Damage.

Privata.

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    Una stasi invivibile quella in cui si era impantanato, la frustrazione piantata nel petto da giorni, settimane, aggravata solo dai questionabili eventi nella Sala Grande. Avrebbe probabilmente passato in qualsiasi caso il suo tempo a pensare a Derek, ma si era aspettato sarebbe accaduto contornato da un po' più voglia di staccargli la testa e meno apprensione. Invece si era fatta strada in lui soppiantando almeno in parte tutto il resto, il tipo di realtà che non escludeva sarebbe scoppiata con la velocità di una bolla di sapone se solo gli avesse rivolto la parola al posto di stare a rimuginarci sopra, Derek aveva sempre saputo smontare incredibilmente in fretta tutti i suoi buoni propositi. E forse in parte il timore di una qualche nuova reazione stizzita anche a quel punto era stato quello che l'aveva frenato dal ricercarlo.
    O perlomeno, l'aveva fatto per un po'.
    Aveva sempre saputo qualsiasi propositiva a mantenere la distanza dal Corvonero si sarebbe sgretolata, aveva solo immaginato la sua difensiva ci avrebbe messo più tempo di quanto non fece a fargli riporre le armi. Non definitivamente. Non era sicuro di come si sentisse davvero nei riguardi di Derek al momento, la ferita stata inferta rimaneva palpabile, l'assenza dell'altro un tormento giornaliero così come le proprie angosce su cosa avesse sbagliato, martellanti nel suo cranio in modi esasperanti, di certo c'era però che ci fossero questioni più importanti di un cuore spezzato. Perlomeno, quando le suddette avrebbero potuto almeno a tratti consolare parti di lui. Quelle rimaste incagliate in un passato troppo recente perché potesse essersene scrollato le tracce di dosso, volte al desiderio di, se non propriamente vedere il Corvonero felice a quel punto, non vederlo perlomeno triste. Sicuramente non per ragioni che andavano oltre l'offesa che aveva compiuto nei suoi confronti, voleva fosse miserabile per quello che aveva fatto a lui non perché erano circondati da teste di cazzo.
    Priorità che in ogni caso rendevano impellente il bisogno di parlargli. Una propositiva che avrebbe potuto mettere in atto in mille modi, ma per cui ovviamente finì per scegliere quello più irruento.
    Come assalti a sorpresa dopo cena, dopo averlo atteso nei pressi dei dormitori altrui rimuginando su quanto fosse una buona idea per più tempo di quanto fosse il caso di ammettere.
    'Dobbiamo parlare. Vieni con me.' Non gli diede modo di offrirgli una risposta una volta individuato tra i corridoi, o di fare alcunché come scappare prima di stringergli le dita su un braccio e tirarselo più o meno di peso dietro in una classe vuota. In parte, più per evitare i propri nervi facessero rimangiare a lui le sue intenzioni. Per quanto innocue e riassumibili nel ricercare un semplice contatto con l'altro.
    'Sarebbe molto più facile chiederti di farlo potendoti scrivere, chissà perché non lo faccio.' Un modo terribile per pungolare il livello di rigidità tra loro quello, eppure quello a cui cedette mentre lasciava la porta si chiudesse alle sue spalle, il tono appena arricciato nel sardonico mentre lo soppesava accigliato. Molte le opinioni che aveva su quella faccenda, nessuna che finisse realmente per congiungersi in una colpa da parte di Derek. Al di fuori di non avergli detto un bel niente, ma, beh. Quello era tragicamente tipico.
    A discapito dei suoi modi, finì lo stesso per esitare, per temporeggiare in un silenzio scomodo mentre cercava di leggere tra i lineamenti dell'altro risposte che non avrebbero più dovuto riguardarlo. Eppure.
    'Voglio sapere come stai.' Rigido nell'ammissione di quella inequivocabile premura, schietta se non altro nell'inutilità del perdersi in ridicoli convenevoli che in fondo di rado si erano mai adattati a loro. Soprattutto quando si sentiva come se ogni suo contatto con l'altro avesse il tempo contato prima dell'arrivo di una qualche nuova incrinatura. Se fosse una realtà concreta o solo la propria irrequietezza a parlare, era difficile da stabilire. 'Davvero. Non le solite stronzate che portano poi al tuo sputarmi addosso le cose dopo che ti scopro a cercare di appiccare fuoco alla scuola o chissà che altro.' Come era successo con le lettere, con l'implicito ricatto e tormento dietro che doveva aver subito, con il giornalino, sebbene di quell'ultimo gli importasse ben poco a paragone con il resto.


     
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    Era sempre stato bravo a fingere ma in quell'ultimo periodo, lo era anche di più. Dopotutto gli bastava restare lontano da tutti – cosa non complicata affatto per lui che non era mai stato un tipo socievole e che era ora odiato da tutti – e, in casi eccezionali, sfoderare la carta dell'estrema annoiata apatia. Era, per il più delle volte, solo. Questo gli dava modo di proteggersi e di patire in silenzio, ma anche di macerare tutta la sofferenza provata senza dare a quello alcuno sbocco. Sapeva che presto o tardi avrebbe finito con l'esplodere. Sperava solo di poter ritardare al massimo quel momento. Si era trascinato fuori dalla sala grande per raggiungere la sala comune, ancora avvilito all'idea di aver perso Cippy per sempre. Avrebbe potuto mettere a soqquadro l'intera scuola per ritrovarlo, o picchiare la Miller fino a quando non si fosse decisa a ridarglielo, ma si sentiva come avvilito.
    Con lo stomaco praticamente vuoto ma dolente, si trascinò passo dopo passo lungo i corridoi, cercando di superare il vociare di coloro che ancora ce l'avevano con lui. Svoltato l'angolo pensò di poter essere finalmente salvo, ma venne sorpreso dalla presa di Felix.
    La sua voce, la sua presa, la sua visione, strinsero il suo stomaco in una stretta dolente, che gli provocò un forte senso di nausea.
    Aveva superato non senza difficoltà la sua prima luna piena. Eppure, nonostante fosse riuscito a non uccidere nessuno, da quel momento non aveva fatto altro che sognare quasi ogni notte, Felix fatto a brandelli da un sé stesso in versione bestia. Essere ora lì dinanzi a lui, fu difficile.
    Non si oppose. Stancamente si lasciò trascinare fino all'interna di un'aula. Quando la porta si richiuse alle loro spalle, il panico cominciò ad avere la meglio sulla razionalità, sulla consapevolezza di non potergli fare del male in quelle condizioni.
    “Bene.” Gli propinò la prima bugia che ebbe un effetto disastroso sul suo stomaco già labile. Si sentì tremare. Sudare, mentre l'altro parlava.
    D'un tratto, trattenersi fu impossibile. Corse in avanti, cercando il cestino in cui rigettò quel che era riuscito a mandar giù. Con la mano stretta sulla camicia all'altezza dello stomaco e la fronte poggiata contro il muro, rimase in quella posizione anche quando tutta la cena sembrò essere stata buttata fuori. “Scusami.” Riuscì a dirgli ansante, mentre portava le spalle contro il muro e contro quello si accasciava. Asciugò gli occhi lucidi per la situazione appena vissuta, mentre si sbottonava pochi bottoni nel tentativo di riprendere fiato. “Mi fa male lo stomaco.” Una considerazione meno ovvia di quel che sarebbe potuta sembrare. Il dolore che provava, aveva ben poco a che fare con un mero dolore fisico. Era il peso dei segreti che continuava ad inghiottire che lo faceva sentire pieno. Esausto. “Me lo sento come se...” Chiuse la mano in un pugno, come a fargli capire la stretta dolorosa di cui si sentiva vittima. Sbuffò sonoramente, coprendosi il volto con le mani.
    “E' tutta colpa mia.” Fu quella l'unica rivelazione che riuscì a fargli in un sussurro. L'unica verità che riuscì a tirar fuori.

     
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    Molte le reazioni che si sarebbe aspettato, nessuna che lo preparò a quella che effettivamente ottenne. La sua rigidità, la sensazione di starsi inoltrando in un campo minato, si sciolsero in un fiotto improvviso di costernazione. La preoccupazione a scombinargli l'espressione in una sorpresa seguita in pochi istanti da sfumature allarmate mentre si ritrovava a boccheggiare nello sconcerto al palesarsi irruento di un malessere in Derek che non aveva neanche considerato.
    'Ah beh, menomale che stai bene.' Un rimprovero non realmente tale, parole strappate fuori da una più candida incapacità di trovare la prontezza di una reazione più adatta mentre lo soppesava stringendosi l'interno di un labbro tra i denti. Per quanto ridicola come supposizione, fu costretto a frenarsi dal lasciarsi sfuggire un azzardato è colpa mia? di cui poco ma sicuro riusciva a sentire il peso a premergli nel petto. Sentimenti confusi, lontani dall'essere applicabili con concretezza alla situazione, eppure di cui il retrogusto era ugualmente presente ad angustiarlo.
    Dopo un istante di troppo di stallo colmò infine le distanze state messe tra loro, ignorando con una certa risoluzione il cestino - si rifiutava. Buona fortuna a chiunque avrebbe avuto la prossima lezione lì dentro. - per stagliarglisi davanti, chinandosi a ricercare il suo sguardo.
    'Non morire che mi servi ancora.' Un mugugno morbido solo a tratti ironico, la piega crucciata a stropicciargli i lineamenti a tradire le fitte di una preoccupazione più che marcata sfogata dopo qualche secondo d'esitazione nel premergli delicato le dita sul viso, l'accenno di una carezza su uno zigomo prima di finire con l'appoggiargli il palmo sulla fronte, alla ricerca di qualche principio di un calore febbricitante che non trovò. Vi ci si soffermò lo stesso, tirandogli indietro con tocchi leggeri ciocche di capelli umidicce di sudore dal volto prima di tornare a lasciarlo stare. Il desiderio di prenderlo per la collottola e trascinarlo di peso in infermeria onnipresente benché si impose di non rendersi soffocante, con Derek non gli era mai venuto facile trovare il confine tra cosa potesse farlo stare meglio e cosa solo peggio. Illusorio aspettarsi ci riuscisse più finemente in quel periodo.
    '...Nessuno ti ha dato qualcosa di strano, vero?' Si stava davvero preoccupando qualche stupida ragazzina offesa avesse provato ad avvelenarlo? . Ed a suo parere era anche un pensiero più che legittimo, a riprova di quanta fiducia riponesse nei deficienti che popolavano quella ridicola scuola. Per quanto potesse essersi sentito ferito da parte di Derek, il piccato odio che provava per il marasma di persone che gli aveva dato addosso, e continuava a farlo, da quando la storia del giornalino era venuta fuori restava un sentimento ben più marcato in lui. L'impossibilità di difenderlo realmente uno smacco, annichilente quanto l'aver seguito il progresso del malessere altrui a distanza, in grado di percepirne il peso e quanto marcato fosse stato senza però avere modo di alleggerirlo. Quell'apice in cui l'altro si era appena accartocciato in fondo forse non avrebbe dovuto sorprenderlo, benché fosse restio ad attribuire al tutto le stesse cause, la sua paranoia impegnata a dargli suggerimenti più che catastrofici. Le parole altrui gli gettarono addosso solo un velo in più d'apprensione anche se di diversa natura.
    'A cosa stai pensando?' In altre circostanze, non l'avrebbe salvato dalla puntigliosità delle sue ipotesi su quali fossero le sue colpe. In genere una reazione nata dalla frustrazione più che da reali tracce di crudeltà, parole velenose che spesso finiva col volersi rimangiare anche quando sentiva legittimate, impossibili da formulare quando aveva già vinto una più comune cedevolezza nei confronti altrui. Un desiderio di premura facile da risvegliare in lui quando si trattava del Corvonero.
    'Va tutto bene Derek, non hai fatto niente di così orribile.' Un tentativo di consolarlo che si guadagnò la propria esitazione nel saggiare il peso di quelle parole mentre le pronunciava, non veritiere se avesse dato ascolto solo ai propri sentimenti quando si trattava di quello successo tra loro, eppure al contempo neppure false. Non aveva mai fatto davvero presa sul suo cuore il vederlo come uno stronzo e basta, di conseguenza, nemmeno quello di vederlo come un, o l'unico, carnefice. 'E non è nulla di cui dovresti preoccuparti adesso in ogni caso, sta tranquillo.' Più risoluta quella certezza ma probabilmente anche meno rassicurante nel suo finire per suonare più come un ordine per colpa della durezza del proprio nervosismo. 'Sono la persona meno adatta al mondo a farti da infermiere, struggiti su quello piuttosto.' O anche no. Su nessuna delle due cose idealmente. Su niente.
     
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    Lo lasciò fare. Le premure delicate dell'altro lo rincuorarono. Lasciò che le sue dita lo sfiorassero in quelle gentili carezze e per un attimo fu semplice lasciarsi andare a quelle accortezze. Sorrise persino dinanzi alla sua domanda. Effettivamente, visto l'evidente aspetto malconcio, la sua non doveva essere una domanda così sbagliata. “Temi mi abbiano avvelenato?” Gli chiese con un mezzo sorriso stanco, prima di scuotere il capo come a volerlo rassicurare. Era certo di quello, a meno che qualcuno, a conoscenza del proprio nuovo segreto, non avesse deciso di avvelenarlo con aconito o argento. Probabilmente però, in entrambi casi, a quel punto non sarebbe stato in grado di raccontarlo. Passò una mano sulla fronte, allontanando i capelli umidi dalla fronte, per puntare lo sguardo del volto pallido in quello di Felix.
    “Non prendo caramelle dagli sconosciuti. O da nessuno visto che mi odiano tutti qui dentro.” Aggiunse così poco dopo, chiarendo quanto poco fidasse dell'ambiente in cui si trovavano. Un dettaglio in effetti non del tutto nuovo. La sua diffidenza verso il mondo, in quell'ultimo periodo si era soltanto acuita.
    Fece spallucce dinanzi alla sua confessione. “Non ho bisogno che tu lo faccia.” Non voleva lui si impegnasse a prendersi cura di lui. Non ce n'era motivo e d'altro canto nemmeno credeva di meritarselo dopo quello che era accaduto.
    L'unica cosa che voleva, era saperlo stare bene e al sicuro. E con Derek al suo fianco, nessuna delle due cose poteva essere reale. Sospirò, mordendosi l'interno di una guancia. “Ho perso Cippy. L'hai saputo?” Gli chiese arricciando il naso. Perdere non era esattamente la parola giusta. Quello però era chiaro a tutti. “Continua a minacciarmi di farlo fuori se non le dico chi altri c'è a scrivere con me.” Gli spiegò poco dopo, sbuffando la propria furia mentre poggiava con foga la testa contro la parete alle sue spalle. Nemmeno lo percepì il dolore che ne derivò, troppo perso nel vortice dei propri sentimenti.
    Deglutì, lo sguardo perso contro il soffitto. Avrebbe dovuto andar via. Era conscio del fatto che restare lì avrebbe comportato la possibilità di una rivelazione. Quando però ne fu cosciente, fu troppo tardi. “Ti ho detto una cazzata. Sulla torre.”

     
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    Eloquente l'occhiata che gli rifilò in risposta al suo contro interrogativo, credeva davvero avesse un briciolo di fiducia nelle capacità neurali degli studenti che li circondavano lì dentro? Faceva male. Se non altro però parve una diffidenza condivisa, una piccola scheggia di preoccupazione che ebbe il permesso di tornare a sciogliersi e assestarsi in un ugualmente inquieto ma meno allarmato rimescolarsi di pensieri mentre esitante finiva con il prendere posto al suo fianco, la spalla a premersi contro la sua, il soffuso rumore del suo capo che si appoggiava alla parete con un toc a fare da contorno a un momento di stallo che ruppe con più sincerità di quanta non si sarebbe lasciato scappare se il malessere dell'altro non l'avesse portato ad abbandonare la difensiva.
    'Io non ti odio.' Non un segreto, di sicuro non ai propri occhi. Eppure ne ebbe il peso. Ed anche se avesse voluto farlo, gli era stato chiaro abbastanza in fretta quanto impossibile gli sarebbe stato. Ad ogni nuovo riflesso di tristezza che aveva riscoperto sul viso altrui nelle settimane precedenti la presa della propria rabbia si era allentata, lasciando spazio a uno sconforto generale nettamente più marcato. 'E gli altri non hanno mai avuto un pensiero coerente in vita loro, quindi non importa davvero.' Dubitava in realtà Derek necessitasse di un qualche tipo di conforto su quel riguardo ma fu più forte di lui, così come lo era la propria necessità di premurarsi stesse meglio, la negazione altrui a malapena registrata. Troppe le ore, i giorni, passati a rimuginare sulla propria incapacità di fare qualcosa per aiutarlo nel casino in cui si era cacciato, o immaginava, volendo essere più precisi, per una volta potesse dire fosse stato trascinato. Una sensazione di impotenza fastidiosa quando l'unica certezza avesse fosse quanto ci teneva a Derek. Il fatto lui l'avesse ferito e relegato a un angolo, spingendolo via dalla propria vita con improvvisa irruenza, non aveva cambiato quella realtà. Non diede però voce a quei pensieri, scontato le loro visioni dovessero differire e non gli servivano le sue proteste perché arrivasse alla conclusione avrebbe comunque fatto come gli pareva. Il suo continuo pungolarlo con lo sguardo alla ricerca di qualche nuovo segno di malessere con palese apprensione una risposta più eloquente di qualsiasi parola.
    'Lo so. Mi dispiace.' Un altro smacco il non essere stato in grado di aiutarlo neanche su quello. Se delle lettere gli importava relativamente poco non poteva dirsi altrettanto del piccolo amico a quattro zampe dell'altro, sapeva quanto importante fosse per lui, eppure al di fuori di farsi espellere per aver picchiato la Miller - ipotesi che immaginava fosse già stata presa più che in considerazione dal Corvonero. - gli erano sfuggite reali risoluzioni. 'Non lo farà, è solo una vigliacca. E spero ci sarebbe l'espulsione per chi si mette a seviziare animali.' Certo, ormai permettevano anche i furti quindi... Sul resto però aveva un po' più fiducia, seppur l'esitazione trapelò lo stesso dal suo tono, non perché pensasse la Miller fosse altro se non una bulletta in un qualche trip di onnipotenza che ovviamente la ridicola gestione di Hogwarts lasciava a piede libero, ma perché in quanto comprovata idiota era scontato avrebbe potuto fare... qualcosa di stupido. 'Così che possa rubare gli animali di compagnia anche a loro?' Asserì in una secca frustrazione ancora prima che scherzoso, l'interesse verso i complici di Derek nullo dal proprio lato. Si ricordava con un po' troppa precisione i contenuti degli articoli in cui erano finiti entrambi e le reazioni dell'altro per pensare potessero essere stati tutti scritti da lui. Inconseguente come realizzazione con cui convivere. Lui non si vergognava di con chi andava a letto o di come passava il suo tempo, a differenza di mezza scuola a quanto pareva. 'Immagino tu non abbia niente con cui ricattarla per obbligarla a ridartelo, mh?' Decisamente non il metodo giusto ma non si sforzò neanche di fingere non pensasse sarebbe stato comodo, un rimuginare che sfociò in un sospiro esalato e l'azzardo di un nuovo tocco nei confronti altrui, una mano a posarsi leggere tra i ciuffi castani del Corvonero in un accenno a una carezza almeno negli intenti consolatoria. 'Magari un giorno ce lo facciamo noi un giro nella sua stanza.' Da qualunque lato la si guardasse vendicarsi appariva ben più facile di trovare un modo concreto su cui rimettere le mani sul povero Cippy, ben lontane dall'essere ipotesi ideali quindi, ma per il momento ulteriori riflessioni a riguardo avrebbero dovuto aspettare visto l'impatto che il cambio d'argomento di Derek si portò appresso. Immediata la rigidità che lo colse, la morbidezza della vicinanza che aveva ricercato con l'altro spezzata, lo conosceva troppo bene perché non riconoscesse il preludio di qualche riflessione o confessione che avrebbe finito con il fargli venire voglia di tirargli dietro un qualche oggetto contundente. 'Di che cosa stai parlando? Quale delle tante cose che hai detto? Non ti sei scopato qualcun altro?' Irruento il fiume di interrogativi sotto cui lo sommerse sporgendosi a ricercare il suo sguardo, reazione inevitabile ed a tratti speranzosa sebbene confusa. A dirla tutta però, si sarebbe accontentato già solo si fosse rimangiato il commento sul non essere stato felice con lui, ma quello era stato velato di realtà un po' troppo interseche del loro vissuto perché non lo comprendesse e potesse dubitare della sua schiettezza.
     
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    Morse il labbro inferiore, facendo spallucce. “Ne avresti motivo.” Felix avrebbe davvero avuto tutti i motivi per farlo. Lo aveva trattato in modo indecente sulla Torre, e per il resto non era poi stato il ragazzo migliore del mondo. Più volte lo aveva accusato di una differenza insormontabile tra loro, accusandolo, seppur in modo implicito di non poterlo comprendere. Alla fine era stato lui, sempre, a non farsi capire. Si era chiuso nel suo guscio, lasciando tutti fuori, Felix compreso. Quindi sì, avrebbe avuto davvero tutti i motivi per odiarlo eppure era lì. Non gli aveva voltato le spalle nemmeno in sala grande, quando avrebbe potuto farlo.
    “Sembra una che ha perso tutto. Questa questione è probabilmente quel che le resta.” Spiegò all'altro. Era quella l'idea che si era fatto della Miller. Essere così profondamente rancorosa ed impegnata a fargliela pagare, era sintomo di un malessere più profondo. Lui era forse solo un capro espiatorio per le sue problematiche e a quel punto Derek avrebbe potuto fare davvero di tutto per liberarsi delle sue malefatte ma non sarebbe servito a nulla. Pativa quelle rappresaglie, ma in cuor suo sapeva di non potersene lamentare poi più di tanto. Era stato lui a cominciare quella guerra in modo stupido ed impulsivo.
    “E' più difficile di quel che sembra raggiungere la stanza delle ragazze, sai?” Gli disse con un risolino amaro, cercando di smorzare i toni di quella discussione, inutilmente. La sua frase apparve piatta come l'espressione sul suo viso.
    Quando arrivarono quelle domande, non potette dirsi sorpreso.
    Per un attimo, non riuscì a guardarlo. Strinse i denti sul proprio labbro inferiore mentre rimuginava su cosa fosse più appropriato dirgli a quel punto e quale fosse il modo corretto di farlo.
    “No. Non l'ho fatto.” Cominciò, grattandosi un sopracciglio, prima di poggiare il capo contro il muro alle sue spalle. Guardò l'altro per un tempo imprecisato, prima di avere il coraggio di continuare. “Cercavo solo un modo di tenerti lontano. Perchè avevo paura.” Annuì debolmente, stringendo le labbra. Ci aveva provato e lo aveva fatto nel modo peggiore. Ancora una volta era stato il timore a muovere i suoi passi e la necessità di rinchiudersi nel suo mondo, buttando tutto fuori. “Sono stato morso.” Quella rivelazione arrivò d'improvviso, dopo un silenzio apparentemente eterno. Non chiarì di cosa parlasse, non ce ne sarebbe stato bisogno. La pesantezza della sua espressione avrebbe chiarito ogni dubbio.

     
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    In realtà era probabile Derek avesse ragione, avrebbe dovuto se non altro essere furioso con lui. Eppure anche quella scintilla di furore nei suoi confronti si era placata più in fretta di quanto la spigolosità dei suoi modi non avrebbe fatto pensare possibile. I disastri legati al giornalino erano tornati ad offrirgli la possibilità di ricalcare con mano gli spiragli di vulnerabilità di cui sapeva bene essere ricolmo il Corvonero, e sotto il peso di essi i suoi giudizi e le sue offese alla fine non avevano potuto fare altro che cedere. Ammorbidendosi in crucci più confusi e sensazioni non definibili in modi così netti. Le tonalità d'affetto che provava per lui avrebbe sempre avuto la meglio su tutto il resto, rimescolandosi in ombre di un'empatia che in contrasto non era per niente propenso ad offrire ad altri. Di sicuro non alle nuove tormentatrici del Corvonero.
    'Sì, grazie tanto. Da quando essere disperati è una scusa per comportarsi da stronzi?' A lui non pareva di passare il proprio tempo a rubare gattini o chissà che altro, né pensava Derek fosse mai realmente arrivato a livelli particolarmente meschini anche nell'incoscienza con cui a differenza sua sfogava i malesseri della vita. Aspettarsi che quindi la trovasse una scusante valida per la Miller era pretendere troppo, punto su cui si sarebbe soffermato se il commento di sfuggita che gli offrì l'altro non l'avesse distratto, strattonando la sua indisposizione in vertici diversi.
    Non gli chiese perché diavolo avesse già tentato di infilarsi nei dormitori delle femmine, sebbene fosse palesemente solo quello il punto che registrò, la smorfia a stropicciargli i lineamenti che gli rifilò in risposta probabilmente colmava già qualsiasi dubbio sulla sua opinione. Tra le molte risposte che avrebbe potuto e voluto sbattergli contro però finì per essere il silenzio a vincere, nell'esitazione di starci leggendo un sottotesto non inteso, era difficile lasciarsi sfuggire la... stranezza dei modi di Derek. Un disagio in cui sembrava starsi aggrovigliando in modi più rilevanti di quelli che avrebbe potuto attribuire al suo essere appena stato male, uno che non comprendeva e per cui avrebbe finito per attribuirsi la colpa se alla fine non fosse stato smascherato da Derek stesso nella sua natura. Un bene, più o meno. A suo parere certi problemi non sarebbero neanche esistiti se l'altro non fosse stato così- così-... difficile trovare una descrizione che riassumesse il sollievo e al contempo la voglia di spaccargli la testa che fece nascere in lui con una semplice negazione.
    'Sei impazzito?' Un soffio ricolmo di sfumature di sconcerto che finì con il rimanere incastrato tra i suoi denti, qualsiasi continuazione imprigionata di scatto dalla morsa rigida in cui si blocco ai tentativi di una spiegazione confusa che l'altro gli diede. Paura di cosa. L'interrogativo si chiarì in fretta, facendo sgonfiare la sua irritazione come un palloncino appena scoppiato.
    Si era immaginato molte cose ed avrebbe potuto ipotizzarne altrettante altre, eppure niente si sarebbe avvicinato al peso della verità. Una che lo lasciò a boccheggiare in una nota di sconforto, il silenzio a protrarsi tra di loro sotto la tensione di quella rivelazione prima che una più naturale frenesia avesse la meglio.
    'Che vuol dire che- quando, da chi, come?' Concitato il tono, pregno di un'ansia ben lontana dall'essere diretta alle proprie sorti, ridicolo per quanto caratteristico Derek avesse potuto pensare la sua preoccupazione sarebbe stata volta a qualcosa di diverso da lui. Un'inquietudine agitata che si rivelò anche nei modi privi di delicatezza con cui si spostò per puntellarsi verso di lui, le dita ad infilarsi nel colletto della camicia per strattonarglielo più aperto di quanto già non fosse alla ricerca del segno, neanche si aspettasse di trovarglielo sul collo come un morso di un vampiro. Tutto sommato, forse avrebbe dovuto essere grato almeno quella possibilità fosse esclusa.
    'Fammi vedere.' Una pretesa su cui non si sarebbe smosso, la durezza del suo sguardo a quietare ogni dubbio. Una non ricolma di particolare negatività verso il Corvonero ma semplice apprensione, il fallimento di non essersi accorto ci fosse stato qualcosa di più serio che non andava ad agitarsi in lui.
    'Non so niente di utile sui-' lupi. Non al di fuori delle nozioni più scontate, niente di più di quello che si sarebbe racimolato su problematiche che si era sempre stati convinti non avrebbero mai sfiorato la propria vita. Un'ammissione di potenziale inutilità che gli costò di più di quanto non lo facesse il pensiero di dover convivere con quella situazione.
    'Avresti dovuto dirmelo lo stesso, pensi cambi qualcosa per me? Non è così.' Dubbio se la potenzialità di un rifiuto fosse stato il vero fulcro del timore di Derek. Conoscendolo, conoscendo stralci del suo passato, magari no. La sua opinione a riguardo però non cambiava. 'Vorrei starti accanto anche se qualcuno ti trasfigurasse a vita in un rospo.' Sperando non lo prendesse come un suggerimento.

     
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    Posò una mano sulla sua per frenare la sua ricerca frenetica. Sospirò guardandolo, prima di sbottonare qualche bottone della camicia, quel che bastò per liberare la spalla e mostrare la profonda cicatrice ancora rossa e fresca. “Vuol dire che sono un mannaro.” Lo disse con un fil di voce e a capo chino, quasi si vergognasse. Perchè sì, se ne vergognava. Avrebbe preferito ammettere di essere un ladro, piuttosto che un futuro probabile assassino. Un mostro.
    Scosse il capo alle sue parole, stringendo i denti sul labbro inferiore. “Un rospo non rischierebbe di sventrarti mentre dormi.” Gli disse guardandolo con un mezzo sorriso amaro stampato sul volto. Essere il tipo di mostro che gli aveva rovinato la vita, gli aveva scombussolato l'esistenza. Ora non stava meglio e l'essere riuscito ad esporsi con qualcuno era soltanto indice di una profonda stanchezza oltre che di un'immensa paura. Ne aveva. Ne aveva sempre.
    “Avevo paura. Ne ho ancora.” Annuì debolmente, stringendo i denti sul labbro inferiore. Ammetterlo era stato più difficile di quel che sarebbe potuto sembrare. Confessarlo però non lo fece sentire meglio, sebbene il contrario. “Il casino che ne è venuto fuori... forse l'ho montato perchè avevo bisogno di non pensarci. Distrarmi però non è servito a nulla.” Gli spiegò poco dopo, cercando di dare un senso al suo comportamento apparentemente insensato. Aveva provato a salvarlo, proteggerlo. Aveva cercato di mettere in salvo l'unica persona che gli era rimasta. Lo aveva ferito ugualmente. “Mio padre ha ucciso la mia famiglia. Ha quasi ucciso me. Perchè io dovrei essere diverso?”

     
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    Avrebbe mentito se non avesse ammesso almeno a se stesso ci fosse una parte di lui resa inquieta da quella rivelazione, non perché avesse paura di Derek, anche mentre premeva delicatamente le dita sulla cicatrice svettante sulla pelle altrui non riusciva a vedere il Corvonero come altro se non l'impulsivo ragazzino che era sempre stato. Quello che giorno dopo giorno aveva esteso un monopolio involontario sul suo cuore. Uno il cui viso gli sarebbe sempre stato più facile far conciliare nella categoria di cretino rispetto a quella di mostro.
    Era il peso di quel cambiamento a lasciargli un retrogusto spiacevole sul palato, il modo in cui Derek si era condannato a un'esistenza molto più scomoda e ostica per un errore irreversibili. La propria incolumità una sfumatura che veniva meno dalle sue logiche, così come palesò il distratto mmh che offrì in risposta al timore a cui diede voce il Corvonero, gli occhi ancora presi a sondare il suo morso. Se per genuino disinteresse verso di sé o per mancanza di fiducia nei ragionamenti puntellati di ansie e traumi ancestrali di Derek era dubbio. Possibilmente, entrambe.
    'Ci sono modi di distrarsi migliori di tentare di farsi odiare da me e dall'intera scuola.' Letteralmente qualsiasi cosa, ad esempio. Si costrinse ad ingoiare continuazioni più rimproveranti, scuotendo il capo con l'accenno a uno sbuffo sulle labbra. Superfluo soffermarcisi a quel punto, ed anche se nella convinzione di essere ampiamente nel giusto l'abbattimento in cui si era stretto Derek l'avrebbe fatto sentire in colpa ad azzardare qualsiasi presa di posizione che potesse apparire come un giudizio. Ne aveva, supponeva, ma sarebbe stato come tirare un calcio a un... lupetto già mezzo a terra di suo. Sapeva essere empatico. Alle volte.
    'Non c'è niente che provi tu debba essere uguale a lui.' Rimbeccò così quella che agli occhi altrui sembrava essere una logica inscalfibile, un destino inevitabile, uno che ai propri invece non era altro che paura. Una giustificata, non poteva affermare nei suoi panni lui l'avrebbe pensata diversamente, ma in quanto apparentemente stato nominato povera vittima indifesa negli scenari che si creavano nella mente altrui si sentiva più che tirato in causa. Soprattutto quando lui stesso viveva di convinzioni ben lontane da quelle che ambientavano le angosce peggiori di Derek.
    'Anche le persone si fanno del male continuamente. Si uccidono, si torturano, ci sono interi gruppi dediti all'odio. Se così ci fossi nato potresti benissimo pensare che anche gli umani siano creature feroci e pericolose.' Vagliò sulla punta della lingua il termine umano, gli suonava abbastanza sbagliato includerlo implicitamente tra i... canidi? ma quali termini fossero più inclusivi per quelle faccende rimaneva un dilemma troppo grande perché potesse tentare di venirne a capo al momento.
    'Non penso questo morso ti renda automaticamente un futuro assassino. Non penso nemmeno ti renda davvero diverso da prima.' Si sporse appena a cercare il suo sguardo, le labbra premute in una linea di rigida pensierosità, mancante della convinzione Derek avrebbe fatto propria alcuna di quelle rassicurazioni. Non lo ascoltava mai, figurarsi. Non per questo però trovava meno importante dirglielo.
    'Ed in ogni caso ti preoccupi troppo per la mia vita, posso farci quello che voglio. Passarla a correre dietro a chi mi pare, anche te. Possibili zanne e pulci e tutto il resto. Sono affari miei.' Perseguendo la grande maturità di quell'affermazione gli rifilò un pizzicotto sulla guancia, le labbra stiracchiate in un sorriso teso quanto volutamente irritante. Esitava sull'essere più diretto di così. Sul dirgli non volesse essere salvato. Da lui. In generale. Dirgli quanto vacua sapesse rivelarsi la sua risposta emotiva se si soffermava a riflettere su quanto fosse davvero il proprio attaccamento alla vita. Al modo melenso in cui avrebbe potuto affermare senza troppa esitazione averlo accanto valesse qualsiasi rischio si portasse appresso. Pensieri che scacciò con uno schiocco della lingua sul palato, mentre finiva con l'alzarsi e passarsi distrattamente le mani sui pantaloni prima di offrirne una a lui in un implicito invito ad alzarsi.
    'E poi dovresti preoccuparti di te prima ogni tanto. Hai la faccia di uno che non dorme da settimane, vieni.' Oltre le grandi dimostrazioni di malessere di cui aveva dato mostra prima. Non un vero tentativo di chiudere il discorso, quanto più di offrirgli una scappatoia da un argomento che rischiava di finire in uno stallo di testardaggine. Poco ma sicuro, le sue opinioni non sarebbero cambiate.

     
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    “Perchè non dormo da settimane.” Gli confessò piegando le labbra in un mezzo sorriso amaro. Aveva accolto le premure del serpeverde. Non ne era rimasto indifferente ma sentiva che lasciarsi andare all'evidente calore che l'altro era disposto ad offrirgli, nonostante il dolore subito, fosse un errore. Lo sarebbe stato con il tempo, quando la sua irritabilità lo avrebbe portato a trattarlo in modo ignobile nei giorni vicini alla luna piena. Quando la sofferenza post trasformazione lo avrebbe reso irriconoscibile e schivo. Era macchiato da un'indelebile maledizione e più si sforzava di mettere da parte il timore di contagiarlo, più la paura cresceva, prendeva forma.
    Lo guardò rimettersi in piedi, indugiando qualche attimo sulla mano che gli offriva. Lasciò scivolare poi il suo sguardo sul volto affilato dell'altro. Non si sentiva degno neanche di guardarlo. Avrebbe voluto cercare un nascondiglio lontano da tutti dove rintanarsi per il resto della sua esistenza.
    Si tirò in piedi autonomamente, chinando il capo mentre provava a darsi una sistemata. Ci sarebbe voluto più di qualche gesto. Una doccia magari o una bella dormita, oltre che la convinzione di poter tornare a vivere una noiosa vita normale. “Non è qualcosa che posso comandare. Questo mi spaventa.” Gli confessò annuendo piano. Massaggiò un sopracciglio ad occhi chiusi nel tentativo di placare il nervosismo provato. Non servì a molto, solo a concedergli una nuova pausa. “Mio padre amava la sua famiglia più di ogni altra cosa. Sarebbe morto piuttosto che farci del male. E alla fine ha fatto entrambe le cose.” Gli confessò. Aveva sempre evitato di parlare apertamente del suo dramma. Aveva concesso alle persone che amava pochi dettagli, lasciando si costruissero da soli una propria versione della storia. Ora raccontava la verità dietro la tragedia. Non c'era mai stato un mostro dietro quell'assassinio, ma solo un uomo. Un uomo come lo era lui. Normale. Dannatamente normale. Un padre che amava la propria famiglia e che aveva finito per dilaniarla. “Come posso essere migliore se non dipende da me? Come posso fermarmi se l'antilupo dovesse non funzionare? Se le precauzioni prese non dovessero essere abbastanza?” Lasciò che i propri timori prendessero voce, scuotendo il capo. Non sapeva se l'altro avrebbe capito. “Forse non potrò più vivere tra la gente. Avere dei rapporti duraturi.” E magari sì, esagerava. Magari lo shock per il trauma subito lo inducevano a pensare soltanto al peggio, eppure non riusciva a vederla diversamente. Non in quel momento. “Magari non ci sono mai stato portato.” Poneva di nuovo la distanza, tra lui e il mondo. Era la solitudine l'unica cosa che sentiva di meritare. L'unica condizione in cui in quel momento poteva sentirsi sicuro.


     
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    Superfluo ricevere conferme a voce sullo stato in cui vessava, era facile vedere scavato sulla pelle altrui quanto il peso di quella situazione l'affliggesse, ma la sincerità che ricevette tirò lo stesso le corde del suo angustio. Avrebbe voluto poterlo aiutare, per quanto la propria inadeguatezza in quel campo gli paresse altrettanto palese. Non protestò al suo rifiuto della mano che gli aveva offerto, limitandosi ad incrociare le braccia tra loro, le dita ad arricciarsi nella stoffa della divisa per imporsi di lasciarlo in pace e non toccarlo. Compito arduo quando Derek sembrava deciso a continuare in quella condivisione di verità, grondante di paure quanto di impliciti tentativi di sbrogliare giudizi che in realtà non aveva mai avuto sulle pieghe peggiori della vita altrui, troppo crudele apporre a qualcuno il pensiero le cose fossero andate male perché persone cattive. Un punto su cui finì per non soffermarsi quando divenne ovvio fosse solo un tassello di un'angoscia più grande.
    'Derek- non puoi annullarti come soluzione al problema.' Il soffio di scettica incredulità impresso nel suo tono quanto nella smorfia che prese il suo volto non combaciò con la serietà con cui invece il Corvonero continuava a delineare pensieri ed intenzioni grevi di negatività. Poteva capirlo, non pensava sbagliasse a preoccuparsi di quante fossero le possibilità andasse tutto male ma- pizzicava i suoi fastidi l'ingiustizia della cosa. Rendeva irrequieto l'ammasso d'affetto che ancora provava - avrebbe sempre provato. - per lui, annichilente il pensiero di lasciarlo ad affogarsi con le proprie stesse mani in quel tipo di narrativa interiore.
    'Va bene. Mettiamo che hai ragione, cosa ti salverebbe dal correre gli stessi rischi anche privandoti di tutto? Gli incidenti capitano.' Parole volutamente provocatorie sebbene l'intento non fosse quello di aggravare la sua agitazione, solo di appropriarsi della stessa logica con cui l'altro stava delineando dubbi piani d'azione che rifiutava di prendere davvero in considerazione come opzioni. Per la propria sanità mentale.
    'Vuoi la mia opinione?' Domanda retorica, non si era mai fatto problemi ad obbligarlo ad ascoltarle, volente o meno. 'La vita è una schifezza, tutto quello che può andare nel verso sbagliato tende a farlo più di quanto non sia vero il contrario.' Gesticolò eloquente con una mano verso il lato dove spiccava il morso ricevuto dal compagno, le labbra strette in una linea velata d'amarezza. Un marchio rappresentate quanto la realtà sapesse essere crudele più di quanto non potesse essere messo in parole. 'Ma è pure corta- siamo già destinati a perdere tutto quello a cui teniamo. Sempre.' A volte troppo in fretta, come era accaduto alle loro famiglie. Un dettaglio dell'esistenza che trovava agghiacciante e che affollava i suoi pensieri senza tregua, che aveva plasmato le sue opinioni nella forma di una scatola claustrofobica in cui il taglio netto della mancanza e il timore riaccadesse si intrecciavano a macchiare tutto il resto. Certi dolori però, di rado erano fatti per essere condivisi. Anche gli strascichi che stava offrendo a Derek non erano altro che quello, angoli ridotti, tracce.
    'Quindi dovresti essere più egoista.' Una retorica dura tra i denti, sospettava troppo perché ci fossero reali possibilità Derek la facesse propria, negli anni forse aveva perso parte di quel candore che sapeva di aver trovato tanto speciale agli inizi ma non credeva fosse davvero cambiato. Le brave persone tendevano a rimanerlo.
    'Vivere come tu vuoi, invece di plasmare tutto attorno a un rischio remoto. Non-... no, non voglio nemmeno sapere cosa stessi considerando una soluzione al momento.' Andare a vivere in una casa in mezzo al nulla con una comoda gabbia in cui rinchiudersi ad ogni luna piena o pericolo? La facilità con cui riusciva ad immaginarselo confermarglielo palesava solo fosse meglio non indagare. Decisamente. Tentò di scrollarsi di dosso lo sconforto con uno sbuffo e un'alzata di occhi al cielo, stretto nelle spalle con i denti a torturarsi l'interno di un labbro però non riuscì a trattenersi dal dare fondo a tutti i suoi pensieri.
    '...Mi avevi già lasciato, non c'era bisogno di sottolinearlo di nuovo.' Una lamentela piccata venata di uno spicchio di imbronciata offesa che non tentò nemmeno di mascherare, soffocata però in fretta sotto una continuazione altrettanto schietta. E meno petulante. 'Ti voglio bene. Non è che quello cambi, indipendentemente da quello che sei. O che tu faccia.' Così come non cambiava che anche in quel suo evitare di pronunciarlo nella speranza gli apparisse un concetto meno restrittivo, privo del rischio si angosciasse nella convinzione di dovergli qualcosa in cambio, - Non glielo doveva. Non era mai stato quello il punto. - rimanesse in realtà un: ti amo.
     
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    Gli incidenti capitano. Rimuginò qualche istante su quelle parole, prima di lasciarsi andare ad un sospiro angosciato. “Ah beh, rassicurante.” Commentò, passandosi una mano tra i capelli. Era chiaro fosse vero e capiva anche il motivo per cui Felix avesse pronunciato quelle parole, ma non se ne sentì rassicurato. Sapere di vivere indossando un'imprevedibilità malata che avrebbe potuto colpire qualcuno, lo faceva star male. Chi gli diceva che non avrebbe preso il posto di suo padre un giorno? Per quanto attento fosse stato, aveva consumato comunque il suo dramma, lasciando che il peso di quella tragedia si riversasse su Derek ogni giorno della sua esistenza. Ora quel carico spettava a lui. E non se ne sentiva pronto. Chi lo sarebbe stato?
    Avrebbe voluto dirgli che non capiva. Che non si parlava di un semplice cambiamento, qualcosa con cui avrebbe potuto convivere perchè poi col tempo sarebbe passato. Avrebbe dovuto convivere con quella maledizione per tutta la vita. Con il fatto che una volta al mese si sarebbe trasformato in un potenziale omicida. Come poteva prenderla diversamente? Come poteva non essere schiacciato dalle sue paure?
    Sospirò, stringendo i denti sul labbro inferiore. Sarebbe stato tutto più facile se l'altro l'avesse odiato. Era quello che aveva desiderato ed aveva creduto persino di essere riuscito nel suo intento. Ora gli palesava di no. Per quanto una parte di sé potesse sentirsi sollevato dall'affetto che il serpeverde ancora gli mostrava, l'altra sentiva di dover far di tutto per allontanarlo. Per lui, per proteggerlo. “Non capisco perchè tu me ne voglia ancora.” Fece spallucce, sistemandosi un ciuffo di capelli ribelli per allontanarlo dalla fronte. Lentamente alzò lo sguardo sull'altro, piegando appena il capo. “Non sono stato un granchè come ragazzo.” Non lo diceva solo per farsi contraddire. Era ben conscio delle sue poco brillanti qualità in quel senso. Avrebbe potuto comportarsi in modo diverso, essere più aperto ed invece aveva vissuto il loro rapporto impegnandosi a nasconderlo col timore che qualcuno non avrebbe compreso quella parte di sé. “Sono di sicuro anche un pessimo amico.” Aggiunse poco dopo, facendo spallucce, prima di tirar su lo sguardo sull'altro. Indugiò qualche istante. “Ma ti voglio bene anche io.”


     
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    'Lo sai cosa intendevo. Non ascoltarmi selettivamente.' Avrebbe dovuto prevederlo nello stato d'animo in cui si trovava Derek solo gli angoli più puntigliosi del suo discorso avrebbero fatto presa, non poteva nemmeno biasimarlo sebbene il suo viso si stropicciò lo stesso in una sfumatura di disapprovazione. In parte, anche rivolta a se stesso. Avrebbe dovuto tentare di essere meno diretto, ammorbidendo tutto con fronzoli di rassicurazioni ricolme d'affettuosità? Forse. Capire come maneggiare il groviglio di nervi tesi e sentimenti celati che era Derek era sempre stato complesso. Lo era quando, anche nell'ovvietà non potesse permettersi di pronunciare quelle parole, avrebbe voluto dirgli pensasse accettarsi sarebbe stato più proficuo di lasciare fosse il terrore ad avere la meglio. Ma con il segno di quel morso ancora fresco sulla pelle immaginava sarebbe solo stato crudele, così come lo era considerando quanto il Corvonero avesse difficoltà a venire a patti con parti di sé ben più innocue di quelle dotate di zanne affilate.
    Battaglie perse in partenza quelle che si appellavano alla richiesta l'altro avesse un briciolo d'amor proprio. Così come sottolineò il velo di insicurezza con cui il diretto interessato sondò le sue affermazioni, strappandogli di dosso parte della rimuginante riflessività in cui si era chiuso e al contempo il soffio di un sospiro.
    'Te ne voglio perché anche se ti piace tanto affermare il contrario ci assomigliamo.' Riduttivo. Schiuse le labbra su continuazioni che non presero forma, la vergogna di esporsi troppo quando così poco del loro rapporto aveva mantenuto l'intimità rassicurante necessaria per farlo a frenarlo. Per quanto dovesse ammettere anche nei loro momenti migliori avrebbe avuto difficoltà a dirgli che lo sentisse sempre un po' suo, come se fosse stato parte di sé. Il modo in cui i traumi del loro passato combaciavano riflettendosi nello stesso angustio per la vita era sempre stato abbastanza perché Derek si garantisse la pienezza della sua empatia, del suo bisogno - per quanto spesso fallimentare. - di tentare di farlo stare meglio, più di quanto non fosse capace di fare per se stesso. Le differenze caratteriali irrilevanti, non abbastanza ampie perché influissero, o perché l'altro gli apparisse mai davvero incomprensibile. O non scusabile anche nei suoi apici peggiori.
    'Sei l'unico con cui riesca a parlare senza che venga a me voglia di abbandonare la società.' Si assestò in quella concessione, più innocua e facile a cui approcciarsi rispetto tutti i non detti che custodiva. La loro pesantezza ad affossargli in gola, alleggerita se non altro pochi istanti dopo dalla distrazione che gli offrirono le affermazioni in cui si sprecò il Corvonero. Molto poco lusinghiero il verso strozzato di una risata stata trattenuta malamente dal venire a galla che gli offrì in risposta.
    'Indubbiamente.' Così come non lo fu quel concordare sulle sue mancanze con l'ombra di una smorfia puntellata di sorpreso divertimento sul viso. Stava di nuovo sbagliando? Avrebbe dovuto rassicurarlo? Se la colpevolezza di non essere stato più affabile nel parlare del suo problema lunare si faceva sentire, quella di fingere non fosse consapevole del suo essere socialmente un disastro era nettamente meno pressante. Aveva smesso da tempo di essere un cruccio. O una sorpresa.
    'Sai qual è il tuo vero problema? Passi così tanto tempo a soffocarti nei tuoi preconcetti di come dovresti essere, come dovresti comportarti, da renderti cieco.' Spezzò la sua risoluzione di lasciargli i suoi spazi e smetterla di trovare scuse per sfiorarlo per premergli un palmo sugli occhi, un tocco fugace velato di giocosità presto sciolto, rifiutandosi al contempo di elaborare ulteriormente. Credeva fermamente nella cecità altrui quando si trattava del comprendere i propri dispiaceri o piaceri, non gli serviva tentare per sapere Derek non avrebbe compreso realtà come il fatto che il suo ricambiare le sue dichiarazioni d'affetto avesse molto più peso di quanto non lo avessero i rischi della sua nuova condizione, che la sua assenza gli apparisse una sorte più atroce di essi, e che del suo essere convenzionalmente fallimentare come ragazzo, o amico, o- essere umano dotato di raziocinio?, non gliene fosse mai importato niente purché disposto a soddisfare il proprio bisogno egoistico di averlo accanto.
    'Lascia stare.' Meglio. 'Quindi- non devo davvero preoccuparmi abbandonerai i comfort della vita per darti ai boschi nei prossimi giorni, giusto? Sei moralmente obbligato a dirmelo in caso. In quanto... amico.' Un termine che non avrebbe potuto suonare più sbagliato sulla propria lingua, non importava quanta buona volontà potesse mettere nell'adeguarcisi.

     
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    “La vita nei boschi non sembra comunque così male.” Si lasciò andare ad una breve risata a quell'eventualità. Non l'aveva presa realmente come alternativa, ma non negava di aver valutato – e forse lo faceva ancora – la possibilità di troncare ogni legame con i suoi affetti. Avere delle conoscenze e nient'altro che quello. Sarebbe stato più facile da gestire. Non dipendere da nessuno e non aspettarsi niente da altri. Viceversa sarebbe stato per lui. Nessuno avrebbe potuto imputargli colpe se di punto in bianco, afflitto dalla sua condizione, avesse deciso di sparire del tutto. Per quanto dolorosa, quella continuava a sembrargli la scelta più giusta e facile da prendere. “Mi farò crescere la barba e metterò una di quelle camice a quadri, andandomene in giro con un'ascia.” Continuò su quel girone, cercando vagamente di smorzare i toni di una realtà che lo opprimevano. Era conscio di poter riuscirci fino ad un certo punto. Eppure, in qualche modo era grato a Felix per riuscire a comprendere la sua scelta. Immaginava quanta sofferenza il serpeverde celasse dietro quei comportamenti pacati e frasi sagge, non la ignorava. Apprezzava però l'altro gli concedesse la possibilità di stare male a suo modo. Per quanto non lo meritasse, viste le bugie che gli aveva propinato per allontanarlo, era un gesto dolce che spinse Derek a valutare le sue paure. Non diminuirono ma si concesse una nuova possibilità. “Magari mi darò qualche altra opportunità nella società.” Gli confidò infine, guardandolo e rivolgendogli un sorriso.
    “Grazie.” Un implicito grazie che non riuscì a tener per sé.

     
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