La cenere per Odino, la cenere!

Amok

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    Erano stati tre giorni intensi. Impossibile dire quanto la cucciola fosse rimasta o meno traumatizzata dalla muta ma sicuro era che lui le era rimasto accanto, l'aveva completamente lavata ad ampie linguate fin quando non aveva smesso di guaire e poi avevano iniziato. Avevano esplorato, giocato, persino cacciato i piccoli conigli che Vaike aveva inserito nel recinto, si erano scavati una tana e lei aveva riposato addossata al suo pelo ispido, folto e lungo. Era un perfetto misto fra lui ed Eva, la piccola Bea. Un cucciolo di lupo nordoccidentale con riflessi d'un rosso intenso. Subiva l'influsso della luna come la madre ma sarebbe stata capace di controllarsi con l'avanzare degli anni; per il momento doveva solo cercare di modulare il morso con i suoi dentini affilati.

    Ed era trascorso così il tempo fino alla mattina in cui entrambi non si erano risvegliati umani, logicamente nudi, logicamente lerci e stesi tra terra e aghi di abete. Avevano recuperato lui un calzone mezzo stracciato, lei la giacca di lui fatta a brandelli e con nient'altro addosso si erano portati verso l'uscita della recinzione, la piccola aggrappata al collo del padre, stanca, lui stremato.
    [ Ehy? Ci sei? Vaike?]
    L'idea di distruggere una quantità di incanti di protezione e confinamento avrebbe dovuto aspettare.
    La piccola annusó l'aria: odore di dolce, una torta!
    E si rianimó un pochino
     
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    Trattenni il respiro fino a quando non udii la voce del tedesco che chiamava il mio nome e quando li vidi, quando fui certa che fossero davvero tornati dissi la prima cosa che l'istinto mi suggerì di comunicare.
    Quanto mi siete mancati!
    Finalmente il sorriso fu libero illuminare il viso ed arrivare a far brillare gli occhi.
    Palesemente stanchi, arruffati, sporchi e seminudi Beatrix e suo padre erano tornati alla loro forma umana e ad una prima occhiata non avevano subito traumi fisici.
    Tendendo le braccia verso la bambina mi rammaricai di non aver pensato a lasciare nella gabbia incantata abiti puliti per entrambi, avevo ancora molto da imparare la buona volontà ed impegno avrebbero colmato le mie lacune.
    Vieni tesoro, hai bisogno di una ripulita e di un buon sonno. Terrò a bada la torta per te.
    Stringendo in collo il corpicino esausto della bambina guardai Fred. Al pari di sua figlia aveva bisogno di una sistemata ma ero certo che avrebbe ben volentieri dato la precedenza a sua figlia.
    Come era accaduto alcuni giorni prima il bagno subì l’invasione di piccoli e grandi con la differenza che quel luogo era ormai famigliare ad entrambi e non c’era bisogno di indicare dove poter trovare asciugamani e quant’altro potesse servire compreso i rasoi che, stavolta, acquistato anche in formato maschile.
    La lancetta corta dell’orologio del salotto avrebbe avuto modo di compiere un giro abbondante prima che la piccola, seppur stremata, si arrendesse al sonno. L’entusiasmo per la torta, la stanchezza, la stranezza di quello che aveva vissuto le avrebbero impedito di chiudere gli occhi per parecchio tempo ma infine Morfeo l’avrebbe accolta fra le sue braccia facendole abbassare le palpebre che facevano resistenza.
    Sarei rimasta a guardarla per alcuni minuti per accertarmi che riposasse serena e solo quando sarei stata certa del suo respiro regolare e tranquillo mi sarei alzata dal bordo del suo lettino per dirigermi, dopo aver lasciato socchiusa la porta della sua cameretta, nel salotto dove, probabilmente, avrei trovato Fred fresco e lindo di bucato.
    Avrei potuto sedermi accanto a lui e finalmente avrei potuto porgli le domande che da tre giorni mi tormentavano.
    Come stai? Come è andata?
    Il tono della mia voce, abbassato di parecchio rispetto al normale per non disturbare il sonno di Beatrix, insieme al mio sguardo che avrebbe fissato il viso del tedesco con apprensione, non avrebbero nascosto l’ansia che avevo provato e nemmeno il desiderio di conoscere ciò che lui e la bambina avevano condiviso. Che non fosse stato facile era prevedibile e anche ‘normale’ ma sarei stata interessata a conoscere dalla viva voce di Fred le sue impressione su quella prima esperienza.
     
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    La piccola, ancora scombussolata, allungò le braccine verso Vaike passando da un petto ad un altro aggrappandosi stanca alla donna.{Ne posso mangiare un pezzo...?} Della torta ovviamente, ed un poderoso sbadiglio potrà far intuire che il luogo più ambito per tale banchetto sia il letto. E' illesa la piccola, solo qualche graffio o lividura, cose più che normali se ci si ritrova formato quadrupede nel bel mezzo di una foresta. Fred guarda le due allontanarsi verso il bagno richiudendosi la cameretta alle spalle, ad annullare gli incanti avrebbero pensato l'indomani, per ora lui si limitò a guardare le due sparire oltre la porta, sentì l'acqua iniziare a scorrere e si diresse a piedi nudi verso il salone. Una bella bottiglia d'un liquore giallognolo invecchiato era proprio ciò che ci voleva.
    Due dita...meglio sei.
    Le ingollò in due ampi sorsi e si lasciò cadere a torso nudo fra i cuscini della poltrona.

    Quando le due uscirono dal bagno le accolse uno sguardo mezzo obliquo a far capolino dallo schienale, lo sguardo di qualcuno che si era appisolato.
    Passò anche lui a ripulirsi ed a conti fatti tornò esattamente su quella poltrona, esattamente con le stesse sei dita di liquore versate nuovamente, sbadigliando allo stesso modo ma con una bella felpa infilata, dei pantaloni decenti ed un paio di calzettoni di spugna.
    Un tocco di bacchetta fece divampare il fuoco quando Vaike venne a sedersi sul divano accanto a lui.

    Un bel sorso.
    "Come stai?"
    [Intero.]
    Apparentemente solo graffiato e fin troppo stanco.
    Come è andata.
    [Dolore della muta a parte credo si sia divertita]
    L'espressione un po' corrucciata, la testa che diniega un paio di volte, le dita che grattano la barba su una guancia.
    [I ricordi sono sempre confusi, ma ha bisogno di una madre.]
    Una madre lupa. Si passò la mano sul volto, guardò le ultime once di alcolico chiedendosi forse se valesse la pena fare un sonno profondo finendo la dose.
    [Odile mi ha restituito i ricordi di Eva, tu ne sapevi nulla?]
     
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    Fred si era servito da bere, ora che lo avevo vicino, da ripulito, si notavano ancora meglio i segni della stanchezza sul viso dell’uomo. Mi sistemai comodamente sollevando le ginocchia, che, una volta ripiegate, portai il mio fianco. Il loro arrivo mi aveva colta in pigiama, pantaloni di cotone comodi e maglietta dello stesso colore dei miei occhi sulla quale erano ancora visibili alcune chiazze bagnate dovute al bagnetto della piccola Bea.
    Abbassando lo sguardo sorrisi mentre ascoltavo le sue poche ma chiare parole. Mi faceva tenerezza pensare alla cucciola di lupo che correva accanto al padre con le piccole orecchie e codina al vento ma ero davvero sollevata di sapere che se l’erano cavata entrambi senza grossi danni.
    Con un profondo sospiro accolsi l’affermazione che seguì. Ne ero consapevole, sapevo che Bea aveva bisogno di qualcuno che si prendesse cura costantemente di lei e che le offrisse l’affetto che meritava.
    Se posso fare qualcosa non hai che da chiederlo. Non sono sua madre, non potrò mai prendere il suo posto, non l’ho partorita ma le voglio molto bene e lei ne vuole a me.
    A Fred non era sicuramente sfuggito il legame che si era instaurato fra me e sua figlia e volevo che sapesse che poteva contare su qualcuno che non sarebbe venuto meno.
    Mi si gelò il sangue quando udii nominare Odile ma quando nome della madre del tedesco venne associato a quello di Eva sbiancai. Forse, dentro di me, avevo previsto quel momento anche se speravo non fosse arrivato così presto e in un momento così poco opportuno.
    Senza nemmeno pensarci allungai il braccio verso il bicchiere dove Fred aveva lasciato un poco di liquore. Non ero abituata a bere ma da quel che avevo sentito dire l’alcol aiutava ed io, in quel momento, avevo bisogno di qualsiasi tipo di aiuto, anche di quello alcolico.
    Tracannai grugnendo ed ingoiando quello che per me aveva un sapore disgustoso ricevendo in cambio un qualcosa che somigliava molto ad una padellata sulla fronte. A dar credito al sentito dire mi sentii riscaldare. Forse era vero che l’alcol, preso a dosi modeste, dava un po’ di coraggio e ce ne voleva un po’ per affrontare l’argomento. Con le guance forse un po’ arrossate riferii a Fred le poche cose che sapevo sull’argomento.
    Di lei so che è la madre di tua figlia, che era tua moglie e l’amavi. So che il destino o chi per lui te l’ha strappata privando una bambina dell’amore della sua mamma e un uomo della sua donna.
    Nella mia mente doveva esserci qualcosa che non andava, nemmeno io sapevo come e perché avevo quelle informazioni. Perché le avevo, perché così scarne ed essenziali. Forse qualcuno me le aveva riferite, notizie di seconda mano forse inesatte e sicuramente parziali ma per quando mi sforzassi non riuscivo a ricordare altro. C’era come un vuoto, un buco nero che avvertivo ma che non riuscivo a colmare e neppure a capirne il motivo.
    Non so altro ma sono sicura che tua madre avrà provveduto e…mi dispiace tanto Fred.
    Forse, in quell’istante, incoraggiata dall’alcol ma ancora tesa per la piega che stava prendendo la serata avrei avvinato la mano a quella di lui. Non l’avrei toccata, non avrei nemmeno osato sfiorarla ma con quel gesto la mia intenzione era quella di fargli vedere e comprendere che c’ero .
    Quanto ad Odile i miei pensieri non si soffermarono più di tanto sull’immortale. Per quel che poco che avevo avuto modo di conoscerla ancora non mi ero fatta un’idea chiara sulla madre di Fred ma era sua madre e pur essendo una madre particolare e non capendo per quale ragione aveva scelto di far rinascere i ricordi del tedesco non osai dire una parola ne di accusa e nemmeno di scusa per quella decisione che poteva essere discutibile ma una domanda mi sorse spontanea e non riuscii frenare la lingua.
    Perché proprio ora?
     
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    "Se posso fare qualcosa non hai che da chiederlo. Non sono sua madre, non potrò mai prendere il suo posto, non l’ho partorita ma le voglio molto bene e lei ne vuole a me."
    Un pacato sorriso passò ad addolcire l'espressione burbera che ultimamente sembrava avere perennemente in viso, forse con tanto di aiuto della barba che sempre più di rado riusciva a domare radendola. Iniziava a rimpiangere i tempi in cui andava in giro in giacca e cravatta, o quelli ancora più lontani per cui la pulizia passava per un coltello ben affilato ed un po' di grasso di svariata origine; aveva sempre disdegnato la bacchetta per quell'operazione, piuttosto preferiva prendere le sembianze d'un orso bruno.
    [Hai già fatto abbastanza. Te ne siamo grati, entrambi.]
    Certamente a non essere grata per tutto ciò era Odile, la madre amorevole e tiranna, il suo angelo custode e tallone d'Achille. Certamente in quel momento anche l'ultima persona che avrebbe voluto vedere.
    La reazione di Vaike non fu esattamente come se l'era aspettata.
    Il resto del suo drink, ancora nel bicchiere, che lui ancora stringeva, venne rubato letteralmente e scolato dalla donna che sotto i suoi occhi sbigottiti...[Ma non eri astemia?!]
    Eh, forse sì dato che cambiò colore passando dal niveo della carnagione nordica al rosso delle aragoste.
    "Di lei so che è la madre di tua figlia, che era tua moglie e l’amavi. So che il destino o chi per lui te l’ha strappata privando una bambina dell’amore della sua mamma e un uomo della sua donna. Non so altro ma sono sicura che tua madre avrà provveduto e…mi dispiace tanto Fred."
    Era troppo. Alzò i palmi verso il soffitto, le braccia poggiate ai braccioli, la bocca appena dischiusa senza che riuscisse ad articolare...
    [Quindi anche tu sapevi che avevo una moglie e che mia figlia non era stata lasciata sulla porta di casa in un fottuto cesto e non mi hai detto nulla?!]
    No, non lo aveva fatto, nè lei, nè nessuno di coloro di cui si era circondato, di coloro di cui s'era fidato, di coloro che forse adesso erano gli unici a sapere della sua sopravvivenza. Gli veniva l'emicrania al solo pensiero.
    "Perché proprio ora?"
    A questo poteva rispondere. Strinse i denti alzandosi dalla poltrona.
    [Perchè pensavo di stare con te.]
    Il palmo battè sul pantalone all'altezza della coscia. Lo sguardo cercò qualcosa sulle pareti che non trovò. Ingoiò un boccone amaro.
    [Domani ripartiremo, leveremo il disturbo.]
    La mano passa alla nuca, la massaggia in un sospiro.
    Inspira.
    Espira.
    [Buonanotte Vaike.]
    Indicandole l'uscita della sala con il mento.
     
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    Avevo usato tanti modi per rapportarmi con Fred. Ero stata antipatica, ero stata molesta, lo avevo preso in giro scherzandolo con lui per la sua indole che definire irrequieta era mero eufemismo ma da quel che ricordavo non mi ero mai arrabbiata col tedesco. Non lo feci nemmeno in quella occasione. Non ero arrabbiata, ero furiosa.
    Come si permetteva anche solo di pensare di avessi potuto tenergli celato un segreto che lo riguardava. Un segreto che riguardava sua figlia e sua moglie poi….inaudito. Impensabile. Faceva troppo male solo l’idea che Fred potesse avere certi pensieri.
    Scaraventando a terra cuscini, plaid e quant’altro ci fosse sparso per divano sarei scattata in piedi senza nemmeno sapere come avevo fatto e lo avrei affrontato guardandolo dritto negli occhi. Dai miei avrei potuto sentire uscire le scintille e la rabbia era l’unica maniera per non far si che non si potessero inumidire.
    Gli avrei volentieri puntato la bacchetta contro ma il mio indice, diretto verso il suo petto era il segno inequivocabile di come mi sentissi e l’alcol non c’entrava nulla.
    Non sono ubriaca ma forse tu potresti esserlo ed è l’unico motivo per cui ti rispondo.
    Abbassando l’indice avrei portato le braccia lungo il corpo stringendo i pugni fino a far sbiancare le nocche il cui livore sarebbe stato in netto contrasto col rossore che sarebbe andato ad accendere il mio viso.
    Non sai quel dici o dici ciò che non pensi? L e tue accuse sono infondate e sbagliate. signor sottuttoio! Quello che so te l’ho riferito e sono notizie di seconda mano. Non ho ricordi diretti di tua moglie, credo di non averla nemmeno mai vista, non riesco a darle un volto o una voce ma se hai una figlia con qualcuno l’avrai pur fatta e non so dirti altro perché non SO altro! Intuizioni, deduzioni imprecise e forse inesatte che ho cercato di mettere insieme per dare un senso al tuo ritorno con una figlia a carico senza doverti fare domande che avrebbero potuto metterti in imbarazzo o feriti. E’ come se…ci fosse un vuoto nella mia mente, come se mi mancasse un pezzo, un periodo della mia vita del quale ho perso traccia. Non chiedermi il perché, non lo capisco nemmeno io.
    Sputando quelle parole addosso al tedesco mi rendevo conto di quanto fossero vere. Io stessa dovevo apparire atterrita per quelle affermazioni che, per la prima volta, esprimevo ad alta voce. Voci, immagini, ombre, figure eteree che apparivano e scomparivano davanti ai miei occhi senza che riuscissi a dar loro un senso. Era frustrante non potergli fare rimangiare le sue accuse con dei fatti certi ma di certo sapevo di non avergli tenuto nascosto nulla volontariamente ed era questa l’accusa non tolleravo.
    Sollevando la mano avrei cercato di scacciare le ombre che avrei visto soprapporsi davanti ai miei occhi. Ombre forse bugiarde, forse vere o inventare dalla mia mente che mi avrebbero messo in evidente disagio e quando finalmente anche le voci che le avrebbero accompagnare sarebbero state ridotte al silenzio sarei crollata. Le mie spalle si sarebbero abbassate seguite a ruota dai miei occhi che avrebbero preso a fissare un punto indefinito del pavimento.
    Dopo un silenzio che sarebbe apparso tanto denso quanto eterno forse avrei trovato la forza di guardarlo e nei miei occhi sarebbe apparso probabilmente qualcosa di più di ciò che le parole avrebbero espresso.
    Tu pensi che io sia in malafede e io sono certa di non esserlo. Non posso fornirti le prove di ciò che affermo, purtroppo non ne ho ma non puoi accusarmi di ciò che sai che non avrei mai potuto fare proprio a te. Anch’io pensavo di stare con te, con te e con Beatrix perché lei è ha bisogno di una mamma, perchè è tua figlia e io…la amo. Mi sono fidata di te anche quando farlo sembrava andare contro la logica; nel nostro mondo non sempre la logica e la supposizione corrispondono a verità. Se tu non riesci a farlo e nemmeno ad ipotizzare che la mia verità possa essere l’unica che conosco è giusto che tu vada. Non ti tratterò.
    La tristezza e la delusione sarebbero apparse evidenti dal tono della voce e dallo sguardo. L’espressione sarebbe rimasta fiera e risoluta. Non ci sarebbe stata traccia di dubbio nel mio esporre come sarebbe apparso palese quanto mi ferisse pensarlo deluso e arrabbiato, come sarebbe apparso chiaro a chiunque che avrei dato chissà cosa purchè restasse di sua volontà.
    Dopo un’ultima occhiata, se non avessi ricevuto reazioni atte a farmi capire cosa pensava, gli avrei girato le spalle per tornare nella mia camera, avrei chiuso la porta e finalmente avrei dato sfogo a ciò che avevo dentro.
     
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    “Non sai quel dici o dici ciò che non pensi? L e tue accuse sono infondate e sbagliate. signor sottuttoio! Quello che so te l’ho riferito e sono notizie di seconda mano. Non ho ricordi diretti di tua moglie, credo di non averla nemmeno mai vista, non riesco a darle un volto o una voce ma se hai una figlia con qualcuno l’avrai pur fatta e non so dirti altro perché non SO altro! Intuizioni, deduzioni imprecise ….”
    [E quando avevi intenzione di dirmi ciò che mi hai detto ora? A letto magari?! O magari ancora dopo? Dopo nove mesi magari?]
    Sta alzando la voce, le mani che s'erano indaffarate sul capo, sul volto, ora sono pugni stretti, il volto contratto in una smorfia adirata, ferita.
    “Tu pensi che io sia in malafede e io sono certa di non esserlo. Non posso fornirti le prove di ciò che affermo, purtroppo non ne ho ma non puoi accusarmi di ciò che sai che non avrei mai potuto fare proprio a te. Anch’io pensavo di stare con te, con te e con Beatrix perché lei è ha bisogno di una mamma, perchè è tua figlia e io…la amo.”
    [Purtroppo per te mia figlia si porta appresso un padre e quel padre sono io.]
    Che lei ami o meno la figlia che spesso le ha lasciato per brevi periodi durante quell'anno di macchia, missioni e vagabondaggio, o che la stesse usando per arrivare ad altro in quel momento non sembra avere particolare importanza. Non per lui che si agita in quel salone fino a poggiare i palmi al davanzale della finestra come se cercasse d'affacciarsi passando attraverso il vetro.
    “Mi sono fidata di te anche quando farlo sembrava andare contro la logica; nel nostro mondo non sempre la logica e la supposizione corrispondono a verità. Se tu non riesci a farlo e nemmeno ad ipotizzare che la mia verità possa essere l’unica che conosco è giusto che tu vada. Non ti tratterò.”
    Sta scuotendo il capo, la fronte che si poggia sul vetro gelido. Non gli bastava aver passato due settimane da cecchino e tre giorni da lupo, no, c'era anche quella faccenda che gli aleggiava per la testa da quando aveva fatto tappa per Londra, da solo.
    [Io non so più cosa pensare Vaike.]
    E' tornato ad abbassare il tono appannandole un semicerchio su quella dannata finestra. Essersi fatto la doccia non ha aiutato più che bere quel bicchiere di alcolico.
    [Ho bisogno di dormirci sopra, e di rifletterci sopra.]
    Ingoia, le dita si serrano sul marmo, poi si rilassano.
    [Ad ogni modo domani ce ne andremo, non possiamo restare qui. La traccia magica sarebbe intercettabile.]
     
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    [E quando avevi intenzione di dirmi ciò che mi hai detto ora? A letto magari?! O magari ancora dopo? Dopo nove mesi magari?]
    Come potevo parlati di qualcosa di cui non sono a conoscenza? Non sono nemmeno certa che le informazioni che ho siano corrette. Le ho messe insieme cecando di dar loro una logica che per quel ne so potrebbe anche essere inesatta. Immaginavo che tua madre sapesse molto di più ma non godo della sua confidenza.
    Evitai di rispondere al resto anche se la voglia di prenderlo a sberle era fortissima e palesemente confermata da uno sguardo torvo. Fred era evidentemente adirato e non ritenni il caso di fomentare l’ira per allusioni infamanti che speravo fossero dettate dalla rabbia. Mancava solo che avessi preso in considerazione l’ipotesi di un tentativo per incastrarlo e non avrei resistito ad appoggiare su quel bel faccino il palmo della mano in maniera affatto delicata. Nella sua vita ne aveva passate tante ed ero certa di conoscerne solo una minima parte. Aveva avuto a che fare con ogni sorta di genere umano e disumano. Che fosse diffidente di ci stava, che desse per scontata la sua versione senza tenere conto della mia gettandomi nel calderone dei peggiori no.
    [Purtroppo per te mia figlia si porta appresso un padre e quel padre sono io.]
    E’ una delle poche certezze che ho e non sarebbe stato un problema. Credo che sarei riuscita ad amare entrambi se mi avessi concesso un po’ di fiducia.
    Per quanti difetti Fred potesse avere non aveva una mente ottusa. Se solo si fosse concesso il beneficio del dubbio e avesse riflettuto avrebbe compreso che pur essendo ben lungi dall’essere perfetta non ero in malafede. Quello era il nostro primo vero litigio, gli animi erano caldi e troppo scossi per continuare una discussione che aveva bisogno di essere digerita.
    Le ultime frasi del tedesco mi giunsero mentre ero già diretta in camera mia, da oltre la porta avrebbe potuto udire una voce triste e un sospiro ma non avrebbe potuto vedere l’espressione afflitta del mio volto.
    Prenditi il tempo che ti serve. Abbi cura di te e della piccola, dille che le voglio bene.
    Avrei avuto tutta la notte e probabilmente molti altri giorni ancora per pensare a quella discussione e se fossi stata saggia sarei arrivata alla conclusione che era capitata al momento giusto. Prima che le cose andassero oltre, prima che qualcuno si potesse fare molto più male. Fred aveva già sofferto a sufficienza ed io pure.
     
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