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    Studente Serpeverde
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    Si sedette in un angolo, lì, immersa nel freddo dei sotterranei, così come piaceva a lei. Le torce, fissate al muro, illuminavano flebilmente la sua visuale. Amava quel silenzio. Amava la solitudine la quale, ultimamente, era stata, allo stesso tempo, la sua migliore amica e acerrima nemica. Prese la testa tra le mani e rilassò i suoi sensi, abbandonandosi ai ricordi opacizzati dalle menzogne raccontate dai suoi stessi genitori. Mentire a una figlia. Sangue del loro sangue. La stessa che guardavano negli occhi, sussurrandole parole di adorazione. Anni e anni buttati. Anni che nessuno le avrebbe restituito mai e che avrebbe pagato amaramente. Il suo rapporto con la sorella era sfumato e le certezze si erano fottute con il resto della famiglia. La verità faceva male e, per questo, aveva mantenuto le distanze con il mondo che, fino a qualche tempo prima, la circondava. A tutto questo, poi, si aggiungeva un atroce dubbio, confinato in una parte di lei, impossibilitato a fuoriuscire, senza provocare dolore. Aveva taciuto. Solo Rae sapeva ed, in quel momento, temeva che la cosa potesse essere utilizzata contro di lei. Non le rimaneva che pregare perché la “cosa” rimanesse sepolta.
    Un rumore la strappò dall’oblio, riportandola prepotentemente alla realtà. I passi, man mano, si fecero più vicini ed, Hazel, iniziava ad inquietarsi. ”Fai attenzione. Non vorrei finire in infermeria per colpa tua.” Era reduce da una visita turistica in quel luogo puzzolente e, di certo, non ci teneva a replicare.
    Mise a fuoco il volto di quella che doveva essere una ragazza, appartenente alla sua stessa casata. Non ricordava di averla mai vista ma, in fondo, non le importava proprio niente. La sua vita sociale non era, di certo, una sua priorità. Aveva imparato a farne a meno, riuscendosi ad adattare anche in completa solitudine, da vera eremita mancata. Il tono della sua voce non trasudava di simpatia, al contrario, l’indisponibilità nei confronti del prossimo –e degli sconosciuti- non tardava a trapelare in lei. L’esistenza, seppur corta, l’aveva indurita e, il passare del tempo, peggiorava la situazione.
    ”Ora che mi hai disturbata, tesoro, non è più la stessa cosa.” Si alzò, stirò con le mani la divisa e raccolse i capelli in un’ordinata coda alta. ”Hai scovato il mio nascondiglio.” Affermò a malincuore. ”Mi chiamo Hazel, comunque. Sì, beh, Hazel Altair Cunningham per la precisione. Magari non te ne frega un cazzo, ma la mamma, anzi, la balia, mi ha insegnato ad essere cortese!” Sì. Era stata cresciuta da decine di donne pagate profumatamente dai suoi genitori che, per qualche oscuro motivo, non avevano avuto neanche il tempo di dedicarsi all’educazione della figlia. Forse alla gemella era andata meglio, nonostante il rapimento. ”Non credo di averti mai vista da queste parti. Primo anno? Non mi sembri sfigata come la maggior parte dei nuovi.” Osservò acutamente. I mocciosi le davano i nervi, di solito ma, quella giovane donna, no. Appoggiò la schiena ad una delle colonne portanti, provando un freddo glaciale. ”Sono fuggita dalla Sala Comune. Due ragazze stavano litigando per un fottuto ragazzo, capisci? La cosa mi ha urtata. Non ti conviene andare.” Litigare per un ragazzo, ma davvero? Il mondo iniziava a girare al contrario.
     
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    Anita Zea Dorothy ArdéleanSerpeverdeI anno



    Il fatto che il dormitorio della mia casa si trovasse nei sotterranei mi creava due tipi di pensieri diametralmente opposti. Pensiero numero uno: è un bene, è una zona che mi sa di isolato e questo mi portava a non dover passare per gli affollati corridoi del castello ogni volta che dovevo andare a dormire o a fare qualunque altra cosa in sala comune. Pensiero numero due: quei corridoi erano un po' stretti per i miei gusti e la cosa ogni tanto mi creava un po' di disturbo, memore delle stanze asettiche che ho frequentato per nove anni e centosettantadue giorni circa. Da quando ero uscita avevo smesso di contare le ore, i minuti e i secondi, avevo persino messo in un cassetto l'orologio, una specie di simbolo di rottura con il passato.
    Tuttavia, nell'aria resta sempre il sentore di qualcosa di inconcluso e non sapevo esattamente quale parte della ia vita riguardasse, se mia madre, mio padre... o forse mia sorella.
    Era da molto che non ripensavo a quegli avvenimenti e in effetti, mi chiedevo proprio perchè stessi sprecando tempo a farlo. Scendevo giù nei sotterranei e percorrevo i corridoi camminando a testa dritta, proprio diretta in dormitorio di ritorno dal luogo dove avrei potuto trovare delle informazioni utili, la biblioteca. Tenevo il libro degli incantesimi di base in una mano quando proprio dal basso arrivò una voce di qualcuno che non avevo totalmente visto fino ad un attimo prima. Mi diceva che sarebbe potuta finire in infermeria per colpa mia,
    anche se la vedevo una cosa poco probabile. la guardai alzando un sopracciglio-addirittura? In realtà sono io che mi sarei potuta spaccare la faccia inciampando sulle tue gambe, hai scelto un posto interessante in cui stare- era lei che si era seduta proprio in mezzo ai piedi, che potevo farci? Gli stessi colori, evidentemente eravamo concasate, la prima con cui parlavo e probabilmente l'ultima vista la mia voglia di interagire con le persone. Si rialzò sistemandosi la divisa e facendosi una coda. Mi accusò di averla scovata proprio nel suo nascondiglio e mi guardai intorno dubbiosa-ti consiglio di rivedere la definizione di "nascondiglio", non sei esattamente invisibile agli altri. Sono certa che puoi trovare di meglio. Sono Anita... Anita Zea Dorothy Ardèlean per essere precisi e no, non me ne frega un cazzo ma visto che l'hai già fatto, mi sembra educato rispondere alla tua presentazione- alzai un angolo della bocca in un mezzo sorriso e poggiai una spalla al muro, apprezzavo già il fatto che avesse capito da sola che l'informazione sul suo nome non le era stata proprio richiesta, dimostrava che era abbastanza perspicace, ma che era da persone cortesi lo avevano insegnato anche a me. Non che avessi mai dovuto ricorrere a grandi presentazioni nella mia vita, se non con i medici -primo anno, sì. Non vedo perchè dovrei avere l'espressione della ragazzina sbalordita o eccitata per essere qui, come molti. Di essere un mago e fare cose strane, lo sappiamo da praticamente tutta la vita... tu di che anno sei? Non hai l'espressione della ragazzina sbalordita-
    Ero quasi decisa a lasciare lì la mia interlocutrice e procedere verso la mia meta non perchè mi stesse così antipatica anzi, fino a quel momento non mi era dispiaciuto il suo modo di parlare ma semplicemente, non avevo altre ragioni per stare lì fino a quando non mi offrì un motivo abbastanza buono per cambiare idea. Sbuffai poggiando entrambe le spalle al muro -Non capisco che senso ha sprecare le energie in qualcosa di così stupido, non lo condivido... senti come strillano...- tesi l'orecchio verso l'ingresso della sala da dove potevo sentire la voce delle due irritate ragazze. Non potevo che essere d'accordo con Hazel, un altro punto in suo favore. Forse ero stata fortunata a trovare lei lì e non qualcuno di immensamente più stupido-misà che dovremo condividere il tuo "nascondiglio" allora- mi accovacciai per terra e dopo aver poggiato il libro sul pavimento, distesi le gambe -hai una sigaretta per caso?- tanto valeva attendere e sfruttare la situazione nel mentre.


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    Edited by - A. Z. D. Ardélean - - 13/11/2020, 09:19
     
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1 replies since 11/11/2020, 10:36   59 views
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