Break up.

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    Danielle Richards | I anno | Corvonero


    12 Marzo, pomeriggio.

    Non so come ma in qualche modo ci sono riuscita comunque. Sto tenendo botta e non intendo crollare proprio ora che sono ad un passo dalla meta: lo farò nella mia stanza, in privato, piangerò tutto quello che c'è da piangere lascerò che le mie sorelle si prendano cura di me e rinascerò prima o poi.
    Alla fine mia madre ha vinto anche se a Liam non ho detto nulla della lettera, non ho detto nulla a nessuno. Nessuno capirebbe davvero probabilmente e non ce ne era nemmeno bisogno di tirare fuori quell'ulteriore motivo. Le cose non stavano andando bene già da un mese o forse non erano mai andate bene davvero in fondo: in una relazione non si sparisce di punto in bianco senza dire nulla all'altra parte, in una relazione si parla e noi non parlavamo... tenevamo ognuno i nostri pensieri più reconditi per sé e sfogavamo con il sesso. Tanto sesso, si poteva dire che facessimo solo quello quando eravamo insieme e infatti non parlavamo e infatti i problemi che ci portavamo dietro rimanevano accantonati, seppelliti dal piacere che usavamo come distrazione per metterci una toppa. Senza contare i desideri opposti l'uno dell'altra: lui proiettato verso il matrimonio, avere dei figli e io che mi sentivo soffocare al solo pensiero di andare a convivere... probabilmente ci eravamo solo illusi di essere perfetti insieme e questo lo avrei capito solo in un secondo momento, solo quando la mia mente sarebbe tornata lucida e non sommersa da tutto quel dolore che mi percuoteva a ondate com'era stato meno di un anno prima quando avevo rotto con Stephen. Ce l'avrei fatta a superare il dolore di quei mesi intensi che avevamo vissuto. Ce l'avrei fatta...
    Mi smaterializzo tremante ai confini di Hogwarts e di corsa oltrepasso tutta la tenuta, sento che i miei nervi sono al limite e ho bisogno di piangere e urlare ma non intendo dare scena qui. Corro, corro a per di fiato per tutto il castello e non mi curo delle persone che incrocio: alcuni mi salutano, altri mi fanno un cenno, altri semplicemente li urto involontariamente nella mia corsa su per le scale della Torre Ovest. Arrivo senza fiato di fronte la porta della mia Sala Comune e il batacchio mi pone il consueto indovinello.
    Il cervello è spento, non riesco a ragionare. Gli occhi vagano senza soffermarsi realmente mentre penso febbrilmente ad una risposta che non riesco a trovare.
    «Dai aprimi, è tutto l'anno che lo fai» sbotto poi mentre l'irritazione sale e sento maggiormente l'agitazione che sale facendomi pizzicare le mani. La porta rimane ferma e dopo qualche attimo di silenzio ripete l'indovinello.
    «Cazzo è tutto l'anno che rispondo al primo colpo, lasciami entrare!» È senza pensarci due volte scaglio con tutta la mia forza un pugno sul legno facendomi indietreggiare dal dolore. Gli occhi mi pizzicano e sento la prima lacrima scendere lungo la guancia. Devo entrare, devo... Devo... Ho bisogno di crollare.


    Edited by .Ellie - 28/3/2021, 17:17
     
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    Skylee Métis | II anno | Corvonero


    Mi ero preparata per uscire, avevo una sorta di appuntamento fuori dal castello quel pomeriggio ed una parte di me era davvero emozionata per tale uscita, l'altra, quella più razionale, capiva che era presto anche solo per farsi un'opinione su di lui e soprattutto insisteva sul non voler nemmeno pensare di poter provare nuovamente certe cose, in fondo non conoscevo quasi per nulla Christian e quello che c'era fra noi si limitava ad una semplice sorta di amicizia nata per caso in una situazione tutt'altro che normale. Mi ero fatta un bel bagno caldo e mi ero vestita in maniera piuttosto elegante, amavo spaziare col mio eccentrico e particolare stile ogni qualvolta che ne avevo la possibilità, dato che avendo una divisa per la maggior parte del tempo tali occasioni si limitavano ai weekend e alle uscite fuori dal castello. Mi ero addirittura truccata chiedendomi se non stessi esagerando con i preparativi per una semplice uscita, avrei sicuramente attirato l'attenzione di molte persone ma dopotutto io adoravo sentirmi al centro dell'attenzione e far parlare di me, mi divertiva ed anche se poi non mi interessava ascoltare ciò che i pettegolezzi riportavano, il solo fatto di sapere che c'erano persone che perdevano tempo a parlare di me mi faceva ridere, per cui non sarebbe stato un grosso problema se fosse realmente accaduto. Mi diressi verso l'uscita della sala comune saltellando ma quando aprii la porta per poco non ricevetti un pugno in pieno viso da parte di una furiosa Ellie. «Urca vacci piano, sono innocente!!» Scherzai portando le mani verso l'alto come fanno sempre nei film. «Non vorrai certo rovinare questa meravigliosa faccina eh?» Chiesi divertita ma quando il mio sguardo si posò realmente su di lei notai che non stava affatto bene, aveva una pessima cera e i suoi occhi erano leggermente lucidi. «El cosa succede?» Chiesi preoccupata appoggiandole una mano sulla guancia, odiavo vedere le mie sorelle stare male e quando si trattava di Ellie ancora di più, a Vanja ci eravamo ormai abituate, di tanto in tanto sclerava e si lasciava andare alla disperazione, ma per quanto riguardava Ellie la cosa era diversa, io e lei eravamo più simili e come me evitava sempre di farci preoccupare limitandosi ad un sorriso ed un cenno della mano per minimizzare l'accaduto ed era per questo che vederla così mi faceva tanto strano, perché voleva dire che era accaduto qualcosa di grave e su questo non c'era alcun dubbio.

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    Danielle Richards | I anno | Corvonero


    Un secondo pugno dritto sulla porta, sento le nocche bruciare e sento come una lama di freddo bruciante che mi pizzica dove la pelle si è aperta. Un terzo pugno è pronto a colpire la porta mentre le lacrime rigano le guance, ma va a vuoto, e la voce squillante e piena di allegria di Skylee mi porta per un breve secondo alla realtà. Silenzio. Non capisco ciò che mi sta dicendo, la sua voce arriva come ovattata alle mie orecchie. Sento allora il suo palmo caldo posarsi delicato sulla mia guancia e comincio a tremare, scossa dai singhiozzi che mi scuotono nel tentativo di restare muti.
    «Io... Io...» la mia voce è rotta dal pianto, non riesco a parlare, non riesco a esprimermi, è come se avessi un grosso groppo ad annodarmi le corde vocali. Mi manca l’aria e comincio ad annaspare nel tentativo di riempire d’ossigeno i polmoni. Balbetto qualcosa, singhiozzo e non mi riesco più a trattenere. Sento immediatamente le esili braccia della più piccole delle mie sorelle avvolgermi e tirarmi dentro la nostra Sala Comune.
    Mi trascina senza parlare e sono grata che sia stata lei a trovarmi e non qualcun altro, nemmeno Vanja che purtroppo non spicca per il suo lato umano. Mi sento come in una bolla mentre il mondo intorno a me va a fuoco e non capisco più niente. Il mio cervello è sconnesso e sento solo il cuore andare in pezzi per quello che ho fatto. Come ho potuto farlo? Ma dovevo. È questo lo stramaledetto punto. Il cigolio di una porta che si apre e il familiare profumo biscottato della nostra stanza mi investe. Casa.
    Corro verso il mio baldacchino dove mi ci butto immediatamente affondando la testa nel cuscino e stringendolo con forza a me. Non mi curo della mano ferita, probabilmente sto facendo un casino sporcando ovunque con delle piccole strisciate di sangue, ma non mi importa. Piango e mi dispero tirando pugni sul materasso e urlando contro l’imbottitura dello stesso.
    Il materasso sotto di me cigola e le molle si abbassano mentre la biondina prende posto. Mi afferra il polso bloccando l’ennesimo pugno che sto per scagliare contro il materasso. Faccio un po’ di resistenza ma non poi così tanta e mi piego immediatamente alla sua stretta calda e avvolgente.
    Mi rannicchio contro di lei mentre il mio corpo continua ad essere scosso dai singhiozzi che non mi permettono di parlare, a stento di respirare.
    «Io l’ho...» balbetto incapace per poi affondare il viso nei suoi vestiti «L’ho lasciato Skylee! Ho dovuto!» ammetto infine e finalmente mi lascio andare alla disperazione più totale mentre una voragine si apre al posto del mio cuore e mi inghiotte tirandomi a fondo.
     
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    Sono tirata come una corda di violino. Cazzo se lo sono. Sto tornando da dove li ho nascosti, quei maledetti tomi di cui sto assaporando pagina dopo pagina. Maledizione, il tempo non mi basta mai, così come il denaro. Sono furente, non solo per il fatto che le cose stanno andando a puttane pian piano ma perchè appena risolvo un nodo ne vedo altri cinquanta. Devo seguire le lezioni, stare al passo e risolvere le curiosità che mi balenano in testa. Piego gli appunti che ho trascritto e li infilo nella tasca dei jeans. Non porto la divisa, un semplice maglioncino e un trench scuro. Ho i capelli raccolti dietro la nuca. Lo sguardo innervosito accompagna i miei passi fino alla torre ovest. E' bene che mi prenda una pausa. Frugo nella tasca e palpeggio il pacchetto di sigarette, ne sfilo una prima di raggiungere camera nostra pronta a fumarla nel davanzale come sempre. Apro con arroganza la porta, la spalanco sbattendola e me ne curo poco. Lo faccio sempre quando ho le palle girate. Compio un paio di passi verso la finestra ma non posso fare a meno di notare a quel punto Sky ed El avvinghiate. E' chiaramente scossa la mora che farnetica qualcosa che non riesco bene a capire. O meglio non collego subito. Tale visione interrompe le mie idee, rigiro fra le dita della destra la sigaretta e mi avvicino, ho gli occhi puntati su mia sorella più grande. Si tratta di pochi mesi ma noi la chiamiamo così per affetto. Ha il viso rigato, trema un po'. Tu cosa? le domando di ripetere anche se credo di esserci arrivata. Percepisco il suo dolore solo che non lo do a vedere. E' più forte di me.
    Ho sofferto moltissimo per amore e mi sono promessa che non permetterò mai più a nessuno di arrecarmi una simile sofferenza. Quindi, anche nell'ultima relazione o come la si vuole chiamare, ho decisamente attuato quello che la sottoscritta definisce preservazione di se stessa. Arginando le sensazioni e soffocandole. Sono umana, penso, sento e quant'altro, ma non manifesto.
    Preferisco celare il tutto dentro di me.
    Non voglio mai più trovarmi nella situazione che sta passando Ellie. Comprendo la sua disperazione ed è l'ultima cosa che voglio risentire. Odio vederla in queste condizioni. Vorrei avere il potere di premere un tasto e far fluire in fretta il tempo e di vederla sorride subito come settimane addietro.
    In qualche modo una parte di me soffre con lei.
    In assoluto silenzio.

    Mi siedo in fondo al letto, allungo un braccio verso El e lo appoggio sulla sua coscia libera. Inspiro ed espiro, vorrei che lo facesse anche lei. Sono in attesa. Butta fuori tutto. E' un ordine, mi rendo conto che il mio tono è parecchio rigido ma loro lo sanno: tutto questo è un modo per esternare quanto io ci tenga. Getta fuori il dolore, starai meglio, non voglio vederti così.
     
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    Skylee Métis | II anno | Corvonero


    Gli occhi di Ellie sono rigati di lacrime, so quanto odi farsi vedere fragile agli occhi delle persone ed è per questo che senza esitare un secondo di più la trascino velocemente in camera. Non appena entriamo la vedo fiondarsi sul suo baldacchino iniziando a tirare pugni al materasso, sento una fitta al cuore e gli impegni della giornata svaniscono subito dalla mia mente, le mie sorelle vengono prima di tutto e vedere Ellie in quello stato è davvero orribile. Mi siedo affianco a lei cercando di tranquillizzarla, le passo una mano sulla schiena nel tentativo di darle conforto, sembra funzionare, anche se in minima parte, perché poco dopo la sento avvinghiarsi alla mia vita, la scena mi ricorda molto gli avvenimenti di pochi mesi prima, solo che ci trovavamo nella stanza delle necessità e i ruoli erano invertiti. Al tempo lei mi era stata di grande aiuto ed io volevo fare lo stesso per lei ora qualunque cosa fosse successa, perché è questo che fanno le sorelle, si sostengono nel momento del bisogno. «El, calmati e respira» Le dico con tono gentile mentre singhiozzi e balbettii vari le escono dalle labbra. La stringo più forte a me ed è allora che finalmente riesce a farsi coraggio e a buttare fuori le parole per spiegare ciò che è successo. «L'hai lasciato? Perché? Ti ha fatto del male El?» Il mio tono di voce basso e preoccupato viene quasi sovrastato dal caos fatto da Vanja nell'entrare in camera, sembra essere arrivata al momento giusto, difatti riesce a sentire le parole di nostra sorella e a suo modo, seppur in maniera un po' troppo dura, cerca subito di darle conforto. «Noi siamo qui con te, va tutto bene ora. Non ti trattenere e spiegaci subito che è successo» Guardo Vanja per qualche frazione di secondo, so bene che con lei basta uno sguardo per intenderci e in quel momento il mio vuole tacitamente chiederle di "non esagerare" e "non essere troppo dura", perché non è ciò di cui Ellie ha bisogno in quel momento e per quanto in futuro il carattere duro di Vanja le servirà per affrontare la cosa in maniera decisa, al momento ha solo bisogno di qualcuno accanto a lei che la capisca e la faccia sfogare.

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    Danielle Richards | I anno | Corvonero


    Mi strinsi disperatamente a Skylee piangendo disperatamente sia fuori che dentro, sentivo distintamente le parti del mio cuore infrangersi pezzo dopo pezzo e dolermi in una maniera che avrei stentato a credere. Il respiro mi mancava, sovente andavo in una sorta di apnea mentre rumorosamente annaspavo alla ricerca di ossigeno per i miei polmoni infiammati.
    «L'ho lasciato» ripetei tra le lacrime in un urlo di disperazione mentre sentii una seconda mano, fredda, posarsi sulla mia coscia ed un secondo tonfo sul letto, Vanja. Le mie sorelle erano entrambe lì che mi avvolgevano con il loro amore e la loro preoccupazione. Continuai a piangere disperatamente cercando di buttare fuori tutto il dolore che provavo mentre le mani delle mie sorelle mi accarezzavano dolcemente la pelle spronandomi a liberarmi da tutto il tormento che provavo.
    Solo dopo un tempo che parve infinito mi staccai da Sky, il corpo ancora scosso dai forti sussulti del pianto. Mi passai una mano sugli occhi, sfregandoli, allontanando le lacrime che mi appannavano la vista. Mi bruciavano da morire ed ero sicura fossero arrossati e gonfi.
    Cercai di mandare giù un grosso groppo di saliva mentre una delle due mi porgeva un bicchier d'acqua mentre l'altra mi passava delicatamente sul viso un fazzoletto intinto dei residui neri di mascara.
    «Ho lasciato Liam» dissi a fatica, fissando un punto indefinito davanti a me. Le mani strette attorno al bicchiere. «Ho dovuto farlo.»
    Il mio sguardo si posò sul cestino che indicai con l'indice teso e tremante, mi alzai, l'equilibrio precario e mi fiondai sul cestino recuperando i fogli accartocciati che avevo buttato qualche ora prima.
    Li spianai alla bell'e meglio girandoli verso di loro a modo che potessero leggere nonostante le pieghe e dalla tasca posteriore del jeans estrassi la lettera di mia madre che andava ad abbinarsi ai fogli spiegazzati.
    I fogli accartocciati erano i moduli di trasferimento da Hogwarts per Durmstrang, pre-compilati con entrambe le firme dei miei genitori poste in calce. Nella lettera mia madre spiegava che, insieme a mio padre, avevano deciso che fintanto che la relazione con Liam sarebbe andata avanti non avrei potuto continuare a frequentare il castello ma che mi sarei trasferita entro breve a Durmstrang. Se mi fossi rifiutata avrebbero sporto denuncia andando direttamente dalla preside richiedendo il licenziamento di Liam, della preside stessa e di chiunque avesse coperto un simile comportamento riprovevole. Sarebbero andati persino al ministero, ai giornali, da chiunque! Per denunciare cosa accadeva al castello. Non potevo permetterlo, la carriera di Liam e il suo futuro erano nelle mie mani. I miei genitori in quanto professionisti nel settore avevano una certa influenza e avrebbero utilizzato tutti i loro contatti per rendere la sua vita un inferno. Ma questo a Liam non lo dissi.
    «Mi avrebbero mandato a Durm» mormorai con voce flebile «E gli avrebbero rovinato la vita.» singhiozzai ma non avevo altre lacrime da piangere. «Non volevo farlo, davvero. Io lo amo...» un fitta mi pulsò al centro del petto «Ma lui è sparito per un mese, senza dirmi nulla... di nuovo! Come posso pensare di avere un futuro con lui se sparisce così?» chiesi retorica mentre le mie dita strappavano nervosamente il fazzolettino. Sapevo che Liam voleva una famiglia e dei figli, ne avevamo parlato più o meno nonostante la mia repulsione «Non ce la facevo più» mi presi la testa tra le mani dondolandomi. Non ero sicura le mie sorelle stessero capendo ciò che stavo dicendo loro, non mi rendevo conto che i miei discorsi erano stentati e sconclusionati. Meglio di così non ero capace.
     
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    Skylee Métis | II anno | Corvonero


    Non avevo mai visto mia sorella così disperata. Le lacrime che le solcavano il viso sembravano non finire mai, per troppo tempo si era tenuta tante cose dentro ed ora le sue emozioni la stavano investendo con forza, causando in lei uno scoppio improvviso. Quando vidi i moduli stropicciati per il trasferimento quasi non credetti ai miei occhi, ma erano lì, tutti belli compilati e pronti all'invio ufficiale. «Per la barba di Merlino. Cosa vorrebbero dire questi fogli?» Una spiegazione confusa e singhiozzante giunse poco dopo. Se avevo capito bene qualcuno l'aveva minacciata di cacciarla dalla scuola per spedirla a Durmstrang e nel farlo avrebbero rovinato pure la reputazione del professore. «Chi ti ha detto ciò? Sono stati i tuoi?» Chiesi con sguardo apprensivo. A giudicare dalle firme sui moduli cartacei dovevano essere loro i mandati di tale ultimatum, o per lo meno concordavano con chiunque l'avesse fatto, viste le prove che tenevo in mano. «Perché farti una cosa del genere?» Proprio non capivo cosa ci fosse di male nella loro relazione. Avevano sì molti anni di differenza e lui era il suo professore, ma se si amavano davvero il resto non avrebbe dovuto influire sulle loro vite. Per di più Ellie era maggiorenne e aveva tutto il diritto di fare ciò che voleva della sua vita. «Sei sicura che non si possa trovare una soluzione al problema?» Le domandai passandole una mano sulla guancia, continuava a piangere e per quante lacrime cercassimo di asciugarle ce n'erano altrettante pronte a prendere il loro posto. La strinsi forte a me facendole posare la testa sul mio petto, volevo che sentisse quanto noi le fossimo vicine e che l'avremmo sostenuta in ogni sua decisione, dopotutto le sorelle servono a questo e solo nel momento del bisogno si vede chi c'è davvero e chi invece non è altro che una comparsa passeggera del lungo cammino che è la vita.


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    Sky anticipa le domande di cui necessitavo risposta. Ellie ha lasciato Liam perchè glielo hanno imposto. Incredula taccio, ascolto e la osservo. Sospiro seduta sul letto con la mano che crea contatto. So che ha bisogno di molto di più. Sua madre è sempre stata una donna che impone e difatti ha minacciato di trasferirla. Questo discorso me lo aveva già accennato, le avevo risposto duramente ovvero che lei doveva decidere per se stessa. Probabilmente i genitori avevano agito a livello psicologico portandola a pensare che la situazione andava sistemata o finiva davvero in un'altra scuola. D'altro canto avevo ragione, Liam era scomparso di nuovo. Una vena di nervosismo verso la sua figura mi irrita le tempie ma non è questo il momento adatto per dirne di cotte e di crude, no, non è il momento adatto per esporre il mio pensiero verso il professore.
    Alla vista delle lettere un brivido mi percorre la schiena. Davvero? Davvero l'hanno messa alle strette o in altro modo minacciata?
    Gli occhi di Ellie sono arrossati, la faccia rigata. Cerca di bere un goccio d'acqua e il trucco è completamente andato. Farnetica che lo ama, la vedo agitata. E' normale anche se non posso assolutamente vederla così. Skylee la tira verso di sè, la testa di Ellie si poggia sul suo petto, non ci penso due volte mentre la sua dolce voce domanda se c'è una soluzione a tutto ciò. Mi avvicino e metto da parte la rigidità, circondo Ellie con il mio braccio e con l'altro interseco la spalla di Skylee. Se ci fosse qualcuno in questa stanza vedrebbe tre persone incollate insieme. Il significato di questo intreccio è incredibile, ciò che ci lega è qualcosa di inspiegabile. El, noi possiamo aiutarti in qualche modo? domando titubante. Mi riferisco alla sua relazione andata in frantumi o alla situazione famigliare. Mi domando se i suoi genitori ora che hanno raggiunto lo scopo torneranno a trattare la figlia come sempre o se porteranno rancore schernendola o deridendola. Ellie è una studentessa brillante, figlia di medici, ha un cervello che funziona, mi auguro che apprezzino e siano fieri di una figlia del genere. Siamo quì sono quì mormoro socchiudendo gli occhi e appoggiando il mento sulla sua spalla. Il profumo di ammorbidente coccola anche me, in quella tristezza sento odore di casa.
    Le opzioni sono due: la sua relazione con il professore è morta e irrecuperabile per via delle imposizioni oppure avranno modo di coltivare il loro sentimento in un alto momento che non è questo.
    Il tempo guarirà il tuo dolore, El aggiungo. E' sveglia, lo sa, ma non faccio a meno di fornirle questa sicurezza per aiutarla a vedere meno nero. Eppure so che le parole in questo momento vengono soffocate dal dolore al cuore. So che.. che qualsiasi cosa diremo non sarà di grande aiuto ora.. dico in un sussurro, la mia voce è calda. Però faremo di tutto, io e Skylee per aiutarti. E' una promessa. Non c'era bisogno di dirlo. Era sottinteso per me. Però è anche vero che non mi sono mai piaciute le cose non dette perchè c'è sempre una piccola probabilità che chi è di fronte non comprenda o non sia sufficientemente convinto. Ellie è confusa ora come ora, non mi aspetto che sorrida o dica qualcosa, io e mia sorella glielo dimostreremo. E' questo il momento in cui il nostro legame deve essere più forte che mai: aiuteremo Ellie a non autodistruggersi.
    Autodistruzione. Parola molto interessante ma anche molto vera. Del resto si tende a negare la tendenza a tale conclusione ma spesso le persone ci arrivano senza nemmeno rendersene conto. O se ne accorgono troppo tardi. Provato sulla mia pelle.
    Non mi sento di dire altro, rimango avvinghiata a loro, sento il calore del corpo di Ellie avere la mia stessa temperatura, le mie dita biancastre si ancorano ancora sul corpo di Skylee. Alzo il mento in sua direzione annuendo silenziosamente, ci siamo capite. Non abbiamo bisogno di dircelo.
     
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    Danielle Richards | I anno | Corvonero


    Come previsto le vedo sbarrare gli occhi, le dita di Skylee si allungano a prendere i fogli esaminandoli mentre tiene le dita dell'altra mano premute sulle labbra. Ebbene si sono dei miei, annuisco incapace di parlare di primo acchito per poi cercare di abbozzare una spiegazione abbastanza stentata.
    Scuoto il capo alla sua domanda. «Mia madre ha sempre voluto che mi concentrassi prima sulla carriera. È andata fuori di testa quando Liam si è presentato come il mio ragazzo, figuriamoci poi... un uomo di quasi quarant'anni.» altre lacrime scendono, Vanja osserva i fogli con due enormi occhi sconvolti, il loro grigiore è sempre più simile ad un cielo in tempesta man mano che passano i minuti.
    «No Sky... non c'è nessuna soluzione. Ho provato a farla ragionare in tutti i modi, i miei sono coalizzati. Persino mio padre è d'accordo.» Mi stringo le braccia attorno alle ginocchia, il dolore al petto è incontrollabile e mi inghiotte come una profonda e oscura voragine.
    «E non posso tornare da lui... Mai più. I-io l'ho» le parole mi muoiono in gola mentre un nuovo singulto più potente mi scuote nel baldacchino «L'ho tradito» ammetto infine. «Non potrò mai tornare da lui senza prima dirglielo e lui non lo accetterebbe mai. So com'è fatto... Ma non avrei mai potuto lasciarlo altrimenti. Se non l'avessi fatto non sarei mai riuscita a chiudere con lui» mi vergognavo profondamente di ciò che avevo fatto ma era tristemente così. Liam era testardo e su alcuni argomenti non avrebbe mai e poi mai fatto eccezioni, non avrebbe mai capito il gesto dei miei genitori e si sarebbe lasciato rovinare tutta la sua brillante carriera per me. Non avrei mai potuto accettarlo. Non sarei riuscita a vivere con quel senso di colpa per una relazione di appena cinque mesi. Si era svolto tutto in maniera così affrettata che al solo pensarci sentivo la testa ruotare velocemente dandomi le vertigini. Tutto. Troppo. In fretta.
    Vanja finalmente parla e la sua voce non è mai stata così dolce nei miei confronti come in questo momento. Le lacrime continuano a scorrere lungo il viso e mentre lo scuoto vigorosamente in risposta, qualcuna sfugge via cadendo chissà dove.
    Poggio la testa contro la sua mentre i fremiti continuano a scuotermi ed un avvenimento più unico che raro succede: la rossa ci avvolge insieme in un abbraccio. Non siamo mai state unite come in questo momento avvinghiate l'una all'altra a sostenerci. Il nostro legame che si cementifica. Siamo una cosa sola. Un cuore solo che batte all'unisono.
    «Grazie» pigolo stringendomi a loro, attingendo al loro calore vitale.


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