On the border

Helena

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1.  
    .
    Avatar


    Group
    Studente Accademia
    Posts
    845

    Status
    Anonymous


    L'aveva lasciata con la promessa di tornare. L'aveva lasciata con un sorriso, uno che oltrepassasse il confine dell'offesa, che assottigliasse un po' la linea dell'orgoglio. L'aveva lasciata senza lasciarla davvero e aveva fatto ritorno ogni sera alla sua finestra, stesso orario, stessa modalità, costellando ogni incontro di trattative di pace, talvolta dalla dolcezza di un gelato ed altre dalla consistenza di una pizza gigante da condividere. Aveva funzionato. Avevano tenuto le distanze, ma erano rimasti uniti. Avevano reciprocamente accomodato l'uno le esigenze dell'altra ed erano venuti a capo di quel nodo incognito in cui si erano incastrati. Funzionavano, anche sotto le spoglie mentite di una complicità limitata. Quella non l'avevano persa e probabilmente non sarebbe successo mai.

    Settembre inoltrato, un principio di pace consolidatosi nella vita della ragazza per concederle una tregua meritata. Questo, perlomeno, l'augurio con cui il Chesterfield, da lontano, è rimasto spettatore della sua dipartita verso il castello. Un luogo sicuro, lontano dai suoi drammi e dalle persone che li hanno provocati, un rifugio in cui riconquistarsi e rimettere a posto tutti i pezzi di sé perduti. Ha continuato a cercarla, per mantenere un contatto minimo; un illusorio orgoglio a separare i loro riflessi al consueto specchio, una bugia tanto sottile da lasciar penetrare tra i loro contorni vividi la premura che alberga nei loro cuori. Un ritorno alle origini, mettendo in pausa tutto ciò che si trova nel mezzo, tra l'inizio del passato e la linea d'arrivo del presente. Ha finto non gli importasse. Ha mentito a se stesso proclamandosi immune dagli effetti di Helena su di sé. Impersonale e rigido, si è raccontato giorno dopo giorno una rabbia vivida, eludendo lo sfiammarsi di ciò che l'ha ancorato ad un onore superbo. Si chiede se abbia agito per proteggere lei o se stesso. Forse ha protetto entrambi. Poi, dopo giorni, ha spaccato quella routine di distanza con un invito. Entrambi sospinti dal desiderio di calpestare lo stesso terreno ed aspirare all'unisono il filtro di una sigaretta, hanno accordato un incontro ad Hogsmeade nel fine settimana, sotto troppi occhi perché un'imboscata sgradita possa coglierli di sorpresa. Si sono promessi quella presenza, un ritaglio di gioventù e spensieratezza da cui lasciarsi cullare. Un'illusione, probabilmente, che in quanto tale non ha modo di trovare risoluzione nell'effettivo. Sorvola anzi sul campo della tangibilità, tuffando Mason in un crescendo di nervosismo mentre, tra i volti degli studenti giunti al villaggio in massa, non spicca quello della ragazza, assente dal luogo d'incontro pattuito come dalle file dei compagni di scuola. In evidente stato d'agitazione, seppur fermo abbastanza da mantenere il sangue freddo, ricerca la sua figura allo specchio. 'Helena?' Riecheggia nel vociare della gente il susseguirsi di quei richiami, parecchi mentre attraversa le vie del villaggio e le nicchie dei suoi vicoli. Chi è il fautore di quello scherzo, stavolta? Helena o il destino inesorabilmente accanitosi contro di lui? 'Ma dove sei?' Non può fare a meno, nonostante la rabbia conseguente, di sperare nella prima ipotesi. Arranca tra i ciottoli del vialetto, sbirciando oltre ogni angolo popolato da maghi di ogni età. Di Helena, nessuna traccia. È solo sospingendosi verso un anfratto più isolato, lì nelle vicinanze di un lago, tanto similare allo scenario in cui, a tenebre calate, hanno vissuto uno dei loro turbolenti trascorsi, che finalmente riconosce la sua schiena, curva e libera dai capelli tipicamente intrecciati. Prima ancora di avvicinarsi e guardarla negli occhi, richiama la sua attenzione. 'Hel, ma che cazzo...?'


     
    Top
    .
  2.  
    .
    Avatar


    Group
    Caposcuola
    Posts
    849

    Status
    Offline
    Non riusciva a godersi quasi nulla di quel nuovo ambiente. Dover cambiare le proprie abitudini non era un dramma, ma vivere con l'angoscia del ritorno di Volhard le toglieva qualsiasi entusiasmo. Non riusciva nemmeno ad essere fiera di quella spilla che portava sempre sulla propria camicia. Sentiva di aver perso la bussola, e ancor peggio, di aver perso se stessa. Non sapeva quale fosse la cosa migliore da fare o cosa fare in generale, così passava per lo più le sue giornate a fare nulla. Affrontare da sola quella malinconica sensazione, non era un granché. Fu per quello che si sentì sollevata all'idea di poter rincontrare Mason. Sebbene le cose tra loro non fossero come prima, saper di poter contare su di lui le dava sicurezza. Infatti, se non lo avesse saputo lì ad Hogsmeade, non avrebbe lasciato il castello, ancora troppo spaventata dalla possibilità di poter incontrare Lorence e di doverlo poi affrontare.
    Aveva seguito un gruppetto di studenti per arrivare al villaggio, godendo della loro inconsapevole protezione. Quando era arrivata ad Hogsmeade aveva preso a guardarsi attorno alla ricerca di quel volto familiare, ma non lo aveva trovato. Aveva atteso solo qualche istante, poi il panico prese il sopravvento. Il respiro le venne fuori mozzato, mentre l'ambiente che aveva attorno le apparve confuso e pericoloso. Tutto quel che le riuscì fare, fu scappare. Cercò un posto lontano dalle persone, da occhi indiscreti. Cercò un posto sicuro e lo individuò in riva al lago. Lì, colma di paura e rancore, aveva afferrato come un'arma lo specchio da cui sentiva risuonare il suo nome e lo aveva usato per liberarsi di parte della propria paura. Aveva sperato di farlo con graffi profondi sulle sue braccia. Da quegli squarci però, fluì solo sangue. La paura restò dentro di lei, rendendola prigioniera.

    Non si voltò quando si sentì chiamare. Continuò a fumare la propria sigaretta, le dita vermiglie a reggerne il filtro, lo sguardo assorto e le spalle basse.
    Asciugò il volto con la manica della camicia, provando a mandar via le scie scure sulle proprie guance. «Dov'eri?» La sua voce, atona e bassa, nascondeva un'accusa. Quella di non esserci stato.
    «Non c'eri.» Aggiunse poco dopo, voltando il capo per indirizzare il proprio sguardo in quello dell'altro. Riversava sull'altro le responsabilità del proprio benessere, anche se non c'erano più legami ad unirli. Riversava sull'altro il proprio malessere, perché era l'unica persona ad avere il coraggio di stargli accanto in momenti come quelli. Momenti che sembravano capitare troppo spesso, in modo più o meno inspiegabile, nell'ultimo periodo.
    «Non te ne frega un cazzo di me.» Scosse il capo prima di tornare a fissare la superficie scura del lago.
    «A nessuno frega un cazzo.» Aggiunse poco dopo concedendosi una nuova boccata di nicotina prima di lanciare contro di lui la cicca con la mano libera. L'altra stringeva ancora fortemente lo specchio. «Non voglio tu ti ripulisca con me la tua sporca coscienza. Quindi vattene. Lasciami in pace. Torna dalle tue amichette.»
     
    Top
    .
  3.  
    .
    Avatar


    Group
    Studente Accademia
    Posts
    845

    Status
    Anonymous


    Riparte quell'infinita corsa sulle montagne russe. Alti e bassi emozionali che non trovano mai un capolinea, un biglietto inesauribile che li fa girare e girare e girare, ancora ed ancora. Mai una pausa; solo il rallentare di una salita sforzata prima del tuffo in picchiata verso un altro giro della morte. Sottosopra, si ribalta con loro ogni certezza. Lo fanno quelle di Mason, mentre parole aspre ed in apparenza prive di motivazione sbattono contro il suo orgoglio non ancora del tutto scalfito. 'C'ero! Fanculo, avrò tardato due fottuti minuti!' E' la rabbia a prevalere. Non c'è volontà di giustificarsi nel suo tono agitato, solo un ritorno a quell'abuso di stizza, volgarità che trova terreno fertile nell'accenno di un nuovo scontro. Le accuse che Helena gli sputa contro sono benzina su un focolaio pronto a divampare. 'Cristo, non ricominciare.' Ha sempre dato poco conto a quel genere di veleno. Rimproveri troppo lontani dalla realtà ferma sulle consapevolezze di entrambi perché desse credito a ciò che sembra tirato fuori come una mera scusante per accendere una discussione. L'immotivazione con cui viene adesso a galla è però dannosa, una linea inaccettabile tracciata con eccessivo spessore sulla placida concordia recuperata nel corso delle ultime settimane. Come una x rossa apposta a quel trattato di pace, l'annullamento di un accordo su cui il Chesterfield aveva davvero, silenziosamente, iniziato a credere. Come ogni volta, abbassare la guardia gli risulta deleterio. E' carico di avversione da riversarle contro che si avvicina mentre il suo profilo si volge finalmente a lui. Ed in quel momento, occhi posati su risvolti inaspettati, un turbine d'indefinite emozioni gli attraversa il petto scombussolando tutto ciò che vi conservava. 'Ma che cazzo hai alle braccia?' Sono scie rosse, sangue; macchiano la camicia candida su cui spicca la sua vecchia cravatta. Una similitudine tanto azzeccata quanto, per tal motivo, dolorosa. Accostare alla propria figura il dolore che scorre giù per la sua pelle è un brutto colpo da incassare. Sembra... eccessivo in un contesto come quello. Ma a ridestarlo è la cicca ancora accesa che Helena scaraventa contro il suo petto. Incurante. Ferita. Evidentemente fuori di sé, sebbene in modo nuovo. Anomalo. 'Che ti prende adesso?!' Difficile ragionare lucidamente dinanzi a quella visione. La bocca impastata in grumi di saliva e preoccupazione che bloccano a stento l'ostilità risalita a galla. Si avvicina in fretta, capendo sia necessario agire. Si chiede solo come lei, stavolta, reagirà alla volontà di aiutarla. 'Ok, ascolta, ne parliamo dopo. Ora vieni con me e sistemiamo questo casino.' Allunga verso le sue braccia le proprie mani, pronto a sporcarle di quella disperazione che macchia le dita di lei ed il filtro di sigaretta ormai schiacciato a terra. E' tutto sotto controllo, così si dice. Quelle ferite non sono niente di irrecuperabile. Eppure perché sembra sentire di nuovo ogni cosa scivolare via dai suoi palmi? E' stato spettatore dei graffi che hanno inciso vergogna sulle sue cosce. Ha ripulito gocce di quello stesso celato turbamento dal pavimento di casa sua. E ci è sempre passato sopra. Ha sempre posato veli di capriccio su ognuno di quei gesti e si rende conto adesso di aver forse sottovalutato quell'impulsività. Si rende conto di non poter inibire da solo quel compianto smisurato. Perché nessuno al suo posto potrebbe. Helena ha bisogno di aiuto... ma il suo non è abbastanza.


     
    Top
    .
  4.  
    .
    Avatar


    Group
    Caposcuola
    Posts
    849

    Status
    Offline
    «Non ho niente.» Una bugia, mentre distoglieva lo sguardo. Le sembrava di non riuscire a fare altro in alcuni momenti. La sua vita dopotutto non era altro che quello: una bugia. Aveva sempre creduto di essere una privilegiata. Di bell'aspetto, agiata, forte rispetto alle compagne su cui, senza alcun motivo, sfogava il proprio veleno. Amata. Nell'ultimo anno aveva girato tutte le carte del proprio destino, leggendovi la verità assoluta. Aveva perso sicurezza in se stessa e nel proprio futuro. Aveva perso fiducia nel mondo e nelle persone che aveva creduto potessero amarla. Aveva patito la solitudine e la malinconia di quei gesti, ed ancora ora, viveva quel dramma. Aveva paura. Ne aveva di continuo e le sembrava non importasse a nessuno.
    Scattò d'un tratto quando vide Mason avvicinarsi, le mani protese verso le sue braccia. Scivolò sul terreno, arretrando. Negli occhi il panico. «Non mi toccare!» Chiunque avrebbe potuto leggere nei suoi occhi, il pericolo. Una devastazione non contenibile. Quando infatti il Chesterfield tentò un nuovo approccio, la reazione di Helena fu istantanea, ed eccessiva. «Non mi devi toccare.» Urlò fino a sentir dolere le corde vocali mentre la mano si muoveva di scatto ed il vetro retto in una mano, si scagliò contro il suo volto. Uno scatto veloce, prima di sgattaiolare via. Scivolare indietro fino a ritrovarsi con la schiena contro l'arbusto di un albero. Si fermò lì. Il respiro profondamente accelerato e lo sguardo impaurito e lucido.
    Il palmo si strinse contro lo specchio. Le sembrava il dolore fosse l'unico rimedio esistente per avere un contatto con la realtà ed al contempo, scappare da esso.
    «Vuoi sistemare tutto e poi rovini ogni cosa.» Biascicò lo sguardo basso mentre la tristezza la opprimeva. E forse non era a lui che parlava a quel punto. Quelle parole, quelle accuse, le rivolgeva a se stessa. Era lei che rovinava tutto. Lo aveva sempre fatto e continuava a farlo. «Non c'è niente da sistemare. È già tutto rovinato.»
     
    Top
    .
  5.  
    .
    Avatar


    Group
    Studente Accademia
    Posts
    845

    Status
    Anonymous


    La negazione con cui cerca di convincere lui calca un sentiero certo, passi sicuri che solcano profondamente l'evidenza per lasciarvi su orme spesse abbastanza da plasmare una nuova realtà. Una che non attecchisce alle consapevolezze del Chesterfield. Avanza per tal motivo spinto dai propri azzardi, finendo ancora una volta per raggiungere un punto di non ritorno. Lo sembra, mentre Helena gli urla contro come colta da un incubo improvviso di non toccarla. E' davvero Mason che i suoi occhi riflettono o nelle sue iridi lucide si è incastrata l'ombra di un mostro da cui scappare? Quanto di ciò che vede è reale? Quanto di ciò che vive è tangibile? 'Voglio solo aiutarti.' Le intima avvicinandosi nuovamente per prenderla con sé. Diverse volte il potere di un abbraccio ha fatto in modo di calmarla. Ha assopito i suoi demoni ed insieme sono stati capaci di tornare a respirare, di trovare ristoro in quella piccola bolla di reciproca premura. C'è un tarlo demoniaco che si è adesso insidiato tra loro. Un piccolo scricciolo invisibile ed apparentemente insignificante, che ha scombussolato la mente della ragazza. Un mostro di quelli che agiscono nell'ombra, che si stanano a fatica e che solo una volta aver raggiunto limiti come questo si palesano agli occhi altrui. In un attimo, l'effettività di quel demone salta dritto sul suo viso. 'Sono io!' Estranei. Lo diventano per pochi secondi, un battito di ciglia, un alito di vento sfuggevole. Chiude le palpebre, mentre l'angolo appuntito di quello specchio traccia una scia brucente sulla sua pelle. Stilla dal suo viso il vermiglio effetto di quella disconnessione, il frammento di ciò che sono stati l'uno per l'altra. Di ciò che Mason è stato per lei. E si racchiude in quella consapevolezza un'assonanza stridente di quella faccenda: anche Helena non è più la sua Helena. Non adesso. Si domanda, per un attimo, da quanto tempo realmente abbia cessato d'esserlo. 'Porca puttana...' Si lamenta a denti stretti, la mano premuta contro l'occhio, la fronte, lo zigomo. La palpebra duole poco, quasi per nulla, ma resta serrata sotto il fluire del sangue colato dal sopracciglio. Quello brucia prepotentemente, all'unisono con la guancia che mantiene il capolinea di quello smacco improvviso ed ancora indefinito. L'occhio libero si punta sulla ragazza. La osserva indietreggiare, come colta da un terrore che la devasta. Vi ha già assistito e sebbene faccia male quanto le volte precedenti, capisce che rivolgersi con irruenza ed avventatezza non migliorerebbe le cose. Affannato e confuso, fa il pieno di pazienza, mantenendosi a distanza mentre si china sulle ginocchia, solo per porsi al suo stesso livello. 'Non è rovinato. E' tutto a posto, ok?' Cerca di riportarla alla realtà, perché è l'unico tentativo che gli resta. Il tono basso e comprensivo assume le sembianze della gentilezza dedicatale tra le mura della sua stanza. E come quel contesto, tanti altri prima ancora. Si costringe di nuovo a superare la superbia, la paura, pur di riportarla a quell'universo da cui la sua mente tenta disperatamente di farla scappare. 'Va tutto bene. Non proverò a sistemare niente, mh? Non ce n'è bisogno.' Si muovono cautamente quelle parole. Scivolano verso le orecchie dell'altra carezzandola, avvolgendola con delicatezza innata. Forse sarà l'ennesimo errore da appuntare alla loro lista infinita. Se funzionasse potrebbe però aiutarla, farlo davvero. Curarla e poi riportarla al sicuro. 'Guardami. Hel?' Richiama a sé il suo sguardo. Ci prova ancora, sfoderando pezzi di passato che gli diano soccorso. 'Bimba...?' Azzarda infine, l'occhio libero a ricercare i suoi, mentre la mano si impiastriccia sempre di più di quella lava che sgorga dalla sua fronte. 'Sono io. Non voglio farti del male.'


     
    Top
    .
  6.  
    .
    Avatar


    Group
    Caposcuola
    Posts
    849

    Status
    Offline
    Mentiva. La guardava negli occhi e mentiva. Le diceva che tutto sarebbe andato bene, che la realtà lo era, ma si chiedeva come avrebbe potuto esserlo. Come e quando il suo cuore avrebbe smesso di sanguinare a quel modo? Quando respirare non sarebbe più stato così dannatamente doloroso. Ed aveva ragione, ora lo capiva. Lui non voleva farle del male. Lo capiva dal modo in cui provava ad occuparsi di lei, nonostante tutto. Poteva però considerarsi veritiero il contrario? «Te ne farò io.» Il suo sguardo si piantò sul sangue che copioso filtrava tra le dita pressate contro il suo volto. Arretrò ancor di più appiattendosi contro l'arbusto alle sue spalle. Le sue mani sporche di vita, non furono un'immagine nuova. Il panico provato in quel momento, tornò a bussare al suo petto, togliendole il fiato. Ancor peggio fu prender coscienza del gesto compiuto. Guardare le sue mani e vederle sporche del sangue della persona amata.
    Si lasciò scappare un verso spaventato mentre arretrava ancora, senza poter andare da nessuna parte. Pulì le mani sulla propria divisa, il fiato corto rotto dai singhiozzi. Lasciò lo specchio, che cadde sull'erba poco lontano.
    Le sembrò di essere precipitata in un incubo ancora peggiore.
    Ed avrebbe voluto scappar via da lui e dal suo sguardo ma non le riuscì farlo. Fu lui a trattenerla. Rispose al suo richiamo, assecondò le sue parole. Lo guardò. Lo sguardo perso e colmo di paura. Bimba. Doveva sembrarlo sul serio a quel punto.
    Lentamente alzò una mano sul suo volto, annullando la distanza che aveva preteso. Posò il palmo sul suo dorso macchiato. Il liquido caldo del suo dolore fu una nuova stilettata sul suo petto dolente. «Devi andare in ospedale.» Biascicò, gli occhi lucidi, mentre chinava il capo per poggiare la fronte contro il suo mento. Un modo di essergli accanto senza guardare la devastazione provocata, ancora una volta, sulle persone a cui voleva bene. «Mi... dispiace. Mi dispiace.» Lo sussurrò mentre continuava a reggerlo e al contempo a cercare riparo. Da se stessa prima di tutto.
     
    Top
    .
  7.  
    .
    Avatar


    Group
    Studente Accademia
    Posts
    845

    Status
    Anonymous


    Si plasma sotto i loro occhi uno scenario nuovo, ancora. Di remissività, la stessa protagonista dei loro incontri occulti a casa del fratello. E' incomprensibile, spiazzante la rapidità con cui passa dal bianco al nero e viceversa, nessuna via di mezzo a ristabilire la normalità condivisa anni prima, come se ci fossero dei tasselli mancanti nei meccanismi che guidano Helena. Nemmeno lui sembra più riuscire ad attutire l'irruenza di quelle emozioni catastrofiche, sebbene le sue parole abbiano spento la rabbia dell'altra, lasciandone stille di dispiacere, tristezza e senso di colpa che sgorgano immediatamente dai suoi occhi. Asfissiante doversene sentire sollevato, mentre accoglie il palmo della ragazza sul dorso della mano macchiata da quel peccato indefinito e la sua fronte appena sotto il mento. 'Tranquilla, non è niente.' La accoglie a sé, tentando di confortarla mentre il braccio libero accerchia le sue spalle. Carezze delicate quanto confuse quelle che le dedica, mentre approfitta di quello stato di apparente mansuetudine per trascinarla dove potranno accertarsi non corrano alcun pericolo. Lei soprattutto. 'Vieni con me, ok?' Sposta le dita tra i suoi capelli, stabilendo un'intimità che, per quanto rigida, la riporti ancora una volta alle memorie di tempi in cui tutto andava davvero bene. 'Non al San Mungo. Troviamo un pronto soccorso a Londra.' Preme le labbra contro la sua testa, innaturale ma spinto dalla forte necessità di prometterle la protezione di cui ha bisogno. 'Così i tuoi non sapranno niente.'

    Non è stato difficile convincerla, troppo alienata da ciò che la circondava e dai fatti appena avvenuti perché potesse opporre resistenza in alcun modo. Raggirare i medici babbani è stato altrettanto semplice e nell'arco di qualche ora hanno entrambi ricevuto l'assistenza di cui necessitavano. Spicca una benda bianca sulla sua fronte, a coprire i punti di sutura che spaccano la linea finale del sopracciglio. Quanto alla guancia, non si tratta che di un graffio superficiale. Ed anche le ferite della Haugen, sebbene ricoperte di un'ingente quantità di sangue, non hanno raggiunto limiti preoccupanti. In poco tempo, a seguito di domande scettiche dei dottori, rivoltegli in particolar modo sullo stato fisico e mentale di Helena, ne sono venuti fuori. Rimastica sotto la lingua tutte le realtà taciute, le omissioni suggerite sotto forma di un incidente con una finestra andata in frantumi. Fuma a bocca stretta una sigaretta, sospirando nuvole bianche e sospetti di autolesionismo cui i dottori hanno più volte fatto accenno. Troppe informazioni perché riesca a collegare razionalmente i puntini stagliatisi nel corso delle loro visite. E quell'orgoglio che si rifiuta ancora di vedere quanto male lei provi dentro di sé, ha messo da parte ogni principio di diagnosi. Non ha insistito, insomma, per approfondire la faccenda. L'ha trascinata via da quelle mura bianche accecanti e siede ora al suo fianco sulla panchina di un parco, offrendole una cicca dal pacchetto mentre consuma il proprio filtro silenziosamente. 'Dovresti mangiare qualcosa. Possiamo andare in un bar o un pub... dove ti pare.' Rompe così quel silenzio, non mancando di mostrare adesso, nella quiete momentaneamente puntatasi tra loro, il nervosismo evidente di cui il suo viso è preda. Ed anche i gesti, le dita tremanti, il piede che batte sull'asfalto compulsivamente, le boccate troppo consistenti aspirate, tradiscono l'agitazione che accerchia i suoi infiniti dubbi. 'Posso sapere perché l'hai fatto?' Si volta verso di lei, cercando un contatto col suo sguardo lontano, provato, lucido. Agisce da cane, da insensibile e rozzo delinquente come è sempre stato abituato a fare, e se ne sente di rimando tramortito; per quanto male gli faccia, non riesce a farne a meno. Non riesce a mettere ancora da parte la rabbia provata per i malsani gesti estremi che Helena continua ad attuare. 'Io mi rifiuto di prendermi la colpa del tuo malessere, ok? Non ho fatto un cazzo di niente stavolta.' In fondo è consapevole non dipenda da lui. Non è un ritardo, né alcuna azione che possa aver alimentato le sue consuete paranoie. Non c'è stato nulla che possa aver scatenato quel dramma improvviso. Nulla che abbia a che fare con lui. Nulla che non sia strettamente legato a se stessa. 'Che ti hanno detto lì dentro?'


     
    Top
    .
  8.  
    .
    Avatar


    Group
    Caposcuola
    Posts
    849

    Status
    Offline
    Assecondò le sue parole, affidandosi del tutto a lui. Non era la solita Helena e non lo era da tanto. Sembrava lo spettro di se stessa, una brutta copia sbiadita della ragazza caparbia e decisa che era sempre stata. Non oppose resistenza nemmeno alle cure dei medici. Troppo persa e lontana per porre reale attenzioni a quel che le succedeva attorno. Il suo sguardo spento, sembrava accendersi soltanto quando Mason era nei dintorni. Era quasi come se l'altro fosse ormai l'unico punto fermo su cui fare riferimento.
    Con le bende intorno agli avambracci curati e le spalle basse, seguì Mason fino ad una panchina sulla quale si sedette senza proferir parola. Le labbra serrate, lo sguardo fisso dinanzi al via vai di persone che passavano lì accanto. A ridestarla non furono le parole del Chesterfield, ma l'avvicinarsi di una persona che sembrò voler sedersi accanto a loro. Scattò fulminea come un gatto spaventato, avvicinandosi a Mason come a cercare ripare. L'uomo, spaventato a sua volta, sembrò ripensarci ed andò via.
    Solo a quel punto, Helena si guardò attorno, puntando il proprio sguardo in quello di Mason accanto a sé. Non fu difficile leggere nelle sue parole la rabbia. Poteva comprenderla, eppure se ne sentí afflitta e spaventata.
    «Avevo paura.» Biascicó in risposta. Immaginava non avrebbe chiarito quale fosse il nesso con l'atto compiuto. A mente lucida persino per lei sembrava non esserci un senso in tutto quello. Eppure il dolore la riportava alla realtà. A volte sentiva di meritarlo. La sua vita sarebbe stata diversa altrimenti. Forse il dolore provato, era destinato a lei.
    «Non lo è. È colpa mia.» Mason non aveva colpe. Era stata lei dopotutto a sfregiare il suo volto e non il contrario, ed il senso di colpa le stringeva il cuore in una morsa dolente. Il senso di colpa la logorava, eppure non riusciva ad a lasciarlo andare. Probabilmente era troppo egoista per scegliere di salvarlo da se stessa.
    «Niente.» Mentí. Non sarebbe stato difficile intuirlo. La risposta fu secca e decisa, atta a mettere a tacere quei discorsi. Non potette fare a meno però di rimuginare su tutto quel che era accaduto. Immaginò che l'unica cosa che potesse fare a quel punto per cercare di liberarsi di parte del senso di colpa, era dargli le mezze verità possedute.
    Chinò il capo. Le dita a stuzzicare la benda sul braccio oltre la quale ancora esistevano profondi solchi rossi.
    «Dopo Volhard i miei mi hanno spedito da uno strizzacervelli perché non riuscivo più a dormire.» Mason doveva ricordarselo bene. Stare con lui l'aveva aiutata, ma a volte nemmeno la sua presenza era stata in grado di calmare i suoi incubi. Per questo aveva fatto ricorso alle pillole. Le stesse che aveva trangugiate in un sol boccone nel tentativo di smettere di sentire. Smettere di provare paura. «Mi ci hanno rimandato di recente, dopo la mia fuga.» Aggiunse poco dopo storcendo il muso mentre lentamente tirava su il capo per indirizzare il proprio sguardo lucido in quello dell'altro. «Non so ancora cos'è, ma non sei tu.» Era quella l'unica verità posseduta a quel punto. Tutto ciò che poteva dargli per tentare di risollevare il suo morale, liberandolo dalle responsabilità che non aveva.
    «Vuoi che vada via?» Quella domanda arrivò con un tono sommesso e sottile, afflitto dell'eventualità di una risposta positiva.

     
    Top
    .
  9.  
    .
    Avatar


    Group
    Studente Accademia
    Posts
    845

    Status
    Anonymous


    'Non puoi rischiare di ammazzarti ogni volta che hai paura.' Sbotta indelicato, incapace di capire, forse solo indisposto verso quel dolore. Non vi si addentra, perché spaventato di esserne fautore. Avvolto dalla codardia, continua a mantenere un distacco falso dai problemi che affliggono con insistenza sempre maggiore la ragazza. Le dice di smettere di fare i capricci, di rimettersi in sesto e tornare a ragionare. Le dice di crescere, di non vestire più i panni di una bambina viziata. La attacca ogni volta che è incapace di venire a patti con la possibilità di essere colpevole. Patisce ancora gli effetti di ciò che ha subito a causa dei suoi sporchi progetti e della sua vita incasinata e criminale. Sentirla darsi la colpa non quieta i suoi pensieri. Ascoltare la risposta secca innesca solo più dubbi nella sua mente, tarli che corrono ogni tentativo di calmarsi lasciando il posto ad un miscuglio vorticante di timori. Cosa c'è che non sa? Cosa manca tra le nicchie delle verità che conosce? 'Come ti pare.' Soffia una resa apparente, guardandosi attorno pur di non incontrare i suoi occhi. Specchiarcisi gli farebbe ancora più male. Vedersi riflesso in uno sguardo sperduto e totalmente fuori controllo lo manderebbe allo sbaraglio. Non è un asso nel mantenere la calma e vista la situazione delle cose, esplodere non porterebbe ad alcuna soluzione. Non l'ha mai fatto davvero. Non c'è scossone emotivo che tenga quando le più velenose parti di sé vengono fuori. Resta però in ascolto del suo racconto, riformulando nella propria testa le spiegazioni che gli rivolge per ricavarne qualcosa che abbia un senso. Trema di furore all'idea ci sia Volhard alla base di tutto quello, eppure non può fare a meno di credere che forse avrebbe dovuto aspettarselo. Sarebbe davvero più semplice se avessero la certezza di cosa sia? Una parte di sé non può fare a meno di credere che a quel punto tutto diventerebbe solo più complicato. Non emette un fiato a riguardo. Ha bisogno di rifletterci, di assimilare quelle mezze verità per prepararsi a comprendere tutto ciò che gli è estraneo. Solo quando lei gli pone quell'ultima domanda, si volta di scatto verso di lei, fronte corrucciata ed espressione aggrottata nella contraddizione. 'No, che cazzo.' Risponde come se fosse assurdo anche solo pensare che lui voglia vederla andare via. Perché lo è. I suoi modi però non lasciano trasparire intenzioni opposte ed è per questo che si costringe alla calma, palmi pressati contro le tempie, occhi chiusi e respiri profondi. Rimette in ordine i pensieri, insieme con le priorità. Ed a quel punto, voltatosi di nuovo contro di lei, lascia scorgere oltre la durezza nel suo volto le tracce di preoccupazione e dispiacere che vi albergano sotto. 'Non lo riesci a controllare, mh?' Domanda quasi retorico, prima di procedere. 'Io ho visto... cosa ti prende. Ho visto come stai quando ti succede.' L'ha vista graffiarsi, ripetutamente, ogni volta che il dolore, l'angoscia o la paura si sono fatti troppo forti. L'ha fatto con furia esplosiva, plateale, e ha continuato di nascosto, aggrappandosi con le unghie alla propria carne come fosse l'unico appiglio per non andare a fondo. Non ha mai detto nulla. Non gliene ha mai parlato. Forse è stato il più grave degli errori commessi e si sente caricato del peso di un'omertà figlia di troppi eventi sottovalutati. 'Credevo solo fosse un...' Capriccio? Uno sfogo? Un attacco di rabbia momentaneo? Sospira, troncando di netto opinioni che lederebbero alla sua tranquillità. Ha già pensato troppe volte di non avere più valore nella vita dell'altro. Convincersi ancora una volta di doverlo affrontare da sola la massacrerebbe e Mason ha smesso con i delitti. Ha smesso di farle del male ogni volta che si è presentata l'opportunità di evitarlo. 'Ascolta, io non lo capisco. Ma vorrei capirlo.' Le rivela infine, sospingendo la propria mano verso la sua per afferrarla con lentezza, leggero. 'Ti va se proviamo a scoprirlo insieme?' Non la lascerà sola. Non può. Contro ogni pronostico della rabbia provata, si rende conto di non poter fare a meno di ricercare con spasmodica frenesia la meta che le doni la serenità perduta. Rivuole indietro la ragazzina spensierata e felice che ha conosciuto. E' pronto a sotterrare ogni incomprensione pur di riaverla con sé.


     
    Top
    .
  10.  
    .
    Avatar


    Group
    Caposcuola
    Posts
    849

    Status
    Offline
    Percepire la sua freddezza non fu piacevole e la spinse a riversare il disagio provato verso la pelle del suo polso. Stavolta però allentò la presa prima che il sangue potesse colare dalla sua pelle. Chiuse gli occhi, respirò. Tentò di mantenere la calma, sebbene calma non lo fosse da giorni ormai. Avrebbe voluto a tornare a più di un anno prima, a quando le cose, pur se complicate, riuscivano sempre a risolversi e loro a ritrovarsi. Ora, seppur vicini, continuava a sentirsi lontana da tutti. Lo era lui. Continuava a starle accanto ma il rancore nei suoi riguardi era innegabile e la feriva.
    Fece spallucce.
    Si pentí di avergli raccontato la verità. La meritava dopo le bugie a cui lo aveva costretto, ma vederlo cambiare repentinamente atteggiamento e modo di fare, vederlo essere propenso ad un'ulteriore pazienza nei suoi riguardi solo per pena, la angosciava. Il suo orgoglio, calpestato da settimane ormai, sanguinava.
    «Non so nemmeno cosa dovrei controllare.» Strinse le labbra facendo spallucce. Non aveva la minima idea di cosa avesse di strano, di cosa si fosse rotto da quel momento atroce. Sentiva solo di non saper più chi essere. Si sentiva perduta ed aveva costantemente paura. Non era più se stessa né qualcun altro. Non era niente. Nessuno.
    «Il capriccio di una bambina? Sì. Mi era chiaro.» Completò la frase dell'altro, supponendo volesse concluderla a quel modo. Non sarebbe stata una novità, neanche per lui. Era quello che il mondo aveva sempre creduto di lei e quello per cui probabilmente era stata punita. Ora però non era più una bambina. La sua innocenza le era stata strappata e distrutta. I capricci di cui veniva accusata, erano disperati gridi d'aiuto nel buio torbido del mare di angoscia in cui era finita.
    Ed indugiò dinanzi alla sua proposta. Avrebbe voluto semplicemente dirgli di sì, che avrebbe accettato la sua proposta. Che si sarebbe impegnata a cercare di capire, e magari anche risolvere, quel groviglio che rovinava le sue giornate. A cosa sarebbe servito però? Lei non credeva in un futuro migliore a quel punto, e Mason si spingeva a tanto solo per pena.
    Chinó il capo, rimuginando per qualche istante. Il silenzio che ne derivò fu una chiara risposta alla domanda dell'altro.
    «So che ti ho praticamente supplicato di restare.» Cominciò, il cuore in frantumi mentre prendeva consapevolezza di quel che faceva. Non lo stava allontanando, non ne avrebbe avuto il coraggio o la forza. «Non ho cambiato idea.» Chiarí quindi poco dopo. Si lasciò andare ad un sospiro tremulo prima di continuare. Quel che provava a fare ed liberarlo. Liberarlo del groppo amaro che aveva ingoiato per lei. «Ma non devi farlo per forza. Non devi assecondarmi solo perché hai paura Gli spiegò con un fil di voce, quasi temendo una risposta. Di qualsiasi tipo. «Lo so che ce l'hai con me.» Essere odiata, rientrava tra le proprie paure, ed ancora più tra le cause delle sue esplosioni.

     
    Top
    .
  11.  
    .
    Avatar


    Group
    Studente Accademia
    Posts
    845

    Status
    Anonymous


    Stillano attimi di razionalità oltre la nebbia confusionale che avvolge la ragazza. Si risvegliano di tanto in tanto da quell'universo assopito le consapevolezze marcate di prepotenza sul volto del Chesterfield e sulla meccanicità dei suoi gesti. Un punto notevole e quasi rassicurante, se solo il contesto di cui sono protagonisti non fosse un campo di battaglia giunto ad un'irruenta conclusione, terra arsa di sentimenti, certezze bruciate sotto le cannonate di quell'incognito ed indecifrabile malessere e di tutti gli errori che ne sono derivati. Rotea gli occhi allo scetticismo secco dell'altra. Vorrebbe opporsi e contraddirla, ma non varrebbe a molto. Non le farebbe cambiare idea ed un fondo di verità in quelle considerazioni c'è davvero. Tuttavia sopportare il modo con cui, sebbene tremante dal timore di doversela cavare da sola e vederlo ancora una volta scappare da responsabilità troppo grandi di cui non ha voglia di farsi carico, lo considera chiamato fuori dai giochi è difficile, ai limiti dell'impossibile. Rasenta una resa che nonostante tutto non è reale. Un ennesimo fraintendimento che solo parole altrettanto dure possono smentire. O provarci almeno. Lascia la presa sulle sue mani con aria scocciata, il capo ondeggia in un diniego di non accettazione e le labbra tornano a stringersi con estrema prepotenza attorno al filtro rimasticato dai denti della sigaretta quasi del tutto consumata. 'E questo esclude la volontà di aiutarti?' Sbotta nuovamente, schioccando la lingua contro il palato prima di sbuffare la realtà che imperterrita brucia al centro del suo petto e delle forti memorie che custodisce. 'Sono ancora incazzato, ma non si cancellano due anni come questi per qualche giorno di rancore. Ficcatelo in quella testolina.' Brusco, racconta la propria verità. Una che supera la rabbia, l'offesa, tutte le ferite profonde con cui gli tocca avere a che fare nell'ombra. Ostentare benessere e sicurezza non è che la maschera della debolezza provata. Messo alle strette da ciò che un amore tanto forte ha scatenato in lui, sceglie quotidianamente di non permettergli di soggiogarlo. Ma ne soffre ed è altrettanto evidente ad Helena. Renderla partecipe di questa consapevolezza lascia scoperte le sue cicatrici. Azzardare un disinteresse circostanziale è l'unica soluzione per combattere quella vulnerabilità. 'La paura non c'entra.' Non come sembra intenderla lei. Soffre al pensiero Helena possa farsi del male irrimediabilmente. Si sente sconfitto ogni volta che la propria mente si proietta su scenari futuri in cui lei non rimanga che un ricordo, cenere sotto un terreno che ha accolto le sue battaglie ma non le ha permesso di vincerle. Accelerare quel processo di perdita... quello lo spaventa, sì. Ma l'idea di avere a che fare ancora una volta coi crudeli traumi della morte gli toglie letteralmente il fiato. E quella non è più una semplice, blanda paura. Quello è ciò che l'innamorarsi comporta una volta consolidatosi. Arrivare al punto in cui si è certi di non poter più vivere senza l'altra persona al proprio fianco. Sul momento, non può che apparire così. Perdercisi di continuo è come smettere automaticamente di esistere. Da spettro di quel teatrino di mostri e mancanze, si attacca alla superficialità che lo liberi dall'oppressività di quei pensieri. Si tira in piedi per questo, scacciando quella parentesi di rivelazioni e la pesantezza che si è trascinata dietro per mettere in chiaro la propria presenza in tutta quella storia. Perché vuole esserci, non perché abbia una paura fottuta che gli dilania il petto. 'E ora vieni a mangiare qualcosa o vuoi che continui a fingere non me ne importi un cazzo?'


     
    Top
    .
10 replies since 8/9/2021, 18:38   101 views
  Share  
.
Top