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    Non si poteva certo dire che non avesse molto altro a cui pensare, ma ritenne ugualmente importante ed urgente chiarire il perchè un auror del Ministero Francese fosse arrivata a Londra stando molto attenta a non lasciare tracce del suo passaggio. Era curioso vero? Poteva trattarsi di qualche missione sotto copertura, ma, in quel caso, al Quartier Generale sarebbero arrivate notizie criptate. E invece nulla, niente di niente sulla presenza di Olivia Gautier.
    Aveva deciso di iniziare dalla Gringott, ed era stata un'ottima decisione. Arrivato lì, Nick aveva subito constatato che Olivia Gautier non aveva mentito sull'esistenza di una sorella che lavorasse alla banca dei maghi. La bugia, scoprì dopo aver fatto la conoscenza di Eléni Gautier, era che quella sera, la sera in cui Olivia se ne stava -a sua detta- ad aspettarla al Paiolo in attesa che finisse il suo turno di lavoro, Eléni non aveva alcun turno. Anzi, s'era premurata settimane prima di chiedere al direttore quella serata libera a causa di una cena di famiglia. La famiglia Gautier, a quanto apprese grazie alla loquacità di Eléni, risedeva a Londra da molto tempo ormai. La cosa ancor più strana fu scoprire che né Eléni, né il resto della famiglia Gautier sapesse del fatto che probabilmente Olivia si trovava a Londra. E fu proprio da quest'ultima informazione che ne seguì un'altra molto più interessante. Secondo Eléni sua sorella era sempre stata strana, taciturna e poco incline alla socievolezza. Molto diversa da lei, (da quanto asserì e da quello che Nick potè facilmente constatare) alle volte quasi esasperatamente diversa. Nessuno in famiglia riusciva a capirla, nonostante fosse soltanto Eléni a provarci in maniera insistente. Fatto sta che quella sua stranezza era drammaticamente peggiorata (parole testuali) dal giorno in cui loro fratello era scomparso misteriosamente.
    Fu allora che Nick tornò a prestare attenzione al fiume di parole che aveva preso a sgorgare senza sosta dalla bocca dalla donna dai capelli color dell'oro che gli stava di fronte. Il fare civettuolo e i pettegolezzi sulla propria sorella non erano esattamente interessanti per Nick. Ma questo dettaglio... Il caso del giovane pozionista scomparso! Il fascicolo di quel caso era stato per settimane sulla scrivania di Faggins, che sembrava davvero esasperato. C'erano voluti mesi, prima che venisse accantonato in favore di altri casi che sembravano meno paludosi ed inconcludenti. Gautier. Ecco perchè non gli era suonato nuovo.

    Congedarsi da Elèni Gautier non era stato così semplice, ma alla fine fortunatamente ce l'aveva fatta. Godric's Hollow. Era proprio lì il posto in cui si perdevano le tracce del giovane Gautier. Nick era tornato al Quartier Generale e aveva messo a soqquadro la scrivania di Faggins alla ricerca del fascicolo che trattava di quel maledettissimo caso. Aveva chiesto al collega di potergli dare uno sguardo e questi gli aveva risposto senza esitazioni che se voleva poteva anche chiedere il caso. Leggendo era giunto a conoscenza del fatto che il giovane pozionista aveva da qualche mese preso una casa proprio a Godric's Hollow, al numero 42. Ed era proprio una notte, tornando a casa presumibilmente da lavoro, che era sparito.
    Ed ora Nick era proprio davanti il numero 42 di Godric's Hollow. Prese a girare attorno la casa, osservandola con attenzione. Una perfetta casa inglese, su due piani, non eccessivamente grande, ma sicuramente accogliente. Una casa per famiglie insomma, una casa dove metter radici e non dove sparire nel nulla. Fu proprio mentre rifletteva su questo, che sentì rumore di passi. Non perse tempo, e si mosse per ritornare sulla facciata principale.
    Eccola Olivia Gautier, che infilava la chiave nella serratura della porta di quella che per breve tempo era stata la casa di suo fratello e che ora, chissà da quanto, era diventata la sua di casa.
    “Ammetto che non è stato facile trovarla.” disse aspettando che si girasse e quando finalmente lo fece, lo stupore di trovarlo lì era chiaramente leggibile nei suoi occhi.
    “Un consiglio? ” le fece avvicinandosi con un sorrisino sghembo, “Non usi più sua sorella come alibi.”


     
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    Era una notte fresca, la luna risplendeva chiara, lasciando intravedere le imperfezioni della sua superficie. Si respirava quell’aria umida e stantia della periferia londinese, ma il cielo riusciva a combattere quell’intorpidimento, e conferire un’atmosfera romantica.
    Guardando in alto, per un attimo, Olivia esitò, puntando gli occhi sul satellite. Costantemente splendente di luce riflessa. Si era giurata che non sarebbe mai stato così per lei. Che non avrebbe mai permesso a nessuno di darle uno scopo nella vita, che sarebbe stata lei stessa il suo scopo. Eppure si ritrovava ad osservare affascinata la luna.
    Come faceva ad essere così fiera, pur stando nell’ombra tutto il giorno e a vivere di notte? Era consapevole che poche persone la guardassero con ammirazione? Olivia era una di quelle, quando la luna si stagliava così luminosa, e al tempo stesso oscura, non riusciva a staccare lo sguardo da lei. Ogni tanto lanciava un’occhiata a terra per controllare di non andare a sbattere contro qualcosa, ma poi tornava a fissarla. Non ne aveva mai abbastanza.
    Forse le assomigliava più di quanto volesse raccontare a se stessa.
    Emarginata.
    Scaltra.
    Ombrosa.
    Strana.
    Molto più luna che sole.
    Si strinse nel lungo cappotto nero e si avviò a passi decisi verso quella che fino a poco prima era stata apparentemente l’abitazione di suo fratello. La mano nella tasca del cappotto strinse convulsamente la chiave che aveva ottenuto attraverso metodi non esattamente consoni per un Auror. Ma non le interessava. Le sembrava un successo enorme essere arrivata fino a quel punto solo grazie alla sua capacità di risolvere misteri, senza nessun aiuto da parte del ministero.
    Erano state settimane di intense ricerche e di rischiosi compromessi, ma era riuscita ad ottenere almeno quell’informazione. Suo fratello era scomparso mentre tornava a casa. A Godric’s Hollow, nel quartiere residenziale più noto di Londra. E non perché fosse particolarmente elegante. Come ogni cosa in Inghilterra, d’altra parte. Ma per la sua storia celeberrima.
    Olivia non c’era mai stata.
    Anche se la leggenda di quel posto era nota a tutti i maghi e le streghe, fin da piccolissimi, lei non aveva mai mostrato curiosità. I suoi fratelli si erano entusiasmati quando loro padre aveva esordito che quella domenica li avrebbe portati nel luogo in cui Harry Potter aveva sconfitto per la prima volta il Signore Oscuro, non erano mai stati così veloci a prepararsi per uscire. Invece, lei era rimasta in casa a leggere. Non aveva alcun interesse per un luogo così sinistro. E soprattutto non c’era alcun mistero da scoprire. Era solo un pellegrinaggio. E Olivia non credeva che potesse tornarle utile. Olivia compiva raramente atti frivoli.
    Ma vicende diverse l’avevano portata a visitarlo, nonostante tutto.
    Palese, da parte di Marcus, acquistare una casa in quel luogo. Banale. Pensava di ricostruire la nuova famiglia Potter? Beh, i presupposti erano buoni se scompariva ancor prima di trovare una moglie.
    Scosse la testa, infastidita a quel pensiero. Era tutto ciò di cui riuscivano a parlare i suoi fratelli e sorelle nell’ultimo periodo. Sposarsi. Avere dei figli. Sposarsi ancora. Che problema avessero, Olivia davvero non lo capiva. Lei adorava la sua vita in solitaria, senza doversi preoccupare di scendere a compromessi, di deludere aspettative, di premurarsi per un’altra persona.
    A lei bastava se stessa. E la luna.
    E i suoi misteri. Non avrebbe potuto vivere senza quelli.
    Il rumore dei suoi tacchi risuonò vistosamente nella strada deserta. A quell’ora tutte le famiglie della zona erano rintanate nei propri letti, a sussurrarsi parole ipocrite. Da alcune finestre si intravedeva una flebile luce, ma comunque l’atmosfera era silenziosa, sobria. Quella di un banalissimo quartiere residenziale, con le sue casette tutte uguali, i giardini tutti uguali, le vite tutte uguali.
    Scrutò i numeri appesi ai cancelli, nelle più variopinte decorazioni di stucchevole e ostentato grigiore.
    36… 38…40…
    Un’ombra si mosse, vicino all’angolo della casa alla quale Olivia si stava avvicinando. Probabilmente un gatto, ma tanto bastò a destare la sua attenzione e a concentrarsi su ciò che stava per fare. Marcus aveva vissuto in quella casa per alcuni mesi, vi aveva trascorso momenti di intimità, probabilmente aveva costruito uno studio pozionistico e vi aveva lavorato. Quella casa doveva contenere indizi sulla sua scomparsa. Qualsiasi cosa. Un progetto che poteva aver infastidito qualcuno, informazioni riservate che aveva ottenuto durante uno dei suoi lavori nelle alte sfere. Qualsiasi cosa. Olivia se lo ripeteva in continuazione. Qualcosa da cui partire, un appiglio a cui aggrapparsi nella sua scalata verso la scoperta di cosa fosse successo.
    La giovane Auror era metodica nel momento in cui si trattava di risolvere un mistero, di qualsiasi cosa si trattasse. Ma doveva avere una base da cui partire. Così, le sembrava di cercare di dissipare una nebbia che continuava ad addensarsi attorno a lei. A stento riusciva a vedere le sue mani.
    Come mai proprio lui, proprio il suo fratello smilzo, serioso, greve e protettivo, come mai proprio Marcus, da sempre disinteressato alla politica ma solo al suo calderone, fosse scomparso misteriosamente, non era comprensibile. Qualcosa le sfuggiva. E questa era la cosa che la infastidiva maggiormente. Non era abituata a non capire perché succedessero le cose. C’era anche la preoccupazione per il fratello, ovviamente, ma non era l’unica cosa che aveva spinto l’Auror a muoversi dalla Francia.
    Si avvicinò al cancelletto, lì non c’era ancora un numero elegantemente elaborato, ma solo una targhetta di metallo. Spartana. Come Marcus. Scostò delicatamente il cancello ed estrasse la bacchetta. Quell’ombra che aveva visto prima aveva messo in allerta il suo sistema di difesa. Olivia non amava farsi cogliere impreparata. Chiunque avesse rapito Marcus, poteva essere tornato a cercare altro, e non sarebbe stato piacevole ritrovare il fratello in modo diverso da quello che si era immaginata. Magari con le mani legate, e la bacchetta rubata.
    Estrasse le chiavi e inserì la più grande nella serratura della porta d’ingresso. Ma appena prima che iniziasse a girarla, colse un movimento con la coda dell’occhio. Era un movimento calmo, cadenzato, non agitato. Perciò Olivia rimase immobile, percependo una presenza che le si avvicinava, le dita così strette attorno alla bacchetta da conficcarsi le unghie nel palmo.
    Il suo corpo era teso come una corda di violino, allenato a scattare in maniera repentina e a lanciare l’incantesimo di difesa che già le ribolliva nel pensiero, pronto per essere scagliato. Sentiva la bacchetta fremere nella sua mano, loro due non erano abituate a perdere tempo.
    Ma quando la persona che le si avvicinava parlò, Olivia riconobbe immediatamente quella voce, e fu come toccare con tutta la mano una fiamma rovente. Il suo corpo agì per un impulso diverso da quello di difesa.
    Sollevò gli occhi increduli e li piantò in quelli, stranamente, saccenti dell’Auror MacDuff.
    Le ci volle un attimo prima di riprendere consapevolezza di quello che stava succedendo.
    MacDuff avanzava verso di lei, strabordante di tracotanza, incredibilmente fiero del suo effetto sorpresa, soddisfatto per averla colta in flagrante.
    Un pensiero attanagliò il cuore di Olivia per un attimo. Mi ha scoperta.
    E sempre per quell’attimo, Olivia venne colta dall’assurda idea di smaterializzarsi. Scappare. Rintanarsi in Francia e non tornare mai più. La sua copertura era stata bruciata, tante attenzioni e tanta dedizione per ottenere quell’incarico e poi era stata scoperta così, come una bambina con le mani tra i biscotti.
    Il suo orgoglio ferito era effettivamente la cosa che bruciava maggiormente. Più della compromissione di tutto il piano. A quello ci avrebbe pensato in un secondo momento. Ma come aveva fatto MacDuff a trovarla?
    Magra consolazione il fatto che non fosse stato facile. Ci sarebbe mancato solo quello.
    Gli occhi di Olivia si ridussero a due fessure di ghiaccio, mentre l’Auror si avvicinava a lei.
    -Un consiglio? Non usi più sua sorella come alibi. –
    La mente di Olivia scattò freneticamente alla ricerca della comprensione di quella frase. Il loro incontro al Paiolo Magico. Gli aveva detto che la sorella lavorava alla Gringott. Lui doveva essere andato a cercarla.
    Quella sciocca di Eléni e la sua incapacità di tenere la bocca chiusa. Aveva intenzione di rivelare informazioni sulla loro famiglia ad ogni giovane aitante che si presentasse a chiedere informazioni? Avrebbe dovuto redarguirla. Lei e la sua fissazione per gli uomini.
    E come aveva potuto lei, Olivia, dare un’informazione sulla sua famiglia con così poca lungimiranza? Non si sarebbe mai immaginata che quell’Auror pieno di sé si sarebbe interessato alla sua presenza in Inghilterra. MacDuff aveva cercato informazioni su di lei.
    Perché? La cosa era estremamente sospetta.
    Quella domanda le rimbombò nella testa, fino a che l’Auror non si fermò di fronte a lei. Sorrideva. Tutto quello era un gioco per lui. Una caccia ad una preda. Lui era il cane e Olivia la volpe.
    Ma Olivia non amava giocare. A niente. Figurarsi ai giochi in cui perdeva.
    Sul suo volto tornò un’espressione indifferente, ben più pericolosa di quella conclamatamente ostile di poco prima. Ritrasse le chiavi dalla serratura e le infilò nuovamente nella tasca del cappotto. Con pochi passi raggiunse MacDuff, arrivandogli quasi sotto il mento, puntò i suoi occhi in quelli dell’Auror e poi allungò leggermente la bacchetta, ancora stretta nella mano, fino a far sì che toccasse, con la punta, l’addome dell’uomo. Non era un tocco doloroso, solo fastidioso, che lui potesse percepire.
    Un avvertimento.
    Olivia non giocava.
    - Ed esattamente, lei cosa ci fa qui, Auror MacDuff? – Sibilò, tra i denti.
    Un guizzo di cattiveria attraversò i suoi occhi. Se lui l’avesse ostacolata, lei non avrebbe esitato a schiantarlo, anche se era un collega, anche se poi sarebbe dovuta scappare in Francia senza lasciare traccia del suo passaggio in quel luogo. Forse sarebbe potuta andare in America. Qual era la punizione per un Auror che tramava alle spalle di due Ministeri della Magia per scopi personali?
    Ma non era quello il momento di pensarci, doveva capire cosa avesse spinto MacDuff a seguirla fino a quel punto, scoprendo evidentemente così tanto della sua vita. Doveva capire cosa sapeva e cosa, soprattutto, aveva intenzione di riferire al Ministero.
    - Dubito che sia qui per una passeggiata al chiaro di luna. Quindi perché non mi spiega perché si è dedicato a tal punto ad indagare su di me? Sono così interessante? –
    Spinse la bacchetta leggermente più in profondità, ma sulla sua bocca non comparve alcun sorriso. Olivia non era affatto divertita da quella situazione. E non era nemmeno divertita dalle provocazioni. Voleva solo capire quanto fosse critica la sua situazione al momento. E il suo istinto le diceva che aveva scarse possibilità di uscirne indenne.
     
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    Lo sguardo della Gautier fu tagliente. La sorpresa, in quegli occhi, durò veramente poco e fece spazio, senza troppa fatica, ad una serie di altre emozioni che si susseguirono altrettanto rapidamente, fino ad arrivare ad essere freddamente taglienti. Dovette riconoscere che non si aspettava nulla di diverso, Nick immaginava il fastidio che doveva provare nell'essere stata trovata e non fu sorpreso, quanto lo era stata lei, della reazione che la cosa scatenò. Nick non si stupì affatto del modo repentino in cui lasciò stare la porta del numero 42 per ripercorrere il vialetto e ridurre drasticamente la distanza che c'era fra loro. Nemmeno la sensazione della bacchetta contro il petto lo trovò impreparato, anche se non reagì in alcun modo se non abbassando lo sguardo su quel gesto per niente amichevole. - Ed esattamente, lei cosa ci fa qui, Auror MacDuff? – domanda assolutamente legittima, quanto abbastanza sciocca. - Dubito che sia qui per una passeggiata al chiaro di luna. Quindi perché non mi spiega perché si è dedicato a tal punto ad indagare su di me? Sono così interessante? – Nick sentì il tocco della bacchetta della auror francese farsi sempre meno leggero, più minaccioso.
    Non era stato troppo furbo aver lasciato la bacchetta al sicuro nella sua fondina. Dopotutto, il fatto che si trattasse di una collega, non assicurava automaticamente che avrebbe avuto un comportamento corretto. Sollevò lo sguardo dalla bacchetta, per puntarlo con decisione negli occhi della donna che gli stava di fronte. Con stoicismo faticosamente appreso nel corso degli anni, e non sempre usato con successo, Nick afferrò con la mano destra l'estremità della bacchetta e opponendo una forza contraria a quella della bionda, la spostò sufficientemente da sé, direzionandola lentamente verso il basso. “Non credo di essere io a dover dare delle spiegazioni.” rispose mostrandosi incredibilmente serio, “Auror Gautier.” aggiunse dopo un istante. Immaginò che avesse già capito che parte della sua identità era venuta a galla, e probabilmente doveva immaginare che non avesse richiesto grossi sforzi data la fonte. La guardò ancora per qualche attimo dritto negli occhi, prima di spostare lo sguardo sulla facciata del numero 42 di Godric's Hollow e allentare la presa sulla bacchetta della donna. Fece un passo in avanti, affiancandola. Quella casa sembrava essere completamente intatta, a differenza della casa dei Potter, ormai meta dei pellegrinaggi di migliaia di maghi e streghe che da tutto il Regno Unito accorrevano per vedere dove tutto sembrò aver fine, mentre invece si trattava del luogo dove tutto ebbe inizio. “ É qui per suo fratello, giusto?” chiese poi senza distogliere lo sguardo, ma portando ugualmente la mano alla bacchetta riposta contro il fianco. Qualcosa lo spingeva a credere che, con un fratello scomparso, la preoccupazione più grande della auror fosse capire cosa gli fosse successo e tentare in ogni modo di trovarlo. Questo, per lo meno, era ciò che avrebbe fatto lui... Pensò a Jerome e a quello che, sbagliando o meno, aveva fatto e faceva col proposito di tenerlo il più possibile al sicuro. Insomma, Nick non aveva avuto più molti motivi per sospettare effettivamente di lei dopo aver parlato con l'eloquente Eléni. Tuttavia restava l'incognita di tale anonimato... che sospettasse il coinvolgimento di qualcuno all'interno del Ministero? Si voltò verso di lei, “Immagino abbia dei sospetti.” andava bene anche una vaga idea... certo, poteva benissimo affidarsi alle notizie raccolte fino a quando il caso non era stato archiviato, ma senza sospetti... senza la sensazione forte, supportata da qualche straccio, seppur debole, di prova, allora Olivia Gautier, l'auror Olivia Gautier non starebbe di certo rischiando tanto. Certo era del suo sangue che si parlava, ma se non avesse avuto ulteriori sospetti o dubbi, non sarebbe lì a quell'ora. “O vuole forse farmi credere che sta procedendo alla cieca?” chiese infine inarcando le sopracciglia con eloquenza. Non era davvero una versione credibile. In tutto quello, Nick non stava considerando una variabile abbastanza rilevante: come avrebbe interpretato e preso, Olivia Gautier, quella invasione di campo? Certo, poteva essere una gentilezza fra colleghi, poteva trattarsi dell'innata quanto ormai a noi ben nota indole di Nick, così ossessionato dal voler rimediare ai mali del mondo... Ma Olivia Gautier non lo conosceva e Nick non conosceva Olivia Gautier.

     
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    Senza che riuscisse ad opporre resistenza, Olivia sentì che la sua bacchetta veniva leggermente spostata. Nei suoi occhi passò un lampo di sorpresa, ma non perché l’uomo davanti a lei l’avesse mossa, quanto perché lei glielo stava lasciando fare. Eppure c’era qualcosa nell’atteggiamento dell’Auror che la incuriosiva. Un turbamento che lei non riusciva a capire. Anche se la sua bocca sorrideva beffarda, i suoi occhi non rispondevano. Erano velati da una preoccupazione ancestrale, come se sentisse la responsabilità e il peso di ogni situazione. Anche di quella in cui si trovava ora. Sorrideva, beffardo. Ma non si sentiva superiore. Nutriva un’angoscia che Olivia non poteva comprendere, ma il solo percepirla le scatenava un effetto singolare. Senza rendersene conto, aveva abbassato barriere di diffidenza che normalmente non le avrebbero mai fatto allentare la guardia sulla sua bacchetta.
    -Non credo di essere io a dover dare spiegazioni… Auror Gautier. -
    MacDuff fece una pausa che voleva essere ad effetto. Ma Olivia aveva già capito che lui aveva scoperto la sua identità al Paiolo Magico, per cui non si sorprese nell’essere chiamata con il suo titolo. E comunque sua sorella probabilmente aveva già rivelato tutto il suo percorso di studi e il fatto che lavorasse in Francia, con abbondante dose di critiche su quanto Olivia avesse abbandonato la sua famiglia in nome della carriera. Per un attimo si chiese se MacDuff si fosse annoiato quanto lei a sentire gli sproloqui di sua sorella.
    Olivia era una donna determinata, feroce al limite dell’ossessivo, per quanto riguardava il suo lavoro. Ma aveva anche una spiccata nota empatica, che contrastava irrimediabilmente con l’immagine cinica e subdola che tutti avevano di lei. La lasciava uscire poco, la conteneva come un animale in gabbia. Ma il tono in cui MacDuff aveva risposto aveva allentato il guinzaglio. Non ciò che le aveva detto, di quello era infastidita. Ma il suo tono di voce, quell’amarezza mal celata, quella serietà che non racchiudeva una critica, l’avevano incuriosita. Chi era l’uomo che aveva davanti? Perché si era prodigato per cercarla e per venire a vedere la casa di suo fratello? Perché Olivia dubitava che lui sapesse che lei sarebbe stata lì, quella sera. Il loro incontro era una coincidenza, ne era sicura.
    D’accordo il dubbio sul perché un Auror rimanesse in incognito davanti ad una sorta di interrogatorio, come aveva fatto lei al Paiolo Magico. D’accordo le questioni in sospeso riguardo al perché lei fosse in Inghilterra, pur lavorando in Francia. Ma perché perdere così tanto tempo per scoprire dove avesse vissuto il fratello e per andare a fare un sopralluogo? Perché cercarla con così tanta attenzione?
    Forse qualcuno del Ministero gli aveva chiesto di indagare su di lei? Poteva essere, ma per qualche ragione, Olivia non pensava che fosse questo il motivo.
    In un momento di assoluta irrazionalità, abbassò la bacchetta. O forse era stato un momento di maggior consapevolezza?
    L’Auror fece un passo avanti, Olivia lo scrutò con la coda dell’occhio, guardare la casa del fratello. Percepì la sua presenza, la spalla di lui incredibilmente vicina alla sua.
    - E’ qui per suo fratello, giusto? -
    Ormai la Gautier non si sorprese. Era evidente che sapesse, altrimenti non si sarebbe trovato lì. Si voltò verso di lui. La bacchetta sempre in mano, ma ormai le sembrava che fosse un peso senza senso. Ancora quel tono. Mesto. Provato. Cosa gli era successo? Olivia ebbe un fremito. Voleva sapere. Era la stessa frenesia che la invadeva quando doveva risolvere un caso. Ma scuoteva una corda che non sapeva di avere. Di solito le missioni la entusiasmavano. Invece lei voleva capire cosa avesse portato l’Auror MacDuff a parlare in quel modo greve. Sembrava che dietro ogni sua frase ci fosse un ricordo. Non necessariamente felice.
    - Potrei dirle che non sono questioni che la riguardino, Auror MacDuff. Ma ho l’impressione che non abbia intenzione di accontentarsi di una risposta del genere. Quindi sì, sono qui per mio fratello. - Anche Olivia cambiò tono di voce. Non aveva senso continuare l’aperta aggressività. Lui era qui per qualche motivo, la Gautier doveva capirlo. Ma qualcosa le diceva che la motivazione non era ostile. E Olivia si fidava ciecamente del suo intuito. Era ciò che l’aveva tratta in salvo dalle situazioni più critiche. Era ciò che faceva di lei un segugio.
    - Se è arrivato fin qui, tuttavia, credo che lo sapesse già. -
    Si voltò verso di lui, e accennò un sorrisetto provocatorio.
    - Immagino abbia dei sospetti. -
    Olivia tornò a voltarsi verso la casa, incredibilmente lugubre, al chiarore della luna. O forse sarebbe stata lugubre anche di giorno, avvolta dal fatto che era stata il luogo in cui probabilmente Marcus era stato rapito. Respirò profondamente e l’aria umida le penetrò nei polmoni. Sospirò per buttarla fuori.
    Sospetti. Magari. Idee, piuttosto. Ognuna più inconcludente della precedente. Marcus non era tipo da sparire da un momento all’altro. Era un topo di biblioteca, uno studioso. Un pozionista abile, estremamente concentrato sulle sue ricerche. Ma queste ricerche dove lo avevano portato?
    - O vuole forse farmi credere che sta procedendo alla cieca?-
    Un brivido di fastidio attraversò il corpo della giovane Auror, sentendo quelle parole. Si voltò di nuovo verso MacDuff e gli lanciò uno sguardo carico di ostilità. Ma stavolta la bacchetta rimase puntata verso il basso, nonostante la tentazione di riposizionarla contro il suo petto. Perché non lo faceva? Perché Olivia continuava a rimanere lì, in piedi accanto a lui, a parlare di quell’argomento? Perché non gli diceva di andarsene e lasciarla in pace nelle sue ricerche? E perché lui era lì? Ancora quella domanda, ripetitiva, asfissiante. Perché insisteva nel chiederle informazioni rispetto alle sue ricerche? Con che diritto? Chi si credeva di essere per intromettersi così nella sua vita privata? Ma, soprattutto, perché Olivia glielo stava lasciando fare?
    Ritornò a guardare la casa, la luna la chiamava irresistibilmente, e, per un attimo, Olivia le lanciò uno sguardo. Una richiesta di aiuto. Cosa doveva fare?
    - Mio fratello Marcus è una persona molto riservata. - Esordì con un lieve tremito nella voce. - E, come probabilmente mia sorella non ha dimenticato di sottolineare quando l’ha interrogata, io non ho un rapporto molto stretto con la mia famiglia. Ma Marcus mi ha sempre protetta, e sento che glielo devo, devo capire cosa sia successo. Perché sia sparito nel nulla, senza apparente motivazione. -
    Si voltò di nuovo, stavolta con tutto il corpo, di modo da fronteggiare l’Auror inglese.
    - Se lei è qui, Auror MacDuff, significa che esiste un fascicolo su di lui. Per cui la faccenda ha interessato anche il Ministero di Londra. Ma non sono riusciti a venirne a capo, non è vero? -
    Perché gli stava raccontando tutto questo? Non sarebbe stato più saggio rivelare meno informazioni possibile? Non sarebbe stato più utile andarsene e tornare in un altro momento? Forse Olivia pensava che MacDuff potesse in qualche modo aiutarla? Oppure era talmente tanto il bisogno di parlare di quell’argomento che la prima persona interessata poteva andare bene? O forse era un altro ancora il motivo? Ma Olivia non voleva porsi quelle domande, non in quel momento. Era una persona impulsiva, in ogni contesto. Si lanciava, come un gatto che veda un movimento in un cespuglio. Valutava attentamente le implicazioni razionali di ogni scelta, ma poi si muoveva d’istinto.
    - Nemmeno io. - Sospirò, questa volta vistosamente. - Non riesco a capire come mai qualcuno si sarebbe dovuto interessare a lui, a tal punto da volerlo togliere di mezzo. Temo che abbia scoperto qualcosa che non avrebbe dovuto, ma come? Non usciva quasi mai di casa. Ed è per questo che sono qui. Spero di trovare delle risposte che solo io posso capire, che altri Auror, per quanto preparati, non possano comprendere. -
    Olivia lo guardò di sottecchi. Non era abituata a rivelare tante informazioni personali. E non sapeva che effetto potesse fare quell’atteggiamento, soprattutto su uno sconosciuto. Ma il suo atteggiamento la rassicurava sul fatto che lui non volesse denunciarla. Ancora non capiva come mai tanto interesse, ma era piuttosto sicura, ancora non sapeva bene come, che quell’interesse non fosse ostile. E, in fondo, lei in quel momento non stava facendo niente di scorretto. Continuava a lavorare ai fascicoli che Baggins le aveva dato, ma contemporaneamente indagava sulla scomparsa di suo fratello. Le motivazioni che l’avevano condotta a Londra non erano le più limpide, certo. Ma ad Olivia non importava niente di cosa avrebbero potuto pensare, fin tanto che non le davano problemi. E qui si tornava ad un’altra domanda alla quale Olivia non era riuscita a dare una risposta.
    - Perciò è evidente la motivazione per cui io sono qui, Auror MacDuff. Invece è ancora poco chiaro come mai lei si sia preso tanto disturbo. -
    Olivia non era sicura che avrebbe ottenuto una soddisfacente risposta nemmeno questa volta.
    Lo scrutò per un attimo un po’ più lungo. L’espressione dura celava una rigidità imposta. Chi si nascondeva dietro quella facciata imperturbabile di Auror ligio al dovere?
     
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    Restò vigile, anche se dissimulò molto bene il suo essere pronto a doversi difendere se fosse stato necessario. Nonostante troppi precedenti, Nick non aveva mai perso quella naturale, spesso pericolosa, propensione a fidarsi del prossimo. Fino a prova contraria quantomeno. In quel caso, nonostante fosse palesemente oggetto di forte sospetto per la donna che gli stava di fianco, sentiva che quell'ostilità, dettata da una necessaria e giustificata prudenza, non fosse in realtà così pericolosa. Sentiva, per qualche strano motivo, di poter contare sul fatto che la Gautier non l'avrebbe attaccato.
    Era solo una sensazione ed il suo lavoro gli aveva insegnato che molto spesso erano proprio le sensazioni, il puro intuito, a salvarti la pelle. Molto più efficaci di qualsiasi addestramento o insegnamento. Un buon intuito costituiva forse la risorsa più preziosa di un Auror, quella caratteristica innata che poteva fare la differenza fra un auror ed un buon auror.
    - Potrei dirle che non sono questioni che la riguardino, Auror MacDuff. Ma ho l’impressione che non abbia intenzione di accontentarsi di una risposta del genere. Quindi sì, sono qui per mio fratello. - Nick percepì un lieve cambiamento nel tono di voce con cui gli si rivolse sta volta. Meno duro, come se avesse smesso per un attimo di stare sulla difensiva. Come se, immaginò che ci sarebbe voluto molto più tempo perchè l'abbassasse davvero, ed in effetti non era detto che quel momento sarebbe arrivato. La risposta della donna fu molto meno evasiva di quanto si aspettasse, ragionevolmente. Dopotutto, doveva aver ritenuto che Nick avesse elementi sufficienti affinchè il motivo della sua presenza non potesse essere frainteso, né negato. - Se è arrivato fin qui, tuttavia, credo che lo sapesse già. - “Diciamo piuttosto che avevo buone ragioni di crederlo.” quella della Gautier era una provocazione, così Nick pensò di risponderle rivolgendole un piccolo sorriso sghembo, “Pensare di averne la certezza, farebbe di me un insopportabile presuntuoso.” aggiunse, ripagandola con un'altra piccola provocazione. Aveva avuto l'impressione di non aver fatto una buona prima impressione, scusate il gioco di parole. Sentiva di non starle troppo simpatico, ma non la biasimava. D'altra parte, anche lui avrebbe guardato con sospetto un estraneo che pareva stare intromettendosi in affari fin troppo personali, perchè indubbiamente era questo quello che la Gautier doveva aver pensato di lui. Forse non a torto, anche se impicciarsi non rientrava negli interessi principali di Nick.
    - Mio fratello Marcus è una persona molto riservata. E, come probabilmente mia sorella non ha dimenticato di sottolineare quando l’ha interrogata, io non ho un rapporto molto stretto con la mia famiglia. Ma Marcus mi ha sempre protetta, e sento che glielo devo, devo capire cosa sia successo. Perché sia sparito nel nulla, senza apparente motivazione. - Quell'improvviso flusso di coscienza lo colpì, perchè non se l'aspettava e non seppe come interpretare quel cambio di atteggiamento. Quando gli si parò di fronte, Nick ebbe l'opportunità di vedere la sincerità di quelle parole e non solo di sentirla, perchè gliela vide riflessa negli occhi. Assieme a qualcos'altro... forse un briciolo di pentimento per essersi esposta così tanto? - Se lei è qui, Auror MacDuff, significa che esiste un fascicolo su di lui. Per cui la faccenda ha interessato anche il Ministero di Londra. Ma non sono riusciti a venirne a capo, non è vero? - Avrebbe dovuto aspettarsi quella, giusta, domanda, ma la sincerità da cui era stato appena investito l'aveva lasciato impreparato, così non potè fare altro che abbassare per un attimo lo sguardo ed ammettere che era così, “No, mi dispiace...” gli auror incaricati del caso non ne avevano cavato un ragno dal buco, e quell'ammissione gli fece male, seppur non direttamente responsabile del fallimento. Immaginò quanto potesse essere frustrante e poco rassicurante per una sorella, una notizia del genere. Sapeva quanto potesse essere frustrante dimostrarsi impotente di fronte le difficoltà e le sofferenze di un fratello. - Nemmeno io. Non riesco a capire come mai qualcuno si sarebbe dovuto interessare a lui, a tal punto da volerlo togliere di mezzo. Temo che abbia scoperto qualcosa che non avrebbe dovuto, ma come? Non usciva quasi mai di casa. Ed è per questo che sono qui. Spero di trovare delle risposte che solo io posso capire, che altri Auror, per quanto preparati, non possano comprendere. -
    - Perciò è evidente la motivazione per cui io sono qui, Auror MacDuff. Invece è ancora poco chiaro come mai lei si sia preso tanto disturbo. -
    “Nick.” la corresse infine. Sentirsi chiamare in quel modo così formale... Non gli era mai piaciuto, gli ricordava un mondo ormai lontano, un passato remoto che gli faceva male ricordare. Nick restava rigido ed impigliato a modi e comportamenti governati dalla formalità, ma aveva iniziato piano piano a sbrigliarsi dalle invisibili catene di un mondo che di alto aveva solo titoli, ricchezze e nulla più. Guardò Olivia Gautier e decise che era arrivato il momento di rispondere alla sua domanda, anche se non era propriamente sicuro di conoscere davvero la risposta.
    “Credo sia stato per deviazione professionale.” Iniziò, “Qualcosa mi diceva che non era stata totalmente sincera, quella volta al Paiolo. Dovevo accertarmi che quella non sincerità non nascondesse qualcosa di losco.” e questo era indiscutibilmente vero. Era quello il motivo che l'aveva spinto ad andare più affondo in quella faccenda... l'unico? Questo non lo sapeva, non ci avrebbe giurato. C'era qualcosa, in quella donna che Nick non capiva, ma sentiva avere uno strano magnetismo... “All'inizio per lo meno.” concluse, sorridendo, prima di superarla e raggiungere la porta dell'abitazione. Diede una rapida occhiata alla serratura e gli tornò alla mente un dettaglio non irrilevante. Si girò di nuovo verso la Gautier che era rimasta lì, a metà del vialetto. Il movimento della bacchetta fu veloce, così come l'incantesimo che parve castarle contro. Ma la giovane auror non venne nemmeno sfiorata, fu soltanto una chiave che schizzò via dalla tasca nella quale era stata riposta, per finire dritta nella mano di Nick, il quale non sprecò tempo e la usò per aprire la porta dell'abitazione di Marcus Gautier. “Visto che siamo entrambi qui, direi di cominciare a cercare quel qualcosa che agli altri è sicuramente sfuggito.” disse, voltandosi verso la donna e accennando un piccolo inchino per invitarla a precederlo dentro.
    Adesso non ci si poteva più tirare indietro.
     
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    Ad Olivia non sfuggì quel lampo negli occhi del giovane Auror davanti a lei. Vide il suo sguardo trasformarsi mentre lei spiegava come mai si trovasse lì, e il mistero dietro la scomparsa del fratello. Dunque MacDuff non era così insensibile come aveva creduto. Dunque non era un segugio il cui unico obiettivo era capire cosa nascondesse e braccarla per denunciarla al Ministero della Magia inglese. Il suo sguardo si addolciva ad ogni frase della Gautier. Si addolciva in modo impercettibile. Ma non si irrigidiva. MacDuff non si era retratto di fronte alle parole della donna, Olivia sentiva che lui non la stava biasimando. Voleva solo capire. In fondo la giovane Auror gli aveva apertamente mentito, durante il loro primo incontro, era verosimile che così facendo, avesse destato la sua curiosità, o meglio il suo sospetto. Aveva mentito innanzitutto non presentandosi come Auror, e poi tutta la serie di false verità che ne erano conseguite. Tuttavia l’Auror MacDuff si era dato un gran da fare per scoprire cosa si nascondesse dietro la francese. Era veramente solo dedizione al lavoro? O il fastidio di essere stato preso in giro? Era una questione di onore o orgoglio? Fino a un momento prima Olivia avrebbe giurato che fosse questa la ragione.
    Ma ora?
    Ora che vedeva la consapevolezza della situazione farsi largo dentro di lui e andare a formare solchi di rughe sulla sua fronte, ora che vedeva il suo sguardo oscurarsi di un velo che non riguardava solo lei, ora che sentiva la sua comprensione, ora Olivia avrebbe potuto veramente giurarlo?
    - Nick. -
    La Gautier venne riscossa dai suoi pensieri, piantò gli occhi di ghiaccio in quelli dell’Auror davanti a lei e per un attimo trattenne il respiro.
    Cosa significava? Olivia non capiva. Sinceramente non capiva. Doveva chiamarlo così? E per quale assurdo motivo avrebbe dovuto farlo? Non si conoscevano, non c’era confidenza tra loro. Anche se, dopo le recenti parole della francese, forse questa affermazione non era più così veritiera. Ma Olivia non era abituata ad usare diminutivi per chiamare le persone. No, lei chiamava tutti per qualifica e per cognome. Tutti, tranne i suoi fratelli. Chi era questa persona davanti a lei che pretendeva questo atteggiamento così intimo? Nick? Se lo ripeté tra sé qualche volta. Nick? Nick. Aveva un suono dolce e al tempo stesso rigido. Nick. Lo accarezzò con la punta del pensiero. Un nome privato, che usavano solo persone vicine a lui. O un nome che usavano tutti? Al Ministero lo chiamavano Nick? Baggins lo chiamava Nick?
    Eppure aveva avvertito una punta di urgenza nella sua voce, quando l’aveva corretta. Come se fosse un favore che lei faceva a lui e non una concessione di intimità da parte sua. Nick.
    Nick che l’aveva interrogata al Paiolo Magico, impedendole la sua attività di ricerca.
    Nick che si era presentato sotto casa di suo fratello, mentre lei stava conducendo la sua indagine personale.
    Nick con quel sorriso sghembo e gli occhi velati da una misteriosa oscurità.
    Nick che fingeva di fare lo sbruffone, perché ormai era chiaro che fosse una maschera.
    - Qualcosa mi diceva che non era stata totalmente sincera, quella volta al Paiolo. Dovevo accertarmi che quella non sincerità non nascondesse qualcosa di losco. -
    Finalmente l’ammissione di verità. Una verità che Olivia aveva già sospettato, ma fu stranamente confortante sentire l’Auror ammetterla. O meglio, Nick ammetterla.
    - All’inizio per lo meno… -
    Olivia si irrigidì, le mani strette a pugno, un lampo di sospetto che le passò per un attimo negli occhi. Ma il modo in cui Nick aveva pronunciato quell’ultima frase, con un sorriso quasi divertito, le permise di rilassarsi in un attimo. Cosa intendesse, non era chiaro. Ma Olivia percepiva che non si trattasse di qualcosa di pericoloso. Forse si stava divertendo? Era un gioco per lui quello? No, dentro di lei, la francese sentiva che non si trattava nemmeno di questo. Ma non capire, la infastidiva. Sentiva che era vicinissima a comprenderlo, ma non riusciva ad aggrapparcisi.
    E non riuscì a cogliere bene nemmeno l’espressione dell’uomo, perché questi la superò velocemente per avvicinarsi alla porta della casa. Anche Olivia si voltò verso di lui, ma non riuscì a muovere un muscolo. Non ebbe tempo di realizzare ciò che stava succedendo, perché Nick estrasse la bacchetta e gliela puntò contro, ma lei, contrariamente al suo solito, non scattò a prendere la sua. Il gesto con il quale l’Auror richiamò a sé la chiave all’interno della tasca della Gautier non fu astioso, ma anzi, amichevole. Di confidenza. Di intesa. E Olivia non oppose resistenza. Non le venne nemmeno istintivo farlo. E questa era la cosa più strana che le fosse successa finora. Quell’uomo, Nick, le dava fiducia. Non capiva come fosse successo, non capiva come fosse passato dall’essere un fastidioso intralcio, ad una persona dalla quale non difendersi, se le puntava la bacchetta contro. Forse era stato il suo atteggiamento saldo, la sua calma. Forse era stato quel velo che, lo vedeva, calava sui suoi occhi senza che lui se ne accorgesse. Forse era il fatto che fosse un collega, e anche estremamente abile e, in quella circostanza, forse avere un alleato non era una cattiva idea. Forse dipendeva dal fatto che non si fosse allontanato quando lei gli aveva spiegato davvero le sue intenzioni.
    Fatto sta che quando Olivia capì cosa avesse intenzione di fare Nick, si avvicinò anche lei alla porta di casa.
    - Visto che siamo entrambi qui, direi di cominciare a cercare quel qualcosa che agli altri è sicuramente sfuggito. -
    Nick fece scattare la chiave nella serratura, aprì la porta e si spostò da una parte per farla passare, con un mezzo inchino.
    Olivia gli lanciò un mezzo sorriso, al tempo stesso perplesso e grato, gli occhi di ghiaccio che per un attimo si sciolsero, mentre incontravano quelli di lui. L’avrebbe davvero aiutata dunque? Non era sua intenzione denunciarla al Tribunale del Ministero o semplicemente far sì che venisse rispedita in Francia. Poteva esserne sicura? Il suo istinto le diceva di sì. Sentiva che l’Auror non vedeva quello che lei stava cercando di fare come un atto criminale. Ed era davvero disposto a rimanere al suo fianco per quella perlustrazione. Olivia non aveva mai avuto occasione di sentirsi così piacevolmente stupida da una persona. O per meglio dire, da un uomo.
    Varcò la casa di Marcus con questa strana sensazione in corpo, ma l’attimo dopo la scacciò malamente. Non era certo il momento di distrarsi, doveva rimanere concentrata. Estrasse la bacchetta e con un colpo veloce accese le luci. Si ritrovarono in una banalissima dimora londinese, con uno spazio aperto che comprendeva il salotto e la sala da pranzo, a destra una porta conduceva alla cucina, a sinistra le scale portavano al piano superiore dove verosimilmente si trovavano le camere da letto. Tutto era in ordine. I pochi soprammobili covavano un filo di polvere, il divano sembrava quasi inutilizzato, la tavola era intonsa, come se nessuno ci avesse mai mangiato. Sembrava una casa finta. Disabitata da molto più tempo di quello in cui Marcus era scomparso. Anzi, quasi mai abitata. Comunque non c’erano segni di effrazione. Non segni di lotta o di scontri. Ogni cosa era esattamente nel suo banale posto. Ma era probabile che quello non fosse il luogo in cui Marcus passava le sue giornate. Olivia lo sapeva che, da qualche parte, celato a regola d’arte, ci doveva essere il suo laboratorio. Il suo covo, la sua tana.
    Si voltò verso il suo accompagnatore improvvisato.
    - Dobbiamo cercare qualcosa dietro cui potrebbe aver nascosto il suo laboratorio. Una porta, un passaggio segreto… un incantesimo. -
    Olivia si diresse verso la cucina e vi lanciò uno sguardo frettoloso all’interno, ma Marcus, per quanto la sua abitazione apparisse banale, non era uno stolto. Non avrebbe occultato il suo laboratorio in un luogo scontato. No, ci doveva essere un’entrata difficile, praticamente impossibile da trovare.
    La giovane Auror lanciò un incantesimo rivelatore, ben consapevole che non sarebbe servito a niente.
    Si voltò di nuovo verso Nick, scrollando le spalle in un gesto rassegnato. - Valeva la pena provare. Ma Marcus non è tipo da lasciare incustodito il suo lavoro, in modo così ingenuo. No, ci deve essere qualcosa che nessuno può capire. Ma cosa? -
    L’ultima domanda rivolta più a se stessa che al suo accompagnatore.
    Olivia tornò in direzione del salotto e lanciò un altro sguardo alla stanza. In quel momento, qualcosa attirò la sua attenzione. Qualcosa che al primo sguardo le era sfuggito. Su una mensola della libreria, in cui erano situati ben pochi libri rispetto a quelli che Marcus probabilmente teneva nel suo studio, appoggiata contro un libro di ricette, c’era la statuetta di un gatto nero.
    Apparentemente non era una statuetta significativa. Di legno leggermente consumato, il gatto guardava davanti a sé con due occhi gialli, la coda attorcigliata attorno alle zampe davanti, mentre se ne stava seduto eretto.
    Ma Olivia conosceva fin troppo bene quella statuetta. E sapeva benissimo che non aveva senso che si trovasse lì. Quella statuetta, la preferita della loro mamma, doveva rigorosamente rimanere in camera da letto dei loro genitori. Non esisteva che venisse spostata. La loro mamma non transigeva su questo. Loro due ci avevano provato una volta. Lei e Marcus. Quando ancora lei faceva qualcosa di contrario alle regole. Quanto si erano divertiti ad entrare furtivamente e a nasconderla. La madre era andata su tutte le furie quando li aveva scoperti, li aveva rinchiusi in castigo per un’intera giornata. Ma loro avevano trovato il modo di divertirsi lo stesso.
    E mentre ricordava i loro giochi stretti in quello sgabuzzino buio, le loro risate e la sete (si non avevano avuto diritto nemmeno ad un bicchiere d’acqua, tanto la madre era affezionata a quella statuetta), venne colta da un pensiero improvviso.
    - E’ qui per me. - Sussurrò.
    Si alzò sulle punte e afferrò la statuetta. Si voltò verso Nick e si avvicinò a lui, mstrandogliela. - So che può sembrare assurdo, ma penso che Marcus abbia lasciato delle informazioni per me. -
     
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    Esitò. Nick percepì quel suo esitare, come se qualcosa non le tornasse, come se faticasse a capire qualcosa di apparentemente impercettibile. Esitò col fare di una gatta randagia di fronte a qualcuno che prova ad avvicinarla con del cibo. Nick pensò che fosse lecito, quella resistenza a fidarsi. Una deformazione professionale, oltre che una caratteristica propria.
    Al contrario della Guatier, Nick non esitò e la seguì subito all'interno dell'abitazione, chiudendosi la porta alle spalle solo dopo aver dato un'ultima occhiata all'esterno.
    Bacchetta alla mano, seguì guardandosi intorno, i passi della giovane donna che lo precedeva con cautela. In quella casa sembrava che tutto immobile. Di un'immobilità soffocante, di quella quiete che precede la catastrofe. Non c'era qualcosa che sembrava essere fuori posto... Non un piatto sporco nel lavello della cucina, non un cuscino del divano sgualcito dal essercisi seduti sopra... Lo sguardo di Nick saettava da un angolo all'altro delle stanze al pian terreno di quella assurdamente normale villetta all'inglese. Alla ricerca di un dettaglio che lui non avrebbe potuto di certo notare.
    - Dobbiamo cercare qualcosa dietro cui potrebbe aver nascosto il suo laboratorio. Una porta, un passaggio segreto… un incantesimo. - Annuì a quelle parole, perchè avevano senso. Di sicuro ciò che stavano cercando non poteva trovarsi sotto il loro naso. Doveva trattarsi di qualcosa sufficientemente banale e al contempo bizzarro, da poter saltare all'occhio solo ad un attento osservatore. O meglio, solo a chi avesse conosciuto Marcus Gautier a sufficienta per trovare bizzarro una banalità.
    Nick posò la mano sulla carta da parati che adornava le mura della stanza. Era vecchia, non doveva esser stata cambiata per molto tempo. I colori erano spenti, al tatto risultava polverosa. Prese a lisciarla lentamente, cercando una rientranza o una sporgenza, un segno che se sfuggente agli occhi potesse risaltare al tocco. Si girò ascoltandola pronunciare un incantesimo rivelante. Non accadde nulla, ma dall'espressione di Olivia, ancor prima delle sue parole, Nick capì subito che non si aspettava funzionasse. - Valeva la pena provare.- Annuì accennando un sorriso. Capiva. Capiva bene quanto valesse la pena tentare il tutto per tutto quando si brancola fra la nebbia nel tentativo di trovare e non perdersi. Sapeva come ci si sentiva a brancolare nella nebbia, smaniosi di uscirne, di trovare una soluzione... - Ma Marcus non è tipo da lasciare incustodito il suo lavoro, in modo così ingenuo. No, ci deve essere qualcosa che nessuno può capire. Ma cosa? - “Fino ad ora non hai notato nulla di strano?” le chiese, seguendo il filo del suo discorso. Era anche vero che erano lì dentro da circa cinque minuti e che trovare un dettaglio rilevante richiedeva molto più tempo. “A parte il fatto che sembra che in questa casa non ci abbia mai abitato nessuno...” aggiunse poi lasciando stare la parete e sfregando il pollice contro indice e medio.
    - E’ qui per me. - Alzò lo sguardo a quelle sue parole. La ragazza stringeva fra le mani un piccolo oggetto, un gatto intagliato nel legno. Nulla di più di un banalissimo e bizzarro soprammobile. Nick sgranò gli occhi e fece un passo in avanti, perchè lei l'aveva già raggiunto di nuovo. Scrutò la statuina e, dopo averle chiesto un tacito permesso con lo sguardo, gliela prese dalle mani. Rigirò il piccolo oggetto fra le mani, osservandolo, - So che può sembrare assurdo, ma penso che Marcus abbia lasciato delle informazioni per me. - Banalissimo e bizzarro. Alzò lo guardo incontrando i suoi occhi, “Ho visto cose ben più assurde.” le sorrise restituendole l'indizio sfuggito ai più. “Credo che tu sia sulla pista giusta.” le disse. Ma la sua attenzione fu presto catturata da un rumore. Veniva dall'esterno. Fu per quello che Nick spostò immediatamente lo sguardo verso la finestra del salotto. Erano esattamente di fronte la finestra. Esposti. Avrebbe voluto avere il tempo di chiederle se avesse sentito anche lei qualcosa, ma era certo che fosse così. “Giù!” perchè poco prima di spingere entrambi a terra, l'aveva vista con la coda dell'occhio seguire il suo sguardo verso fuori.
    Fu un attimo. Una figura oscura, incappucciata. Un bagliore rosso. I vetri che si infransero. Nick ci mise qualche istante a capire che avevano attaccato da più direzioni, e che loro erano proprio nel mezzo. Bersagli facili.
    Dovevano rispondere all'attacco. Non c'era tempo di indugiare. Ed infatti in un pop! ben noto, Nick si trovò degli stivali ad un palmo dal naso. Velocemente liberò dal proprio corpo, quello di Olivia e, facendo perno su un braccio, roteò rapido colpendo con la gamba quelle dell'aggressore che finì in terra.
    Si tirò immediatamente su, pronto a rendere inoffensivo l'uomo che era ancora sul pavimento, quando sentì uno strano sibilo alle sue spalle. Un incantesimo gli era stato castato contro e l'aveva preso di striscio alla coscia sinistra. Alzò lo sguardo sulla Guatier, che aveva deviato l'attacco che altrimenti l'avrebbe centrato in pieno. Avrebbe voluto ringraziarla e l'avrebbe fatto, ma non era decisamente quello il momento. Il mago incappucciato si era rimesso in piedi e stava per riattaccarlo, ma Nick riuscì ad anticiparlo, “Expelliarmus!”

     
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