Green light

Privata; Raelle.

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    Dicembre 2020


    YhwTUcY
    E' tardi. Sono passate da poco le dieci di sera e non manca tanto al coprifuoco, eppure ancora non ho sonno. L'ho vista, al banchetto. Era seduta tra i verde-argento: gli astuti, gli intraprendenti, gli ambiziosi. Era stata questa la descrizione del Cappello Parlante. Mi erano giunte voci, però, che riguardavano altri aspetti del loro carattere: la loro determinazione era spesso affiancata da un certo disprezzo per le regole. Autoconservazione, dicevano.
    Sfioro la parete fredda di pietra parzialmente illuminata dalla luce fioca delle fiaccole. Malgrado tutto, qui, abbia un fascino antico, mi ritrovo a chiedermi il perché di tanta oscurità. Non è forse al buio che si concretizzano le paure peggiori? E' volontà della scuola stessa, quella di preservare questa sorta di aura di mistero che caratterizza i sotterranei? Mentre queste domande mi pervadono i pensieri, mi ritrovo ad osservare - da lontano - la chioma dorata che speravo di incontrare, prima o poi. Un lieve ghigno si delinea sul mio volto, ma lascio che si disperda immediatamente. «E' un labirinto, qui sotto.» commento, sfiorando un'ultima volta la parete fredda con i polpastrelli. Non ho ancora deciso cosa farò con lei, ma non posso lasciarmi sfuggire questa occasione.


    Edited by misty_eyes - 5/1/2021, 15:55
     
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    Quella sera, dopo la cena nella Sala Grande, Raelle si era defilata silenziosamente. Aveva avuto per tutta la durata del pasto la sensazione di essere osservata, ma benchè la prudenza non fosse mai troppa, riconobbe a se stessa di essere cresciuta in un contesto che poteva portare con sè una certa dose di paranoia. Quindi decise di non badarci, scambiando di tanto in tanto qualche battuta con la compagna di stanza, Ruth Van Eyck. Definirsi amiche sarebbe stato decisamente troppo, ma all’attuale stato delle cose era la persona con la quale sentiva di poter asserire aver legato di più. Per Raelle non era facile costruire delle amicizie, questo perché un po’ non le interessava, o per lo meno era quello che le piaceva credere, e un po’…
    Aveva passato il resto della serata rintanata in biblioteca, al tavolo più remoto della sezione dedicata alle muffe magiche, il piccolo libro dalla copertina consumata era sempre con lei. Ed era proprio su quel vecchio libricino che aveva trovato qualcosa di interessante: “Sphagnum Magellanicum”. Era uno degli ingredienti della pozione preparata da Wanda per lei, e a quanto pare pareva dover essere l’ingrediente principale.
    Fu la bibliotecaria a mettere fine alle sue ricerche per quel giorno, quando le fece notare che era arrivata l’ora di chiusura. Raelle le sorrise in modo un po’ forzato, sperando fosse risultato abbastanza gentile, ma non ne era sicura, dato la smorfia che le vide deformarle il viso rugoso. Raccolse le sue cose: calamaio, penna e pergamene varie, facendo molta attenzione affinchè la donna non notasse quel libro, proprietà della scuola e mai chiesto legalmente in prestito.

    Raelle si raddrizzò la tracolla sulla spalla destra, mentre finì di scendere le scale che portavano ai sotterranei. Sperò che se proprio avesse dovuto sostenere una conversazione con la Van Eyck prima di dormire, questa non cominciasse con un “Dove sei sparita?”. Non le piaceva troppo mentire, se le capitava di farlo era soltanto colpa delle domande sbagliate, o inappropriate, che le venivano rivolte. «E' un labirinto, qui sotto.» quella voce la riscosse dalle sue riflessioni, cogliendola impreparata. Poco più avanti, Raelle vide una ragazza dai capelli scuri. Inarcò un sopracciglio ed osservandola non potè evitare di notare il simbolo della casata blu-rame sulla sua divisa. ~ Non dovrebbe essere priorità di una corvonero sapersi orientare qui sotto. disse. Ed infatti la domanda sarebbe, cosa ci faceva lì a quell’ora? ~ A meno che tu non stia cercando qualcosa. aggiunse poggiandosi con la spalla contro la scura parete. ~ … ma attenta. Dicono che la curiosità uccise il gatto, o il corvo in questo caso.

     
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    Piego involontariamente le labbra in un sorriso, mentre alzo lo sguardo sul suo volto. Eccola qui, Raelle Warwitch. Ho passato così tanto tempo ad idealizzarla nella mia mente, che quasi non mi sembra vero di averla davanti a me, in carne ed ossa. L'ultima discendente della sua stirpe, la stessa stirpe che ha messo fine alla vita dei miei genitori.
    «Sai come siamo, noi Corvonero.» le faccio notare, alzando un sopracciglio, maliziosa. Mi faccio avanti il giusto per uscire dalla penombra e piego il capo, intenta ad osservarla. E' sfrontata e dà l'impressione di essere una persona decisa, ma l'apparenza può ingannare, in fondo. «E poi, perché no? Sapevi che c'è un'aula di Necromanzia da queste parti? Per non parlare delle cucine. La conoscenza è potere.» aggiungo infine, allargando un nuovo sorriso. «Tu ti ritieni fuori pericolo, quindi?» le domando, riferendomi al fatto che non sono poi l'unica a vagare per quei corridoi umidi e male illuminati. «Se è così, sono fortunata ad averti incontrata.» commento, guardandola negli occhi, ed immediatamente penso che, forse, ho commesso un errore nel non architettare un piano per mettere in atto la mia vendetta.
     
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    «Sai come siamo, noi Corvonero.» Facce toste, presuntuose, vagamente permalose ed esasperanti. Vere dita nel culo. O almeno questo era ciò che Raelle aveva potuto constatare nei suoi precedenti e poco fortunati incontri con la parte femminile della casata dell’ingegno. Casta dell’ingegno… i soggetti che aveva avuto il piacere di incontrare non le erano sembrati particolarmente intelligenti, tutt’altro… Raelle la vide venir fuori dalla penombra e per un attimo, osservandola alla luce, seppur debole, delle fiaccole alle mura, ebbe la stessa sensazione che aveva provato al banchetto quella sera. La cosa la irrigidì per un attimo, ma le parole che la ragazza pronunciò l’aiutarono a dissimulare immediatamente quella rigidità fulminea dei muscoli.
    ~ Su questo posto circolano un sacco di storie. Non è mia abitudine prestare attenzione a tutto ciò che si dice. rispose secca alle sue fantasiose prospettive di scoperta. Raelle era piuttosto scettica… la necromanzia non era materia per una scuola con Hogwarts, tuttavia… fra i fondatori di quel posto c’era stato anche Salazar Serpeverde, che non doveva essere proprio un tipo equilibrato. No, c’erano tutti i presupposti per suppore che fosse un uomo con diversi e mediamente gravi disagi.
    La osservò muoversi appena verso di lei, e quando le puntò lo sguardo negli occhi Raelle non potè evitare di percepire un certo magnetismo. Non le piacque. E la sensazione della cena si fece meno vaga. Non le piacque affatto.
    ~ Nessuno è fuori pericolo. disse schiarendosi la voce e distogliendo lo sguardo da quello della corvonero. Chi diavolo era quella ragazza? ~Io devo tornare al mio dormitorio, forse dovresti fare altrettanto. ebbe fretta di andar via, perché quella sensazione non voleva scrollarsi di dosso e probabilmente aveva solo bisogno di dormirci sopra. Prendere la sua pozione e dormirci sopra. Quindi fece per superare la sconosciuta.








     
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    Schiva. Ecco com'è, l'ultima delle Warwitch. Mi ritrovo a pensare che sarebbe più semplice acchiappare una folata di vento, piuttosto che riuscire ad avere una conversazione con lei e, se prima di incontrarla, avevo il sentore che l'impresa non sarebbe stata semplice, ora che l'ultima discendente di quella stirpe maledetta è davanti ai miei occhi, non posso che esserne sicura.
    «Oh, neanche io.» non tardo a dirle, piegando le labbra in un lieve sorriso. «E' per questo che sono qui. Volevo assicurarmi di persona che fosse tutto...reale D'altronde, se non fossi stata a conoscenza delle origini magiche dei miei genitori sin da piccola, persino tutta quella storia della magia mi sarebbe sembrata il frutto di inutili dicerie.
    «Ti senti minacciata, forse?» le domando, aggrottando lievemente la fronte. Probabilmente dovrebbe, se solo sapesse chi sono e il vero motivo per cui mi trovo qui, insieme a lei.
    Nel momento in cui le nostre iridi si specchiano le une in quelle dell'altra, sento la forte necessità di puntare il mio sguardo altrove, di fuggire. Ma non lo faccio e, per un momento, sembra quasi che l'altra abbia provato la mia stessa sensazione. E' così che, dopo avermi rifilato un'inutile scusa, tenta di defilarsi. E forse dovrei lasciarglielo fare, ma involontariamente mi ritrovo a trattenerla per l'avambraccio. Un gesto involontario al quale mi appresto a rimediare allentando subito la stretta. «Mi chiedevo, dato che il Castello è così pieno di pericoli...» ironizzo un po', prima di riprendere. «...ti andrebbe di accompagnarmi in cima alla Torre di Astronomia? All'Osservatorio, più precisamente.» specifico, cercando nuovamente il suo sguardo. «Giuro di non avere cattive intenzioni.» aggiungo, portando una mano al petto e un'altra a mezz'aria, imitando il gesto solenne di un vero e proprio giuramento. Non ancora, almeno. penso, fra me e me.
     
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    Qualcosa la trattenne. Qualcuno. Raelle si sentì afferrare l’avambraccio in una presa tanto lesta quanto dura. Così si bloccò e l’espressione sul suo viso si indurì. Raelle strinse il pugno, provocando la contrazione volontaria dell’avambraccio. Volontaria perché quella tensione doveva passare come una scarica elettrica alla mano che aveva osato bloccarla. La corvonero dovette rendersi conto che il suo gesto non era stato affatto una mossa saggia, perché la presa si allentò. Solo allora Raelle si voltò nuovamente a guardarla. «Mi chiedevo, dato che il Castello è così pieno di pericoli...» Una premessa. Raelle aveva potuto costatare che le premesse venivano fatte o per mettere le cose subito in chiaro, oppure per allungare la strada che portava al punto. Osservò la ragazza che aveva abbassato lo sguardo e si era presa una breve pausa dopo aver fatto quella premessa. «...ti andrebbe di accompagnarmi in cima alla Torre di Astronomia? All'Osservatorio, più precisamente.» no. Mettere in chiaro non sembrava proprio nelle sue intenzioni. Fu sollevata quando finalmente lasciò andare la presa dal suo braccio; sollievo che mostrò col gesto di portarselo al petto, mentre l’altra mano massaggiò velocemente il punto esatto della stretta.
    «Giuro di non avere cattive intenzioni.» Sorrise, scettica più che divertita. ~ L’aula di Necromanzia, adesso l’Osservatorio… disse in fine mettendolesi nuovamente di fronte. ~ Esattamente, cosa stai cercando? le chiese lanciandole uno sguardo che dalle scarpe scure, risalì rapido a quegli occhi che … nascondevano un’ombra che tradiva il suo giuramento. D’altra parte, le sue assurde ricerche, non sembravano troppo bene intenzionate. La sorpassò, nella direzione opposta a quella presa poco prima, diretta alle scale che portavano fuori dai sotterranei. Si voltò indietro dopo aver salito il primo gradino, ~ Cos’è? Non sei più curiosa? le chiese, invitando a seguirla. Raelle non credeva nelle buone intenzioni della corvonero, ma per qualche motivo si sentì sfidata ad accettare. Una sfida non si poteva rifiutare.

    Percorsero in silenzio gran parte del tragitto, lungo i corridoi vuoti del castello dormiente. Raelle insistette per camminare lungo le pareti, per essere meno esposte e più pronte a nascondersi se fosse servito. Ancora si domandava per quale motivo s’era lasciata coinvolgere in quella sciocchezza. Il capriccio di una ragazza curiosa… Non c’era nulla di più letale della curiosità, ma non si sentiva troppo in diritto di criticare i curiosi… non da quando s’era messa in testa di scoprire la verità taciuta, altra cosa abbastanza letale.
    Iniziarono a salire le scale della Torre di Astronomia. Raelle contava i gradini, in un sibilo di voce. Lo faceva sempre quando saliva le scale, quando saliva per la prima volta una rampa di scale. Le piaceva conoscere il numero esatto dei gradini, perché le sembrava di poter avere così il controllo della situazione, nel caso in cui si fosse presentato un motivo valido per scappare. Raelle era figlia della guerra; un tipo di guerra che voleva impedirne un’altra, in termini di più o meno grave, ma pur sempre guerra. Sentì il rumore di passi che percorrevano la medesima scalinata, ma nella direzione opposta. Si mosse rapidamente. Spinse la corvonero all’interno della nicchia che ospitava la statua di un mago, un noto astronomo probabilmente. La spinse con la schiena contro la parete e le mise una mano sulla bocca, facendole segno di fare silenzio portandosi l’indice contro le labbra e lanciandole un sguardo serio. Si appiattì contro di lei, affinchè la penombra potesse nasconderle entrambe. Ci volle un minuto prima che il professore di Astronomia passasse loro accanto. Raelle aspettò che i passi dell’uomo fossero appena udibili, prima di liberare dalla pressione del proprio corpo la ragazza ed uscire di nuovo sulle scalinate, ~ Respiri troppo pesantemente, Nosy… le disse, storcendo le labbra in un sorriso ironico.











     
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    «Sto cercando di ucciderti. Contenta?» ironizzo, spalancando gli occhi per accompagnare quell'assurda quanto incredibile confessione. Non mi crederebbe nemmeno se potesse leggermi nella mente, di questo ne sono abbastanza certa. Se c'è una cosa in cui sono ferrata riguarda proprio la mia capacità di dissimulare i sentimenti e, sebbene il suo sguardo sia attento e così limpido da mettermi a disagio, non smetto di indossare la maschera. Malgrado tutto, comunque, forse ucciderla sarebbe troppo anche per me, in realtà. Prima o poi le sputerò addosso tutta la verità e avrò le risposte che cerco ma, nel frattempo, cercare di conoscerla meglio mi pare il minimo. Per questo, e perché l'altra non sembra affatto divertita, alzo gli occhi al cielo. «Scherzo, ovviamente Meglio chiarirlo a voce alta, non si sa mai. «Ti dico solo che non te ne pentirai.» aggiungo, nel tentativo di convincerla a venire con me. E passano degli attimi prima che la veda muovere un passo, ma alla fine lo fa. Sorrido tra me e me e la seguo, senza dire una parola. Non sia mai che cambi idea.

    Camminiamo veloci a ridosso delle pareti del Castello. La Warwitch ha detto di sapere quello che sta facendo, ed io la lascio fare, osservandola a meno di un metro di distanza. Sembra quasi umana, per essere la figlia di due assassini, troppo umana persino per i colori che indossa. E' a questo che sto pensando, quando - senza alcun preavviso - mi ritrovo con la schiena al muro, la mano dell'altra a coprirmi la bocca e il suo corpo contro il mio. C'è qualcuno. E' questo che mi sta suggerendo la bionda. Sento il battito accelerare per qualche istante e resto immobile. L'altra ha un buon odore di legno, credo sia pino, e di muschio? Mi mordo il labbro inferiore non appena i passi pesanti di qualcuno che si avvicina si fanno più vicini. Ed è strano, ma sebbene l'altra sia una completa estranea, credo di sentirmi protetta. Mi lascio sfuggire un respiro di sollievo, quando vediamo il professore allontanarsi. Respiri troppo pesantemente, Nosy… mi punzecchia l'altra, notando il mio...affanno (?) Stranita, cerco di ricompormi, stirandomi la divisa con le mani, prima di guardarla con falso disprezzo. «Nosy?.» le domando, cercando di spostare la sua attenzione su altro, che non sia il mio battito cardiaco effettivamente accelerato. «Ma guarda, allora sai sorridere anche tu, biondina E non aspetto nemmeno che reagisca al nomignolo che le ho appena affibbiato in mancanza del suo nome, che riprendo a salire la lunga scalinata sulla quale ci siamo ormai avventurate.

    Stiamo infrangendo un sacco di regole, prima tra tutte il coprifuoco. Penso sia per questo che, una volta all'osservatorio, la bionda comincia a fissarmi di traverso. «Perché non provi a fidarti, per un istante?» le domando, armeggiando con un telescopio. A Tenuta Ramshorn ne avevo uno tutto mio, da piccola. Lo avevo ereditato da mio padre e lui, a sua volta, da mio nonno. Pensavo che stessero lì, i miei genitori, tra una stella e l'altra. Ed era così che avevo imparato a leggere il cielo.
    Sbircio dentro al telescopio per più di cinque minuti, prima di trovare quello che cerco - in mezzo all'immenso. «Vieni, guarda..» la invito, facendole segno con il capo di avvicinarsi. Potrebbe non interessarle, certo, lo so, ma le costellazioni sono così belle, a Dicembre, che non riesco a nascondere una punta di emozione. E mentre attendo che si avvicini, mi ritrovo ad osservarla ancora una volta, chiedendomi quale sia la storia della cicatrice che le solca il viso.
     
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    «Ma guarda, allora sai sorridere anche tu, biondina.» Inarcò un sopracciglio sentendosi chiamare a quel modo. Biondina. La guardò poi mentre la oltrepassava e tornarva a salire le scale che le avrebbero portate finalmente all'osservatorio della torre di Astronomia. Raelle non la seguì immediatamente, restò per qualche attimo ferma a guardare la schiena della ragazza di cui non conosceva nemmeno il nome. Non le era chiaro ancora il perchè, ma c'era qualcosa in quella corvonero... Biondina. Raelle scosse la testa, sbuffando un sorriso divertito, e riprese a salire le scale, raggiungendo la ragazza che le stava davanti.

    Raggiunto l'osservatorio, Raelle prese a guardarsi attorno, dopo aver mosso qualche passo. C'era silenzio e la sala circolare era fiocamente illuminata dalla luce delle stelle. Quella notte il cielo era incredibilmente limpido, senza luna. Lasciò che lo sguardo si perdesse a mirare il firmamento e si ritrovò a pensare che fosse l'oscurità a fare luce quella notte. Rarissimo e paradossale. Si girò sentendo un rumore di ingranaggi in movimento e vide la corvonero armeggiare vicino a quello che doveva essere un telescopio. Il silenzio era stato interrotto e così il flusso libero dei suoi pensieri. Inarcò un sopracciglio. L'aveva portata fin lì per rimirar le stelle? «Perché non provi a fidarti, per un istante?» Raelle pensò fosse una bella pretesa quella, da parte di una completa sconosciuta. Fidarsi. Aveva notato che alla fiducia si dava molta importanza a parole, ma nel concreto la si finiva per svenderla ignobilmente. Una cosa tanto preziosa e fragile come la fiducia... Sorrise, se così poteva definirsi quella smorfia, con insolenza e sfida verso lei, ~ I tuoi genitori non ti hanno detto che non bisogna dar retta agli estranei? rispose sarcastica.
    «Vieni, guarda...» nonostante la diffidenza, ancora una volta quel qualcosa la spinse a fidarsi? Raelle non poteva parlare di fiducia, non osava, né voleva. La fiducia poteva essere un potente strumento, ma come ogni potente strumento, erano le mani in cui veniva riposto a determinarne gli effetti. Le si avvicinò e quando le fu accanto le lanciò un'occhiata fra il confuso, il curioso e lo scettico. Poi si chinò avvicinando l'occhio all'oculare del telescopio.
    ~ Dunque... è questo cioè che i sotterranei ci precludono? chiese dopo qualche minuto di silenzio. Era un'atmosfera che la pacificava. Guardare il cielo da quella prospettiva, le stelle a quel modo, sentendosi così irrilevante rispetto al tutto così infinitamente più grande... Raelle si sentì svuotata. Si rimise dritta e guardò, per la seconda volta quella notte, la ragazza che le stava di fronte negli occhi. E stavolta non sentì il bisogno di distogliere lo sguardo.

     
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    E' una bella serata, il cielo è limpido e non fa nemmeno così tanto freddo, eppure la domanda della bionda mi fa raggelare il sangue nelle vene. Una leggera scossa mi attraversa la schiena e la tentazione di sguinzagliare la mia ira è forte, ma mi limito ad alzare lo sguardo sul suo.
    «In effetti, no.» ammetto, alzando un sopracciglio. Per fortuna, il telescopio va regolato e mi distraggo, così, dai miei pensieri. «E, comunque, sei tu quella che ha seguito una completa estranea sin quassù.» le faccio notare, piegando l'angolo delle labbra in un sorriso compiaciuto, prima di cercare il suo sguardo e lasciarle lo spazio di osservare quello che ho intenzione di mostrarle, attraverso la lente del telescopio.

    «Non pensavi ci fosse tutto questo, mh?» mi limito a chiederle, appoggiando i gomiti alla recinzione di pietra che dà sull'immensa tenuta del Castello. Il silenzio non è mai dispiaciuto e, sebbene io non sia sola come spesso accade, stranamente non mi dispiace condividerlo con la bionda. «Mi chiamo Scylla, a proposito.» mi presento, piegando la testa di lato. «Nel caso i tuoi genitori ti mettano in castigo, non si sa mai.» dico, sarcastica, cercando di piegare le labbra in un breve sorriso. I suoi genitori. Devo costringermi a non pensarci, mi ripeto mentalmente. «Lo conosci il tuo segno zodiacale?» le domando, incrociando nuovamente il suo sguardo. Ha delle iridi così chiare che è difficile non sentirsi in soggezione quando ti osserva, o almeno è così che mi sento: a disagio, quasi impacciata. Così, dopo averla guardata per degli istanti che mi sembrano lunghissimi, faccio per allontanarmi: il lieve rossore che mi colora le guance è in netto contrasto col pallore che mi caratterizza e non voglio che lei lo veda.
     
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    In via teorica, ma vederlo era decisamente tutta un’altra storia. Quindi, Raelle, a quella domanda avrebbe tranquillamente potuto rispondere di no. Non pensava che un cielo stellato potesse essere “tutto questo”, nonostante le fosse già capitato negli anni di osservarne la silente bellezza. «Mi chiamo Scylla, a proposito. Nel caso i tuoi genitori ti mettano in castigo, non si sa mai.» Dopo un primo istante di esitazione, Raelle dovette riconoscere che la ragazza che le stava di fronte fosse argutamente sfacciata. Non poté evitare di sorridere, ma si morse il labbro, abbassando per un attimo lo sguardo, cercando di mascherarlo. Si schiarì poi la gola, tornado a guardarla, ~ Scylla… un nome insolito. constatò. Non aveva mai sentito quel nome prima d’ora, e avrebbe scommesso che non fosse un nome britannico. Non ne aveva il suono gutturale, né la cadenza aspirata di certi nomi antichi sussurrati dai druidi fra i monoliti e la brughiera… Chissà che storia aveva. Quel nome. E lei. Raelle si chiese se fosse stato un caso, incontrarla quella sera… E se c’entrassero qualcosa, quegli occhi blu, con la sensazione che dalla cena in Sala Grande, l’accompagnava tutt’ora. ~ Raelle. si presentò alla fine, dopo averla osservata ancora un po’. Non le porse la mano, come era solita fare durante le presentazioni. Era sciocco forse, e per questo quel pensiero l’avrebbe tenuto gelosamente per sé, ma sentiva che quel nome così insolito ed il proprio non si ascoltavano ora per la prima volta.
    «Lo conosci il tuo segno zodiacale?» quella domanda arrivò improvvisa ad interrompere l’ascolto delle sue sensazioni. Si sentì impreparata, colta alla sprovvista. Si sentì stupida, per aver abbassato la guardia. Si, era questo che era successo e Raelle si odiò per averlo permesso. Nascose abilmente il suo sentire, mostrando alla ragazza un sorriso beffardo. ~ Cos’è? Vuoi leggere il mio futuro nelle stelle? le chiese, poggiandosi con la schiena alla balaustra e tirando su i gomiti, poggiandoli sulla pietra. La guardò curiosa e divertita, ~ Scorpione. le rispose in fine, sollevando leggermente il mento, con un’espressione di scherzosa sfida, ~ Vediamo se riesci a dirmi qualcosa che non so già. la invitò poi a procedere, se erano quelle le sue intenzioni.
    Avrebbe voluto conoscerle le sue intenzioni. Quelle vere. Erano tante le sensazioni che quell’incontro, quella ragazza, le aveva scatenato. Prima fra tutte, una strana curiosità, dettata da un’altra sensazione… quella che non fosse davvero un’estranea. Non nel senso classico ad ogni modo.
    Il problema era che, e Raelle ne era terribilmente cosciente, fu la curiosità ad uccidere il gatto.








     
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    «Mio padre era affascinato dalla mitologia greca.» mi lascio sfuggire, mentre lo sguardo scivola sulla figura dell'altra. Un errore da principiante quello di parlare di mio padre al passato, un errore che spero la bionda trascurerà.
    «Hai un nome anche tu, allora continuo, ironica. Ed è così che riesco a percepire il primo sottilissimo strato della sua corazza scivolare in terra e frantumarsi in mille affilatissimi pezzi. Entrare nella via della bionda non sarà facile, ma non ho intenzione di affrettare il processo. Inoltre, c'è...qualcosa di più. Non la conosco affatto e ho provato rancore per i suoi genitori per così tanto tempo che riversarlo su di lei sarebbe così semplice...eppure. E' una vibrazione, ogni volta che i nostri sguardi si incrociano. So per certo che lo sente anche lei, ne ho la certezza quando evita di tendermi la mano. Come vittime di una lieve carica elettrostatica, manteniamo le distanze, quasi coscienti che un passo in più sarebbe troppo.
    «Devo ammettere che la divinazione è piuttosto affascinante.» dico, piegando gli angoli delle labbra in un lieve sorriso. «Ma no, per oggi non ti darò prova delle mie scarse doti in materia.» aggiungo, sfilando la bacchetta dal mantello, prima di puntarla in aria e agitarla con dei movimenti lenti ed eleganti. Ci vuole qualche minuto prima che io riesca ad evidenziare nel cielo - con delle scie di luce brillante - quella che è la costellazione dello scorpione. Un trucco che mio padre mi mostrava ogni sera, cambiando soggetto della rappresentazione di giorno in giorno.
    «Un segno interessante, il tuo.» ammetto, puntando lo sguardo in quello beffardo dell'altra. Governato da Plutone e Marte, penso, un'associazione tosta che può dar vita ad un carattere borderline: determinazione, coraggio, forza di volontà, ma anche arroganza, prepotenza, vendetta. Tratti contrastanti che, però, mi ritrovo a collegare ad un carattere che conosco fin troppo bene: il mio.
    «Sai cosa si dice?» le domando, quasi divertita, mentre disegno nel cielo delle nuove linee a formare la costellazione dell'ariete. «Quando due persone governate da Marte si incontrano, è come l’incontro di due soldati sul campo di battaglia: o sono alleati o nemici mortali.» le spiego, mentre abbasso la bacchetta e le lancio un sorriso enigmatico. «Ci si vede in giro, Raelle.» aggiungo, in un sussurro, allontanandomi senza dire nient'altro. So di averla incuriosita e tanto mi basta.
     
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    FnFyZdt
    «Mio padre era affascinato dalla mitologia greca.» Mitologia greca… Raelle appuntò mentalmente quel dettaglio. La curiosità era un coltello affilato su entrambi i lati della lama; bisognava essere estremamente abili a maneggiarla. Era strano ed insopportabile non riuscire a tenerla a bada quanto avrebbe voluto, la curiosità verso quella sfacciata e misurata ragazza dagli occhi zaffiro. Si chiese se fosse in grado di usarla, la curiosità. Dopotutto, era proprio il bisogno di conoscere la verità a torturarla, a non lasciarla in pace. No, forse Raelle aveva già iniziato a tagliarsi con quell’arma troppo pericolosa senza rendersene pienamente conto.
    «Hai un nome anche tu, allora.» ascoltando le parole della corvonero non poté trattenere un sorriso divertito. Sfacciata, questo ormai era chiaro. Scosse appena la testa, prima di tornare a sollevare lo sguardo su di lei, ~Un vero colpo di scena. rispose con la stessa ironia, inarcando per un secondo entrambe le sopracciglia e mordendosi l’angolo della bocca. «Devo ammettere che la divinazione è piuttosto affascinante. Ma no, per oggi non ti darò prova delle mie scarse doti in materia.» Raelle la osservò estrarre la bacchetta. Un riflesso incondizionato la portò immediatamente ad afferrare la propria, ma non l’estrasse a sua volta. I movimenti che la vide eseguire non erano offensivi, troppo delicati… Raelle aggrottò le sopracciglia, lasciando che lo sguardo saettasse dalla ragazza alla traccia magica che stava rilasciando nell’aria con la bacchetta. Le ci volle un po’ per capire cosa stesse accadendo. Indirizzando gli occhi al cielo vide formarsi fra le stelle un simbolo astrale .«Un segno interessante, il tuo.» La costellazione dello scorpione. Raelle tornò a guardare Scylla, interrogativa e affascinata. «Sai cosa si dice?» le chiese, ~ Illuminami. le rispose tornando a rilassarsi contro la balaustra di pietra. Un altro elegante movimento della bacchetta e nel cielo stellato apparve un altro simbolo. Un’altra costellazione. «Quando due persone governate da Marte si incontrano, Marte. Raelle lo conosceva, il dio della guerra. C’era una statua a lui dedicata nell’arena di Fort Warwitch. Imponente, fiero… Il dio della guerra. è come l’incontro di due soldati sul campo di battaglia: o sono alleati o nemici mortali.» Colpo di scena. Davvero? Guardò quel sorriso, Arcano. Non rispose, limitandosi a guardarla con la stessa indecifrabilità nelle iridi ghiaccio. «Ci si vede in giro, Raelle.» E quando la salutò, dandole le spalle, non mosse un muscolo. Non emise un suono. Semplicemente l’osservò sparire nell’oscurità della torre.
    Raelle fissò a lungo il punto dove la ragazza era sparita, poi si voltò verso il cielo. Le costellazioni erano sparite, inghiottite dalle milioni di stelle che quella notte abbracciavano il cielo. Chiuse per un attimo gli occhi, cercando di rimettere ordine fra i pensieri, ripetendosi le parole di Scylla nella mente. O sono alleati o nemici mortali. In entrambi i casi Raelle era sicura che quella ragazza, amante delle antiche mitologie e degli astri, non poteva immaginare che la morte fosse una triste costante. Una Warwitch è figlia della guerra, e la Guerra porta con sé, come fidata consigliera e compagna, la Morte.
    Ma appunto, quella ragazza non poteva immaginarlo. Raelle si aggiustò la tracolla sulla spalla, poi, furtivamente, tornò al suo dormitorio.
    Chissà se quella notte sarebbe stata, come al solito, priva di sogni.



     
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