Rendez-vous

› Anita

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    Danielle Richards | I anno | Corvonero


    Era passato un bel po' di tempo dal nostro ultimo incontro lì nei sotterranei. Le cose erano radicalmente cambiate in quel lasso temporale.
    Scendo gli infiniti piani di scale che dividono la torre di Corvonero al luogo pattuito e non posso fare a meno di ripercorrere mentalmente i fatti successi in quei due mesi abbondanti che erano trascorsi. L'ansia e il nervosismo di quei giorni, quell'impasse che avevo vissuto non sapendo come affrontare al meglio la situazione dato il silenzio stampa del professore di volo, allora mio ragazzo, e poi lo scontro finale con lui. Le scelte discutibili che avevo preso per arrivare fino a quella decisione sofferta e poi tutto il dolore che ne era derivato. La ferita era ancora ben aperta se mi ci fermavo a riflettere e non era dannatamente semplice essendo costretta a vederlo ogni santo giorno lì a scuola. Per quanto mi fossi sforzata di saltare in un primo periodo le sue lezioni alla fine mi ero decisa a tornare, spronata dalle mie amiche che mi avevano fatti riflettere sull'annosa questione della mia media scolastica. Non che fossi migliorata, ma nemmeno peggiorata. Mi tenevo la mia "S" e mi accontentavo di essa. Le lezioni erano dure, era strano rapportarsi con lui dopo tutto quello che avevamo vissuto insieme, dopo tutto quello che c'era stato e non era strano che tornassi in dormitorio oppure che mi fiondassi nella stanza delle necessità subito dopo la lezione per sfogare in un pianto sconsolato. Lo avevo amato per quanto adesso la presenza di Mat fosse rigenerante, il mio cuore era ancora martoriato in quel senso.
    L'aula era ancora ingombra e controllai l'orario sull'orologio da polso, ero in anticipo di almeno una decina di minuti su quanto accordato. Non male per i miei standard. Posizionai un banco alle cui estremità capeggiavano due sedie e presi posto su di una nell'attesa che la Serpeverde arrivasse. Presi il libro del momento dalla tracolla ma non riuscii nemmeno a completare la pagina che sentii la porta aprirsi e la ragazza fare il suo ingresso nell'aula.
    «Buon pomeriggio, Anita» la accolsi con un sorriso. Poteva vedere da lei stessa il cambiamento nella mia persona rispetto all'ultima volta. «Grazie per essere venuta, come ti ho scritto è arrivato il tempo di aggiornarci sull'esito tue visioni. Come puoi vedere sono ancora qui...» inarco in un lieve scatto le sopracciglia, quindi in un certo senso avevo sia seguito il suo consiglio sia permesso che la visione si avverasse così come l'aveva vista. Attendo che prenda a sua volta posto e la osservo incuriosita dal tipo di materiale che potrebbe decidere di fare uso nella sessione di oggi, sempre che voglia esercitarsi ancora nell'arte divinatoria.
     
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    Ero molto guardinga negli ultimi tempi a causa, ovviamente, della visione che avevo avuto proprio durante il mio ultimo incontro con Danielle. Per mia fortuna erano successe un po' di cose da quella volta, una conoscenza in particolare forse sarebbe stata significativa in questa sorta di guerra fredda fra me e mia sorella.
    Questo era quello che speravo, guadagnare un vantaggio significativo. Avrei sfruttato l'arrivo dell'estate per prepararmi a dovere e magari, chissà, anche fare una piccola sorpresa a miei cari genitori che sono sicura non aspettino atro che vedermi.
    Mi aspettava dopo tempo un'altra seduta con la mia cavia volontaria, quella grazie a cui, lo devo ammettere, sto facendo pratica. Cos'è che sta diventando, una specie di appuntamento fisso? Possibile che sia così, consapevoli del fatto che tutto terminerà quando non ne sentiremo più l'esigenza. Il che mi sta più che bene.
    Controllai il mio orologio da polso constatando che la mia deviazione in dormitorio, potrebbe essermi costato un ritardo di qualche minuto. Dopo aver preso un farmaco per i miei recenti continui mal di testa, mi diressi nella stessa aula che le avevo indicato tempo prima; scostai la porta che cigolando annunciò il mio ingresso -Danielle, ti vedo...- mi presi un'istante per squadrarla meglio dall'alto verso il basso -...raggiante- tutt'altra aura rispetto alla volta precedente, chiaro segno che qualcosa era avvenuto.
    Avanzai guardandomi intorno e annuendo alle sue parole, sembrava aver già sistemato tutto secondo l'impostazione che io le avevo già dato. Bene, non ci perdiamo in preparativi -sì certo, questo lo vedo. Direi che quindi non dovrebbe esserci più rischio di vederti abbandonare la scuola- grattandomi la tempia, presi posto sulla sedia posandolo sguardo sul libro che teneva tra le mani. Degna figlia di Priscilla -che mi dici invece dello scontro con quell'uomo? L'esito non deve essere stato negativo a giudicare dall'espressione serena che ti si legge in volto- ero sicura che fosse opposta alla mia, nonostante tentassi di mantenere una perfetta postura ed un tono di voce convincente.





     
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    Danielle Richards | I anno | Corvonero


    Esteriormente non potevamo apparire l'una più diversa dall'altra in questo momento: se fino agli scorsi incontri il mio aspetto aveva lasciato molto a desiderare, in quanto manifestazione di uno stato di salute ottimale, adesso le carte sembravano essersi invertite. Tutto lo sport praticato in quei mesi non aveva mai così tanto giovato al mio fisico che, grazie alla calura che la bella stagione stava portando era messo in mostra da qualche bottone in più lasciato aperto nella divisa o dalla gonna che lasciava intravedere le gambe scoperte, in più avevo ripreso a nutrirmi come si deve e le guance leggermente arrossate sprizzavano salute da ogni poro. La notte faticavo ancora a dormire in alcune occasioni ma niente a che vedere con quello che avevo patito i primi tempi, quando accadevano questi episodi mi rannicchiavo nel letto di Skylee o di Vanja (diventata molto più dolce con gli ormoni impazziti della gravidanza) e tornavo serena a dormire. Tutto esattamente il contrario di Anita. La ragazza appariva pallida e stanca, il suo colorito lunare metteva in risalto le occhiaie. Chiaramente qualcosa la tormentava e se fossimo state amiche mi sarei messa a sua disposizione per aiutarla almeno permettendole di sfogarsi. Ma noi siamo partner, non amiche, rammentai mio malgrado tenendo bene a freno la lingua dal porle una domanda a cui mi avrebbe sicuro risposto con una qualche frecciata al vetriolo. La ringrazio accompagnando il tutto con un sorriso e le faccio cenno di prendere posto. Richiudo il libro infilando accuratamente il segnalibro tra le pagine lisce e lo volto nascondendo la copertina sul banco a modo che l'illustrazione sul fronte non mi distragga.
    «No, infatti. Salvo imprevisti che mi auguro tu veda anticipatamente dovrei rimanere qui per tutti e sette gli anni» affermo inclinando leggermente di lato la testa. Mi scosto una ciocca di capelli e con un sospiro mi preparo alla parte difficile di questo incontro. Non mi è semplice parlare di ciò che è successo, per quanto esternamente faccia la dura e quella che sta bene in realtà sono ancora profondamente scossa dai fatti. Mi schiarisco la gola preparandomi a parlare.
    «È andata esattamente come hai visto. Lo scontro c'è stato, è stato molto duro... violento quasi» mi fermo un attimo socchiudendo gli occhi al ricordo, non è affatto semplice far riaffiorare le immagini. Poi mi rendo conto che ciò che ho detto può essere facilmente frainteso e mi appresto a specificare «Non mi ha toccata. Ha... degli scatti d'ira in cui rompe oggetti» sposto lo sguardo. Non so quanto questo ad Anita possa importare o meno ma alla nostra precedente seduta mi aveva rimbeccato asserendo che aveva bisogno di informazioni per riuscire a vedere meglio. Sospiro. «Abbiamo discusso, animatamente e alla fine ho chiuso quella relazione. Non... c'è più niente. Niente di niente. Niente di niente» mi ripeto e mando giù un groppo ispirando l'aria. «Ma la tua visione non si limitava solo a questo scontro, mi hai anticipato che avrei fatto anche delle nuove conoscenze ed effettivamente è stato così. Ho conosciuto delle persone, una in particolare» il sorriso che mi alza gli angoli delle labbra è spontaneo come tutte le volte in cui il discorso finisce su Mat. «Ma questa volta non vorrei che ti concentrassi su di lui, mi piacerebbe tu vedessi oltre magari con un occhio di riguardo alle mie sorelle... cioè a Vanja e Skylee, se puoi» le chiedo questa volta pronta ad aprirmi e a permetterle di spaziare. Spero veda qualcosa in più sul futuro di Vanja e della sua gravidanza, qualcosa che possa permettermi di stare meglio al suo fianco e consigliarla. Incredibile come non abbia più il peso di dover proteggere Liam adesso, prima volente o nolente la preoccupazione di preservarlo dagli occhi altrui indiscreti mi costringeva a tenere sempre una guardia serrata tenendo costantemente i nervi a fior di pelle. Adesso ero libera, libera di vivere qualsiasi cosa senza preoccupazioni.


    Edited by .Ellie - 15/6/2021, 17:38
     
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    -Spero di riuscire a prevedere eventuali imprevisti- accompagnai le mie parole con un cenno del capo -non mi piace deludere le aspettative- mai ed in nessun caso: avevo preso un accordo ed intendevo portarlo a termine al meglio delle mie capacità.
    Poggiai il gomito sul piano in legno mentre la mia mano sosteneva il mento. Assunsi così una perfetta e composta posizione di ascolto che avrebbe permesso a Danielle di capire che ero concentrata sulle sue parole. Un sorriso appena accennato, curvò le mie labbra quando la crovonero ci tenne a precisare che non aveva subito alcun tipo di violenza fisica; il professore era solo un'uomo a cui capitava di rompere qualche oggetto quando si innervosiva -è una fortuna che questa sua violenza non abbia superato certi limiti, quantomeno in tua presenza- alzai un sopracciglio con fare allusivo. Affascinante. Non era tanto l'incolumità della ragazza ad interessarmi, quanto questa presunta violenza dell'uomo. Davvero affascinante come in determinate occasioni emergano degli aspetti del carattere di qualcuno che non avresti mai sospettato. E chissà che il passo tra rompere un getto o rompere un braccio a qualcuno non fosse poi così lungo.
    Precisò poi di aver conosciuto qualcuno di nuovo, la sua espressione sarebbe stata facile da decifrare persino per un cieco -bene, per adesso mettiamo da parte questa nuova conoscenza- uno dei due nomi non
    mi era nuovo -sorelle hai detto?- la guardai stranita. Non erano sorelle di sangue, indubbiamente, una delle due avevo anche avuto il non piacere di conoscerla . Che fosse un modo affettuoso per chiamare quelle che in verità erano, evidentemente, sue grandi amiche? Sciocco. Gli amici non sono come fratelli. Con quest'ultimi, non puoi eliminare ogni collegamento neanche se volessi. In cuor mio non comprendevo come a Danielle venisse spontaneo definirle tali -sì, posso- puntai il mio sguardo in quello giallo della corva, ne scrutai le venature per un po' -vuoi davvero essere loro così tanto di aiuto...- tutta questa fatica io non la comprendevo, ma se era quella la sua richiesta... era mio specifico compito accoglierla. Cercai la sua mano in modo che il contatto mi aiutasse a cercare informazioni specifiche. Presi un respiro dal naso allontanando un lieve giramento di testa e strinsi delicatamente così la presa sulla mano della ragazza, in modo da ristabilire un contatto. Concentrati.
    Vidi prima la ragazza dai capelli ricci, un paio di informazioni inutili presero malamente forma nella mia testa. Socchiusi gli occhi sforzando la mente -la riccia... Skylee. Ha una famiglia?- la vidi un po' ad intermittenza in un ambiente onirico, probabilmente si trattava di una metafora -la vedo in una casa vuota... sta camminando, va incontro a Vanja- e non sono sole -...quindi è incinta...- ghignai con aria giudicante, così sciocca da essere riuscita farsi mettere incinta pur di non frenare i suoi impulsi -stanno discutendo, anche se non riesco a capire bene di cosa. Ma la solitudine di quella ragazza è angosciante.- la sento fin da qua.





     
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    Danielle Richards | I anno | Corvonero


    Il tono in cui disse che trovava interessanti gli scatti d'ira di Liam non mi piacque. Sembrava stesse soppesando quell'informazione, dalla sua espressione potevo chiaramente veder entrare in funzione gli ingranaggi del suo cervello e non prospettavano a nulla di buono. Ma erano affari miei? No, non più. Alla vecchia me sarebbe dovuto importare, alla vecchia me quel dettaglio non sarebbe nemmeno uscito dalle labbra rendendo evidente la frustrazione della Serpeverde che avrebbe dovuto annaspare alla ricerca di una visione soddisfacente ma, alla nuova me non doveva importare nulla di tutto questo. Adesso le nostre vite erano separate e non mi era più richiesta quella particolare attenzione nei suoi riguardi. Certo, non avrei spifferato le nostre vicende più personali o i suoi segreti ma comunque non dovevo più proteggerlo. Affilai leggermente lo sguardo rammentando dentro di me che non era più una mia preoccupazione e proseguii con le richieste.
    «Si, sorelle» le confermai senza il minimo cenno di esitazione nella voce quanto nella mente. «Non lo sono di sangue ma per scelta» dalla sua espressione di rimando potevo tranquillamente capire quanto Anita fosse contrariata e stranita da quella definizione, probabilmente non capiva la natura del nostro rapporto o trovava avventata una definizione simile ma solo io, Vanja e Skylee sapevamo cosa avevamo passato insieme e come continuavamo a supportarci a vicenda senza giudizio. Sapevo che qualsiasi cosa mi fosse passata per la testa avrei avuto loro schierate al mio fianco, persino nell'idea più malsana, persino quando le cose prendevano una piega sbagliata e ti ritrovavi in grembo un figlio non voluto potevi contare sul supporto delle altre. Eravamo una macchina complementare perfettamente oliata.
    «Non proprio, ha una situazione familiare complessa. È importante questa informazione?» Non volevo rivelare quelli che erano i trascorsi personali di Skylee, da quello che mi aveva raccontato c'era molta, moltissima, oscurità nel suo passato e come fosse riuscita a rimanere sana di mente dopo aver riacquisito la memoria la diceva lunga su quanto fosse una ragazza tosta per quanto molto giovane.
    - La vedo in una casa vuota... - dapprima aggrottai le sopracciglia ma poi ricordai della proprietà in Alaska di Skylee, aveva una casa lì che stava ristrutturando a modo che ci andassimo a vivere tutte e tre insieme in un futuro prossimo. Buona parte delle vacanze l'avrei trascorsa lì così da evitare anche i miei. «Si lo è» il modo in cui lo disse m'indispose per cui il mio tono fu rigido, gelido. Anita non commentò ma era chiaro dal suo ghigno che non stesse pensando nulla di buono in riferimento a V.
    «La solitudine?» mi stranii, come poteva essere sola? Aveva noi. «Perché sola? Cerca di approfondire ti prego» le strinsi la mano sporgendomi in sua direzione.
     
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    Danielle confermò il mio dubbio sulla natura del rapporto fra lei e le altre due ragazze, sue sorelle. In realtà trovai la cosa insolita per come la corvonero si era mostrata a me: così razionale eppure tanto sentimentale dall'altro lato. Mi rassegnai alla probabilità che non avrei mai compreso quel tipo di legame e decisi di passare oltre, disinteressata a capirne di più.
    -Sto cercando di capirlo- stirai leggermente il collo verso destra mentre investigavo con la mente sulle sensazioni che mi davano quelle visioni -provavo a giustificare questa sua solitudine. La casa vuota potrebbe anche essere solo metaforica e non la precisa rappresentazione di cosa accadrà- spiegai in modo che anche Danielle potesse rendersi conto e non illudersi che ogni dettaglio che appariva nelle mie visioni corrispondesse a verità assoluta. Sicuramente la corva ne era già molto consapevole, ma mi piace essere precisa. Arrivò poi con tono gelido e distaccato la conferma sullo stato di Vanja. Devo aver urtato la sensibilità di qualcuno, un lieve ghigno mi si dipinse in volto -non andrò in giro a sperperare la mia opinione sullo stato della tua amica, sta tranquilla... non è importante- mi serviva che Danielle restasse rilassata, più era a suo agio e più le mie visioni potevano spingersi oltre.
    Socchiusi pesantemente gli occhi guardando il volto di Danielle quando mi chiese di approfondire. Così feci, attratta dall'idea di poter superare qualche mio limite -questo bambino la metterà un po' in crisi- iniziai così a trasformare in parole le immagini che scorrevano davanti ai miei occhi. Presi un respiro profondo per via di un breve momento in cui sentì mancarmi l'aria. Sto bene. -le vedo discutere e sono abbastanza sicura che la ragione sia questa... Skylee tiene già al bambino- seguì una pausa di silenzio in cui provai a distinguere le parole che le due si stavano scambiando -mentre Vanja, non vuole questo figlio... la farà soffrire- sentì il setto nasale indolenzito ma non vi prestai attenzione. Volevo terminare il mio lavoro ed essere sempre più precisa.





     
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    Danielle Richards | I anno | Corvonero


    Le prime immagini che Anita mi aveva descritto mi avevano messa in allarme. Strinsi con più enfasi la sua mano mentre istintivamente mi sporgevo nella sua direzione pendendo letteralmente dalle sue labbra. Come poteva Vanja sentirsi sola? Sia io che Skylee le ronzavamo intorno in maniera a dir poco fastidiosa, soprattutto la piccola di casa che sembrava essere l'unica entusiasta di quella gravidanza. Ne parlava in continuazione oltre ad essere molto apprensiva nei confronti della rossa. Io, dal canto mio, non ero di questo avviso. Assecondavo l'indole di Vanja a far finta che quella gravidanza non esistesse e, apparte alcune occasioni, la trattavo esattamente come prima, solo con un occhio di riguardo nel caso si fosse stancata troppo.
    Ma quella solitudine... l'avevo notata sin da quando l'avevo conosciuta, quando ancora stava con Logan. Era sempre stata una ragazza solitaria, con la tendenza ad isolarsi e spesso nel suo sguardo poteva leggersi un profondo dolore remoto e ben celato da quel muro di astio che presentava al mondo esterno.
    Faccio una smorfia alle parole di Anita. Una metafora. Esattamente quello mi infastidiva dell'arte divinatoria. Era così. Dannatamente. Interpretativa. Non era come un intruglio a cui bastava aggiungere con metodo i quantitativi corretti di un ingrediente per ottenere l'esatta replica della pozione. No, nemmeno un po'! Le visioni era interpretazione! Quanto di più fastidiosamente soggettivo non ci potesse essere. Mi lascio andare in un verso di fastidio simile ad un leggero ringhio.
    «Potresti avere ragione» bofonchio con un leggero velo di irritazione nella voce. Per quanto ci fossimo noi accanto alla russa, mi venne in mente che magari Vanja poteva vivere quel particolare momento della sua vita interrogandosi sulle varie possibilità della vita. Ad esempio come sarebbe andata anche solo se Noah fosse stato presente o qualsiasi altra variabile. Se avesse avuto un compagno. Potevo capire in parte quel senso di solitudine che la attanagliava.
    - Questo bambino la metterà un po' in crisi - la mia espressione si distese mentre un sopracciglio scattava già verso l'alto. Se solo Anita avesse davvero conosciuto Vanja avrebbe saputo che eravamo già tutte e tre in crisi per l'arrivo della creaturina che portava in grembo. «Decisamente» abbozzai un sorriso inclinando leggermente il capo. Chiusi gli occhi cercando nuovamente di rilassarmi per permettere alla Serpeverde di vedere con più agilità nel mio futuro. I miei occhi si riaprirono di scatto quando sentii dall'altra parte la ragazza annaspare. La guardai allarmata. Avrei voluto chiederle immediatamente come stava, se ciò che stavamo facendo era troppo per le sue possibilità ma vidi i suoi grandi occhi nocciola farsi decisi e il cenno che mi rivolse mi fece capire che voleva andare avanti. Annuii.
    «Anita il tuo naso» scattai immediatamente dopo che la ragazza ebbe descritto l'ultima cosa che era riuscita a vedere. «Anita» la richiamai, cercando di distoglierla dalle visioni. «Il tuo naso sta sanguinando!» Mi chinai verso la tracolla lasciandole la mano e dopo averci rovistato brevemente estrassi un fazzolettino che le porsi. «Forse dovremmo fermarci...?» Aggrottai le sopracciglia «è la prima volta che ti succede?»
     
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    Danielle restò molto concentrata sulle mie parole, talmente tanto che serrò la presa sulle mie mani come se questo potesse servirle a comprende meglio. Ogni sua vibrazione, ogni sua sensazione in quel momento era amplificata a facilmente percepibile da me, che stavo sostanzialmente creando un contatto con la sua mente. Non mi stupì di sentirla irritata e diffidente, avevo capito che la corvonero non riponeva totale fiducia in questi metodi. Eppure eccola qua ancora una volta a chiedere un mio consulto.
    Non restai concentrata su quello che percepivo essere il suo stato d'animo, preferì andare oltre e non lasciarmi interrompere dalle parole. Ero decisa a continuare a scavare ma la voce della ragazza mi fece sobbalzare costringendomi -cosa?- poco alla volta, ripresi il contatto con la realtà -il mio...- bisbigliai passando il dorso della mano sotto il naso. Maledizione, detestavo gli attimi di cedimento, detestavo il mio corpo così inadatto al potere che possiede. Il rosso profondo del sangue segnava la mia mano, rimasi qualche attimo a guardarla prima lasciare le mani della ragazza e prendere il fazzoletto che mi stava porgendo -grazie- risposi frettolosamente. Non permettevo a nessuno di vedermi in quello stato, mi venne istintivo alzarmi e darle la schiena. Vulnerabile, debole, scoperta. Ecco com'ero in quel momento. Una stupida persona fragile, tutto ciò che mi dava il disgusto.
    Mossi qualche passo lontano dalla mia postazione rimuovendo il sangue dal viso e dalle mani. Reclinai la testa all'indietro, sentivo il naso dolorante -no, non voglio fermarmi- dissi quindi con voce sicura, se mi fossi fermata per quello non avrei mai superato i miei limiti -non importa quante volte mi sia successo- quella specie di interesse circostanziale della corvonero mi stranì, mi innervosì quasi. Mi chiesi se davvero si aspettasse una qualche risposta da parte mia ma molto probabilmente no, era solo una di quelle frasi che di norma la gente dice in situazioni come questa. Quasi come se fosse la cosa giusta da fare. Non capisco, non me ne faccio niente.
    Non era certo la prima volta che si verificava un episodio simile e sicuramente, non sarebbe stata neanche l'ultima. Tirai su col naso portando una mano alla tempia per poi sedermi nuovamente sulla sedia in maniera composta -è solo lo sforzo, richiede energie. Continuiamo- decisi di spiegarmi brevemente sistemando la gonna sotto le cosce. Tesi quindi la mano a Daniella, di nuovo, in modo da tornare al contatto che avevamo poco prima. Fu come dover ricominciare a ricreare una connessione, ecco perchè ci volle qualche secondo prima che dal nero riuscissero a riemergere delle immagini più o meno chiare -stavamo parlando della... solitudine della tua amica Skylee- mi schiarì la voce prima di continuare -e dei sentimenti di Vanja verso questo bambino- con un po' di fatica, alcune immagini ricominciarono a scorrere nella mia mente. La rossa sembrava non avere buone intenzioni verso la creatura che cresceva in lei -vuole... uccidere il bambino?- alzai lo sguardo sulla latina con aria interrogativa. Sapeva delle intenzioni che aveva la sua amica? Interessante, le persone nascondono delle idee piuttosto particolari quando si ritrovano all'angolo -questo potrebbe essere un momento critico per voi. Non mi sorprenderebbe se la scelta della tua amica porterà ad uno scontro-.





     
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    Danielle Richards | I anno | Corvonero


    Le porsi il fazzoletto e con un certo stupore misto a riluttanza Anita lo accettò. Si alzò allontanandosi di qualche passo e dandomi la schiena si ripulì del sangue che le era colato dal naso. Scostai lo sguardo da lei, voltando lateralmente il capo, cercando di darle della privacy per quanto fosse possibile in quella stanza sgombra di nascondigli e attesi che si ricomponesse prima di porle alcune domande. Ero dell'idea che dovessimo fare quantomeno una pausa. Non ero una guaritrice ma non mi servivano di certo gli anni di studio di mio Zio o la sua esperienza sul campo per capire che quella reazione non fosse normale. Ma Anita non era della mia stessa idea e mi fu chiaro quanto la Serpeverde fosse orgogliosa e irritata di mostrarsi vulnerabile ai miei occhi. Lo capivo, capivo quell'aspetto caratteriale di lei, io stessa odiavo mi odiavo per lo stesso motivo in un certo senso. Per quanto in realtà il mio fisico fosse forte e scattante dopo tutti gli allenamenti alla quale mi ero sottoposta, quello che si presentava come un punto debole a mio personale giudizio era la difesa della mia mente. Solo adesso che frequentavo un legilimens mi ero resa conto di quanto in realtà fossi vulnerabile sotto quell’aspetto e da testarda orgogliosa quale che ero mi ero immediatamente attivata per eliminare quella debolezza. Quindi si, capivo benissimo le frustrazioni di Anita ma, come ci tenne a sottolineare perfettamente l’espressione della ragazza, noi non eravamo amiche: non ero tenuta a preoccuparmi del suo stato di salute. Sbuffai dalle narici al suo ennesimo rifiuto e sforzandomi profondamente le allungai nuovamente le mani stringendo la sua che mi aveva offerto.
    «Di Sky?» ritirai indietro le mani senza staccarmi dalle sue. «No… deve esserci un errore, devi aver visto male! Sky non è sola… Non si sente sola. Ha noi… Ha Christian… N-non può essere!» Aggrottai le sopracciglia sbigottita. Non poteva essere come diceva, doveva esserci uno sbaglio. A meno che…
    A meno che Christian non avesse parlato. Solo quello avrebbe potuto allontanare mia sorella da tutte. Ma Christian aveva giurato, era il primo che aveva espresso la volontà di tenere nascosto quanto successo nei bagni del settimo piano. Non poteva aver cambiato idea! E non poteva farlo senza nemmeno avvertirmi!
    - Vuole… uccidere il bambino? - «COSA? NO!» Questa volta fu l’istinto che mi fece essere più irruente e con veemenza lasciai andare le mani di Anita. «No… Vanja non ama la bambina ma non la odia nemmeno a tal punto» scuotevo rapidamente il capo, lo sguardo perso nel vuoto mentre cercavo di razionalizzare ciò che aveva visto la ragazza. «No… no… T-tu le tue visioni… no… sono sbagliate… il sangue» scuotevo il capo mentre annaspando mi stavo richiudendo in un meccanismo di difesa che mi portava a dubitare delle visioni di Anita. Visioni che fino a quel momento si erano sempre avverate, ma non quella! Vanja non avrebbe mai posto fine alla vita di Abigail. A modo suo l’amava! Glielo aveva letto nello sguardo quando le aveva porto il peluche a forma di lupo per la piccola, era stata genuinamente contenta. Non poteva ucciderla… o forse si?
     
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    Non permisi a quel momento di debolezza di interrompere il mio lavoro, sarei andata avanti, avrei portato a termine il mio compito per oggi. Per me stessa, per nessun'altro. Danielle quindi, dopo un primo sbuffo emesso dal naso, si convinse a collaborare per permettermi nuovamente di vedere cosa riservava il futuro alle tre "sorelle" di corvonero. Ripresi quindi esattamente da dove avevo lasciato e non mi aspettai lo sbigottimento della ragazza -sì, è quello che ho detto- un sopracciglio scattò in alto sottolineando l'ovvio. Danielle aveva frainteso le mie parole fino a quel momento confondendo i soggetti delle visioni che avevo avuto. Da come ne parlava, la sua amica bionda non poteva assolutamente essere come avevo visto -ne sei proprio convinta?- mi feci leggermente in avanti con il busto cercando lo sguardo giallo della corva -spesso e persone non dicono come si sentono davvero, a nessuno piace mostrarsi debole- era chiaro come in realtà ci fossero svariate cose che la ragazza non sapeva sulle sue amiche, sulle sue "sorelle" che a quanto pare non codividevano davvero ogni cosa. I segreti esistono in qualunque rapporto, chi lo nega è solo un ipocrita.
    Ma c'era dell'altro: erano entrambe le sue amiche ad averle nascosto qualcosa e piuttosto che considerare la probabilità, Danielle preferì interrompere i nostro contatto bruscamente portandomi a seguirla con lo sguardo ed aria incuriosita - te lo ripeto Danielle: ne sei proprio convinta? Sei proprio sicura di conoscere così bene le tue... sorelle?- chiesi, portandomi un indice al mento. Li notavo, notavo tutto, il suo nervosismo e la sua preoccupazione crescere. Per me quelle erano sensazioni inebrianti -lo fai di nuovo...- sistemandomi la gonna, mi alzai in piedi anche io -dubiti di nuovo di ciò che vedo perchè è più facile che accettare la realtà...- infierì ancora -... e la verità è che sembra proprio che loro abbiano deciso di tagliarti fuori da alcune cose- mi si dipinse in volto un'espressione di finta compassione nei confronti della confusa corvonero i cui occhi sembrano impegnati a cercare le risposte da qualche parte di fronte a lei. Avanzai quindi verso di lei, come un predatore che desidera mettere la sua vittima all'angolo. Il desiderio dentro di me in realtà, non era neanche tanto diverso: adesso quei meccanismi umani così affascinanti, stavano catturando totalmente la mia attenzione. Inebriante. Riesco quasi a sentire il suo respiro.
    La scrutai bene dalla testa ai piedi, la sua posizione, i suoi occhi. Poggiai una mano al tavolo iniziando a tamburellare le dita sulla superficie prima di espirare rumorosamente. C'erano degli altri pensieri che si stavano facendo largo nella mia mente, fastidiosi, invadenti, bruschi a tal punto da spingermi ad un repentino cambio di atteggiamento -ascolta- cosa? Che cos'è questo tono calmo con cui riprendo la parola? -usa la tua arma migliore, sii razionale- le lasciai aria, indietreggiai, ripresi a parlare -io so quello che ho visto. Ma può essere cambiato- posai lo sguardo sul fazzoletto che la ragazza mi aveva teso e mi tornarono in mente le sue frasi -dipende da cosa scegli di fare. Il senso di questi incontri è prepararti agli eventi futuri. Come pensi di fare se esci di testa appena vedo qualcosa di sconveniente?- ancora una volta, il mio tono era calmo. Non stavo infierendo, non stavo mettendo il dito sulla piaga. Iniziai a pensare che forse era un mio modo per ricambiare il favore. Ricambiare cosa? Le sue frasi di cortesia, la sua gentilezza? Forse. Ma perchè avrei dovuto?Ai miei occhi la corva si stava comportando da stupida. Ma invece di farla affogare, per la prima volta, stavo tentando di porle un salvagente -forse potrei avere qualcosa che può servirti, ma non intendo darti nulla se prima non ti ricomponi- tornai così a sedermi e mantenni il mio sguardo serio su quello della ragazza, in attesa di un suo passo.





     
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    Danielle Richards | I anno | Corvonero


    - Ne sei proprio convinta? - Avrei voluto ribattere con un'espressione di dura sfida, perfettamente sicura di quelle che erano le mie convinzioni ma nella realtà e soprattutto dentro di me sapevo qual era la verità: tra me e le mie sorelle c'erano - e ormai iniziavo a pensare che sarebbe sempre stato così - e ci sarebbero sempre stati segreti a dividerci. Anita si avvicinò al mio viso prima di dispensare con il suo solito cinismo marcato quella che però sarebbe stata una perla di verità. Le persone nascondono sempre le proprie debolezze... chi dietro un sorriso, chi dietro un vizio, chi dietro un qualsiasi altro stratagemma. Fissai di rimando la Serpeverde mentre digrignavo i denti con lievi spostamenti della mandibola. Segreti, segreti sempre segreti, sarebbero mai finiti tra di noi? La risposta che più si avvicinava era ahimè negativa.
    «Si!» Ribattei con veemenza accompagnando la mia semplice esclamazione con i palmi aperti. Ero scioccata e non riuscivo ad accettare che Anita mi sbattesse così crudamente quelle verità. La ragazza si alzò cominciando a passeggiare tranquilla di fronte a me, l'espressione di trionfo mentre dava voce a quello che era tutto il suo scetticismo verso quel rapporto così puro che stavo difendendo con le unghie. Eppure sapevo avesse ragione, nel profondo di me, sapevo che reagivo a quel modo unicamente perché non potevo esserne completamente certa. Mai avrei potuto mettere la mano sul fuoco per quelle che erano le loro intenzioni e lo avevo chiarito molto bene quando, qualche aula più in là, mi ero rifiutata di stringere un patto di sangue con loro. Aver maturato allora quella consapevolezza aveva fatto male, molto. Sentii gli occhi pizzicare mentre osservavo Anita camminare di fronte a me trionfante. Quanto amasse avere ragione era lampante. La odiavo per questo. Detestavo lei e la sua dannata capacità di prevedere il futuro, quella sua dannata sicurezza che la portava ad essere sempre un passo avanti a tutti, sicura delle sue azioni, delle sue strategie. Ma si sbagliava, doveva sbagliarsi. Distolsi lo sguardo da lei, respirando a fatica. Dovevo riordinare le idee, riordinare le mie emozioni. Prese a tamburellarmi le dita di fronte.
    - Ascolta - il suo tono era completamente diverso quando si rivolse a me, non c’era più quel cinismo di poco prima, quella voglia d’infierire sull’altra persona da cui palesemente ne traeva godimento. - Usa la tua arma migliore - alzai lo sguardo nei suoi occhi nocciola, cos’era un complimento quello? Sollevai un sopracciglio scettica. Cos’era l’ennesima strategia per infierire la sua? Se così fosse stato non sarebbe stato affatto divertente e dubitavo che in quel caso sarei stata in grado di contenermi. Quelle sedute non facevano che scoprire nervi tesi, giocarvi con essi. Diceva che il futuro che lei vedeva poteva essere cambiato ed io inclinai il capo seguendo le sue parole, rapita ed interessata a quel discorso e poi mi lanciò un segno… di cosa? Pace? Aveva ragione dovevo ricompormi anche solo perché non mi vedesse in quello stato, a mia volta debole ed in balia delle emozioni. Tirai su con il naso passandomi le dita sotto gli occhi e portando via sul nascere le lacrime che mi bruciavano tra le ciglia.
    «Hai ragione» mormorai con un filo di voce per poi schiarirmela più sonoramente. «Hai ragione» ripetei nuovamente. Inclinai il capo un paio di volte come a voler sciogliere la muscolatura del collo e mi concessi alcuni respiri profondi atti a ritrovare il controllo. Chiusi gli occhi stringendo e rilassando i palmi. Quando fui pronta tornai a fissare la Serpeverde ed annuii porgendole entrambe le mani. «Okay, sono pronta. Non si ripeterà più» promisi, conscia che per quanto avrei fatto di tutto perché non succedesse di nuovo sarebbe comunque potuto accadere di nuovo.
    «Cos’hai per me?» non potei fare a meno di fissarla con un espressione carica di aspettativa sperando che quello non fosse l'ennesimo trucchetto della ragazza per demolirmi. Ero ingenua? Forse, ma il cambio del suo tono, della sua espressione dovevano pur significare qualcosa.
     
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    Provavo un gran piacere nell'infierire, provavo un gran piacere nel guardare le espressioni della gente cambiare alle mie parole, lo apprezzavo perchè solo in questo modo poteva cogliersi la reale essenza di una persona: mettendola spalle al muro. In quell'attimo, emerge davvero la verità.
    Danielle si aggrappava con disperazione alla convinzione di sapere tutto - o quasi- sulle sue suddette sorelle per scelta ed il modo in cui lo faceva, era ridicolo. La guardavo quasi con pietà domandandomi come una persona riflessiva come lei potesse farsi sopraffare da tutto questo sentimentalismo. Era un controsenso, a modo suo, soddisfacente. E allo stesso tempo, snervante. Se non le avessi dato lo scossone che le serviva, se ne sarebbe stata lì a subire il colpo con gli occhi lucidi e contraendo la mascella. Persino lei riuscì a riconoscerlo, costretta ad ammettere che avevo ragione. Recuperò contegno mostrandomi la Danielle logica e riflessiva che in fondo, avevo cominciato ad apprezzare. Quella era davvero la sua dote migliore. Tornò a pormi le sue mani ma questa volta invece di stringerle, mi ritrovai ad adagiargliele sulle sue stesse gambe. In qualche modo mi accertai che avesse davvero recuperato un contegno guardandola negli occhi -molto bene- annuì quindi recuperando la mia borsa. Non era una caso che mi fossi portata dietro quello che adesso avevo l'intenzione di consegnarle, in qualche modo il mio sesto senso sviluppato mi aveva suggerito che mi sarebbe tornato utile -a volte serve una piccola spinta per cambiare le cose- mi domandavo ancora perchè mi ero improvvisamente ritrovata ad assecondare le intenzioni della corva, perchè ero lì a proporle un rimedio. Estrassi dalla borsa quella che aveva tutta l'aria di essere una normale caramella alla menta avvolta all'interno del suo involucro argentato -ho acquistato questa qualche tempo fa, ma non ho ancora avuto modo di testarla-stringendola fra pollice ed indice, la portai all'altezza dei nostri nasi -questo, è un imperio- guardai gli occhi gialli di Danielle chinando il capo verso destra -sai di cosa parlo, no?- domandai retoricamente, ero sicura che la corvonero fosse informata sugli effetti di quella maledizione -l'effetto dura giusto il tempo che ci vuole a mangiarla. In casi estremi, se le cose dovessero mettersi male con le tue amiche...- poggiai quell'apparentemente innocua caramella sul tavolo in legno -... usa questa per evitare che facciano qualcosa che non vuoi- avrebbe potuto usarla per fermare Vanja dall'uccidere il figlio, avrebbe potuto usarla per aiutare Skylee a sentirsi meno sola, o avrebbe potuto usarla per peggiorare le cose. La scelta sarebbe stata solo sua, ma avrebbe comunque avuto una sola occasione per usarla bene -non sono a conoscenza di eventuali effetti collaterali, ti o detto quello che so. Prendila. Se non la usi, potrai sempre restituirmela- volevo che quell'acquisto non andasse sprecato, l'avevo pagata profumatamente in quel negozietto lercio di Nocturne Alley. Sempre con il volto rilassato, attesi la decisione di Danielle. Questo era ciò che potevo offrirle, un modo per cambiare il corso degli eventi.




     
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    Danielle Richards | I anno | Corvonero


    Le porsi le mani scrollando e sciogliendo le spalle spingendo la mia mente a tornare aperta a modo che la Serpeverde riuscisse a navigarvici senza intoppi ma quello che Anita fece mi stupì facendo saettare immediatamente le sopracciglia verso l’alto. Mi adagiò le mani nuovamente sulle cosce e dopo un’occhiata che parve accertarsi del mio stato si sporse a rovistare brevemente nella sua borsa in cerca di qualcosa. Non ci mise tanto, sembrò trovarla immediatamente e nel mezzo condiva il tutto con frasi criptiche che involontariamente andavano a solleticare i miei nervi già sufficientemente tesi. Mi morsi la lingua quando nella realtà avrei voluto scrollarla per le spalle in modo da obbligarla a dirmi chiaramente tutto ciò che sapeva. Perché doveva sempre farla così difficile? Ovvio, perché godeva nel farlo e soprattutto aveva il potere di farlo. Espirai dalle narici osservandola ed evitando qualsiasi commento piccato che non avrebbe giovato alla mia causa. Istigarla innervosendola l’avrebbe unicamente portata a ritirarsi e addio informazioni o qualsiasi cosa avesse in mente di consegnarmi. Quella che mi mostrò sembrò una banale caramella avvolta nella propria confezione ed il mio primo istinto fu scattare lievemente con il capo inclinandolo mentre le mie sopracciglia si aggrottavano. - Ho acquistato questa qualche tempo fa, ma non ho ancora avuto modo di testarla - testarla. Testarla, non un altro termine. Parlava proprio di testare quella piccola e dall’aspetto inoffensiva caramellina. Staccai lo sguardo dai suoi occhi nocciola puntandolo nel dolcetto. - Questo è un Imperio - I miei occhi si allargarono dallo stupore, sapevo benissimo cos’era e non era assolutamente approvato dal ministero in quanto facente parte della trinità delle Maledizioni Senza Perdono. Come aveva fatto a reperire una di quelle? Lo sapeva che era illegale? Si, lo sapeva. Potevo leggerglielo nel suo sguardo furbo. Sapeva benissimo a cosa era andata incontro acquistando un articolo del genere. Se qualcuno di autorevole l’avesse scoperta chissà quali sarebbero state le conseguenze e ora la stava cedendo a me, cos’era un esperimento? Fissai Anita, annuendo ma senza fiatare. Volevo capire dove volesse andare a parare con una di quelle prima di urlare allo scandalo o passare a minacce di qualche tipo. Dovevo capire perché me la stesse offrendo, perché a me e cosa di aspettava indietro.
    Ed eccola lì la chiave di volta dietro cui ruotava tutto il discorso: utilizzare quella caramella per impormi sulle mie sorelle ed evitare che compiessero qualcosa di cui si sarebbero sicuramente pentite. Guardai la caramella che mi stava offrendo con bramosia. Fermare Vanja dall’uccidere Abigail sarebbe stato l’utilizzo più ovvio e che più mi dava rabbia. L’avevo spronata ed informata per quanto riguardava la pratica dell’aborto! Se odiava così tanto la bambina perché continuare la gravidanza? Nessuno avrebbe avuto il diritto di giudicare una sua scelta se era ciò che voleva. Era così pentita dell’influenza di Skylee sull’argomento?
    «Io non…» mormorai con voce fievole torcendomi in grembo le dita. Ero combattuta. Sapevo quanto fosse sbagliato. Quello era un mezzuccio che non avrebbe risolto niente. Una banale toppa messa ad arginare un problema più grande che invece avremmo dovuto affrontare con sincerità supportandoci l’un l’altra. Allungai titubante le dita verso la caramella, bloccandomi però ad una manciata di centimetri dall’involucro argentato. Sky si sentiva sola. Com’era possibile questo? Le cose con Christian andavano a gonfie vele ed il sorriso sul suo viso era largo e sognante quando parlava di lui. Stava forse mentendo? Non poteva essere ma se così fosse stato? E se anche Skylee, come Padme fosse arrivata a meditare il suicidio? Se la prossima volta avessi trovato lei a camminare sul cornicione della finestra della torre?
    Afferrai la caramella stringendola forte nel palmo e nascondendola immediatamente nelle tasche della divisa. Non mi piaceva, non mi piaceva per niente ma era pur sempre un piano B nel caso la situazione fosse precipitata. «Te la restituirò» dissi alzando il mento con fierezza, nonostante tutto avevo fiducia nelle mie sorelle e lo avrei dimostrato anche ad Anita uscendo vincitrice contro il suo scetticismo. «Abbiamo finito?»
     
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    Non appena rivelai la vera natura di quell'apparentemente normale caramella, Danielle allargò lo sguardo in un'espressione di stupore. Io di rimando assottigliai il mio, certa che avrebbe capito anche da sola che non avrebbe dovuto parlarne in giro con qualcuno, ben che meno con gli insegnanti. Continuava ad attaccarsi al senso di giustizia presente in lei, a tormentarsi le dita in preda all'indecisione quasi come se accettare quel "regalo" avrebbe compromesso la sua moralità ed integrità; per come la vedevo io, era solo il trigger che le serviva per sbloccare una parte di se più nascosta che avrebbe fatto bene ad abbracciare.
    Continuai a passarmi la caramella fra le mani mentre la corvonero, impiegando una quantità di tempo anche eccessiva per i miei gusti, prendeva la sua decisione e si struggeva sul da farsi -tu non?- feci eco al suo bisbiglio porgendo l'orecchio in sua direzione. La sua voce era fastidiosamente incerta -non capisco perchè dovresti rinunciare ad uno strumento in più- feci spallucce notando con la coda dell'occhio le sue dita che si allungavano in direzione della caramella. L'avvicinai ulteriormente alla sua mano quando, poco prima che mi pentissi della mia idea riprendendomi ciò che era mio, finalmente si decise a sfilarmela dalle mani. In qualche modo, sentivo che avrebbe deciso di tenerla -va bene- risposi distrattamente richiudendo la mia borsa -usala pure come meglio credi- la fierezza nella sua espressione dimostrava quanto Danielle credesse nelle sue parole. Alzai il mento a mia volta dimostrando quanto invece io, a mia volta, sentivo che avrebbe trovato un impiego per quella piccola caramellina incantata. Ne comprendeva troppo il potenziale per sprecarla così.
    -Sì, è tutto- mi sollevai dalla sedia fissando gli occhi sulla ragazza e sistemandomi appena la gonna rimasta stropicciata in alcuni punti. Controllai il quadrante del mio piccolo orologio da polso, erano trascorse circa un paio di ore dall'inizio del nostro incontro e l'episodio che spiacevole che mi ha vista protagonista non molto tempo prima, sembrava quasi un ricordo lontano. Con la borsa bianca in spalla, mi avviai verso la porta dell'aula -alla prossima volta allora- sappiamo entrambe che ce ne saranno altre -buona serata Danielle- con un lieve sorriso congedai la ragazza e aprì la porta, da cui ora trapelava una linea di luce proveniente dal corridoio. Lasciai la porta semi aperta, pronta per quando la corvonero avrebbe deciso di imitarmi.
    Quello era senza dubbio l'inizio di un gioco interessante.

    Chiusa





     
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