Father's day

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    "Ti prego, prendi la cosa seriamente". Quel piccolo avviso da parte di Caterina mi mise a disagio, ma dovetti ammettere che il primo pensiero quando mi parlò dell'incidente fu <chissà cosa le hanno fatto per farla reagire così>. Sono fatto così, non c'è niente di tremendo che possa fare un figlio agli occhi di un genitore, e ammetto che io a riguardo sono particolarmente sensibile. E Caterina lo sa bene.
    Insistetti con mia madre perchè adesso fosse tutto in ordine, l'Ossofast aveva fatto effetto e stava meglio di prima. Le avevo detto che dovevo davvero andare, e che l'invito a venire con me a Stoccolma era ancora valido. Lei aveva riso di nuovo e mi aveva detto di andare a controllare chi avesse rotto le palle alla sua piccola Ade.
    Quando ero tornato, il bacio a Caterina era stato più dolce di quanto immaginassi, quella donna sapeva gestire tante di quelle cose da sola che ogni giorno ero idiota io a stupirmi probabilmente. E mi aveva pure sposato, non so se mi spiego.
    Avevamo bevuto un sorso di scotch insieme sul divano, avevo le sue gambe sulle mie e gliele carezzavo come se fossero secoli che non lo facevo. Lei mi rimproverò, poi mi baciò, poi mi rimproverò ancora e poi ridemmo insieme. Ero alla soglia dei 40 e mi diceva, ti odio quando fai così, ma ti ho sposato per la tua bontà, anche. Quindi era la mia salvezza diciamo.
    Si raccomandò di non prendere la cosa di nuovo alla leggera, ma ero certo, come era certa lei, che l'avrei fatto eccome.

    Ed eccomi lì, che con un bicchiere di acqua, in attesa che Ade si facesse vedere, cercavo di mettere su l'espressione più dura che conoscessi. No meglio delusa, sono molto deluso Ade, molto davvero. Quello che hai fatto e' davvero grave. Da te non me lo aspettavo davvero. Quello che hai fatto avrà ripercussioni.
    Poi la vedo, e sorrido. E' bella, bellissima e ha quella espressione che non posso descrivervi.
    Sono molto mooooolto deluso.
    "Ciao amore mio" la stringo forte a me, incauto all'idea di metterla in imbarazzo, non si muove ma non la lascio andare, le bacio la testa e si ok forse sta soffocando, rientra nella punizione, come il metterla in imbarazzo, qualcuno ridacchia, pazienza. La guardo e le prendo il viso tra le mani, dico "Sono moooolto deluso ma mi sei mancata da morire, nonna ti manda le tue api frizzole preferite al miele e io ti ho portato due libri, ma per punizione ne avrai uno solo. L'altro alla festa di autunno" Sono stato così duro che mi sto per sentire male! " E solo metà delle api frizzole, le altre le avrai... a... Natale...?".



     
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    Suo padre era tornato dall'America e Ariadne sapeva che ora le sarebbe toccata la ramanzina per quello che era successo al Dark, come se l'estate orribile che aveva trascorso non era stata sufficiente per impartirle una lezione a vita.
    Aspettava quindi sue notizie da un momento all'altro, e queste non tardarono ad arrivare.
    Si presentò quindi in perfetto orario a Hogsmeade nel locale citato nella missiva.
    Lo vide che aveva un bicchiere d'acqua tra le mani e faceva delle smorfie con gli occhi al vuoto cosmico davanti a se.
    Suo padre era davvero singolare.
    -Ciao papi- rispetto a qualche anno prima, in cui non si sarebbe tirata in dietro da quell'abbraccio spacca ossa, Ade si sentì a disagio e, sebbene non arrossì, neanche fu istintiva nel sollevare le braccia per ricambiare – papà, ci stanno guardando tutti- gli fece notare, ancor peggio quando le prese il viso tra le mani -papà- si lamentò arrendendosi al fatto che questo fosse il concetto di punizione a cui era giunto, era il suo modo di farle pagare il colpo di testa, era solo indecisa se perchè aveva usato la magia o perchè si trovava in un posto dove non doveva essere.
    Ma di certo non glielo avrebbe chiesto.
    Al sentir nominare nonna le spuntò comunque un mezzo sorriso sulle labbra – come sta?- chiese anche se lo sapeva che non era ancora arrivato il suo momento, lo aveva visto in sogno.
    -E quale dei due hai deciso di darmi per primo?- si sedette e prese il bicchiere del padre dal quale bevve un sorso di acqua – sai che non amo volare, son venuta a piedi, non ti dispiace vero?-
    Poi lo guardò qualche secondo di più prima di chiedergli - e tu invece? Come stai tu?-
     
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    "Questo qui" in America ero riuscito a trovare l'edizione speciale delle fiabe magiche che le leggevo da piccolina, la copertina rilegata aveva dei piccoli intarsi color oro, spiccavano in modo sguaiato sulla copertina color cuoio. Era invecchiato moltoma tenuto un gran bene, ero certo le sarebbe piaciuto. Da piccola voleva continuamente essere letta la storia del topo e del Salice, ormai potevo recitarla a memoria su un palco.
    "La nonna ora sta bene, sai com'è" e lei sapeva com'era non dovevo spiegare troppo in effetti "L'Ossofast ha fatto effetto e ora aspettiamo il solito dramma per correre a soccorrerla, vuole compagnia, ma qui non vuole venire, cosa dovrei fare allora" e mi riaccomodo detestando quanto stesse diventando grande.
    Detestando è una parola forte, ma quella corretta.
    Le leggevo le fiabe su quel lettino dove ne occupava nemmeno la metà, con le coperte rosate, i capelli che voleva legati in trecce che non ero capace di fare, eppure non si lamentava mai. Si lasciava prendere in braccio e abbracciare, mi riteneva il migliore al mondo, e l'unica preoccupazione era quella di non metterle carne nel piatto, perchè diceva povere creature papà.
    Ora era lì, bellissima, una piccola donnina dagli occhi profondi che era lì coi suoi pensieri, con le sue idee, pronta ad essere giudicata e giudicare. "Io sto bene" rispondo velocemente come a voler spostare l'attenzione su di lei.
    "Bel tentativo di deviazione" e lo sguardo del genitore diventa un po' più cupo "Che hai combinato? Poteva essere pericoloso" dico "Ma questo lo sai perfettamente".



     
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    Le mostrò il libro e qualcosa in Ariadne si smosse, nostalgia per lo più, e un pizzico di gioia per avere un padre che l'amava per davvero.
    Almeno quando non c'erano altri figli di mezzo..
    In quel momento comunque sembrava concentrato su di lei e Ade si prese tutte le attenzioni che voleva dedicarle.
    -E' bellissimo- gli disse quindi sfiorandone appena la copertina.
    Le raccontò della nonna, non era preoccupata molto per lei, sapeva che non era arrivato il suo momento, tuttavia le venne in mente che, tutto sommato, poteva avanzarla la proposta – potrei andare io da lei- disse quindi.
    -Non sono riuscita a creare dei veri legami qui, potrei andare a Ilvermorny e stare con nonna nei fine settimana- come se la cosa non le cambiasse la vita si strinse nelle spalle – pensaci- sarebbe stata più lontana da lui, questo era vero, ma dal suo punto di vista avrebbe avuto una maggiore libertà di movimento, e cambiare aria le avrebbe fatto bene.
    Nel momento in cui le era stato sputato in faccia che meritava di restare sola tanto valeva farlo in un posto dove non la conoscevano e non potevano guardarla male.
    La conosceva sin troppo bene per cadere nel tranello del parlare d'altro purchè non si parlasse di lei.
    -Volevo solo vedere cosa si provava ad essere più grande.
    Tutti i giorni a lezione mi confronto con ragazze e ragazzi che hanno sui vent'anni, alcuni mi trattano come una ragazzina, altri non sanno che esisto.
    Chi mi da retta sono pochi e solo per quanto riguarda le cose scolastiche, tornaconti personali su ripetizioni di debiti che hanno avuto.
    A nessuno interessa cosa provo, cosa penso, cosa voglio.
    Volevo solo vedere cosa si prova ad essere .. come loro.
    Più grandi. Non volevo finisse così-
    ed era la verità. Per un momento aveva visto in quella scappatoia una possibilità di sentirsi al pari degli altri per lo meno in quello che mancava a lei, l'aspetto.
    -Poi però ho perso la ragione. Ultimamente sento molto parlare di droga.
    L'anno scorso sono venuti gli auror per indagare, mi hanno fatto capire che è una cosa seria e fuori controllo.
    Quando l'ho vista su quei due compagni di scuola con cui fino a pochi minuti prima stavamo scherzando tranquillamente non ci ho visto più.
    Mi sono ricordata mamma.. io non dimentico le volte che si drogava, non dimentico neanche quel giorno che si è ammazzata davanti ai miei occhi-
    e nonostante questo non riusciva a versare neanche una lacrima in quel momento.
    Nonostante dentro sentisse la morte nel cuore.
    -Ho chiesto perchè lo fanno, mi è stato detto che la maggior parte delle volte è perchè non si è felici..- solo allora sollevò lo sguardo verso suo padre – lei non era felice vero? Ci ha mai amati?-
     
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    Il fatto che quasi avrebbe preferito andare dalla nonna che restare con me mi spezzò il cuore, ma era comprensibile, oltre che proteggerle le spalle, non avrei potuto fare troppo altro per restare il suo supereroe come quando aveva cinque, sei, sette anni. Quando ci mettevamo su un bel mantello fatto delle coperte del divano e giocavamo tutto il pomeriggio al punto che alla fine era così stanca da diventare intrattabile ben prima dell'ora di cena.
    Stava crescendo e ora capivo razionalmente quei passi che recitavano del come i figli non ci appartengono, tu li tiri su e poi li lanci nel mondo. Eppure emotivamente non sarei mai stato pronto, ma questo lo sapevo da quando ci dissero che era femmina.
    "E lasciarti tutto il divertimento? Scordatelo" eppure lo dissi con un mezzo sorriso sulle labbra, non sarò stato il mago delle punizioni, ma mandarla dalla nonna e a Ilvermony avrebbe significato gratificarla più di quanto non avrei fatto acquistandole un unicorno per uso personale con contorno di succo di zucca senza fine. E lo sapevo anche io bene, quando andavo da mia madre mi toccava smettere di mangiare per la seguente settimana e correre tutte le mattine. Eppure mi sarebbe mancata, mi mancava tutti i giorni.
    Rimasi in silenzio guardandola e ascoltando la spiegazione.
    Se un cardiologo avesse potuto visitarmi in quel momento avrebbe sicuramente diagnosticato un infarto in atto. La montagna russa a cui mi sottopose fu tremenda, mi sentì un groppo in gola, sgranai gli occhi talmente forte da sentire dolore all'attaccatura dei capelli, poi chiusi gli occhi e mi passai dal nervosismo una mano così forte sulla barba sotto il mento da farmi male. Il cuore prese a saltare qualche battito. E mi dissi se avesse mai parlato così a Caterina e dove avrei mai trovato la forza di punirla con queste premesse. E non perchè fossi un pappamolle. Ma quello che aveva fatto aveva senso, e soprattutto aveva una perfetta motivazione. Non era come me, porco Merlino questo mi diede un sollievo, blando ma inspiegabile.
    "E' difficile da spiegare" in realtà era facilissimo, ma non da me, che ci ero stato dentro fino al collo. "Certo che ci ha amati" e su quello non c'era dubbio. Risposi in fretta con un groppo alla gola. "Non..." scelsi le parola con cura, aspettando il momento giusto "Ormai sei grande abbastanza per capire che Mamma non era una persona felice, era una persona piena di insicurezze e quello che voleva di più era essere felice con noi. Perchè ci amava moltissimo. Ma... a volte succede che il nostro passato ci distrugga prima di quanto possiamo far noi da soli. La Mamma era una donna con un passato pesante come un macigno, e Boulder City non ha fatto altro che finire di schiacciarla. Credeva di non essere una buona madre" e quello mi uscì facile "e una buona moglie" quello mi uscì con voce rotta.
    Presi un sorso dal bicchiere per prendere tempo e recuperare la voce.
    Credeva di doversi punire in qualche modo, e ci era riuscita, fino alla fine.
    "Per questo vorrei che tu restassi con me, verrai i weekend al nord a darmi una mano, ma non tornare lì. Sai che me lo chiedessi un'altra volta io lo farei, ma non me lo chiedere di nuovo, lascia che mi prenda io cura di te. La nonna starà bene. E comincerò se lo vorrai parlando con la Preside" e poggiai i gomiti sul tavolo guardandola serio "Dammi i nomi di chi aveva quella roba e sistemerò tutto, hai fatto bene a far quel che hai fatto".




     
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    Si disse che non doveva parlare così con suo padre subito dopo aver colto la reazione negli occhi dello stesso.
    Eppure non si era potuta sfogare come si deve con nessuno e per un solo attimo aveva pensato che anche quelli potessero essere discorsi da poter fare con lui, in veste di amico.
    Il suo unico vero amico.
    Ma per quanto a lui piacesse pensare che ci fosse anche quel tipo di rapporto fu chiaro che variava in base anche alla dinamica del discorso.
    Quello non era stato saggio affrontarlo con lui.
    Eppure apprezzò lo sforzo che fece per spiegarle un punto di vista diverso dal suo, sebbene non la convinse per niente.
    -Mi dispiace, papà. Ma non credo che ci abbia mai amati- questa era la sua parola definitiva e non capiva neanche perchè suo padre si incaponisse tanto a pensare il contrario.
    Perchè una persona felice non si ammazzava, una persona felice non faceva uso di sotterfugi per fingere di esserlo.
    -Va bene allora, raccontami del suo passato. Fammi capire perchè non eravamo abbastanza per dimenticarlo-
    La risposta definitiva fu che non sarebbe andata a Ilvermorny e neanche dalla nonna. Non credeva che l'avrebbe mai accontentata in questo ma non immaginava che il motivo fosse da trovare nel ricordo che quel posto avrebbe potuto darle della madre.
    -So cavarmela da sola. Ho scontato la punizione per tutta l'estate, alla fine è stata producente per me- portò alle labbra la bevanda calda e rimase a fissarlo per qualche secondo prima di dire infine – non ti dirò i loro nomi, sai che se dovessi insistere te lo direi- riprese la sua stessa frase di poco prima – ma non me lo chiedere, fidati di me-
     
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5 replies since 20/9/2021, 09:02   69 views
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