Finding myself

◘ Isobel

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    3 dicembre 2017

    I mesi invernali a Londra sono i più duri, se non hai un posto fisso in cui stare. Dicembre è arrivato portando un'incessante pioggia battente ed un gelo umido, che ti penetra fin dentro le ossa.
    È la prima volta, da quando ho lasciato l'ospedale e mi sono ritrovato senza un tetto sulla testa, che mi chiedo se ce la farò ad andare avanti. I primi tempi è stato facile, era inizio maggio ed il meteo era già più indulgente. Dormire per strada non era poi così debilitante, ma le cose hanno iniziato a farsi più complicate verso la fine di ottobre, con l'arrivo delle piogge e lentamente del freddo.
    Trovare un antro in cui ripararsi non è abbastanza, ma se sei abbastanza fortunato e riesci a racimolare dei soldi, ti puoi assicurare una notte in qualche rifugio, il che non è male: cibo, un letto ed anche una doccia calda.
    La scorsa notte è stata una di quelle fortunate per me, ero sotto di un paio di sterline, ma al rifugio mi hanno accettato lo stesso, il che è stato un bene, perché credo di essermi beccato un'influenza con i fiocchi.
    Ho sicuramente la febbre, non ho modo di misurarla quindi non so quanto sia alta, ma il fatto che riesca ancora a tenermi in piedi, che sia riuscito a mangiare qualcosa e a farmi una doccia, vuol dire che non è così seria.
    Dormo per dodici ore filate e la mattina mi ritrovo di nuovo da capo, senza sapere dove andare e dove passerò la notte a venire.
    Eppure nonostante ciò, nonostante mi senta ancora uno straccio e forse la mia salute sia peggiorata, mi sento abbastanza speranzoso. Negli ultimi tempi ho iniziato a ricordare qualcosa. So per certo il mio nome ora, sono sicuro che sia il mio, che io sia Shiloh Goodwin e già questo, di per se, è una grande cosa. So chi sono, anche se non del tutto, ho ritrovato un pezzetto della mia identità, di chi ero prima di perdere la memoria. E poi, per qualche strana ragione, ricordo che c'è un ministero della magia, proprio qui a Londra, e so qual è il suo ingresso, ma non esattamente dove si trovi. Se riuscissi a trovarlo, potrei chiedere aiuto, potrei dare il mio nome e magari potrebbero trovare la mia famiglia.
    So che l'ingresso è una cabina telefonica, nei pressi di Charing Cross, e forse ci vorrà un po' per trovarla, ma sono abbastanza certo di farcela, provando tutte le cabine della zona.
    Il piano è abbastanza semplice, anche fattibile, se non fosse che dopo tutta la mattina a girovagare nella speranza di trovare l'ingresso, sono costretto a fermarmi e cercare riparo, sia perché la pioggia è ricominciata in modo incessante, sia perché sono troppo spossato per poter fare un altro passo.
    Trovo un posticino dove sistemare il mio sacco a pelo - un must se sei un senzatetto - vicino l'ingresso della stazione. Per ventiquattro ore non faccio altro che dormire, incapace di alzarmi e vinto dal freddo e dalla febbre. Faccio parecchi sogni strani, di cui al risveglio non ho memoria ma che in qualche modo mi hanno lasciato turbato. È all'incirca l'ora di pranzo del giorno dopo ed io non mangio da più di ventiquattro ore, nonostante ciò, non provo i soliti morsi della fame, segno che la mia febbre non deve essersi abbassata. Il mio unico desiderio è quello di tornare a dormire, lasciarmi andare, aspettare così il momento in cui starò meglio, ma mi impongo di alzarmi e raccogliere uno dei miei pochi averi, ficcandolo nello zaino rimediato che mi porto dietro.
    Di nuovo parto alla ricerca della cabina, chiedendomi se mai la troverò. Forse sto sbagliando qualcosa, forse non era una cabina telefonica, o forse digito il numero errato. Sto iniziando a perdere le speranze, ma nella quinta cabina, ormai nel tardo pomeriggio, accade qualcosa. Il numero digitato fa scattare un qualche meccanismo - o una magia - e dopo un lieve tremore, la cabina inizia a muoversi il basso.
    Con sorpresa, mi appoggio alla parete, nonostante non abbia perso l'equilibrio, e mi scosto da essa solo quando la cabina tocca terra. Varco la soglia, incerto, alzando gli occhi verso il soffitto altissimo e guardandomi poi attorno, con lo sguardo che si riempie di meraviglia nell'osservare questo mondo per me completamente nuovo. Dopo quelli che potrebbero essere minuti passati ad osservare ogni cosa, finalmente mi avvicino ad un bancone, dietro il quale siede una donna che potrebbe avere all'incirca cento anni. - Nome, cognome e motivo della visita - abbaia senza nemmeno guardarmi, scribacchiando qualcosa su una pergamena. - E devi consegnare la bacchetta.
    - Shiloh Goodwin - è strano pronunciare il mio nome ad alta voce, perché so che mi chiamo così, ma non lo sento mio - Non ho una bacchetta e devo parlare con un umh... agente?
    Sì, ok, non ci sono poliziotti al ministero, ne sono ben consapevole, ma so che ci sono le forze dell'ordine di cui non ricordo il nome.
    Finalmente la vecchia strega alza lo sguardo su di me, guardandomi scettica. - Intendi un auror?
    Auror! Ecco, un auror, esatto. Annuisco, appoggiandomi al bancone e sporgendomi un pochino per vedere cosa stia scrivendo sulla pergamena. Riesco a scorgere il mio nome. - E non hai una bacchetta - ripete.
    Ancora una volta annuisco, rivolgendole quello che spero sia uno sguardo da cucciolo bastonato. So di avere due enormi occhi che a volte vanno a segno, è così che ottengo cibo gratuito il più delle volte. - L'ho persa.
    La donna mi guarda, in silenzio, come se stesse valutando se questa sia una presa in giro o meno. Poi è come se notasse solamente ora il mio aspetto sfatto, i capelli lunghi e ribelli, i vestiti sformati e la giacca che mi sta almeno tre taglie più grandi - ma almeno sono tutti puliti, lo giuro, li ho presi dal rifugio l'altro giorno - ed il suo sguardo si assottiglia con sospetto. - Sei un mago?
    - Sì... almeno credo - dico con esitazione. A questo punto mi aspetto più domande, invece mi lancia un'ultima occhiata, finisce di scrivere sulla pergamena e poi afferra la bacchetta posata sulla scrivania accanto a lei. Osservo il tutto con estrema attenzione e curiosità e quasi mi lascio sfuggire un'esclamazione quando con la bacchetta tocca il foglio e quello per magia si piega in un aeroplano e vola via. Ho assistito alla mia prima magia. O meglio, la prima da quando ho perso la memoria. Non so perché sia così sorpreso visto che, per qualche assurdo motivo, ricordi ancora ogni singolo incantesimo e movimento di polso, ma un conto è ricordare una cosa che fino ad ora ho creduto fosse vera solo nella mia testa, un conto è vederla con i miei occhi. È fantastico, non sono pazzo.
    La donna mi spiega dove devo andare e come andarci. Seguendo una folla di persone che camminano con una certa fretta mi infilo in un ascensore e scendo poi verso il piano meno uno. Continuo a seguire la folla, finché non mi ritrovo davanti la porta di un ufficio, quello con il numero che la vecchia strega mi ha indicato.
    Ci sono delle sedie lungo il muro, accanto alla porta, e dato che mi ha detto anche che devo aspettare di essere chiamato, mi ci lascio cadere con un sospiro. Mi sento di nuovo uno straccio e non riesco ad impedirmi di tremare dal freddo. Sono ancora scosso da un lieve tremolio, quando la porta si apre, un paio di minuti dopo, e vorrei scattare in piedi ma mi mancano le forse per farlo. Mi alzo invece con cautela, osservando la donna che mi invita ad entrare. Ha un volto pulito, occhi azzurri che ispirano fiducia e l'aria intelligente. Nell'ufficio c'è un'altra sedia libera per me e di nuovo ricado pesantemente, lieto di non dover rimanere in piedi, cercando tuttavia di mantenere una posizione composta. - Grazie - dico alla donna, portando su di lei lo sguardo lucido di febbre. Mi sta dedicando il suo tempo, quindi mi sembra doveroso iniziare con un ringraziamento. - Io... ho bisogno di aiuto per trovare la mia famiglia - ma ci sarà davvero una famiglia ad aspettarmi? E se non ci fosse nessuno? - Ho perso la memoria, mesi fa. Non ricordo da dove vengo, chi siano i miei genitori o dove vivano. Però so il mio nome, l'ho ricordato recentemente e... non so, ho pensato che potesse essere un punto di partenza per ritrovarli.
    La guardo speranzoso. - È possibile? Può provare a cercarli?
     
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    La paura non era ancora del tutto passata, ma di sicuro l'entusiasmo di Mick la stava aiutando. La vita che cresceva dentro di lei era ancora un fagiolino dal sesso indefinibile, nemmeno un rigonfiamento sotto la maglietta, eppure Mick si sentiva già tutto preso dal suo ruolo di padre. A dirla tutta, Isy non l'aveva mai visto così entusiasta per qualcosa da quando lo conosceva: il che le suscitava una tenerezza infinita. Il suo ragazzo - anzi.. il suo fidanzato, come le ricordava l'anello che portava all'anulare - si era già dato agli acquisti improbabili, molti dei quali sarebbero stati tutt'altro che necessari nei primi mesi di vita del bambino, ma in tutta sincerità Isobel non riusciva davvero a scoraggiarlo o porgli un freno. Era proprio quella sfrenata felicità, quella continua meraviglia che leggeva negli occhi di Mick ogni volta che lo sorprendeva a fissarle il ventre, ad aiutarla ad combattere tutta l'ansia che la consapevolezza di essere madre portava con sé. Non si sentiva all'altezza e non era difficile comprenderne il motivo considerata la sua nota instabilità emotiva, eppure sapeva di essere disposta a fare del suo meglio per dimostrare a sé stessa che si sbagliava. Che non era solo un'eterna adolescente incapace di gestire esperienze troppo mature ed impegnative, che poteva essere una buona madre per il figlio che avrebbe messo al mondo. Perché la verità era che lei quel figlio lo voleva, anche se per un momento aveva creduto il contrario. Lo desiderava con tutta sé stessa.
    Ma non voleva concentrarsi per nove mesi unicamente verso quella prospettiva. Era abbastanza insofferente rispetto all'eccessiva premura di Mick, malgrado potesse comprenderlo, così come era infastidita dall'apprensione di Anita.. da chiunque le ricordasse che i primi mesi erano particolarmente delicati, che doveva stare attenta. Sentirsi trattata con tanta premura era frustrante per lei, che già non si sentiva all'altezza della situazione, il fatto che succedesse anche in ufficio non aiutava. Aveva bisogno di scaricare un po' di tensione nel lavoro: motivo per cui, quando le arrivò la notifica relativa ad un certo Shiloh Goodwin che aveva urgenza di parlare con un auror, la bionda si gettò subito con interesse verso quella novità.
    Venga, si sieda pure.
    Invitarlo a sedersi era scontato, ma l'affrettarsi della Larsson in tal senso era dovuto ad una prima impressione che l'aveva lasciata vagamente sorpresa e non di meno preoccupata. Quello seduto dall'altro lato della sua scrivania era solo un ragazzo - probabilmente non raggiungeva nemmeno i vent'anni - eppure il modo in cui si era alzato dalla sedia nel corridoio rimandava alla fatica e alla debolezza che Isobel avrebbe associato ad una persona decisamente più anziana. Il suo aspetto non era dei migliori: pallido, con l'aria di chi non dormiva da giorni, sfatto e quasi deperito, complici anche dei vestiti decisamente troppo grandi per lui. La sua esperienza personale insinuò subito un terribile dubbio nella sua mente, ma la svedese non si affrettò ad esporlo.
    Considerato che ricorda il suo cognome, sicuramente posso provare a fare una ricerca. Se lei ha questo blackout da mesi, è molto probabile che la sua famiglia abbia fatto una denuncia di scomparsa.
    Tacque per qualche istante, così da poter osservare la reazione del ragazzo. Fin da subito si era posto nei suoi confronti in modo molto positivo, i suoi occhi erano alla ricerca di aiuto e protezione e non aveva riserve nel chiedere tutto ciò agli auror. L'aveva già ringraziata, come se riceverlo nel suo ufficio e offrirgli il proprio ascolto non fosse stato un dovere per la svedese, ma piuttosto un favore per cui lui doveva esserle grato.
    Senti, non sono poi così tanto più grande di te: ti sta bene se ci diamo del tu, Shiloh? Detesto le formalità e credo che così sarà tutto più semplice. gli rivolse un sorriso incoraggiante, convinta che tale proposta sarebbe stata accolta Io credo che prima di ogni altra cosa, dovremmo occuparci di te: non ti offendere, ma non hai un bell'aspetto. Quand'è l'ultima volta che hai mangiato?
    Scrisse sbrigativamente un biglietto in cui richiedeva un panino e una bottiglietta d'acqua, tornando a guardare il ragazzo solo dopo aver spedito via l'areoplanino cartaceo con un colpo di bacchetta.
    Devo farti un paio di domande, per schiarirmi le idee. Vorrei sapere se in questi mesi ti sei mai recato al San Mungo, o in un altro ospedale, per parlare con un guaritore della tua perdita di memoria.
    Dubitava che lo avesse fatto, in quel caso l'ospedale avrebbe probabilmente coinvolto il Ministero fin da subito, ma era sempre meglio escludere ogni possibilità prima di mettersi in moto e rischiare di perdere tempo con passaggi del tutto inutili.
    La seconda domanda è un po' delicata e voglio.. assicurarti che non sono qui per giudicarti. Cerco solo di capire, ok?
    Mise le mani avanti con cautela, poiché lei per prima sapeva quanto fosse facile sentirsi giudicati dal prossimo quando i propri comportamenti si discostavano da quelle che erano le aspettative sociali, quando qualcuno ti chiedeva di rendere conto dei tuoi errori e delle tue debolezze.
    Fai uso di qualche sostanza? Droghe babbane o magiche? non le piaceva l'idea di metterlo a disagio, ma il suo obbiettivo era appunto escludere determinate possibilità Ti garantisco che qualsiasi risposta mi darai non avrà ripercussioni legali, puoi fidarti di me.
     
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    È strano come mi senta molto più al sicuro ora, trovandomi in un luogo che non conosco affatto e di cui ho a malapena memoria.
    Non so nemmeno se ciò che ricordo sul ministero lo sappia per sentito dire o se io sia mai stato qui. Però a prescindere da questo, il sapere che la donna davanti a me è un auror, che rappresenta qualcuno che può aiutarmi, mi fa sentire molto meglio.
    E poi è gentile, mi parla con tono calmo e... sento di potermi fidare. O forse voglio fidarmi, perché non ho altra scelta, perché ormai sono qui a chiedere aiuto e sono nelle sue mani, nelle mani del ministero. Qualcuno, se non lei, farà qualcosa, giusto?
    Ho bisogno di ritrovare la mia famiglia, se ce ne è una, ho bisogno di togliermi da questa situazione che non penso di poter più sopportare tanto a lungo.
    Mi guardo attorno brevemente, scrutando l'ufficio che è più normale di quel che mi aspettavo. Forse la mia idea di luogo magico è troppo legata a quella dei romanzi fantasy. Sulla scrivania c'è una targhetta con il suo nome: Isobel Larsson. Persino il suo nome suona rassicurante ed affidabile. O forse sono io che sto lentamente iniziando a delirare.
    Avverto un senso di speranza, quando dice che può avviare una ricerca e magari se, come dice lei, qualcuno ha fatto una denuncia di scomparsa, potrebbe restringere il campo.
    E poi mi assale una paura atroce: e se nessuno avesse fatto una denuncia? Magari non ho una famiglia, o magari non gli importa niente di me. Mi trattengo dall'esporre quel timore ad alta voce, limitandomi ad annuire, stringendomi nelle braccia tremanti. - Sì, va bene il darci del tu, auror Larsson... voglio dire, Isobel... - rispondo trovando decisamente meglio il fatto che si rivolga a me in modo così informale. Non sono sicuro di quanti anni io abbia, ma sono certo di non essere così vecchio da dover essere accreditato con fare formale e nemmeno lei lo è. Anche se le darei del lei più per il ruolo che ricopre, che per l'età.
    Scrollo le spalle quando mi chiede del mio ultimo pasto - Nessuna offesa - so di avere un aspetto terribile e non mi sorprende - Ho mangiato più di un giorno fa.
    Lo dico con il tono di chi ci è abituato e di chi ha imparato a farci i conti. E poi ancora non sento la fame, solo spossatezza ed una lieve nausea.
    La osservo mentre scrive qualcosa su un foglietto. Così come quello scritto dalla vecchia strega alla reception, anche questo si trasforma in un aeroplanino e vola fuori dall'ufficio. Ancora una volta ne sono affascinato. - Non so nemmeno cosa sia il San Mungo... - ammetto abbassando lo sguardo, quasi sentendomi uno stupido a non saperlo, come se fosse colpa mia - Voglio dire, adesso so che è un ospedale, ma non sapevo della sua esistenza fino ad ora. Quindi no, non mi sono fatto vedere da nessuno. Io... io credevo che ci fosse qualcosa che non andava con la mia testa, magari legato alla perdita di memoria, perché per tutto questo tempo sono stato certo di essere un mago, ma avevo paura che... non so, che qualcuno avrebbe potuto pensare che mi mancasse qualche rotella e farmi rinchiudere. Quindi ho evitato gli ospedali ed ho evitato le autorità non magiche...
    Rialzo lo sguardo su di lei ed annuisco quando premette che la seconda domanda è piuttosto delicata.
    Non so cosa aspettarmi, per cui mi sfugge un lieve "oh" carico di sorpresa quando mi chiede se faccio uso di droghe. Mi rendo conto solo ora che è quello che sembro, con il mio aspetto trasandato, il volto scavato, le occhiaie ed ora anche il tremore e lo sguardo lucido: un piccolo tossicodipendente. Ed è la prima volta da quando ho messo piede in questo ufficio che mi vergogno del mio aspetto. So che non era sua intenzione farmi sentire così, ho visto la sincerità nel suo sguardo quando ha detto di non volermi giudicare, forse anche preoccupazione per una mia eventuale reazione, non gliene faccio una colpa. Sospiro e mi strofino un occhio, mentre abbasso lo sguardo. - No, non mi drogo. Dico sul serio. Semplicemente... - mi mordo il labbro - Vivo per strada. Non ho un posto dove stare, non ho un lavoro, non ho niente... me ne sono andato dall'ospedale in cui mi sono risvegliato senza documenti e senza soldi, non sapevo che fare. Mangio quando posso, dormo dove posso, e qualche volta se sono fortunato passo la notte in qualche rifugio - mi stringo nelle spalle.
    Improvvisamente un vassoio con del cibo appare sulla scrivania tra noi ed io quasi salto via dalla sedia, colto di sorpresa. Mi guardo attorno, come se mi aspettassi di vedere chissà cosa o capire subito il mistero del vassoio comparso dal nulla, poi guardo il panino ed il mio stomaco si stringe. Penso che se provassi a mangiarlo ora vomiterei davanti l'auror Larsson e non voglio renderla spettatrice di una scena tanto pietosa, per cui mi limito ad afferrare solo la bottiglietta d'acqua, perché non bevo tanto da quanto non mangio, e provo a mandare giù qualche sorso, senza esagerare - Grazie... - mormoro, lanciandole un'occhiata. - Grazie anche per il panino, ma non penso di farcela per ora... non mi sento bene. Sto così da un paio di giorni...
    E mi sento sempre peggio, è faticoso rimanere seduto su questa sedia e continuare a parlare a Isobel, ma lo faccio, perché mi serve il suo aiuto per uscirne fuori. - Voglio davvero trovare la mia famiglia. Ma se poi dovessi scoprire che non c'è nessuno ad aspettarmi? - infine cedo rivelandole la mia paura - O se non si riuscissero a trovare?! Cosa farei?
    Sento un fastidioso nodo alla gola e prima che possa impedirlo, due lacrime bollenti sfuggono al mio controllo. Istintivamente mi copro il volto con le mani. - Mi dispiace... - dico da dietro esse - Voglio... voglio solo tornare a casa, ovunque sia.
     
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    Shiloh mostrò la naturale difficoltà iniziale che chiunque altro avrebbe provato nel vedersi invitato a dare del tu ad una figura autoritaria in vesti ufficiali, niente che Isobel potesse trovare sorprendente. La colpì positivamente, invece, il fatto che fosse non solo disposto ad accogliere quella proposta, ma anche apparentemente sollevato dalla cosa: quello era decisamente un ottimo segno per la Larsson, significava che si trovava davanti qualcuno che probabilmente non nutriva diffidenza o ritrosia verso le forze dell'ordine - certo, poteva sembrare ovvio visto che si era rivolto a loro ma la disperazione a volte convinceva anche i più ostili - e che sarebbe stato decisamente collaborativo, il che era un ottimo punto di partenza. Metterlo a suo agio era importante, considerato che la confusione che quel ragazzo si portava in testa non poteva che contribuire alla su inquietudine: Isy stava cercando di bilanciare il tutto con disponibilità e un atteggiamento che trasmettesse all'altro più sicurezza possibile.
    Avevi paura e sei stato prudente: hai preso la decisione più saggia. lo rassicurò, approvando effettivamente la sua scelta: chissà quanto sarebbe diventata più complicata la situazione se quel ragazzo fosse stato preso in carico dalle autorità babbane e dal loro sistema sanitario Sono in pochi, tra le autorità non magiche, a conoscere il mondo magico e trattare con esso: stiamo parlando di persone che generalmente si trovano ai vertici, quindi sarebbe stato molto difficile per noi rintracciarti, probabilmente questa informazione ci sarebbe giunta dopo settimane. Ti dico questo perché voglio che tu sappia che hai fatto la scelta giusta: adesso ti senti spaesato e impotente, ma sei un ragazzo sveglio e questo ci aiuterà ad aiutarti.
    Non era sua intenzione imbastire una storia di terapia motivazionale, ma forse aver ceduto all'insistenza di Anita ed essere andata dallo strizzacervelli le aveva permesso di cogliere degli approcci che si adattavano bene anche a lei, al suo modo di lavorare, al tipo di auror che voleva essere.
    Dunque, il primo passo sarà il San Mungo: lì ti faranno tutti gli esami del caso, sia per assicurarci sul tuo stato di salute che per vedere se salta fuori qualcosa di utile per le nostre indagini. Nel frattempo farò in modo di trovarti un alloggio temporaneo..
    La comparsa del vassoio la interruppe prima che potesse aggiungere altro, anche se in realtà a distrarla fu più che altro la reazione improvvisa di Shiloh. Per un attimo le parve di rivedere la povera Missy, quando Monet le soffiava contro perché poco interessato alla compagnia di una cagnolona troppo affettuosa. Allungò istintivamente la mano sulla scrivania posandola su quella del moro e stringendogliela appena, prima di mollare la presa.
    Ti riabituerai in fretta alla magia. gli assicurò mentre lo osservava bere l'acqua a piccoli sorsi Non preoccuparti.. il panino potrai mangiarlo in un secondo momento, se ti andrà. Lo lasciamo incartato, così non si rovina.
    E così lei non sarebbe stata costretta a correre in bagno in preda alle nausee. L'odore dei salumi le faceva spesso quell'effetto in quel primo periodo di gravidanza, per non parlare poi di quello delle salse. In ogni caso, a pensarci bene al San Mungo avrebbero sicuramente avuto piatti ben più leggeri da offrire al loro paziente, qualche brodino che potesse spingerlo a fare un tentativo. Nome e cognome sembravano essere davvero le uniche informazioni di cui quel civile disponeva: dunque era già arrivato il momento di condurlo in ospedale perché venisse visitato, nel frattempo Isobel avrebbe iniziato a spulciare tra le segnalazioni di sparizioni avvenute nell'ultimo anno. Alzarsi da quelle sedie, tuttavia, passò in secondo piano quando la svedese scorse le lacrime di Shiloh che scivolavano sul suo viso senza alcun freno. La Larsson allungò nuovamente una mano per stringere la sinistra dell'altro: quegli occhioni lucidi lo facevano sembrare molto più giovane di quanto già non fosse, forse anche a causa dei suoi lineamenti così delicati, quasi infantili.
    Ti aiuterò a cercarli, Shiloh, ma se il risultato dovesse essere deludente dovrai pensare ad un piano B. Non verrai lasciato a te stesso: al San Mungo qualcuno si occuperà di aiutarti a riorientarti nel mondo magico, a trovare il tuo posto all'interno di esso. E io ti aiuterò a trovarti un lavoro, ok? non smise di guardarlo negli occhi, cercando di infondergli la sicurezza di cui aveva bisogno Ma questo è solo il piano B, ora siamo concentrati sul piano A. Sei con me?
     
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    Mi sento come se gran parte del peso che portavo sulle spalle mi sia stato tolto, ma non abbastanza da potermi rilassare del tutto.
    Ci sono ancora troppe incognite: dove si trova la mia famiglia prima di tutto e se saranno davvero in grado di trovarli.
    E poi non c’è solo il timore che non ci sia alcuna famiglia ad aspettarmi, ma anche che non sia più in grado di recuperare i miei ricordi.
    Sarà tutto così… strano. Lì fuori da qualche parte potrei avere dei genitori ed io non so che faccia abbiano né come si chiamino. E se dovessi ritrovarli cosa farei?
    Riuscirei a vivere con degli estranei? A chiamarli mamma e papà?
    Annuisco piano quando Isobel dice che ho fatto la scelta giusta nel non recarmi dalle autorità non magiche.
    Per mesi mi sono sentito un idiota nel non farlo, dicendomi che era una follia basarmi solo su un istinto e sulla convinzione che fossi un mago.
    Con la mia memoria messa così male ed il fatto che meno di un anno fa sono stato trovato con la testa fracassata, poteva benissimo essere tutto un grande delirio.
    Sono contento che alla fine non sia stato così, ma per molto tempo ho dubitato di me stesso e della mia scelta e l’incoraggiamento dell’auror mi fa sentire decisamente meglio. - Grazie - dico forse per l’ennesima volta da quando sono entrato in questo ufficio.
    Non riesco a smettere di farlo. Non immagina quanto le sia grato, anche se per ora si tratta solo di rassicurazioni e promesse. È più di quanto abbia avuto in tutto questo tempo. - Ma verrai anche tu al San Mungo con me, vero? - chiedo istintivamente, sentendomi infantile nel farlo. - Voglio dire… non nel senso che devi rimanere con me tutto il tempo. Solo all’inizio…
    Non mi piace l’idea di ritrovarmi in un altro ospedale ancora una volta da solo. Mi sono risvegliato in quel maledetto ospedale non magico e non ho avuto nessuno con me a parte medici ed infermieri. E sono stato completamente solo da allora.
    So che se sono arrivato fino qui senza l’appoggio di nessuno, posso continuare su questa strada, ma sono stanco di essere solo.
    È vero, Isobel è un’estranea come lo sono stati tutti quelli prima di lei, ma è la prima a mostrarmi della vera premura nei miei confronti. - È che non conosco questo posto, il San Mungo, e mi sentirei meglio se venissi anche tu - aggiungo come se potesse migliorare la mia posizione, ma in realtà facendomi sembrare ancora più alla stregua di un bambino spaurito.
    Spero di non metterla a disagio con questa richiesta, non voglio abusare della sua gentilezza, ma mi sento davvero sperduto e non so su chi altri fare affidamento.
    E forse se non fosse stata così gentile, non avrei nemmeno pensato di chiederle di venire con me, o forse sì, non lo so.
    Tutto quello che so in questo momento, è che i suoi modi di fare mi fanno sentire ancora più fragile, più propenso a cedere ed esporre tutte le emozioni che sto provando in questo momento.
    Mi copro il volto più per istinto che per vergogna, non mi importa se mi vede piangere, non credo che mi giudicherebbe, non mi sembra il tipo.
    Per questo le riabbasso senza esitazione quando la sua raggiunge una delle mie stringendola. È il primo contatto umano che ho da mesi e mi fa sentire meglio, ma allo stesso tempo mi rende impossibile smettere di piangere.
    Annuisco vigorosamente alle sue parole, strizzando gli occhi e cercando di ingoiare altre lacrime, per poi passarmi la manica della giacca sulle guance. - Va bene, piano B solo in caso di emergenza - dico per farle capire che la sto ascoltando e sono d’accordo con lei.
    Inspiro, cercando di recuperare un po’ di controllo. - E se il piano A dovesse andare bene all’inizio e poi… non lo so, male? Voglio andare a casa ma non so nemmeno come sia fatta questa casa. Non so che faccia abbiano i miei genitori, se ho fratelli o sorelle. Loro conosceranno me, ma io non saprò chi sono. E se non dovessi mai ricordarmeli? Se non riuscissi a voler loro bene?
    Continuo a stringere la sua mano, è fresca in confronto alla mia, mi da sollievo e il supporto di cui ho bisogno in questo momento.
     
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    Come auror non le capitava poi così raramente di sentirsi dire "grazie". Nella società magica c'erano naturalmente molte persone diffidenti nei confronti delle autorità, persino ostili. In alcuni casi, tale atteggiamento era frutto dell'ambiente in cui queste persone erano cresciute e delle esperienze che avevano fatto, motivo per cui la Larsson non riusciva a condannarli per questo: talvolta si mostrava più gentile ed empatica di altri suoi colleghi, ma non metteva mai da parte la schiettezza necessaria a mantenere comunque chiara la sua posizione. Il concetto di "autorità" era sempre stato stretto anche a lei, ma scegliendo l'unica carriera che le permettesse di sfruttare le proprie capacità e inclinazioni per fare la differenza.. aveva dovuto inevitabilmente accettare determinati compromessi. Con Shiloh non risultava affatto necessario ricorrere ad alcun tipo di autorevolezza: era tutt'altro che ostile e si affidava spontaneamente a lei, apparentemente mosso più da istinto e sensazioni a pelle che da un distintivo che non era nemmeno in grado di riconoscere. E se la svedese non faticava a ricordare l'ultima volta che qualcuno l'aveva ringraziata, in tutta onestà non ricordava di aver mai ricevuto così tanti "grazie" nel giro di un'unica conversazione. Una parte di lei sapeva che avrebbe dovuto dirgli di non ringraziarla, perché gli impegni che si stava assumendo erano parte del suo lavoro, ma sentiva che quell'affermazione - oltre a rappresentare solo parzialmente la verità - non era ciò che Shiloh avrebbe preferito sentirsi dire in quel momento.
    Certo che verrò, non preoccuparti. Devo parlare anch'io con chi ti visiterà e discutere i risultati di eventuali esami.
    Non solo apprendere certe informazioni in modo diretto sarebbe stato molto più funzionale alle indagini, ma Isobel era anche convinta che una persona in quelle condizioni non potesse confrontarsi con tutto ciò senza essere assistito. Privato della sua memoria, un individuo adulto infondo non era molto più indipendente di un minore, anzi, per certi versi lo era anche meno.
    A nessuno piacerebbe sentirsi solo in un momento simile.
    Ci teneva a legittimare i timori e i bisogni dell'altro, non solo perché quel ragazzo dai grandi occhioni di una dolcezza quasi infantile le suscitava un'inevitabile tenerezza, ma soprattutto perché le pareva di aver percepito un certo imbarazzo nelle parole usate dal Goodwin per giustificarsi. La Larsson credeva veramente in ciò che aveva appena affermato: chi mai avrebbe voluto affrontare da solo una situazione simile? Solo l'idea di dimenticare la sua vita e le persone che amava, di sentirsi sola al mondo e completamente spaesata, le metteva i brividi. Forse per questo non la sorprese vederlo piangere e fu costretta ad autoimporsi di non abbracciarlo, sforzandosi di rispettare gli standard di comportamento che il suo ruolo le imponeva. Gli lasciò spazio e tempo, allungandogli con cautela un pacchetto di fazzoletti con la mano libera, continuando a stringergli l'altra mano e rivolgendogli un sorriso gentile che sperava apparisse anche sufficientemente fiducioso.
    Se li troveremo, sono sicura che loro faranno di tutto per aiutarti a ricordare. E sai, magari è un'idea mia, ma credo che se hai amato davvero una persona.. sia più facile imparare di nuovo a volerle bene.


    Ospedale Magico San Mungo, Terzo Piano.

    Il risultato della TAC magica ti ha turbato?
    Non poté fare a meno di rivolgergli una domanda diretta in quel caso, mentre gli porgeva un té caldo al limone e si sedeva al suo fianco. Aveva deciso di non portarlo nella caffetteria del San Mungo, perché in quell'orario l'avrebbero sicuramente trovata piena zeppa di gente e non le sembrava ciò di cui Shiloh aveva bisogno in quel momento. Sostavano in una sala d'aspetto pur senza aver più nulla da aspettare, ma la bionda era certa che nessuno avrebbe messo loro fretta: essere auror garantiva certi piccoli privilegi, ma essere un giovane ragazzo privo di memoria che aveva appena scoperto di dovere il suo stato a molteplici traumi cerebrali.. beh, ne garantiva molti di più. L'infermiere che li aveva assistiti non era riuscito a celare quanto quella vicenda lo toccasse e aveva lanciato al ragazzo qualche benevole sguardo paterno. La medimaga che aveva parlato con loro dei risultati dei vari esami aveva fatto del suo meglio per mostrarsi assolutamente professionale, ma Isobel era pronta a scommettere che lo sguardo smarrito di Shiloh doveva aver colpito anche lei.
    So che hai ricevuto informazioni piuttosto.. forti.
    Nessuno sarebbe rimasto indifferente di fronte alla scoperta di aver riportato gravi traumi cerebrali in seguito a quella che - in base alla natura e ad un esame attento delle lesioni - sembrava essere stato un vero e proprio scontro, molto probabilmente un'aggressione. Non era il genere di notizia con cui fosse facile fare i conti.
    Ma ora abbiamo delle informazioni in più. Prima di tutto, sappiamo che il resto del tuo corpo è in generale in buona salute, tolta un'influenza magica in corso che curerai nel giro di poco. Sei solo un po' denutrito, ma anche a quello provvederemo. E poi certo, sappiamo che hai subito molteplici traumi cranici e questo ci permette almeno di escludere che tu sia vittima di una Maledizione.
    Una consolazione, ma non così grande considerato che i guaritori si erano mostrati scettici di fronte alla possibilità di porre rimedio a quelle lesioni in modo che non influissero più sulla sua memoria. Isy, tuttavia, era determinata a raccogliere tra quelle informazioni tutto ciò che avrebbe potuto rivelarsi utile e dunque, in qualche modo, positivo. Bevve un lungo sorso del suo caffè, che aveva impedito a Shiloh di assumere a stomaco vuoto.
    Stiamo esaminando tutti i casi di persone scomparse del Regno Unito, nel corso dell'ultimo anno. Se non troviamo niente amplieremo i parametri di ricerca, vedrai che salterà fuori qualcosa. lo osservò di sottecchi, cercando di capire cosa gli stesse passando per la testa Come ti senti?
     
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    Sono subito rassicurato dalla sua conferma che verrà con me al San Mungo e non nascondo il sollievo sul mio volto, così come non ho nascosto la preoccupazione, la stanchezza e le lacrime.
    Per la prima volta in mesi mi sento al sicuro, ho qualcuno che vuole prendersi cura di me e poco importa se è il suo lavoro ad imporle di farlo, sono felice di non dover affrontare da solo ciò che verrà. Mi chiedo solo quanto durerà se non dovessero trovare la mia famiglia.
    Se il ministero potesse aiutare a lungo termine quelli come me, non ci sarebbero persone allo sbando senza una casa ed un lavoro, giusto?
    E se non possono fornirmi un posto dove stare, dove andrò finché le ricerche non andranno a buon fine?
    Isobel ha parlato di trovare un posto in cui stare e anche di un lavoro, ma non ho idea di come funzioni e se sia una cosa immediata. Sento che se non dovessi trovare un posto per questa notte, le mie condizioni non miglioreranno. Ma magari al San Mungo hanno qualcosa di miracoloso che mi faccia stare bene subito, magari la magia può fare anche questo.
    Apprezzo il fatto che l’auror voglia farmi sentire meglio riguardo la mia richiesta di andare insieme e di non farmi vergognare di ciò, così come apprezzo che voglia rassicurare le mie paure. Ed io non posso fare a meno di sperare di aver davvero amato la mia famiglia, prima di dimenticarli.

    Non posso dire che gli sguardi che mi sono stati rivolti qui al San Mungo mi abbiano dato fastidio, ma di sicuro mi hanno messo a disagio. Non sono abituato alla compassione. In realtà non sono abituato ad essere visto. Vivere come un senzatetto mi ha fatto realizzare quanto… si possa essere invisibili. Vivi per strada, dormi e mangi sotto lo sguardo di chiunque eppure nessuno ti vede davvero.
    Ed ora mi sembra invece di essere troppo esposto, troppo compatito ed io non so se è davvero ciò che voglio. Forse le notizie che ho ricevuto mi avrebbero spaventato di meno se fossero state accompagnate da un tono più neutrale ed uno sguardo più freddo, piuttosto che quelle occhiate dispiaciute. Eppure riesco a mantenere una faccia inespressiva, mentre Isobel mi porge un tè e siede di fianco a me.
    Scrollo le spalle alla sua domanda. - Sapevo di non essere messo bene, me lo avevano detto all’altro ospedale, ma credo non avessero i mezzi giusti per vedere quanto sia messo male.
    Le mie lesioni devono essere principalmente di natura magica e magari è qualcosa che una normale TAC babbana non può rilevare. Mi viene il sospetto quindi di non aver ricevuto le giuste cure tempestive e che questo possa aver peggiorato il tutto.
    Sapere che forse la mia memoria non tornerà come prima fa paura. - Questo comunque spiega anche le mie continue emicranie - aggiungo - Voglio dire, immaginavo che fossero collegate al trauma, ma l’idea di lesioni piuttosto gravi causate dalla magia, rende tutto più chiaro.
    Mi sorprendo di come riesca a parlare con tanta calma, quando l’unica cosa che vorrei fare è di sciogliermi di nuovo in un mare di lacrime. Mi sento ancora più sperduto ora, senza speranze. Non importa se troveremo la mia famiglia, tanto non saprò mai chi sono e chi sono stati per me. Annuisco lievemente quando mi dice delle ricerche, eppure non riesco a sentirmi sollevato nel sapere che andranno fino in fondo e si sposteranno altrove se non dovessero trovare niente di pertinente in Inghilterra. Mi stringo nella coperta che mi hanno dato qui, dal momento che avevo ancora freddo, e bevo un sorso di tè. Il suo calore è piacevole. - Stanco… dormirei per ore - lo so che non si riferisce a come mi sento fisicamente, ma non riesco subito a rispondere alla sua domanda. - Ma penso che la pozione che mi hanno dato stia facendo abbassare la febbre.
    Resto in silenzio per qualche secondo, prima di riprendere. - Ho paura… - e questo era chiaro fin dall’inizio, ma ora è ancora più evidente, più accentuata - Mi sento un po’ perso e meno motivato rispetto a prima… e non so dove andare. Se le ricerche dovessero durare mesi? Dove starò? Lo so che hai parlato di un alloggio temporaneo, ma quanto durerà? E chi mai darà un lavoro a me? Guardami, pensavi che fossi un drogato… non ho nemmeno i soldi per passare questa notte in qualche rifugio e non voglio tornarci per strada…
    Nella mia testa sono abbastanza convinto che l’alloggio che ha menzionato non possa essere disponibile già da questa sera. Ci saranno delle pratiche da sbrigare o che so io. Inspiro, poi alzo timidamente lo sguardo su Isobel. - Adesso ho un po’ fame… ma temo di aver lasciato quel panino nel tuo ufficio.
     
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    Le informazioni che avevano appreso li aiutavano a rimettere insieme i pezzi, almeno parzialmente. Creavano un quadro generale della situazione e delle probabili cause che avevano portato ad essa, ma purtroppo non davano molti indizi che spingessero loro ad orientarsi in una direzione specifica. L'elemento più utile continuava ad essere il nome che Shiloh ricordava gli appartenesse, difatti gli auror si sarebbero mossi in tal senso anche nell'esame a tappeto delle varie denunce di scomparsa. Ma era comunque possibile che si trattasse di un lavoro lungo. Senza contare che, in ogni caso, per ora erano senza possibili soluzioni per ciò che riguardava la perdita di memoria del ragazzo in senso stretto. Non c'era da sorprendersi che lui apparisse così demoralizzato.
    Sì, tutto torna. convenne Isobel, annuendo Per le emicranie comunque si può fare qualcosa, ti hanno prescritto degli infusi di erbe magiche.
    Cercò di sottolineare i pochi elementi positivi che potevano essere tenuti in considerazione. Essenzialmente, avevano tutti a che fare esclusivamente con il suo benessere fisico e la possibilità di una ripresa rapida da quello stato di denutrizione, freddo e influenza in cui il moro versava. Isy allungò una mano verso di lui e la posò sulla sua fronte, avvertendo un vago senso di deja-vu mentre i ricordi dei pochi anni in cui era stata una sorella maggiore riaffioravano nella sua memoria.
    Di sicuro scotti meno di prima.
    La pozione stava già iniziando a sortire il suo effetto. Shiloh aveva ancora un aspetto piuttosto provato e tutto in lui trasmetteva un senso di fragilità, sia fisica che mentale, ma almeno per il primo aspetto si poteva dire in via di ripresa. La svedese avrebbe voluto comunque poter fare qualcosa di più e potergli offrire rassicurazioni maggiori rispetto al piano di azione di cui l'aveva appena messo a parte. Non vi erano certezze né indicazioni temporali relative alle ricerche appena avviate e ai loro risultati. Questa consapevolezza contribuì a stringerle il cuore quando sentì il ragazzo ammettere ciò che risultava sempre più evidente.
    Avrei paura anch'io.
    Sperava che quella confessione lo aiutasse in qualche modo a sentirsi più compreso, meno solo e fragile. Sperava che lo privasse di ogni traccia di imbarazzo e disagio nei suoi confronti, ma sapeva che non avrebbe potuto fare molto di più. Non voleva spaventarlo ulteriormente, ma credeva che la sincerità fosse la via migliore per fargli comprendere quanto prendesse sul serio il suo problema.
    Shiloh, il Ministero ti aiuterà a trovare un lavoro. E chiunque ti assuma verrà messo a conoscenza del tuo stato di salute prima di qualunque colloquio, quindi non passerai per un drogato. Per quanto riguarda il tuo alloggio, sono sicura che troveremo una soluzione che possa andare bene per te finché non potrai permetterti di pagare un affitto.
    Almeno su questo punto poteva rassicurarlo. Dal punto di vista di Isobel - e nello stato attuale della società magica inglese le pareva piuttosto condiviso dalle autorità - il Ministero aveva il dovere di farsi carico delle difficoltà dei suoi cittadini, in particolare per tutto ciò che riguardava i diritti umani. E gli auror, a cui era affidato il compito di proteggere tali cittadini, non dovevano necessariamente farlo limitandosi ad arrestare i criminali e garantire che le strade fossero più sicure. Nei limiti dei suoi poteri sarebbe dunque intervenuta e per ciò su cui non poteva operare in modo diretto avrebbe collaborato con personale medico e assistenti sociali.
    Ci siamo già mobilitati, vedrai che presto salterà fuori un appartamento o una stanza per te.
    Da questo punto di vista era abbastanza convinta che i tempi non sarebbero stati troppo dilatati. La Larsson finì il suo caffè e si ripromise che sarebbe stato il primo e unico della sua giornata: solo la gravidanza era riuscita a spingerla verso la moderazione.
    Oh sì, tu l'hai lasciato nel mio ufficio. sorrise e recuperò dalla sua borsa il panino che gli aveva offerto, accuratamente incartato e conservato Ma io no.
    Glielo porse e insieme ad esso gli offrì anche una bottiglietta d'acqua, poi rimase per un po' in silenzio a guardarlo mangiare. Sembrava in tutto e per tutto un bambino, in quel momento.
    Per ora puoi stare da me. Non ho una camera degli ospiti, ma il mio divano è abbastanza comodo. una seconda camera in effetti c'era, ma si trattava della cameretta pensata per la bambina in arrivo e al momento non vi era neanche un vero e proprio letto lì dentro Sono sicura che per mio marito non sarà un problema.
    Mick non aveva avuto niente da ridire su Derek, che avevano ospitato per un'intera Estate, quindi non avrebbe obbiettato per una o due notti. E poi era nella natura dello Smith preoccuparsi per chi era in difficoltà e lui ne sapeva qualcosa su ciò che voleva dire ritrovarsi senza casa e lontano dalla propria famiglia, anche se per ragioni differenti. In tutta onestà, la bionda si augurava che almeno il padre di Shiloh fosse migliore di Smith senior.
    Spero che tu non abbia paura dei cani.
     
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    Sono grato che sia Isobel l’auror che mi è stato assegnato. Ha un modo di fare rassicurante, oserei dire quasi materno, e se non fosse stato per lei a quest’ora la mia paura sarebbe vero terrore.
    Riesce persino a non farmi vergognare di ciò che sto provando in questo momento, né mi sono vergognato di aver pianto davanti a lei poco fa.
    Mi è sembrato molto naturale farlo, così come mi sembra naturale che mi appoggi la mano sulla fronte per sentire la mia temperatura.
    Credo proprio che ci sia stata una mamma, nella mia vita, che abbia fatto un gesto simile perché mi è così familiare.
    Ad ogni modo, quello di Isobel è un atteggiamento da sorella maggiore e la cosa… mi piace, mi fa desiderare di rimanere in sua compagnia ancora un po’ perché posso lasciarmi andare e non dover essere l’unico adulto responsabile di me stesso finché lei è qui. - Spero siano di aiuto.
    Le emicranie in questi ultimi mesi sono state una delle cose peggiori, a volte mi hanno messo KO per giornate intere e non avevo niente che potesse servire a farle smettere. Mi da sollievo sapere di avere una soluzione ora.
    Così come mi fa sentire sollevato sapere che il Ministero mi aiuterà e che addirittura avrò una mano nel trovare lavoro, nello spiegare chi sono e cosa mi è successo. Annuisco, allora, per farle intendere che capisco. - Grazie… grazie, davvero.
    Non vedo l’ora che tutto questo accada: un lavoro, un posto in cui stare che non sia la strada e che magari potrò chiamare casa.
    Le sono bastate poche parole e la convinzione con cui le ha pronunciate per farmi sentire un po’ meglio, ma continuo ad essere un po’ preoccupato per questa notte.
    Non ho i soldi per il rifugio e non voglio stare al freddo proprio adesso che mi hanno dato qualcosa per rimettermi.
    Sorrido quando la vedo tirare fuori il panino dalla borsa e lo accetto di buon grado. - Sei una che pensa sempre a tutto, vero?
    Lo scarto e ne stacco un morso non troppo grande, masticando con calma. Ho fame, ma non così tanta da sbranarmi il panino e soprattutto non voglio ingozzarmi per poi sentirmi male.
    Mangio e per un po’ rimaniamo in silenzio. Poi lei dice che posso passare la notte a casa sua e la mia testa scatta su, gli occhi pieni di sorpresa. - Cosa? Davvero?
    La sua gentilezza va al di là di quanto potessi immaginare. Avevo intuito già dal suo modo di fare che è una che prende seriamente a cuore gli altri e che non è solo il suo lavoro che l’ha spinta ad essere così rassicurante con me, ma addirittura questo…
    Dopotutto non mi conosce affatto, mettersi in casa un perfetto sconosciuto potrebbe persino essere pericoloso e lei in qualità di auror lo sa sicuramente, eppure eccola qui, ad invitarmi a casa sua.
    Certo, ha un marito, il che vuol dire che ci sarà un’altra persona in casa e questo potrebbe darle più sicurezza, ma io resto pur sempre un ragazzo qualsiasi che si è presentato nel suo ufficio con un aspetto sfatto ed una storia che solo io so se sia vera o meno, lei non può saperlo finché le ricerche non confermeranno quanto ho detto. - I cani mi piacciono molto - la rassicuro, cercando di ingoiare le lacrime che minacciano nuovamente di rigarmi il volto, questa volta per il sollievo e perché non mi aspettavo tanta gentilezza - Lo apprezzo molto… grazie, Isobel. Mi stai dando molto più dell’aiuto che mi aspettavo e non immagini quanto te ne sia grato.
    L’abbraccerei, ma non c’è abbastanza confidenza per farlo, ma spero che il mio sorriso valga altrettanto.
    È riuscita a farmi sentire meno perso e meno solo e a farmi rendere conto che non devo affrontare tutto questo da solo. Magari la strada è già solo un brutto ricordo e non dovrò tornarci mai più a partire da questa sera. Vorrei solo aver avuto la possibilità di andare a chiedere aiuto al Ministero molto prima, ma direi che a questo punto vale decisamente il “meglio tardi che mai”.
    Quest’ultimo anno è stato sicuramente duro, ma non è tutto perduto adesso. Magari troveranno davvero la mia famiglia, devo solo avere fiducia, giusto?
    Proverò ad averne e soprattutto ad averne in Isobel Larsson.
     
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