Burned

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    "Era tipo così questo sogno, un delicatissimo bacio sulle labbra"
    Quelle parole e quel maledettissimo gesto mi continuavano a dare il tormento dalla mattina. Il pensiero delle sue labbra che si avvicinavano spontaneamente alle mie per la prima volta dopo una vita, non mi aveva abbandonata neanche per un istante. Come diavolo me ne liberavo? Alla fine era solo un "racconto pratico" di ciò che pensava di aver sognato, no?
    Peccato che non avesse sognato un bel niente, e questo io lo sapevo bene. Quel bacio c'era stato sul serio, e forse non dormiva come pensavo, se riusciva a ricordarlo. Fortunatamente, però, era abbastanza assonnato da pensare non fosse reale. Me l'ero scampata, anche se forse avevo finito per trovarmi ugualmente nella merda.
    Sì, perché dopo quel racconto pratico, non ero riuscita a fare un bel niente: non avevo risposto ad una sola delle sue parole, me n'ero semplicemente rimasta lì, seduta su quel mobile, completamente imbambolata, quasi sotto shock. Probabilmente stava ancora ridendo di me.
    Ero riuscita a riprendermi solo dopo diversi minuti. Minuti nei quali ero rimasta a fissare la porta a occhi sgranati, da sola con quel caos che avevo dentro. Volevo solo del sesso, da lui, come mi ero ritrovata quindi a venire sconvolta a tal punto, da un innocentissimo bacio a fior di labbra?
    "Stupida!"
    Era dalla mattina, ormai, che continuavo ad insultarmi, senza tregua. Più passavano le ore, più si avvicinava il momento di rivederlo e più quelle offese aumentavano, insieme ad una strana, incomprensibile ansia.
    Mi sembrava di essere tornata quella bambina di molti anni prima, che fantasticava sul suo migliore amico: una povera illusa, a tutti gli effetti.

    La casa puzzava di bruciato, e non avevo idea di come fare a mandar via quell'odore. Avevo iniziato a spruzzare spray per ambienti in tutte le infinite stanze di quella villa, nel tentativo di coprirlo, ma era finita persino peggio: ora la puzza di bruciato si mischiava ai cinque odori diversi di quei prodotti babbani. Non avevo neanche avuto la furbizia di comprarli tutti uguali. In sostanza: avevo fatto un casino tremendo.
    Quella puzza di bruciato, in ogni caso, veniva dal forno: avevo avuto la brillante idea di provare a cucinare, per la prima volta nella mia vita, proprio per lui. Che idea del cazzo.
    Eppure mi era sembrato facile: la ricetta per la pizza non era poi così complicata, a vederla su internet, e avevo iniziato dalla mattina stessa, per tenermi impegnata e perché sembravano volerci diverse ore di lievitazione.
    Peccato che poi avessi scelto di andarmi a fare una doccia mentre le teglie erano in forno.
    Una doccia che si trasformò in bagno.
    Un bagno che si trasformò in una fantasia ben poco innocente su come nella mia testa si sarebbe dovuto evolvere quel bacio, se non fosse fuggito via alla velocità della luce.
    Una fantasia che si trasformò in pizze totalmente carbonizzate. Pizze che avevo preparato con tanto amore... fanculo.
    "Complimenti, Nikki, hai saltato tutte le lezioni per niente."
    Sì, perché in tutto ciò avevo persino evitato il campus, per dedicarmi alla cucina. Quanto diavolo ero diventata patetica, nel giro di ventiquattr'ore?
    Mi ero allontanata da quella casa solo per poco: il tempo di prendere dei vestiti, tra i quali uno un po' più carino per la serata. Ma senza eccedere.
    "Non è mica un fottutissimo appuntamento. E' una normalissima cena con il tuo amico di sempre, idiota." Era bene ricordarselo, ogni tanto.
    In ogni caso, alla fine dovetti ordinarle, le pizze.
    Mi limitai a preparare la tavola: la Nikki dell'asilo spingeva per mettere una fottutissima candela accesa al centro del tavolo, ma la Nikki più matura la stava prendendo per il culo, e si era rifiutata di cadere tanto in basso. Una tavola normalissima andava più che bene: piatti -inutili, probabilmente, dato che avremmo mangiato nei cartoni delle pizze, ma comunque decorativi-, bicchieri, tovaglioli, posate e della birra. Perché il vino con la pizza non ci stava altrettanto bene, dai.
    Le pizze erano appena arrivate, quando sentii la porta aprirsi e vidi Igor fare il suo ingresso.
    "Ehi, biondo!" Lo salutai, ferma sulla soglia della porta della cucina, con la spalla destra poggiata contro lo stipite. "Com'è andata la giornata?" Domanda del cazzo, ma lecita: non ero andata al campus, quindi non avevamo avuto modo di parlare per niente. "I tuoi carboidrati sono pronti a tavola. Se vuoi andare a metterti comodo, vedi di muoverti o si raffredda tutto." Gli comunicai infine. Ora non restava che sperare di non aver esagerato in niente, di non sembrare troppo strana e, soprattutto, che quello strano odore nell'aria fosse sparito.
     
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    Ci aveva pensato per buona parte della giornata a quel piccolo bacio, ma doveva verificare a tutti i costi se lo aveva semplicemente immaginato o Nikki quella sera lo aveva veramente baciato.
    Considerando che quello che gli si era rimescolato nello stomaco era pressappoco uguale Igor era giunto alla conclusione che non era stato tutto frutto della sua fantasia.
    Era pronto a chiederglielo nel momento in cui l'avesse rivista a lezione, ma lei non si fece vedere.
    Passò le successive quattro ore a picchiettare la piuma sul tavolo della sala di magia oscura avanzata.
    Dove accidenti si era cacciata?
    Tornò a casa che erano ormai le otto, aveva tolto la giacca, sostituito i pantaloni con i jeans e si era aperto la camicia sul collo.
    Il primo odore che lo invase fu quello di bruciato.
    Aggrottò le sopracciglia e avanzò di qualche passo, fu Nikki a comparire prima ancora che lui iniziasse a fare delle domande.
    Tuttavia sembrava abbastanza integra quindi non si era data fuoco.
    -Ehi, bionda!- ricambiò il saluto scrutandola da capo a piedi - poteva andare meglio, se fossi venuta a lezione- le fece presente avanzando verso di lei.
    -Ah sono pronti? Pensavo mi avessi dato fuoco alla cucina- sorrise - saresti capace di tutto quando sei indispettita- le mise un braccio attorno alle spalle e si affacciò dal lato opposto, là dove c'era la cucina.
    Ma da un'occhiata all'interno fu abbastanza chiaro a Igor che non era per dispetto che c'era quell'odore nell'aria.
    Nikki aveva provato a cucinare per lui, un'evento più unico che raro, e anche se ora c'erano delle teglie carbonizzate nel suo lavello, era il pensiero quello che contava.
    Tornò con lo sguardo su di lei e questa volta le sorrise affettuosamente - beh- se la strinse maggiormente a se - la mia piccola Nikki sta crescendo- la lasciò andare solo per farla sedere e lui fece altrettanto - ottima scelta, ma ... me lo dici come hai fatto a carbonizzare tutto? Ho sempre pensato che la parte difficile fosse prepararla, la cottura alla fine .. boh, esiste pure il timer- non che lui fosse masterchef, ma ci si era messo talvolta a cucinare qualcosa e quella specie di orologio era una manna dal cielo.
    Potevi fare altre cose nel mente e quando arrivava il momento giusto si metteva a suonare.
    -Ti sta bene questo vestito, deduco che sei andata a casa tua. Sai, oggi, mentre inveivo contro il giudice del mio ufficio, la vecchia mi ha parlato di un week-end a Monaco di Baviera, una specie di meeting tra maghi a cui dovrò partecipare per conto suo- stappò le due birre e ne fece un lungo sorso della sua - tu hai impegni per questo fine settimana?-
     
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    Tutti quei maledettissimi spray non avevano funzionato, neanche un po'. Il suo sorriso accompagnato da quella battuta, la diceva lunga su quanto fossi stata in grado di mascherare il casino che avevo combinato in quella cucina.
    "Io indispettita? E cosa te lo fa pensare?" Domandai quindi, incrociando le braccia al petto e inarcando un sopracciglio. Allora lo sapeva, quel maledetto, quanto ciò che era accaduto al mattino mi avesse toccata. E si stava divertendo, parecchio. Stava giocando con me.
    "Oh questa me la paghi, Plamenov"
    Seguii il suo sguardo che scrutava la cucina alle mie spalle e... "Cazzo, le teglie!" Le avevo lasciate nel lavello, come un'idiota. Quanto potevo essere stupida da uno a diecimila? Come avevo intenzione di mascherare la cosa, se poi lasciavo le prove in bella vista? Quel giorno ero decisamente più distratta del solito, e mi stavo odiando per questo. Stavo facendo la figura della stupida e il sorriso affettuoso che mi riservò, accompagnato da quelle parole, mi fece sentire proprio un'ingenua. "La mia piccola Nikki sta crescendo", aveva detto. Ecco la sfortuna di crescere insieme: finivi per apparire come la sorellina minore da tirare su. Fanculo.
    "Piccola Nikki il cazzo", pensai quindi, andandomi a sedere. Così, quel vestito che avevo indossato, e che avevo scelto di tirare fino alla morte per restringere quella scollatura e non farla apparire eccessiva, venne sistemato nel modo più giusto, tornando proprio come doveva essere.
    Avevo detto che avrei indossato qualcosa di non esagerato per l'occasione, ma quello era il vestito più sobrio in mio possesso, e fui davvero grata per questo, visto come stava evolvendo la situazione. Mi sarebbe tornato sicuramente utile.
    Se lui voleva giocare, io non mi sarei di certo tirata indietro.
    "Mi ero andata a fare una doccia, ma non avevo calcolato bene i tempi." Non era il caso di entrare troppo nel dettaglio, gli bastava sapere che avevo commesso un piccolo errore. "E onestamente non sapevo neanche esistesse, un timer." Ecco cosa ci si guadagnava a non aver mai cucinato in ventun'anni. "Magari poi mi farai anche vedere com'è che funziona, così la prossima volta eviterò di bruciare tutto, mh?" Lui di certo ne sapeva più di me: dovevo imparare quanto meno le basi, se volevo evitare di dar fuoco a qualche casa, prima o poi.
    Un ghigno si dipinse sulle mie labbra e accavallai lenta le gambe, tenendo lo sguardo su di lui e sporgendomi in avanti con il busto per qualche secondo. "Beh, avevo bisogno di cambiarmi. E dovevo anche prendere il pigiama. Ricordi?" Sussurrai, per poi allungare una mano verso la bottiglia di birra appena stappata e tornare subito dopo a poggiarmi contro lo schienale della sedia.
    "Nessun impegno." Niente che non potessi rimandare, comunque, e lo avrei fatto più che volentieri. La mia agenda era diventata improvvisamente vuota e, se avevo qualche consegna, avrei passato il lavoro a mio fratello. "Mi stai forse invitando a trascorrere il weekend con te, Igor?" Domandai quindi, portando la bottiglia di birra alle labbra, per prendere un lungo sorso. C'erano i bicchieri, certo, ma che gusto ci sarebbe stato, in quel caso? "Come mai non lo chiedi alla tua donna? Potrebbe ingelosirsi." Lo punzecchiai quindi, aprendo il cartone della pizza e afferrando il primo spicchio. "Non che me ne freghi qualcosa di lei o di ciò che penserebbe, sia chiaro. E' pura curiosità." Mi affrettai ad aggiungere, prima che potesse scegliere di fraintendere e ritirare l'invito.
     
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    -Intuito- qualcosa che negli ultimi due giorni stava usando spesso e volentieri.
    Non che di solito non lo adoperasse, ma generalmente si trattava di situazioni più impegnative, mai messo in atto per cose così leggere.
    Il fatto che fosse indispettita venne comunque fuori quando decise di fargliela pagare con la miglior arma che aveva a disposizione, le sue tette.
    Il vestito lo tirò giù fino a che non gli fu chiara la consistenza e la rotondità del suo seno.
    Spesso si riscoprì a puntarle con lo sguardo anche contro la sua volontà, del resto non era nè cieco nè gay.
    -Mh, Mh- la assecondò senza aggiungere altro.
    Inizialmente non rispose alla provocazione sul vestito, preferì focalizzarsi sui suoi occhi, che lo provocavano almeno quanto il resto.
    -Perchè, sarebbe un problema?- la imitò portandosi lui stesso il collo della birra alle labbra.
    Improvvisamente non aveva più fame.
    -Lo sto chiedendo a te- disse omettendo che lui non aveva una donna, certo poteva chiederlo ad Harper ma l'istinto l'aveva portato ad avanzare la proposta a Nikki, e lui preferiva non interrogarsi troppo su quello che la sua mente gli suggeriva.
    -Comunque ..- lo sguardo corse nuovamente nella zona rossa, e lì vi indugiò.
    -Se non fai attenzione traboccheranno- le disse tranquillo.
    -Proprio ora hai un capezzolo di fuori- mentì ma il tempo che lei impiegò per accertarsene lui lo utilizzò per alzarsi, prenderle un polso e sospingerla verso il piano alle sue spalle.
    Le sue iridi chiare si fissarono in quelle di lei, altrettanto trasparenti.
    -Dopo tutto- soffiò a un palmo dal suo naso - credo che potrei accontentarti- la mano risalì fino ad insinuarsi lenta in quella apertura di vestito così vertiginosa che bastò davvero poco prima che le sue dita sfiorassero il capezzolo turgido - volevi questo no?- non smise di guardarla, voleva che glielo dicesse chiaramente se era veramente solo sesso quello che voleva da lui.

    Edited by Igor* - 4/6/2020, 21:25
     
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    "No, nessun problema." Non mi sarei mai lamentata per un invito a trascorrere un weekend fuori. Tanto meno con lui. "E allora la risposta è sì. Ci sarò." Tanto per chiarire. Lo stava chiedendo a me, e non a lei, quindi perché rifiutare? Che si stessero frequentando o meno, che stessero insieme o meno, poco mi interessava. Era lui a dover scegliere, io guardavo semplicemente il mio, ed io volevo decisamente andare. Al diavolo tutto il resto.
    I suoi occhi erano scivolati più volte verso il basso, da quando avevo sistemato il vestito con il chiaro intento di provocarlo, dunque aveva funzionato alla perfezione. Per la prima volta, in quello sguardo leggevo qualcosa di più, leggevo finalmente del desiderio. Nonostante fosse coperto da quelle sue battute sulla possibilità di vedere il mio seno esplodere.
    Abbassai lo sguardo, senza troppa fretta, per vedere se stesse mentendo o meno, e tutto era al proprio posto. "Non ho un capezz..." Non riuscii neanche a finire la frase che sentii la sua mano avvolgersi attorno al mio polso, per farmi tirare su e sospingermi poi verso il piano alle mie spalle. Lo assecondai in ogni cosa, senza opporre la minima resistenza, sentendo quel desiderio crescere vertiginosamente dentro di me.
    Gli occhi erano fissi in quelli di lui, e mi persi in quel maledettissimo mare. Sentivo il cuore martellarmi nel petto, incessantemente, mentre la sua mano risaliva lungo il mio corpo e andava oltre quel vestito, lì dove poco prima si era posato il suo sguardo.
    "Volevi questo no?" Il suo tocco era come fuoco sulla mia pelle, e la sua voce mi fece perdere completamente l'uso della ragione.
    "No" Mi uscì in un soffio, mentre la mano si posava sulla sua, bloccandola a metà strada.
    Lo guardai per qualche secondo e sentii mancare dei battiti.
    Lo sguardo scivolò sulle sue labbra, quelle stesse labbra che avevano sfiorato appena le mie, quella mattina. Quelle stesse labbra che avevo cercato furtivamente nel cuore della notte, come una vigliacca. Riuscivo a sentirne il richiamo, non potevo ignorarlo.
    Così guidai la sua mano completamente al di sotto del vestito, che si scostò per lasciargli spazio, e il suo palmo avvolse completamente il mio seno. "Voglio te, razza di idiota." Aggiunsi in un soffio, mentre l'altra mano si intrecciava tra i suoi capelli, stringendoli con forza. "Da sempre." E su quelle ultime parole mandai al diavolo tutto, scelsi di abbattere quei muri nella speranza che non mi rifiutasse ancora una volta.
    Mi sollevai sulle punte, quel tanto che bastava affinché le mie labbra premessero contro le sue. Questa volta, quel tocco era ben diverso da quello leggero che gli avevo riservato mentre dormiva. E non aveva la fretta che lui stesso aveva messo in quello del mattino. No, quello era un bacio che avevo intenzione di assaporare completamente, un bacio dal quale mi sarei lasciata consumare volentieri, se me lo avesse concesso.
    Quel maledettissimo bacio che bramavo da una vita ma che mai avevo avuto il coraggio di prendermi.
     
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    La guardò con un sopracciglio inarcato.
    No? Chiedevano i suoi occhi.
    Se non avesse davvero voluto le bastava scostarlo, sarebbe ritornato al suo posto e avrebbe finto che non fosse successo niente.
    Ma quello che leggeva nello sguardo di Nikki non era conforme a quello che la sua bocca aveva espresso a voce.
    Anni in cui le resisteva, cosa era cambiato? Cosa gli suscitava quella sensazione solo toccando il suo seno?
    Cos'era di preciso quella voglia di esplorare oltre?
    Non indugiò troppo su quei pensieri, le labbra si erano cercate e trovate, duellavano in quello che era da sempre lo scontro più piacevole dell'intero essere.
    Non c'erano freni, non c'era ragione, non c'era nulla che gli impedisse di sostituire alla mano i suoi baci, di sfilarle via tutto quanto e lasciarla nuda davanti a se.
    Di fare altrettanto e di fondersi con lei fino a non sentire più un solo grammo di forza nel corpo.
    Il sesso non era mai stata una priorità per Igor, tuttavia sembrava che le leggi del suo cervello si fossero rimescolate generandone di nuove.
    Cosa ci fosse di diverso non lo sapeva, di diverso in entrambi, perchè se lui aveva capitolavo voleva dire che qualcosa gli era arrivato.
    E ci pensava ancora mentre, ansante, stava disteso supino sul suo letto, con Nikki al suo fianco immersa in Merlino solo sapeva quali altri pensieri.
    Ce l'aveva trasportata di peso in quella stanza, l'aveva fatta sua più volte, e ogni volta gli era sembrata una devastante prima volta.
     
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    Per la prima volta, dopo tutto quel tempo, non mi sentii respinta. Impossibile spiegare le emozioni che quel bacio ricambiato suscitò in me, tanto intense quanto quelle che seguirono, quando le sue labbra scesero più in basso e, poco dopo, i nostri corpi si incontrarono, liberati da quei vestiti divenuti ormai inutili.
    Amavo il sesso, era sempre stato così, ma quello che stavamo vivendo era qualcosa di molto più grande, o almeno questo fu quello che riuscii a percepire io.
    Forse era vero, forse l'attesa accresceva il desiderio, e il mio era aumentato a dismisura, considerando che avevo atteso una vita intera per quel momento. O forse, più semplicemente, non si trattava di mero desiderio fisico.
    Con lui le cose erano erano sempre state diverse, e forse in quel momento le stavamo complicando, ma non mi interessava, non mentre quella sensazione di benessere di avvolgeva. Non mentre i nostri corpi si incastravano alla perfezione, e io riuscivo a sentirmi parte di un legame ben più importante di quello che puoi trovare trascinando nel tuo letto il primo bel ragazzo incrociato in un bar.
    Quelle maledettissime sensazioni le avevo provate solo un'altra volta, ma mai con una tale intensità. Era qualcosa che mi spiazzava, che amavo e che allo stesso mi terrorizzava.
    La passione tuttavia ci aveva travolti e, senza che me ne rendessi conto, ci eravamo ritrovati nella sua stanza, dove ci eravamo continuati a cercare, insaziabili, fino a che i nostri corpi non ricaddero stremati su quelle lenzuola scure, uno accanto all'altra.
    Restai immobile, a fissare il soffitto, per secondi che sembrarono quasi infiniti, in quel silenzio che avvolgeva la villa a quell'ora della notte. Non sapevo esattamente cosa fare, ero come paralizzata da mille dubbi, ma uno fu abbastanza grande da portarmi a voltarmi verso di lui.
    Lo guardai per qualche istante, mentre i suoi lineamenti si rilassavano, mentre silenzioso si perdeva nei suoi pensieri, nei quali non ero certa che mi avrebbe fatta entrare. L'unica possibilità che avevo era chiedere esplicitamente, così mi girai su un fianco e portai una mano sul suo petto. Era strano come adesso mi sentissi quasi spaventata nel compiere quel gesto; durante il sesso era normale, naturale, necessario, ma subito dopo... era tutta un'altra storia.
    Nonostante tutto però le mie dita si persero a disegnare leggere il contorno di quelle ali tatuate sui suoi pettorali, e lo sguardo rimaneva fisso sullo stesso punto, perché non ero ancora certa di voler incrociare quegli occhi prima di sentire una risposta da parte sua.
    "Te ne stai già pentendo?" Quel dubbio, alla fine, uscì fuori, in un filo di voce, incerto. Temevo di aver esagerato, di averlo provocato a tal punto da fargli fare qualcosa che, razionalmente, avrebbe evitato. Normalmente me ne sarei fregata, ma lui restava per prima cosa un mio amico e non ero più tanto sicura che insistere a tal punto fosse stato un bene. Non se se ne pentiva subito dopo.
    "Dimmi a cosa stai pensando." Quelle parole suonarono quasi come una supplica. Non mi restava che sperare di aver interpretato male quella sua espressione, accompagnata da quell'assordante silenzio.
     
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    Sentiva lo sguardo di lei su di se; sentiva che da li a poco avrebbe iniziato a fare delle domande; sentiva che non aveva delle risposte.
    Chiuse gli occhi e smise di fissare il soffitto, persino quegli intarsi dorati sul tetto della sua stanza in quel momento non erano in grado di distrarlo.
    "Te ne stai già pentendo?"
    Quella domanda lo colpì, non come un pugno nello stomaco, ma per il coraggio che dimostrava porgendogliela.
    Lei che aveva avuto persino timore di osare dopo quella notte di due anni fa, ora gli chiedeva cosa stesse pensando.
    Cosa dirle se non lo sapeva neanche lui?
    La sua mente era un caos in quel momento.
    Un grande caos.
    -Perchè dovrei pentirmene?- le chiese allora abbassando lo sguardo verso di lei - Nikki non fare domande-non era un ammonimento ma una muta richiesta.
    Ma non era facile troncare dei discorsi con lei, neanche quando non erano neppure iniziati.
    Così optò per una versione più accomodante di quello che provava, qualcosa che corrispondesse al vero ma non alla totalità della situazione.
    -Sto pensando che non mi concedevo una "scopata" così da un sacco di tempo- ci tenne a sottolineare il termine scopata visto che lei aveva insistito particolarmente su questo punto.
    -E sto pensando "chissà se Nikki passerà ugualmente il week-end con me ora- le passò un braccio attorno alle spalle e le accarezzò i capelli - che dici, ceniamo?- sicuramente la pizza era fredda ma meglio tardi che mai insomma.
     
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    Mi strinsi nelle spalle: non sapevo perché dovesse pentirsene, ma lo vedevo troppo pensieroso per evitare di porre quella domanda.
    La seconda parte, tuttavia, mi piacque decisamente meno. In effetti non sapevo neanch'io perché quelle parole suonassero tanto sbagliate in quel momento. Non aveva detto nulla di male, aveva utilizzato una terminologia che mi era piuttosto familiare, ma suonava tutto dannatamente sbagliato.
    Forse per la prima volta ero finita dalla parte sbagliata, per questo mi faceva tanto schifo.
    "Felice di esserti stata d'aiuto, dunque." Replicai, forzando un sorriso e tornando ad abbassare lo sguardo, sforzandomi per non fuggire immediatamente da quel letto.
    "Non ha detto niente di male" continuavo a ripetermi, per evitare di fare o dire stronzate.
    "Perché non dovrei voler passare il weekend con te?" Gli rigirai la domanda, esattamente come aveva fatto lui poco prima con la mia. Lui non aveva motivo di pentirsene tanto quanto io non avevo motivo di tirarmi indietro.
    Forse una parte di me lo voleva, ma se era davvero solo una scopata come tante altre, non aveva senso vietarsi di trascorrere del tempo insieme in amicizia, no? Desideravo andarci fino a poco prima, non potevo aver cambiato idea tutto d'un tratto. Non avrebbe avuto senso.
    "Che dici, ceniamo?" Senza neanche guardarlo, a quel punto, scivolai subito via da sotto il suo braccio, mettendomi a sedere sul letto e dandogli le spalle per qualche secondo, il tempo di aprire il cassetto accanto a me e prendere una delle sue camice perfettamente piegate, per infilarmela e alzarmi poi in piedi. "Sì, andiamo, in effetti ho una gran fame." Mi avviai così verso la cucina, stringendomi per un secondo tra le braccia.
    Sentivo i suoi passi alle mie spalle, ma non riuscivo a trovare ancora il coraggio di guardarlo negli occhi.
    Si dice che gli occhi siano lo specchio dell'anima e, la mia, in quel momento era fin troppo fragile e a rischio.
    Una volta tornati lì dove tutto era iniziato, raccolsi le mutandine e me le infilai, per evitare di rimanere senza nulla sotto quella camicia, mentre il vestito lo poggiai sullo schienale della sedia; ero molto più comoda così.
    Mi misi a sedere e incrociai le gambe sulla sedia: di tutto mi preoccupai, meno che di starmene seduta composta, come ci si aspetterebbe da una ragazza a modo.
    Afferrai la birra e scolai metà bottiglia tutto d'un fiato, per poi aprire finalmente la mia pizza e prenderne uno spicchio; ormai era gelato.
    "Allora Monaco di Baviera, mh?" Domandai, per rompere quel silenzio che mi avrebbe fatta uscire di testa. "Ci sei mai stato prima? Com'è?" Io non c'ero mai stata, in effetti... ma non sapevo neanche perché cazzo mi interessasse saperlo. Forse erano solo le prime domande che mi erano venute in mente, per avviare una conversazione che potesse apparire quanto più normale possibile. Soprattutto perché ancora dovevo capire come sollevare lo sguardo da quella fottutissima pizza e portarlo nel suo.
    Limitarsi a mangiare: forse era quella la strategia vincente, in una situazione complessa come quella. Mi serviva solo qualche minuto e mi sarei ripresa, probabilmente.
    "Fanculo, Nikki. Non potevi restartene a casa ieri sera?" Mi rimproverai.
    Forse sarebbe stato tutto più semplice.
     
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    Dalla sua risposta, dal suo "fuggire" subito dopo, fu chiaro ad Igor quanto la stessa parola che lei usava e aveva usato, spesso e volentieri, ora l'aveva ferita.
    Perchè si, era lampante quanto ci fosse rimasta male.
    Lei si alzò e lui si sedette di rimando, le mani sulla testa a voler rimettere in ordine i pensieri.
    La vide uscire, la seguì poco dopo.
    In tutto quel lasso di tempo non l'aveva guardato neanche mezza volta.
    Gli fu chiaro quanto fosse stata bugiarda fino a quel momento.
    Non era mai solo una scopata, non quando c'era un'amicizia che durava decenni.
    Aveva ragione lui, ora se ne stava rendendo conto anche lei.
    Lei finse che non fosse successo nulla, ma lui non le tolse gli occhi da dosso neppure per un momento.
    Quando ne ebbe abbastanza chiuse il cartone della pizza di lei e lo scostò.
    -Va bene, parliamo- aveva automaticamente cambiato idea, se c'era una cosa che odiava era vederla triste.
    Arrabbiata andava bene, satanica anche, ma triste no.
    Confusa neanche, non se il motivo della confusione era lui.
    -Cosa ti ha dato fastidio?- chiese ma quando lei continuò con il volersi ostinare a non guardarlo cercò di richiamare la sua attenzione - Nikki, guardami- pensava a come affrontare il discorso, a cosa dire, a quali argomentazioni affrontare.
    -Se ti dicessi che non è stata una semplice scopata, cambierebbe qualcosa?-
     
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    Ero una pessima bugiarda, quando si trattava di parlare con lui, e fu piuttosto evidente quando finì per chiudermi il cartone della pizza davanti, anziché rispondere alla mia domanda. Una cosa era certa: non avremmo parlato di Monaco.
    "Cosa ti ha dato fastidio?" Una domanda alla quale non sapevo neanche come rispondere. Sembrava tutto ridicolo. Mi aveva davvero infastidito quella maledettissima frase? Quella parola? Erano termini che usavo continuamente, che non avevo risparmiato neanche a lui, le innumerevoli volte nelle quali ci avevo provato. Ma le cose erano improvvisamente cambiate per chissà quale maledettissimo motivo.
    "Nikki, guardami" Fu a quel punto che mi costrinsi a sollevare lo sguardo, obbligata dalle sue parole, e incrociai finalmente i suoi occhi.
    Le parole che seguirono mi lasciarono persino più confusa. "E adesso cosa diavolo significherebbe?! E' quello che hai detto, razza di idiota!" Esclamai, abbandonandomi alla rabbia e alzandomi di scatto dalla sedia. Di restarmene ferma lì non ero in grado. La rabbia era la mia unica via d'uscita, ormai: se avessi cercato di mantenere la calma avrei finito per lasciarmi sfuggire addirittura qualche lacrima, che sentivo quasi premere nei miei occhi. Ero incasinata, avevo qualche maledettissimo problema che non riuscivo a comprendere neanch'io, ed era per questo che tentavo di nascondere il mio sguardo.
    "E' stata una bella scopata, era una sorta di ringraziamento il tuo ed io mi sono limitata a rispondere che sono felice di esserti stata d'aiuto!" Sottolineai, allargando le braccia come se fosse la cosa più ovvia sulla faccia della Terra. Cos'altro avrei dovuto fare?
    "Non volevi neanche che facessi domande." Aggiunsi subito dopo, allontanandomi da lui di qualche passo, per poggiarmi contro il mobile qualche metro più in là: avevo bisogno di ripristinare le distanze o non sarei riuscita a comunicare in modo efficace. O, peggio, avrei iniziato a picchiarlo gratuitamente solo per concedermi uno sfogo.
    "Volevi che me ne restassi in silenzio, che fossi felice per il tuo successo dopo "un sacco di tempo", e che venissi buona buona in cucina a riprendere la cena da dove l'avevamo lasciata. E indovina?" Inclinai leggermente la testa di lato, inarcando un sopracciglio e allargando nuovamente le braccia, per poi farle ricadere lungo i fianchi. "E' esattamente quello che ho fatto! Contento?! Quindi adesso, se vuoi, possiamo tornare a far finta che non sia successo nulla!" Lo sguardo questa volta era fisso nel suo, duro, e in qualche modo ferito. Mi ero infilata in un casino ben più grande di me e, ora, non avevo idea di come fare per uscirne illesa.
     
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    Certo, lo aveva detto, con un chiaro scopo.
    Lui, per raggiungere i suoi obiettivi usava tutto quello che aveva a disposizione, in qualsiasi situazione.
    Anche quando si trattava di semplici termini.
    -Non è così che vanno lette le mie parole- specificò comunque, visto che aveva totalmente frainteso tutto ciò che si poteva celare dietro quella frase.
    -Il fatto è- disse quindi incrociando rilassato le braccia al petto - che tu non leggi oltre, ti fermi sulle parole.
    Cosa che non faccio io-
    ci tenne a precisare - tu hai sempre parlato di una scopata, "è una scopata Igor" "non è altro che una scopata, Igor".
    "Perchè non vuoi scopare con me, Igor"-
    le fece il verso - ma io prima di te ho capito che non sarebbe mai stata una sola scopata, il fatto che ora tu te ne senta ferita per il fatto che io l'abbia epitetata così me ne da solo conferma-
    E no, non voleva le sue dannatissime domande, perchè non riteneva giusto che lei si nascondesse dietro le sue paroline del cazzo e lui invece doveva approfondire cosa cazzo c'era stato poco prima tra di loro.
    No. Non ne voleva parlare, non fino a che anche lei non avesse avuto delle risposte.
    -Errore- la fermò sul nascere - qua l'unico successo lo hai avuto tu, sono anni, Nikki. ANNI che ci provi a farmi capitolare. Quindi complimenti, ci sei riuscita- applaudì senza alcuna gioia - ora cosa fai? Accusi me di aver avuto un successo? Le mie scopate sono tutte dei grandi successi, se ho sottolineato che non ne avevo una così da tanto volevo solo dire che probabilmente non ci mettevo così tanto trasporto da tanto, che magari non è solo una scopata, ma datosi che ti piace chiamarla così..- allargò le braccia - in definitiva ho solo usato la tua stessa terminologia. Però è giusto, finchè lo fai tu.
    Quando lo faccio io non va più bene, vero?-

    Perse la pazienza e si alzò sbattendo entrambe le mani sul tavolo, per scaricare la tensione - vaffanculo Nikki. Continua a fingere, anche se ti riesce una merda-
    Lui lasciò la stanza per dirigersi nella sua. Sbattè la porta, con un gesto della mano la chiuse a chiave, dopo di che si diresse nel bagno per sbollire il nervoso sotto il getto gelato dell'acqua.
     
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    "E allora perché cazzo mi hai toccata, se sapevi che sarebbe finita così?!" Sbottai in risposta a quelle sue prime parole. "Se avevi questa certezza, non avresti dovuto spingerti oltre! O quanto meno non avresti dovuto usare certe parole subito dopo, che cazzo!" Forse la seconda, perché per quanto potessi fingere di desiderare che non l'avesse mai fatto, sapevo che dentro di me lo desideravo al punto tale da farlo di nuovo, nonostante le conseguenze. Sapevo che se avessi potuto mandare indietro le lancette dell'orologio, non avrei cambiato nulla di ciò che era stato, neanche il più piccolo dettaglio.
    Le parole che seguirono aggiunsero altro dolore a quello che già stavo provando, mascherato da quella rabbia che riuscivo sempre a tirar fuori con maggiore facilità.
    Lasciai che il suo tono duro mi colpisse, deciso a farmi sentire un vero schifo, e ci stava riuscendo. Ci stava riuscendo benissimo. Più andava avanti e più mi rendevo conto che l'unica sbagliata lì ero io. L'unica che si era comportata come una completa idiota, in tutti quegli anni, ero stata io.
    Non sapevo cosa provasse lui, ma era chiaro che fosse ferito tanto quanto me, e le sue mani che sbatterono con forza sul tavolo, facendomi sobbalzare, furono la prova di quanto fossi riuscita a rovinare anche la giornata più bella che avessi vissuto. Tutto era stato maledettamente perfetto, fino a quel momento, e mi sentii completamente inadeguata.
    "Vaffanculo tu, Igor!" Gli urlai dietro, mentre andava via e sbatteva la porta della camera, scaricando su di lui quella rabbia che in realtà era rivolta esclusivamente a me.
    Fu solo quando sentii la porta chiudersi a chiave e il getto dell'acqua della doccia provenire dal suo bagno, che mi lasciai andare, scivolando contro quel mobile fino a ricadere seduta a terra, con la testa tra le mani.
    "Hai rovinato tutto, ancora una volta."
    Non sapevo fare altro, continuavo a fallire e, per quanto ne fossi consapevole, non riuscivo a muovermi diversamente.
    Una lacrima sfuggì al mio controllo e la scacciai prontamente: piangere era da deboli, non potevo permettermelo. Non in quel momento, e probabilmente mai.
    Rimasi lì per qualche minuto, con un enorme senso di vuoto dentro, e la paura di non poter porre rimedio al danno fatto. Normalmente sarei fuggita, ma con lui dovevo smettere di farlo. Lo avrei perso, prima o poi.
    Così scelsi di alzarmi e prendere la bacchetta che avevo lasciato nella mia stanza, per aprire la porta della sua.
    A quel punto la lasciai ricadere a terra e marciai decisa verso il bagno. Non mi presi nemmeno la briga di togliere la camicia che spalancai la porta e mi infilai sotto quel getto gelato con lui.
    Presi il suo viso tra le mie mani, gli occhi si fissarono in quelli di Igor. Non sapevo cosa stesse pensando, non sapevo se una parte di lui mi stesse odiando, ma sarebbe stato giustificato.
    Nel mio sguardo non vi era più alcuna traccia della rabbia di poco prima, solo l'espressione colpevole di chi sapeva di non essere all'altezza della situazione. "Mi dispiace... scusami..." Mi uscì in un sussurro. Gli stavo chiedendo scusa per tutto, per quello che era appena successo e per tutto quello che avevo fatto negli ultimi anni, nei suoi confronti. Gli stavo chiedendo perdono per qualsiasi cosa avessi fatto per farlo infuriare in quel modo. Non era mai successo, non in quel modo, e soprattutto non con me, quindi non sapevo esattamente come affrontarlo se non con delle scuse.
    A quel punto mi avvicinai lenta ed incerta alle sue labbra, con l'intento di assaporarle ancora una volta. Mi fermai quando fui a pochi millimetri dal mio obiettivo, lì dove potevo sentire i nostri respiri che cominciavano a fondersi, e il cuore che mi saliva in gola. Da quando perdevo tempo a chiedere il permesso?
    Aveva ragione lui: non era solo una questione di sesso. Non lo era mai stato.
    La prova la stavo avendo in quell'esatto momento. Era lì, nudo davanti ai miei occhi, ma l'unica cosa alla quale riuscivo a pensare era quel maledetto bisogno di essere baciata di nuovo. L'unica cosa che riuscivo a sentire, era la paura di aver rovinato tutto irrimediabilmente e, allo stesso tempo, la speranza di essere in errore.
     
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    "Perchè mi hai toccata" le parole di Nikki gli rimbombavano nelle orecchie e neanche l'acqua gelata riusciva a mandarle via.
    Secondo quale teoria del cazzo lui era fatto di legno? Cosa credeva che il suo ormone fosse in letargo? Che avrebbe saputo dirle di no in eterno?
    Tirò un altro pugno questa volta sperando che fosse il dolore a dargli una svegliata, o qualche risposta.
    Di risposte non ne vennero, in compenso però si palesò la figura di lei, nella sua doccia, con la sua camicia.
    In un altro momento le avrebbe detto "potevi anche toglierla" anche perchè così, con quella stoffa bagnata che le segnava tutte le curve era anche più sexy.
    Non emise fiato, nè si scusò per quell'acqua congelata, tuttavia, conscio che le sarebbe venuto un accidenti, girò la manopola affinchè l'acqua diventasse quanto meno tiepida.
    E se un tempo aveva pensato che le parole non potessero far capitolare nessuno, in quel momento dovette ammettere che non era così.
    Le sue scuse ebbero più effetto di qualsiasi sistema avesse adoperato in quel momento per calmarsi.
    Un balsamo che iniziò a colare su ogni ferita interna al suo corpo.
    Lei esitò, voleva baciarlo ma non osava, implicitamente gli stava chiedendo il permesso.
    Era così vicina che si sentì in dovere di stringerle la vita con una mano, nel caso fosse scivolata, e con le labbra invece annullò la distanza esistente tra di loro.
    -Sei una scema- le disse alla fine e ti meriti l'acqua fredda- chiuse la manopola che aveva aperto poco prima e lasciò che fosse il gelo a colpirla di nuovo e una risata ad accompagnare quel momento goliardico in cui c'era la faccia sconvolta di Nikki che lo ripagava di tutto quanto.
     
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    L'acqua era diventata tiepida appena dopo il mio ingresso: quelle attenzioni nei miei riguardi non gli erano mai mancate, e continuavano ad essere lì presenti, nonostante fosse furioso. Dei piccoli gesti istintivi, che apprezzavo ogni volta e che riuscivano a farmi sentire in qualche modo protetta, nelle piccole e nelle grandi cose. Forse era proprio questo che mi aveva fatto perdere la testa molti anni prima, e che ancora lo faceva.
    Mi strinse la vita ed io in risposta avvolsi le braccia al suo collo. Quel permesso che stavo chiedendo mi venne concesso e il desiderio di essere nuovamente baciata venne esaudito senza troppe esitazioni da parte sua.
    Ero un completo casino e forse quella che era nata come una semplice notte di divertimento, stava diventando più intima di quando non mi sarei mai potuta aspettare.
    "Ehi!" Borbottai in diretta risposta, prima di sentire di colpo l'acqua tornare gelida addosso a me, cogliendomi di sorpresa in un momento di totale relax. "E tu sei uno stronzo!" Esclamai di rimando, con gli occhi sgranati e la bocca aperta, stringendomi nelle spalle e schiacciandomi contro la parete, per tentare di evitare quel getto. "Guarda che se mi ammalo la colpa sarà solo tua!" Puntai un dito nella sua direzione, sorridendo nel notare quanto se la stesse ridendo. "Ti diverti eh?" Gliela avrei anche fatta pagare, ma non è che in una doccia ci fosse granché da lanciare. L'unica cosa che riuscii a fargli volare contro fu una spugna.
    Presi a quel punto il bagnoschiuma, mezzo vuoto, e lo finii di riempire con l'acqua per creare velocemente la mia arma: un super liquidator all'aroma di... qualsiasi cosa fosse.
    "Non ci si prende gioco così di una povera ragazza indifesa, sei scorretto!" Lo minacciai, puntandogli contro la mia fantastica arma di distruzione di massa, per poi fargli assaggiare un primo spruzzo dritto sul petto. "Arrenditi Plamenov o ti... laverò a morte! Mi lasciai sfuggire una risata e spruzzai ancora una volta.
    "E ti ricordo che per colpa tua siamo ancora a stomaco vuoto! Pensa se mi fossero uscite bene quelle pizze... un'intera giornata di lavoro sprecata a causa tua. Dovresti chiedere umilmente perdono! In ginocchio, magari!" E un terzo spruzzo arrivò dritto sul suo collo. "E mi avevi anche promesso una canzone, nel caso te ne fossi dimenticato!" Perché a me non era di certo passato di mente. Non se la sarebbe cavata così, distraendomi con del fantastico banalissimo sesso o con quei suoi piacevolissimi maledettissimi baci.
     
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