. Mille storie di me e di te.

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  1. ZoyaVS
     
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    Una miriade di voci e suoni riempiva le orecchie della giovane ragazza zuppa e ben presto tremante. Ma non le importava, quello che doveva fare era raggiungere il binario in fondo alla stazione schivando il più possibile i pendolari senza fare male a nessuno. Ma mancava così poco che il traguardo sembrava impossibile da raggiungere. Una botta di ansia e di paura di non vederlo più, ebbero il sopravvento, il cuore di Zoya cominciò ad accelerare, mentre il sudore scendeva dal suo collo colando sulla schiena. Si sarebbe presa un bel accidente quel giorno ma non poteva fare a meno di correre. Correre e correre verso quelle rotaie che mai si avvicinavano. Osservò in corsa un tabellone sopra la sua testa ma il suo passo fu talmente veloce che ci lesse poco e niente. Le scritte arancioni sullo sfondo nero del display erano troppo piccole per esser lette durante quella corsa contro il tempo.
    Le mancava il fiato, nonostante fosse stata un'ottima giocatrice di quidditch per anni i suoi polmoni e la stanchezza stavano giocando un brutto scherzo in quel momento. Sentiva di non farcela più, a tratti rallentava, in altri doveva frenare di colpo per non ribaltarsi su un bagaglio fermo in sosta.
    Superato il binario numero diciotto il grande orologio a lancette appeso alla parete segnava le 6.10. Incredula sperava che le partenze fossero in ritardo quel giorno. Sapeva che aveva sicuramente bisogno di altro tempo per fare qualche metro in più, per poi non parlare della lunghezza del marciapiede che costeggiava le rotaie del diciannove. Almeno di altri cinque minuti per arrivare a metà della lunghezza del treno. Per cercalo forse le serviva anche mezz'ora. Mentre le speranze stavano andando ad esaurirsi uscì dalla zona coperta e si lanciò lungo il marciapiede corretto sotto la pioggia. Solo in quel momento scorse una grande quantità di ombrelli aperti addossati al treno, persone salivano e altre scendevano. Compagni e parenti salutavano chi stava partendo e viceversa. Quegli ombrelli rendevano ancora più difficoltosa la vista e sembrava che nei giorni di pioggia tutti si fossero messi d'accordo sul vestiario: i colori che predominano erano il grigio, il nero e altri cupi colori autunnali che facevano delle persone presenti delle numerose copie.
    Incapace di arrendersi Zoya si lanciò in mezzo alla folla scusandosi di continuo come una radio, la quantità di persone rallentava notevolmente la sua corsa praticamente fu costretta a camminare. In preda al panico si guardò intorno, ruota su se stessa, ma cosa stava cercando in verità? Non aveva alcuna informazione del posto che Jonathan aveva acquistato sul treno, nè la carrozza. Il treno era lunghissimo e lei era un puntino in mezzo alla folla sconosciuta. Alzò gli occhi al cielo verdendo dei nuvoloni grigiastri sopra di lei, le piovve addosso, sulle labbra, sul mento e le sue lacrime si fusero insieme all'acqua del cielo. Il macchinista annunciò la partenza, le porte si chiusero una dietro l'altra, solo qualche finestrino rimase aperto, uno di quelli con l'apertura orizzontale apribili solo dall'interno. Jonathan! lo chiamò in mezzo alla folla, compì un'altra rotazione su se stessa speranzosa. E cominciò di nuovo a farsi spazio fra gli ombrelli aperti e le persone che non smettevano di intasare la zona. JONATHAN! degli occhi la guardarono straniti, probabilmente pensavano che si fosse persa o che cercasse qualcuno di importante. Nessuno di loro poteva pensare che lei stava inseguendo una persona che non sapeva di esser desiderata. Nessuno di loro sapeva che Zoya Stojnov stava cercando di vedere l'uomo della sua vita prima che partisse per un posto lontano. Nessuno sapeva che Zoya doveva assolutamente trovare Jonathan per parlargli.
    Il treno cominciò a muoversi e i suoi occhi allarmati puntarono le carrozze che galoppavano di fianco a lei, più veloci. Fuggivano come l'acqua sull'olio nonostante lei fosse riuscita a trovare un piccolo varco che le permettesse di correre. JONATHAN! il suo urlo disperato probabilmente non era sufficiente a sovrastare il vociare della folla. JONATHAN! urlò con tutto il fiato che aveva in gola. Non le importava che la prendessero per una scema, era contro se stessa gettare la spugna. La carrozza numero uno, due, tre e quattro erano già passate e lei ci provò ancora. JONATHAN! si piegò in avanti col busto formando una leggera C per lo sforzo disperato che non le dava pace.
     
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