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.Le vie di Hogsmeade brulicano di studenti intenti a fare gli ultimi acquisti per Halloween o a godersi una delle rare giornate di sole dell’umido autunno scozzese. Mi rigiro nervosamente una ciocca bionda tra le dita cercando di tenere a bada il cuore che mi tamburella prepotente nel petto. Guardo distrattamente una vetrina, specchiandomi poi nel vetro appannato. L’immagine che mi restituisce è quella di una giovane donna dalle gote arrossate per il freddo e dall’espressione timorosa di chi ancora non ha trovato il proprio posto nel mondo. L’adolescenza è così, un groviglio di dubbi. Ci si affaccia al mondo degli adulti ma ci si sente ancora tremendamente bambini. Ed è proprio una bambina che mi sento quando realizzo che Jonas non avrebbe risposto al mio gufo inviato mesi prima. In cuor mio sapevo che quel messaggio sarebbe stato recapitato a un ragazzo tutt’altro che interessato a riceverlo. Non avrebbe potuto essere diversamente, altrimenti lo avrei incontrato di nuovo sulle rive del lago, a quell’appuntamento che mi diede ma a cui non si presentò. Che fosse un appuntamento, in verità, lo avevo deciso io riponendo speranze traballanti nelle sue parole frettolose. Mi aveva detto che ci saremmo rivisti proprio là, su quelle sponde sassose, ma il suo ciuffo biondo ordinatamente pettinato non vi aveva più fatto ritorno. Su questo posso dirmi abbastanza certa poiché io stessa su quelle rive ho passeggiato più volte, nella sciocca speranza di rivedere il suo viso pulito. Ecco quindi che ho scoperto, mio malgrado, cosa significa prendere una cotta bruciante per qualcuno, che in questo caso non ti ha nemmeno in nota. Cosa mi abbia spinto a cercarlo quest’estate non lo so, forse un istinto masochista celato sotto strati di sgargiante allegria. Tra una tequila e un bicchiere di sangria le mie dita hanno corso frenetiche sul foglio di pergamena, vergando una decina di messaggi prima di abbozzare il pensiero finale, seppur con qualche piccola cancellatura. Devo dire che da quel dì ne sono successe di cose. In primis, ho fatto pace con l’idea che innamorarsi di uno sconosciuto sia perfettamente normale a sedici anni. Secondariamente, ho scoperto che l’amore non è scarso e mentre il mio cuore batteva all’impazzata al pensiero di poter rivedere il biondino, un nuovo giovane, altrettanto aitante, si faceva spazio nel mio petto, catalizzando su di sé tutte le mie attenzioni. Niels, il capitano dei tassorosso, mi aveva conquistata con il suo sorriso contagioso. Non posso dire che sia valso il viceversa, perché sebbene avessimo trascorso una settimana fianco a fianco nella pazza Barcellona il bel moro si è a malapena accorto che fossi una ragazza, e non un essere asessuato. Poco importa, ho imparato ad archiviare e a mutare pian piano i miei sentimenti per non soffrirci. C’ero quasi riuscita fino a che un gufo grigio non mi consegnò una lettera qualche giorno fa. Inutile dire il mio stupore quando lessi il nome del mittente, ma soprattutto il contenuto della pergamena. Quindi eccomi qua, a rimirarmi in questa vetrina offuscata chiedendomi se il nuovo taglio di capelli verrà apprezzato oppure neanche notato. Traggo un respiro profondo e a testa alta decido di procedere lungo la via, ignorando il cuore che pare abbia deciso di schizzare via dal mio petto. E se non si presenta? E se quel messaggio altro non era che uno stupido scherzo di qualche mio compagno? Prima ancora che quella nuova, invalidante paura possa prendere forma scorgo il suo viso angelico tra la folla. “Io..beh..ero comoda” balbetto arrossendo violentemente. Una frase più infelice non poteva uscirmi! Come se avessi accettato l’invito soltanto perché il luogo era vicino ad Hogwarts. “Voglio dire, dovevo comunque venire da queste parti a fare un po’ di compere, così ho preso due piccioni con una fava” raddrizzo il tiro, ma ormai il ragazzo deve aver colto l’imbarazzo che mi colora le gote e mi impasta la bocca. Si scusa, addirittura, per non avermi risposto prima. “Non ti preoccupare, ho immaginato fossi molto impegnato” replico a quella che suona come una scusa, ma su cui decido di non indagare. “Sto bene” mormoro arrotolandomi la solita ciocca tra le dita. C’è qualcosa di diverso in lui. Forse semplicemente non ho un ricordo lucido essendo trascorso molto tempo dal nostro unico incontro, ma il suo sguardo mi comunica qualcosa di insolito, che non riesco ancora ad interpretare. “Tu? Ti trovo bene, riposato forse. La vacanza deve averti giovato” abbozzo un sorriso mentre prendo posto sulla panchina, facendogli cenno di imitarmi. Che sia stato in vacanza me lo sono inventato di sana pianta, ovviamente. “Come mai hai deciso di scrivermi?” aggiungerei che non vale rispondere ‘mi hai scritto tu per prima’, ma lascio perdere..
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.Accolgo il suo commento inarcando un sopracciglio. Non so a cosa si riferisca dicendomi che sono diversa, se al mio aspetto o a qualcosa nel mio sguardo. In effetti si, sono diversa dall’ultima ed unica volta in cui ci siamo incontrati. E non solo per il taglio di capelli, che ora sfiorano appena le spalle senza riuscire a superarle del tutto. Il cambiamento è più che altro interiore, figlio delle bugie di mia madre e della consapevolezza che qualcosa dentro di me si è rotto senza possibilità di ricomporre i pezzi. Una lunga, profonda crepa che solca il mio animo proverbialmente allegro e che ho cercato di riparare ricongiungendone i lembi con alcol e divertimenti. Si, è così che ho deciso di affrontare il conto salato che mi ha presentato la vita, nascondendo la testa sotto la sabbia e sperando che l’uragano si abbatta sul litorale senza fare danni. Decisamente non un atteggiamento maturo, ma in fin dei conti non sono altro che un’adolescente, e come tale avrei il diritto di avere qualcuno che si prenda carico delle responsabilità che ora gravano sulle mie spalle. Ho fortemente creduto che questo qualcuno potesse essere Niels, ma ho riposto le mie speranze nel cavallo sbagliato. Decido comunque di rispondere con un sorriso affabile alle parole di Alexander, convincendomi ch’esse celino un complimento al mio rinnovato look. “Ho tagliato i capelli, che occhio attento!” E che memoria, avrei aggiunto, ma mi limito a quelle poche parole accompagnate da un gesto da smorfiosa che smuove le ciocche chiare. Come ricordavo, Alexander sceglie con cura le parole per comunicare il suo messaggio ma che non condisce con inutili arzigogoli. Arriva dritto al punto senza tergiversare, e senza darmi modo d’approfondire oltre la questione. Avrei voluto sapere di più riguardo il suo periodo di assenza e la vacanza che deduco essersi fatto mentre non rispondeva alla mia lettera, né si presentava nel luogo del nostro primo incontro, come invece mi aveva suggerito avrebbe fatto. Invece taglia corto, servendomi una risposta concisa dal sapore quasi sarcastico. Non potrei stare meglio. Percepisco la sua volontà di deviare il discorso, così lo assecondo docilmente, piegandomi al suo tacito volere. Risponde alla mia domanda confessandomi, nemmeno troppo velatamente, che gli è dispiaciuto non presentarsi all’appuntamento. Sgrano gli occhi e mi porto una mano dietro la nuca, a grattare la base del collo. Sembra sincero, ed io decido di credergli, anche perché fatico a trovare una ragione diversa per avermi chiesto d’incontrarci ancora. “Non c’era bisogno Alexander, davvero. Non era un vero appuntamento, in fondo.” Cerco di giustificarlo abbozzando un’espressione rilassata. Qualcosa mi spinge a non volerlo far sentire in debito nei miei confronti. Darebbe troppa importanza alla sua mancanza, come se io vi avessi riposto un’eccessiva speranza, motivata da un interesse che si spinge oltre la semplice curiosità. Il mio orgoglio sbuca quindi timido, solleticandomi la lingua affinchè rigiri la situazione a mio favore. “Insomma, era inverosimile incontrarsi di nuovo senza nemmeno una data.” Piego le labbra in un sorriso affabile, condito da un paio di maliziosi battiti di ciglia. O almeno, così dovrebbero risultare all’altro, ma non ne sono certa. “Il tuo masso temo abbia sofferto la solitudine, sai. Non sono riuscita ad andarlo a visitare spesso come avrei voluto.” Lascio la frase in sospeso, facendo intendere che qualcosa mi abbia impedito di dedicarmi alla semplice lettura di un libro in un parco inglese. Recupero alla svelta il sorriso, prima che pensieri fastidiosi increspino inevitabilmente la mia fronte. “Mi piacciono gli stronzi” ribatto con una risatina alzandomi in piedi per accogliere la sua proposta di passeggiare. Lascio calare il silenzio tra noi mentre percorriamo un vicolo costeggiato da alberi ormai spogli. Le foglie scricchiolano sotto il peso dei nostri corpi, mentre pesanti nuvoloni cominciano ad affollarsi a qualche centinaia di metri dalle nostre teste. Stringo il bavero del cappotto nascondendo il brivido di freddo che mi scuote. Riprendo infine da dove mi ero arrestata. “Sarò sincera con te Alexander. Anche perché non sono brava a dire bugie” aggiungo candidamente. “C’è qualcosa nella tua persona che mi ha fatto venire voglia di scriverti. Non so dirti cosa, ma sei diverso dagli altri”. Dagli altri chi? Dai ragazzi del castello? E ci mancherebbe, il biondo ha quasi il doppio degli anni di metà degli studenti di Hogwarts. “E ora ti direi anche che sei diverso da quando ti ho conosciuto” ammetto, sincera..