"Dance monkey"

pvt.

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    Non sai esattamente come vadano le cose tra te e Ivanov, non perché vadano male ma semplicemente perché entrambi siete troppo impegnati per potervi vedere. Vi incrociate nei corridoi, vi lanciate un sorriso e tu sei quasi sicura di arrossire puntualmente ogni volta che incroci il suo sguardo ma , a parte quel non-contatto, da quel giorno di qualche mese fa, non siete mai riusciti a scambiarvi che un paio di parole, convenevoli inutili ed effimeri che però vi danno la dimensione di un rapporto che state tentando di tenere in piedi, che tipo di rapporto? Anche questa è una domanda a cui non sai apporre alcuna risposta. Non state insieme ma non siete neppure amici, almeno non per te, non hai il coraggio di esporre i tuoi sentimenti, il tuo cuore alle intemperie di un possibile rifiuto e , sai per certo, che Ben ha davvero troppe persone ad affollare la sua mente e probabilmente ancora una che ormai ha dimora fissa nel suo cuore, sai che non puoi prendere il posto di quella figura, non lo vuoi neppure ma vorresti che Ivanov riuscisse a crearne uno solo per te, ci vuole tempo, ti dici, ci vuole pazienza, tutte cose che tu hai la sensazione di non avere affatto. I tuoi poteri continuano a far il bello ed il cattivo tempo, in accademia ti rifiuti praticamente di usarli, per fortuna il corso che hai scelto non è propriamente legato al saper roteare una bacchetta, quanto più ad un senso artistico, alla capacità di usare oggetti magici come obiettivi e rullini, qualcosa che sai fare, almeno per il momento, anche se hai il costante terrore che le tue condizioni peggiorino. Ti conosci, conosci la tua magia e la sua instabilità, quanto essa sia legata alla tua emotività a doppio filo e quanto sia impossibile per te eludere quel meccanismo istauratosi dopo il trauma che ti porti dietro dall’infanzia. Rivedi le tue mani sporche di sangue, le tue piccole mani paffute passare una, due, tre volte, sulla veste rituale candida e sporcarla di cremisi, rivedi le tue dita intrecciarsi in quelle di tuo fratello, rivedi i tuoi piedi scalzi ferirsi camminando sull’asfalto di una strada che neppure sapevi esistesse, in effetti non immaginavi neppure che ci fossero strade, ricordi di aver pensato a quanto ti ricordassero enormi serpenti con squame metalliche e spuntute, ogni sera rivivi quel ricordo, ogni sera tremi e non a causa del freddo. Prendi un sospiro e continui a camminare per i vicoli di Diagon Alley, sai bene che per arrivare da Nova faresti prima a svoltare verso Nocturn, una scorciatoia che hai fatto un paio di volte in compagnia della tua amica, ma che non ti fidi a far da sola, c’è brutta gente che gira lì, ti potresti difendere, non sei certo una ragazzina alle prime armi, eri una delle migliori studentesse di Durmstrang, ma sai anche che la tua magia non è stabile e niente ti garantisce che l’incanto illumini il tuo legnetto.
    Continui a camminare con le mani in tasca, stringi la bacchetta con la destra , il palmo è sudato per la tensione, seppur sia molto vicino a Natale l’ora è tarda e i passanti sempre meno frequenti, le serrande sono chiuse e l’unica cosa che illumina la strada sono le luminarie in tema con il periodo. Ti senti insicura, senti un presentimento che ti picchia sulla spalla, che ti dice di tornare a casa ma continui perché sai che la tua mente ti gioca pessimi scherzi sin troppe volte e non vuoi farle avere la meglio anche su questo, vuoi essere tu a decidere della tua vita anche se non puoi decidere della tua magia.
    Destra.
    Dritto e poi ancora destra.
    Svolti e ti accorgi di esserti ficcata proprio nel vicolo in cui non volevi ficcarti, quello che connette Diagon Alley a Nocturn, il cuore accelera, il respiro si fa irregolare e giuri di aver visto una figura nascondersi nell’ombra di quel vicolo.
    Le mani tremano dentro le tasche, prima che tu possa decidere qualcosa un incanto che non hai neppure pronunciato viene rilasciato e come una bomba risuona nell’intero vicolo. Tremi. Ti accasci a terra. Il cappotto color sabbia si bagna e sporca dentro alle pozzanghere che ricoprono la stradina.
    Chiudi gli occhi, piangi
    << Andrà bene, andrà bene>> ti dici ma un rumore di passi ti fa credere che niente andrà bene, non ci sarà nessuno a riportarti a casa stavolta e tu sei in un tale stato confusionale da non essere in grado neppure più di ricordare il tuo cognome, ne la via di casa tua.


     
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    È fermo nella strada da dieci interminabili minuti. Sbuffa, palesemente innervosito: non gli piace che gli si cambino le carte in tavola, d'altronde però deve farlo, non può esimersi. Ha un debito con Icarus grosso quanto una casa, una di quelle che piacciono a lui con la piscina, la sauna e la vasca idromassaggio. Il bello è un lusso che costa, Aleksej lo sa, lo ha sempre saputo. È per questo che tiene l'arma ben salda nella sua presa, per questo che fissa, inspirando, lo chevalier di onice che ha voluto placcare d'oro. Che il mondo si fotta ringhia a denti stretti, mandibola contratta, e il dito gira e rigira nell'occhiello della pistola, per poi fare ritorno in posizione.
    C'è una strana tensione e quel silenzio non gli piace. Puzza di qualcosa che non è affatto naturale. Tira su col naso e fiuta un alito di paura accompagnato da strani passi.
    Il dito, l'occhiello, la pistola.
    Manda giù la saliva e l'aquila sulla carotide si agita, prende vita.
    Irrigidisce il morso e punta gli occhi dritti al fondo della strada. C'è qualcosa che non va.
    Quanto cazzo dovrò aspettare ancora?, è proprio così che sta pensando, senza filtri, senza pesi. L'odore della pioggia sembra calmarlo appena ma tutta quella quiete lo innervosisce. Ancora cinque minuti e poi vaffanculo pensa, e quei cinque minuti ad Icarus proprio li deve. Se il suo culo mulatto è ancora in circolazione al settanta percento e grazie a lui.
    Facciamo sessantacinque, tratta con se stesso. Dealer fino in fondo.
    D'un tratto un frastuono rimbalza nel piccolo ambiente e le onde sonore lo colpiscono prima del colpo. Lo sta realizzando in questo momento, è il segnale che stava aspettando. Copre la testa d'istinto, piegandosi sulle ginocchia per poi sfoderare l'arma; un occhio nel mirino mentre l'altro è chiuso in una fessura stretta.
    Un corpo di donna a circa trecento metri si accascia dentro la pozzanghera bruna. In un balzo la raggiunge ma ciò che vede lo coglie di sorpresa.
    A che gioco giochiamo, mh? chiede ma è tutta retorica ormai. Di Icarus non c'è traccia e nemmeno del suo contatto. Con la punta della scarpa tasta appena il lato di quel corpo, al naso risale un odore fresco e giovane. È viva, c'è sangue che scorre. Apri gli occhi. le intima, il tono è fermo e gli occhi famelici. Qualcuno lo sta distraendo, qualcuno gli sta rubando ulteriori cinque minuti e non si tratta nemmeno di una faccenda interessante ma solo di una piccola stronzetta rachitica.
    Sei sorda per caso? domanda, e afferratala per i capelli si avvicina minaccioso al suo viso. Apri. Quei cazzo. Di occhi. sillaba. Non gli piace che non gli si dia ascolto.
    Non sarò tanto gentile la prossima volta
    E c'è solo da credergli, stavolta.

    Edited by huntress. - 10/12/2020, 17:59
     
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1 replies since 9/12/2020, 15:47   54 views
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