.agony.

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    continua da... Black Opium

    null
    Ho ancora in testa le urla strazianti della creatura prima che perdesse i sensi, ho le immagini dell'intervento e soprattutto, Abigail. Io che stringo la piccola creatura tra le braccia, priva di vita. Non lo dimenticherò mai. Non dimenticherò mai la mia totale inutilità, il fallimento più grande della mia intera esistenza, dentro una sala operatoria, il luogo in cui mi sono sempre sentito sicuro delle mie capacità, nonostante avessi passato momenti difficili. Non è la prima volta che vedo morire qualcuno, ma oggi sono trafitto da una parte all'altra e mi sono come bloccato. Neanche una lacrima ho versato, Zoya le ha piante tutte, anche quelle mie.. la sentivo anche quando sono stato in sala operatoria, l'ho sentita urlare, piangere disperata. Ho dovuto chiudermi in me stesso e prendere il controllo delle mie emozioni in quel momento così delicato. Ho visto la bambina schiacciata dalla potenza assurda, il licantropo è stato letale per lei che non ha avuto speranza di vivere. Mi chiedo ancora se quello che sto vivendo è una finzione o la triste realtà, perchè ancora non ho capito, non mi capacito. Mi sembra tutto così surreale. Cammino per i corridoi, non sono più vestito da medico ma indosso adesso i vestiti di chi assiste in ansia all'intervento dei propri cari e spera sempre che vada tutto per il meglio. Oggi a noi è andata male, molto più male di quanto ci aspettavamo.. la realtà ha superato la fantasia. Mi dicono che hanno portato Zoya fuori, a prendere un po' d'aria. Per questo silenziosamente mi dirigo fuori da quelle mura dell'orrore. La vedo da lontano, il mio sguardo spento e preoccupato la osserva e lentamente mi avvicino a lei, mi metto proprio davanti a lei e la osservo silenzioso, cercando di cogliere le sue espressioni piene di dolore. Anastasya è fuori pericolo. sussurro appena, non so neanche io come sono uscite fuori quelle parole. Poi rimango in silenzio per lungo tempo, senza sapere cosa aggiungere. Scuoto la testa amareggiato , mi metto a braccia conserte e sospiro. Abi è morta. tre piccole parole con un significato potente. Sento mancarmi il respiro, eppure la mia espressione non cambia, gli occhi spalancati verso Zoya continuano a fissarla, le labbra immobili che non pronunciano più parola e le braccia che ora ricadono lungo i fianchi.

    Ho visto la pace. Ho visto il dolore,
    riposandomi sulle spalle del tuo nome.
    Riesci a vedere la verità attraverso tutte le loro bugie?
    Riesci a vedere il mondo attraverso quegli occhi afflitti?
    E se tu vuoi parlarne ancora,
    siediti qui sul pavimento e piangi sulla mia spalla,
    sono un amico.

    Ho visto la nascita, ho visto la morte.
    Ho vissuto per vedere l'ultimo respiro di una persona amata.
    Vedi la mia colpa? Dovrei provare spavento?
    Forse il fuoco dell'esitazione sta bruciando vivacemente?
    E se vuoi parlarne di nuovo
    io dipendo da te. Piangerò sulla tua spalla.
    Tu sei un amico.

    Tu ed io ne abbiamo viste tante insieme.
    Io mi aggrapperò al tuo cuore.
    Non piangerei per qualsiasi cosa,
    ma non fare a pezzi la tua vita.

    Ho visto la paura. Ho visto la fede.
    Ho visto un’espressione di terrore sul tuo volto
    E se vuoi parlare di ciò che avverrà
    Vieni e siediti con me e piangi sulla mia spalla.
    Io sono un amico.
    E se vuoi parlare di ciò che avverrà
    siediti qui sul pavimento e piangi sulla mia spalla,
    una volta ancora
    Piangi sulla mia spalla
    Io sono un amico.


    Edited by ;dr.strange - 28/11/2021, 20:51
     
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    Mi sono agganciata con le dita al camice di Jonathan mentre se ne andava di corsa dietro alla barella e al team d'emergenza nel corridoio luminoso del San Mungo. TI PREGO JON! LASCIAMI STARE AL FIANCO DI ANA! L'ho implorato con tutta la forza e la voce che mi era rimasta di farmi entrare. JONATHAN ASCOLTAMI! Eppure si è voltato, serio e categorico e mi ha risposto che non potevo assolutamente metter piede in sala operatoria. Ti prego.. ti p-prego ma è stato tutto vano e io non ho potuto intrattenerlo ancora vista l'urgenza. Oggi noi abbiamo conosciuto nostra figlia, per modo di dire perchè avevamo già contatti con lei da mesi fa, eppure è stato un inizio. E non era questo il modo in cui io avevo sognato a lungo di riconoscere la nostra Anastasya. Lei era furente, la comprendo in tutto e per tutto, mi sono sentita piccola di fronte la voce che tagliava il silenzio, la sua rabbia e frustrazione l'hanno resa un'altra persona. Anzi, è diventata, qualcosa che nessuno di noi avrebbe mai pensato capitasse. Mi sono strappata la pelle intorno alle unghie dal terrore quando le porte grigiastre si sono chiuse e il personale rimasto in corridoio mi ha persuaso con insistenza di non insistere ancora. Una signora di nome Meredith mi ha presa sotto braccio e mi ha trascinata in una zona interna circolare dove esiste un piccolo giardino ospedaliero. E' buio ormai, sono circa le diciannove quando io e lei passeggiamo in silenzio, il mio capo piegato sempre sui miei passi schiacciata da una punizione che non mi aspettavo accadesse mai. Nostra figlia è una creatura e non riesco a capacitarmene anche se devo ammettere che mio padre è stato uno sconosciuto, in fin dei conti, per la nostra famiglia. A partire dalle sue attività nascoste, posso dire come anche i miei due fratelli confermano, di non conoscere nostro padre. Mi mordo le labbra con foga e nervoso palpabile quando le fiammelle dentro al vetro delle lanterne fluttuanti a mezz'aria illuminano la nostra camminata. Le lanterne ci seguono e dipingono dietro di noi delle ombre spettrali. Stare quì a camminare con l'infermiera mi sta facendo sentire inutile. Non sapere come sta nostra figlia e la sua bambina mi manda fuori di testa. Alle volte getto il collo verso le finestrate della parete più vicina, sperando da qualche parte di vedere comparire qualcuno con una notizia. In qualche punto, dietro quei muri Jonathan e il suo team sta cercando di salvare due persone. E io sono tesa impaziente. Sbuffo a volte, scuoto il capo senza dire niente e proseguo abbattuta e impotente con la signora. E' il migliore sussurra lei stringendo il mio braccio piegato intrecciato al suo. Mi volto verso di lei con uno sguardo distrutto, gli occhi gonfi e rossi, le labbra carnose crepate. Sospiro infine incapace di dire qualcosa. Sono certa che faranno di tutto per far si che le cose vadano bene strattona con dolcezza incalzante il mio braccio. La dottoressa Norton è anche lei una delle migliori e in casi di emergenza come questi non potevano capitare due guaritori migliori di loro, si faccia forza. Un timido sorriso viene smorzato da un'ombra che da lontano viene verso di noi. Il mio cuore ha un sussulto, gli occhi azzurri corrono impazienti sulla figura di Jon che cammina verso di noi. L'infermiera si congeda con un cenno del capo e io rimango con le braccia lungo il busto come un soldato stanco. Anastasya è fuori pericolo dice senza espressione a voce molto bassa. Sento il venticello sussurrare, sembra avvolgerci in questo momento carico di strazio. Ci guardiamo per un istante e io ne osservo il volto semi illuminato per scorgere dell'altro. Non mi basta la sua risposta. Intreccio le braccia al petto con fare sospeso ma comprensivo nei suoi confronti. Abigail non ce l'ha fatta dice infine con amarezza e sconfitta. Per qualche secondo i miei occhi osservano un punto indefinito, sento il fiato mancarmi e le dita afferrano l'aria insensatamente. A passi incerti e tremolanti mi addosso a lui, i palmi che si appoggiano sulla sua camicia a quadri, il volto che si nasconde rilasciando lacrime strazianti. Il corpo è scosso da tremiti, un colpo di tosse e della parole continuamente interrotte fuoriescono a stento dalla mia bocca. Non c'era nessuna speranza..? tiro su col naso senza scollarmi da lui. Per.. per tenerla.. in vita..? Scusami.. riprendo certa che i guaritori abbiano fatto di tutto. Lo shock ha il sopravvento anche sui miei pensieri e domande. Ana.. Ana come sta? Come.. un altro gemito di sconforto non mi permette di continuare come vorrei per farmi capire bene. Cosa succederà.. adesso?.. La bambina.. Io.. Non so cosa dire in verità le mie parole traspaiono la responsabilità che sento gravare sulle mie spalle. E'.. colpa mia affondo ancora di più e quasi mi nascondo dalla vista di Jon. Questo è accaduto perchè.. soffio fuori il fiato riscaldando per qualche millisecondo il tessuto bagnato che lo riveste. Ho sbagliato.. perchè ho sbagliato Jon.
     
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    Ho combattuto dentro quella sala operatoria, eppure non è stato abbastanza per me, oltre a sentirmi insoddisfatto per il fatto di essere rimasto immobile mentre tutti gli altri si davano da fare, non abbiamo potuto fare altro che constatare la morte di Abigail che probabilmente è morta sul colpo appena Vanja ha preso le sembianze di un lupo. Penso a come si è sentita soffocare, proprio lì dentro dove qualsiasi bambino si sarebbe sentito sicuro e protetto, invece quel luogo per lei è diventato l'inferno in pochissimi minuti. È lì che non ho più potuto fare niente, o no.. il fallimento è partito molto prima.. Da quando sono entrato in quel maledetto ambulatorio di Nora. Mi sento in colpa esattamente quanto Zoya, forse molto.. Molto di più. Sono stato io in fondo la scintilla che ha fatto cominciare questa folle storia iniziata più di vent'anni fa, sono io che me ne sono andato abbandonando una ragazza. Ancora prima sono stato io troppo ingenuo e troppo giovane, forse anche stupido da lasciare che le cose andassero
    null
    diversamente, che dentro Zoya crescesse nostra figlia destinata a soffrire, forse ho sbagliato ancora prima. Se sapessimo quante sofferenze provoca un solo atto di amore.. Innocente, stupido, ma pur sempre l'amore ci fa soffrire. Non avrei mai voluto che le cose andassero in questo terribile modo e mi sento così piccolo di fronte a tutto. Stringo Zoya che si precipita contro di me in un pianto infinito, straziante, e più la sento piangere e più mi sento una merda. Rimango silenzioso alle sue domande, non rispondo, fisso solo il vuoto e passo una mano tra i suoi capelli. Gli occhi arrossati dalla stanchezza e dalla frustrazione si posano nei suoi quando la allontano da me procurando una distanza, la guardo negli occhi. Quelle parole mi fanno arrabbiare. < Non lo so.. > sospiro e guardo oltre Zoya, dove una giovane coppia è affacciata dalla balconata e discute. Scuoto la testa e metto le mani in tasca rimanendo immobile davanti a lei, ma con gli occhi pieni di dolore e il tono di rimprovero. < Smettila! Vuoi cominciare a darti delle colpe adesso?? Hai pianto troppo, hai gli occhi distrutti e sei stanca.. Vieni nel mio ufficio, ti metto delle gocce e vedo di farti stare meglio. > faccio spallucce e stringo le labbra, fuori fa freddo e la mia voglia di parlare è veramente minima. L'ambulatorio è andato distrutto, dovrò sistemare i documenti dispersi, la notte è lunga. Esco una mano dalla tasca e la poso sulla sua guancia, mi rendo conto di essere stato troppo duro e il mio tono è ora più dolce.. < Ti accompagno a casa, devi riposare.. Se no rimani in ufficio da me, ho un letto e potrai riposare.. Va bene? > alzo lo sguardo verso il cielo e lentamente scende qualche piccolissimo fiocco di neve. < Io resterò qui.. Vanja sta bene, ma penso che andrò a trovarla stanotte.. Devo dargli la notizia. > con un espressione preoccupata la guardo < Come devo fare? > la mia voce è spezzata dall'ansia, la mia espressione profondamente turbata, sono così preoccupato ed è così difficile dare una notizia del genere.



    Edited by ;dr.strange - 3/12/2021, 20:10
     
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    Noto una tensione nervosa nel suo viso quando gli ho chiesto titubante se ci poteva essere altro da fare per salvare la bambina. Nostra nipote a tutti gli effetti. Capisco di aver toccato un tasto dolente ma non era di certo mia intenzione sminuire o commentare il suo operato insieme a quello del team ospedaliero. Sospiro amaramente quando ammette che non lo sa, come sta nostra figlia e cosa succederà d'ora in poi. Deglutisco e sento me ginocchia così molli da aver la sensazione di cadere a terra a momenti.
    Prontamente Jon mi riprende, alquanto irritato oltre che stanco. Capisco che anche lui è provato anche se i suoi occhi non sono pieni di lacrime ne arrossati come i miei. Non si valutano i dolori altrui dai pianti, dopotutto. Ha lavorato sodo e avere sua figlia sotto ai ferri e sua nipote nello stesso istante deve essere stata una dura prova da superare. Credo che anche i medici affrontino dei dolori e dei traumi. La morte di Abigail lo è di certo ma non è questo il momento giusto per insistere e capire cosa sta vivendo effettivamente Jon dentro di sè.
    Quando mi rimprovera sembra arrabbiato e io abbasso il capo, punita anche se sono convinta delle colpe che mi sento addosso. Lo sai che è vero.. sussurro sovrastando le sue parole. Nonostante io stia guardando in basso non cambio le mie idee, sono solo affranta dal dolore come è corretto io sia, ma non potrò mai negare di sentirmi le spalle pesanti. NON VOGLIO ANDARE A CASA, JON! rispondo alzando la voce, nonostante lui l'abbai abbassata e ha usato un po' di dolcezza nei miei confronti. Le corde vocali vibrano emanando una voce infastidita e condita da paure e tristezza. Nostra figlia è quì.. ha rischiato di morire.. nostra n-nip.. non riesco nemmeno a finire la frase. Jon è comprensivo, ma forse oggi i nervi sono tirati e provati per entrambi per poter sorvolare su cadenze e parole che in altre giornate non avrebbero mai lo stesso peso. Mi propone di rimanere in ospedale e mordendomi il labbro annuisco, mentre le lacrime ricominciano a sgorgare anche per l'impossibilità di domare le mie sensazioni nei suoi confronti. Sentirmi dire di smettere di piangere è un'imposizione che non mi piace. Smettila di dirmi di non piangere, Jon.. è l'unica arma che ho.. adesso.. le parole escono interrotte da sussulti del torace. Scaccia via una lacrima dal viso provato, la neve comincia a cadere sopra le nostre teste e quì fuori nel giardinetto esterno si gela. Geliamo anche dentro di noi in verità e forse è per questo che sentiamo così tanto freddo. Tremo avvolta nel giubbotto invernale, con le mani dentro le tasche le punte delle dita mi fanno quasi male. Faccio spallucce scuotendo il capo rammaricata ed evidentemente impotente quanto lui. Lei.. si riprenderà Jon. In qualche modo.. dico, è una frase di fatto ovvia come il fatto che Abigail non tornerà fra le sue braccia e un brivido mi percorre la schiena realizzando che il problema più grande arriva adesso: dirglielo perchè è stata operata d'urgenza e quindi quando si sveglierà sarà ignara di tutto. Inutile negare che il suo corpo possiede strabilianti capacità di assorbimento e rigenerative, si riprenderà meglio e più velocemente che un umano della sua età; rimane il fatto che sarà piuttosto ovvio che qualcosa "le mancherà" una volta rinvenuta. Un fumetto biancastro esce dalla mia bocca che si apre e si richiude, lo guardo in faccia non possedendo una risposta giusta alla sua domanda. Mi aggrappo al suo braccio la cui mano è dentro alla tasca del giubbotto. Questo contatto è forzato, questo evento dovrebbe unirci per combattere il dolore e aiutare Ana ma si sente nell'aria che abbiamo difficoltà persino a parlare, lui ha alzato i toni e si è dimostrato infastidito e io di rimando ho alzato la voce perchè le sue parole mi hanno colpito.
    Camminiamo verso l'entrata, il silenzio di accompagna. In verità non saprei nemmeno io come fare. Io credo che tu le debba parlare da padre.. sospiro. Io evito di venire con te, è me che detesta vedere infine. Incasso un boccone amaro come non mai. Devi dirle tutto e non omettere niente. Incrocio il suo sguardo cercando di dargli coraggio. Niente. Perchè avere dei segreti e omettere cose aggraveranno il nostro futuro.. ed è già delicata la situazione. Dille cos'è dico infine. Diglielo e basta. Deglutisco e mentre la porta ci fa entrare e si richiude dietro di noi mi stacco da lui e mi pongo di fronte mentre un carrello taglia a metà il corridoio. Lo guardo in faccia, dilaniato e con le borse agli occhi. Cosa posso fare.. per questa cosa? allungo il braccio verso di lui. Sei il miglior medico del mondo.. trova una soluzione. So che questo apre un enorme ricerca, è la seconda volta che gli chiedo qualcosa che risulta quasi impossibile quando la domanda è formulata. Però anche Ana era impossibile da trovare eppure adesso è quì, al San Mungo. L'ha trovata anche se ha avuto altri aiuti. Prendi quel che ti serve indico il polso alludendo ad un prelievo sanguigno. Se lei non accetterà quello che è.. forse oltre che pericolosa per gli altri lo è per lei stessa. Io non so come possa prenderla sospiro. Infine, ammettiamolo, non la conosciamo. Mi domando se sia una che si fa schiacciare dalle vicende della vita o se sia una ragazza forte che non soccombe a nulla. Intendo dire.. è possibile trovare una soluzione per.. per curare una maledizione? So che il termine non è appropriato. Una breve pausa. Sospiro e affranta scuoto il capo. Sono io Jon.. ammetto infine dalle deduzioni di tutta la giornata, una vera scoperta anche per me. Sei nato babbano, sono io la portatrice e chissà da dove parte questa storia mi mordo il labbro. Un flash, in mezzo alla confusione e alla tristezza, infligge un altro colpo alla sottoscritta. I miei figli.. sgrano gli occhi. Incredula. Liam e Oliver sono in pericolo? Dovrebbero saperlo?


    Edited by ZoyaVS - 3/12/2021, 12:24
     
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    Penso di non aver mai visto Zoya così abbattuta, tutto quello che sta succedendo mi fa mancare il respiro, non ero preparato ad una cosa del genere come non era preparata neanche lei stessa. Dicono che ogni medico prima o poi deve affrontare l'operazione della vita, qualcosa che lo fa maturare, crescere ancora di più. Io pensavo di averne già passate tante in più di quindici anni di carriera. Questo è sicuramente il giorno più nero dal punto di vista personale e professionale che mi sia mai capitato. Sono distrutto e non riesco neanche a sfogare la frustrazione dentro di me, mi sento come intrappolato e non riesco a comprendere il modo giusto per reagire. La verità è che non esiste un modo davanti ad una tragedia così grande, mi sento colpevole e vittima allo stesso tempo, ma so che devo reagire e so che Zoya ha bisogno di me in questo momento, per questo cerco di convincerla che ha bisogno di essere aiutata per stare meglio, è di lei che in questo momento mi sto occupando e lei solo è importante in questo momento. Zoya urla, rimango a fissarla e mi trattengo per non urlare a mia volta, perché i nervi sono tesi e non riusciamo neanche a guardarci negli occhi degnamente. Siamo entrambi amareggiati e arrabbiati, delusi da un incontro che poteva essere ben diverso e invece è andato nel peggiore dei modi. < Sto cercando di aiutarti. > rispondo quando mi dice di smetterla, non vuole che insista nel dirgli di non piangere. Poi tutto è silenzioso quando ci dirigiamo all'interno dell'ospedale. Si aggrappa al mio braccio mentre io non la degno di uno sguardo neanche una volta, i miei occhi sono fissi sulla porta principale del San Mungo. Ripenso alle sue parole, Vanja si riprenderà, e non c'è cosa più assurda di questo.. Semmai si arrenderà alla verità. Non mi aiutano le sue parole, preferisco rimanere in silenzio mentre attraversiamo il corridoio e lei si ferma improvvisamente, si mette davanti e risponde alla domanda retorica di prima. Dovrei parlargli come un padre.. Ha ragione, alla fine non devo preparare nessun discorso, devo farlo nel modo più naturale possibile. Zoya mi dice che lei non ci sarà proprio come prevedevo, sospiro e abbasso lo sguardo mentre annuisco.
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    < Si lo so.. Ma Zoya. > alzo lo sguardo e parlo sinceramente < Non ti aspettare un futuro per prima cosa, non voglio fare il pessimista ma dobbiamo essere realisti.. Per Vanja tutta questa storia non sarà facile da accettare. Ha incontrato noi nel peggiore dei modi, ricordatelo. > aggiungo con tono privo di qualsiasi sentimento al riguardo, lapidario e categorico. La gente, il personale sanitario ci passa affianco, ma ciò che sento e vedo in questo momento è solo il mio e il suo dolore, come il ricordo di una vita spezzata nel grembo di sua madre. Una cosa orribile. - Sei il miglior medico del mondo.. trova una soluzione - scuoto la testa e con gli occhi quasi fuori dalle orbite rispondo ad alta voce. < NO! > la gente si volta a guardarci, abbasso il tono. < Se lo fossi a quest'ora Abigail sarebbe ancora viva e.. Lo so che vuoi trovare una soluzione per quello che è Vanja, ma credimi.. È il momento più sbagliato per parlarne. > mi prendo una pausa guardandomi intorno, poi lo sguardo preoccupato torna di nuovo su lei. < Se non avessi iniettato quelle punture a Vanja sono sicuro che sarebbe morta anche lei, ma purtroppo il tempo è stato contro di noi.. Abigail era già morta e non ho potuto fare NIENTE per impedirlo. > allargo le braccia e scuoto ancora la testa < ... OK devo trovare una soluzione, sono il migliore al mondo MA NON SONO UNA MACCHINA! > la recepsionista mi guarda da lontano, mi avvicino a Zoya e sussurro < Ho bisogno di tempo.. > addolcisco di nuovo il tono avendo paura di perderla proprio in questo momento così delicato, le mie mani prendono il suo viso e i miei occhi sprofondando nei suoi < E troverò una soluzione, valuteremo tutto ciò che è necessario.. Scusa.. N-Non andartene.. > imploro infine, pensando anche a quanto sia preoccupata lei per i suoi figli, per la sua famiglia. Io almeno posso vantarmi di essere solo e non gravare sugli altri, devo essere un pilastro per Zoya, invece se non sto attento rischio di scaricare la mia frustrazione su di lei, e questa è l'ultima cosa che voglio. < Non voglio farti del male, sono solo.. Arrabbiato. > mi stacco da lei e apro la porta del mio ufficio, poi le porgo la mano per invitarla ad entrare. Il mio gesto vuole dire molto, nonostante tutto lei è probabilmente l'unica persona che voglio al mio fianco in questo momento. < Dai entra.. I tuoi occhi hanno bisogno di un dottore. > è una battuta per spezzare la tensione e fargli capire che voglio prendermi cura di lei, se me lo consente. Non ho mai curato Zoya.



    Edited by ;dr.strange - 3/12/2021, 15:09
     
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    Sta cercando di aiutarmi dice con tono traballante, pieno di autocontrollo questo lo devo ammettere. Fa parte del suo lavoro e del suo carattere da Tassorosso averne tanto anche in situazioni disastrose e laceranti come questa. E oggi credo sia la peggiore di tutte le volte per cui ne ha dovuto usare a dismisura perchè si tratta della sua famiglia. La nostra famiglia.
    Quando siamo nella hall, il via vai dietro e davanti a noi diventa superfluo, parliamo liberamente e quello che ci diciamo è chiaramente ciò che pensiamo. Non mi devo aspettare un futuro, quelle parole mi colpiscono come uno schiaffo in pieno volto. Piego la testa di lato e assumo uno sguardo soffrente e prontamente lo interrompo. Tutta questa storia viene da ciò che è stato sepolto per troppo tempo, Jon la mia voce è rauca, bassa ma si capiscono bene le parole. Non ho queste pretese nel breve tempo aggiungo poco dopo sospirando. Cosa ci siamo detti all'inizio? Dobbiamo farlo insieme, ci prenderemo cura di lei anche se non ce lo lascerà fare, cercheremo di ricucire le cose.. un profondo espiro e scuoto i capelli biondi sfinita. Ci volesse tutta la vita, Jon.. quando morirò voglio aver fatto qualcosa di buono. Mi mordo le labbra e quelle parole sono il riflesso di tutte le colpe che sento gravare su di me, oggi ne ho aggiunte moltissime e non me le scollo di dosso nemmeno lui insistesse fino a sfinirmi. Il matrimonio fallito ha colpito Oliver nonostante il suo brutto carattere non lo ammetta chiaramente, Liam ha sofferto la distanza da Harry anche se esce a pesca con lui e si trovano come un ragazzi giovani al bar ore su ore. Il mio ex marito è presente, vaga per casa, ma non posso negare che la spaccatura è profonda e mi manca tutto ciò che avevamo. Mi manca averlo tra i piedi, i bisticci che si sistemano il giorno dopo, lo schieramento dei gemelli da una parte o dall'altra. E' stato un colpo enorme per me e mi sono sentita responsabile anche se il sentimento che Harry aveva per me è scemato. E' questa la causa. E io per un bel pezzo della mia vita ho cercato scuse, mi sono inflitta delle frustrazioni infinite. Tutto perchè la mia famiglia viene prima di tutto.
    La sua reazione lesta alla mia domanda sensata di trovare una soluzione mi sconvolge. Lo guardo attonita mentre strabuzza gli occhi, alza la voce e in quel momento il silenzio si fa palese. E' chiaro che gli infermieri che stavano compiendo il loro lavoro, così come la signorina di turno alla stregaccoglienza, sono rimasti basiti della sua replica. Abbassa la voce ma lo vedo combattuto, come se non vedesse l'ora di togliersi quegli occhi di dosso per sfogarsi. In effetti tutti noi abbiamo bisogno di urlare e sfogarsi su chi abbiamo bisogno ottiene solo l'effetto contrario provocando diverbi e allontanamenti. E' il momento sbagliato per pensare ad una soluzione per "curare" o "modificare" il gene della licantropia che scorre nelle mie vene, in quello di Anastasya, probabilmente anche in quello dei gemelli. Non è il momento per parlarne dico in tono di scusa guardandomi le punte delle scarpe. Non lo sarà mai se non ci confidiamo le nostre paure nel momento in cui le sentiamo, Jonathan mi giustifico anche se sono sicura lui, conoscendo la mio attaccamento alla famiglia, avrà già capito subito dopo. Ti stai dando delle colpe gli sottolineo con tono dolce e comprensivo seppur stanco e con la voce tremante e secca. L'hai detto, la bambina era già morta prima dell'operazione, Jon, questo non è dipeso da un tuo fallimento in sala operatoria. Scuoto il capo vigorosa e per un attimo alzo gli occhi sui suoi, allungo le braccia tremanti, le mani infreddolite dal gelo puntano alle sue, si fermano poco prima di toccarle, ritirandole subito. La mia è insicurezza, in questo momento non sono certa che i nostri modi di riconciliarci funzionano, anzi potrebbero aggravare la situazione.
    Quando credo sia tornato tranquillo il suo urlo spezza di nuovo la routine del personale. Non sono una macchina asserisce nervoso e frustrato. Le mie mani allora si allungano senza paure sui lembi del suo giubbotto, lo tirano verso di me richiamando la sua attenzione e la sua quiete. Jonathan.. alzo gli occhi sui suoi, ci leggo delusione, paura, sofferenza e confusione per cui il fatto che abbia bisogno di tempo come sussurra lo capisco. Annuisco senza dire altro e confermo di nuovo che stanotte starò in ospedale. Devo mandare un gufo ai ragazzi e uno a Harry, va bene? sussurro mentre ci stacchiamo. Ci guardiamo per un breve istante e non intendo insistere o sottolineare pesantemente le sue reazioni sbagliate, anche la mia poco prima lo era ma non possiamo giocare su chi è più bravo a contestare l'altro. Dobbiamo farci forza e continuare. Anastasya ha bisogno di noi e in cuor nostro sappiamo quando noi in verità l'abbiamo cercata e abbiamo bisogno di lei. Lei è il mio tassello mancante che ho lasciato scappar via perchè ero troppo giovane e l'esser sola ha giocato un ruolo cruciale nella decisione riguardo l'affidamento.
    Lo seguo lungo il corridoio fino a che ci fermiamo davanti ad una porta bianca che apre con una mano e rimane in attesa con l'altra, il suo gesto è dolce e io capisco perchè lo fa. E' il suo modo per aggiustare innocuamente le cose. Appoggio il palmo sul suo e annuisco alla sua frase. Sono pronta per farmi aiutare da lui e lui da me, se me lo lascia fare. Mi siedo stanchissima in una poltrona vicino ad una scrivania laterale, è chiaro che è un altro ambulatorio ma l'oggettistica è la classica. Giurami che ti prendi cura di te mh? gli chiedo appoggiando i palmi sulle ginocchia. Guardo il suo profilo bislungo fermarsi di fronte a me. Per quanto ci sentiamo sconfitti da tutta questa storia non possiamo farci schiacciare..
     
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    Ci siamo detti che affronteremo insieme tutto quanto e faremo in modo di rimanere uniti. Queste sono state le nostre parole e il nostro desiderio più profondo. Ora mi rendo conto che essere unito con Zoya non é solo perché questo ci dà più forza, ma anche perché condividiamo profondamente gli stessi sentimenti per nostra figlia, ma non solo, il nostro legame è cresciuto e stare insieme per noi non significa solo dovere, ma è qualcosa di più.. Molto di più che stare semplicemente legati, io voglio stare legato a lei per diversi motivi, ed una delle paure più grandi che ho è perderla per causa di questa storia, ho una costante paura di perderla e non voglio che questo accada. Le visioni che ho avuto quella sera, quando ho dovuto chiudermi la porta alle spalle per lasciarla per l'ennesima volta, non sapevo se sarei tornato dopo quelle visioni, ho sempre la sensazione che le visioni si avverino sempre, a volte non ne posso più di vedere cose che forse magari non si avvereranno mai. Zoya esprime il suo profondo desiderio di voler fare qualcosa di buono nella vita, cioè accogliere Vanja anche se lei non lo dovesse mai accettare, e ci vedo grande coraggio in quello che dice, mi ritrovo ad essere totalmente d'accordo. Non lo sarà mai se non ci confidiamo le nostre paure nel momento in cui le sentiamo, Jonathan. quelle parole mi colpiscono, e mi rendo conto che io non riesco a mostrare le mie paure, mi tengo tutto dentro come faccio sempre, solo che la situazione di oggi è surreale, ed ho una tensione enorme dentro di me che mi sembra di esplodere da un momento all'altro. Quando urlo e me la prendo con le sue parole lei reagisce dolcemente, si avvicina prendendo la mia giacca con le sue mani fredde e delicate, mi perdo dentro il mare azzurro nei suoi occhi che oggi è bagnato più che mai, rimango in silenzio ascoltando le sue parole, respirando il profumo della donna che amo che senza troppi sforzi ha il potere di calmarmi anche solo con il suo bellissimo sguardo. < Si.. Hai ragione, dobbiamo continuare.. > non sono del tutto convinto con le parole, dentro di me ci sono ancora le immagini di Abigail schiacciata, morta tra le mie braccia. Non lo dimenticherò mai. < Scusa è che oggi è stata una giornata surreale.. Lo sai. > gli confido infine mentre ci stacchiamo e mi dice che scriverà alla sua famiglia per fargli sapere che stasera non tornerà. Decide di rimanere qui e dentro di me ne sono contento, forse non ce l'avrei mai fatta a passare una notte intera ripensando a quella vicenda da solo, forse con Zoya sarà più facile attraversare il buio e decidermi finalmente a dare la notizia a Vanja. Questa notte. Entriamo dentro il mio ufficio, un ex ambulatorio che ho cercato di rendere accogliente, mi chiudo la porta alle spalle chiudendola a chiave, il mio turno è finito ma la verità è che non smetterò di fare qualcosa di utile per tutta la notte, devo mantenere la testa impegnata per evitare di pensare troppo. Lei si siede e apro il cassetto prendendo una piccola valigia con all'interno alcune fialette. Ne prendo una e mi avvicino a lei. < Questa ti farà bene.. Guarda in alto e apri bene gli occhi. > i suoi occhi come un mare in tempesta prima di guardare il soffitto puntano me, le sue labbra pronunciano parole, ma so di non saper mantenere il giuramento che mi propone. < Io.. Lo sai come sono fatto, sarà difficile ma ci proverò a prendermi cura di me.. >
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    faccio qualche passo e sfioro il suo viso con le dita < Mi basta prendermi cura di te per stare bene. . > sorrido forse per la prima volta dopo la tempesta, piccole gocce cadono dentro i suoi occhi spalancati che guardano il soffitto. < Ora chiudi gli occhi per qualche secondo. Passerà.. > dovrebbe sentire un po' di bruciore fastidioso, le mie mani lasciano la fiala e prendono delicatamente il viso di Zoya ancora inclinato verso l'alto, le mie labbra si uniscono alle sue mentre ancora i suoi occhi sono chiusi, un bacio caldo che si sposta sulla sua guancia e per finire poso un altro bacio sul suo collo prima di avvolgerla tra le mie braccia e dono tutto il calore che possiedo, respiro il suo profumo inconfondibile mentre sfilo la bacchetta dalla giacca e faccio arrivare la coperta che stava sul lettino, si avvolge intorno alle sue spalle mentre mi stacco da lei e la guardo con le labbra curvate dal sorriso. < Va meglio adesso? > mi sposto e apro di nuovo il cassetto della mia scrivania < Vado a prenderti una cioccolata calda tra poco ma prima... > esco fuori tutto l'occorrente per fare il prelievo. < Mi mostri il braccio mh? > mi siedo di fronte a lei con la farfallina del prelievo e la cordicella in mano. < Appoggia il braccio sul tavolo.. Facciamo veloce veloce. > abbasso lo sguardo sulla farfallina che apro e monto accuratamente.



    Edited by ;dr.strange - 5/12/2021, 02:17
     
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    Jon si concentra su una valigetta, non è completamente concentrato ma ci prova; quando lavoro il suo cervello pensa solo a quello e forse il pass per la guarigione mentale di Jon sta proprio racchiusa lì: si deve distrarre con la sua passione immensa che non è altro che il lavoro che desiderava da tutta l'infanzia. Sospiro e sono pronta a farmi medicare; alzo gli occhi insieme al collo, per osservare il soffitto poco illuminato. Non so nemmeno che ore sono a l'ospedale non si ferma mai, quindi ci sono sempre dei passi veloci dietro la porta e un vociare indefinito provenire in lontananza dai corridoi del piano dove siamo.
    Prima di concedermi definitivamente al trattamento oculare lo guardo avvicinarsi, sapevo che non poteva promettermi ciò che gli avevo poco prima chiesto. Sorrido timidamente quando sfiora con le dita il mio viso. Mi basta prendermi cura di te per stare bene. Il silenzio si insinua fra le sue parole e le sue carezze. Di noi, Jonathan sussurro a completamento della frase. Alle volte devi renderti conto che.. il tono è velato e continuo a fissarlo in faccia senza temere. ..anche gli altri vogliono vederti sereno alludo a me, vederti spensierato mi è sufficiente. So che è difficile ora.. lo è anche per me... Le gocce cadono sulle mie iridi, istintivamente chiudo le palpebre mentre l'eccesso fuoriesce. Il bruciore è intenso ma so che svanirà presto. Non mi lamento e a tentoni provo a riaprire le palpebre anche se vedo annebbiato. Inaspettatamente sento il calore delle sue labbra sulle mie, rimango immobile e forse questo mi è d'aiuto per darmi forza; sa proprio di "sono quì con te, non dimenticarlo". Sorrido contro le sue prima che quelle si spostano sulla guancia e poi sul collo. E' una coccola premurosa che termina con un abbraccio che ha il sapore del coraggio. Sospiro liberando un po' di tensione. Il calore del suo corpo è un'ancora per me, lo è sempre stato quando stavamo insieme, lo è tutt'ora dopo tutti i problemi che abbiamo avuto quando ci siamo ritrovati; le menzogne, gli errori, le tristezze non sono state sufficienti a separarci. E allora come si chiama tutto ciò che ci lega senza mai morire? Se non è Amore questo io non conosco un'altra parola corretta.
    In un gesto quasi impercettibile del suo polso, la coperta appallottolata sul divanetto dell'ambulatorio mi avvolge. Forse è arrivato il momento di cercare di riposare anche se sembra una barzelletta visto ciò che poche ore fa è accaduto.
    Osservo il suo sguardo pensieroso e quando si serve di un piccolo kit ben conosciuto e mi invita a concedergli il braccio capisco; lo sfilo da sotto la coperta, liberandolo dal tessuto del maglioncino che lo avvolge, lo allungo sul piano freddo dinnanzi a me e annuisco. Prendi quello che ti serve.. sussurro annuendo incalzandolo e decisamente favorevole allo studio di questa maledizione. Rimango così immobile, seguendo le sue indicazioni per il prelievo e infine sussurro, un thè caldo è meglio. Un sorriso timido delinea le labbra del mio viso, stanco e provato. Deglutisco, premendo dopo il prelievo sul punto dell'inserimento dell'ago, mi sposto avvolta nella coperta sul divanetto appoggiato alla parete. E' da tre posti e non è molto moderno, ciononostante non importa se sarà poco confortevole, potrei dormire per terra fosse necessario per stare nell'ospedale dove è ricoverata mia figlia. Forse non potrò mai vederla durante il suo ricovero, perchè rischio di scaturire un altro episodio come quello di oggi, ma.. mi basterà vederla anche quando dorme. Lei non può sapere di me mentre riposa, ma io mi nutro della sua presenza. L'amore di una madre, rifiutata dalla propria bambina che ha cercato in lungo e largo per anni, non ha comunque confine. Lei, qualsiasi cosa accada fra di noi è e sarà sempre la mia bambina. Niente, in tutti i sensi, potrà ferirmi così tanto da decidere di starle lontana. Anche il fatto che il lupo poco prima aveva puntato la sottoscritta non mi è sufficiente per darle delle colpe o decidere di evitarla. Non posso e non voglio.
    Raccolgo le gambe sul divanetto sfilando le scarpe, guardo Jon riporre le fiale e le siringhe. Se hai bisogno di aiuto.. o di altro, fammelo sapere. Non so nemmeno se ti ho chiesto una cosa possibile desolata mi guardo i calzini che spuntano dal fondo della coperta.
     
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    Si, hai ragione. Le sue parole mi riscaldano il cuore, i miei occhi non si staccano da lei quando mi chiede di prenderci cura di Noi e mi rendo conto di non essere solo, che in ogni caso mi sento di appartenere a qualcuno che alla fine pensa a me. Mi devo solo abituare all'idea di questa cosa, visto che per la gran parte della mia vita ho sempre vissuto in solitudine mettendoci di mezzo solo relazioni occasionali, insignificanti.. a parte Christine si, la donna che ha perso la vita durante l'incidenze per una mia disattenzione. Non smetterò mai di sentirmi in colpa per questo, ed ora che mi ritrovo a vivere una situazione molto simile non riesco a non pensarci.. è un incubo e so che Zoya sta cercando di dirmi che devo lasciarmi aiutare, ma come? un dolore così grande non si può certamente cancellare, e mi rendo conto di essere così duro con me stesso. L'unica certezza che ho adesso è quella di rimanere sveglio, non posso permettere al mio cervello di pensare, ma non sono una macchina e non lo sono mai stato, ho sempre pensato di esserlo durante gli anni.. che niente poteva colpirmi, che sarei stato il guaritore migliore al mondo perchè in grado di controllare il flusso di energia che mi abita. Tutto fallito in un pomeriggio. Penso a Vanja e in questo momento riesco a pensare solo lei, e quando soffrirà. Zoya mi mostra il braccio, io mi concentro su quei gesti che per me ormai sono molto semplici, infilo l'ago e prelevo il suo sangue, le mie dita tremano leggermente ma l'intensione di non fargli male vince su tutto. Ecco fatto. sono di poche parole e mi rialzo per riporre la piccola fiala dentro la valigetta, esco fuori la fiala di Vanja che tenevo ancora dentro alla giacca, ci scrivo il nome sopra e le metto insieme. Ripongo il tutto dentro il cassetto e questa notte ho intenzione di studiare il sangue di entrambe. Alzo lo sguardo su Zoya che si sdraia sul divanetto, spero che almeno riposi un poco. Mi chiede se ho bisogno di qualcosa Si grazie.. te lo dirò. sussurro quasi mentre chiudo il cassetto a chiave. Esco un attimo. il tragitto che mi porta alla cucina del personale sembra brevissimo, eppure è abbastanza lontana, i pensieri mi sommergono quando penso di non fare nulla di utile. Così faccio diventare il tè qualcosa su cui concentrarmi, infatti lo preparo meticolosamente, probabilmente il migliore tè che un inglese abbia mai fatto. Non uso la magia e accendo i fornelli, aspetto che l'acqua si riscaldi e mi siedo puntando gli occhi nel vuoto. Sospiro.
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    Tutto prende il sopravvento. Sono solo, e questo contribuisce al fatto che posso essere molto vulnerabile.. mi basta questo per focalizzarmi su quelle piccole cose, su quello che potevo fare e non ho fatto. Ti stai dando delle colpe ha dello lei. Ma le mie colpe non sono in sala operatoria, sto entrando in paranoia e non mi era mai capitato. Quindi piango e le lacrime cadono sui pantaloni disegnando piccole macchie, mi sembra di essere esageratamente disperato e mi dico che non dovrei farlo, che in fondo me lo merito, per tutte le volte in cui ho fatto delle scelte sbagliate. Sai.. mi dispiace molto per il tuo fallimento in sala operatoria. improvvisamente sento una voce, alzo lo sguardo e noto che il dottor Pine mi sta osservando. Io e lui ultimamente non andiamo molto d'accordo, e lui sta prendendo il suo lavoro come una sfida contro di me, una sfida a chi è il chirurgo migliore. Il suo tono infatti mi schernisce. Cosa? dico quasi incredulo davanti alla malvagità dell'uomo che ovviamente non conosce i dettagli. Lui annuisce alla mia stupida domanda prima di vedermi alzare e andare verso di lui improvvisamente, le mie mani si aggrappano attorno al suo collo, la sua testa di cazzo sbatte sul muro. Lui cerca invano di liberarsi. soff.. soffoco Jo-than! io rimango a fissarlo negli occhi con aria di disprezzo, poi lo mollo. Vattene. replico allontanandomi, mi avvicino alla cucina per spegnere tutto, do le spalle all'uomo. VATTENE! l'uomo guarda stranito prima di lasciare la cucina, io chiudo i fornelli con la copertura in vetro e riempio la tazza di Zoya mettendoci la bustina di tè, la metto da parte e rimango fermo a fissare un punto indefinito. Nonostante pensassi di aver attraversato il momento peggiore, sono ancora arrabbiato con me stesso, e mi volto guardandomi allo specchio, un piccolo specchio rotondo appeso alla parete della cucina. Che idiota. quasi senza accorgermene pianto un pugno allo specchio con la mano destra, rompendolo, quasi come se stessi prendendo a pugni me stesso. Guardo la mano tagliata e recupero dei pezzi di carta per tamponare il sangue come meglio viene, poi lascio la cucina con la tazza tra le mani.
    Apro lentamente la porta del mio ufficio dove spero di vedere Zoya se non addormentata almeno un po' rilassata. Mi avvicino a lei e mi abbasso per porgergli la tazza. Ecco il tè. curvo leggermente le labbra in un sorriso che cerca di schiacciare via l'amarezza sul mio volto. Volevo chiederti una cosa.. mi riallaccio al discorso di prima, quando mi diceva se avevo bisogno di qualcosa. Pensi che tua madre fosse un lycan..? o hai mai notato qualcosa di strano nella tua famiglia?

     
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    Le dita tremolanti di Jonathan si concentrano sul prelievo. Rimango immobile ma non stacco gli occhi dal suo volto che a stento si alza da ciò che sta facendo. Il sangue fluisce nel tubicino e poi dentro ad una provetta che sigilla con tappo bordeaux. Mentre tampono con del cotone imbevuto di disinfettante schiarisco la voce attirando la sua attenzione; premurandomi di aver le dita pulite sfioro il suo braccio. Hei Jon.. la mia voce è calma e dolce come spesso riesco a fare quando sto con lui. Cerco di ottenere i suoi occhi per me. Allungo le braccia sui suoi avambracci. Non posso vederti così.. come tu non puoi vedere me cadere sotto la potenza della sofferenza. Sospiro e in quel gesto si percepisce quanto frantumata sono all'interno. Ti prego, io.. io ho bisogno di te. La voce si abbassa e non sto dicendo che lui mi serve per trovare una soluzione per questa maledizione del sangue. Certo, mi interessa, ma quel "ho bisogno di te" significa che lui è comunque la mia colonna, come lo è stato in passato nei momenti bui. Ho bisogno di te Jon, non soffocare sotto al dolore della perdita e non sentirti un fallito perchè non potevamo cambiare le cose se il destino aveva scelto dovesse accedere. Non mi sento di dire altro anche perchè capisco che si sta focalizzando sul sigillare le provette per evitare di sentirsi ancora più male. Alle volte devi sprigionare ciò che tieni dentro.. piangere o urlare non è sinonimo di debolezza. Tiro su col naso cercando di farmi ancora più forza di quanta in verità ne sto già mettendo. Mi avvio verso il divanetto, raccogliendo i piedi sotto ad una coperta a quadri che trovo appallottolata in un angolo. Sono sfinita, gli occhi si stanno chiudendo ma la mente corre impazzita all'immagine di quel lupo che mi puntava con chiaro intento di colpirmi. La bava che scendeva lungo i lunghi e taglienti denti colava sul pavimento e mi rendo conto che la rabbia di mia figlia mi avrebbe ucciso si Jon non fosse stato presente e non avesse preso la decisione di sedarla. Ho sofferto tanto ad ogni guaito che fendeva l'aria, ogni ago che la colpiva provocava un leggero suono che mi mette i brividi a ripensarci. Deglutisco e mi addormento lentamente rimuginando agli ultimi attimi prima del suo ritorno ad umana.
    Una voce mi risveglia, in verità non ho dormito come si deve, mi sarei svegliata a momenti comunque. Jon mi porge la bevanda calda e lentamente rizzo la schiena, rimanendo coi piedi avvolti nei calzini sotto al coperta che si è riscaldata col mio corpo. Rigiro la tazza fra le dita, la domanda di Jon mi spiazza e non so cosa rispondere. Tossisco, la gola è secca e avvicino il thè alle labbra per assaggiarlo. Guardo il liquido marroncino muoversi anche dopo aver deglutito. Mia madre di certo non lo è, lo saprei altrimenti rispondo poi ripensando alla ex modella che buttò la sua fiorente carriera per un uomo che l'aveva tradita. Mio padre potrebbe.. oppure mio nonno o comunque i parenti che provengono dalla sua famiglia potrebbero benissimo covare qualche segreto. Sospiro e faccio spallucce impotente. Io.. io quell'uomo non l'ho mai veramente conosciuto. Mi volto verso di lui stringendo il thè. Leggo il suo sguardo preoccupato e pieno di domande, colgo anche un che di diverso da prima, come se nel suo assentarsi fosse accaduto dell'altro ma non glielo chiedo. Come sai.. mio padre era assente praticamente sempre. Quando rincasava stava con noi veramente pochissimo tempo, qualche giorno e spariva di nuovo. Si è persino fatto una famiglia parallela alla nostra.. questo la dice lunga sui segreti che potrebbe avere.. Sposto lo sguardo sulla sua scrivania per guardare qualcosa che non sia la sua faccia perchè mi vergogno di ammetterlo ma sono costretta a dire che di mio padre so ben poco. Il fatto è che i nostri rapporti sono troncati da quando ero poco più di una bambina.. come già sai ci trasferimmo in Inghilterra per permettere a mia madre di non impazzire e per curarla. Il cambiamento fu fondamentale per lei. Percepisco un dolore al petto, una delusione che non è mai morta attraverso gli anni. L'amore per quell'uomo era immenso, era il mio eroe e io lo aspettavo dalla finestra con ansia. Era stato il primo uomo a spezzarmi il cuore, Jonathan dopo di lui, Harry ancora dopo.
    Il silenzio si fa strada di nuovo. Mi siedo a gambe incrociate voltata verso di lui. Sei stanco Jon, so che vuoi andare da lei ora.. ma sospiro. Devi prenderti una pausa.. Se vuoi darle la notizia va bene, questo ti farà sentire meglio ma non cancellerà ciò che è successo nè il tuo e il mio dolore. Allungo la mano libera per posarla sulla sua, fredda e distaccata. In generale Jon lo è in questo momento, il suo volto bislungo fissa tutto tranne me. Mi ferisce questo modo di fare ma so che non lo fa per pugnalarmi, tutto ciò che è successo ci sta fracassando.
     
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    Io ho bisogno di te quelle parole mi tagliano dentro, so che può sembrare strano ma mi sento addosso la responsabilità di fare andare tutto per il verso giusto e l'onnipotenza non ce l'ho, non mi appartiene nonostante possiedo una mente che tutti definirebbero oltre i confini. Ci sono delle ferite dentro di me, che non si rimargineranno mai. Zoya ha passato l'inferno ed ora mi sento più debole che mai. Riuscirò davvero ad essere una spalla per lei? rifletto sul fatto che per lei ho rinunciato alla rabbia che tengo ancora chiusa dentro di me, sto cercando di recuperare un rapporto che è molto delicato, un amore che si è irrimediabilmente ammalato già da molto tempo. Sono vicino a lei con il cuore, ma la mente mi porta verso altre mete, altri orizzonti e non so quanto potrò resistere in tutta questa situazione. Mi dice che dovrei sfogarmi e urlare, ma lei non sa che i miei sfoghi sono tutti rivolti verso la persona che amo. Amore e odio si alternano incredibilmente dentro di me, ora più che mai. Abbiamo fatto degli errori, ma la mia mente mi ricorda costantemente che sono stato senza mia figlia per più di vent'anni. Sono stato privato della cosa più bella e fino ad adesso ho lavorato per non fare emergere queste vecchie ferite che spaccano il nostro rapporto, continuamente. Mi rendo conto che siamo così fragili e che l'amore che provo per lei è quasi completamente irrazionale. Io amo Zoya, penso di amarla più della mia stessa vita, ma allo stesso tempo odio quello che ha fatto. Non riesco ancora a farmene una ragione. E' una cosa più grande di me, che mi schiaccia con ferocia. Rimango in silenzio ad ascoltarla quando torno per dargli il suo tè, sono ancora sconvolto per le parole crude del mio collega, mi sento così enormemente arrabbiato. Non esiste nessun modo per poter contattare i parenti di tuo padre? magari loro possono darci delle indicazioni . dico guardandola negli occhi, lei si mette seduta e mi fissa. Sono stanco è vero. Purtroppo non posso cancellare quello che è successo, ma potevo fare molto di più, lei non sa che sono rimasto paralizzato davanti alla morte della piccola Abigail. Ho fatto la cosa peggiore che potessi fare. Dai.. adesso cerca di riposare anche tu. Finisco di fare delle cose e vengo da te. i polpastrelli della mia mano scivolano sul suo volto, mi alzo in piedi e raggiungo la scrivania, abbasso le luci e non mi metterò mai accanto a lei, aspetto solo che si addormenti e preferisco rimanere con la faccia spiaccicata sul tavolo. Dormo e ho anche qualche incubo, mi sveglio alle tre di notte circa, è in quel momento che decido di mettermi in piedi e raggiungere Vanja.
    ...

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    Non è stato facile dargli quella notizia, mi sono immaginato in mille modi quel momento, ho pure sognato la reazione più strana: Vanja che metteva in pericolo l'intero ospedale, Ellie che ci finiva di mezzo ferita mortalmente. Ma ora la realtà sembra persino peggiore della fantasia. Quando esco dalla camera di Vanja sono scioccato e non raggiungo il mio ufficio. Mi siedo su una delle sedie della sala d'aspetto del reparto ferite magiche, e li rimango fissando il nulla per ore.. fino a quando le prime luci del mattino cominciano a dipingere il cielo. Ho riflettuto a lungo e le parole di Vanja mi hanno letteralmente spezzato, avrei voluto essere un padre migliore per lei, ma non ho potuto farlo, mi sento ancora una volta una vittima e un traditore. Le scelte che ho fatto da giovane si stanno abbattendo su di me come un muro di cemento dal quale non posso scappare, il rimpianto è grande e dentro di me c'è solo tanta confusione e tanta rabbia. Entro nel mio ufficio lentamente, non mi curo neanche se Zoya è già sveglia, semplicemente non la guardo e afferro il camice bianco che sta sulla poltrona. Lo appallottolo come si fa con una cartaccia insignificante e lo butto dentro il cestino. MI SONO FIDATA DI LEI! PIOMBA DA UN GIORNO ALL'ALTRO NELLA MIA VITA E LO STESSO GIORNO LE SUE PROMESSE VENGONO MENO. CHE RAZZA DI PADRE è LEI? MIA FIGLIA ERA INNOCENTE, SI MERITAVA DI VIVERE, IO MERITAVO DI CRESCERLA! ho ancora quelle parole in mente MIA FIGLIA HA PAGATO IL PREZZO DELLE VOSTRE MENZOGNE! quale menzogna hai detto Jonathan? tu sei stato sincero, non sei tu che hai detto menzogne. E' lei: Zoya. Alzo lo sguardo e appoggio le mani sulla scrivania, la fisso e incontro i suoi occhi: è sveglia. Il mio sguardo è pieno di rabbia anche se cerco di mantenere la dolcezza che mi contraddistingue. Ho parlato con Vanja. esordisco muovendomi verso di lei, mi siedo sul divano mentre lei si mette seduta, le mie mani afferrano le sue guance, la volto verso di me con convinzione, la guardo intensamente negli occhi, i miei sono arrossati e lucidi, una vena al centro della fronte esce fuori. Sono molto arrabbiato. non stacco neanche una volta lo sguardo da lei, quasi i miei occhi la inghiottiscono. Con te. stringo le dita premendo il suo viso, i miei occhi si stanno infuocando, le labbra strette quasi sfiorano le sue.
     
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    Non lo so sinceramente, devo andare a rispolverare le mie parentele lontane, probabilmente è la prima cosa che farò una volta che la situazione si sarà un attimo sistemata dico prima di rannicchiarmi come un feto sotto la coperta. Annuisco quando spiega che fra poco verrà qui, intendo sul divano a riposare. Ci credo chiudendo gli occhi e abbandonandomi a un riposo che in verità non è per nulla ristoratore.
    Riapro gli occhi dopo non molte ore, anche se le palpebre sono state scosse di continuo da spezzoni di poche ore fa nello stanzino del dottore. Ho rivisto mia figlia in condizioni differenti che quelle umane e non ho potuto riposare come avrei voluto. Non mi sto lamentando ma mi servono energie e chiarezza mentale per poter affrontare questi giorni in ospedale. Starò quì fino a che mia figlia non verrà dimessa, credo di poterla vedere quando dorme od è sedata ed è ciò che farò quando Jonathan tornerò. Vederla attraverso un vetro di corsia mi basta, so che non sono attesa nè gradita, eppure il mio amore per lei va oltre ogni cosa. Può offendermi, dirmi che voleva uccidermi affondando i denti nella carne ma io non me ne andrò mai.
    Sbatto le palpebre mettendo a fuoco la sagoma di Jon seduto nella scrivania presente nell'ambulatorio, stropiccio gli occhi e mi tiro su con la schiena mentre i piedi sono ancora sotto la coperta a quadri. Jon.. sussurro con voce stanca e rauca. Deglutisco e mi soffermo a studiare il suo volto, chiaramente stanchissimo e provato. Viene verso di me dicendo che si è recato da lei, i miei occhi hanno la sua attenzione, rizzo la schiena scuotendo le spalle. Il suo gesto mi coglie impreparata, prende il mento fra le sue mani in un modo che mi è nuovo. Nel suo volto non leggo tranquillità. E come mai potrebbe vantarne visto che ha operato lui stesso nostra figlia, ha lui stesso dovuto dare la notizia ad una madre che aspettava di conoscere la sua bambina, E' straziante. C-come sta? mormoro impacciata rimanendo immobile. Dice di esser arrabbiato, istintivamente allargo le spalle provocando un movimento all'indietro, quasi sfuggo dalla sua presa. Ti ha.. ti ha aggredito? domando allarmata ricordando la sua foga. Ma Jon non è ferito fisicamente, è ferito dentro, sanguina da morire e io lo percepisco. Dopo una breve pausa risponde che non è con Ana che ce l'ha ma con me. Deglutisco, alzo il sopracciglio confusa e sposto il mento dal suo palmo. Muovo il collo scostandomi da lui rimanendo però seduta sul divano. Ci divide circa un metro, quello che è sufficiente per osservarlo in silenzio. Mi ha accusata.. vero? mi odia no? domando scuotendo il capo e spostando gli occhi celesti da lui, non riesco a guardarlo perchè un'onda silenziosa di colpe mi sta investendo. Non riesco a stare ferma a subire questa pressione silenziosa, i suoi occhi giudicatori mi trafiggono e percepisco la tensione che cova e che nasconde bellamente. Sposto la coperta con un gesto del braccio, scivola per metà giù dal divano e con i soli calzini ai piedi mi sposto, camminando avanti e indietro. Dio.. Jon! Mi metto le mani sui capelli sparpagliati sul capo in modo incolto. Oh dio.. questa situazione è.. sospiro e gli dò le spalle. Vorrei dirgli che quetsa faccenda ci sta mettendo alla prova, ripetergli che ci siamo promessi di stare insieme in questa battaglia difficilissima, ma davanti alla sua rivelazione, alle paure e alle colpe che sento gravare su di me credo che sarà difficile camminare uno di fianco all'altra a testa alta senza scannarci. Ce la faremo?
     
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    Gli attimi scorrono veloci, rimaniamo a fissarci e dentro di me si fa strada una certezza, dicono che l'amore a volte ci fa conoscere più profondamente noi stessi e di amore stiamo soffrendo, non è tutto rose e fiori e questo può dimostrare come una storia bellissima si può lentamente trasformare in un tormento. Mai avrei detto che sarei tornato così vicino a lei, ho desiderato questa donna per tanto tempo della mia vita, Zoya è sempre rimasta un ricordo indelebile in me anche quando scoprí che si era sposata, quel giorno mi crollò il mondo addosso perché avevo davvero perso tutte le speranze. Ora che è tra le mie braccia non riesco a tenermela perché brutti mostri dal passato emergono e mi fanno vedere le cose in modo negativo. A volte è vero, per quanto uno si impegna alla fine se una cosa deve andare in un certo modo ci andrà e basta, indipendentemente dagli sforzi che facciamo alle volte sono tante le cose che ci remano contro. < È molto giù. . > rispondo alla sua domanda sussurrando vicino alle sue labbra prima di vedere Zoya spostarsi tremolante, questa cosa mi ferisce profondamente, non abbiamo ancora imparato a starci vicini e solo adesso mi rendo conto che tutta quella strada che abbiamo fatto sembra vana.
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    Ha paura di me, lo percepisco e si stacca da me, qualcosa si è appena rotto tra di noi e lo sento, si percepisce nell'aria. Zoya fa fatica a lasciarsi andare, fa ancora più fatica dopo le mie parole sincere. Sono arrabbiato con lei e lo sono veramente, non voglio fingere ma allo stesso tempo mi sento un mostro. Scuoto la testa quando mi chiede se mi ha aggredito, mi guardo le mani, quelle stesse mani che poco fa toccavano la pelle di Zoya, ora mi sento così distaccato, così freddo dentro di me. Alzo lo sguardo e lei mi sta distante, seduta sul divano si è allontanata e lentamente i miei occhi si riempiono di tristezza e di lacrime, non riesco a contenere dentro di me tutto il dolore e non riesco ad ammettere a me stesso che tutto sta andando a rotoli, che devo prendere una decisione. Non rispondo alla sua domanda, rimango in silenzio mentre si alza in piedi e sento la tensione salire. Rimango seduto e punto lo sguardo in alto stringendo gli occhi ormai completamente stanchi e arrossati, ho l'espressione distrutta e vederla girata di spalle, capire il distacco che si è venuto a creare tra noi mi fa male. Mi alzo in piedi silenziosamente e mi metto proprio davanti a lei, mi avvicino di proposito e la scruto negli occhi. < Questa situazione non ce l'aspettavamo. > rispondo concludendo la frase che ha detto poco prima. È vero, forse quello che abbiamo pensato di fare è impossibile, non sono ancora riuscito a fare pace con me stesso.. Come posso far pace con la persona che amo? Lentamente le mie mani si appoggiano sulle sue spalle, la guardo negli occhi, i miei sono sommersi dalle lacrime, la voce spezzata ma sincera. < Cosa vuoi che faccia.. La guerra? Pensi che mi metta ad urlare.. Ad incolparti? > comincio a snocciolare le cose più profonde, i pensieri più complessi che si fanno parole. < Io voglio fare l'amore con te, non la guerra. Ho promesso a me stesso di non farti più del male.. E voglio solo proteggerti dal mostro che sono quando m'incazzo. > perché divento una persona veramente cattiva e dentro di me ho ancora tutta la rabbia che si è riaccesa con Vanja, come una scintilla che ha fatto partire un incendio. Le mani prendono la sua faccia, le lacrime scendono. < Non voglio distruggerti. > scuoto la testa. La guardo stravolto e rimango in silenzio mordendomi le labbra, le mie mani sono ancora appoggiate sulle sue guance. < Ma per non distruggerti me ne devo andare. > mi avvicino, gli occhi sprofondano nel suo mare azzurro. < Mi dispiace per tutto. > la mia voce cambia tra le lacrime, è distrutta Non posso starti accanto. A volte bisogna fare delle scelte drastiche, a volte bisogna lasciare andare la persona che ami perché non vuoi fargli del male, perché dentro di te vive una ferita profonda che non sai come curare. Non voglio che sia colpita dalle reazioni negative, Zoya va protetta ad ogni costo, darei la mia vita per vederla felice, non sono riuscito a farla felice, dopo tutte quelle ricerche non ho visto sul suo volto la gioia di aver ritrovato sua figlia, è successo tutto così rapidamente e non ho potuto farci niente. Mi fermo ad osservarla dopo tante parole, non so neanche se sono stato chiaro ma la voce è spezzata dal pianto e dalla convinzione che così non ce la possiamo fare, che non possiamo continuare così o finiremo per farci del male a vicenda. Alla fine mi lascio andare all'istinto e l'unica cosa che ora desidero ardentemente sono le sue labbra, piano piano mi avvicino e le bacio, le mani si spostano sulla sua schiena, le braccia la stringono a me facendola inclinare leggermente all'indietro, non lo so, non riesco a staccarmi da quelle labbra da cui sono sempre stato attratto. È più forte di me. Eppure mi stacco, improvvisamente.. E mi allontano appoggiando le mani sulla scrivania, un gesto che denota il distacco, la fine e l'inizio della mia promessa di non fargli del male e di proteggerla da ogni cosa, persino da me stesso. Abbasso lo sguardo sulla scrivania e rimango in silenzio.
     
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    Jon spiega con difficoltò che Ana è giù, e come biasimarla? Una madre che perde un figlio si getta in un turbinio di colpe e pensieri che non terminano mai. E io più di lui posso dire di sentirmici dentro quanto lei. Quando io affidai la mia bambina ai servizi sociali è come se una parte di cuore avesse smesso di battere. Per ventidue lunghi anni Ana era stato il mio pensiero fisso e adesso che il mio desiderio si era finalmente avverato dovevo fare i conti con qualcosa di peggiore: l'aver perso nostra nipote per le mie menzogne era gravissimo.
    Nello sguardo del guaritore ci leggo tante cose che vorrebbe dire ma non arrivano. Non so bene come comportarmi, qualsiasi parola adesso ha un peso enorme quanto un macigno. Ogni frase deve essere ponderata perchè anche per noi e fra noi la situazione è delicata e appesa ad un filo. Sento l'aria intrisa di tensione e di tristezza.
    Ho scelto di dargli le spalle per non vedere più quegli occhi grigi distrutti e perchè la rivelazione che anche lui ce l'ha con me mi mortifica. Forse non ci siamo parlati abbastanza quando ci siamo ritrovati, scannarci forse non è stato sufficiente per ammettere le nostre colpe e incassarle. Mi ero forse illusa che Jon mi avesse in qualche modo perdonata o che avesse capito perchè lo avevo fatto. Questa situazione non ce l'aspettavamo dice ponendosi di fronte a me. Sento il fiato corto, la testa abbassata sulla punta dei piedi, incapace ancora di guardarlo. Pensi che mi metta ad urlare.. Ad incolparti? Jonathan dico con tono secco alzando repentinamente gli occhi su di lui, così vicino eppure così distante. Sei arrabbiato con me no? ripeto le sue parole perchè lo so che è così, deve smettere di mentire dicendo che ha superato la cosa. Adesso, di fronte ad Ana, riaffiora tutto ciò che non è riuscito ad accantonare e allora non ha senso mentirci ancora e mentire a se stessi. Ho promesso a me stesso di non farti più del male.. E voglio solo proteggerti dal mostro che sono quando m'incazzo. Forse ogni tanto dovresti smettere di frenarti sai. Perchè a tratti ammetti che sono la responsabile e dopo dici che mi vuoi proteggere? Come puoi amarmi se allo stesso tempo odi e non riesci a superare ciò che ho fatto? Deglutisco con il cuore che va in frantumi. Io delle frasi fatte non me ne faccio nulla.. nemmeno delle promesse, Jon. Mi allontano di qualche passo. Le tue promesse.. che sono andate in fumo tanti anni fa.. ancora oggi non riesci a mantenerle.. dici che non mi vuoi fare del male e ora che stai facendo mh? Non mi da risposta e le sue mani prendono il mio viso e blatera che non vuole distruggermi. Lo stai facendo sottolineo di nuovo se non l'ha ancora capito. Non posso starti accanto dice. Le lacrime scendono sul suo viso, i miei occhi sono infiammati da tutto ciò che hanno riversato. Eppure nel silenzio che si forma le sue labbra cercano le mie. Rimango immobile frustrata da tutte le incongruenze che dice e interrompo il suo gesto irrigidendo la schiena piegata e con le braccia allontanando il suo petto. Si ritira verso la scrivania. Hai promesso di non andartene, Jon sussurro scuotendo il capo amareggiata e distrutta piegando le braccia al petto. In Russia me l'hai promesso. Prometti troppe cose che non riesci a fare poi. E questa è l'ennesima. Ci eravamo detti di camminare mano nella mano per ricostruire la nostra famiglia soffio fuori il fiato mentre comincio a piangere per tutto ciò che credevo fosse possibile. I-io non so più se crederti, Jon. Ci sei.. non ci sei.. dici che sei quì per proteggermi e proteggerci ma poi te ne vai. Sono stanca. Prendo fiato e soffio fuori il respiro come se fossi al termine di una maratona. Stremata continuo sono stanca di una persona che va e viene.. la nostra r-relazione è.. è un casino scuoto il capo. Sono stremata davvero.. forse non funziona più e basta. Non possiamo pensare di vivere di ricordi.. forse vent'anni fa eri un'altra persona, Jon. Schiarisco la voce. Eri un tasso con la forza di un leone.. a-adesso ti tiri indietro invece di farti forza per stare insieme e riprenderci la nostra vita.
    Sciolgo le braccia e sistemo un ciuffo dietro l'orecchio, incalzo le scarpe e prendo la borsa. Dandogli le spalle sussurro. Rimarrò in ospedale fino a che Ana non sarà dimessa, chiederò di rimanere nella stanza degli ospiti.
     
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    Concetti troppo difficili da esprimere a parole, forse non sono stati per niente chiaro, ma la chiarezza probabilmente non fa parte di me. Non riesco quasi mai ad esprimere a parole quello che provo, quello che sento e che vorrei esternare. No, alla fine escono solo parole confuse, sono una frana con il dialogo e questo lo so. Vorrei che capisse una cosa che forse nessun essere umano mai potrebbe capire al di fuori di me, è proprio vero che a volte nessuno può capire i nostri dolori, come io stesso forse non riesco a capire in pieno il suo di dolore. L'unica certezza è che questa donna ha sofferto e continua a soffrire per colpa mia, da più di vent'anni. < Si. > rispondo semplicemente così alla sua domanda. Mi dice che le sto facendo del male, io penso sia vero ed è proprio per questo che sto andando in una sola direzione. Quando mi rifiuta sento il cuore rompersi, le sue labbra si staccano con forza e decisione, ci allontaniamo e rimango a fissare la scrivania con la testa abbassata, ascoltando le sue parole. Ho promesso di non andarmene ma io ricordo di avergli promesso delle cose diverse. Ho promesso che ci sarei sempre stato per lei, che poteva tornare da me in qualunque momento, ho promesso che avrei ritrovato nostra figlia e l'ho fatto. Che cosa è andato storto? Ho promesso qualcosa di davvero difficile da mantenere, ora siamo qui ed è tutto punto e a capo. < In RUSSIA! come dici.. Ti ho promesso che avrei ritrovato nostra figlia.. E l'ho fatto. Te ne sei dimenticata? > quindi alzo la testa e alzo la voce, ma non lo farò più questa volta. Mi smaterializzo e compaio davanti a lei per non farla uscire dalla porta. < In Russia sei stata la prima ad andartene.. Ed io ho capito il tuo dolore, e ho lasciato che te ne andassi in un momento cruciale che ho poi voluto affrontare da solo, perché lo so che non era facile perdonarmi. Adesso che cosa cambia tra me e te? Sto facendo la stessa cosa che hai fatto anche tu. > suona il piccolo citofono che segnala un richiamo da parte del personale, sono desiderato in sala operatoria e per un attimo guardo la luce rossa sopra la porta, sospiro e torno a guardare Zoya, mi strofino gli occhi arrossati asciugando le lacrime. < La nostra relazione, se così vogliamo chiamarla, è un casino, ed è vero.. Da quando ci siamo incontrati non abbiamo fatto altro che farci la guerra, poi un attimo dopo ci amiamo, poi tre secondi dopo ci scanniamo. Ed è questa la cosa peggiore, la nostra relazione è malata. > c'era il bisogno che qualcuno di noi lo dicesse, probabilmente sono anche la persona più indicata per dirlo, visto il contesto. Sfilo la bacchetta dalla tasca dei pantaloni e con un accio richiamo il camice bianco pulito dall'armadio, lo indosso senza staccare gli occhi da lei. < Quasi sette anni fa quando ho perso la memoria stavo viaggiando in auto con la donna che avrei dovuto sposare a breve, e sai che cosa stavamo facendo quel giorno? Stavamo litigando. > prendo un respiro e guardo in alto, le mani abbottonano il camice con cura, poi abbasso gli occhi di nuovo su Zoya. < Ero così distratto ad urlare con lei che ho perso il controllo dell'auto, e abbiamo avuto quel maledetto incidente, e lei è morta per colpa mia. TU questo non lo sai, non conosci tutto di me. Ogni volta che provo ad amare una persona lei puntualmente si fa del male. > oggi è successa la stessa cosa, Vanja doveva essere amata come si deve, ma anche a lei è andata male. Non può conoscere tutto il dolore dentro di me, non può dire che non sono forte e che scappo davanti alle difficoltà, io ho affrontato tutto quello che potevo affrontare, ma non posso permettere che qualcun'altro si faccia ancora male. < Quando sono rimasto senza memoria io ti sentivo dentro di me. > punto l'indice sul mio petto < E quel vuoto indescrivibile eri tu.. E l'ho scoperto solo un paio di mesi fa quando ho riacquistato la memoria. E sai qual'è la mia unica paura più grande? Quella che tu ti faccia del male. Io non voglio perderti e non lo voglio perché io ti amo troppo, ed è difficile da capire, io lo comprendo. Se non ci credi non importa. > mi sposto e recupero lo stetoscopio che appendo al collo, poi torno da lei. < Ora puoi anche dire che sono un uomo di merda okay lo accetto. > apro la porta e guardo l'ufficio, poi torno con gli occhi su di lei. < Ho studiato il vostro sangue stanotte, e confermo che la licantropia di Ana è dalla parte di tuo padre. Ma non posso agire sul suo DNA, ne ho le capacità ma è troppo pericoloso. Studierò qualcos'altro. > metto la mano sul pulsante vicino alla porta e la piccola luce rossa si spegne. < Puoi prenderti il mio ufficio, non andare nella camera degli ospiti.. Non è bellissima. > la guardo dalla testa ai piedi < Non torno più qui. > poi mi volto ed esco.
     
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15 replies since 28/11/2021, 19:04   437 views
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