanze di Natale, e si era detto di stringere i denti, anche se più di una volta si era ritrovato a dover saltare il tirocinio a causa di un attacco di panico.
    Era per quello che aveva ottenuto un permesso di portare Duke a lezione, invece di lasciarlo a casa come al solito, come animale di supporto emotivo, ed era fiero per il perfetto atteggiamento che il frenchie aveva avuto per tutto il tempo.
    Poteva sembrare assurdo, ma la presenza del cane lo calmava molto e nei momenti in cui si sentiva quasi sull’orlo di una crisi, gli bastava allungare una mano verso di lui per sentirsi meglio.
    Sapeva che non poteva essere la soluzione definitiva ai suoi problemi, ma per ora doveva bastare.
    Alla fine di quella giornata, portò Duke nel parco del campus per una passeggiata prima di tornare a casa. Si avvicinò al limitare del bosco ma, dal momento che era ormai buio, optò per non entrarvi. Non ci entrava più di notte da quel giorno di quasi due anni prima.
    Duke tuttavia sembrava essere di tutt’altro avviso ed improvvisamente prese a tirare il guinzaglio, come a voler convincere Bram ad andare proprio lì.
    “Ah no, niente da fare Duke…” rispose il Dubois, trattenendo il guinzaglio e cercando di allontanare il frenchie, ma quello si impuntò, testardo come non mai e con le orecchie tese. Sembrava aver visto o sentito qualcosa e Bram pensò che dovesse trattarsi di un qualche scoiattolo.
    “Andiamo a casa, dai”
    Fu inutile, il bulldog non voleva saperne di obbedirgli e il giovane si ritrovò a pensare che era una cosa davvero strana, perché Duke non si era mai comportato in quel modo.
    Fu in un secondo di distrazione, in cui allentò la presa, che il frenchie riuscì a sfuggirgli e lanciarsi in una corsa sfrenata (e terribilmente goffa) tra gli alberi.
    “Duke! Duke, torna qui!”
    Ma il cane si era già allontanato e probabilmente non era per niente incline ad obbedirgli.
    Trattenendo un’imprecazione tra i denti, Bram non vide altra scelta se non quella di seguirlo e sperare di riuscire ad acchiapparlo prima che si addentrasse troppo nel bosco.
    Quello sciocco di un frenchie aveva scelto il momento peggiore per fare una cosa del genere e per un attimo il giovane provò una forte frustrazione nei suoi confronti per averlo messo in una situazione del genere.
    La luce emanata dalla sua bacchetta non era abbastanza per farlo sentire tranquillo nel buio degli alberi e nemmeno i raggi lunari che ogni tanto filtravano tra le fronde.
    Ebbe l’impressione che il suo respiro ora spezzato non dipendesse tanto dalla corsa per raggiungere Duke, quanto dal timore di trovarsi lì. Non gli piaceva, l’atmosfera gli risultava inquietante e soffocante.
    Tuttavia continuò imperterrito, per non perdere di vista il bulldog, e si sorprese di non essere ancora ruzzolato in qualche radice - e che nemmeno Duke vi fosse inciampato -.
    Quando lo vide rallentare, Bram decise di accelerare per approfittarne e finalmente raggiungerlo.
    Fu solo una volta vicino che si accorse che Duke si era fermato accanto a qualcosa… o meglio, qualcuno.
    Il Dubois non riuscì a trattenere un sussulto nel riconoscere la persona stesa a terra, nel momento in cui il lumos ne illuminò il profilo.
    Quando vide la tagliola, ebbe un tuffo al cuore ed improvvisamente si sentì nauseato. Sapeva che avrebbe dovuto fare qualcosa, ma era così atterrito da non riuscire a muoversi. Poi incrociò lo sguardo spaventato di Jasper, vide che tremava e ne riconobbe la sofferenza sul volto, e la sua richiesta di aiuto gli sembrò superflua perché era ovvio che lo avrebbe aiutato.
    Come risvegliatosi da un momento di trance, Bram lasciò cadere a terra la borsa a tracolla e gli si avvicinò, inginocchiandosi con fare agitato.
    Duke stava leccando il volto del Mountbatten, in un tentativo di rassicurarlo, ed il giovane Dubois comprese perché il frenchie gli fosse sfuggito in quel modo.
    “Sei stato bravo, Duke” sussurrò, cercando di non far tremare la voce.
    Si sfilò il cappotto, ringraziando di aver scelto proprio quel giorno un capo che solitamente non gli andava a genio perché era abbastanza lungo da coprire il corpo di Jasper e, sperava, tenerlo al caldo. Lo stese su di lui e si spostò poi per controllare la gamba ferita e stabilire quanto grave fosse il danno.
    Duke si era a quel punto accoccolato vicino la testa del Mountbatten, probabilmente per confortarlo con la propria vicinanza, una cosa che avrebbe potuto strappare un sorriso a Bram se la situazione non fosse stata tanto orribile.
    Di per sé la ferita non era mortale, ma i denti della tagliola erano andati così a fondo nella carne da far impallidire il giovane Dubois e, quando sfiorò la trappola, dovette ritirare in fretta le dita scoprendo con sorpresa di essersi bruciato i polpastrelli. Con la gola improvvisamente secca, realizzò che l’arma era fatta in argento e il pensiero del dolore che stava sicuramente provocando a Jasper lo fece rabbrividire con orrore.
    Sussurrò un’imprecazione, sconvolto dal fatto che qualcuno avesse avuto un’idea del genere perché una trappola come quella non era solo pericolosa per chiunque vivesse al campus, ma anche immorale e disumana.
    “Ehi…” mormorò spostandosi verso il volto di Jasper, notando ora tracce di quelle che dovevano essere state lacrime e sentendo la nausea crescere, insieme all’angoscia all’idea di quanto dolore dovesse provare. “Ti tiro fuori dalla trappola, ok? Andrà tutto bene” cercò di parlare con tono rassicurante, sperando che la voce non vacillasse, ma dentro era un tumulto di agitazione e panico.
    “Farà male…” lo avvertì “ma dovrai resistere solo qualche secondo. Ecco, stringi questo se hai bisogno”
    Gli mise tra le dita il guinzaglio di Duke, non avendo altro da offrirgli. Se avesse potuto, gli avrebbe dato la propria mano da stringere, ma gli serviva di essere del tutto libero da impedimenti per poterlo aiutare al meglio.
    Impugnò la bacchetta, un po’ spaventato all’idea di poter sbagliare qualcosa e fargli ancora più male o peggiorare la situazione, ed inspirò prima di apprestarsi a castare l’incantesimo.
    La tagliola cigolò per un secondo, prima di iniziare a muoversi, aprendosi, non troppo lentamente e nemmeno di scatto. Bram manovrò tutta l’operazione con attenzione, la mano sinistra che impugnava la bacchetta ben ferma. Non molti secondi dopo, la gamba fu libera e la trappola fu allontanata con un altro incantesimo.
    Era troppo buio per stabilire con esattezza quanto brutta fosse la ferita - ma Bram sospettava lo fosse parecchio - e non avrebbe potuto usare il lumos contemporaneamente ad altri incantesimi. La cosa migliore da fare era andarsene di lì.
    Con un colpo di bacchetta fermò il sangue e con un ferula fece avvolgere delle bende intorno alla ferita, in modo che non rimanesse scoperta.
    Apprese che Jasper aveva lasciato lì vicino i suoi vestiti e la bacchetta e corse a recuperarli, dopo essersi fatto dire dove si trovassero, e li spinse disordinatamente nella sua borsa, desideroso di andarsene il prima possibile da quel posto.
    “Lo so che fa molto male, ma devi alzarti, così posso smaterializzarmi”
    Sentì una fitta allo stomaco nel pronunciare quelle parole, la smaterializzazione non gli era mai piaciuta, men che meno quella congiunta ed in quel caso avrebbe dovuto farlo non solo con un’altra persona, ma anche con un cane. Sperò ardentemente che nessuno di loro si spaccasse perché l’ultima cosa di cui aveva bisogno era di peggiorare la situazione.
    Aiutò Jasper prima a girarsi sulla schiena, poi a mettersi seduto e indossare il cappotto con cui lo aveva tenuto coperto fino a quel momento - fargli indossare i vestiti gli sembrava una perdita di tempo, senza contare che i pantaloni avrebbero potuto creare non pochi problemi con quella gamba -.
    Afferrato Duke sotto un braccio, con l’altro cinse la vita del Mountbatten, invitandolo ad aggrapparsi alle sue spalle, e fece poi leva sulle gambe per tirarli su entrambi. Con un po’ di fatica furono in piedi e Bram valutò in fretta il da farsi. La stanza di Jasper era sicuramente più facile da raggiungere, ma non sapeva se avrebbe trovato tutto quello di cui aveva bisogno per la gamba, invece sapeva con sicurezza di avere l’occorrente a casa, ma quello avrebbe implicato un viaggio più lungo. Certo, si trattava giusto di una smaterializzazione in più - una nell’aula magna per raggiungere la porta che li avrebbe condotti a Londra e poi un’altra da Londra a casa - e non sembrava così tanto, ma per uno che non si smaterializzava praticamente mai appariva come qualcosa di assurdo quasi. Inspirò, decidendo di tentare la sorte.
    La prima smaterializzazione non andò così male. La seconda gli fece girare la testa al punto che quasi sbandò rischiando di crollare contro la cassettiera, quando si smaterializzò nella sua stanza, senza contare che Jasper era improvvisamente diventato un peso morto contro di lui, non aiutandolo molto nel mantenere l’equilibrio.
    In qualche modo, Bram riuscì a non cadere, a lasciare Duke sul pavimento e a trascinare il Mountbatten sul letto, rendendosi conto a quel punto che l’altro aveva perso i sensi.
    Razionalmente sapeva che si trattava di una normale risposta al dolore, ma provò comunque una sensazione di panico che gli attanagliò lo stomaco. Si disse che almeno avrebbe potuto fare quello che doveva senza che Jasper ne soffrisse troppo e corse a prendere l’occorrente dalla cassettina che aveva in bagno. Non si sorprese del fatto che il resto della casa fosse buia e silenziosa, Daphne era a casa di Harumi e sarebbe tornata molto tardi.
    Avrebbe voluto che ci fosse anche lei in quel momento, lo avrebbe di certo aiutato ad essere più calmo, ma avrebbe dovuto contare solamente su se stesso. Con le braccia cariche di tutto quello che aveva bisogno, tornò in camera e si mise all’opera.

    Sedeva da almeno mezz’ora sulla poltrona all’angolo della stanza. Sulle gambe incrociate aveva un libro da cui di tanto in tanto alzava lo sguardo per lanciare un’occhiata al ragazzo addormentato nel suo letto. Bram era certo di aver fatto un buon lavoro con la ferita. Non era messa bene quando aveva iniziato a lavorarci, era profonda e a giudicare dal suo aspetto, aveva il sospetto che Jasper avesse lottato per liberarsi. Comunque sia, Bram l’aveva ripulita e disinfettata, aveva usato una pozione a base di dittamo che avrebbe accelerato la guarigione e l’aveva fasciata. Ci sarebbe voluto qualche giorno affinché si rimarginasse del tutto, le ferite inflitte con l’argento, per quelli come loro, richiedevano tempo e pazienza.
    Non aveva avuto il coraggio di vestire l’altro mentre era incosciente, per cui si era limitato a coprirlo con il piumone e a lasciare una tuta ai piedi del letto per quando si sarebbe ripreso. Sul comodino accanto a lui, c’era una fiala con una pozione che avrebbe combattuto l’insorgere di una qualsiasi infezione ed una che gli avrebbe ridato un po’ di energie.
    Duke aveva preso seriamente il suo ruolo di supporto emotivo e si era accoccolato sul letto di fianco al ragazzo, aspettando a sua volta pazientemente.
    Fu proprio il frenchie a far capire a Bram che il loro ospite si stava risvegliando, la testa del cane scattò su al primo movimento del Mountbatten.
    Bram mise via il libro e raggiunse il letto piano, quasi avesse paura di spaventarlo.
    “Ehi… come ti senti?” chiese quasi con un sussurro, quando lo vide aprire gli occhi.
     
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    Se ci fossimo trovati nella situazione opposta dopo quanto accaduto durante il nostro ultimo incontro, forse avrei aspettato più di qualche secondo prima di chinarmi e dargli una mano.
    Mi sarei fermato a guardarlo, preoccupato si, ma in parte anche felice di sentirgli dire che aveva bisogno di me. L'orgoglio ha denti più affilati di un lupo, e ferisce in profondità quanto la tagliola che mi affligge il polpaccio.
    Bram invece è un'anima pura, per mia fortuna, e non perde tempo con tali sciocchezze. E' un futuro medimago, un guaritore che raccoglie le vite degli altri tra le proprie mani, stringendole e scaldandole finchè i feriti non sono in forze e di nuovo liberi di volare per conto proprio; lui non ha tempo da perdere dietro alla superbia, segue l'istinto mettendo da parte l'astio e, nonostante tutto, gliene sono grato.
    Mi fido di lui e del fatto che andrà tutto bene, lo guardo con occhi grati e allo stesso tempo ancora spaventati da ciò che sarebbe potuto accadere se Duke non avesse seguito i miei gemiti. Nel tremargli accanto col sangue che cola sull'erba e la pelle candida coperta dal suo cappotto, mi sento davvero come il bimbo di nove anni rimasto senza branco che proprio lui aveva descritto con tanto fervore e astio nella voce, e per quanto non mi piaccia mostrarmi in questo modo devo lasciarmi andare.
    Papà diceva che non c'era nulla di male nel soffrire e mamma mi spingeva a parlare delle emozioni che sentivo perchè tenerle dentro era sbagliato per me e chi mi stava attorno, eppure vivendo con zio Rhys ho imparato ad essere forte e mostrare sicurezza anche nei momenti peggiori perchè la debolezza portava in ben pochi posti nella vita.
    Ho cercato di seguire i consigli di tutti loro e sento di non provare vergogna per queste lacrime asciutte che sento sulle guance, ma al contempo quando il ragazzino inizia ad aprire la tagliola con un'incantesimo stringo il guinzaglio del french bulldog con tutta la forza di cui sono capace.
    Vorrei urlare e invece irrigidisco la mascella tanto che mi sembra di sentirla scricchiolare e mi ripeto che l'americano ha già visto il peggio di me, quell'eccesso di rabbia con cui l'ho sbattuto a terra e la seguente fuga, il voltarsi del lupo con lo sguardo triste prima che s'infilasse nel profondo del bosco gallese... Potrei lasciar andare un gemito, invece resisto.
    Quando è tutto finito mi sembra di essere in grado di respirare nuovamente, il bruciore è terminato ma non del tutto ed insieme al dolore mi lambisce le carni disfatte.
    La mia bacchetta ed i vestiti... sono in un... albero cavo.
    Con un filo di voce indico la direzione in cui il ragazzino troverà i miei oggetti perchè se dovessi abbandonarli qui sarei perso e non ho intenzione di rimanere senza.
    Carezzo il pelo scuro del cagnolino mentre il suo padrone vola via alla ricerca di quanto gli ho chiesto e nella confusione provocata dalla sofferenza mi trovo a pensare quanto mi manchino Mordred e Pendragon. Dovrei tornare a casa e stringerli, chieder loro scusa per l'assenza di queste settimane per poi farli giocare a rincorrere il coniglio di pezza che possiedono da che sono cuccioli.
    Gli eventi che avvengono quando Bram torna mi sembrano veloci e molto lenti allo stesso tempo, sento che mi aiuta a mettermi a sedere ed indosso il suo cappotto, vorrei dirgli che può smaterializzarsi in camera mia ma sono troppo stanco per farlo e sento di non avere abbastanza voce per protestare contro eventuali sue decisioni.
    Mi fido di lui, nonostante mi abbia abbandonato.
    Uso la forza che mi rimane per tirarmi su e appoggiarmi a lui, il primo viaggio verso l'aula magna mi strappa un gemito e quando attraversiamo la passaporta il luogo in cui appariamo mi sferza la pelle nuda delle gambe col suo freddo, ma è il secondo viaggio che mi porta via, in un luogo in cui Bram non può raggiungermi.
    Sento il buio calare e vorrei davvero resistergli perchè so di essere troppo pesante per il ragazzino e forse non ce la farà a tenermi su da solo, tanto più che ha un cane sotto l'altro braccio, ma il peso di quanto accaduto mi preme sulle spalle ed è troppo.
    E così mi lascio prendere dall'oblio così che possa darmi un po' di pace.

    Di solito sogno ricordi di un tempo che non tornerà mai più oppure, come penso molte altre persone, il mio subconscio crea degli strani mix di eventi e gente che ho incontrato nel corso di tutti questi anni creando storie complesse e a volte assurde.
    Oggi però è tutto molto vuoto, come quando entri in una stanza buia e vaghi alla ricerca di un'interruttore per accendere la luce e tentare di capire in che luogo ti trovi, eppure non provo timore. Dovrei?
    No, certo che no... Mi sto solo riposando, non sono morto. E' stato solo un taglio, un dolore passeggero, e poi c'è lui a darmi una mano e del ragazzino mi fido, giusto? In questo mondo vuoto io e lui non abbiamo discusso e forse se accendessi la luce vedrei due lupi scuri correre dietro la finestra, liberi di essere ciò che sono sempre stati e felici di essere amici.
    In questo mondo non esistono tagliole o pregiudizi, solo buio e silenzio. Però, prima o poi, anche il sonno senza sogni è destinato a finire ed io mi trovo a chiedere a qualsiasi entità regni sulla mia mente di lasciarmi lì ancora un po' perchè non voglio tornare in un mondo in cui mamma e papà non ci sono e Finlay ha un altro nome e gli amici mi abbandonano.
    Sono un bambino viziato ed egoista, e aprire gli occhi è la mia punizione.
    Sento la morbidezza di un materasso sotto di me, ed il calore di un piumone che mi copre la pelle rimasta nuda. Sento un pizzicore al polpaccio, ma nulla che bruci come mille bracieri e... qualcosa di duro al mio fianco che sbanfa come un mantice, o come un facocero.
    Sono in una stanza, ma non è un ospedale, e quando sento la voce del Dubois accanto a me lo guardo con occhi sorpresi prima di ricordare quanto è accaduto.
    Mi tiro su a sedere e il muso del piccolo Duke sdraiato accanto a me mi strappa un veloce e debole sorriso che non riesco a rivolgere al suo padrone. Guardandomi attorno noto dei vestiti che non sono miei ai piedi del letto e due fiale sul comodino che ingurgito una dopo l'altra senza chiedere al ragazzino se siano per me, ma a giudicare dal fatto che non mi abbia fermato deduco di si.
    Mi ha portato a casa sua invece che al San Mungo, probabilmente perchè non voleva crearmi problemi o raccontare bugie che non è in grado di plasmare a causa del suo animo buono e gentile... Chissà se anche coi suoi pazienti tira fuori quel lato serpentino che ho avuto il piacere di provare sulla mia pelle, o se è una parte di carattere che riserva solo a chi desidera far soffrire.
    Sto meglio. Grazie.
    Dico infine con la voce arrochita dalla stanchezza e gli occhi che ancora lo evitano, preferendo posarsi sul musetto del french bulldog che carezzo quasi sovrappensiero.
    A quanto pare Duke ha un'udito migliore del tuo, o forse non eravate così distanti da me quando sono stato preso.
    Gli parlo con distacco, ma mi è impossibile non punzecchiarlo perchè l'orgoglio mi spinge a farlo perchè si merita questo ed altro. Potrei alzarmi e andarmene senza dire più una sola parola e lui dovrà solo chinare il capo e stare zitto, visto che annegare nella consapevolezza di avere torto è l'unica cosa che merita... Però mi ha salvato la vita e sono in grado di riconoscerglielo, di mostrarmi superiore. Forse questo gli farà ancora più male.
    Sei stato gentile ad aiutarmi, ma non credere che questo cambi le cose, ragazzino.
    Infine gli punto gli occhi addosso, e sono del colore del mare in tempesta seppur la mia forza e voglia di discutere siano al minimo.
    Credo tu mi debba delle scuse.
     
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    Nel silenzio della stanza, pur tentando di leggere, Bram aveva avuto modo di pensare.
    Aveva pensato prima di tutto a quanto era appena successo, all’orrore provato nel trovare Jasper in quelle condizioni.
    Quella trappola proprio lì nei confini del campus… non era di certo un caso ed il Dubois non aveva potuto fare a meno di chiedersi se fosse lì per lui.
    Ormai gran parte degli studenti doveva aver saputo del misterioso attacco da parte di un licantropo e gli auror che erano venuti a far domande non avevano di certo aiutato a tenere la cosa nascosta, quindi o tra loro c’era un cacciatore di creature o qualcuno si era improvvisato tale.
    In entrambi i casi, era una cosa che faceva paura, oltre ad essere estremamente pericolosa per chiunque, ma soprattutto… Bram si sentiva terribilmente in colpa.
    Se davvero quella trappola era lì per lui - e chissà quante altre potevano essercene - Jasper ne aveva pagato le conseguenze al suo posto e a qualsiasi altro studente sarebbe potuto succedere lo stesso.
    Ad atterrirlo ancora di più era il pensiero che se non lo avessero trovato lui e Duke, lo avrebbe fatto chiunque avesse messo quella maledetta trappola. E a quel punto cosa ne sarebbe stato di Jasper?
    Tutto questo non faceva altro che aggiungersi ai sensi di colpa che Bram provava nei suoi confronti già da tempo, da quando avevano avuto quella brutta discussione nella tenuta del Mountbatten e da allora non si erano più parlati.
    Nonostante avesse ottenuto ciò che voleva - ovvero cancellare i loro incontri senza dover troppe spiegazioni all’altro - il Dubois non era affatto felice di come erano evolute le cose tra loro: non parlarsi più, evitarsi, il chiaro risentimento di Jasper nei suoi confronti.
    Non gli piaceva perché prima di quel litigio aveva giusto iniziato a pensare che forse loro due sarebbero potuti essere amici, che la compagnia di Jasper era più piacevole di quanto avesse potuto credere quando ancora non si sopportavano.
    Odiava ogni singola parola che aveva rivolto al Mountbatten quel giorno e si odiava per essersi costretto a dirle.
    Era un livello di meschinità che Bram non poteva sopportare e dopo settimane ancora ci pensava durante il giorno.
    Quindi, ecco, non era nelle migliori delle posizioni mentre si avvicinava al letto per controllare come stesse il suo ospite inaspettato, anzi ora che l’adrenalina ed il panico si erano attenuati, Bram iniziava a sentire il disagio, forse persino la vergogna a rivolgergli parola.
    Jasper sembrò dapprima sorpreso, come se non ricordasse quanto accaduto, poi parve prendere consapevolezza.
    Quando lo vide tirarsi a sedere, Bram fece un piccolo movimento in avanti, come per aiutarlo, e sembrò poi ripensarci quando vide che l’altro poteva benissimo farcela da solo.
    Non lo fermò quando afferrò le due fialette sul comodino, dopotutto erano per lui, ma provò disappunto per il fatto che non avesse chiesto e… che stesse evitando il suo sguardo.
    Era chiaro che Jasper ce l’avesse con lui e questo non lo sorprendeva, ma sperava che almeno in quella situazione potesse temporaneamente mettere da parte il risentimento.
    “I miei sensi sono perfettamente normali quando sono umano” si mise poi sulla difensiva “Devo concentrarmi se voglio sfruttare le mie capacità come lican. Quindi sì, è una fortuna che Duke fosse lì con me”
    Il frenchie si era seduto ora e pazientemente si lasciava accarezzare, senza dare dimostrazione della sua solita irruenza, come se capisse che non era il momento per saltare addosso al loro ospite.
    “Sei davvero incredibile…” disse poi Bram con un lieve sbuffo, trattenendosi dall’alzare gli occhi al cielo.
    Non sapeva nemmeno perché si sorprendesse tanto delle parole del Mountbatten, ormai conosceva Jasper. Forse trovava incredibile il fatto che, nemmeno il tempo di svegliarsi del tutto e di riprendersi da quanto accaduto, che già pretendeva da Bram delle scuse che gli erano sicuramente dovute ma per cui avrebbe potuto aspettare ancora un po’ data la situazione.
    Era chiaro che l’orgoglio scorreva potente nelle vene di Jasper, ma per una volta Bram decise che non era nella posizione per trovarlo irritante. Dopotutto era lui quello in torto e gli doveva delle scuse per più di un motivo.
    Inspirò, abbassando lo sguardo e sedendo sulla poltrona che aveva trascinato vicino al letto.
    “Sarei voluto venire da te molte volte a dirtelo, ma avevo paura che non avresti voluto parlarmi… mi dispiace per quello che ti ho detto, Jasper. Mi dispiace davvero, io… è stato orribile. Non le pensavo davvero quelle cose, volevo solo… che mi lasciassi andare, che smettessi di farmi pressioni”
    Si morse le labbra, continuando ad evitare gli occhi dell’altro.
    “Ho cercato di colpirti dove credevo ti avrebbe fatto più male e mi sento davvero uno stronzo, credimi… quando ho visto quanto ti avevo ferito sono stato malissimo” deglutì, arricciando appena il naso “Non mi aspetto che tu accetti le mie scuse. Però, ecco… sì, scusami. E scusami per quello che ti è successo questa sera, penso che quella trappola fosse per me. Non voglio averne la presunzione, ma è saltata fuori dopo che si è sparsa la voce di quanto è successo con il lupo mannaro, suppongo quindi sia colpa mia. Se penso che se non fosse stato per Duke non ti avrei trovato e lo avrebbe fatto chi ha messo lì la trappola…”
    Si interruppe, rendendosi conto di avere le mani tremanti e gli occhi improvvisamente lucidi. Prese un respiro, riuscendo ad impedirsi di piangere.
    “Ti rimetterai in un paio di giorni, ho fatto del mio meglio. Se vuoi tornare nel tuo alloggio posso accompagnarti, ma mi sentirei più tranquillo se rimanessi almeno per la notte e potessi controllarti subito domani mattina. Non dovresti sforzare la gamba per ora” quando parlò lo fece con voce ferma.
    “S-se hai bisogno di aiuto con i vestiti…” detestò la velocità con cui sentì le guance calde nel pronunciare quelle parole “Ma se fai attenzione e non poggi il peso sulla gamba ferita dovresti cavartela. Penso non ci sia nemmeno il rischio di un’infezione”
    Senza pensarci si allungò in avanti, toccandogli la fronte e ritirando subito dopo la mano per afferrargli il polso e sentire i battiti.
    “Non hai la febbre, è un buon segno. V-vuoi qualcosa da mangiare?”
     
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    Rimango a guardarlo mentre parla, lo sguardo fisso su quel viso dai tratti particolari e taglienti come quelli di una statua greca. Lui sfugge ai miei occhi, mostrandomi così il dispiacere e la vergogna che prova nel dover confrontarsi con la persona che ha ferito in maniera così gratuita e meschina, un comportamento che poco si addice alla dolcezza che traspare dal suo volto.
    Eppure il piccolo Dubois ha dovuto mentire per far si che lo lasciassi andare nel peggiore dei modi, ha colpito nel punto più sensibile del mio cuore attaccando quanto di più caro avessi al mondo ed ha lasciato una ferita che ancora sanguina.
    Perchè, vorrei chiedergli; a cosa è servito tutto questo dramma se non ad allontanare due persone che stavano diventando amiche? Davvero vi sono solo degli esami dietro le sue motivazioni o ha qualcosa da nascondermi? E se si, perchè non provare a parlarmene invece che fuggire come un coniglio?
    La risposta potrebbe essere che è solo un ragazzino e non vuole sentirsi un peso per gli altri, soprattutto nei miei confronti dopo quanto ho già fatto per lui, ma non posso fare a meno di provare una sorta di pungente disappunto se davvero ha preferito tenermi nascosta qualche informazione piuttosto che provare a parlarmene.
    Mi ritiene indegno della sua fiducia, o sono io a credermi fin troppo speciale nonostante i nostri trascorsi poco idilliaci?
    In ogni caso, colgo la sua sincerità, e rimango colpito da quelle mani tremanti ed occhi lucidi che gli illuminano il viso insieme al senso di colpa quando mi parla di come si creda il responsabile di quanto accaduto alla mia gamba.
    Lo guardo con una rigidità che via via si distende, tramutandosi in distaccata calma, e vorrei dirgli che non è stato lui a piazzare quella tagliola e che ai miei occhi riguardo quanto accaduto non ha alcuna colpa, ma mi mordo la lingua e lo lascio continuare perchè sento di meritare tutto questo suo faticare a trovare le parole dopo quanto accaduto a casa mia.
    Sono crudele nel pensarlo? Dovrei lasciarmi tutto alle spalle con più facilità, ma non ne sono capace perchè l'orgoglio è un tratto fin troppo distintivo della mia personalità e per quanto possa perdonare un torto non significa che sia disposto ad apparire fin da subito gioviale e gentile. Certe cose vanno riconquistate, mio caro ragazzino.
    Carezzo pigramente il capo di Duke lasciandomi però scappare un'accenno di sorriso divertito quando le guance di Bram diventano rosse, e dire che ha avuto molto tempo per perdere un pizzico di pudicizia nei miei confronti, ma dev'essere un suo tratto distintivo. E stranamente dolce.
    Solo quando finisce di esaminarmi fronte e battito scelgo di muovermi, e lo faccio spostando le gambe fuori dal letto con un po' di fatica e lentezza, ma quando i piedi poggiano a terra scosto la coperta dal corpo nudo e fisso prima lui e poi i vestiti con impazienza e mal celato divertimento.
    Quindi? Mi aiuti o no?
    Diciamo che lo sto punendo un pochino, e la richiesta di aiuto indica un'implicito perdono che tra poco potrei persino farmi sfuggire ad alta voce, se dovessi ritenerlo necessario.
    Con calma indosso gli abiti, facendo attenzione a non poggiare la gamba ferita e tenendomi a Bram per indossare i pantaloni e tirarli su. Mi stanno un po' corti a causa della differenza d'altezza e peso, ma me li farò andar bene per oggi.
    Ricado sul letto con uno sbuffo e nonostante il periodo passato privo di conoscenza mi sento comunque stanco, se non fosse per il gemito che proviene dal mio stomaco credo che crollerei di nuovo seduta stante.
    Accetto la tua offerta di vitto e alloggio, ragazzino. Dubito tu abbia della carne in casa, ma mi accontenterò.
    L'idea di essere servito e riverito in quanto malato mi stuzzica, eppure ammetto che non me la sento di compiere nuovamente il viaggio tra passaporte e smaterializzazione che poco fa mi ha fatto perdere i sensi, quindi è più saggio rimanere qui. La compagnia di Duke non è nemmeno così male.
    E accetto le tue scuse, anche se non ti pensavo capace di peccare di presunzione visto che non sei l'unico lupo del campus.
    L'osservo per un secondo col sopracciglio inarcato prima di girare con un sospiro la moneta che è il mio volto in modo da mostrare l'altro lato, quello che si è sentito colpito dal dispiacere del Dubois nonostante il cuore ferito e gli è sinceramente grato del salvataggio.
    La tagliola non è stata colpa tua, chiaro? Prima o poi qualcuno l'avrebbe piazzata anche senza il tuo attacco al mannaro, alle persone che ci odiano basta poco per attaccare quindi concentrati su quanto di buono hai fatto stasera.
    Continuo ad insegnargli qualcosa nonostante i rapporti si siano incrinati in maniera all'apparenza irreparabile, e non capisco perchè m'impegno così tanto con lui... Forse mi sono un pizzico affezionato a questo ragazzino, altrimenti non avrei mai reagito in quel modo nel vederlo allontanarsi da me.
    Perchè hai sentito il bisogno di comportarti in quel modo, Bram? Stavamo diventando amici e ora è come se fossimo tornati all'inizio della storia. C'è altro oltre agli esami che non vuoi dirmi? Guarda che se ti sei innamorato di me posso capirlo benissimo, ma se è così che reagisci alla paura di un rifiuto allora dovrei insegnarti come comportarti anche nel contesto umano, oltre che animale.
    La calma muta, diventando divertita malizia e sarcasmo con cui lo pungo. Il sorriso che si piega lentamente verso l'alto mentre passo una mano sulla schiena del frenchie al mio fianco, come se quanto detto fosse niente di che e non una battuta che lo renderà potenzialmente rosso quanto un peperone. Si merita anche questo, eppure sotto lo scherzo vi è un altro nascosto modo di dirgli che sto accettando il suo dispiacere e che, in un certo senso, lo perdono.
     
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    Il silenzio di Jasper tenne Bram sulle spine e quella sensazione non gli piacque affatto.
    Aveva chiesto scusa come l’altro aveva richiesto ed ora non ottenere alcuna risposta lo stava facendo sentire ancora più teso.
    Certo, non pretendeva che Jasper potesse accettare subito le sue scuse, dopo le cose orribili che Bram gli aveva detto quel giorno, soprattutto con il carattere orgoglioso che il Mountbatten si ritrovava, ma sperava che almeno dicesse qualcosa. Qualunque cosa.
    Il suo inatteso ospite invece, si limitò ad accarezzare Duke in silenzio e, se non fosse stato così nervoso, Bram avrebbe potuto notare come la sua espressione si fosse appena appena distesa.
    Però non gli sfuggì l’accenno di sorriso che curvò le labbra dell’altro e fu certo che quel sorriso fosse una presa in giro per come il Dubois era arrossito nell’offrirgli il proprio aiuto.
    Se possibile, Bram arrossì ancora di più ed impacciato scattò in piedi alle parole di Jasper e quando lo vide muoversi.
    Nell’aiutarlo a rimanere in piedi, mentre l’altro indossava i vestiti, guardò ovunque tranne nella sua direzione, pentendosi di avergli offerto il proprio appoggio, e si sentì messo totalmente a disagio dalla situazione.
    Ma quando finalmente il Mountbatten ebbe tutti i vestiti addosso, Bram gli rivolse un’occhiata e a fatica trattenne un sorriso nel vedere le sue caviglie scoperte a causa dei pantaloni troppo corti. Avrebbe potuto sistemarli con un colpo di bacchetta, ma decise che era più divertente così e, dal momento che nemmeno Jasper stesso ci aveva pensato, lasciò che rimanessero di quella lunghezza.
    Fu in parte sorpreso quando Jasper accettò la sua offerta di ospitalità, ed il sorriso che aveva cercato di trattenere fino a quel momento divenne palese quando sentì il brontolio dello stomaco dell’altro.
    “Magari c’è della carne in frigo. Daphne non è vegetariana come me” disse poi “Condividiamo l’appartamento” aggiunse in fretta, non sapendo se Jasper ne fosse o meno a conoscenza.
    “Però sono un pessimo cuoco e pensavo di ordinare qualcosa…spero che la pizza non sia troppo poco raffinata per te”
    Si concesse quella battuta, seppur il Mountbatten non avesse ancora detto niente riguardo le scuse, leggermente rassicurato dal fatto che avesse almeno accettato di rimanere per la notte.
    Se fosse stato davvero così arrabbiato con Bram, se lo avesse odiato, non avrebbe mai accettato di rimanere, no?
    Lanciò un’occhiata incerta a quel volto stanco, tornando a sedere sulla poltrona, reprimendo l’istinto di raggomitolarsi su essa come a proteggersi da ciò che Jasper avrebbe potuto ora dire.
    Le parole del Mountbatten furono tuttavia benevole ed anzi volte a rassicurare Bram che, nonostante ciò rifuggì il suo sguardo.
    “È vero, non sono l’unico lupo del campus, ma sono l’unico ad aver creato problemi… quante altre volte ci sono stati incidenti del genere nell’ultimo anno che non fossero causati da me? Nessuna…”
    Continuò a tenere lo sguardo puntato a terra, affranto, con i sensi di colpa che non si erano attenuati nonostante quello che aveva detto Jasper.
    Bram era convinto che quelle trappole fossero lì per lui e nessun altro e l’idea se possibile lo faceva stare male tanto quanto il sapere di essere stato fuori controllo e pericoloso per chiunque.
    Jasper era la prova che i problemi del Dubois potevano esserlo anche per gli altri.
    “Non è detto che l’avrebbero messa lì comunque e non è un caso che sia successo dopo il mio… scontro con l’altro mannaro” deglutì e a fatica pronunciò quelle parole “Per ora sono stato il solo lupo così stupido da esporsi in quel modo”
    Sapeva che in parte non era esattamente così, ora aveva la certezza che non dipendesse da lui, che fosse qualcun’altro a fargli fare quelle cose, ma non poteva comunque fare a meno di sentirsi uno stupido, un incapace che non sapeva difendersi da una cosa del genere e che non aveva ancora capito come fare.
    Per un attimo la tentazione di dire tutto a Jasper fu forte, non ne aveva parlato con nessuno e l’unica a saperlo era Sigyn che, beh, per quanto fosse stata gentile non era sua amica.
    Bram avvertiva la forte necessità di sfogarsi con qualcuno che sentiva vicino, qualcuno che lo conoscesse e che lui conosceva.
    Aveva ormai iniziato a considerare anche Jasper quel tipo di persona, un amico, nonostante stando a quanto diceva il Mountbatten era come se fossero tornati al punto di partenza.
    Per Bram non era così, ma poteva capire che da parte di chi aveva subito quel torto la prospettiva fosse diversa.
    Quando Jasper gli chiese il perché avesse agito in quel modo, il Dubois fu sul punto di cedere e forse lo avrebbe fatto se l’altro non avesse concluso la frase con una battuta. Tipico di lui.
    “Divertente…” si limitò a mormorare con uno sbuffo e sentendo il volto per l'ennesima volta caldo “con la tua superbia, il tuo carattere ed il modo in cui ti rivolgi a me lo renderesti davvero difficile”
    Per assurdo fu proprio quella battuta a farlo sciogliere un po’, anziché metterlo in imbarazzo, e a fargli finalmente alzare lo sguardo su Jasper.
    “Sì c’è qualcos’altro…” azzardò poi “Ma non posso parlartene. ȅ qualcosa di molto personale e per ora vorrei tenerlo per me"
    Eppure, per quanto fosse davvero personale, pensava che Jasper avesse il diritto di saperlo. Il Mountbatten aveva accettato di aiutarlo senza battere ciglio, quando Bram glielo aveva chiesto, ed era stato sempre disponibile e a modo suo di supporto. Lo aveva coperto quando aveva portato il lupo mannaro al San Mungo, lo aveva coperto con gli auror ed ora aveva anche rischiato grosso con quella trappola.
    Ma era forse tutto l'insieme di queste cose a spingere Bram a non dire a Jasper quanto aveva scoperto e a tenerlo fuori il più possibile da ciò che stava accadendo. Sentiva il bisogno di… proteggerlo.
    "Ti prego di capire e di non chiedermi altro”
    Spostò lo sguardo su Duke, che si stava godendo le attenzioni del loro ospite e che si era quasi assopito sotto il tocco della sua mano, e sentì un lieve calore all'altezza del petto nel vedere la delicatezza con cui Jasper accarezzava il frenchie.
    "Mi… mi dispiace. Di aver rovinato tutto, intendo, e che tu pensi che siamo tornati al punto di partenza. Avevo iniziato a considerarti un amico anche io e avrei voluto che capissi, quel giorno, che non ti stavo chiedendo di non frequentarci più come amici, ma solo di interrompere le nostre lezioni. Ci sarei stato e avrei voluto vederti ancora a prescindere da quelle…"
    Aveva riabbassato lo sguardo, tormentandosi le mani tra loro con disagio e nervosismo.
    "Ho imparato ad apprezzarti molto, Jasper. E spero di poter recuperare ciò che si è perso"
    Si alzò in piedi a quel punto, come se avesse detto troppo o qualcosa di cui vergognarsi. Sentiva l'urgenza di scappare dalla stanza.
    "Vado ad ordinare da mangiare" disse in fretta "E ti prendo un'altra pozione Corroborante"

     
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    E così il lupo e la principessa dividono lo stesso tetto... Interessante.
    Ho avuto modo di constatare il forte legame che lega tywy e il ragazzino nel momento in cui lei è venuta da me per parlarmi delle sue paure, ma mai avrei pensato che la giovane donna, un tempo così algida e snob, si sarebbe spinta a tanto; addirittura perde un po' della sua privacy pur di stare insieme al suo amico che potrebbe mutare forma e morderla o, sia mai, presentarle un fidanzato dello stesso sesso.
    Questo è un altro punto a favore della mia vecchia amicizia, che pare sinceramente sulla via del cambiamento e questa ne è l'ennesima prova. Ben fatto, piccola principessa. Anche se potresti sceglierti coinquilini meno testardi e fastidiosi, per quanto stranamente dolci nei loro lati più bambineschi.
    Mi piace la pizza, con un po' di caviale sopra andrà benissimo.
    Accenno un sorriso sarcastico in risposta alla sua battuta riguardo i miei gusti culinari, senza specificargli che sono in grado di mangiare del cibo semplice senza farmi venire un colpo apoplettico. In fondo da lupo mangio conigli e fagiani crudi, non sopravvivrei se fossi schizzinoso.
    La storia dell'Accademia è lunga, ragazzino.
    Continuo a carezzare pigramente la testa di Duke mentre guardo il suo padrone con serietà priva di severità, eppure il tono rimane quello di un'insegnante che vuole far entrare un concetto bene in mente al suo allievo che non riesce a guardare oltre il proprio naso.
    Sono sicuro che, se cercassimo nei libri giusti, potremmo trovare tracce di altri studenti che hanno causato problemi in forma di lupo. D'altronde la nostra razza esiste da sempre, e tu non sei l'unico stupido che il mondo ha partorito.
    La sua situazione è si peculiare, ma non unica e sto facendo del mio meglio per farglielo capire, sempre sperando che non passi il messaggio sbagliato alle sue orecchie ormai forse troppo abituate a sentirmi parlar male di lui.
    Potrebbe capire che non è speciale, e in un certo senso è vero perchè sono sinceramente convinto che non è il primo ad aver attaccato qualcun altro al campus, ma pur vedendolo sbiadito a causa del passato astio provato nei suoi confronti, riesco comunque a percepirne l'unicità e purezza di cuore, laddove il Dubois sente solo oscurità ed errori.
    Il mio è un -forse maldestro- tentativo di mostrargli un'altra realtà che può toccare con mano, una dove lui non è per forza l'unico mostro della storia né l'ultimo di una lunga serie; è stato solo sfortunato, ma in un momento buio ha trovato me a cui aggrapparsi... E con ciò che ha fatto oggi è un po' come se avesse ripagato il suo debito. Una vita per una vita.
    Sorrido dinnanzi alla sfilza di aggettivi con cui descrive la mia persona, ed istintivamente alzo il mento con spocchia, quasi mi beassi e stessi prendendo come una sfida quel suo faticare ad innamorarsi di me a causa del mio lato più difficoltoso, che comunque in molti potrebbero trovare affascinante.
    Scelgo però di passare oltre nel momento in cui il discorso vira sul suo non voler parlarmi di quanto lo affligge, ed il sorriso si spegne finchè sul mio viso non torna la serietà.
    Molto bene, ti lascerò ai tuoi segreti e rimarrò in attesa.
    Un po' come con l'altra abitante di questa casa sento che mi è dovuto qualcosa, scuse da parte della principessa ed i suoi passati insulti ed una spiegazione decente dell'americano che si ostina a tenere per se. Lo accetto, poichè credo davvero che ognuno sia libero di poter parlare di ciò che vuole con chi e quando lo desidera, eppure una punta di fastidio mi punge il petto e tento di non pensarci perchè considero altamente stupido prendersela per un motivo così futile. E per lui. Specialmente per lui.
    Continuo ad ascoltarlo e rimango colpito dal suo affermare che aveva imparato ad apprezzarmi molto, tanto che sgrano le palpebre e rimango fermo con le dita sospese sul capo del piccolo cane dal pelo scuro e la personalità esplosiva.
    Mi chiedo quanto sia costato al piccolo lupo dirmi tutto questo, e la realtà che mi ha messo di fronte è più fredda di un bagno in pieno inverno nel gelido torrente della mia tenuta: ho sbagliato.
    Aspetta.
    Lo richiamo prima che se ne vada via e sia troppo tardi per parlare. Deglutisco un groppo di saliva misto ad orgoglio mentre inspiro ed espiro lentamente, una parte del labbro inferiore stretta tra i canini che pungono e quasi pregano di non proferire parola perchè abbassare la testa non è da noi, non è da Mountbatten... Eppure è giusto mostrarsi gentili e vulnerabili col prossimo, specie se gli è dovuto. Mamma avrebbe voluto così.
    Mi dispiace, Bram.
    Suona strano da pronunciare, eppure dopo il primo ostacolo tutto diventa via via più facile, come una slavina che non riesce a fermarsi.
    Anche io ti apprezzo come essere umano nonostante i tuoi difetti, credo tu abbia un'anima buona e se continuerai sulla strada giusta diverrai un'ottimo medimago. Ho esagerato quel giorno a casa mia perchè non volevo perdere una persona con cui sentirmi me stesso, non volevo tornare ad essere solo e senza un branco... Non avrei dovuto spingerti a terra ed insistere in quel modo, ma mi avevi ferito e non volevo darti quel potere. Mi piaceva essere il tuo insegnante, sai?
    Lo guardo con malinconia ed un accenno di sorriso triste, quello di un ragazzo troppo legato ai ricordi e che a volte fatica ad andare avanti.
    Però penso che potrei essere semplicemente tuo amico, se lo vorrai. E poi abbiamo la principessa del Nord che ci lega, a quanto pare le piace avere attorno ragazzi che si credono molto preparati ed intelligenti che adorano prendersi in giro a vicenda... Crede che il nostro sia uno strano modo per flirtare.
    Sbuffo una risata tra il divertito e l'incredulo, sorprendendomi della mia stessa incapacità di non punzecchiarlo ogni due frasi. Purtroppo credo che mi piaccia vederlo in imbarazzo, e detesto ammetterlo.
    Torno serio e punto lo sguardo nel suo prima di alzarmi in piedi con un po' di fatica e porgergli la mano in segno di pace.
    Grazie, Bram Dubois. Mi hai salvato la vita e te ne sarò sempre grato.
     
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    Apprezzò il tentativo di Jasper di rassicurarlo, nonostante il diverbio che c’era stato tra loro si rivelava comunque sempre di supporto quando c’era di mezzo la natura ferina di Bram e stava diventando una cosa di cui il giovane americano aveva bisogno: le sue parole, in qualche modo, sembravano così valide che quasi si convinse che aveva ragione.
    Non metteva in dubbio quello che il Mountbatten aveva detto, altri licantropi avevano sicuramente causato problemi nel campus in passato, ma quello che turbava Bram non era l’idea di poter essere l’unico in assoluto, ma l’unico che in quel periodo ne avesse causati.
    Nessuno aveva parlato di altri disagi avvenuti tra le mura dell’accademia o nei suoi dintorni, a parte quelli di cui lui era protagonista.
    Dunque per chi altri sarebbe potuta essere quella trappola? Niente gli avrebbe tolto la convinzione che era lì ad aspettarlo e tra tutti proprio Jasper vi era capitato, una cosa di cui difficilmente il Dubois si sarebbe perdonato.
    Le sue scuse quindi rimanevano ancora lì, rivolte al gallese, che lui le ritenesse necessarie o meno.
    Con sorpresa di Bram, poi, il Mountbatten non insistette nemmeno per sapere il reale motivo per cui aveva deciso di annullare le loro lezioni.
    Aveva quasi temuto di dover sostenere un’altra spiacevole conversazione in cui faceva di tutto per non parlargliene e che sarebbe finita in un’altro litigio, ma Jasper rispettò invece la sua volontà. Certo, non senza sottolineare che avrebbe comunque aspettato delle risposte.
    Ma questo Bram poteva accettarlo, il fatto che gli desse del tempo, che lo facesse quando si sarebbe sentito pronto. Non era certo che quel momento sarebbe mai arrivato, era ancora dell’idea di coinvolgere Jasper il meno possibile, ma non poteva prevedere fino a che punto avrebbe resistito senza cedere.
    Era quasi alla porta quando si sentì richiamare e, con un filo di ansia, si voltò verso il gallese, temendo che avesse cambiato idea e che pretendesse ora delle risposte.
    Ma quello che uscì dalle sue labbra fu tutto quello che Bram non si sarebbe mai aspettato.
    Un mi dispiace, seguito dal suo nome, che pronunciava raramente.
    Rimase immobile a fissarlo, senza sapere come rispondere, ancora confuso e sorpreso. Sembrava fosse costato un bel po’ a Jasper, dire quelle parole, ma questo non lo fermò dal continuare, con maggiore meraviglia di Bram.
    Quella meraviglia si trasformò poi in un’espressione desolata, mentre si chiedeva quanto dovesse essersi sentito solo Jasper dopo la scomparsa dei suoi genitori.
    Non aveva la capacità di comprendere cosa si dovesse provare, lui era stato fortunato ed anche se la sua vera madre non lo aveva voluto, lo avevano trovato due persone fantastiche che gli avevano dato una famiglia e che ancora aveva accanto.
    Quello che Jasper aveva condiviso con suo padre, quello che considerava il suo piccolo branco, doveva essere stato speciale, aveva sicuramente lasciato un vuoto che il ragazzo non riusciva a colmare.
    Ed il senso di colpa di Bram per quello che gli aveva detto, gli strinse lo stomaco.
    La sua espressione poi si distese quando lo sentì dire che sarebbero potuti essere amici e abbozzò un sorriso sulla provocazione finale.
    “Ti diverti a mettermi a disagio, mh? Daphne sa che ho una ragazza, non penserà più una cosa del genere su me e te” provò a rimetterlo al suo posto.
    Gli andò incontro, quando lo vide alzarsi, con l’urgenza di costringerlo a rimettersi a sedere, ma la mano tesa di Jasper verso di lui ed il suo ringraziamento lo bloccarono.
    Lo guardò per un istante, in silenzio, e invece di stringere la sua mano, si slanciò in avanti, stringendolo in un breve abbraccio.
    Fu strano, ma nemmeno così tanto come aveva creduto, tuttavia fu piacevole, racchiudeva tutto quello che si erano detti ed il fatto che fossero giunti a un chiarimento. Lo lasciò andare in fretta però, un po’ a disagio.
    “Siediti ora” gli intimò in fretta. “Scusa per quello che ho detto su tuo padre… non ti ha insegnato delle assurdità e da come ne parli si capisce quanto eravate uniti. Mi dispiace che tu abbia perso il tuo branco ed anche se non potrai riaverlo non vuol dire che tu sia solo…”
    Guardò il gallese, reprimendo l’istinto di rifuggire il suo sguardo.
    “Sei un bravo insegnante, Jasper, si vede che ne hai avuto uno bravo a tua volta. Mi piacevano davvero i nostri incontri e… spero di riuscire a sistemare i miei problemi, così potremmo riprenderli, se ne avrai ancora voglia” sorrise appena, un accenno di vera speranza nel suo sguardo.
    In quel momento non era così certo di riuscire a sistemare il suo problema, non sapeva nemmeno da dove iniziare per venirne a capo.
    “E non ringraziarmi, ti prego. Ho fatto quello che dovevo fare, come guaritore e come amico”

    La serata era passata così in fretta che Bram non si era accorto del trascorrere del tempo. I cartoni vuoti delle pizze erano abbandonati sul ripiano della cucina e lui e Jasper avevano passato il resto della serata in camera a parlare.
    Era stato un po’ strano, come se stessero cercando di aggiustarsi l’uno all’altro ora che avevano chiarito. Non era certo che il Mountbatten lo avesse davvero perdonato così in fretta, ma Bram era certo che pian piano avrebbe iniziato a comportarsi normalmente nei suoi confronti, di certo senza perdere il gusto per il prenderlo in giro.
    Si rese conto dell’ora che si era fatta, solo quando sentì la porta di casa aprirsi ed intuì che Daphne era rientrata e realizzò di non averla avvertita in alcun modo del loro ospite dell’ultimo momento.
    Scattò in piedi, scusandosi con Jasper e affrettandosi verso l’ingresso.
    “Ehi!” esclamò forse con troppa enfasi nel raggiungere la rossa e prenderle il cappotto con fare servizievole.
    “Come è andata oggi?” chiese mentre lo agganciava all’appendiabiti. “Per me le solite cose sai, a parte un piccolo intervento da guaritore fuori programma. Abbiamo un ospite a proposito… è… mh il mio paziente. Scusa se non ti ho avvertita prima, sai con l’ansia del momento…”
    Le lanciò un’occhiata, abbastanza certo che la stesse più che altro confondendo.
    “Si tratta di Jasper. Non è grave, tranquilla, si rimetterà in fretta. Però ho preferito che rimanesse per la notte, starà in camera mia. Io… io posso stare sul divano, ecco”
    Non che dormisse molto dopotutto, non ricordava nemmeno più l’ultima volta che aveva dormito nel proprio letto.
    “Vuoi… vuoi salutarlo?”
     
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    Qualunque cosa accadesse, la vita continuava a scorrere e non permetteva a Daphne di fermarsi a rimuginare troppo a lungo. Ormai le occasioni in cui provava l'impulso di estraniarsi dal mondo si moltiplicavano, come conseguenza delle situazioni traumatiche a cui si ritrovava a far fronte: la più recente l'aveva costretta in casa diversi giorni, ma alla fine anche quell'autoreclusione aveva conosciuto una sua fine. A volte Daphne si chiedeva se mai sarebbe riuscita a mettere di nuovo piede fuori di casa se non fosse stato per l'intervento di Harumi: in quei momenti provava un impeto di gratitudine verso della sua ragazza, accompagnato dall'inevitabile preoccupazione dovuta alla consapevolezza di averla coinvolta troppo nei propri problemi.
    C'erano altri momenti, però, in cui cercava di ricordare a sé stessa che era anche merito proprio se era riuscita a rimettersi in piedi, per quanto convincersene non fosse sempre così facile. Era tutta la vita che si prendeva alcuni momenti per mettersi davanti ad uno specchio e ripetere a sé stessa che era forte, che poteva farcela, che era la migliore. Ma se un tempo questo era stato necessario per affrontare le insistenti pretese e aspettative paterne, ora quel bisogno di autodeterminazione era necessario per convivere con l'esistenza stessa dell'uomo che l'aveva cresciuta. Mentre le chiavi giravano nella serratura, Daphne fu stuzzicata da una domanda che, sempre più spesso, le ronzava in testa: sarebbe mai arrivato il giorno in cui avrebbe messo in atto quella tecnica volta a rafforzare la propria autostima.. solo e unicamente per fare un favore a sé stessa? Quell'interrogativo venne spazzato via dall'accoglienza tempestiva e decisamente calorosa di Bram. Un sollievo, considerato che tale domanda rimaneva sempre senza risposta.
    Poteva andare meglio. Questo tirocinio mi sta insegnando che la pubblica accusa è candidata agli oscar della frustrazione.
    Rispose alla domanda di Bram senza esitare: non era il tipo di persona che prendeva domande come "come stai?" o "com'è andata?" come frasi di rito, non se aveva a che fare con persone con cui aveva un'effettiva confidenza. Era sempre pronta ad aprire un capitolo su sé stessa: su ciò che durante la giornata trascorsa l'aveva rallegrata o piuttosto infastidita. Le piaceva che ciò fosse di interesse per qualcun altro. Certo, tutto cambiava quando si trattava di questioni particolarmente delicate.. ma insomma, quello era un discorso a parte.
    Però, penso che finora sia l'ambito legale che ho trovato più interessante..
    Era così lanciata verso una dissertazione sul suo futuro che non si era resa conto del fatto che Bram, in realtà, intendeva parlare di tutt'altro. Quello che le saltò subito all'occhio, quando l'amico proseguì andando oltre saluti e convenevoli, fu l'evidente nervosismo del Dubois.
    Oh.. un paziente? Perché non l'hai portato al San Mungo?
    La dinamica le appariva insolita, soprattutto per una persona attenta alle regole e alle procedure come Bram. Portarsi i pazienti a casa non era un passaggio integrato nell'esperienza del tirocinio e dubitava che il San Mungo lo avrebbe appoggiato considerandolo un comportamento saggio o professionale. Il chiarimento sull'identità del misterioso paziente, tuttavia, le fornì una risposta che non necessitava di ulteriori chiarimenti.
    Ah, ecco perché.
    Si esibì in un sorrisetto, evitando accuratamente di essere più specifica nella sua allusione, per poi chinarsi a grattare affettuosamente la testa di Duke che le saltellava goffamente attorno ansimando in cerca di attenzioni. In quel momento, Bijou si affacciò in corridoio dall'ingresso della camera di Daphne e le rivolse uno sguardo intenso, carico di risentimento. La danese rispose con un sorriso ostentatamente innocente e la siamese fece dietrofront, senza degnarla di un saluto e sollevando la coda con aria stizzita, dirigendosi probabilmente verso il letto della padrona.
    Nessun problema per me. Ma io non sono la tua piccoletta..
    Daphne si rivolse nuovamente al coinquilino con tono causale, mentre la sua mente correva ad Unity e al fatto che la ragazza di Bram sembrasse molto meno coinvolta nella vita privata di quest'ultimo di quanto non lo fosse Jasper che, in teoria, era solo un suo rivale accademico.
    Se in realtà intendi dormire con lui devi dirmelo. lo avvisò improvvisamente, a metà strada tra lo scherzoso e l'intimidatorio: non voleva più che quella convivenza fosse connotata da ridicoli sotterfugi e questo l'aveva già chiarito Non ti giudicherò. O meglio, ovviamente lo farò perché sei fidanzato, ma comunque preferisco saperlo prima.
    Non era davvero convinta che tra Bram e Jasper sarebbe successo qualcosa quella notte. Il suo istinto le suggeriva che c'era una certa chimica tra i due, ma erano solo agli inizi e probabilmente nessuno si era ancora fatto avanti. Non riusciva ad immaginare il Dubois coinvolto in un tradimento ed era anche convinta che al riccio servissero parecchi appuntamenti conditi di lunghe conversazioni e romanticismo, prima di passare al sesso. Sorrise a Bram con aria furba, pronta ad ascoltare le sue lamentele. Solo a quel punto precedette il moro incamminandosi lungo il corridoio, tallonata da Duke, per raggiungere la stanza in cui immaginava di trovare il loro ospite.
    Ciao Jasper, allora sei tu il responsabile dell'espressione particolarmente infastidita di Bijou.
    Un sorriso sincero si dipinse sulle sue labbra mentre faceva il suo ingresso nella camera da letto. Al contrario della sua suscettibile siamese, la Mikkelsen non era affatto infastidita da quella inattesa presenza e anzi, l'idea di trascorrere la serata con un ulteriore e piacevole compagnia non le dispiaceva affatto. Chissà se Jasper avrebbe guardato volentieri una puntata di Queer Eye con loro: in quel periodo Daphne aveva davvero bisogno di storie a lieto fine.
    Che è successo al tuo polpaccio?
    Gli occhi azzurri si erano spostati sul corpo del Mountbatten solo dopo essersi soffermati più a lungo sul suo volto ma, appena lo avevano fatto, avevano inevitabilmente notato ciò che aveva reso il ragazzo un paziente che necessitava delle cure di Bram. Era chiaro che al momento non ci fosse alcuna emergenza in corso, ma la rossa non poté comunque fare a meno di esibire un'espressione preoccupata.
     
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    Il sapere che l'americano ha una relazione mi giunge come una sorpresa, specialmente dato il sesso del partner. Dalle parole di Daphne avevo dedotto fosse gay come me, ma evidentemente mi sbagliavo.
    Che sia questa fantomatica ragazza la causa del suo allontanamento dalle nostre lezioni sotto la luna? Magari lo ha scoperto e non vuole che il suo fidanzato bisessuale si spogli di fronte ad un altro uomo, ed in fondo il ragazzino per ora non ha mostrato chissà quanta spina dorsale... Però potrei sbagliarmi nuovamente, e la serietà con cui mi ha parlato dei suoi drammi è troppa per relegarla ad un semplice screzio tra piccioncini.
    Il sorrisetto furbo che metto su dovrebbe indicargli che si, trovo molto divertente la prospettiva di prenderlo in giro, ma potrei smettere o quantomeno rallentare coi ritmi vista la sua relazione; in fondo sono pur sempre un gentiluomo e, pur non mettendomi in mezzo, mi sembrerebbe di infilare fin troppo un dito ricoperto di sale nella ferita aperta che è il senso d'imbarazzo del ragazzino.
    Il suo abbraccio improvviso spegne qualsiasi accenno di provocazione, sostituendolo con un'espressione meravigliata perchè tutto mi sarei aspettato meno che questo slancio affettivo. Il contatto comunque non mi da fastidio, ed in fondo io per primo ho definito l'anima del Dubois come pura e per questo apprezzabile.
    Credo sia il suo metodo finale per chiedermi scusa senza dover utilizzare parole che altrimenti potrebbero suonare come ridondanti, e pur rimanendo immobile, bloccato per la sorpresa e senza saper bene cosa fare, una parte di me lo trova dolce. E senza alcuna connotazione negativa, per una volta.
    Potrei allungare una mano e poggiargliela sulla schiena, ma lui scioglie in fretta la stretta a causa di un'evidente senso di disagio. E forse è per non doversi spiegare ed evitare che io me ne esca con ulteriori battute che mi chiede nuovamente perdono, ed è nel sentirlo dire che potremmo riprendere in futuro le nostre lezioni che mi si accende una luce di speranza nel petto e negli occhi un po' meno tempestosi.
    Annuisco con garbo, tornando a sedermi sul letto dopo un piccolo strepitio dei muscoli feriti, e risistemandomi contro il cuscino l'osservo uscirsene dalla stanza. Credo sia la prima volta che mi trovo in una situazione in cui trovo necessario non parlare, e non capisco se sia a causa della stanchezza e del concatenamento degli eventi o dai piccoli gesti che quest'anima buona mi ha donato quando, probabilmente, non me li sarei meritati.

    La pizza è buona e la compagnia piacevole, Duke apprezza particolarmente le croste che gli vengono lanciate ed i grattini sul capo e si merita tutto questo e anche di più a causa del suo istinto che mi salvato la vita. Quasi mi spiace di aver pensato non fosse degno di essere chiamato cane, la prima volta che l'ho visto, ma da persona abituata a razze ben più maestose di questo cuscino con le zampe mi perdonerà se ho creduto questo di lui.
    Anche il suo padrone è simpatico, parliamo mentre mangiamo e anche dopo, e la conversazione non è mai noiosa. Ci stiamo rimettendo ai nostri posti sulla scacchiera dopo averla malamente ribaltata, solo che questa volta saremo entrambi dallo stesso lato e non ci guarderemo in cagnesco da un bordo all'altro.
    E' stata un'evoluzione strana, la nostra, ma non posso dire di essermene pentito e prima o poi potrei persino pensare di chiedergli scusa riguardo tutta quella faccenda dell'essere un'alfa che deve ordinare al piccolo beta, visto che, dopo una veloce riflessione, ritengo di avere esagerato.
    Il suo schizzare via insieme al cane una volta sentita la porta d'ingresso aprirsi però mi fa trattenere l'argomento per un momento migliore, uno in cui non sarà presente anche la principessa che è evidentemente tornata a casa. Li sento parlottare mentre il mio sguardo vaga sulla stanza dell'americano e noto che ha una buona collezione di libri, anche se nulla batte la mia piccola biblioteca privata di villa Mountbatten... Potrei arricchirla regalandogli per natale quel libro di Erbologia che tanto ci ha fatto discutere.
    L'arrivo della rossa ferma i miei buoni propositi e la saluto con un sincero sorriso invitandola con un gesto della mano a prendere posto sul letto, se lo desidera.
    Ciao, mia cara Tywy. Mi spiace per la tua gatta, immagino che l'odore di un cane e due lupi non sia particolarmente piacevole per le sue narici sensibili, ma non mi tratterrò a lungo.
    Spero che il felino stanotte non prenda coraggio per venire ad attaccarmi durante il sonno coi suoi artigli, ma dubito si avvicinerà più di tanto, per la fortuna di entrambi. Ovviamente non farei mai del male all'animale da compagnia di Daphne, ma nulla mi vieterebbe di lanciarle addosso una ciabatta dopo un tentato omicidio nei miei confronti.
    Stavo esplorando il bosco del campus in forma ferina, e non mi sono accorto di una tagliola d'argento nascosta tra le foglie. Avrei dovuto essere più attento, ma chi l'ha piazzata è stato molto furbo e parecchio incosciente.
    Cosa sarebbe successo se in mezzo a quei denti affilati ci fosse finito uno studente innocente? Avrebbe persino potuto mozzar loro un arto senza troppi problemi, io sono stato fortunato solo perchè da lupo i miei muscoli e pelliccia mi hanno dato una mano a proteggermi o a quest'ora sarei potuto essere in ospedale con la prospettiva di un futuro a camminare con la protesi.
    Per mia fortuna il piccolo Duke ha sentito i miei lamenti e poi il nostro comune amico mi ha aiutato. Ha fatto un buon lavoro e non mi ha chiesto nemmeno la parcella.
    Accenno un sorriso divertito in direzione di Bram, ora che il dolore è passato e la situazione è divenuta più leggera posso addirittura spingermi a scherzare senza perdere del tutto la cognizione di quanto accaduto, quindi torno a guardare Daphne con un'espressione un po' più seria in viso, ma che vuole comunque tentare di rassicurarla.
    Non preoccuparti, Tywy, sto bene. Noi lupi guariamo in fretta e non sarà una tagliola a tarparmi le ali. In ogni caso, quanto accaduto rimane comunque un fatto molto grave e credo potrei persino spingermi a fare una denuncia, onde evitare accada di nuovo. Pensi ne valga la pena?
     
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    Solitamente gli piaceva molto ascoltare Daphne parlare del suo tirocinio. Più di una volta si erano seduti insieme, dopo una lunga giornata, a condividere le loro esperienze, quindi se quel giorno Bram era stato particolarmente sbrigativo non era di certo per mancanza di interesse, ma solo perché l’idea di avere un ospite dell’ultimo momento lo innervosiva un po’.
    Avrebbe davvero voluto avvertire Daphne prima che arrivasse, ma la sua testa era stata decisamente altrove da quando aveva trovato Jasper incastrato in quella tagliola.
    Daphne tuttavia non sembrava infastidita, anzi il sorriso che rivolse a Bram lo confuse persino ed infine le parole della rossa lo fecero arrossire e agitare sul posto.
    “Daphne, cosa dici?!” sussurrò con voce concitata “N-non ho alcuna intenzione di dormire con Jasper, come ti è venuto in mente?”
    La guardò a metà tra lo sdegnato e l’imbarazzo, non capendo perché la sua migliore amica avesse pensato una cosa del genere.
    Sapeva che Daphne non lo avrebbe mai stuzzicato in quel modo senza motivo ed iniziava a chiedersi se non le avesse mandato qualche strano segnale, dal momento che lei aveva anche detto al Mountbatten che entrambi avevano uno strano modo di flirtare.
    Bram provò una punta di panico nel pensare che il suo essere amichevole, disponibile e gentile potesse essere stato frainteso.
    “Come hai detto tu, sono impegnato ed interessato a Unity unicamente e… oh ma perché ti rispondo?! Mi stai solo prendendo in giro”
    Le rivolse ora uno sguardo contrariato, quasi offeso, per poi seguirla in camera.
    Lo scambio amichevole di battute tra i due in parte lo rassicurò. Sembravano sinceramente contenti di vedersi e Bram non poté fare a meno di pensare quanto fosse strano il fatto che Daphne fosse stata prima sua amica d’infanzia e poi in adolescenza di Jasper. Quante probabilità c’erano che lui ed il Mountbatten finissero con il conoscersi prima di sapere che avevano questa amicizia in comune?
    “Bijou odia qualsiasi cosa che respiri che non sia lei o Daphne” disse Bram, in seguito ai commenti dei due sulla gatta, lanciando un’occhiata alla siamese che era appena passata davanti la porta della camera aperta e gettato un’occhiata di disapprovazione ai presenti.
    “Ma sicuramente cani e lupi le vanno ancor meno a genio. Almeno non mi ha ancora cavato gli occhi”
    Rimase in silenzio mentre Jasper spiegava a Daphne cosa fosse accaduto, rendendosi conto che lui ed il gallese non avevano deciso quale versione offrire e giungendo alla conclusione che la verità, in quel caso, era la risposta migliore.
    Iniziava ad essere stanco di nascondere certe cose a Daphne. Non aveva ancora il coraggio di parlarle della propria situazione, ma non vedeva quale fosse il motivo di nasconderle che qualcuno aveva messo delle trappole nel bosco del campus.
    “La prima visita è gratuita” rispose alla battuta di Jasper, lanciandogli un’occhiata ed un piccolo sorriso imbarazzato, andando poi a sedersi sulla poltrona su cui era stato nell’ultima ora, incrociandovi le gambe e guardando i due.
    “Sono abbastanza convinto che quelle trappole siano state messe dopo… sai, il mio scontro con quel lupo mannaro e che quindi ne sia in parte la causa” mormorò poi, rivolto all’amica “Jasper ha cercato di convincermi che potrebbe esserci qualsiasi altro motivo, ma mi sembra una coincidenza un po’ grossa, non credi?”
    Scrollò le spalle, sentendo poi i muscoli irrigidirsi un pochino nel sentire il gallese parlare di denuncia. Bram sapeva di non poterglielo impedire, era Jasper quello che era finito nella trappola, quello che ne era rimasto ferito e l’americano non avrebbe mai messo bocca quando c’era di mezzo la pelle di qualcun’altro. Eppure per qualche secondo il panico lo attanagliò, insieme alla paura che una denuncia di Jasper avrebbe potuto in qualche modo dare un elemento in più agli auror per arrivare a lui.
    “Stai chiedendo ad un futuro avvocato se dovresti denunciare una cosa illegale. Ovvio che ti dirà di sì” cercò di sorridere, guardando prima l’uno, poi l’altra.
     
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    Lo sgomento di Bram la portò a pensare di aver toccato un nervo scoperto. Forse l'aspirante guaritore era realmente attratto dal loro comune amico e tutta quell'agitazione ne era un segno evidente. Tuttavia, considerata la spiccata sensibilità del Dubois, Daphne sapeva bene quanto fosse facile metterlo a disagio con determinate allusioni e vederlo in soggezione di fronte al minimo approccio a questioni riguardanti la sfera romantica o sessuale. Forse le battute su un ipotetico tradimento di Unity lo mettevano in difficoltà a prescindere, non perché vi fosse un fondo di verità in esse, ma piuttosto perché già solo l'idea rappresentava per il ragazzo un argomento scabroso da trattare. Restava il fatto che, per quanto l'americano e la ragazzina tutta occhi fossero tutto sommato piuttosto carini insieme, la Mikkelsen non poteva fare a meno di percepire Bram meno coinvolto rispetto a come le era apparso nel corso della passata relazione con Drayton. Lo lasciò arrancare per un po', mentre un sorrisetto divertito le aleggiava sulle labbra, finché l'altro non riuscì finalmente a cogliere l'ilarità di cui quel sorriso era portatore.
    Vai pure avanti, è divertente vederti boccheggiare come un pesce preso all'amo.
    Aveva sollevato il mento e scosso appena la lunga chioma rossa con aria soddisfatta, prima di raggiungere Jasper e allargare la conversazione al loro ospite. Ora però la sua attenzione era tutta per le condizioni di quest'ultimo.
    Puoi rimanere quanto vuoi.
    Lo rassicurò senza indugiare, con la sincerità di chi non aveva alcun problema al riguardo. Lei e Bram avevano ormai trovato un certo equilibrio per quanto riguardava gli ospiti ed entrambi si sentivano liberi, avvisandosi reciprocamente, di ospitare amici e fidanzate senza problemi. Jasper poi, era addirittura un legame condiviso.
    Ti piace pensarlo, ma sai bene che adora Sayuri. Le piacciono anche Harumi, Unity, Yoko.. rivolse al Dubois un'occhiata divertita mentre elencava più di una persona verso cui Bijou non mostrava affatto l'ostilità riservata a lui (c'era quasi da chiedersi se il problema fossero cani e licantropi o soggetti di sesso maschile, doveva fare un esperimento con Jerome) Bram cerca di conquistarla da sempre. spiegò al Mountbatten Il disprezzo di Bijou lo ferisce molto, anche se nessuno ha il cuore più spezzato del povero Duke.
    E per quanto riguardava il tenero bulldog, lei quanto Bram speravano che prima o poi la situazione mutasse. Era chiaro che il frenchie non riuscisse proprio a capacitarsi del fatto che il suo amore per la siamese non fosse corrisposto, probabilmente perché era abituato ad essere simpatico a chiunque facesse la sua conoscenza. Daphne aggrottò la fronte e poi dischiuse le labbra, prima interdetta ed infine scandalizzata di fronte al racconto di Jasper. Nell'apprendere che era ferito aveva pensato subito ad un incidente, ma anche uno scontro magico le sarebbe sembrato comunque più probabile di ciò che le era appena stato raccontato.
    Una tagliola d'argento? Ma stiamo scherzando?! È allucinante. sbottò indignata, per poi rivolgere uno sguardo vagamente severo al suo migliore amico Se anche l'evento scatenante fosse stato quell'incidente, tu non avresti comunque alcuna colpa.
    Jasper doveva aver ormai inquadrato la spiccata tendenza del riccio ad offrirsi come capro espiatorio. Se si poteva assumere la colpa di qualcosa di brutto accaduto a qualcuno, in particolare qualcuno a cui voleva bene, Bram era sempre in prima linea. E il suo rapporto con la licantropia di certo non lo aiutava a razionalizzare. Era possibile che qualche fanatico avesse saputo dello scontro tra licantropi e avesse deciso di dar loro la caccia? Sì, ma questo non rendeva Bram responsabile di tale gesto.
    Il nostro piccolo eroe. si prese un istante per accennare un sorriso quando sentì che era stato Duke a trovare Jasper ferito. Allungò una mano verso il muso nero del cane riservandogli carezze che vennero accolte con un entusiasmo condito di versetti e saltelli Quello che è successo è gravissimo.
    Un evento del genere si era davvero verificato entro i confini del campus? Era paradossale, se si considerava che quella struttura avrebbe dovuto rappresentare uno dei luoghi più sicuri per la comunità magica. Famiglie magiche di tutto il mondo mandavano i propri figli appena maggiorenni a studiare in accademia, pagavano una cospicua retta per assicurare loro una formazione. La tutela dell'incolumità degli studenti, in un ambiente protetto e gestito da maghi esperti e competenti, era sottointesa. Una simile vicissitudine non poteva certo essere ignorata, né sottovalutata. Senza contare che ciò non sarebbe dovuto accadere neanche in altri luoghi, in una società che potesse definirsi civile.
    Qualsiasi persona dotata di un po' di buon senso converrebbe con la decisione di denunciare l'accaduto. Perché è stata messa a rischio l'incolumità fisica degli studenti: licantropi e non. sentenziò con un tono che non ammetteva repliche, mentre lo sguardo che rivolgeva a Bram assumeva una sfumatura ben più severa della precedente Per esempio.. un futuro Guaritore dovrebbe mostrarsi completamente d'accordo con me, al riguardo.
    Non che il Dubois si fosse espresso in modo negativo in proposito, ma non si era nemmeno affrettato a sostenere l'intenzione dell'amico. Il fatto che si considerasse parte in causa forse lo rendeva reticente, spingendolo quasi a credere che si potesse imputare a lui qualche tipo di colpa.. assurdo, certo, ma non così tanto se si trattava di Bram.
    In accademia c'è qualcuno che si è messo in testa di colpire i licantropi. Che si tratti di un idiota o di un cacciatore consapevole, le autorità dovrebbero comunque esserne informate. La Vidal, il Rettore, gli Auror. E quanto prima, aggiungerei.
     
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