The Danish issue

Sønderborg, Danimarca - pvt

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    Danielle Richards | I anno | Corvonero


    Ore 00.50 del 3 Gennaio, Sydney, Australia.

    Erano stati giorni incredibilmente meravigliosi. Subito dopo il glaciale pranzo dagli Hemsworth avevamo avuto modo di passare il resto della nostra vacanza come due piccioncini. Liam mi aveva smaterializzato insieme a lui in ogni angolo di costa australiana e un paio di volte mi aveva persino convinto a salire sulla tavola da surf... con risultati beh, a mio avviso disastrosi mentre per il suo incredibile ottimismo “su cui lavorarci”. Io ne ero scettica ma lo lasciavo divertire a tentare di insegnarmi qualcosa nonostante cadessi puntualmente in acqua dopo appena un minuto in piedi. I giorni erano così trascorsi tra risate spensierate, parole sussurrate nelle flebili prime luci del mattino, carezze e baci travolgenti. Fino ad oggi. Sospirai. Nervosa. I palmi delle mani sudate mentre me li passavo sui jeans scuri che fasciavano le mie gambe irrequiete.
    «Metti la camicia azzurra... T-ti da un’aria più...» non conclusi, mi stavo torcendo le mani. Mi alzai di nuovo dal letto, incapace di stare ferma ad osservare semplicemente Liam che si vestiva - spettacolo che di solito mi intratteneva alla perfezione - e presi a camminare su e giù per la camera d’albergo scuotendo le mani ed emettendo piccoli mugolii di frustrazione. Era il gran giorno o meglio... lì in Australia si sarebbero apprestati a iniziare la giornata del 3 gennaio mentre noi, tramite una passaporta, saremmo tornati indietro nel tempo al pomeriggio del 2 ma a Sønderborg, in Danimarca, dai miei, e lì Liam, avrebbe fatto la conoscenza ufficiale dei coniugi Richards, nonché i miei genitori. Che magia babbana il fuso orario!
    «Okay, abbiamo tutto» borbottai, la voce tesa, mentre mi guardavo in giro per la stanza. Avevo messo a soqquadro ogni cosa mentre preparavo nuovamente la valigia per partire. «La passaporta si attiverà all'una in punto perciò vestiamoci... lì fa freddo» ripetei l'ovvio. Liam stesso aveva incantato la passaporta con un semplice Portus in quanto io non ne ero ancora capace e avevamo stabilito insieme posto e orario ma ero troppo nervosa per controllarmi e la premonizione di Anita continuava a ronzarmi per la testa annebbiando i pensieri.
    Infilai il giubbotto e la sciarpa e nel caldo torrido australiano stavo già morendo di caldo ma in pochi minuti saremmo finiti al gelo dei pochi gradi danesi. Afferrai il mio cappello di lana incantato e chiusi gli occhi mentre l'orologio sulla parete segnava esattamente l'una di notte.

    Ore 15.00 del 2 Gennaio, Sønderborg, Danimarca.

    Sentii come se un gancio si aggrappasse all'ombelico e mi strattonasse in un vortice, mi sembrò eterno, ma nel giro di qualche secondo sentii bruscamente il terreno sotto il mio sedere. Chiusi gli occhi e portai una mano alla bocca cercando di fermare il conato di vomito che stava minacciando di trovare sfogo. «Non mi lamenterò più dell'aereo» borbottai infastidita. Al momento non c'era mezzo magico che il mio stomaco sembrasse tollerare. Liam mi aiutò ad alzarmi e stringendo la sua mano ci incamminammo verso l'hotel prescelto dove dopo un veloce check in lasciamo i bagagli in camera. «Sei sempre convinto?» gli chiesi accennando un sorriso tirato mentre l'ascensore ci portava al piano terra «Ultima possibilità di scappare!» cercai di ironizzare ma la voce leggermente stridula e tremante ingannava quella falsa sicurezza.
    [...]
    Arrivammo di fronte casa dei miei, un piccola villetta con un modesto giardino ricolmo di arbusti di rose al momento spogli. Estrassi le chiavi, aprendo il cancelletto e condussi Liam per quello che era il vialetto di ingresso. Nonostante la mia famiglia fosse benestante casa mia non aveva nulla a che vedere con la villa degli Hemsworth in Australia. Mi strinsi nelle spalle e dopo un'occhiata carica di tensione suonai al campanello nonostante avessi le chiavi. Un rumore di chiavi nella toppa e immediatamente due forti braccia mi strinsero mentre la voce calda di mio padre mi accoglieva.
    «Ellie tesoro mio! Quanto mi sei mancata amore!» lo strinsi a mia volta di rimando affondando il naso nel maglioncino intriso del confortevole profumo di mio padre. «Danielle, tesoro» ed eccola lì, in tutto il suo splendore mia madre. Eravamo due gocce d'acqua, tranne per gli anni che fisiologicamente ci dividevano, la stessa tonalità di pelle ambrata, i capelli scuri quasi neri e gli incredibili occhi gialli che discendevano dal suo ramo familiare. Avvolta nel suo vestito elegante Dakota Johnson era la perfetta immagine della donna in carriera, e lo era, un cardio-chirurgo rinomato nell'ambiente babbano. Mi strinsi a lei e fu proprio in quel momento che mio padre mi riportò con i piedi per terra. «Per la barba di Merlino!» lo sentii letteralmente trattenere il respiro «Danielle! Che ci fa il Fulmine Dorato sul pianerottolo di casa mia?! Entrate, entrate!» mi sentii spingere dentro e supposi che anche Liam stesse ricevendo lo stesso trattamento da mio padre.
    Ci ritrovammo seduti sul divano mentre mio padre incalzava Liam di domande sul Quidditch, sulla sua carriera e del perché si fosse ritirato così presto. Strinsi le labbra mentre mia madre mi porgeva una tazza di thè fumante e squadrava Liam socchiudendo gli occhi gialli, era come assorta, come se stesse cercando di ricordare qualcosa.
    «Elle, tesoro, dimmi... per quale ragione abbiamo niente po' po' di meno che Liam Hemsworth nel nostro salotto?»
    «E-ehm» balbettai incapace di proferire parola.


    Edited by .Ellie - 27/2/2021, 02:59
     
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    Sapevo che a breve sarebbe giunto il momento di conoscere i suoi genitori, così come sapevo che non sarebbe stato affatto semplice dirglielo proprio davanti a loro. Non sapevo ancora bene se Ellie aveva qualche idea su come fare, se voleva che fossi io a farlo perchè non se la sentiva. Non potevo ancora rendermene conto, perchè dovevo aspettare di vedere come si sentiva. Gli ultimi momenti in Australia stavano per giungere al termine. Ci stavamo preparando per il grande giorno, con lei che mi proponeva di mettere la camicia azzurra, anche se era chiaro che era particolarmente agitata. Va bene metto quella. Le dissi, dandole una carezza sul viso, cercando di tranquillizzarla, ma difficilmente ci sarei riuscito. Quando entrambi fummo pronti a partire, mettemmo qualcosa di pesante, anche perchè la Danimarca non aveva di certo lo stesso clima che c'era qui in Australia.
    Presa la passaporta ecco che il paesaggio cambiò radicalmente, divenendo molto più freddo. L'arrivo non fu dei migliori per Ellie, che si ritrovò seduta a terra, l'aiutai a rimettersi in piedi. Facciamo si più veloce ma ci sono degli inconvenienti ogni tanto. Passaporte e smaterializzazioni erano di certo un modo di spostarsi molto rapido, ma creavano anche qualche malumore per chi non ne era abituato all'uso. Arrivammo così all'Hotel lasciando le nostre cose prima di dirigerci dai suoi. Certo. Le dissi sicuro, alla domanda se ne ero sempre convinto. Non ho bisogno di scappare, se ho te al mio fianco. Sapevo bene che aveva bisogno di essere rassicurata, perchè vedevo che era chiaramente agitata. Durante il tragitto la fermai, tirandola a me con la mano. Credi in noi? Se la risposta è si non devi temere nulla, perchè supereremo tutto insieme. Non sapevo bene quanto queste parole potessero effettivamente esserle utili, ma speravo di rassicurarla un po', renderla meno ansiosa e agitata. Le diedi un bacio sulle labbra, sorridendole, prima di riprendere il cammino verso casa dei suoi. Per non creare subito all'allarmismo, decisi di lasciarle andare la mano, raggiungendo così la villetta dei suoi genitori. Vedevo che Ellie aveva la chiave, così aperto il cancelletto, percorremmo il vialetto per poi arrivare davanti all'entrata vera e propria. Invece di aprire lei con le sue chiavi, perchè era chiaro che le avesse, suonò il campanello, attendendo l'arrivo dei suoi genitori.
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    In poco tempo ecco che la porta si apri, con la comparsa dei suoi genitori. Rimasi leggermente più indietro rispetto a lei, che ovviamente venne accolta con grandi abbracci, com'era giusto che fosse. Le attenzioni iniziali furono tutte per lei, fino a quando il padre non chiese cosa ci facevo io, soprannominandomi con il nome che avevo da giocatore, sul pianerottolo di casa sua. Permesso, buongiorno a tutti. Affermai entrando e salutando suo padre e sua madre. Grazie per l'accoglienza. Continuai, prima di togliere il giaccone pesante, per poi sedermi con loro sul divano di casa. Quello che più si interessò a me fu il padre, che sapevo essere un fan sfegatato di Quidditch, quindi ero arrivato già preparato a ricevere diverse domande. Non c'è mai un età giusta per decidere di smettere, ma sono arrivato al punto da capire da me che era giunto il momento di fare altro, di mettere le mie conoscenze per aiutare gli altri ad amare questo sport. Ovviamente la domanda del perchè avevo smesso di giocare sapevo che sarebbe arrivata, come non poteva. Nella mia carriera ho vinto quello che m sono immaginato quando ho iniziato ad essere un giocatore professionista, quindi mi sono ritenuto più che soddisfatto della mia carriera. Beh a parlare era sicuramente più il padre di Ellie, mentre la madre rimaneva particolarmente in silenzio, continuando a fissarmi, certo metteva un po' in soggezione, ma ancora entrambi non sapevano ciò che avevamo loro da dirgli. Fu proprio il padre ad incamminare la discussione verso quel preciso argomento, chiedendo ad Ellie la ragione per la quale io mi trovavo nel loro salotto. Osservai Ellie, era di certo super agitata, tanto da balbettare qualcosa, senza realmente parlare. Aveva difficoltà nel farlo, lo sapevo bene, così decisi di prendere la parola io, portando l'attenzione su di me. Signori Richards, c'è un motivo ben preciso se io mi trovo qui con vostra figlia. Mi piace essere diretto quando parlo, così lo sarò con voi. Affermai prendendo la mano di Ellie tra le mie. Io e Danielle stiamo insieme da qualche tempo. Chiamarla Ellie sarebbe stato un po' troppo, così optai per il suo nome completo anche perchè avrebbe fatto di certo tutt'altra figura rispetto al suo diminutivo. Ora sicuramente sarebbe arrivata la parte difficile, dolorosa, ma entrambi lo sapevamo bene.
     
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    Danielle Richards | I anno | Corvonero


    Se mai io o qualcun altro nella vita si fosse mai domandato perché fossi finita a Corvonero e non a Grifondoro allo smistamento avrebbe ricevuto risposta proprio in quei brevi attimi che intercorsero tra la domanda di mio padre e la pronta risposta di Liam.
    Mi ero bloccata, pietrificata dal terrore e adesso ero lì che fissavo i miei genitori incapace di esprimermi con una frase di senso compiuto. I miei genitori ci fissavano. Mio padre era comodamente seduto sulla poltrona singola, un braccio adagiato sul bracciolo mentre su quello di destra, appena appoggiata con le mani unite vi era mia madre che ci stava ancora studiando con quei terribili occhi giallo canarino che ci accumunavano.
    «Ehm» borbottai ancora mentre il sorriso sulle labbra di mio padre si faceva più largo e incoraggiante in attesa di sapere come mai uno dei suoi idoli sportivi era seduto accanto a me sul divano.
    Oh no, no no no no. Ed eccolo lì il panico, mentre Liam dall'alto del suo puro coraggio da Grifondoro si prendeva la briga di fare esattamente quello che io non ero capace di fare. Sentii la sua mano farsi strada e stringere le mie dita tremanti nella sua presa solida e calda. Nessun minimo dubbio. Nessuna esitazione.
    «Io e Danielle stiamo insieme da qualche tempo.» disse con sicurezza scandendo bene le parole. Ci fu un lungo silenzio. Mio padre si sfilò lentamente gli occhiali, potevo leggergli perfettamente in faccia la sua espressione combattuta mentre ripuliva le lenti dallo sporco.
    «Beh tesoro, avrei immaginato più qualcuno della tua età» stava cominciando a dire quando mia madre lo interruppe posandogli una mano delicata sulla spalla. «Lei non è forse un docente ad Hogwarts?» l'aveva posta come una domanda, ma era tutto fuorché una domanda. Il suo sguardo dapprima pensieroso si era in un lampo schiarito dopo la dichiarazione di Liam ed ora quello sguardo giallo e fiammeggiante lo stava investendo. Annuii e lo stesso fece lui rispondendo a mia madre.
    «No» disse lei semplicemente. Scosse brevemente il capo socchiudendo gli occhi e velando per un attimo quegli incredibili fanali con le ciglia nere. Sgiunse le mani mani afferrandosi gli avambracci e staccò la schiena dal bracciolo della poltrona dove anche mio padre giaceva impassibile.
    «Aspetta!» la fermai ritrovando la voce «Cosa vorrebbe dire "no"?» sbottai, il tono più alto del dovuto. Mia madre sollevò lo sguardo gelandomi.
    «Questa cosa non deve esistere Danielle. È un tuo insegnante, è inappropriato. Eviterò di sporgere denuncia per...»
    «Sporgere denuncia? Denuncia per cosa?!»
    «È chiaro che tu sia stata circuita da quest'uomo altrimenti non parleresti a questo...»
    «Io non sono stata proprio un bel niente!» urlai alzandomi in piedi dal divano, sentivo la collera montarmi dentro «Io lo amo. È una mia scelta» dalle labbra di mia madre fuoriuscì un breve riso di scherno.
    «Non osare ridere» lo sguardo di mia madre si sollevò sprezzante «Devo ricordarti com'è andata l'ultima volta con quel Stefan
    «Stephen» la corressi, più forte di me «Stephen non c'entra nulla! È diverso!»
    «Ti spezzerà il cuore nello stesso identico modo e cosa avrai rimediato? Una perdita di tempo per la tua carriera, i tuoi studi. Focalizzati Danielle, rimani concentrata, usa il cervello non gli ormoni» rimasi spiazzata. Vidi che Liam di fianco a me stava per replicare, ma Dakota fu più veloce e implacabile.
    «Da Lei non voglio sentire un'altra parola di più» fece in direzione di Liam, l'indice ammonitore alzato «Reputerò la cosa conclusa qui se lei se ne andrà da casa mia e dalla vita di mia figlia, altrimenti... Non ci penserò due volte a richiedere un colloquio dalla preside.» Scossi il capo, gelata e incapace di replicare. «Dakota calmati»
     
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    Quando avevo preso la sua mano, pronunciando quelle parole, ero ben conscio a cosa andavo incontro. Non a caso avevo detto continuamente si per incontrare i suoi genitori, perchè io credevo con tutto me stesso nella nostra relazione. La reazione del padre mi colpì abbastanza perchè solitamente erano loro i più attaccati alla proprio figlia, ancor più se unica, invece, lui fu molto più composto della madre. Soffermarsi ad un, mi aspettavo qualcuno più della tua età non era proprio la risposta che mi sarei aspettato di sentire. La madre ovviamente era tutt'altra cosa perchè parti subito in quarta, chiedendomi in maniera ovviamente retorica, se ero un docente di Hogwarts. Mantenni lo sguardo fisso nei suoi occhi, perchè non avevo la minima paura di ciò che io e sua figlia stavamo costruendo, ne adesso ne mai. Non sarebbe di certo stata lei a farmi cambiare idea, ma solamente una decisione presa tra me ed Ellie. Andai ad annuire con il capo, non perdendo di vista il suo sguardo, mantenendolo con fermezza. Dopo questa mia risposta silenziosa iniziò il vero caos, anche perchè non mi sarei mai aspettato da Ellie una così tale fermezza, una presa di posizione tale, da dire chiaramente davanti ai suoi genitori di amarmi, che era stata una sua scelta, senza essere minimamente condizionata. Io ero li, al suo fianco, pronto a replicare, ma era chiaro che attualmente la discussione verteva tra loro due, mentre ne io ne il padre sembravamo presi in considerazione. Nella mia mente c'erano già diverse idee, diverse soluzioni che la madre avrebbe potuto prendere, chiedere un colloquio con la preside, togliere la figlia dalla scuola, ciò però non avrebbe mai fermato ciò che c'era tra di noi. La forza con cui Danielle rispose alla madre mi lasciò per alcuni attimi senza parole, non l'avevo vista così convinta, così intraprendente da andare contro a sua madre in un faccia a faccia. Wow.
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    Pensai, questa piccola scena, per quanto pesante poteva essere mi fece ancora più apprezzare la persona che avevo scelto al mio fianco, non avrei potuto fare scelta migliore. Ero persino arrivato al punto da replicare ad una frase della madre, ma questa mi intimò di non parlare. La voglia di dire la mia era molta e solamente il fatto che erano i suoi genitori ed eravamo a casa sua mi fermò dal prendere ugualmente la parola. Feci un profondo respiro, per tranquillizzarmi, anche perchè una piccola vena di frustrazione mi era apparsa, nascosta in gran parte dalla camicia azzurra. Quando mi venne data una scelta, lasciare per sempre in pace sua figlia o continuare andando incontro ad un colloquio con la preside, la mia presa di posizione fu netta, istintiva, senza minimamente il dovere di doverci pensare. Lei, signora Richards, pensa che io sia venuto fin qui, accettando di conoscere i genitori di Danielle, senza la consapevolezza di ciò che avrebbe portato tutto ciò? Crede che io metta da parte dei sentimenti veri per sua figlia di fronte ad una minaccia di colloquio con la preside? Mi spiace molto ma si sbaglia di grosso, perchè se ancora non è ben chiaro, io Amo sua figlia, come lei Ama me. Nessuno ha costretto nessuno, è nata questa relazione e la porterò avanti nel migliore dei modi, dando sempre il meglio per Danielle. Feci una breve pausa non perdendo di vista lo sguardo di sua madre, passando ogni tanto a suo padre che cercava di calmare la moglie. Avrei potuto tranquillamente chiedere a Danielle di aspettare di far passare del tempo, invece no, siamo qui davanti a voi, consci dell'amore che proviamo l'uno per l'altro. Non avevo null'altro da aggiungere, anche perché pensavo di essere stato abbastanza esaustivo. Mi rivolsi solamente al padre per una semplice frase. So che la nostra età è differente, ma se non provassi veramente i sentimenti che provo per lei non avrei mosso neanche il primo passo, lasciando le cose come stavano. In tutto quello, avevo cercato di tenere la mano di Ellie tra le mie, cercando di darle sicurezza, perchè sapevo che per lei era sicuramente un duro colpo e le parole della madre dovevano averla colpita più di quanto potessi immaginare.
     
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    Danielle Richards | I anno | Corvonero


    «Calmati Dakota» sussurrò mio padre alzandosi dalla poltrona e cingendo le spalle di mia madre. Si guardarono brevemente negli occhi in quello che sembrò essere uno scontro non verbale. Dagli occhi dorati di mia madre era possibile intravedere i lampi della sua collera, mentre gli occhi neri di mio padre la invitavano a non lasciarsi andare alla collera. Le spalle di mia madre si abbassarono come tutte le volte in cui i due si trovavano a discutere. Mateo Richards era il perfetto disinnescatore delle collere sia mie che di mia madre. Ma Liam decise di prendere parola proprio in quel momento, le mani che ancora chiudevano la mia che si era stretta a pugno.
    La sua voce all’apparenza era calma ma io lo conoscevo ormai fin troppo bene e percepivo distintamente l’irritazione di fondo nelle sue parole, la rabbia contenuta esclusivamente per il mio bene. La stretta delle sue dita parlava chiaro, lo avevo fatto io stessa poco prima stringendo le sue mani come valvola di sfogo e in parte ora quella stretta la stavo percependo anch’io.
    Mia madre si voltò verso di lui, le braccia serrate al petto e lo sguardo velato dagli occhi socchiusi in una smorfia di pura irritazione nei confronti di Liam. Sbuffò un verso di scherno quando lui le sottolineò i sentimenti che provavamo reciprocamente e la odiai per questo. La odiai per la sua incapacità di prendere sul serio per una singola volta ciò che provavo. Doveva sempre metterci la bocca e vomitare il suo disprezzo o la sua altezzosità. Lei avrebbe fatto meglio, lei avrebbe scelto meglio, lei era la perfetta Dakota Johnson quella che non sbagliava mai.
    «Ora capisco il perché di quei voti bassi» asserì mia madre con disprezzo. «Solo Accettabile in Trasfigurazione» scosse il capo «Vergognoso!» continuò a scuotere mentre le sue labbra diventavano una linea sottile. «Stai mettendo da parte la tua carriera brillante per un uomo, ti stai deconcentrando dal tuo obiettivo, Danielle. Che delusione! Correre dietro ad un uomo e ed cosa poi?!» Il suo palmo aperto indicava con sdegno Liam e m’irrigidii a quelle parole, mi sentii gelare incapace di replicare ad una sola singola parola. La mia presa nelle mani di Liam si perse e rimasi di stucco mentre percepivo distintamente i miei occhi pizzicare. Ero stanca di quella battaglia ed ero stanca di sentirmi il mondo contro ovunque andassi. «Dakota ora basta! Basta così!» intervenne mio padre finalmente prendendo parola.
    «Signor Hemsworth se si aspettava che noi potessimo approvare così su due piedi si sbaglia di grosso»
    «Non approveremo mai questo comportamento riprovevole» intervenne ulteriormente mia madre girando il coltello nella piaga. Mio padre le intimò il silenzio con un’occhiata inceneritrice. Non sembrava pensarla in maniera così drastica ma non lo avrebbe nemmeno accettato così facilmente.
    «Liam andiamo via ti prego» pigolai con voce tremante sull’orlo del pianto. E così lui fece.


    CITAZIONE
    CHIUSA.


    Edited by .Ellie - 25/4/2021, 18:20
     
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