Viaggio in tremo

Jack

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    [Attenta Bea, attenta allo scalino!]E la mano scatta avanti ad acciuffare quello scricciolo arruffato per la stoffa del vestitino pastello. Con un piccolo sforzo la issa sul gradino più alto del treno prima di seguirla con lo zaino carico piantato sulle spalle. La sinistra prende la manina di lei che curiosa, ma ormai pratica, setaccia con gli occhi verdi e vispi tutto il corridoio del vagone {Libero.} La vocina dà l'ok al padre che deve aver approfittato del viaggio per insegnarle anche un po' di gergo utile.[Andiamo allora.] Le sorride da dietro la barba ispida e brizzolata.
    La bimba, un esserino tutto pepe, ossa e vitalità, tiene in mano i due biglietti timbrati. Avrà cinque anni, non di più ed individua istantaneamente la cuccetta a loro destinata. {Qui.} La indica varcando la soglia con il padre al seguito tirato per tre dita fra cui il mignolo metallico lucente come mercurio liquido.

    Il grosso zaino che contiene i cambi di entrambi, due sacchi a pelo, una tenda e molto, molto altro, viene semplicemente poggiato in terra troppo pesante per essere caricato in alto da un solo arto degno di questo nome, troppo ingombrante per entrare nella griglia e poi perchè sforzarsi quando si è soli in un ambiente di sei posti?

    Il Mago chiude il portellone e s'accomoda placidamente su una delle sedute centrali, la schiena al morbido cuscino, la testa un poco reclinata all'indietro, la mano destra che cerca un fastidioso dolore all'altezza del costato. Ha l'aspetto di un orso di montagna, uno di quei viaggiatori impolverati e dalla pelle coriacea con la giacca di cuoio liso sotto cui nasconde una doppia fondina da spalla: Bacchetta e pistola modificata magicamente a proiettili d'argento.
    La bimba stra frugando nello zaino in una delle tasche più piccole[Cosa cerchi?] La piccola indaffarata attende a rispondere, le guanciotte imporporate.{Le tue cose del medico.} Neanche avesse trent'anni. Il mago sbuffa piano dal naso rassegnato ad avere una infermiera provetta formato tascabile. [Le ho già prese...]Sembra l'inizio di una discussione fra padre e figlia, una discussione iniziata quando la cucciola lo aveva visto per la prima volta senza la protesi che ora gli sostituiva il braccio sinistro.
    Fred si rilassa, quei dolori diffusi sarebbero passati, non male per un uomo morto poter ancora sentire le ammaccature. {Perchè andiamo via dall'Irlanda?} La domanda del giorno. [Perchè piove troppo.] Come in quel momento, fittamente ad oscurare il paesaggio fuori dal finestrino.
     
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    Starò facendo bene? Oppure mi sono di nuovo lasciato prendere dalle emozioni e sto permettendo al fato di riservarmi l'ennesimo tiro mancino?
    Sinceramente, non me ne frega un cazzo di niente.
    Ho rimandato tutto questo per tanto, troppo, tempo e ora non ho più intenzione di farlo.
    Logan, quel mio amico fraterno del quale ho vendicato la morte in un tempo che oramai mi appare così lontano, sarebbe felice di vedermi finalmente ultimare ciò che abbiamo cominciato insieme.
    Anche perché, va ammesso, nonostante il mio stile di vita mi preservi fisicamente giovane l'incedere degli anni, si sa, prima o dopo non fa sconti a nessuno.
    Eccomi qui quindi, nuovamente pronto a partire per l'altra parte del mondo dopo decenni dall'ultima volta.
    Ho portato con me solo lo stretto indispensabile: cinque cambi completi, il manoscritto mai finito che avevamo iniziato, due penne a sfera, un cellulare, un notebook con sopra alcuni file per il lavoro, mille galeoni d'oro, duemila Euro Babbani da cambiare lungo la strada, roba per la toletta personale e degli snack dolci e salati - confezionati e infilati in borsa sotto insistenza di Darragh - per il viaggio.
    Il tutto è ora riposto con ordine in una sacca da viaggio in pelle, sottoposta ad un incantesimo espansivo irriconoscibile, che mi pende sulla schiena mentre salto sulla terza carrozza del treno nazionale che copre la direttamente la distanza da Birr all'aeroporto di Dublino in appena due ore.
    Stringo nella destra il mio biglietto e, con aria spensierata, scorro i numeri sui vari scomparti ricercando quello a me assegnato.
    È incredibile, invero , percepire la profonda influenza positiva esercitata sul mio umore da ciò che sto per fare; è come se stessi per lasciarmi - con alcune riserve ovviamente - alle spalle i demoni del mio passato per riprendere i passi di una giovinezza finita troppo presto.
    Riconosco il numero dello scomparto a me assegnato sulla porta dello stesso, così afferro il pomello e faccio scorrere la porta verso sinistra. A quanto pare non sarò solo per il tragitto dato che, seduti su due dei tre sedili di rimpetto al mio, scorgo un uomo sulla trentina inoltrata accompagnato da una bambina che, ad occhio e croce, non può avere più di sei o sette anni.
    In balia di un piccolo sprazzo di deformazione professionale, estrapolo tutti i dettagli di quella inaspettata coppia di persone nel tempo di uno sguardo.
    La piccola, nell'insieme, sembra ben nutrita, vestita in modo semplice ma curato, dotata di cipiglio sveglio e di uno sguardo molto arzillo.
    L'uomo, che potrebbe essere il padre o un parente vista la somiglianza con la bambina dettata da alcuni lineamenti molto simili, visivamente offre l'esatto opposto: ha un aria trasandata e trascurata, veste con un cappotto in cuoio liso, piega saltuariamente le labbra in una lieve smorfia di dolore e ricambia il mio sguardo con diffidenza.
    In tutto ciò passano appena una manciata di secondi, quantità di tempo sufficiente a far sorgere in me la sensazione di aver già visto quell'uomo da qualche parte e a creare una lieve ma palpabile tensione nell'atmosfera che ci circonda.
    Non ho intenzione di andare oltre, sono fuori servizio e in congedo temporaneo.
    "Buongiorno!", esclamo con disinvoltura sedendomi al mio posto e lasciando cadere la sacca da viaggio sul sedile di fianco momentaneamente vuoto.
    Potrei giurare di aver sentito pronunciare all'uomo qualcosa in merito alla troppa pioggia appena prima che io aprissi la porta, tuttavia non ne capisco il motivo: è solo una tipica giornata ottobrina Irlandese.
    Faccio scrocchiare il collo e assumo una posizione più comoda, cominciando a ragionare sul come muovermi dopo essere atterrato a destinazione.
    Distrattamente infilo la mano sinistra nella borsa e, facendo cadere qualcosa che va a scontrarsi più o meno rumorosamente con qualcos'altro, estraggo un pacchetto di Mentos alla frutta e me ne infilo una in bocca.
    Il treno parte accompagnato da un leggero rumore metallico e io, sentendomi osservato, sposto lo sguardo sulla bambina di fronte a me.
    Mi sta guardando con cipiglio astioso ma non riesce a celare, nel frattempo, un certo interesse per il pacchetto di caramelle ora riposte nella mia tasca dei pantaloni. Senza pensarci due volte, quindi, tiro afferro i confetti e li porgo verso la ragazzina.
    "Ne vuoi una signorina?", chiedo con tono gentile prima di volgere la mia attenzione al suo accompagnatore, "Ovviamente se per lei non è un problema, Signor?"
    Nessuna forza al mondo può impedirmi, nonostante la mia momentanea ma profonda tranquillità d'animo, di indagare sempre un po' sulle cose. Anche se in questo caso, vista la situazione, il mio comportamento può benissimo passare come un'innocua presentazione di tre estranei su un mezzo di trasporto babbano diretto verso l'aeroporto della capitale Irlandese.

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    Ci sarebbe voluto ancora un po' per riprendersi, un po' per rimettere su peso e respirare al pieno della capacità polmonare, un bel po' per far riabituare il sistema nervoso a quella nuova condizione, un po' meno per consentire al braccio artificiale di lavorare alla pari di quello naturale, in tutto questo il mercato nero non era stato parco e cure e medicinali erano stati di ottima levatura salassando solo parte del suo anonimo portafogli.
    Le guance ispide e relativamente scavate, i vestito volutamente lisi, l'utilizzo di mezzi babbani per viaggiare dentro e fuori dall'Europa....persino quel paio di lavoretti nelle lande gelate della grande Madre Russia erano andati bene, forse un po' meno puliti del solito ma sicuramente veloci, indolori.

    La bimba gli si accomoda accanto arrampicandosi sul sedile dalla parte del finestrino e spiaccica le manine sul vetro intriso di pioggia. Con uno scossone il treno parte ed il mago espira preparandosi ad incrociare le dita in grembo per rubare qualche ora di dormiveglia ad un viaggio in allerta, una dote da militare, una dote animale, chiudere due occhi ma averne sempre uno 'aperto', i sensi allertati, il rigonfiamento piacevole delle armi nei pressi di entrambi gli arti, nascoste.

    Dura poco.
    Passi in corridoio, s'avvicinano spediti, si fermano avanti al portello.
    Libera le dita dal loro intreccio, addossa la testa al muro di divisione della cuccetta allineando la tempia alla parte fissa del portello occludendo così mezzo corpo ad una primissima visuale esterna.
    La piccola ha fatto altrettanto limitandosi a prendere una posizione composta. Nulla di anomalo ad occhi esterno.

    Il portello si apre.
    Maschio. Bianco. Mani libere. Solo.
    Tensione.
    Fisico asciutto. Zaino. Biglietto alla mano.
    Lo studio durerà pochi secondi, uno squadrarsi a vicenda che si concluderà con un [Buongiorno], {Giorno} da parte di entrambi. La piccola prende a dondolare le gambette dai piedini sospesi, guarda l'uomo con una certa curiosità mista a diffidenza. Lo stregone è rimasto nella medesima posizione invece, solo la nuca s'è staccata dal muro mettendosi in linea con il capo.
    Le caramelle hanno tutti gli occhi brillanti della bimba che dopo aver dato un'occhiata al padre e ricevuto assenso prende iniziativa.
    Non si alza dal sedile, allunga solo una manina a prendere l'eventuale confetto che però non infilerà in bocca ma in tasca. Il gesto, volutamente veloce perchè afferrarla richiederebbe un certo impegno, non è però fulmineo al punto da risultare anomalo.{Grazie.} Pigola quella continuando a fissare lo sconosciuto.
    [Deve scusarla, credo le piacciano le sue calzature.] Eventuali stivali o scarpe dell'uomo, eventuali gambali nascosti, oggetti di vestiario che la bimba sta realmente osservando.[Va matta per le scarpe, come sua madre.] E sulle labbra dell'uomo un sorriso tranquillo. [Io sono Mike, lei è Selene.]La bimba alza la mano emulando un 'ciao'.[Dove è diretto?]
     
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    Quello che, idealmente, potrebbe essere il padre della bambina compie un fugace gesto accondiscendente verso le intenzioni di quest'ultima, permettendomi così di farle scivolare una Mentos alla fragola direttamente nella manina celermente protesa dalla piccola verso la mia persona.
    Essa afferra il confetto è, con mia sorpresa, rimanda il momento per gustarselo ad un secondo momento preferendo, invece, conservarlo in tasca.
    Comportamento strano ma non del tutto inusuale per un bambino della sua età, ricordo benissimo quando Logan raccoglieva le patate al forno nel tovagliolo e se le portava in camera per mangiarle ad orari improbabili.
    Mentre la piccola continua a fissarmi con aria vagamente interessata, l'uomo alla sua destra prende la parola per rispondere alla mia domanda di poco prima.
    Volgendo la mia attenzione su di lui, senza nemmeno volerlo, capto quante più informazioni possibili da ciò che la sua voce mi offre in materia di studio.
    Egli parla ostentando calma e sforzandosi, con risultati ammirevoli, di celare un accento duro e palesemente estero che riesco a inquadrare come di matrice Germanica o comunque Nord-Europea.
    Una piccola discrepanza nelle sue parole mi fa suonare un campanello, che ignorerò prontamente, nel cervelletto.
    Dice di chiamarsi Mike, non un nome o un diminutivo comune per la sua da me ipotizzata area di provenienza; tuttavia decido di non dare peso alla cosa autoconvincendomi di trovarmi semplicemente in compagnia di una classica coppia padre-figlia o roba simile.
    Sorrido di ricambio alle parole dell'ipotetico Mike, e istintivamente, sposto lo sguardo sulle mie calzature.
    Indosso, sotto i cargo neri, un paio di stivaletti scuri in cuoio di drago (conciato per essere indistinguibile dalla pelletteria babbana) alti fino sopra la caviglia: nulla di tropo particolare insomma.
    Incrocio per un istante lo sguardo della piccola e, strizzandole l'occhio con fare divertito, le sussuro con ostentato coinvolgimento: "Belle vero? Non puoi immaginare quanto siano anche comode per un vecchietto come me!"
    Battlin' Jack McCormac ha un cuore tenero? Se in mezzo ci sono dei bambini, cazzo, si.
    Durante questa mia micro conversazione con la piccola, il suo accompagnatore snocciola una presentazione veloce e mi pone subito una domanda riguardo i miei spostamenti.
    Dal canto mio, riassumendo una posa "matura" sulla mia seduta, valuto quanto dirgli.
    Ovviamente, non essendomi fatto ancora una chiara idea di chi mi sta seduto di fronte, sarebbe quantomeno imprudente palesare la mia intenzione raggiungere il continente americano; anche solo banalmente per il fatto che il babbano medio non affronta viaggi così lunghi portando con sé solamente una logara sacca da viaggio come quella che giace sul sedile di fianco al mio.
    Innanzitutto, quindi, decido di presentarmi. Tendo la mano destra a Mike e, annuendo con tranquillità, riprendo la parola utilizzando un tono estremamente calmo.
    "Piacere mio Mike, il mio nome è Jack, Jack McCormac."
    La mano del moro si blocca a mezz'aria mentre egli assume, per una frazione temporale quasi impercettibile, un'espressione quantomeno "sorpresa".
    Dettaglio questo che, se accompagnato dalla prontezza di ripresa dimostrata dal mio dirimpettaio, passerebbe inosservato agli occhi di chiunque, tranne che ai miei.
    Tuttavia, poiché con mio malcontento la fama mi precede, sono ormai abbastanza abituato ad essere riconosciuto dalla gente e ipotizzo che, nonostante una coincidenza simile abbia bassissime probabilità di manifestarsi in un luogo come quello, potrei addirittura trovarmi in compagnia di altri due maghi.
    Purtroppo, però, questo non è il luogo migliore in cui cercare risposte alle mie supposizioni, così mi limito a produrre una risposta soddisfacente alla curiosità del mio sconosciuto compagno di viaggio.
    "Sono diretto all'aeroporto di Dublino per un viaggio di lavoro, voi invece? Lasciatemelo dire, se siete due turisti avete scelto proprio il periodo più sbagliato per visitare l'isola di Smeraldo!"
    Lascio momentaneamente da parte i miei sospetti e increspo il lato sinistro delle labbra in quello che dovrebbe essere un sorriso cordiale, rivolto a entrambi i presenti.
    Nel frattempo, con la coda dell'occhio, riesco a riconoscere il profilo della stazione crocevia di Tulach Mhòr; da qui il nostro treno virerà in direzione sud-est, per poi risalire verso Dublino solo una volta giunti a Kildare.

     
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    La bimba sta guadrando gli stivali, gli stinchi dell'uomo. Mette in pratica gli insegnamenti del padre con la goffagine dei principianti mascherata da curiosità infantile, i suoi occhioni verdi con tracce metalliche si alzano sul volto attempato dell'uomo dopo aver, o almeno crede, individuato la mancanza di brutte sorprese nascoste nell'aria piede-ginocchio. Gli sorride, un bel sorriso aperto, un poco timido, un poco timoroso.{Sono di pelle finta allora! Nonna dice che la roba di pelle vera fa male.} agli animali, ma sono dettagli, soprattutto contando che teoricamente anche loro, padre e figlia, rientrano fra le bestie dotate di pelliccia almeno per tre giorni al mese.

    Intanto lo stregone continua il suo studio. Un babbano? Un mago? Le cuciture delle calzature dell'ospite potrebbero trarre in inganno ma la texture della pelle è un marchio per un esperto. Per quanto simile al cuoio la pelle di drago ha le classiche scalfiture leggermente rilevate nelle quali si insediavano le squame, semplici pieghe agli occhi di un nomag, indizio prezioso per lui.
    Un indizio che prepara il cuore al tuffo che sta per fare in caduta libera nella gabbia toracica.
    [ Molto piacere.] Ecco, l'accento si è fatto leggermente più duro, forse la pupilla s'è allargata nel sentire e riconoscere quel nome ma il resto del corpo ha reagito bene, persino l'aria naturalmente gioviale non gli ha abbandonato il viso.
    La stretta è energica, con la mano naturale, la destra. Dura poco.
    [Noi scendiamo fra due fermate, ci aspetta un autobus, mia cugina si è ripromessa di rimediare al tempaccio] perché sì, è un periodo pessimo quello per fare i turisti ed una fermata è troppo poco per essersi presi la briga di salire in treno, ma tre, contando quella che hanno praticamente raggiunto, tre è un numero accettabile.

    La bimba continua a guardare l'uomo, adesso ha le sopracciglia aggrottate, che anche lei lo conosca? Probabile visto che sta imparando a leggere usando le liste delle varie persone da evitare, eliminare o entrambe le cose.
    { che lavoro fai? Sei vecchio, vecchio! Papà fa il dottore, ai vecchi serve...} , [ Selene! Non essere scortese!] il rimprovero verbale viene recepito con un broncio ma si conclude lì, la bimba non fa i capricci né insiste, solo continua a fissare l'uomo.

    Edited by Amok - 27/8/2020, 15:28
     
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    Colgo con un sorriso sghembo la risposta della piccola al mio sussuro di poco prima, benché mi trovi leggermente in disaccordo con lei.
    È risaputo, in effetti, che da una pelle ben conciata si ottengono gli abiti più resistenti e comodi, specie se il cuoio in questione viene prelevato da un animale potente e intriso di magia come un drago adulto.
    Certo, per quanto mi riguarda visto il mio profondo rispetto per tutte le creature, sarebbe preferibile se i materiali in questione venissero prelevati da da un esemplare magari già morto per cause naturali e non appositamente allevato e ucciso
    Infondo però io, noi, non siamo nessuno per fregiarci di "poter cambiare il mondo".
    La mano di Mike, nel frattempo, si serra introno alla mia con una presa effettivamente molto energica, dettata con ogni probabilità dall'evidentemente giovialità intrinseca nel carattere del mio interlocutore.
    Sciogliendomi leggermente le spalle, presto orecchio alla risposta del moro cercando di non perdermene nessun pezzo poiché in quel preciso momento il treno passa su un ponte metallico producendo un rumore infernale.
    "Un autobus eh...", ribatto in tono vacuo ma cordiale, "Vi fermerete nel paese ancora per qualche tempo quindi?".
    L'ultima domanda suona vagamente retorica nella sua essenza, benché in realtà cerchi una risposta atta a portare un po' di chiarezza nelle intenzioni di quell'uomo che, col passare dei secondi, assume sembianze sempre più familiari ai miei occhi.
    Dove diavolo l'avrò già visto? E, soprattutto, per quale motivo?
    Ostento con ottimi risultati una calma convincente, lasciandomi però contemporaneamente pervadere dal mio istinto indagatore che, ormai a briglia sciolta, immagazzina informazioni captando anche i più piccoli particolari.
    La bambina pone una domanda innocente e comincia a rilasciarmi qualche piccolo dettaglio sul suo accompagnatore, salvo essere bloccata abilmente da quest'ultimo prima di dilungarsi troppo.
    "Non si preoccupi, in effetti la piccola ha ragione: in confronto a lei sono proprio un vecchietto."
    Strizzo nuovamente l'occhio alla ragazzina e, con un movimento perfettamente calibrato, estraggo il laptop dalla sacca accendendolo.
    "Vogliate scusarmi, mi sono appena ricordato di dover mandare una mail."
    Mi sistemoo lo schermo sulle ginocchia e, aprendo una nota bianca, inizio a mettere per iscritto qualche appunto schematico.

    • Due soggetti, lui adulto lei bambina. Soggetto di interesse: Lui.
    Descrizione: Maschio, caucasico, sulla trentina, capelli scuri, occhi chiari, 1,80 ca. , 75 kg ca. , accento estero probabilmente Germanico...•


    Alzo brevemente gli occhi e, offrendo un sorriso alla bimba noto un particolare dell'uomo che è ora vagamente visibile sotto la barba solo grazie al fatto che il soggetto il questione volge il capo verso lo sportello dello scomparto, scoprendo il collo.

    • Cicatrice lineare visibile situata nella parte sinistra del collo.•.

    A questo punto, più per abitudine che per necessità, apro i miei file personali riguardanti i soggetti che, per un motivo o per l'altro, risultano segnalati presso il dipartimento Auror del ministero Irlandese.
    Inizio una scrematura manuale, comparando le schede segnaletiche con i dettagli appena raccolti.
    Mentre il treno supera un'altra stazione, la penultima per i miei dirimpettai a sentir loro, ottengo un riscontro più o meno parziale su cinque soggetti diversi: tre catturati, uno sotto protezione e l'altro presumibilmente deceduto.
    A questo punto, lanciando ogni tanto qualche sorriso sghembo ai presenti, comparo i segni particolari dei miei risultati cercando un qualcosa che possa darmi un riscontro totale.
    Ci metto ben poco.
    Il profile del soggetto ritenuto morto, seguitando una lunga lista di reati contro la comunità magica e non di gravità variabile, reca nella sezione segni particolari poche ma chiare indicazioni:

    • Il ricercato F. A. Aldrich riporta una vistosa cicatrice nella zona ioidea-pettorale procuratosi in circostanze misteriose. Si rende noto, inoltre, che il soggetto in questione è da ritenersi armato e potenzialmente pericoloso.

    Vice Capo Auror Monahan.


    Rimango a fissare lo schermo per un istante, quasi incredulo dinnanzi a ciò che sta succedendo, prima di raggiungere la foto segnaletica sul fondo della pagina con un colpetto sul touch-pad.
    Lo scatto in questione è di qualità medio-bassa e offre solo una visuale del soggetto posto parzialmente di profilo.
    Lo stesso profilo che il mio precedente interlocutore mi sta offrendo in questo preciso istante.
    Con una calma predatoria chiudo il computer e lo ripongo nella sacca, preparandomi a far scivolare fuori la bacchetta dalla manica del giubbotto qualora ve ne fosse bisogno.
    Mentre
    Il mio sguardo si posa brevemente sulla bambina intenta ad osservare il paesaggio esterno, prima di incontrarsi in pieno con quello dell'uomo che nel frattempo ha ripreso a guardare nella mia direzione.
    Ci fissiamo dritti negli occhi per un paio di secondi, in silenzio, studiandoci palesemente a vicenda e soppesando le reciproche intenzioni.
    D'un tratto, senza preavviso, rompo il silenzio ritraendomi leggermente sulla seduta.
    "Friedrich August Aldrich.", sentenzio in tono basso ed incolore, "Sei incredibilmente loquace per essere morto. Nonono, fermo. Non voglio creare scompiglio davanti alla bambina, tieni le mani dove posso vederle e comincia a cantare."
    Mi tengo pronto a flettere l'avambraccio sinistro, preparandomi ad astrarre il mio catalizzatore in betulla al primo cenno di bisogno.

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    [Speriamo di sì, un mesetto almeno.] Parole cordiali di un umano cordiale, comune. Due esseri umani provi di magia, ignari del mondo magico avrebbero potuto tenere la medesima conversazione nel medesimo modo,eppure lo schema restava lo stesso. Fra lui e la piccola in quell'anno si erano instaurate delle dinamiche, delle accortezze, delle strategie utili a lei per non restare orfana e a lui per non veder partire qualche altro pezzo di sè. Ecco quindi quella frase innocente, quell'essere curiosa ed un poco invadente cui il padre mette rimedio e al quale l'uomo attempato accorre a porre una buona parola.
    Teatro.
    Spie.
    Allarmi.

    Il treno sferraglia, una stazione passa. L'uomo avanti a loro si muove, il laptop viene estratto.
    "Vogliate scusarmi, mi sono appena ricordato di dover mandare una mail."
    [Ma certo, faccia pure.]
    Cordialità anche in quel sorriso fra la barba ispida e appena spruzzata di qualche filo bianco.
    L'uomo scrive, alza lo sguardo ed incontra quello dello stregone, un paio d'occhi chiari d'un grigio tendente all'azzurro, un taglio ferale,a tratti affamato. Abbassa nuovamente l'attenzione il loro ospite, le dita che digitano rapide permettendo allo stregone di mandare un'occhiata alla piccola, eloquente, rapida.
    La cucciola recependola prontamente si infila una manina in tasca, la stessa tasca nella quale ha fatto scivolare la caramella solo pochi minuti prima e nulla di strano se la ritrae chiusa a pugnetto come se effettivamente avesse ripreso per sè quel confettino pronta a gustarlo.

    L'uomo avanti a loro sta ancora scrivendo, alza lo sguardo di tanto in tanto ma ciò che egli nota è sopra la linea del busto, peccato non guardi in basso dove la falda sinistra della giacca lisa è stata appena scostata.
    {Papà, mi accompagni in bagno?} Pigola la cucciola alzandosi [Certo, ma devi essere veloce, siamo quasi arrivati.] La bimba annuisce convinta apprestandosi al padre mentre questi inizia ad alzarsi. In quell'istante la faccia dell'uomo che fissa lo schermo si contrae in una smorfia di incredulità.
    Il doppio CLIK dello scatto inquadrerà il mago di profilo parzialmente coperto dal retro della testolina della piccola già proiettata verso la porta scorrevole.

    "Friedrich August Aldrich."

    Male.
    La piccola si volta di scatto come se avesse ricevuto un ordine e velocissima lancia verso Jack quello che tiene in mano puntando direttamente alla sua faccia.

    L'oggetto, tirato a distanza ravvicinata si presenta come una sorta di fagiolo che nella parabola inizierà a dispiegarsi:un velenottero che aprirà le proprie ali e fauci a meno di cinque centimetri dal naso dell'uomo urlando la propria fame.


    [No!] Troppo sensibile la cucciola, troppo frettoloso l'intervento ma ormai è fatta, bisogna usufruire del parziale vantaggio del trambusto, che l'animale sia andato a segno o meno. La bacchetta evocata, emergerà dalla falda già scostata della giacca, piazzandosi fra le dita del tedesco ormai del tutto eretto. Uno svolazzo muto a frustare l'aria basterà per cercare di schiantare l'uomo che, se non ancora seduto, sicuramente sarà nel raggio ravvicinato che la cuccetta offre e, con un po' di fortuna, anche con un grazioso mostro volante appiccicato al cranio.
    {Libero!}
    La bimba ha aperto la porta e lanciato un'occhiata al corridoio.
    No Maghi, no babbani.
    Imminente sarà la falcata del padre che a guardia ancora alta cercherà di raggiungere il contatto per attivare la smaterializzazione.
     
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    Ecco cosa succede a coinvolgere una bambina nella propria corociata contro la legge.
    Ti fa saltare la copertura, come minimo.
    Oppure, può andarti leggermente peggio, e un suo gesto impulsivo può bruciarti anche la più minima possibilità di dialogo.
    In questo caso, ahimè, prende forma la seconda ipotesi.
    In un fuggi fuggi generale, la piccola mi scaglia addosso un piccolo bozzolo verde ricoperto di piccoli aculei, so bene di cosa si tratta: un fottuto velenottero.
    ~ È evidente che non hai idea di chi io sia, signorina...~ , cogito flettendo prontamente le ginocchia per mandare l'animale - completamente formato - a sbattere contro il finestrino, ~ Oppure non ti sogneresti mai di usare una creatura magica contro di me ~.
    Mentre i due si danno alla fuga faccio scivolare la bacchetta dalla manica e, passandola sotto l'ascella destra, lancio un incarceramus sull'animale alle mie spalle, serrandogli le ali con delle piccole ma resistenti catene.
    Esso, immediatamente, tenta la fuga regredendo allo stato di bozzo, costringendomi ad appellare la mia sacca da viaggio per chiudercelo dentro.
    Ora mi ritrovo un velenottero incazzato, libero e disorientato che svolazza tra le mie cose nello spazio incantato e virtualmente infinito della mia sacca da viaggio in pelle.
    Ci penserò poi.
    Soprattutto perché, senza preavviso, l'inconfondibile sibilo di uno schiantesimo che fende l'aria sopraggiunge da appena oltre la porta.
    D'istinto, calcolando di non avere il tempo necessario per deviare il colpo, mi butto lungo disteso sui seggiolini dello scomparto, schivando quasi completamente l'attacco.
    Quasi perché, nel lanciarmi, il fascio di luce mi striscia sul braccio destro prima di andare a scomparire contro la lamiera del treno.
    Dolore, probabilmente qualche microfrattura, rabbia.
    Fino a qualche istante prima avrei anche potuto lasciare ad Aldrich una finestra di dialogo, ora lo farò parlare solo dopo averlo neutralizzato.
    Repentinamente afferro la borsa con la mano dolorante e, tenendo alta la bacchetta dinnanzi a me con la sinistra, mi butto all'inseguimento.
    Gli spazi stretti del treno, coadiuvati dalla dinamicità dei fatti, non hanno permesso alla coppia di allontanarsi più tanto dal "nostro" scompartimento.
    Scorgo i due riconrrersi dinnanzi a me, la bambina è palesemente agitata e fuori controllo; mentre il padre cerca di raggiungerla, probabilmente, con l'intenzione di smaterializzarsi.
    Punto il catalizzatore davanti a lei e, silenziosamente, casto un Salvio Hexia delimitando l'ingresso del corridoio: ci manca solo che qualche babbano, alzandosi per andare al cesso magari, veda due persone sparire nel nulla.
    Avanzando a grandi falcate, punto la bacchetta verso le gambe del fuggitivo adulto cercando di mandare a segno il colpo.
    "Gravilimbus!"
    Nel trambusto generale non capisco se l'incanto vada a segno con sufficente precisione per sortire l'effetto sperato, sta di fatto però che ora ho la mia preda a portata di braccio.
    La mano della piccola avvolge quella di suo padre nel medesimo istante in cui, con un tonfo sordo, il mio diretto destro incontra la spalla di quest'ultimo.
    CRACK!
    uno "strappo" al basso ventre, la sensazione conosciuto di giurare come una trottola: mi sto smaterializzando con loro. Serro la presa sul braccio del tedesco e, ripromettendomi di voomitargli addosso appena torneremo ad avere un appoggio solido, mi concentro sul non rischiare di spaccarmi e lasciare qualche pezzo per strada.
    ~ Fanculo, odio seguire la materializzazione di qualcun'altro. ~
     
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    Il Velenottero viene lanciato magistralmente, deve darne atto alla cucciola. Peccato che quel diavolo di vecchio abbia i riflessi più pronti di quelli dell'intero reparto Auror londinese, giovani reclute comprese.
    Con la coda dell'occhio lo stregone vede l'uomo chinarsi e l'animale, completamente formatosi durante la parabola, schiantarsi contro il finestrino. Urlo di fame e della bestia ed il cacciatore volge la schiena per fronteggiarla. Borse volano, ali si abbattono, urla animali, incanti.

    Il parapiglia in quell'esiguo spazio è ai massimi storici. La bimba è uscita dallo scomparto, il tedesco ha afferrato la bacchetta, il velenottero è stato incarcerato. Vola lo schiantesimo contro il cacciatore al 'via libera' della piccola. L'incanto manca in parte il bersaglio. [ Una fottuta anguilla!] sibila fra i denti la considerazione ai danni del vecchio mentre già si slancia verso la figlia castando su se stesso un Fianto Duri contro la codardia di alcuni soggetti del Ministero. Non avrebbero colpito una bambina ma un ricercato alle spalle sì.

    La fottuta anguilla nel mentre s'è rialzata, è vicina, anche troppo. La bacchetta si solleva e dalla punta viene emesso un fiotto d'aria ad alta pressione, un Labefactum che dovrebbe colpire il cacciatore e restituirlo ai sedili nel momento in cui il Gravilimbus parte per l'aria venendo neutralizzato solo in parte dallo scudo del tedesco. Una gamba gli si addormenta [ CAZZO]lo slancio si blocca, i muscoli non rispondono [ Piano C!] urla alla piccola che, rossa in viso per la paura e la tensione, andrà ad innescare un meccanismo potenzialmente nascosto nel suo orologio di topolino.

    Un FLOP e la bimba scompare, trasportata oltre, via dal treno.
    Il tedesco fa attempo a vederla dissolversi per girarsi e fronteggiare l'uomo di petto.
    Il gancio è già partito, supera la guardia del giovane e gli si abbatte sulla spalla sinistra, articolazione alla quale è stata di recente attaccata la protesi. Il dolore gli mostra le stelle. Digrigna i denti gemendo, la mano con la bacchetta cercherà di afferrare il vecchio per il bavero, stretto, addossandoselo al petto.

    Si smaterializzano.
    La nausea.
    Il mondo che ruota.
    Riprendono consistenza.
    Avanti al vecchio uno specchio, dietro le sue cosce la tazza di un gabinetto.
    Sono nel bugigattolo del treno, un bagno di un metro per due.
    Il treno sferraglia, rallenta, si ferma in stazione con uno scossone che se li porta dietro, il tedesco ad 'abbracciare' il cacciatore cercando di conficcargli una gomitata nello stomaco, il vecchio che potrebbe, forse, ritrovarsi impicciato contro la tavoletta del cesso.
     
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    Sento un forte crack, nelle orecchie.
    e riacquisto coscenza del mio corpo, evidentemente ci siamo rimaterializzati da qualche parte.
    Tastando la pavimentazione coi piedi capisco di trovarmi in uno spazio molto chiuso è ristretto, un posto non troppo grosso e, sicuramente, non adatto a due persone della nostra stazza.
    È evidente a questo punto che ci troviamo in un bagno o in un qualcosa di molto simile, con ogni probabilità è Il bugiattolo del treno stesso.
    Uno sguardo veloce nello spazio irrisorio che ci circonda mi permette di accorgermi, nel giro di pochi secondi, che la bambina è sparita.
    Probabilmente spedita in qualche "posto sicuro" dal padre.
    Padre che, ora, mi sta avvinghiato come un mollusco allo scoglio.
    Ho pochissimo spazio di manovra, giusto venticinque centimetri per braccio che, prima di subire una sovrumana gomitata nelle costole, ero intenzionato ad usare per ficcare dei poderosi ganci a due mani sul mento del mio avversario.
    Quella prima strategia è andata a farsi benedire e il mio nemico, nonostante il suo peso inferiore rispetto al mio, si sta rivelando incredibilmente forte.
    Fin troppo forte per essere solo un uomo.
    Devo cambiare strategia.
    "Aia!", esclamo in un ringhio rabbioso, "Cominci a starmi veramente sul cazzo."
    Il treno fa tappa in una stazione, scuotendoci dal nostro stallo e dandomi una piccola finestra per agire.
    Con un movimento fulmineo riesco ad infilare la bacchetta in un tascone laterale dei cargo prima di avvolgere il collo del moro con le braccia e puntargli, con cattiveria, i gomiti negli incavi delle clavicole.
    Mi serve spazio, quanto più riesca a crearmene.
    Fletto all'indietro i muscoli cervicali portando, senza preavviso e in modo sporco, una poderosa e pulita testata dritta sul grugno del fuggitivo.
    Eccolo li, finalmente uno spazio per agire composto da una manciata di centimetri tra il mio petto e quello della mia preda.
    Il background da pugile prende, suggerendomi di portare un fulmineo montate sinistro al mento mentre la mano destra tiene ancora salda la presa sul collo e il medesimo gomito affonda nella carne proprio nell' attaccatura della spalla sinistra del mio avversario.
    Attaccatura, quest'ultima, non può essere sicuramente naturalmente così dura: evidentemente sotto il cappotto dell'uomo deve celarsi una qualche sorta di protesi.
    Un fottuto braccio metallico, nella migliori delle ipotesi.
    Richiudo il clinch con la sinistra e, approfittando di quel secondo di stallo, potrei interagire ulteriormente, in tono duro ma a mio avviso ragionevole, con Aldrich.
    "Ultima possibilità crucco, o inizi a cantare o ti frolleró come un fottuto pezzo di Angus irlandese."
    É forte.
    Me ne rendo conto ogni istante di più poiché, pur avendo l'appoggio della parere alle mie spalle, devo continuamente lavorare sulla mia presa al collo per non perdere l'indispensabile grip sulla sua nuca; mentre il treno riprende velocità, slanciandosi in avanti

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    La gomitata va a segno, l'uomo geme sotto il colpo. "Cominci a starmi veramente sul cazzo." Poi il treno sferraglia, frena. I due vengono sbalzati [La cosa è reciproca!]
    Tenere l'equilibrio, non finirgli in braccio per direttissima. La nuca viene afferrata, i piedi finiscono nella posa del guerriero: uno fra le gambe di lui, l'altro leggermente arretrato ed ecco la craniata inaspettata. Una botta dura sulla fronte una botta che rintrona e che rischia di far affievolire la presa con cui lo stregone ancora regge il bavero altrui per tenerselo addossato.
    La testata ha aperto un bel graffio sopra il sopracciglio, non tanto profondo nè grande ma sicuramente doloroso l'indomani in quanto si troverà esattamente sopra un bel livido. [Vaffanculo..] Ringhia.
    Un ringhiare reale, da bestia, sordo e di petto.Le pupille umane cabiano sottilmente forma,il colore dell'iride muta. Con i sensi amplificati vede il gancio partire e alza il proprio arto parandosi il viso con l'avambraccio. La botta iene così ammortizzata e deviata.Peccato che il braccio sia quello artificiale ed il dolore cherinvia a questo sfozo è due volte quello della testata.
    Stringe le dita al colletto del cacciatore traendolo con rozzezza contro il proprio ginocchio che si solleva: nuovamente punta allo stomaco, un colpo che dovrebbe neutralizzare la presa degli arti superiori e regalargli la possibilità di afferrarlo ad un polso o poco più su per torcergli un braccio.
    Il treno inizia a frenare. "Ultima possibilità crucco, o inizi a cantare o ti frolleró come un fottuto pezzo di Angus irlandese."
    [Crucco lo dici a tuo fratello, nonno!]
    Cosa dovrà mai dirgli poi!
    [Non ci torno in cella] Ringhia a voce così bassa da poter quasi essere coperta del rumore del treno.
     
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    Lottiamo.
    Non come due ubriaconi in un pub o come marzialisti istruiti, no. Ci battiamo intensamente e senza esclusione di colpi, mirando entrambi a procurare dolore all'altro.
    Dobbiamo farci male, non c'è altra via d'uscita.
    Nel marasma generale incanalato in questo spazio fottutamente irrisorio, però, riesco a trovare quantomeno una risposta: il mio avversario non può essere completamente umana.
    La sua forza, i comportamenti, alcune sue reazioni e gli spasmi fisici, lo tradiscono.
    C'è qualcosa in lui, qualcosa di intrinsecamente bestiale e selvaggio.
    Una maledizione del sangue, con ogni probabilità.
    Tutto ciò mi pone, mio malgrado, in un'iniziale posizione di svantaggio sul piano fisico.
    Devo cambiare strategia.
    Incasso una ginocchiata alla bocca dello stomaco, forte, secca e pulita.
    Il braccio destro, istintivamente, scioglie la presa dalla nuca del mio avversario, portandosi a protezione del mento.
    Stringendo la presa con il sinistro per non mettermi in una posizione ancora più scomoda, emetto un sordo gemito di dolore per il colpo appena incassata.
    Tuttavia, nella colluttazione, ho notato che i medesi versi fuoriescono dalla bocca di Aldrich ogni volta che un mio colpo va a segno sulla sua spalla sinistra.
    Ecco una finestra.
    "In cella? Cosa ti fa pensare che ti permetterò di andare in prigione?", domando retoricamente assestando due montanti destri direzionati al mento del tedesco, "Voglio sapere come cazzo fai ad essere ancora vivo e soprattutto...", sfrutto il vantaggio notato poco prima e, a fatica, faccio scivolare le dita della mia mano destra sotto il suo cavo ascellare sinistro, premendo con forza sulla giuntura.
    Si crea uno spazio, una frazione di secondo da utilizzare.
    Spingendo con i piedi sulla tazza di questo maledetto cesso, riesco a crearmi uno spazio utile per scivolare alle spalle del mio nemico.
    Non posso reggere ancora a lungo in uno scontro fisico contro un avversario così potenzialmente letale, è un dato di fatto.
    La bacchetta, repentinamente richiamata alla mano, viene puntata contro la schiena del fuggitivo.
    "Voglio un motivo per non toglierti di mezzo qui e ora. Rifletti Aldrich, hai una figlia. Non vorrai farla crescere senza padre."
    Minacce, intimidazioni e pressioni psicologiche: il mio pane.
    E posso fare anche di peggio, qualora lo ritenessi opportuno.
     
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    La ginocchiata nello stomaco altrui va a segno, la rotula affonda nella carne tenera dell'uomo e questi si piega allentando la presa sulla sua nuca. Lo afferra, torce quel braccio che insensatamente egli aveva sollevato a protezione del mento ma dimentica, nella gioia del sangue, nella gioia della caccia e nella brezza del sentirlo gemere di dolore, che non sta battendosi con un Auror londinese, o con uno dei suoi ex colleghi. La strategia di Jack è diversa, pulita priva di orpelli e galanterie. Il cacciatore intende neutralizzare la preda nel minor tempo e con il minor dispedio di energie.
    "In cella? Cosa ti fa pensare che ti permetterò di andare in prigione?"
    [Non puoi ammazzarmi]
    Lo sanno entrambi, ne va del mestiere dell'altro ma non della fedina del Lupo che affamato sta già gustando il primo sangue.
    Vede i colpi verso il mento. Uno lo colpisce e viene in parte privato di forza ad impatto avvenuto da un alzarsi della spalla. Sul dorso della mano di Jack qulche schizzo di sangue ma i denti sembra non essere riuscito a cavarglieli. Il secondo colpo lo vede invertire la torsione del braccio dell'uomo che così vefe crearsi spazio; l'Auror entra nella sua guardia, lo stregone si insinua fra i suoi arti inferiori e avanza di muso, i canini già parzialmente mutati in zanne che non vedono l'ora di serrarsi alla base del suo collo...
    Ed invece una innocua pressione al cavo ascellare gli mozza il respiro.
    Non è più un gemito ma un urlo di dolore, scintille avanti agli occhi, fiato che si mozza ed un liquido scuro che imbratterà i polpastrelli di Jack: sangue. Il cacciatore deve avergli fatto saltare più di qualche punto e la chiazza pare allargarsi velocemente.
    Sguscia l'uomo, il legno della baccheta fra le scapole.
    "Voglio un motivo per non toglierti di mezzo qui e ora. Rifletti Aldrich, hai una figlia. Non vorrai farla crescere senza padre."
    [ Se finisco dentro sarà ugualmente orfana]
    E con tutto il peso cercherebbe di schiacciare l'uomo contro il muro in una botta più che consistente per i suoi polmoni, vendere dura la pelle.
    [ Una capsula nel molare ]
    Gli ringhia contro la risposta restandogli addossato.
    [ Quei bastardi si sono presi mia moglie e i tuoi colleghi se ne sono fottuti!]

    Edited by Amok - 10/9/2020, 23:04
     
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    Il tedesco mi si accascia sotto la punta della bacchetta, scosso da un lancinante urlo di dolore.
    Ho colpito nel segno, è ne ho la prova scarlatta sulle dita della mano.
    Ho interpretato bene i segnali, quel braccio ha sicuramente subito da poco un qualche intervento.
    Poco importa se esso sia magico o chirurgico.
    Aldrich in un ultimo, esasperato, tentativo di difesa , si getta all'indietro costringendomi contro la parete del buggiotto.
    Dura poco, straziato dal dolore lascia che la forza fisica ceda il passo al suo solo peso corporeo; accasciandosi, di fatto, contro il sottoscritto.
    Non prima di aver chiarito il modo in cui è sopravvissuto a traumi che avrebbero dovuto provocargli una morta certa.
    Il contenuto della capsula da lui citata, probabilmente coadiuvato dalla sua natura, deve averlo aiutato a cavarsela alla bell e meglio.
    ~ Non male! ~, mi dico mentalmente mentre la mia preda pronuncia una frase che mi lascia momentaneamente interdetto.
    "Quei bastardi si sono presi mia moglie e i tuoi colleghi se ne sono fottuti"
    Allontano leggermente il catalizzatore in Betulla dalla schiena del mio, ansimante, avversario, fissando la sua nuca con sguardo vacuo.
    I miei colleghi se ne sono fottuti? Di quali bastardi sta parlando?
    E, soprattutto, chi quell'auror Irlandese - sempre se di un Gaelico parliamo - che ha permesso a qualcuno di fare del male a una donna?
    L'avrei scoperto.
    "Alzati, ragazzo.", esclamai continuando a puntare la bacchetta verso il tedesco, "Voltati e tieni le mani dove io possa vederle. Voglio parlare con te."
    Attesi che l'uomo eseguisse gli ordini, prima di cominciare a porgli una sequela di domande dalla cui risposte, in base alla natura delle stesse, avrei poi deciso il da farsi.
    "Ora tu mi risponderai, non farai storie e poi vedrò come comportarmi. Sappi solo che devi ritenrti fortunato ad aver incontrato me e non qualcun'altro. Se così fosse stato, a quest'ora, ti saresti già trovato sulla strada per Nurmengard. É tutto chiaro?"

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    Annuisco con fare interrogativo nei confronti dell'uomo, attendendo un suo cenno di assenso prima di cominciare una sorta di interrogatorio improvvisato.
    Senza abbassare di un millimetro la bacchetta, ora puntata dritta sul petto di Aldrich, e solo dopo aver ricevuto un suo cenno, riprendo la parola:
    "Chi sono i bastardi di cui parli? Quando dici "i tuoi colleghi" a chi ti riferisci di preciso? Esattamente, e vedi di essere onesto con me, per quali crimini sei ricercato dai dipartimenti auror di mezzo continente? Non mentire, ho la tua scheda stampato in mente. Quindi vedi di non provare neanche a propripanrmi la fottuta storia dell'innocente incastrato. Perché in tal caso, puoi scommetterci, ti trasformerò in un fottuto furetto e ti darò in pasto al mio ippogrifo."
    Continuo Nel mio lavoro psicologico, adottando la tecnica del bastone e la carota.
    Enpatizzando con l'interrogato mantenendo però anche un glaciale distacco.
    Le mie scelte, sul suo immediato futuro, sarebbero dipese solo dalle sue parole.
     
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    [Cazzo...CAZZO!] Il sangue continua ad uscire dalla ferita inzuppando il bendaggio e la maglia fino ad allargare la sua chiazza alla giacca sdrucita e alle dita del cacciatore, e se nell'immediato il problema era stato il dolore lancinante, in seconda battuta questo particolare aveva lasciato posto alla difficoltà d'articolazione. Difatto l'arto artificiale, dopo aver subito traumi e sollecitazioni, con quell'ultimo strappo doveva aver ricevuto il colpo di grazia mandando l'articolazione in difesa.
    Ed ora il sangue colava anche lungo la manica fino alle dita e di lì gocciolando in piccole gocce sul pavimento.
    Con un ringhio estremo si era gettato di peso, di schiena, contro il petto dell'Auror, schiacciandolo difatto contro il muro e lì, in quella finestra, aveva sollevato nuovamente la bacchetta puntandola all'indietro. Il consueto fascio tiepido era scaturito in un incanto silente dal legno ma non s'era abbattuto sull'altro, bensì all'altezza della propria ascella bloccando, in buona parte, quel flusso cremisi.
    Il capogiro era arrivato immediatamente dopo, sicuramente percepito da Jack come abbandono muscolare.
    [ Vi siete divertiti a veder bruciare i corpi nelle fosse comuni, ma molti, molti erano ancora vivi, agonizzanti]
    Sta ringhiando più che parlando, prendendo tempo per riacquistare il controllo dei propri connotati.
    La cosa deve pur funzionare perché sentirà il legno della baccheta altrui scostarsi dalla propria carne.
    Infilando la propria nella sicura alzerà la mano dell'unico braccio mobile.
    [ Muoio di paura...]
    Lo canzona iniziando a voltarsi piano. C'è poco spazio lì, le arti marziali non troverebbero la giusta applicabilità non potendo usufruire di slanci per le leve.
    [ Roeim ti sarebbe stato sicuramente riconoscente.]
    E lo guarda adesso. C'è uno studio diverso, la bestia analizza il pezzo migliore su cui affondare i denti.
    [ Sei serio? Un furetto...?]
    Jack riesce a strappargli persino un sorriso sul volto pallido per la perdita di sangue.
    La mano in alto schiocca le dita e ad andare in frantumi è un bicchierino di plastica dura usato per le saponette, alla destra dell'uomo, sul lavandino. Ha sbagliato mira, ovviamente, non si può essere precisi senza bacchetta a meno che non si abbia una abilità ed un potere eccezionali.
    [Magari con un po' di tentativi potrei farti pelato.]
    E fa mezzo passo addietro poggiandosi alla tazza fino a sedersi deliberatamente sul coperchio abbassato.
    [ Il verdetto T78 ti dice nulla?] lo guarda meglio, stavolta sorride sul serio.
    [ Sei troppo vecchio, non ti devono aver chiesto neanche se volevi aderire. Beh, noi non avemmo scelta, né io, né mia moglie.] piccola pausa, poi la mano cercherà di abbassarsi. [Fumi?] afferrando, con gesti lenti, una falda della propria giacca per mostrare a lui un pacchetto di sigarette emergente dalla tasca interna.[Ti prendevano, riaddestravano, condizionavano e spedivano in missione. A conti fatti tutti gli interessati vennero mandati al macello come si vide che Moon sarebbe salito al potere. Grazie, e tanti saluti dalla Madre Patria.] se l'altro glielo avesse permesso ora avrebbe una sigaretta fra le labbra e gliene starebbe offrendo una. [ Lei venne riciclata, io me la cavai. Ricominciammo una vita a Londra, ma non è cosa semplice se una missione governativa viene mutata in reato di stato. Comunque chiedemmo aiuto, protezione. Ce la negarono... Accendi tu?] dato che la bacchetta è l'unico ad averla snudata e la sigaretta gli penzola al lato delle labbra.[ Una squadra del Nord ci trovò, è facile per loro entrare in territorio britannico. Uccisero mia moglie. Io sbranai loro. Mi restava mia figlia, così mi consegnai, si divertirono fin quando non mi finsi morto, ed eccoci qui.] Pausa, forse una boccata di fumo [Gli altri reati non ti interessano.]

    Edited by Amok - 11/9/2020, 11:46
     
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