Psychotropic_

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    I tacchi riecheggiano dietro di me, i visi sconosciuti mi osservano alle volte con un sorriso di benvenuto, qualcuno si domanda se mi ha già vista avvolta in quel camice che mi hanno prestato oggi. Seguirò un caso speciale, un bambino con problemi che scoprirò quando prenderò in mano la sua cartella. So che è stata richiesta la mia presenza, probabilmente si tratta di una collaborazione e non sarò di certo sola. Il dottor Brown è stato gentile a infilarmi a suo tempo in un contesto per curare un signora semi abbandonata dai parenti. Mi stringe il cuore realizzare che la vecchiaia alle volte è sinonimo di allontanamento di questo tipo. I vecchietti e quelli con problemi di Alzheimer sono quelli che necessitano secondo me di più vicinanza. Bisogna stare loro accanto.
    Le nocche bussano sulla porta bianca, dovrebbe essere quella giusta. Buongiorno dico con un sorriso smagliante stringendomi nel camice bianco. Sono Ariana Mia Sandberg, sono quì per l'appuntamento per il caso Lefevre.
     
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    Assicuratevi di avere le mani pulite, prima di toccare il cuore di una persona.

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    Venus McDolan • 35 y. o. • Guaritore • PC
    Un discreto bussare alla porta mi fa sollevare gli occhi dalla cartella che sto studiando. La richiudo rileggendo ancora una volta il nome che la contraddistingue.
    Aaron Lefevre
    Adoro i bambini, trovo che siano le cose più preziose che la vita può regalare. Avendone quattro so di cosa parlo, delle difficoltà e delle paure che si affrontano per metterli al mondo e crescerli. So anche quanta gioia sanno dare, quanto ognuno di loro sia speciale. Per un genitore un figlio è vita, un pezzo di cuore senza il quale vivere diventa vegetare.
    Purtroppo anche le creature più piccole ed innocenti possono avere problemi. Nel caso di Aaron si tratta di scoprire cosa provochi il disturbo di cui soffre da qualche mese.
    Clinicamente non ha problemi. Gli esami a cui è stato sottoposto non rivelano patologie mediche ma Aaron non parla, pare non senta nemmeno. Fissa avanti a se un punto indefinito e rimane indifferente a tutto ciò che lo circonda. Non risponde a nessun tipo di sollecitazione ne tattile, ne uditiva e neppure visiva. Anche il suo olfatto sembra compromesso. Si nutre, mangia da solo, non accetta l’aiuto di nessuno per lavarsi e curare la sua persona e dorme pochissimo, pare abbia paura del buio cosa che, a quanto riferiscono i genitori, non ha mai avuto nemmeno da più piccino. Qualcosa dentro di lui è scattato e si isolato dal mondo. Vive per i bisogno primari, quelli dettati dall’istinto di sopravvivenza ma per il resto sembra una statua.
    I genitori hanno chiesto la consulenza di una specialista esterna, vorrebbero un consulto fra me che ho seguito il suo stato fisco e uno specialista . Ho ritenuto opportuno contattare la dottoressa Sandberg. Non la conosco di persona ma so da fonte certa ed affidabile si tratti di una professionista competente e preparata.
    Trattandosi di un bambino di soli sei anni, figlio di maghi, credo che lei possa essere la persona più adatta in quanto mi è stato riferito non sia solo in gamba ma anche molto sensibile ai problemi delle categorie più deboli come anziani e bambini.
    La mia assistente l’ha contatta e la psicologa si mostrata disponibile a prendere in esame il caso. Di comune accordo abbiamo deciso, per questo primo contatto, di rapportarci da sole in modo da poter parlare più liberamente del caso del piccolo Aaron che è ricoverato nella nostra struttura e guardato a vista giorno e notte dagli infermieri del reparto. Non sembra in grado di farsi del male ma noi Guaritori non dobbiamo sottovalutare nemmeno questa possibilità.
    Scostando la sedia il metallo con cui è costruita stride sul pavimento del mio ambulatorio. Il numero 7. Sulla porta è inciso il mio nome. Spero non sia stato difficile per la collega trovarlo. L’accoglienza la San Mungo è ben seguita ed organizzata.
    La porta si apre ed entra una donna in camice alla quale vado incontro con la mano tesa.
    Venus McDolan. Si accomodi dottoressa, la stavo aspettando e la ringrazio per la puntualità
    Scosto una delle due poltrone adibite al ricevimento e mi siedo nell’altra preferendo evitare di mettere fra noi la scrivania.
    Ha fatto buon viaggio? Gradisce qualcosa da bere? Non le consiglio il caffè ma la nostra macchinetta fa un the decente.
    Il caffè del San Mungo penso sia una delle medicine più schifose di tutta la scorta di pozioni e medicamenti che abbiamo a disposizione.


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    Edited by venus - 3/8/2021, 13:45
     
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    Vengo accolta con calore dalla dottoressa. Tendo la mano stringendola saldamente e la copro con le mie dita un po' come si fa quando si fa con le vecchie amicizie. Molto piacere Ripenso un po' a Cristina, quando verrò a lavorare ufficialmente qui forse saremo più vicine che mai e allora la scuse per bere un buon calice di vino non sarà più così difficile.
    Spero che a fine giornata ne parleremo meglio, della mia sistemazione qui, non so se con lei o con chi di dovere. Sono cuoriosa di sapere chi é il responsabile dell'ospedale. Negli anni sarà cambiato infine ero molto giovane quando ho lavorato qui per un periodo. Me ne ero andata per lo stesso motivo per cui oggi sono qui. Forse ero debole, incapace di non sentirmi in colpa per quelle persone con cui non si riusciva ad ottenere miglioramenti. Essere una psicologa va bene ma poiché sono specializzata in psichiatria la faccenda è ardua. I casi e i pazienti sono molto ostici alle volte. E io metto tutta me stessa, la dolcezza e mi prostro per loro. Spero che l'approccio sia cambiato. Sono qui per riprendere saldamente in mano il tutto dove l'ho lasciato incompleto.
    Mi accomodo in una poltrona che mi indica e annuisco. Mi fido di lei dottoressa, prendo ciò che prende anche lei, se il caffè è così cattivo lei é una fonte molto attendibile. Accavallo le gambe mentre parla, siamo pronte a parlare del soggetto. Tendo la mano convinta che abbia una copia per me o che mi passi la cartella per apprendere almeno le notizie base. Ha già fatto degli esami? Come risponde? Come si presenta? Spero di vederlo dal vivo tra non molto. Se non oggi almeno a breve. Viaggio rapido mormoro sorridendo facendo intendere che ho usato un metodo magico. Tornare qui comunque é sempre un tuffo nei ricordi, non é cambiata la sensazione di sentirsi a casa.
     
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    Venus McDolan • 35 y. o. • Guaritore • PC
    Charity, la mia infermiera nonché la segretaria più impicciona del creato, spunta dalla camera attigua al mio studio. Scuotendo il capo sorrido chiedendo mentalmente scusa con gli occhi alla dottoressa.
    Proprio te cercavo. Ti spiace portarci due the per favore? Poi vai a controllare Aaron. Più tardi voglio un rapporto esatto di come ha trascorso le ultime quattro ore.
    Charity è un’amica oltre che la mia assistente. Si fa un po’ tanto i fatti miei ma è una cara ragazza, precisa ed efficiente.
    Mi premuro di coinvolgerla affinchè non si senta esclusa. Si lavora molto meglio con accanto collaborati che si sentono partecipi di ciò che succede.
    Dottoressa Sandberg questa è Chariry, la mia assistente ed il mio braccio destro per ciò che riguarda le scartoffie. Charity lei è Ariana Mia Sandberg, collaborerà con noi per il caso di Aaron Lefevre.

    Mentre io e la dottoressa esauriamo i primi convenevoli l’infermiera, dopo aver salutato la Strega con le guance arrossate dall'imbarazzo, esce per tornare dopo pochi minuti con le bevande che lascia sulla mia scrivania per poi andare ad adempiere ai propri doveri.
    Non sento di dovermi scusare oltre per lei. Mi fido della mia assistente e so quanto vale. Trovarne di valide non è facile e lei è affidabile nonostante il piccolo difettuccio di essere un po’ curiosa.
    Allungando il braccio recupero dalla scrivania la cartella di Aaron e la porgo alla giovane e bella donna che mi siede accanto. Spero si possa fidare di me anche come professionista e desidero venga a messa al corrente di ciò che è stato fatto per il bambino.
    Qui troverà tutto quello che, dal punto di vista clinico, abbiamo fatto per il ragazzino. Alcuni esami li abbiamo ripetuti più volte e se lei lo ritiene opportuno li faremo di nuovo ma non abbiamo riscontrato nulla di anomalo. Sembra….bloccato. Non riusciamo a capirne la ragione.
    Non posso essere io a suggerile come procedere; ho il sospetto che fare una chiacchierata con i genitori di Aaron potrebbe essere utile se non illuminante ma sarà la specialista a seguire l’iter che ritiene più opportuno.
    Per esperienza personale so bene quanto il comportamento dei genitori possa influire sulla stato psicofisico dei figli e questo è il campo della dottoressa che meglio di me saprà come procedere.
    In quel senso io sono la persona meno adatta essendo coinvolta in quel marasma di problemi, temo di non poter essere sufficientemente obiettiva.
    Consegnato il dossier nella mani della Strega, mi incuriosisco sentendola parlare di ritorno.
    Prendo fra le mani il bicchiere del the prima di esprimere la mia curiosità a riguardo.
    E’ un bell’ambiente. Non so che ricordi lei abbia di queste corsie ma ci sono professionisti preparati e colleghi disponibili. Come tutti i posti di lavoro ci sono anche alcuni lavativi e qualcuno che tende a fare il furbo ma in fondo è un piccolo concentrato di ciò che c’è fuori. Manchi da molto?
    Mi rendo conto avere iniziato il discorso dandole del lei e di averlo finito con il più colloquiale tu. Forza dell’abitudine, fra colleghi si usa ma ritengo corretto esprimere che mi è venuto spontaneo.
    Possiamo darci del tu se non ti dispiace. Siamo colleghe e se vuoi, quando avrai guardato i referti, possiamo fare un viaggio fra i tuoi ricordi facendo un giro per l’ospedale. Sempre che tu abbia ricordi piacevoli di questo posto.
    Sorrido con la speranza di non essere andata a toccare qualche tasto stonato. Non vorrei proprio partire col piede sbagliato con quella signora che si mostra disponibile ed interessata al non facile compito che le spetta.




    Parlato


    Edited by venus - 4/8/2021, 22:50
     
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    Buongiorno, grazie mille per il the, io, mi sento anche troppo coccolata arrossisco appena mentre la ringrazio per i loro modi educati di accogliermi. Piacere di conoscerla le tendo la mano convinta che sia un modo caloroso di presentarsi la prima volta. Poi tutto il persobale del San mungo come in ogni altro ramo ospedaliero o che abbia a che fare con la salute merita il mio assoluto rispetto. Li metto sullo stesso piano, tutti sono utili e mirano solo alla salute del paziente. Certo così dovrebbe essere.
    Piu veloce del vento ci troviamo con i bicchieri sotto al naso e io con la cartella in mano. Capisco farnetico girando lentamente le pagine leggendo i valori degli esami piuttosto recenti. Bloccato ha detto? Accigliata alzo lo sguardo dalla cartella. Mi dica, quando è in compagnia di un suo caro, la situazione cambia? Lo trova teso, nervoso o spaventato? Mi domando se abbiamo dei riscontri a livello emotivo se posso malamente dire, facciale. Prendo un sorso.
    Per quanto il mio aiuto sia qui richiesto, capisco che Venus non c'era quando io ero una tirocinante e poi ho lavorato qui a fianco di un noto medimago. Da molti anni lavoro improprio al Nord spiego. Il the é buono e lo appoggio nel tavolino basso che ci divide. Certo, non mi offendo, proprio no..anche Ana va bene. Certo facciamolo pure, ho visto che l'aspetto è cambiato é sicuramente più moderno e accogliente. Ci alziamo e la seguo non prima di terminare la bevanda. Il corridoio è poco frequentato a quest'ora oppure siamo solo fortunate. Mi stringo nel camice e getto i capelli all'indietro. Dimmi Venus .. conosci i genitori del bambino?
     
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    Venus McDolan • 35 y. o. • Guaritore • PC
    Rimaste da sole la dottoressa prende visione della cartella di Aaron.
    Rimango in silenzio a guardala mentre scorre con gli occhi gli esami e i relativi esiti. Li ho controllati più volte e ancora non mi capacito del motivo per cui il bambino versi in quelle condizioni avendo praticamente tutti i valori nella norma.
    A quanto mi pare di capire dal suo sguardo non ha trovato nulla di anomalo nemmeno lei.
    Sospiro scuotendo il capo mentre la ascolto pormi delle domande tese a comprendere meglio la situazione.
    Non da nemmeno cenno di conoscere i suoi genitori. Non un sorriso, non un gesto. Il suo sguardo rimane fisso davanti a lui. Abbiamo provato a mostrargli immagini, a incitarlo a disegnare, ad ascoltare musica. Niente. Pare viva in un mondo tutto suo dal quale si rifiuta di uscire.
    Mi si stringe il cuore. Sono mamma, pensare che uno dei miei figli possa non riconoscermi mi angoscia.
    Mando giù il magone insieme ad un abbondante sorso di the pensando ad Alexander. Ultimamente si comporta in modo anomalo. Non siamo nemmeno vicini ai livelli di Aaron ma nonostante questo mio figlio mi preoccupa. Ho più di un sospetto di conoscere la natura del suo cambiamento e l’idea che ad Aaron possa essere capitata una cosa simile continua ad affacciarsi alla mia mente. La dottoressa sarà molto più obiettiva di me nel valutare e saper decifrare segni che io posso non avere colto. Un Guaritore per fare bene il suo lavoro non può essere coinvolto emotivamente.
    Passato il momento riprendo a prestare ascolto alla donna che accetta di poterci rapportare in maniera meno formale.
    Ana allora.
    Rispondo con un sorriso soddisfatto. Un clima disteso e cordiale non può che far bene ai pazienti e a chi li segue. Abbiamo il medesimo obiettivo, collaborare senza formalismi sarà più agevole.
    Mi alzo dalla sedia e faccio strada aprendo la porta. Percorriamo il corridoio che porta al cuore dell’ospedale, l’accettazione. Non è affollata al momento.
    Ana potrà vedere la Stregaccoglienza dare indicazioni ad un visitatore che sta chiedendo informazioni e un paio di barelle che, sospinte dalla bacchetta dei due infermieri, si dirigono verso gli ascensori.
    Seguiamo la loro scia e mentre attendiamo il nostro turno per salire cerco di approfondire la conoscenza.
    Troverai Londra molto calda venendo dal Nord ma spero ti troverai bene qui. Ricordi per caso il nome di qualche collega con cui hai lavorato? Se sono ancora in servizio potresti aver voglia di passare a salutarli.
    L’attesa di prolunga a causa di un ‘altra barella che sfrecciando veloce ci passa davanti. Sul lettino c’è una paziente. Una donna che chissà come e perché ha un calderone infilato in testa. Il tutto è avvolto da una tovaglia a quadretti bianchi e rossi. A prima vista pare incastrato e anche se non dovrei mi scappa un sorriso.
    Abbassando la voce mi avvicino ad Ana dando le spalle alla comica scena.
    Spero per lei non abbia dovuto arrivare fin qui in autobus


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    Edited by venus - 9/8/2021, 21:24
     
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    Aggrotto la fronte e rimango in silenzio ascoltando le parole di Venus. Se Aaron non risponde a stimoli esterni quotidiani cosa mai l'avrà colpito? Comincia vagamente a farsi strada l'ipotesi che ci sia lo zampino di qualcuno in tutta questa storia e che non si tratti affatto di una malattia strana. Che sia stato picchiato e che stia subendo dei risvolti psicologici? O che qualcuno abbia usato su di lui della magia oscura? Mi viene la pelle d'oca. Un bambino è sempre innocente e non dovrebbe subire nemmeno un incantesimo innocuo. Mi affido alle parole della dottoressa. Superata la reception e due barelle fluttuanti siamo in attesa di prendere l'ascensore. A dire la verità solo alcuni.. Cristina Yang per esempio le dice nulla? Quando il tasto si accende significa che possiamo entrare... Molti anni fa mi affiancò.. stavamo collaborando ad un caso che infine non ho più seguito per via del mio trasferimento. Qualche mese fa invece ho collaborato con un medico.. Lui si chiamava mmm mi tocco il labbro perché credo di averlo proprio dimenticato. Dottor Brown? Può essere? Chiedo in verità rivolta a nessuno. Sì, presso un altro ospedale. Invece di prendere il mezzo per salire le mie labbra si piegano a formare una O. Ma come è successo? Chiedo a bassa voce osservando una donna con un calderone incastrato in testa. Strani incidenti domestici mormoro. Per incastrarsi credo che il suo capo sia anche aumentato di volume.
    Passaporta le dico. Uso sempre la stessa per giungere in Inghilterra, faccio capolino dalla statua di Peter Pan. Ormai è un simbolo, tutti i maghi la conoscono. Da quanto tempo lavori qui? Domando mentre la donna in barella scompare in fretta. Finalmente é il nostro turno e siamo solo io e lei dentro l'ascensore che parte ad una velocità anomala. Sembra che lo stomaco sia risalendo attraverso l'esofago e mi finirà in bocca ben presto. Frena di botto ma non ci schiantiamo, lei è più allenata e pronta di me. Ci farò l'abitudine! Dico scacciando l'imbarazzo poiché ho quasi perso l'equilibrio. Dove andiamo? Di fronte a noi vi è un grande corridoio con silenziose porte. Che reparto è?
     
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    Venus McDolan • 35 y. o. • Guaritore • PC
    Dall’espressione di Ana comprendo che si è già immersa nel caso di Aaron. Spero riesca ad aiutarlo, lo spero da medico e da madre. Qualunque cosa sia successa a quel bambino occorre trovare un rimedio che lo riporti ad avere contatto con la realtà. E’ piccolo, ha tutta la vita davanti, non posso pensare che non ci sia un modo per risvegliarlo dal letargo in cui si è rifugiato e Ana potrebbe essere la persona giusta.
    Mentre attendiamo il nostro turno per poter accedere all’ascensore la dottoressa mi rende partecipe delle sue conoscenze. La prima nome che nomina non mi dice nulla. Ho una discreta memoria e non ricordo affatto di aver conosciuto la dottoressa Yang. Il secondo nome invece mi lascia basita. Molto più della paziente col calderone in testa. Sento i miei occhi sgranarsi e temo di rimanere con la bocca aperta per qualche secondo.
    Walter lo conosco bene direi. E' il mio...è il padre dei figli
    Sorrido abbassando lo sguardo, temo anche di arrossire. Non dovrei meravigliami, non è inconsueto ci si incontri e ci si conosca fra professionisti come non è insolito richiedere consulenze verso specialisti di questa o quella materia.
    Non ritengo il caso di andare oltre. Walter non sta lavorando al momento, è ben nascosto in un luogo segreto dove si sta riprendendo dalla terribile avventura dalla quale è miracolosamente scampato. Averlo ritrovato ed esserci riavvicinati mi fa colorire le guance. Quando i miei incontrano di nuovo quelli di Ana le mie iridi luccicano. C’è dolcezza nel mio sguardo e forse la professionista potrà cogliere più di quel che vorrei far trasparire.
    Quello che la donna descrive come strano incidente domestico fa si che ci spostiamo per lasciare passare la barella dandomi tutto il tempo per rispondere alla sua domanda.
    Ho collaborato col San Mungo fin dai tempi dell’epidemia e da allora non ho mai cessato di mettermi a diposizione fino a quando, alcuni mesi fa, ho avuto l’incarico ufficiale. Tu hai famiglia? Figli?
    Viene spontaneo chiederglielo. Non è facile gestire lavoro e famiglia, io ho la fortuna di avere chi mi aiuta altrimenti, da sola, non potrei farcela.
    Arriva il nostro turno per salire e gli ascensori del San Mungo non sono esattamente il massimo in quanto a comfort. Ci sono abituata ma non mi stupisco che Ana risenta del risucchio al quale veniamo sottoposte.
    Mentre varchiamo indenni la soglia dell’aggeggio le sorrido ridacchiando.
    A volte mi chiedo se l’ascensore non sia un test di sopravvivenza ma ci si abitua. Siamo al primo piano.
    Un cartello, proprio di fronte a noi, descriveva la competenza del reparto.
    Morsi, punture, scottature, spine eccetera.
    Alla nostra destra c’era la guardiola infermieristica e tre ambulatori. Alla nostra sinistra un lungo corridoio con porte da ambo i lati. Le camere dei pazienti ricoverati.
    Affacciandomi alla vetrata della guardiola sollevo il braccio per fare un cenno di saluto alla dottoressa Norton che solleva lo sguardo dalle istruzioni che sta dando al personale per sorridere e salutare di rimando.
    Nora Norton. E’ stata assunta insieme a me. Non so se la conosci, è diventata famosa nel nostro ambiente per aver eseguito un intervento alquanto rischioso sulla nostra punta di diamante, il Dott. Bennet.
    Non ritengo necessario fare gossip su quanto accaduto in seguito fra i due. Le questioni personali tali sono e tali debbono rimanere fra colleghi che si rispettano anche se mi spiace per Nora che stimo.
    Nel nostro piccolo microcosmo le voci girano in fretta, i pettegoli non mancano e alla fine si finisce col sapere tutti di tutti.
    Vuoi fare visita a qualche paziente? Nella maggior parte dei casi si tratta di persone morse da lycan o mannari ma ci sono anche pazienti affetti da punture di insetti e problemi causati dal contatto con piante magiche. Non troverai attraente il loro aspetto.
    I pazienti dei quel reparto in genere sono abbastanza tranquilli. I casi più gravi vengono trattati, oltre che col le opportune opportune pozioni, con calmanti che leniscono il dolore. Siamo molto attenti affinchè i ricoverati ricevano non solo le migliori cure ma facciamo il possibile affinchè non soffrano.
    Allungando il braccio verso il corridoio attendo sia Ana a scegliere cosa preferisce fare pronta rispondere ad eventuali domande e a seguire le sue intenzioni.

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    Sono sorpresa, Il signor Brown è.. suo marito? Suo compagno? Dice che hanno dei figli insieme. Diventa rossa in viso è imbarazzata o follemente innamorata di lui? Il mondo è piccolo non trovi? Dico per sciogliere il silenzio imbarazzante. Come sta? Non l'ho più sentito. Chiedo con gentilezza. Non mi ha parlato dei suoi figli quella volta anche se ci avvicinammo bene da essere tra la conoscenza e l'amicizia. Quanti bambini avete? Sono curiosa, lei sembra così coinvolta in questo collegamento che credo sia fiera della sua famiglia. No, figurati. Non ho nemmeno tempo per respirare ammetto. Mi piacerebbe avere un compagno come si deve, uno che un giorno mi sposerà. Sogno anche io una villetta con un cane che corre sul prato e una carezza mattutina. Aimè mi sono dedicata al lavoro, troppo da non aver mai dedicato tempo alle mie conoscenze. Ripenso un attimo alla cena di gala tenutasi nei pressi di Oslo, dove ho incontrato il signor Hoffman e mi sono comportata come mai prima di quel momento. Non so cosa avesse quell'uomo, le sue parole e atteggiamenti erano come calamite per me. Esserci andata a letto in quel modo non è mia usanza, ripensandoci sento un brivido percorrermi la schiena. Credo sia l'eccitazione del ricordo, quell'uomo era decisamente attraente e appagante.
    Davanti a noi c'è un lungo corridoio in cui ci sono camere numerate. Annuisco quando mi fa presente chi ha salutato. Terrò a mente i nomi che mi dirai, spero di ricordarli tutti senza fare brutte figure! No non la conosco ammetto. Bennet, dove l'ho già sentito? mi tocco il mento e infine la guardo. Ma che gli è successo? Certo, il suo nome fa il giro del mondo ormai.
    Quel reparto è pieno di reduci da incidenti o creature con problemi. Perchè non andiamo al reparto infantile?
     
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    Mi chiede notizie di Walter, lui non mi ha parlato di Ana ma è anche vero che ultimamente abbiamo avuto ben altro di cui parlare. Sta bene. Grazie. Abbiamo quattro figli. Due maschi e due femmine.
    Probabilmente trapare orgoglio dal mio sguardo. I miei figli sono la cosa più bella, la migliore che abbia fatto.
    Non mi stupisce la sua risposta in merito alle relazioni. So bene che lavorare e avere famiglia è impegnativo. La donna con la quale sto parlando penso abbia grosso modo la mia età, ha l'aria di essere indipendente e sicura di stessa.
    Se avessimo più confidenza approfondirei l'argomento ma una cosa devo dirla.
    Il tempo speso per le persone e per le cose importanti è il tempo speso meglio.
    Non sarò io a dirle che quando arriverà la persona che le farà battere il cuore troverà modo e tempo per dedicargli l'attenzione che merita. Sarà l 'istinto ma non la sento affatto ostile in merito all'argomento e forse sbaglio ma mi sembra di intravvedere un luccichio nei suoi occhi. Non dico nulla ma le sorrido e accetto ben volentieri il suo suggerimento. Saliamo allora. Il reparto che ti interessa è al quarto piano.
    Mentre attendiamo l'ascensore cerco di rispondere in maniera esaustiva alla sua domanda circa il dottor Bennet.
    Il nostro genio ha avuto seri problemi di memoria. Non conosco i dettagli ma di recente pare li abbia risolti.

    Sciolgo le braccia lasciando che scendano lungo i fianchi. Rifletto e sospiro prima di continuare a parlare.
    Ha subito un delicato intervento al cervello. Lo ha operato la dottoressa Norton. Stavano insieme a quel tempo.
    Poi lui ha scoperto di avere avuto una figlia da un'altra donna.

    Vorrei aggiungere che rispetto ed ammiro entrambi per aver posto fine alla loro relazione in maniera civile. Quando ci sono figli, soprattutto quando ci sono figli, il rispetto per il valore che hanno dovrebbe essere una priorità. Per tutti. Per qualcuna invece non è così, anzi.
    Arriva l'ascensore, lasciamo uscire una donna in evidente stato di gravidanza ed entriamo nella cabina.
    Nora ha rispettato il suo ex compagno facendo un passo indietro a mio parere. Non è da tutti.

    So bene cioè che dico avendolo provato sulla mia pelle.
    C'è chi ha fatto il contrario facendosi avanti in maniera spudorata e sporca usando l'inganno, subdolamente.
    Arriviamo al piano con l'ennesima scossone che fa sobbalzare lo stomaco.
    Alzo gli occhi al cielo facendo strada ad Ana.
    La mia ultima figlia è nata in questo reparto. Lo conosco sia da paziente che da guaritrice.

    Sento luccicarmi gli occhi mentre passiamo davanti alla sala parto vuota in quel momento.
    Vuoi passare a dare un'occhiata al tuo nuovo paziente? È alla stanza dodici. In fondo al corridoio.

    Provavo sempre emozioni contrastanti in quel reparto dove di poteva assistere a momenti di pura gioia e pensare che c'erano persone che non portavano il minimo rispetto per gli innocenti che venivano al mondo mi causava disgusto.






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    Wao! mi lascio sfuggire per poi arrossire imbarazzata, spero di non averle dato fastidio col mio commento. Mi pare una donna rilassata Venus e non credo che ne farà una catastrofe. Quattro.. e io non ho nemmeno adottato un gatto! una risatina isterica segue le mie parole. La tua frase non fa una piega, hai ragione ma.. mi sono imbucata in una strada da cui non riesco più ad uscire, il mio lavoro è la mia vita, come vedi.. sono tornata.. da dove ho iniziato.. motivo in più per dire che seguo e metto il lavoro davanti a tutto, chi lo sà cosa la vita mi riserverà. Magari un giorno stravolgerà la mia esistenza qualcosa o qualcuno che ne vale la pena..
    Siamo ferme davanti all'ascensore, tra poco vedremo Aaron, il bambino fulcro del nostro dialogo prima di divagare troppo. Ascolto le parole sul dottore rinomato e un po' mi rattrista, che farei io se perdessi la memoria? Sarei disperata e impazzirei. Ma come? Una figlia? domando accigliata, non so se la sua vita si è distrutta tutta d'un colpo o se gli è capitato qualcosa di bello mormoro. Non so cosa avrei fatto, non mi sento di giudicare una storia che non conosco. Questa Norton non ha volto ancora. Di che cosa di occupa di preciso la dottoressa Norton? domando incuriosita.
    Entriamo nel reparto e lei mi parla di sua figlia, ha un'aria materne e molto intensa quando parla dei suoi bambini. Come si chiama? domando. La seguo lentamente guardando ovunque. Si, andiamo.d Ci dirigiamo alla stanza giusta e dopo di lei che apre verso l'interno ci troviamo di fronte ad una stanza in cui il solo letto centrale è occupato. Per esperienza è bene non intimorire il paziente pertanto lascerò a lei la presentazione per vedere eventuali reazioni.
     
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    Venus McDolan • 35 y. o. • Guaritore • PC
    Succede spesso che confessare di avere quattro figli suscitasse sorpresa in chi ascoltava. Ana non fa eccezione. Distendo il viso per far comprendere che non provo nessun imbarazzo ad ammetterlo e che sono abituata a reazioni come la sua.
    La sua convinzione circa il lavoro che mette al primo posto è tale e tanta che non ho motivo di dubitarne, ama il suo mestiere, dall’enfasi con cui ne parla è evidente. Lascia la porta aperta anche ad un eventuale qualcosa o qualcuno che potrebbero indurla a rivedere le sue priorità. Apprezzo le menti aperte che pur coltivando le passioni non escludono altri eventuali impegni.
    Hai ragione, la vita è imprevedibile. Ci mette continuamente alla prova con sfide e occasioni. Sta a noi coglierle o rifiutarle.
    Pur credendo fermamente nel destino non ero così ottusa da pensare che le nostre scelte potessero influire in maniera determinante sul corso delle nostre vite.
    Avevamo l’empio a portata di mano. C’era un bambino che sembrava destinato ad un ben triste sorte poco distante da noi. La scelta di convocare Ana poteva cambiare il corso della sua vita.
    La dottoressa rimane impressionata dalla sintesi del racconto sulle vicissitudini del dott. Bennet. So cosa significa non avere memoria di un periodo della propria vita. Ci sente sperduti, in balia di eventi che non tornano, senza radici e senza futuro.
    Non ritengo opportuno aggiungere anche questo particolare. Il mio sguardo, per un attimo incupito dal pensiero di quel triste periodo, ritorna al presente per rispondere alla domanda di Ana.
    Nora è un chirurgo. E’ molto giovane ma credo abbia le carte in regola per diventare una specialista del suo ramo. Lei aveva colto la sua opportunità professionale, non pensavo fosse stata solo fortuna la sua, era brava e il tempo lo avrebbe dimostrato.
    Parlando arriviamo al reparto che ospita Aaron. Camminando fianco a fianco procedo ad illustrarle la struttura, il corridoio che da su una porta a finestra oltre la quale si intravvede un terrazzo e le camere di destra e di sinistra.
    La mia piccola si chiama Alice, un’adorabile peste che vorrebbe dettar legge a destra e a manca. Come quasi tutte le figlie femmine assomiglia a suo padre solo che sorride molto di più.
    Non sapevo resistere. Da mamma quando si parlava di figli bisognava mettermi il bavaglio per farmi tacere.
    Riprendendo consapevolezza del mio ruolo e del motivo per cui ci fermiamo davanti alla stanza numero dodici.
    Con un cenno d’intesa diretto alla donna socchiudo piano la porta. Aaron è seduto sul letto. Pare ancora più piccolo in quella stanza grande solitaria. Ci da le spalle fissando, come sempre, un punto indefinito davanti a lui.
    Aggirando il lettino mi avvicino con cautela, tossicchio in caso non sia avveduto della nostra presenza, ammesso sia in grado di recepirla.
    Sapendo che non ama essere toccato mi porto avanti a lui piegando il busto nella sua direzione. Le mani uniti si avvicinano alle mie gambe rimanendo bene in mostra.
    Aaron, questa signora è venuta a farti visita, vorrebbe conoscerti.
    Evito di dare dettagli su Ana. Sarà lei stessa a fornirne se lo riterrà opportuno seguendo il suo personale protocollo ed affidandosi alla sua esperienza.
    Mi sposto di lato lasciando che la dottoressa entri nel campo visivo del bambino e prego, confido che il destino sia clemente con quel piccolo e che Ana possa fare davvero qualcosa per lui.




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    Spero di ricordali per bene tutti questi nomi e cognomi che mi dici, Venus ridacchio in modo isterico mentre la porta si apre. La stanza è assai silenziosa e lui è fermo immobile sul suo letto. Agli occhi di qualcuno che non conosce il caso pare di stare nel piano di persone con problemi psichici. Non credo che il bambino ne abbia ma è presto per parlare. Forse è un blocco che va solamente sciolto. Aimè mi sono intrufolata molte volte in menti che dall'esterno sembravano incomprensibili per poi trovarci paure e ansie che ho dovuto accantonare. E' un po' come il cestino di un computer la testa umana: fatta di scomparti e cartelle va alle volte riordinata.
    Raccolgo nei gesti di Venus alcune informazioni utilissime: non toccarlo, lasciare il tempo ai suoi occhi di capire cosa vede.
    Io sono una sconosciuta e per fargli capire che non sono una dottoressa che metterà le mani su di lui in maniera fisica mi pongo dietro di Venus. Quando lei si scosta Aaron può vedermi, nonostante mi abbia vista passare minuti addietro. Lo guardo, gli occhi puntati su di me ma non mi stanno davvero guardando. Non si mette mai a disagio un paziente anche se di tenera età. Come se nulla fosse sorrido in sua direzione, rimango comunque a distanza, è solo lui che può acconsentire un mio avanzamento verso il letto. Ciao Aaron, mi hanno parlato molto bene di te comincio a dire, il sorriso genuino fermo sul mio volto infonde amicizia e vicinanza. Sono Ariana mi tocco il petto, però per te farò un'eccezione, puoi chiamarmi Ana o Ari come preferisci insomma. Compio un passo. Mi hanno detto che sei quì da un può. Ti va di raccontarmi qualcosa di te?
    Gli occhi del bambino rimangono fissi, pietrificato come avesse ricevuto un incantesimo. Attendo, sorrido ancora prima di percepire un movimento delle iridi verso destra, poi a sinistra e poi su di me. Vedo le pupille diramarsi e aggiustarsi, sicuramente ora ho la sua attenzione. Sorrido di nuovo paziente. Ti va di raccontarmi qualcosa di te? ripeto. Rimango un po' china verso di lui per poi sistemarmi in una posizione comoda prendendo una sedia con le rotelline. Mi siedo sopra e non do' segni di aver perso la pazienza, nel mio lavoro ce ne vuole molta e non si deve mai sbuffare, soffiare o similari. Le iridi ruotano su Venus, la conosce. Apre la bocca di qualche millimetro e poi la richiude. Qualsiasi cosa lo incito.
    Non ottenendo alcuna risposta effettiva mi sporgo. Va bene, allora parlerò io di me, però ti anticipo che sarò noiosissima eh? Vengo dal Nord, dove fa molto freddo, sai là si può sciare per molti mesi all'anno rispetto l'Inghilterra, ti piacerebbe vedere quei posti? scuoto il capo sorridendo di nuovo. Però ero troppo distante da questo posto, sai l'ospedale dove sei mi piace tanto.
    Gli occhi si Aaron passano veloci su di me e su Venus, vi volto verso di lei, arretro con la sedia di un po' e sussurro in modo udibile solo a lei. Abbiamo un documento firmato dai genitori sul consenso di trattamenti mentali Venus? Vorrei esplorare la sua mente.
    Non ho capito se la sua famiglia è presente, se un tutore lo segue.
     
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    Venus McDolan • 35 y. o. • Guaritore • PC
    Chiunque, approcciandosi ad un ambiente nuovo e a persone che non conosce, rimane un attimo destabilizzato. Soprattutto se è concentrato sull’incarico non semplice che lo attende. Ana non fa eccezione.
    Provo a tranquillizzarla, anche con lo sguardo, confidando che riuscirà a dare il meglio.
    Interessata e coinvolta emotivamente osservo Ana approcciarsi al piccolo paziente che non mostra alcun segno di aver rilevato la nostra presenza. Da l’impressione che ascolti e che non voglia sentire, che veda senza voler vedere, che taccia urlando. Non mostra alcun segno di curiosità o di fastidio, la sua apatia lo rende inavvicinabile. La dottoressa gli parla sollecitandolo a manifestare una sia pur minima reazione.
    Gli racconta del luogo dal quale viene e dello sport che si pratica, gli riferisce che l’ospedale dove ci troviamo è un bel posto ma il bambino non pare intenzionato a collaborare alla discussione.
    Ana sospende il colloquio per chiedermi se i genitori hanno firmato un consenso per i trattamento mentali. Pur conoscendo la risposta apro la cartella e le mostro la liberatoria sotto la quale c’è la firma della mamma del bambino.
    La madre ha acconsentito, il padre si rifiuta di firmare.
    Non tutti i genitori prestavano il loro consenso per quel tipo di trattamenti. Essendo invasivi non godevano dell'apprezzamento di tutti, soprattutto se i pazienti in questione erano minori.
    Sono poco più che sussurri quelli che ci scambiamo, udibili sono a noi due che siamo abbastanza vicine da poter parlare a bassa voce. Potrei scommettere che Aaron non ha sentito una sola parola del nostro colloquio eppure, sollevando gli occhi dai documenti, vedo lo sguardo del bambino spostarsi su di noi.
    E’ questione di un attimo. Con la velocità di fulmine scende da letto, corre per la stanza andando a rifugiarsi nell’angolo più lontano a noi. Si china, raccoglie le ginocchi e appoggia la fronte sulle stesse coprendosi il capo con le braccia.
    Inspiro scattando, le mie iridi si granano mentre, senza perdere vista il bambino, interrogo la professionista.
    Che gli sta succedendo? Ana perché è scappato?
    Lei meglio di me avrebbe saputo fare le ipotesi migliori per addivenire a capire quale fosse quella giusta.





    Parlato


    Edited by venus - 14/9/2021, 22:44
     
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    ariana
    Annuisco quando ricevo una risposta che mi fa stare più tranquilla. La mamma di Aaron ha firmato. Può essere sufficiente dico per poi essere prontamente catturata dalla fuga del piccolo giù dal letto e fino all'angolo della stanza. Sposto lo sguardo interrogativo e stupito su Venus. Vediamo.. sussurro alla dottoressa. Mi avvicino, sembrando più pacata possibile mi metto al suo livello. Sono un estraneo per lui e se ha fiutato il fatto che stiamo per procedere a qualche tipo di visita credo che non voglia dare lui stesso il consenso. E' troppo piccolo per capire che la scienza e la magia possono aiutarlo. Va tutto bene Aaron, sposto il camice dal sedere e mi siedo a gambe incrociate di fronte a lui. Ho sentito che al piano inferiore sfornano dei buonissimi croissant con la cioccolata sussurro e sorrido. Non sembra alzare il capo quindi attendo paziente. Il suo occhio sporge di lato, mi guarda. Oggi facciamo colazione noi tre va bene?
    Mi alzo voltandomi verso Venus annuendo. Non oggi sussurro riguardo il fatto di procedere con l'esplorazione mentale. Devo conquistare la sua fiducia o ne rimarrò particolarmente spaventato per l'avvenire. Non so se il bambino prenderà la brioches con me, se si alimenta per bene l'importante è che sappia che oggi non metteremo mano su di lui.
     
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