Just call me Finn

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    Finlay Mountbatten
    Connor Finn Anderson • 15 agosto 2002 • 18 anni • neutrale • mezzosangue • Detroit, Michigan (USA)

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    ▲psychology▲

    ama/odia: ✓ imparare: Finn è avido di sapere, ama scoprire cose nuove, è curioso e si informa quasi su tutto, ma in particolare quando un argomento accende il suo interesse; ha una strana passione per gli insetti, per cui ne sa molto a riguardo, così come è ossessionato dai pesci; è estremamente affezionato ad Hank, che considera suo padre a tutti gli effetti, e al loro cane Zeus; ama l’organizzazione e l’ordine, forse a livelli quasi maniacali; per qualche motivo è attratto da cibi e bevande di colore blu; scrivere lo rilassa, si cimenta spesso nello scrivere brevi racconti sul portatile che gli ha regalato Hank. Non vuole farne una professione, ma è un hobby che ama particolarmente; ha una spiccata curiosità nei confronti dei casi che affronta Hank ed una passione nel leggere i suoi report nel tentativo di risolverli.
    ✗ Bullismo ed ingiustizie sono tra le cose che detesta di più, se vede qualcuno in difficoltà, anche uno sconosciuto, sente il bisogno di intervenire; odia i pregiudizi; le persone che prendono tutto troppo sul personale; l’aggressività; chi si crede superiore a chiunque, ma soprattutto i ricchi che fanno dei soldi il proprio potere e la propria giustificazione per trattare chiunque come inferiore.
    carattere: Finn è un ragazzo estremamente curioso, a volte fin troppo. Interessato alla psiche umana, tende a fare molte domande agli altri, anche di natura personale e privata.
    Fondamentalmente è molto calmo e razionale, difficilmente perdere la pazienza, ma se vengono toccati i suoi affetti, tende a mettersi sulla difensiva per proteggere chi ama ed anche ad attaccare se necessario.
    E' socievole, o almeno prova ad esserlo e prova sempre ad integrarsi con gli altri, tuttavia le sue capacità di socializzazione possono essere alquanto particolari o considerate strambe in quanto non ha molta esperienza in materia. Può uscirsene con la frase o la domanda sbagliata alla persona sbagliata e creare quindi situazioni che risultano imbarazzanti per gli altri, ma non per lui.
    Affatto timido e per niente spaventato dal fare brutte figure in quanto raramente prova imbarazzo, si butta a capofitto quasi in tutto, soprattutto in situazioni a lui del tutto nuove.
    A volte può peccare di ingenuità, specialmente per quanto riguarda i rapporti sociali.
    E' un ascoltatore attento, intelligente ed ha la fortuna di imparare in fretta.


    ▲background▲

    10 gennaio 2011.
    Stando a quello che gli è stato detto, oggi è l’anniversario del suo arrivo in orfanotrofio.
    Finge di non tenerne il conto, ma sa che sono sette anni ormai che si trova lì anche se ignora il motivo per cui in tutto questo tempo non abbia avuto incontri con alcuna famiglia per essere adottato.
    Non ha mai chiesto a nessuno il perché, come tutti gli altri bambini ha capito che è meglio non fare troppe domande.
    All’orfanotrofio si impara presto che ricevere attenzioni è un lusso, gli orfani sono troppi per il solo staff ed è difficile stare dietro ai bisogni di tutti. È raro sentire qualcuno piangere per un ginocchio sbucciato o lamentarsi del cibo che c’è a tavola, persino i più piccoli alla fine si arrendono a quella lieve apatia che accompagna tutti i ragazzini che risiedono nella struttura. Mostrare emozioni, come la debolezza, è un lusso, bisogna essere forti e contare principalmente su se stessi.

    3 marzo 2011.
    La direttrice, una donna austera ma giusta, lo precede lungo il corridoio deserto.
    Cammina con la schiena dritta, al punto che le sue scapole sono ben visibili sotto il sottile tessuto del vestito formale che indossa.
    Non gli ha detto molto su quell’incontro, solo che c’è una coppia che vuole vederlo: Clarice ed Hank Anderson.
    Questo è tutto quello che gli è stato detto su di loro, solamente i loro nomi. È il suo primo incontro in assoluto, la sua prima possibilità di essere preso in affidamento, ed in qualche modo sente il peso di quella responsabilità sulle proprie spalle. Se non riuscirà a piacergli, se ne andranno senza di lui. E lui non ha idea di come si faccia a piacere agli altri.
    Entra nella stanza con passo incerto, sbucando da dietro la direttrice e scrutando i due seduti al di là di un tavolo rettangolare.
    Sono entrambi sulla quarantina e Clarice è una donna minuta con corti capelli biondi e grandi occhi azzurri. Ha lo sguardo triste, quasi lucido, e la sua pelle è pallida. Lievi lentiggini le tempestano il naso all’insù. Prova ad abbozzare un sorriso, quando lo vede entrare, ma sembra costarle fatica.
    Hank è un uomo massiccio, dalla faccia burbera ma dai gentili occhi cerulei. Ha una barba incolta e siede con le braccia appoggiate al tavolo, il corpo teso leggermente in avanti. Non sorride, è serio, attento e dal suo atteggiamento si capisce che quella di trovarsi lì non è stata una sua scelta.
    Il ragazzino siede davanti a loro, dall’altra parte del tavolo e continua a scrutarli in silenzio. La direttrice si congeda, lasciando loro del tempo per parlare da soli. È Clarice a rompere il silenzio.
    "Ciao, Connor" la sua voce è un po’ tremante, esitante, come se non sapesse bene come comportarsi.
    "Qui mi chiamano Connor, ma io preferisco Finn.." il ragazzino sposta lo sguardo da uno all’altro.
    Clarice sorride timidamente. Hank resta serio, ma annuisce.
    "Va bene, Finn" riprende la donna con tono gentile. "Ti va di conoscerci meglio?"

    10 marzo 2011.
    Per qualche motivo i coniugi Anderson hanno deciso di prenderlo con loro. Non è una vera e propria adozione, ma un affidamento, per vedere come vanno le cose e se riesce a funzionare tra tutti e tre.
    Finn è sorpreso della loro scelta, ha sempre pensato di non essere il bambino che una famiglia vorrebbe: troppo riservato, estremamente educato e formale, troppo maturo per la sua età.
    Ma gli Anderson devono aver visto qualcosa in lui, così raccoglie le sue poche cose in uno zaino e lascia l’orfanotrofio con loro.
    Vivono in una modesta casa a due piani, nella periferia di Detroit. Hank è un tenente di polizia, Clarice un’insegnante di scuola media.
    L’ambiente è accoglievole, Clarice gli mostra la casa, gli fa vedere dove in cucina può prendere del cibo nel caso abbia fame e gli propone di andare più tardi al supermercato a comprare ciò che è di sua preferenza.
    In salotto c’è un camino, davanti il quale dorme un grosso San Bernardo che attira subito l’attenzione totale di Finn.
    "Lui è Zeus, ed è un cane buonissimo" lo rassicura Clarice, posandogli una mano sulla spalla "Puoi accarezzarlo se vuoi"
    Ed allora Finn si avvicina, chinandosi davanti il cagnone che tira su il muso, annusandolo con interesse e lasciandosi poi accarezzare. Finn sorride, ed è il primo sorriso che Clarice gli vede fare.
    Salgono poi al piano di sopra dove si trova la stanza di Clarice ed Hank e quella che sarà la stanza di Finn.
    In fondo al corridoio c’è un’altra stanza, la cui porta è chiusa celandone l’interno. Non gli viene detto cosa sia e nemmeno gli viene vietato di andarci. Forse è solo uno sgabuzzino, ma per qualche motivo la cosa lo incuriosisce.

    15 marzo 2011.
    Ha finalmente scoperto cosa c’è nella stanza in fondo al corridoio. Vi è entrato un pomeriggio assolato ma freddo, un paio di giorni prima, mentre Clarice era fuori per commissioni ed Hank in salotto a guardare una qualche partita.
    Entrare in quel modo, di nascosto, lo ha fatto sentire in colpa, ma non ha avuto il coraggio di chiedere agli Anderson il permesso di farlo.
    È rimasto molto sorpreso nello scoprire che si tratta di un’altra camera da letto. Una camera che sembra essere appartenuta - o appartenere - ad un altro bambino.
    Ci sono ancora dei giochi abbandonati sul pavimento ed un libro aperto sul letto.
    Per qualche ragione si è sentito un intruso, come se si fosse addentrato in qualcosa di estremamente riservato e che non gli era dato di sapere. In silenzio ha richiuso la porta ed è tornato in camera propria.

    LODbnok
    30 marzo 2011.
    L’orologio sulla parete del piccolo alimentari segna le dieci di sera.
    Il proprietario gli ha permesso di usare il telefono e di sedere poi su uno sgabello dietro il bancone, mentre aspetta.
    È un uomo di mezz’età molto gentile, gli ha offerto qualcosa da mangiare ed un succo di frutta.
    Finn non gli ha detto di essere scappato dalla casa degli Anderson ed essersi poi pentito di quel gesto.
    Gli ha raccontato di essersi perso, ma di sapere il numero dei suoi a memoria e di volerli chiamare. Hank è per strada, sta andando a prenderlo. Finn non osa nemmeno immaginare quanto lui e Clarice debbano essersi preoccupati nel non vederlo più ed è anche per questo che ha deciso di farsi venire a prendere.
    Non è che le cose con loro vadano male, ma nemmeno così bene. Hank non sembra voler fare alcuno sforzo per conoscerlo meglio ed, anche se non è mai scontroso, gli parla davvero poco. Clarice è gentile, sempre disponibile, attenta ai suoi bisogni, ma Finn può sentire che c’è qualcosa che non va: lei non riesce davvero ad affezionarsi. Ed allora nemmeno lui si è concesso di affezionarsi a loro. Ma non è per questo che ha deciso di scappare e nemmeno perché fatica ad integrarsi alla scuola a cui lo hanno iscritto.
    Li ha sentiti litigare, qualche sera prima. Loro forse lo credevano in camera sua, addormentato, ma invece si è ritrovato a passare davanti alla loro camera, per raggiungere il bagno. Non avrebbe dovuto fermarsi ad ascoltare, ma non ha potuto evitarlo. Hank sembrava furioso con Clarice per la decisione di adottare un bambino che lei gli ha imposto. Tra le sue parole, non gridate ma nemmeno sussurrate, Finn ha potuto cogliere la frase “non funzionerà, non potrà sostituire quello che abbiamo perso”.
    E così ha capito, ha collegato tutto: la stanza vuota, la ritrosia di Hank, la tristezza negli occhi di Clarice. Lui è solo un sostituto. E così è scappato, senza sapere dove andare, ma certo di non voler tornare all’orfanotrofio.
    Adesso non vede l’ora che Hank arrivi e lo riporti a casa e quando l’uomo fa quasi irruzione nel negozio, lo sguardo pieno di preoccupazione, Finn salta giù dallo sgabello, guardandolo.
    Lo sguardo che il tenente di polizia gli rivolge è ora carico di rimprovero. Ha le labbra serrate e sembra sul punto di dire che qualcosa, ma alla fine tace e si rivolge al proprietario del piccolo negozio. Dopo una serie di infiniti ringraziamenti, lui e Finn si dirigono verso la macchina.
    Il ragazzino ha lo sguardo basso e non osa parlare. Nemmeno Hank parla. In silenzio salgono in macchina ed Hank non mette subito in moto. Finn si guarda le scarpe, poi prende un respiro profondo.
    “Mi dispiace, tenente Anderson”
    Non lo ha mai chiamato per nome, nonostante le iniziali insistenze dell’uomo che alla fine si è arreso al farsi chiamare in quel modo dal bambino.
    “Ho agito di impulso. È stato un comportamento davvero sconsiderato”
    “Eravamo dannatamente preoccupati!”
    “Lo immagino. Mi dispiace...”
    “Cosa ti è preso?”
    Finn esita, continuando a guardare verso il basso per poi decidersi ad alzare gli occhi su di lui.
    “So di vostro figlio”
    Hank sembra irrigidirsi, ma lo guarda, come a volerlo invitare a proseguire.
    “Sono un suo sostituto?”
    Hank si morde le labbra e guarda avanti a sé. “Si chiamava Cole. È successo tre anni fa, lui ne aveva sei, a quest’ora avrebbe avuto la tua età. Abbiamo sofferto molto per la sua morte, Clarice non riesce ancora a farsene una ragione” qualcosa nel suo tono lascia intendere che lui stesso non riesca a farsene una ragione. “Credo avesse bisogno di riempire il vuoto che ha lasciato, ma sa che tu non sei lui” sospira “No, non sei un sostituto. Io non voglio che tu lo sia”
    Finn annuisce, ma non parla, tornando a guardarsi le scarpe.
    “Senti, ragazzino, forse abbiamo iniziato con il piede sbagliato, ma puoi darci un’altra possibilità? Possiamo cercare di far funzionare la cosa. Io mi impegnerò affinché funzioni”
    Il bambino ci pensa. In fondo non è stato male con gli Anderson ed è di sicuro meglio che in orfanotrofio.
    “Va bene, tenente Anderson. Andiamo a casa”

    15 agosto 2011.
    È il suo compleanno. Gli Anderson gli hanno proposto di organizzare una festa con i suoi compagni di scuola, ma Finn non ha legato con nessuno di loro per cui, al posto della festa, ha chiesto di essere portato al Sea Life, l’acquario che si trova a Auburn Hills.
    È tutto organizzato, la mattina sono pronti a partire, ma lamentando una forte emicrania Clarice decide di rimanere a casa. Sono solo Hank e Finn ad andare, ma il ragazzino non è sorpreso. In quei mesi, mentre lui ed Hank si sono fatti più vicini, Clarice si è allontanata sempre di più. La sua gentilezza non è sparita, ma sorride raramente ed è meno attenta ai bisogni di Finn. Passa spesso le giornate chiusa in camera, da quando le scuole sono chiuse ed è in ferie, ed è Hank ad occuparsi di Finn il più delle volte. All’uomo non sembra pesare, anzi si è pian piano aperto di più nei confronti del bambino.
    In un certo senso, Finn è contento di passare la giornata solamente con lui.

    5 dicembre 2011.
    Hank e Clarice firmano i documenti per il divorzio. La donna fa le valigie il giorno stesso per tornare nella sua città natale in Texas. Finn non la rivedrà mai più, né avrà più sue notizie.
    Quel giorno Clarice lo abbraccia e gli dice che non ha colpe. È quello il suo addio.
    Quando la porta si richiude, la casa cade nel silenzio più assoluto. Hank siede in cucina, con una tazza di caffè fumante, e sembra non essere concentrato su niente in particolare, ma quando Finn lo raggiunge, gli basta un’occhiata per sapere che l’uomo sta probabilmente pensando a come farà ad occuparsi da solo di un bambino, con il lavoro che fa.
    “Adesso dovrò tornare indietro?” chiede il ragazzino, fermo sull’uscio della cucina.
    “Cosa?” Hank lo guarda, senza capire.
    “Adesso che Clarice se ne è andata, devo tornare in orfanotrofio?”
    Hank sembra sorpreso da quella domanda, poi lo stupore nel suo sguardo si trasforma in qualcosa che Finn non riesce a decifrare. Sembra quasi addolorato, come se la domanda lo offendesse.
    “Certo che no. No che non devi tornare in orfanotrofio. Sempre che tu voglia restare, ovviamente”
    Il ragazzino annuisce e abbassa lo sguardo.
    “Sai che la decisione spetta a te, vero?”
    “Voglio restare. Mi piace stare con te e con Zeus”
    Hank lo scruta. “Temevi che ti avrei rimandato indietro?”
    Finn esita, non lo guarda e non risponde.
    “Non c’è niente di male nel mostrare quello che provi” lo incalza Hank.
    “Sì, avevo paura che mi avresti rimandato indietro” sussurra il ragazzino.
    “Vieni qui”
    Finn gli si avvicina ed Hank lo abbraccia. È la prima volta che lo fa.

    10 giugno 2013.
    Finn siede in cima alle scale, attento a non farsi vedere, e cerca di ascoltare ciò che Hank e l’altro uomo stanno dicendo.
    L’uomo è alto, ha uno sguardo ed un sorriso rassicuranti, e vestito di tutto punto.
    Quando Finn gli ha aperto la porta, sulle prime ha pensato che fosse un assistente sociale ed il cuore gli è schizzato in gola.
    In quei due anni lui ed Hank se la sono cavata benissimo da soli. Ha di sicuro aiutato molto il fatto che Finn sia un ragazzino responsabile, nonostante la sua giovane età, e che Hank ultimamente ha iniziato a fidarsi a lasciarlo da solo a casa, quando è di turno. A volte Finn va con lui alla stazione di polizia, si porta i compiti e qualcosa da fare e aspetta, nella cucina dello staff, che Hank finisca il turno. Altre volte, se l’uomo finisce il pomeriggio presto, Finn torna a casa da scuola da solo e lo attende lì. Insomma, tutto va a gonfie vele e presto Hank lo adotterà ufficialmente. Quindi l’idea che un assistente sociale possa essersi presentato alla loro porta, di punto in bianco, è semplicemente terrificante.
    Tuttavia quello sconosciuto si rivela essere un professore, di una scuola lontana, di cui Finn non ha mai sentito parlare: Ilvermorny.
    Racconta ad Hank una storia assurda, che si tratta di una scuola di magia, che Finn ha sangue magico che gli scorre nelle vene e che deve andare ad Ilvermorny per imparare ad usare la magia.
    Il ragazzino sente la risata scettica di Hank. Sicuramente pensa di essere stato preso in giro e lo stesso pensa Finn. Almeno finché il fatiscente professore non tira fuori una bacchetta di legno e fa levitare un libro che giace sul tavolino da caffè.
    Cade il silenzio. Hank non ride più. Dalla sua posizione in cima alle scale Finn può vedere cosa sta accadendo ed è strabiliato.
    Ha sempre creduto che le cose strane, che ogni tanto accadevano attorno a lui, fossero solo coincidenze o scherzi della mente. Ed ora salta fuori che si tratta di magia.
    In silenzio, si alza e torna in camera sua, senza fermarsi ad ascoltare le direttive che il professore dà ad Hank.

    1 settembre 2013.
    Non è stato facile salutare Hank sapendo che lo rivedrà tra più di tre mesi, per le vacanze di Natale.
    Per qualsiasi altro ragazzino, l’idea di andare ad una scuola di magia, possedere una bacchetta ed appartenere ad un mondo che i più possono solo leggere nei libri fantasy, è sicuramente una cosa eccitante.
    Non per Finn. A lui piaceva la sua vita normalissima: la scuola, passare il tempo con Hank alla stazione di polizia o a casa, guardare la televisione con Zeus accanto. Non voleva lasciarli, non voleva partire, anche se la sua curiosità verso le cose nuove alla fine lo ha spinto a farlo. E poi quel professore ha detto che qualsiasi mago deve imparare ad usare la magia, che potrebbe essere pericoloso non farlo.
    Inizia la sua nuova avventura, dunque, in parte eccitato ed incuriosito, in parte con un enorme peso sul cuore.
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    15 giugno 2014.
    La situazione deve essere più grave di quello che immaginava se addirittura Hank è stato convocato dal preside.
    Finn è troppo preoccupato per badare al fatto che Hank non sembra essere affatto a suo agio nel camminare per i corridoi del castello, mentre un altro insegnante li scorta verso l’ufficio, o per notare la sua espressione che rivela stupore, disagio ed anche lieve disappunto.
    Finn non pensava di essere nei guai, sa di non aver fatto niente di male, quindi è sorpreso del fatto che Hank sia stato convocato.
    La faccia di suo padre adottivo non promette niente di buono mentre, seduto davanti la scrivania del preside, ascolta per quale motivo si trovi lì.
    Il fatto è che Finn ha avuto problemi durante tutto l’anno scolastico con i suoi compagni.
    Lui dal canto suo non ha fatto alcuno sforzo per integrarsi e loro hanno perso interesse dopo i primi tentativi di coinvolgerlo, finché è arrivato ad isolarsi sempre più.
    Hank è stupito nel saperlo dal momento che, nonostante le iniziali difficoltà, Finn aveva legato con parecchi compagni nella scuola no-maj, conducendo anche una carriera scolastica normalissima.
    Ma Finn sa che non è ancora tutto, il preside aggiunge che il ragazzino è stato preso di mira da alcuni compagni dello stesso anno, con cui sono stati già presi provvedimenti, e che, nonostante non abbia mai risposto alle provocazioni, questo abbia portato spesso scompiglio nella scuola.
    Quello che suggerisce subito dopo, lascia senza parole sia Finn che Hank: studiare da casa con un insegnante privato.
    “Mio figlio viene bullizzato ed è lui quello che deve andarsene da scuola?” il tono di Hank è allarmante, al punto che Finn gli afferra il braccio nella speranza di farlo calmare subito. Conosce il temperamento irritabile e diretto dell’uomo e sa che potrebbe dare in escandescenza, accompagnando il tutto da un linguaggio colorito. Il tenente di polizia sembra capire subito. La sua espressione è contrita, non nasconde il fatto che sia furioso, ma resta in silenzio.
    Imbarazzato, il preside spiega che è per il bene di Finn, che da quando è arrivato ha chiaramente dimostrato di non essere felice lì nella scuola e che probabilmente starà meglio a studiare nell’ambiente domestico.
    Finn non smentisce ciò che viene detto anzi, quasi con aria colpevole, evita subito lo sguardo di Hank.
    Sa che pagare un insegnante privato potrebbe gravare sulle finanze del padre adottivo, ma il suo desiderio di tornare a casa è più forte che mai.
    Il sospiro rassegnato di Hank gli fa alzare lo sguardo. L’uomo sembra più rilassato ora. Alla fine accetta. Finn resterà per altre due settimane, fino alla fine dell’anno scolastico, per poi non fare più ritorno ad Ilvermorny.

    1 settembre 2020.
    Dopo sei anni di studi con un insegnante privato, Finn è certo che si sia trattata della scelta migliore. Sa che Hank ha dovuto fare alcuni sacrifici e fare dei turni extra, ma studiare da casa ha permesso a Finn di legare ancora di più con il genitore adottivo- a volte lo chiama “papà”, ma solo quando sono soli - e di farsi degli amici stretti, di lunga data: il suo vicino di casa Daniel e la sua piccola cricca - Trevor, Joshua e Jasmine -, tutti no-maj, con cui fin da ragazzino si riunisce per delle lunghissime sedute di Dungeon and Dragons.
    Fresco di diploma, Finn si iscrive all’Accademia di magia con un grande obiettivo: diventare un auror e lavorare nelle forze dell’ordine come suo padre, ma mentre Hank si occupa di proteggere i no-maj, Finn vuole fare la differenza nel mondo magico con il suo futuro lavoro.

    I’m the king of my own land

    Facing tempests of dust, I’ll fight until the end



    ▲skills▲

    bacchetta: legno: cipresso - Le bacchette di cipresso trovano la loro anima gemella tra i coraggiosi, gli audaci e chi è pronto a sacrificarsi, cioè coloro che non temono di confrontarsi con le proprie ombre e con quelle degli altri.
    nucleo: piuma di ippogrifo
    lunghezza e flessibilità: dodici pollici, elastica.
    materie preferite/odiate: ✓ duelli; incantesimi; difesa contro le arti oscure | ✗ storia della magia; erbologia; pozioni.
    scuola: inizialmente Ilvermorny, per poi passare ad un insegnante privato e studiare da casa.
    competenze magiche: intelligente e avido di sapere, ha sempre ottenuto ottimi risultati nello studio, specialmente nelle materie pratiche. Nonostante la sua bravura ed infinita curiosità, non è mai riuscito ad apprezzare le materie più teoriche e si è anche rivelato poco portato per l’erbologia. Molto più bravo nell’attacco che nella difesa.
    studi attuali: è al primo anno di duelli e scienze motorie presso l’accademia di magia.
    patronus: drago.

    ▲appearance▲

    Alto un metro e settantotto ed ancora in crescita, Finn conta di prendere almeno altri cinque centimetri in altezza. Il viso, ancora bambinesco, presenta tuttavia tratti marcati, come i suoi zigomi ed il mento pronunciati. Non ama particolarmente le proprie orecchie, che ritiene troppo grandi e che è probabilmente un segno tipico della sua famiglia biologica. Nulla da dire sui suoi capelli, sempre dal taglio corto, ed i suoi occhi, di un comunissimo colore castano.

    ▲extras▲

    • Il suo vero nome è Finlay Mountbatten. E' il secondogenito di una ricca famiglia gallese di nobili origini.
    • Ha un fratello maggiore, Jasper, ma non ha alcun ricordo di lui.
    • E' nato a Ystrad Meurig in Galles.
    • I suoi genitori lo hanno portato con sé per un viaggio negli USA quando aveva due anni, sono morti in circostanze misteriose ed i loro corpi non sono mai stati ritrovati. Nessuno è stato in grado di risalire alla famiglia biologica di Finn e per questo è finito in un orfanotrofio in Detroit.
    • Indossa sempre una catenina sottile con un ciondolo che rappresenta Y Ddraig Goch, il drago della bandiera del Galles, che aveva con sé al momento del suo ritrovamento.
    • Da bambino si è spesso domandato la propria provenienza, ma ha smesso di essere curioso nei confronti della sua famiglia di origine quando ha legato con Hank ed ha iniziato a vedere in lui un padre.
    • Il suo numero preferito, e che ritiene il suo numero fortunato, è l'8.
    • Per qualche motivo è molto cauto nei confronti di cibi o piatti che non ha mai mangiato prima e tende ad assaggiarli con la punta della lingua.
    • Ha perso la verginità a sedici anni con la sua amica Jasmine, cosa di cui ancora si pente, visto che la considera solamente la sua migliore amica.
    • È un videogamer accanito.
    • Essendo cresciuto principalmente in un ambiente no-maj, fa molto uso della tecnologia e delle invenzioni no-maj, sentendosi spesso fuori luogo in contesti in cui si usa unicamente la magia e la tecnologia non funziona.
    • Ha scelto il nome Finn da sé, si tratta probabilmente di una rimembranza del suo vero nome. Hank ha acconsentito a renderlo il suo nome ufficiale, insieme a quello che gli è stato dato in orfanotrofio, quando lo ha adottato.
    • Quando era più piccolo ed Hank lo portava con se alla stazione di polizia, amava ficcanasare nei fascicoli del caso che il padre stava seguendo in quel momento, e cercare di dargli una mano a risolverlo.
    • La sua vera data di nascita è il sette luglio.
    • Raramente chiama Hank “papà” e lo fa solo quando sono da soli.

    Louis Partridge as Finn Anderson



    Edited by My name is Finn! - 5/5/2021, 00:30
     
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