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    Aveva avuto un nuovo crollo psicotico dopo aver ricevuto l'ennesimo messaggio da parte del Volhard. Essere rinchiusa tra le mura di Hogwarts la faceva sentire sicura fino ad un certo punto ma poi era subentrata la rabbia. Odiava sentirsi a quel modo. Il suo mondo le era crollato addosso ma lasciare che quel verme avesse ancora peso nella sua vita era qualcosa che non poteva permettergli. La miglior rivincita che potesse prendersi sarebbe stata quella di comportarsi normalmente, senza paura. Con quel proposito aveva deciso di affrontare il mondo esterno. Con Pinky a seguito, aveva affrontato il via vai trafficato delle strade di Diagon Alley. Fu mentre camminava con il suo gelato tra le mani, che si raggelò. Non fu difficile riconoscerla tra la folla. I suoi capelli rossi spiccavano e il suo portamento era irriconoscibile. Non vedeva Daphne da quando l'aveva cacciata dalla baita in malo modo. Avrebbe voluto scriverle ma non ne aveva avuto il coraggio. Trovarsela lì era un segno che non poteva ignorare. Fu per quello che accelerò il passo per raggiungerla. La affiancò, salutandola con la mano. «Ehi.» Temeva la sua reazione. Se l'altra avesse preso ad insultarla, non avrebbe potuto biasimarla. Eppure non voleva. «Non credevo ti avrei trovata qui.» Le disse, piegando le labbra. Rimuginò qualche attimo prima di pensare a cosa dirle. «Come va?» In quel momento qualsiasi parola le sembrava quella sbagliata. Era lei a sentirsi fuori posto. Chiedere scusa era qualcosa che non aveva mai fatto, o forse aveva fatto pochissime volte nella sua vita. Dubitava sarebbe riuscita a pronunciare quelle parole, ma era chiaro si sentisse in colpa nei riguardi dell'altra. «Sarò ad Hogwarts fino a fine anno. Ho partecipato ad un erasmus.» Le spiegò prima che lei potesse chiederglielo. «Volevo scriverti. Così avremmo potuto parlare.»
     
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    Si era sempre procurata il materiale di studio in negozi di un certo livello: utilizzava pergamene di raffinata fattura, inchiostri pregiati: talmente abituata ad esigere bellezza ed eleganza in ogni aspetto della sua vita che, le rare volte in cui esauriva il suo materiale senza rendersene conto per tempo, non ripiegava certo su semplici fogli da quattro soldi, ma recuperava un po' di carta intestata dallo studio di suo padre. Le era sempre piaciuto scrivere i suoi appunti sotto il nome di Soren, i suoi titoli e il suo sigillo: fin da bambina tutto questo l'aveva fatta sentire importante, ma soprattutto le aveva offerto uno stratagemma per sentirsi più vicina a lui. A quell'uomo severo e glaciale che la elogiava per i suoi meriti ma al quale non era mai riuscita a strappare nemmeno un sorriso. Ora il fatto stesso di avere ancora qualche appunto riportato sulla carta intestata di Bachskov la nauseava. E naturalmente, dovendosi rifornire nuovamente, non poteva più puntare alla qualità a cui la vita l'aveva abituata. Per questo era appena uscita da un semplice negozio di Diagon Alley, pullulante di ragazzini di Hogwarts che si spintonavano per arraffare le ultime boccette di un inchiostro magico, utile solo se si prendeva lo studio come pretesto per fare scherzi idioti ai propri compagni. Eppure non era seccata, non quanto lo sarebbe stata qualche mese prima. Aveva troppi pensieri per la testa per lamentarsi anche del tipo di pergamena a cui si sarebbe dovuta adeguare, tanto più che il fare economia era ormai per lei sempre più necessario. Ora pensava ad altro, per esempio a quanto potesse costarle occupare una camera in accademia e se si sarebbe potuta permettere una singola. Ne dubitava. Fu un incontro inaspettato a distogliere la sua attenzione sulla possibilità di avere o meno un tetto sopra la testa: non aveva idea del perché Helena potesse trovarsi a Diagon Alley ma, nonostante la stretta al cuore che la vista della Haugen le provocò, fu in qualche modo un sollievo trovarsela davanti apparentemente in salute, almeno dal punto di vista fisico.
    Potrei dire la stessa cosa..
    Che ci faceva Helena da quelle parti? Di solito, se la mora faceva un salto a Londra, Daphne era la prima a saperlo. Era sempre stato così, ma era chiaro che la situazione ora fosse radicalmente cambiata. Eppure, pur essendo più che consapevole della distanza che si era venuta a creare tra lei e la sua migliore amica, l'idea di averla incontrata da quelle parti solo per una semplice coincidenza appariva alla Mikkelsen davvero demoralizzante, triste come lo era tutto ciò che si spezzava senza un motivo del tutto chiaro.
    Al solito. procedeva con una certa diffidenza, trovando troppo difficile assumere un atteggiamento naturale di fronte ad una situazione che non lo era affatto Tu come ti senti? Ci sono novità dal San Mungo?
    In proposito non le fu difficile essere sincera, invece. Si era sempre tenuta aggiornata sullo stato di salute di Helena, soprattutto da quando esso si era aggravato: di conseguenza, ritrovarsi completamente priva di notizie per tutto quel tempo non era stato affatto semplice per la rossa. Aveva anche pensato di chiedere aggiornamenti ad Otis, ma persino l'idea di parlare con il fratello maggiore di Helena la metteva in difficoltà dopo quanto accaduto alla baita.
    Oh.. interessante.
    Di nuovo quel disagio che in altre circostanze non avrebbe mai provato di fronte ad una notizia simile. Di sicuro avrebbe chiesto ad Helena le sue prime impressioni su quell'esperienza, su Hogwarts e il regolamento da rammolliti per cui quella scuola era famosa, sugli studenti e su quanto differissero da quelli di Durmstrang. Le avrebbe chiesto se aveva visto più ragazzi sexy in una Casata piuttosto che in un'altra. Invece, ora come ora, riusciva solo a spostare lo sguardo su Pinky che si stava guardando intorno annusando i lunghi mantelli di alcuni anziani maghi di passaggio.
    Avrebbe voluto chiedere ad Helena qualcosa anche sul suo stato d'animo e su quello di Mason. Ciò a cui aveva assistito alla baita l'aveva allarmata al punto che ci aveva ripensato svariate volte, maturando sempre più la convinzione che il Chesterfield avesse bisogno di un supporto terapeutico. Anche se non riusciva a perdonargli di averle puntato contro una bacchetta minacciandola, il suo affetto per il ragazzo non era svanito.. ma purtroppo nemmeno con lui aveva più avuto occasione di parlare. Non se l'era sentita, non dopo il modo in cui si erano separati. Senza contare che suggerire un percorso terapeutico a qualcuno, in quella fase della sua vita le sarebbe parso abbastanza ipocrita.
    Però non l'hai fatto. replicò a mezza voce, una tristezza impossibile da celare nei suoi occhi chiari, il corpo fermo e rigido Non mi hai scritto.
    Nemmeno lei lo aveva fatto, ma Daphne non avrebbe avuto niente da dire ad Helena. Niente che non le avesse già detto. Si sentiva ferita dall'incoerente aggressività che le era stata riservata e riteneva che non vi fosse niente, nel proprio comportamento, che necessitasse di una spiegazione. Quando Helena le aveva lanciato quell'allarme, Daphne aveva cercato di essere per lei l'amica di cui quest'ultima aveva bisogno, ma nel giro di pochi minuti si era resa conto di non sapere più per quale motivo la Haugen avesse chiesto il suo aiuto. E come in tutto ciò che si era trovata ad affrontare da quando aveva lasciato la Danimarca, non aveva potuto fare a meno di sentirsi inutile, priva di valore.
     
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    Fu spiacevole affrontare quella freddezza, eppure non poteva aspettarsi nulla di diverso. Non si stupì nemmeno del fatto che avesse poche parole, nonostante di solito Daphne avesse abitudini del tutto opposte. Qualcosa nel loro rapporto sembrava essersi incrinato da quella volta in cui le aveva urlato contro ed ora la Haugen temeva non potesse essere così facile porre rimedio a quelle cicatrici.
    Morse il labbro inferiore, facendo spallucce alla sua domanda. «Per ora sembra essere tutto stabile.» Non le sembrava il caso di mettersi a parlare delle sue condizioni, per quanto ultimamente fossero comunque migliorate almeno in apparenza. Non voleva suscitare alcun moto di compassione nei suoi riguardi, né spostare il focus di quella conversazione. Non le aveva scritto nulla perchè non le era venuto di farlo né in realtà aveva avuto il tempo o il modo. Così tanti drammi si erano affollati nella sua mente in quel ultimo periodo che stava ancora faticando per cercare di venirne fuori. Non ne era venuta fuori.
    Eppure, ora, avendola dinanzi, sentiva di non poter perdersi l'occasione di parlarle.
    «No.» Le rispose, stringendo le labbra e distogliendo lo sguardo per un secondo. «Ero arrabbiata.» Le confessò poi poco dopo. Non si nascose dietro parole diverse. La realtà dei fatti era quella. Quel giorno alla baita era scoppiata, apparentemente senza senso. La sua mente però era un groviglio di emozioni negative che finiva con il puntare verso tutti senza distinzioni.
    «Forse un po' lo sono ancora.» Aggiunse poco dopo piegando il capo. «E' stato un brutto periodo.» Sbuffò, tirando faticosamente lo sguardo nel suo. «Volevo chiederti se ti andasse di parlarne ora.»
     
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    La stabilità era sempre una notizia migliore di altre, quando si trattava dello stato di salute di Helena. Almeno da quel punto di vista, Daphne poteva dirsi sollevata e non aveva intenzione di insistere sull'argomento: se la Haugen non si era dilungata, evidentemente non aveva una gran voglia di parlarne. Non sembrava avere una gran voglia di parlare in generale, a dirla tutta. Tentennava, esitava davanti a lei come se avvertisse la necessità di comunicarle qualcosa, come se davvero fosse tentata dall'idea di risolvere ciò che tra loro era rimasto in sospeso. Eppure era di poche parole quanto la stessa Mikkelsen, senza contare che lo sguardo della mora faticava a rimanere fermo sull'amica e preferiva vagare in giro o puntare verso terra. Era a disagio, questo era evidente. Per quanto Daphne non potesse certo dirsene lieta, immaginava che fosse quantomeno indicativo del fatto che anche l'altra faticava ad accettare la tensione presente tra loro, il loro allontanamento. Forse l'universo affettivo di Helena non ruotava tutto unicamente intorno a Mason, come si era ritrovata a temere di recente, forse lasciava del posto anche ad altri e soprattutto... a sé stessa. C'erano troppe cose, dopotutto, che la danese non aveva compreso di quanto accaduto alla baita, che non aveva avuto modo di comprendere neanche a distanza di tempo.
    Già.. la tua rabbia si è fatta notare.
    Non poté celare una certa asprezza in quelle parole. E se si fosse sbagliata, quel giorno? Forse Mason, per quanto estremo e dispotico nel suo gesto, non era la causa principale dello stato emotivo alterato e rabbioso di Helena. Daphne conosceva la sua condizione, certo.. ma infondo non aveva mai visto l'amica rivolgere tanta furia e risentimento verso di lei. Questo la confondeva.
    Avrebbe voluto chiederle con chi fosse arrabbiata, ma non era sicura che la risposta sarebbe stata semplice e lineare. Affrontare quella conversazione in modo estemporaneo lì, in mezzo alla strada affollata, non sembrava la scelta migliore. Esitò qualche istante, guardandosi attorno alla ricerca di un posto che potesse fare al caso loro: i suoi occhi si posarono sulla gelateria Florean, poco distante. Tuttavia, non avanzò subito la sua proposta ad Helena. Non era ancora del tutto sicura che quest'ultima volesse parlarle davvero, sembrava più evasiva di quanto non fosse Daphne stessa.. e la cosa rendeva la rossa incline ad offendersi. Chiarire con le persone a cui teneva, cercare un nuovo dialogo, era sempre estremamente difficile: forse per via del suo orgoglio, o forse per il timore di non essere abbastanza importante per chi per lei lo era moltissimo. Quei momenti generavano nella Mikkelsen emozioni fortemente contrastanti, il che rendeva tali confronti più delicati che mai.
    Vieni con me.
    In ogni caso non esitò ulteriormente, quando infine l'altra si decise a chiederle di parlare. La guidò verso Florean, non perché avesse voglia di gelato ma semplicemente perché il Paiolo Magico era sempre stato troppo cupo e rustico per i suoi gusti. Le ragazze presero posto ad un tavolino appartato, lontano da sguardi indiscreti, ma Daphne dedicò solo un'occhiata distratta al menù pensando che al massimo sarebbe riuscita a mandare giù un semplice caffè. Tutta la sua attenzione era per Helena.
    Io.. sono piuttosto confusa da tutto quello che è successo.
     
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    «Credo sia normale.» La seguì fino al tavolino di Fortebraccio. Avrebbe volentieri ordinato un mega gelato, di quelli che avrebbero fatto rabbrividire persino i camerieri di quel posto, ma si limitò ad una bevanda. Quella situazione le aveva tolto l'appetito e comunque non le sembrava affatto il momento adatto per dedicarsi alla dolcezza di un gelato. Non fino a quando quella situazione non sarebbe stata chiarita.
    Non si stupì delle parole di Daphne. Era chiaro fosse confusa, sarebbe stato strano il contrario. Ed uno dei motivi della sua reticenza a contattarla, risiedeva proprio nell'impossibilità a chiarire i suoi dubbi. Non si sentiva capace di farlo. Sentiva che nessuno al mondo sarebbe mai stata in grado di capirla. Storse il muso, lo sguardo basso.
    «Non so cosa dirti in realtà. Avevo pensato a tante cose ma ora...» Fece spallucce, scuotendo debolmente il capo.
    Provò a ripercorrere quei momenti. Ricordò l'ansia, la paura. Ricordò la tristezza nel vedere Daphne e Mason l'uno contro l'altro e per colpa sua. Aveva soltanto desiderato trovarsi altrove o che tutto quello finisse. A suo modo era riuscita a portarla a termine.
    «Credo di aver avuto paura.» Le spiegò dopo quello che parve essere un lungo silenzio. «Non volevo vi feriste a vicenda per me.» Aggiunse poco dopo, tirando su lo sguardo per incontrare quello della ragazza. Dubitava avrebbe capito. Dopotutto era stata lei a chiamarla, a supplicarla di raggiungerla per darle una mano e poi aveva reagito a quel modo. Era stata impulsiva, ed aveva lasciato che i suoi problemi gravassero su altri. La consapevolezza l'aveva spinta a fare un passo indietro. «Se fossi venuta via con te... sarebbe stato problematico perchè tu avresti fatto qualsiasi cosa per proteggermi, no?» Le chiese, guardandola, cercando di costruire un discorso che potesse avere senso anche per l'altra. «Anche lui.» Aggiunse poco dopo. Era quello il punto. Daphne aveva provato a proteggerla e Mason aveva fatto lo stesso. Ognuno a proprio modo, finendo con l'avvertire l'altro come nemico. Dinanzi a quella scena sbagliata, Helena aveva appreso i suoi errori: l'unico modo per uscire da quella sensazione, era prendendosi cura di sé da sola senza l'auto di nessuno. E così era stato.
    «Non sapevo come porre rimedio a quella situazione. Così ho mandato via te.»
     
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    Non era sicura di aver afferrato con certezza a cosa si riferisse Helena nel parlare di normalità, era così poco loquace che quelle parole potevano rappresentare una risposta a molto affermazioni fatte da Daphne, ma a conti fatti alla rossa l'unico aspetto "normale" di quella situazione pareva essere la propria confusione. Se la Haugen era d'accordo con lei, questo poteva essere un buon segno.. quasi l'anticipazione di un chiarimento che finalmente sarebbe avvenuto. O almeno così sperava la Mikkelsen. Alla fine decise di ordinare un té freddo al limone: anche se il caldo non
    era ancora arrivato, la Primavera quel giorno prometteva un clima più mite e un po' di sole aveva fatto capolino illuminando le strade sempre affollate di Diagon Alley. In ogni caso, ciò che avrebbe bevuto era l'ultimo dei suoi pensieri.. a dirla tutta aveva ordinato solo perché trovava molto maleducato occupare un tavolo senza fare ordinazioni, persino se il locale era mezzo vuoto. E poi aveva bisogno di fare qualcosa, mentre aspettava che l'amica superasse le sue evidenti difficoltà nel parlare di quanto accaduto alla baita. Il nervosismo di Helena era palpabile e questo di rimando aumentava anche la tensione della rossa, malgrado provasse un certo risentimento nei confronti dell'altra non le piaceva affatto vederla in quello stato. Come sempre.. avrebbe voluto aiutarla, ma non sapeva in che modo.
    Avrei usato la magia solo per difendermi.
    Ci teneva a precisarlo, perché la dinamica tra lei e Mason aveva preso una piega così estrema in quella baita che, ripensandoci, a volte le appariva quasi surreale. Si chiedeva cosa sarebbe successo se alla fine non avesse accettato di andarsene da sola, ma una parte di lei sperava che anche il Chesterfield non fosse realmente intenzionato ad attaccarla, quanto più ad intimorirla. Già quello era abbastanza disturbante di per sé.
    Ci siamo feriti a vicenda lo stesso, temo. Anche se in modo diverso.
    Era evidente che quanto accaduto fosse impossibile da cancellare, Daphne si chiedeva se lei e Mason sarebbero mai riusciti a superarlo. Ma non era a questo che voleva pensare in quel momento, perché ora doveva occuparsi di capire cosa stesse accadendo all'interno di uno dei rapporti più importanti della sua vita. Lei ed Helena erano amiche dai tempi di Durmstrang, si erano sempre spalleggiate a vicenda e in qualche modo Daphne aveva sempre visto nella Haugen una sorta di sorella minore acquisita, oltre che la sua migliore amica. Il fatto che negli ultimi anni entrambe ne avessero passate tante, davvero troppe, le aveva allontanate? La danese non riusciva a tollerare quel pensiero, già solo nel prenderlo in considerazione sentiva un sordo dolore al petto.
    Per me la cosa peggiore non è nemmeno che tu mi abbia mandata via, Hel. Ma il modo in cui l'hai fatto.. mi ha ferita. Perché prima mi hai cercata e poi mi hai respinta. Con tutta quella rabbia.. abbassò lo sguardo per qualche istante sul té che le era appena stato posato davanti, poi tornò a guardare la Haugen negli occhi Non sono forte come credi, non sono perfetta come mi hai sempre vista tu.
    Non sapeva perché finalmente si stava decidendo ad ammetterlo davanti ad Helena. Aveva sempre creduto di non doverlo fare: in parte perché le piaceva quando gli altri credevano nella sua impeccabile perfezione, in parte perché Hel era la sorella minore da proteggere e le sembrava che risparmiarle le proprie sfumature di incertezza e tristezza fosse il modo migliore per farlo. Ma adesso si ritrovava a pensare che quella sua scelta avesse impedito ad Helena di vederla davvero e di comprenderla come avrebbe probabilmente saputo fare. Tentare di fare un passo in quella direzione proprio in un momento di chiarimento era decisamente un azzardo, qualcosa che Daphne non aveva programmato. Bevve un sorso di tè, ricordando mentalmente a sé stessa che la priorità era chiarire gli eventi avvenuti in montagna, quelli che ancora adesso le apparivano confusi e pieni di interrogativi.
    Aiutami a capire. Perché mi hai chiamata in aiuto quel giorno? Ti sentivi davvero minacciata da Mason? Ti sentivi sua prigioniera o eri solo.. molto arrabbiata con lui?
     
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    Umettò le labbra alle sue parole. Non poteva certo ribattere. Era stata atroce. Aveva lasciato che i suoi eccessi esplodessero tra loro, rendendo quel momento un puro inferno. Era ben conscia di averla ferita e sapere di averlo fatto, l'aveva fatta sentire male a sua volta. Eppure, non aveva potuto trattenersi. Le sembrava impossibile farlo delle volte. «Ero arrabbiata.» Le confessò. Non che ce ne fosse il bisogno. Era stata più che arrabbiata. Mason le aveva tolto la possibilità di scelta scegliendo per lei. L'aveva portata in quella baita, dopo averla cacciata via in malo modo rifiutando il suo aiuto. Le era stato tolto, ancora una volta, potere decisionale. Era stato quello a mandarla ai matti. Aveva creduto di poter trovare in Daphne un'alleata, poi però tutto era velocemente peggiorato.
    «Tutti fanno sempre tutto quel che è in loro potere per aiutarmi, per proteggermi.» Fece spallucce, sospirando pesantemente. «Nessuno bada a quello che voglio io.» Aggiunse poco dopo, scuotendo piano il capo dinanzi a quella consapevolezza. Una realtà con cui faceva i conti da mesi e da cui non era ancora riuscita a cavare nulla. Nulla di buono almeno. Ne aveva ricavato solo frustrazione e rabbia.
    Non aveva criticato le buone intenzioni di Mason, né di Daphne poi, né dei suoi genitori. Il problema principale era che le persone che aveva intorno aveva un sacco di buoni propositi da riversarle contro e lei se ne sentiva oppressa. «Mi sono resa conto di essere immerso in quel meccanismo e di non riuscire a venirne fuori. Se avessi seguito te, probabilmente sarebbe stato lo stesso. La mia voce non vale niente.»
     
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    Non la sorprese apprendere che Helena fosse arrabbiata, né iniziare a farsi un'idea della fonte delle sue frustrazioni. O meglio, se ne sorprese solo perché conoscendo Hel si era aspettata una reazione simile diversi mesi prima e il fatto che non ci fosse stata l'aveva spinta a pensare che il dolore subito l'avesse tramortita, rendendola temporaneamente più indifesa che mai. Aveva cercato di proteggerla, per quanto le era stato possibile farlo, ma al contempo si era sentita turbata da quel mutamento che sembrava perpetrarsi nel tempo. E ora eccola, finalmente, la reazione che Daphne aspettava da tempo. Perché non vi era niente che rendesse tollerabile quanto le era capitato.. e non si trattava solo della violenza subita dalla Haugen: per la rossa era sconcertante che il legale di Helena, ma in primis i suoi genitori, avessero ceduto e deposto le armi, lasciando che Volhard rimanesse praticamente impunito. La Mikkelsen aveva provato una rabbia intensa e difficile da contenere quando aveva appreso gli sviluppi di quella vicenda e l'unico motivo per cui non aveva dato di matto davanti ad Helena stessa era che non voleva turbarla ulteriormente, non voleva farla sentire di nuovo passiva di fronte ad un esplosione di furia che non sembrava pronta a sostenere. Helena: sempre così spregiudicata e turbolenta, ma ora così fragile.. da troppo tempo. Tutto si era mosso attorno alla Haugen, su di lei e contro di lei, relegandola ad un'immobilità succube. Anche Daphne sarebbe stata furiosa al suo posto, lo era.. a pensarci bene ciò che era accaduto con suo padre la faceva sentire in qualche modo vicina alla sua migliore amica, non solo nell'affetto ma anche - in parte - nelle emozioni.
    Credo di capire come ti senti.
    Ormai sapeva di essere stata "guidata" nella maggior parte delle sue scelte e dei suoi comportamenti per troppi anni. E anche se almeno Helena poteva immaginare che molte persone avessero deciso al suo posto pensando solo al suo bene - al contrario di ciò che chiaramente Soren aveva fatto con sua figlia - ciò non significava che una simile situazione non fosse frustrante. Volhard le aveva tolto la possibilità di agire e decidere e una parte di Helena forse era costretta a rivivere ciò giorno per giorno, da quel momento: senza la stessa violenza e umiliazione, certo, ma in modo più sottile e pericoloso.
    Non è così, Hel. Mi dispiace se insistendo con Mason ti ho fatto provare emozioni simili anch'io, a volte non è facile aiutare le persone che amiamo.. e per me vederti reclusa era insopportabile. Ma ti posso dire una cosa, con assoluta certezza: quel giorno sono venuta alla baita proprio perché ho sentito la tua voce. annuì piano, come a rafforzare il peso delle parole pronunciate Non è vero che non vale niente, la tua voce è importante.
    Solitamente non era affatto facile per Daphne mettere da parte la propria amarezza di fronte alle offese subite. Non era il tipo di ragazza che passava sopra le cose, era più il tipo di ragazza che riempiva liste nere con i nomi delle persone che le facevano un torto. Era rancorosa, lo era sempre stata. Ma in quel momento si stava rendendo conto di quanto "non detto" ci fosse dietro a quanto successo tra lei ed Helena alla baita, di quanto dolore avesse mosso Helena quando le si era rivoltata contro. Era ancora ferita all'idea che in quel momento la sua migliore amica non avesse riconosciuto in lei un'alleata, che avesse cambiato emozioni e decisioni repentinamente e che l'avesse respinta facendole del male. Ma pensare a ciò che si celava dietro quel comportamento, pensare a quello che la Haugen le stava portando ora a quel tavolo, all'angoscia e al senso di oppressione che avevano intrappolato la mora.. aveva il potere di imporsi su tutto il resto. Dopotutto, Hel era una sorella per lei. Si sporse in avanti sul tavolino che le separava per afferrare le mani dell'altra e stringerle tra le proprie, guardandola negli occhi.
    Tu sei l'unica padrona di te stessa. Tu e nessun altro, ok? Stai affrontando il male che ti è stato fatto, stai affrontando la tua malattia.. e combatti tutto questo come una guerriera. Sei più forte di quanto credi e io sono fiera di te.
     
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    «Io non mi sento forte.» Le confessò con un tono di voce basso e flebile. Aveva smesso di sentirsi forte e fiera da mesi. Ogni giorno quel che vedeva guardando il proprio riflesso allo specchio, era paura. Paura di vivere e di morire. Paura di essere felice o di soffrire. Si era costretta a vivere in un limbo, un purgatorio di emozioni senza eccessi. I limiti che si imponeva le regalavano la fittizia parvenza di sicurezza che le era stata brutalmente strappata via. Le mezze misure erano diventate il suo nuovo traguardo.
    Il tocco delle sue mani la fece sussultare, muovendole qualcosa dentro. Lo sguardo le diventò improvvisamente lucido. Per la prima volta dopo tempo si sentì di nuovo scoperta, eppure a quel punto non ne fu turbata. «Mi dispiace averti allontanata. Ti voglio bene.» Le disse la voce sottile mentre stringeva le sue mani di rimando. Si schiarì la voce poco dopo, scuotendo appena il capo nel vano tentativo di darsi un contegno. «Diamine. Troppo miele in queste parole, vero?» Rise in imbarazzo, liberando una mano dalla presa per sistemarsi una ciocca di capelli dietro l'orecchio. Sospirò poi, prendendosi qualche attimo prima di continuare. «Quel che voglio dire è che mi spiace non aver sentito la tua di voce.» Annuì, puntando lo sguardo nel suo mentre una mano ancora stringeva la sua. Si conoscevano da anni ormai. Era chiaro nemmeno Daphne se la stesse passando nel migliore dei modi, eppure in quei mesi non aveva badato a nulla. Troppo immersa nel suo dolore, aveva chiuso gli occhi sui dolori altrui. «Anche ora, lo sento vorresti urlare.» Aggiunse, annuendo appena. «Ed io ci sono. Sono qui per ascoltarti o urlare con te quando ne avrai bisogno.»
     
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    Non distolse lo sguardo da quello della Haugen, continuò a fissarla negli occhi e annuì piano alle sue parole. Non aggiunse alcun commento, non le ribadì la forza che vedeva nella continua battaglia di Helena contro le avversità della vita, perché ormai l'amica aveva capito come lei la vedeva e a Daphne sembrava giusto accogliere i sentimenti che l'altra provava al riguardo senza obbiettare. Capiva che Helena non si sentisse forte, troppo travolta dall'irruenza dei suoi drammi per poterci credere veramente, per questo non avrebbe mai potuto sminuire i suoi sentimenti. Avrebbe piuttosto fatto del suo meglio per starle accanto e rimandarle sempre l'immagine di Helena Haugen che invece era riflessa nei suoi occhi: non solo gli occhi di un'amica, ma gli occhi di un'altra donna che aveva a sua volta scoperto sfumature infinite e profonde di dolore e che stimava la persona davanti a sé, per il semplice fatto di essere ancora in piedi. Avevano giocato così a lungo a convincersi di essere solo due ragazze privilegiate e pretenziose di attenzioni, ma ora per entrambe era finito il tempo di prendere in giro sé stesse.
    Ti voglio bene anch'io, Hel. Sempre.
    Era tanto che non si sentiva così vicina all'amica. Anche se al villaggio di Bergenwiz avevano trascorso del tempo insieme solo loro due, anche se alla baita l'aveva abbracciata, tra loro si era creata comunque un'innaturale distanza dovuta principalmente allo stato d'animo di entrambe e a ciò che stavano affrontando.
    Penso che tu possa concedertelo, per questa volta.
    Accolse la costatazione di Helena con un sorrisetto. Erano diverse in questo: Helena portava con sé sempre un vago imbarazzo nel manifestare il suo affetto, quando lo faceva si scherniva da sola o cercava di smorzare l'intensità del momento, una sua difesa che a Daphne aveva sempre mosso molta tenerezza. La danese, dal canto suo, era capace di riservare indifferenza e supponenza ai più, letale veleno a chiunque le facesse un torto o per qualche ragione si guadagnasse il suo disprezzo, ma una buona dose di affetto disinibito alle persone che amava. Era quasi sempre lei a travolgere Helena negli abbracci più stretti.
    Avevi tanto a cui pensare. Ma vedo che infondo sei rimasta una buona osservatrice, almeno quando si tratta di me.
    Le sue parole suonarono più malinconiche che mai, ma in quella malinconia vi era anche una punta di sollievo. Per mesi aveva tenuto Helena all'oscuro delle sue sventure, cercando tutelarla in ogni modo e di non coinvolgerla in altri drammi. Tuttavia, forse ciò aveva contribuito a creare distanza tra loro togliendo molto alla complicità che le legava. Sospirò, raccogliendo le forze come ogni volta in cui aveva toccato - più o meno approfonditamente - l'argomento che si preparava ad affrontare.
    Da Ottobre non vivo più a villa Bachskov. Ho scoperto cose orribili sul conto di mio padre e molti segreti che riguardano la mia famiglia: Soren mi ha cacciata, ma sarei andata via in ogni caso. Io ho tagliato i rapporti con lui e..lui mi ha tagliato i fondi.
    Dirlo era un po' meno difficile di quanto non fosse stato la prima volta, ma la metteva comunque a disagio offrire quell'immagine di sé ad Helena, che l'aveva sempre idealizzata come avrebbe potuto fare con una sorella maggiore. Helena l'aveva più volte definita perfetta e Daphne ne era stata grata e compiaciuta, considerato che era quello l'obbiettivo a cui ambiva da sempre. Un obbiettivo impossibile, la cui persecuzione era dolorosa e autolesionistica, ma che nella mente della Mikkelsen continuava tuttavia a brillare insistentemente, nonostante tutto.
    Lavoro in un locale adesso, beh.. è una cosa temporanea. si affrettò ad aggiungere, imbarazzata Jerome mi ha aiutata tanto. Sai, non è poi così terribile come ti dicevo. In realtà.. non lo è affatto.
     
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    Ascoltare le parole di Daphne, fu devastante. L'idea di essersi persa così tanto della vita dell'amica, la fece sentire ignobile. Era stata così profondamente immersa nei suoi drammi, da aver perso completamente il filo sulla vita degli altri. Si sentì indegna di poter definirsi amica a quel punto. Forse non lo era affatto.
    Non fu dettagliato il discorso di Daphne ma le bastò per capire quanto drammatica fosse la sua condizione. Quanto orribile dovevano essere le verità scoperte per condurre la rossa lontano dalla sua famiglia? Avrebbe voluto dirle di poterla capire ma non lo fece. Ascoltò lei e quel che aveva da dirle. «Che stronzo.» Biascicò stringendo i pugni nel constatare la reazione del Bachskov. Forse la punizione attuata sulla rossa sarebbe potuta sembrare ininfluente, ma lo era se applicata ad una ragazza come lei, cresciuta nell'agio e lontana da qualsiasi possibilità di lavoro. «Tuo fratello? Quello...» Avrebbe voluto aggiungere un aggettivo poco carino, ma si fermò. Si costrinse a farlo, relegando la propria gelosia in un angolo. Non era quello di cui aveva bisogno.
    «Sono contenta tu abbia avuto qualcuno.» Aggiunse quindi poco dopo, dedicandole un sorriso. Poco dopo, cercò qualcosa nello zainetto che portava con sè. Ne estratte una chiave della Gringott che le affidò. Era una camera preriempita dai suoi genitori per lei, per affrontare spese di emergenza. Non mostrò remore ad affidarla all'amica. «Ecco.» Le disse, sperando potesse accettarla. «Preleva quello che c'è. Dirò ai miei di averla persa. Non ne sarebbero stupiti.» Era tutto quel che poteva fare a quel punto per sentirsi utile e per aiutarla ad essere indipendente. «Voglio aiutarti anche io.»


     
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    Helena era visibilmente sconvolta dalle rivelazioni della danese. A Daphne dispiaceva aggravarla del peso dei propri problemi, ma ancor più le dispiaceva che una scelta che lei stessa aveva preso per proteggere la sua migliore amica avesse suscitato in quest'ultima dei sensi di colpa. Conosceva abbastanza bene la Haugen da leggerle la colpa nello sguardo senza alcuna difficoltà: tutto negli occhi e nella gestualità di Helena parlava per lei. Daphne la capiva, inevitabilmente, dal momento che lei stessa, in passato, aveva provato emozioni simili nel rendersi conto di non essere al passo con quanto accadeva alle persone che amava di più. Lei ed Helena provenivano da un ambiente che appariva semplice solo dall'esterno, ma che era molto più intricato per chi vi era immerso: erano ragazze privilegiate, certo, ma vivevano ogni giorno con la pressione delle aspettative, dei giudizi sul loro essere o non essere all'altezza, adeguate al loro mondo e al cognome che portavano. A volte essere così sotto pressione portava inevitabilmente a concentrare la propria attenzione unicamente su sé stessi, senza contare che Helena aveva avuto problemi piuttosto gravi da gestire.
    Già, non immagini quanto.
    Suo padre era molto più che stronzo, ma solo l'idea di scendere nei particolari le faceva venire i brividi. In primis perché si preoccupava di mettere in pericolo i suoi eventuali confidenti, ma anche perché si vergognava a parlarne e a spiegare come non avesse capito niente per anni, si vergognava quasi come se fosse stata lei stessa a stuprare tutto quelle donne. Con Helena poi.. quella tematica sarebbe stata ancor più pesante.
    Non le sfuggì la reazione di Helena quando lei si ritrovò a parlare dell'aiuto che le aveva offerto Jerome. Immaginava che fosse un po' bizzarro sentirle parlare positivamente di quel fratello che in passato aveva solo criticato aspramente, discriminato e ridicolizzato. Forse Hel avrebbe avuto bisogno di un attimo di tempo per abituarsi a quel cambiamento di opinione della Mikkelsen: una riflessione che era maturata nel corso dei mesi, un'idea che aveva preso forma in modo tutt'altro che frettoloso grazie al tempo trascorso - inizialmente in modo tutt'altro che volontario - con Jerome. Ma per Helena quella era comunque una notizia improvvisa, a freddo. Daphne non poteva fare a meno di pensare alla reazione che avrebbe avuto lei stessa se solo un anno prima qualcuno le avesse detto che sarebbe addirittura arrivata a provare dell'affetto nei confronti del gemello.
    Non so se ce l'avrei fatta senza di lui, devo essere sincera. Ma non è stato l'unico a sostenermi, tutt'altro.. e sai quanto sia difficile per me chiedere aiuto.
    Il suo pensiero andò ad Harvey e alla notte in cui si era presentata davanti ai cancelli della villa del ragazzo. Lei, il trasportino con Bijou dentro e un trolley gigante: Harvey aveva lasciato che tutto questo entrasse in casa sua senza fare una piega, le aveva dato una camera, l'accesso a tutti i confort della villa, l'aveva mantenuta e consolata. La Mikkelsen non riusciva a non essergli grata per questo, ma scoprire ciò che l'Hollingsworth aveva fatto a Bram l'aveva agghiacciata. Lei ed Harvey non si sentivano né frequentavano più da settimane, e nonostante ciò la rossa non aveva mai smesso di volergli bene. Si riscosse, scacciando il velo di malinconia che quei pensieri le provocavano, quando vide ciò che Helena le stava porgendo.
    Grazie, Hel. Davvero, te ne sono grata.. ma non posso accettare. forse la Haugen l'aveva previsto, chissà, in ogni caso Daphne mostrò al sua irremovibilità nel momento in cui posò la mano su quella dell'amica, chiudendo le dita di quest'ultima attorno alla chiave.
    Averti vicina è già un aiuto enorme, te lo assicuro. Ma non posso, anzi non voglio più accettare denaro da nessuno, neanche dagli amici più stretti. Non sono più una ragazza privilegiata e devo imparare a cavarmela da sola, a mantenermi come una persona adulta. Capisci? Devo imparare a poter contare prima di tutto su me stessa.
    Per questo aveva venduto circa la metà delle scarpe e dei vestiti firmati che si era portata via da villa Bachskov, pur di evitare che i Dubois le pagassero altre rette dell'accademia: avrebbe pagato il suo ultimo anno totalmente da sola. E se per farlo non poteva contare solo sul lavoro al Fairy Tale - visto che doveva anche mantenersi e mettere insieme i soldi per pagare un affitto - avrebbe rinunciato a parte dei suoi beni di lusso. Non a tutti, ovviamente: non si sognava certo di andarsene in giro indossando vestiti racimolati ai grandi magazzini.
    Sai cosa mi aiuterebbe molto? Passare del tempo insieme, quest'Estate. Ti andrebbe se ti venissi a trovare a Tromso?
     
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    Non si sentì offesa dal rifiuto dell'amica. L'apprezzò. Al suo posto probabilmente si sarebbe comportata allo stesso modo. Era d'altronde l'unico modo di reagire per donne forti e testarde come loro. Le sorrise, abbracciandola. Avrebbe voluto farlo più spesso. La sua rigidità non le permetteva però di dimostrare l'affetto in modo canonico. Molte volte se ne pentiva. «So che ci riuscirai.» Annuì alle sue parole, carezzandole i capelli setosi. «Non conosco una donna più cazzuta di te.» Aggiunse poco dopo, sorridendole. Era convinta Daphne sarebbe riuscita a distaccarsi da quel passato che le faceva tanto male. Glielo augurava in ogni caso. Lei sarebbe stata lì pronta ad aiutarla qualora ne avesse avuto bisogno. Per lei ci sarebbe sempre stata, era una promessa che segretamente le faceva. «Non devi nemmeno chiedermelo.» Aggiunse poco dopo. «Ha aperto un nuovo beauty shop in centro. Perfetto per passare il tempo.»
     
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