Hurricane

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    Il giorno precedente ero letteralmente fuggita da Igor e da quella sua confessione sulla sua futura possibile coinquilina.
    Sì, ero stata palesemente infastidita dalla cosa, soprattutto perché pochi istanti prima mi ero illusa di saperlo libero, e in qualche modo ero stata toccata. Ma, nonostante tutto, ecco che arrivavo dritta davanti alla sua porta. Non gli avevo scritto nessun messaggio, diversamente da quanto gli avevo detto, perché temevo che avrei potuto cambiare idea all'ultimo; non volevo andare solo per rispetto di uno stupido sms, dunque era meglio non mandarne.
    Con il bigliettino tra le mani, mi ritrovai a verificare che fosse il numero civico corretto, e alla fine bussai alla porta.
    Regnava uno strano silenzio da quelle parti: certo, erano le 23:00, ma era forse colpa mia se ci avevo messo tempo a decidere il da farsi? Insomma, ero stata in lotta con me stessa fino all'ultimo, perché da una parte c'era la voglia di vederlo e dall'altra il cervello che suggeriva di restarmene a casa ed evitare di commettere altri errori. O quanto meno tentare di preservare un minimo di dignità.
    Purtroppo, però, non ero mai stata una che dava molto retta alla ragione, e così, con il pugno chiuso, battei una seconda volta contro il legno della porta.
    Dall'altra parte, nessuna risposta, e nessun rumore sembrava provenire dall'interno.
    Non era a casa? Dove diavolo era andato? Sapeva che sarei potuta passare, in fondo glielo avevo detto. Ok, non avevo inviato quel fottutissimo messaggio, ma in quella locanda mi era sembrato di essere stata piuttosto chiara circa le mie intenzioni.
    A quel punto scelsi di attaccarmi al campanello: se non era in casa, la cosa non l'avrebbe di certo turbato. Nel caso in cui, invece, fosse in dolce compagnia... se lo sarebbe meritato tutto, quel fastidioso suono!
    Continuavo a premere quel pulsante e più lo spingevo, più mi innervosivo.
    Fanculo a me e alle mie idee del cazzo!
    Dieci, undici, dodici volte... poi persi il conto quando, finalmente, la porta davanti a me si aprì. "Alla buonora!" Esclamai quando lo vidi lì davanti a me e, senza aspettare il suo invito, portai una mano sul suo petto per spostarlo e poter marciare all'interno di quella casa, chiudendomi la porta alle spalle. "Si può sapere cosa diavolo stavi facendo? Volevi lasciarmi fuori a prendere un po' d'aria fresca?" Domandai incrociando le braccia al petto. Forse non era stata proprio una buona idea presentarmi lì in quello stato. Troppo nervosa, partivamo malissimo.
     
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    Erano le undici di sera e Igor dormiva già da un'ora, dopo una giornata passata sui libri e i comandi di Mrs Deschanel andava da se che l'ultima cosa che gli andava di fare era starsene sveglio a non fare un cazzo, a maggior ragione poi se Nikki, che aveva detto sarebbe andata, aveva infine cambiato idea.
    Questo almeno si era detto non vedendo comunicazione alcuna, e vista l'ora... non era stato difficile prendere sonno, quasi istantaneo.
    Molto più del risveglio quando sentì bussare alla porta della sua casa.
    "Chiunque sia se ne andrà" si era detto ma aveva sottovalutato il visitatore.
    Era oltremodo tenace e fastidioso.
    -Fanculo- borbottò infine mettendosi a sedere.
    Si passò le mani sugli occhi a voler spazzare via la patina di smarrimento che solitamente lo colpiva quando dormiva, infilò i jeans, ma aveva ancora la maglia a metà quando si decise ad aprire - ma chi cazzo sei?- disse risentito infilando una delle due maniche.
    Si trattava di Nikki che non perse tempo a scansarlo e ad infilarsi dritta in casa mentre lui completava l'opera e infilava anche l'altra.
    -Dormivo- disse telegrafico e ancora rintronato.
    -Ti sembra orario?- per fare qualsiasi cosa insomma, lasciò che la porta si richiudesse e senza dire null'altro si incamminò verso la zona cucina, quanto meno si sarebbe fatto un caffè. Doveva carburare.
    -Ne vuoi?-
     
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    "Sono io, Nikki, hai presente?" Brontolai, tentando di restare concentrata sulla sua faccia e non su quello che stava facendo con la maglia e che lasciava intravedere tutto quel ben di D... "Nikki resta sul pezzo, che cazzo!" "Quella che doveva venirti a trovare proprio questa sera. Ricordi?" Sì, stavo decisamente tentando di far ricadere la colpa su di lui. In parte però ne aveva davvero: alla fine non gli avevo confermato nulla tramite messaggio, ma poteva aspettarmi o scrivermi lui per conferma, no? Non gli avevo mai dato buca, non avrei cominciato di certo quella sera... anche se avrei tanto voluto farlo.
    Si stava rivestendo e questo significava che poco prima non aveva addosso nulla perché, come sospettavo, c'era qualcun'altra nella sua sta... "Dormivo" "Ah." Ecco, forse ora mi sentivo un po' stupida per tutte quelle pippe mentali, ma cosa ne potevo sapere? Ragazza che gli piace + convivenza = brutti pensieri. Era automatico, non potevo mica controllarlo.
    Però, effettivamente, guardandolo avrei dovuto notarlo. Aveva un'espressione piuttosto assonnata quindi, a meno che non fosse stata la scopata più noiosa del secolo -il che glielo auguravo sul serio-, non era proprio quella l'attività alla quale si stava dedicando prima del mio arrivo.
    "Perché, c'è un orario prestabilito per andare a trovare un amico? Sono le undici di sera, non le quattro del mattino." E anche se fossero state le quattro del mattino, avrebbe dovuto aprirmi allo stesso modo. Io l'avrei fatto, per lo meno. Assonnata e sclerando, ma lo avrei fatto.
    "E poi te lo avevo detto che sarei venuta. Cosa diavolo vai a fare a letto?" Incrocio le braccia al petto e lo squadro per qualche secondo. "Avresti dovuto aspettarmi, brutto stronzo." Tanto per essere gentili e non ricominciare a lanciare cose, che forse non era il momento più giusto. Mi avrebbe cacciata a calci, ne ero piuttosto sicura. Anche se questo non mi avrebbe di certo fermata, se avesse deciso di sparare qualche altra stronzata.
    "Io a differenza tua non ho affatto sonno ma sì, un caffè non si rifiuta mai." Anche se forse, nel mio caso, sarebbe stata meglio una tisana, nella speranza che potesse rilassarmi. Peccato che sembrasse acqua scaldata e mi facesse piuttosto schifo.
    Lo seguii in cucina, cercando di calmarmi, e mi guardai attorno, tanto per studiare l'ambiente nel quale viveva. "Da quant'è che dormivi? Non che mi senta in colpa, sia chiaro. Sarei rimasta attaccata a quel campanello per altre due ore, se fosse stato necessario." Era il minimo, se lo meritava tutto, quel fastidio. Magari l'indomani lo sarei andata a svegliare sul serio alle quattro del mattino. "Non potevi chiamarmi tu e accertarti che non stessi venendo, prima di infilarti sotto le coperte? O ti eri completamente dimenticato di me?" Sì, ero visibilmente infastidita, ed ero sempre più convinta che fosse proprio necessario quel corso di totale indifferenza, tenuto dal migliore nel settore: Igor Plamenov.
     
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    Igor negli anni aveva sviluppato una capacità basilare, quella di riuscire a isolarsi in qualsiasi situazione.
    Non lo irritava se la gente sbraitava o urlava, perchè tanto lui non l'ascoltava proprio.
    E così stava succedendo in quel momento mentre Nikki sfogava su di lui una rabbia che chiaramente non aveva potuto generare visto che non si vedevano dal giorno prima.
    Dunque era solo rimasta turbata da qualcosa, ma se non si spiegava neanche poteva aiutarla a risolvere l'arcano.
    Dunque captava qualche parola qua e la, e soprattutto cercava di fare attenzione nel caso questa fosse stata condita da qualche punto di domanda.
    Per l'appunto una domanda, seppure ironica l'aveva fatta, ma lui si decise a risponderle solo quando ebbe finito.
    -Non mi hai dato un orario, davo per scontato fosse .. accettabile- tipo orario di cena, magari avrebbero persino ordinato qualcosa.
    Se non proprio nel pomeriggio, visto che voleva vedere la sua casa visitarla quando era ancora luce sarebbe stato sicuramente meglio.
    -Si da il caso, giusto per conoscenza, che la mattina la mia sveglia suona alle sei, soprattutto quando il caso vuole che il giorno dopo sia un giorno lavorativo- fai che le interessava sapere che qualcuno lavorava anche fuori alle mura domestiche, qualche ufficio, un ministero, una rompi coglioni come capo.
    Cose così.
    -Comunque ti ho aperto no?- mica l'aveva lasciata di fuori - se poi la mia nudità non ti turba la prossima volta ti apro così come mi trovo-
    Stava ancora parecchio assonnato e non era ricettivo come avrebbe voluto forse per questo le riservò un sorriso condito da - la prossima volta entra direttamente e infilati nel mio letto. Se sto dormendo dormi pure tu e non rompere- era un discorso abbastanza semplice e lineare.
    Nel mente che aspettavano uscisse il caffè si appoggiò al ripiano accanto e incrociò le braccia al petto.
    -Un'ora circa, e tu da quanto tempo non stai facendo un emerito cazzo ma hai comunque deciso di presentarti alle undici di sera?- la fissò per diversi secondi, incerto se quella fosse davvero una domanda o solo qualcosa da dire per riempire un eventuale vuoto.
    No, era una domanda -e perchè avrei dovuto? Nella mia testa non saresti venuta più- e se fosse venuta.. beh gli avrebbe aperto, come aveva fatto.
    -Di un pò , perchè sei venuta così tardi?-
     
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    "Beh, io cosa ne posso sapere? Dove stai lavorando? Comunque mi avevi detto che potevo passare questa sera, e io non mi sono posta il problema. La prossima volta, magari, specifica l'orario limite." Perché io non ne avevo: praticamente dormivo solo lo stretto necessario, e a volte neanche quello. Tendevo a dare precedenza sempre ad altro; dormire risultava solo una gran perdita di tempo, a volte... come in quel caso. Fanculo il sonno, insomma, dovevo vederlo.
    "Anche perché, se non mi avessi aperto, avrei sfondato la porta a testate, giuro!" Replicai immediatamente, prima del discorso sulla nudità. Ecco, quell'argomento poteva evitarlo, in effetti, ma qui dovevo tirar fuori il massimo dalle mie doti da pessima attrice.
    "Indifferenza, Nikki, indifferenza totale. Non dargli soddisfazioni." "Per quanto mi riguarda puoi girare anche con l'uccello al vento e la cosa non mi toccherebbe minimamente, Plamenov." Forse un po' estrema? Vabeh, dovevo risultare credibile in qualche modo, o quanto meno provarci. Estremizzare ogni tanto funzionava.
    "La prossima volta entra direttamente e infilati nel mio letto. Se sto dormendo dormi pure tu e non rompere" "Certo, e se non stai dormendo? Mi unisco per un threesome?" Col cazzo, insomma. Piuttosto lanciavo la tizia dalla finestra e prendevo il suo posto, ma questo forse non era il caso di specificarlo. Bisognava continuare sulla linea dell'indifferenza e dell'aggressività.
    Mai perdere di vista l'obiettivo: evitare di perdere la dignità, Yorik.
    "E chi ti dice che non stessi facendo un emerito cazzo?" Replicai offesa per non si sa quale ragione, avvicinandomi a lui per puntargli un dito al centro del petto. "Avresti dovuto aspettare perché ti avevo detto che sarei venuta, e vengo sempre! Non ti avrei mai dato buca, brutto stronzo!" Esclamai premendo di più con il dito. Se non avessi avuto davanti a me una sorta di lastra di marmo, gli avrei sfondato volentieri la cassa toracica con quel dito! "Sono venuta così tardi perché l'idea di restarmene a casa ce l'ho avuta, per un secondo" O anche più di un secondo, dato che eravamo arrivati alle 23:00. "Ma poi i miei piedi si sono mossi in questa direzione e forse già me ne sto pentendo. Sei solo un odioso bastardo, tu e i tuoi soliti modi del cazzo!" Avevo una lista infinita di offese da elencargli, e quella sera mi sentivo particolarmente ispirata. Ma scelsi di dedicargliene un po' per volta, giusto per non farmi cacciare subito. "Avresti dovuto farmi vedere la tua nuova casa, non lasciarmi fuori tutto quel tempo a prendere freddo!" E qui ci sarebbe stato benissimo un "pezzo di merda insensibile", ma riuscii a frenarmi in tempo... almeno per il momento.
     
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    -Al ministero- le disse - per forgiare il carattere- questo almeno era stato il pretesto primo.
    Del resto cosa altro avrebbe potuto forgiare con una despota del genere?
    Interagire con i rompicoglioni serviva proprio a questo, a imparare a mantenere la calma, sempre, qualsiasi fosse la richiesta.
    -Mi devi spiegare una cosa- le chiese ad un certo punto - per quale motivo sei così ostile con me- perchè era da che era entrata in casa sua che stava così acida, e non era per niente certo di meritarselo un atteggiamento del genere.
    Il caffè stava uscendo e lui lo versò in due tazzine - se vuoi la brodaglia fattela da te, io preferisco questo- le fece per non incappare nei soliti discorsi da: ma che caffè è mai questo?
    -Buono a sapersi, Nikki- la canzonò facendo quindi un sorso.
    Il suo rigorosamente amaro.
    -Se ti dico di venire in un determinato giorno sta sicura che ospiti in casa non ce ne sono, nè mi metterei a farci del sesso sapendo che potresti arrivare da un momento all'altro- non gli era chiaro per chi lo avesse preso ma era lampante come si aspettasse sicuramente il peggio da lui.
    -Intuito- si lasciò sfuggire bevendo poi l'ultima parte di caffè tutta d'un sorso. Fortuna che aveva già ingoiato perchè lei quasi si era messa in testa di perforargli il petto.
    -Ma te ne sto facendo un problema?- chiese - ti sto dando fastidio perchè sono scalzo? Perchè ho i capelli in disordine?- la guardò per poi continuare - non so, ti dà fastidio cosa di preciso?-
    Quello che disse dopo gli diede da pensare. Aveva pensato di non andare, okay, perchè?
    La studiò in quello che disse, in quello che fece.
    Era un vero enigma, e forse era la stanchezza, o le sue cellule cerebrali non totalmente funzionanti, tuttavia davvero non comprendeva molti degli atteggiamenti della bionda.
    -Stai esagerando, ci avrò messo si e no cinque minuti prima di aprire- le fermò la mano che ancora picchettava sul suo petto - cos'hai? La verità magari, così mi capacito ed evito di irritarti ancora di più-
     
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    Sul perché fossi così ostile con lui non diedi risposta. Ero semplicemente andata oltre, proseguendo con il mio momento di follia, perché effettivamente mi sarei limitata ad un "mi irriti", ma la domanda seguente sarebbe stata "perché?" e insomma... non ne saremmo mai usciti.
    "Va benissimo questo, niente brodaglia." Risposi quindi, mentre preparava le due tazzine. Tuttavia, il mio caffè avrebbe dovuto aspettare la fine di quella discussione, per essere bevuto, o mi sarebbe andato di traverso.
    "Ecco, bravo, niente sesso." Che detta così suonava male -o anche bene, dal mio punto di vista-, quindi mi affrettai a correggermi. "Niente sesso quando inviti me. Anche se per qualche strana ragione dovessi pensare che io possa non presentarmi."
    "Intuito il cazzo", gli avrei risposto mentre finiva di bere il suo caffè, ma per qualche strana ragione quel commento lo tenni per me. Almeno una su dieci riuscivo a trattenerla, magari pian piano sarei migliorata.
    "L'essere scalzo o l'avere i capelli in disordine sono l'ultimo dei miei problemi!" Anche perché non è che fosse meno attraente in quelle condizioni. Magari lo fosse stato, sarebbe risultato tutto più semplice, anche offenderlo o non farsi distrarre. Fanculo.
    "Mi dà fastidio il fatto che tu non mi abbia aspettata. O non mi abbia avvisata prima di andare a dormire. Che so, un "ciao brutta stronza, evita di venire perché è tardi e vado a letto". Non ci voleva poi molto, no?" Sì, mi stavo arrampicando sugli specchi perché no, non era quello il problema lì, e lo sapevo bene. Ma suonava più o meno credibile nella mia testa, quindi come scusa forse poteva andare.
    Il dito continuò a picchiettare contro il suo petto finché Igor non portò la mano sulla mia per fermarla una volta per tutte. Mi ritrassi da quel contatto come se avessi toccato del carbone ardente: mi portai istintivamente la mano al petto, bloccandola con l'altra, come a volerla proteggere da chissà cosa. Forse quel gesto sarebbe potuto apparire strano, ed in effetti lo era persino per me. Non ero sicura del perché lo avessi fatto, ma probabilmente la ragione era la stessa che mi aveva portata a fuggire la sera prima.
    Per evitare che potesse dare troppa attenzione alla cosa, mi spostai da davanti a lui per avvicinarmi al ripiano, al suo fianco. Guardai la superficie di marmo, mentre sorseggiavo quel caffè ormai freddo e lasciato amaro. Che schifo.
    "Cinque minuti, cinquanta... cambia poco." Borbottai con un tono più basso, cercando di ritrovare un minimo di calma.
    Forse quei cinque minuti erano parsi infiniti solo perché li avevo spesi pensando al peggio ma, in effetti, aveva ragione lui e stavo facendo un gran casino per niente. Cosa che, chiaramente, non avrei mai ammesso ad alta voce.
    "In ogni caso ora devi farmi vedere la casa, non si torna a dormire." Aggiungi subito dopo, tanto per mettere in chiaro le cose. Ero andata lì per quella ragione, no?
    "E non ho niente. Me la farò passare." Qualsiasi cosa fosse, ero decisa a reprimerla, perché stavo impazzendo e non era proprio il caso di mettere altri drammi nella mia vita del cazzo. Quindi... "Respira, Nikki. Respira."
    Con un palmo poggiato sul ripiano di fronte a me, finii il caffè in un unico sorso e non riuscii a trattenere una smorfia di disgusto. "Ma come cazzo fai a bere questa roba? Senza zucchero è disgustosa! Non è già abbastanza amara così la vita? Ci manca solo il dannatissimo caffè." Almeno mezzo cucchiaino di zucchero andava messo, dai. Imbevibile.
    E sì, concentriamoci sul caffè, che forse è meglio.
     
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    C'era qualcosa che non andava, persino lui se ne rendeva conto, anche se il suo cervello oltre non sarebbe andato, perchè portava troppa fatica e non era neanche certo di arrivare alla soluzione esatta dell'arcano.
    Allora tornò nel mutismo selettivo, quello che decideva di avere per la maggior parte del tempo, la lasciò sfogare, la osservò mentre chiarificava il suo punto di vista, mentre gli diceva che era tutto incentrato su un fastidio di base, quello di non essere considerata come lei si aspettava fosse.
    In realtà non era neanche questo il punto, Igor prendeva le cose con così tanta semplicità che non c'era bisogno effettivamente di chiamare per accertarsi di qualcosa.
    Se veniva bene, se non veniva bene lo stesso.
    Quando si scostò accanto a lui gli rimase il vuoto da guardare davanti a se.
    Che fare? Non era certo di avere realmente torto in tutta quella faccenda, ma aveva senso continuare a disquisire su chi avrebbe potuto fare cosa?
    Allora si voltò lui stesso e le fu alle spalle, la chiuse tra le sue braccia e accostò il viso alla sua altezza - mi conosci da tanto- le disse allora - lo sai che non ci arrivo su certe cose, per me saresti potuta venire a qualsiasi orario, non è stato un problema alzarmi- a parte qualche improperio legittimo, ma chiunque avrebbe bestemmiato se si fosse trovato nella medesima situazione.
    La strinse più forte e le scoccò un bacio su una guancia, privo di qualsivoglia difesa dovuta anche alla sonnolenza di cui era pervaso e dunque d un gradevole sentore di pace.
    - Per addolcire il caffè amaro- le spiegò -comunque non sei per niente capace di dire le bugie- e dopo una successiva stretta la lasciò andare - visto che ci tieni tanto, facciamo questo giro della casa.
    Come vedi è persino troppo grande per una persona sola, ma se te la lasciano in eredità che fai, ci sputi sopra?
    - lui no di certo.
    Era stata, oltre che gratis, anche in una posizione ottimale per i suoi giri.
    Aveva lasciato le pareti così com'erano, scure e intarsiate ma aveva cambiato un pò l'arredamento interno perchè quei mobili puzzavano troppo di vecchio.
    -La sala- le disse fissando per un solo attimo lo sguardo sulla libreria infinita che si sviluppava tutta attorno a una scala a chiocciola che dava al piano di sopra.
    Piano che non avrebbero visitato, tanto era per lo più inabitato.
    -Primo bagno, quello di tutti, la cucina l'hai vista, varie camere degli ospiti e la mia camera- anche quella aveva un bagno personale ma non ritenne importante specificarlo - ecco qua, giro fatto, contenta ora?-
     
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    Ero lì, ferma a fissare con aria disgustata il fondo della tazzina, quando lo sentii alle mie spalle: le braccia di Igor mi avvolsero e per un istante mi irrigidii. Un solo istante, perché poi le sue parole mi fecero sorridere come una stupida, come quando da bambini mi diceva qualcosa di vagamente gentile e io ci leggevo una promessa di matrimonio. Più o meno era quella la sensazione che mi travolgeva, ogni volta che semplicemente si comportava in modo più carino e un po' meno da stronzo.
    "Allora la prossima volta verrò a bussare alla tua porta alle quattro del mattino e vedremo se sarai dello stesso avviso" Scherzai, lasciandomi finalmente andare e godendomi quel gesto tanto inatteso quanto gradito.
    Chiusi gli occhi, beandomi della sensazione che l'abbraccio di Igor mi stava lasciando, e abbandonai la tazzina per posare le mani sulle sue braccia, quando scelse di aggiungerci anche un bacio sulla guancia.
    Lo giustificò con la storia del caffè amaro, ma io me n'ero già dimenticata, ormai. Aveva addolcito quell'amaro nell'esatto momento in cui le sue braccia mi avevano stretta a sé. Cosa che ovviamente evitai di specificare, o sarei passata per la povera ragazzina che si era presa una cotta per il suo migliore amico.
    Ero diventata un maledettissimo cliché.
    Aprii gli occhi quando mi disse che non ero molto brava con le bugie, e mi girai appena verso di lui, interrogativa. Scelse di lasciare la presa, ed ecco che tornavo a sentire un certo amaro in bocca... questa volta però non ero proprio sicura di poter accusare il caffè.
    Tentai di nascondere l'espressione contrariata che mi comparve in viso, girandomi per prendere la tazzina e andarla a posare nel lavello. Un gesto che normalmente non avrei mai fatto, dato che ero disordinata per natura, ma in quel momento mi tornò piuttosto utile per distrarmi.
    "Sì, andiamo" Abbozzai un mezzo sorriso forzato, prima di seguirlo in quel tour della villa. Perché fanculo la casa, quella era una reggia: ampi spazi dei quali mi ero curata ben poco fino a quel momento, dato che avevo marciato dritta dietro di lui, sbraitandogli contro senza curarmi del resto. Tendevo ad isolarmi quando ero nervosa, ma solo allora riuscii a realizzare fino a che punto. Come avevo fatto a non notare in che razza di posto viveva?
    Intravidi una scala a chiocciola nella sala, ma tirammo dritti verso la zona notte, dove si aprivano varie camere per gli ospiti e, infine, la sua.
    Vi entrai e mi avvicinai al camino incassato in una parete scura. "Wow, più o meno come casa mia, sai?" Chiaramente ero ironica: la casetta dai colori diabetici non aveva nulla a che fare con quel posto. "Direi che non potevi di certo sputare su un'eredità simile" Mi guardai attorno ancora qualche istante: il letto era sfatto sul suo lato, a conferma di quanto mi aveva detto al mio ingresso, e una porta si affacciava sulla sua stanza. Mi avvicinai, e gli lanciai uno sguardo -quasi come a voler chiedere il permesso per aprire- prima di andare a curiosare.
    Ferma sulla soglia, osservai il bagno che si apriva al di là di quella porta. "In effetti avevi parlato di un "bagno di tutti", non potevi non averne uno privato, ma... non ti sembra di esagerare?" Era più o meno grande come la mia camera da letto e aveva una vasca che avrebbe fatto invidia a chiunque. "Per rispondere alla tua domanda: no, non sono affatto contenta. Ti sto odiando da morire, Plamenov." Mi venne da ridere e tornai a guardare lui, poggiandomi contro lo stipite della porta. "Io vivo nella casa degli unicorni rosa con le criniere arcobaleno. Non so neanche come ci sia finita, in un quartiere come quello." Impossibile non paragonare le nostre due sistemazioni attuali, diametralmente opposte.
    "Ora capisco perché la tizia ti ha chiesto di vivere qui. Non di certo per te, biondino!" Lo presi in giro, incapace di trattenere un piccolo commento a riguardo. Forse avrei dovuto rimuovere quella questione dalla mia testa, ma sembrava impossibile.
    "In sala ho visto una scala a chiocciola. Dove porta?" Domandai quindi, curiosa di scoprire cosa stesse "nascondendo". Quante altre stanze aveva quel posto?
     
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    Non si curò del letto disfatto, chiaramente era la prova che vi aveva dormito sopra fino a poco prima.
    "Non stento a crederlo" pensò immaginando una possibile casa a Notting Hill. Lo aveva sempre immaginato un pò come il paese degli elfi o delle fate, tutto pieno di fiori e colori.
    Un attentato per chi soffriva di diabete.
    -Che vuoi che importi? Mi sembra un bagno ben fatto- funzionale sicuramente.
    Si stropicciò gli occhi mentre lei ancora scrutava la sua stanza e il bagno, che, da quello che capiva, aveva suscitato persino la sua invidia.
    -Credo sia più per praticità che per un motivo materiale.
    Non è mai stata qui-
    le spiegò con un ghigno sulle labbra - quindi se non per praticità opterei più per me come persona, mia cara Nikki- concluse quindi scoccandole un occhiolino.
    Ed eccola tornare al discorso scala, o meglio, ad affrontarlo, come se ci fosse qualcosa che le potesse sfuggire.
    -Quella scala porta al piano di sopra, ma non ci sono mai stato nè ho intenzione di andarci.
    Non serve-
    e non serviva veramente. Forse un giorno, se avesse fatto un lavoro che poteva svolgersi direttamente a casa.
    -Non ti sfugge niente eh- la canzonò - cosa credevi ci fosse lì sopra? Sentiamo, sono curioso-
     
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    "Un bagno ben fatto e indubbiamente comodo. Sono sicura che quella vasca sia piuttosto piacevole da utilizzare in due." Ammiccai, lanciandoci ancora un'occhiata. Sì, proprio comoda, niente da dire. Ma magari non da testare con quella che si era invitata a casa sua, mh?
    "Non è mai stata qui?" Ripetei incredula. Aveva una casa tutta a disposizione e non ce l'aveva mai portata? Le opzioni erano due: o a Igor piaceva farlo solo in posti scomodi, o gli piaceva al punto tale da... boh, rispettarla e aspettare? O magari -terza ipotesi- si erano appena conosciuti e la tipa se la tirava un po'. Ecco, magari la prima o la terza andavano benissimo. La seconda la scartai al volo per evitare di pensarci e chiudermi di nuovo a riccio su quel discorso piuttosto spinoso.
    "Beh comunque meglio così." Mi lasciai sfuggire, prima di passare a parlare della scala vicino alla libreria in sala.
    "Quella scala porta al piano di sopra, ma non ci sono mai stato nè ho intenzione di andarci." Cosa voleva dire che non ci era mai stato? "Mai...mai? Davvero?" Lo guardai per qualche secondo, incredula. Era casa sua, come poteva non averla neanche visitata tutta? Certo, era grande, ma io avrei curiosato tutto subito. Solo lui, con la sua ormai nota indifferenza verso qualsiasi stimolo, poteva essere in grado di ignorare tutto un piano. O magari due? Chi gli diceva che poi non ci fosse addirittura un'altra scala? Andiamo, non era possibile!
    Eppure dalla sua espressione ricevetti quella conferma: mai.
    "Una stanza del piacere: frustini, manette, vibratori e strumenti di vario genere tutti da scoprire." Lo presi in giro, inarcando un sopracciglio. "Cosa cazzo ne so? Era solo una domanda, non pensavo a niente! Semplice curiosità, idiota!" Aggiunsi poco dopo, sorridendo divertita e avvicinandomi di corsa a lui, tutta saltellante. "Su, ora muovi il culo, vietato protestare o mi arrabbio di nuovo" Mi morsi il labbro inferiore e gli presi la mano, intrecciando le dita alle sue per trascinarlo letteralmente con me, di corsa, verso la sala.
    Arrivammo davanti alla scala a chiocciola e mi fermai qualche secondo, guardando verso l'alto. "Secondo te quante stanze ci saranno ancora da scoprire? Secondo me l'equivalente di un altro immenso appartamento." O magari anche due. Vista da fuori, quella villa sembrava enorme, ma non avevo di certo perso tempo a contare finestre o a far caso ai piani. "Andiamo!" E solo a quel punto lasciai la sua mano, per poggiare la mia sulla ringhiera e salire verso il buio del primo piano.
     
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    -Nikki, onestamente, perchè dovrei portare qualcuno a casa mia?- nella sua testa meno sapevano dove abitava meglio sarebbe stato per la sua salute mentale.
    -Non che sia un segreto di stato ma ..- lasciò la frase in sospeso, ma ovviamente preferiva non avere rotture di scatole.
    -Lo sai quanta polvere ci sarà lì sopra?- non aveva nessuna voglia di andarci, ma Nikki la pensava diversamente.
    E se lo prendeva per mano e lo tirava con se voleva dire che non gli avrebbe dato pace fino a che non l'avesse accontentata.
    E così la seguì. Le fece cenno con la mano di precederlo, quanto meno lui si sarebbe beato dell'oscillare del suo tondo culetto sodo.
    Ebbene si, il culo della bionda non gli era mai stato indifferente, averlo a portata di occhi era un'occasione che, giacchè doveva accontentarla, non si sarebbe perso per nulla al mondo.
    -Allora?- le chiese quando furono quasi giunti in cima - cosa scorgi di così interessante?-
     
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    "Andiamo, hai paura di un po' di polvere, Plamenov?" Scherzai, lanciandogli un'ultima occhiata prima di salire quelle scale.
    Arrivati in cima era buio pesto, e tastai con la mano la parete alla mia destra, alla ricerca di un interruttore per la luce, che fortunatamente trovai piuttosto in fretta.
    Una volta illuminata, la stanza che ci si presentò davanti era grande più o meno quanto la sala al piano di sotto. Era praticamente immensa. "Non posso credere che tu non ci sia mai salito. Non hai mai avuto neanche un minimo di curiosità?" Domandai incredula, allargando le braccia per indicare tutto quello spazio. Possibile che non l'avesse voluto scoprire? Non poteva non conoscere la propria casa.
    "Se ti fa tanto schifo l'idea di avere una casa immensa, la separiamo e mi ci trasferisco io qui sopra. Mi basterebbe anche solo questa stanza per stare divinamente!" Commentai girando un po' il perimetro e osservando le pareti. Qualche vecchio mobile impolverato, era decorato da vecchie foto e soprammobili di vario genere.
    Al centro forse un piccolo divano, coperto da un lenzuolo bianco, per proteggerlo dalla polvere. Un secondo lenzuolo copriva qualcos'altro, in un angolo, ma non riuscii ad identificarlo subito.
    Mi avvicinai e sollevandolo vi trovai al di sotto un meraviglioso pianoforte a coda. "Okay, qualcuno qui doveva avere un talento... ne sai qualcosa?" Fantastico.
    Ricoprii lo strumento solo quando, poco dopo, decisi di infilarmi nel lungo corridoio: varie porte si aprivano lungo di esso, diverse erano le camere che nascondevano, ma in quella più grande vidi qualcosa che attirò la mia attenzione: un baule nero con degli inserti dorati.
    Mi avvicinai e mi abbassai, per aprirlo e curiosare al suo interno. "Igor, in questa casa e in questo baule c'è praticamente tutta la storia della tua famiglia." Commentai seria, afferrando l'album di fotografie più grande e affiancandomi a lui.
    Presi a sfogliarlo, pagina dopo pagina, finché non arrivai ad una foto in particolare che mi lasciò letteralmente a bocca aperta. "Lui chi è? Cazzo, sembri tu... siete identici." E mi voltai a guardarlo, incuriosita. Mi avrebbe raccontato qualcosa a riguardo o avrebbe scelto come sempre di tenere tutto per sé?
     
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    Non aveva dubbi sul fatto che sopra ci fosse un'altra specie di appartamento, o qualcosa tipo stanze innumerevoli di cui non se ne faceva nulla e quindi potevano anche rimanere chiuse, per conto suo.
    Così come era certo che tutto ciò che suo nonno aveva eliminato dal basso fosse stato portato lì su.
    Rimase comunque sorpreso di riconoscere il pianoforte a corda che quando aveva appena tre anni aveva imparato a suonare.
    Sua madre, una fissata del genere, ne andava matta e suo nonno non era stato da meno.
    Si guardò attorno notando come, da dietro quintali di ragnatele, i volti rappresentati nei quadri lo guardavano e talvolta sussurravano tra di loro qualcosa.
    Sorrise all'idea di darle parte di quel posto, ma non lo infastidì l'idea e , sebbene Nikki stava sicuramente scherzando, ci pensò sul serio a come sarebbe stato averla come vicina di appartamento.
    -Pensavo lo avesse buttato- disse rivolto al pianoforte - mio nonno lo aveva in salone un tempo, lo suonavo talvolta ma poi è sparito- e lui non ne aveva più saputo nulla.
    Già che stava lì sopra si mise a osservare i dettagli pure lui, almeno fino a che non fu richiamato all'ordine da Nikki.
    Dall'alto abbassò lo sguardo e intravide effettivamente qualche foto a lui sconosciuta, quindi si accucciò accanto a lei per vedere meglio.
    L'uomo nel ritratto sembrava davvero lui, ma non lo era, per ovvie ragioni.
    Girò la foto "1899" lesse.
    -E' il padre di mio nonno- disse dopo aver fatto un breve calcolo.
    -Non mi somiglia per niente- la sfidò a dire il contrario - comunque questo posto è un tugurio - si guardò attorno e intravide alcuni volumi antichi, tutto sommato probabilmente sarebbe ritornato - hai intenzione di guardare altro?-
     
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    Suonava il pianoforte, e da come ne parlava probabilmente glielo aveva insegnato il nonno. Con Igor funzionava così: dovevi cercare di prendere più informazioni possibili da quelle poche parole che pronunciava e farle tue per capire un po' di più sul suo conto. Dosava talmente tanto le informazioni che, seppure lo conoscessi da una vita, riusciva sempre a tirar fuori qualcosa di nuovo, che non avevo avuto modo di conoscere prima. Era strano, certo, ma in 21 anni non era mai venuto fuori questo discorso. Stavo scoprendo solo allora, di quella sua abilità, anche se non sapevo ancora quanto fosse stata coltivata e sviluppata poi. Diceva che era sparito, magari aveva continuato in altro modo a suonare, o magari aveva smesso completamente; glielo avrei chiesto di certo in un secondo momento.
    Lo osservai mentre faceva qualche calcolo veloce in base alla data della foto che ritraeva un suo antenato identico a lui, e disse che si trattava del padre del nonno. "Ma cosa diavolo stai dicendo? Siete uguali, Igor." Replicai, tirandomi quindi su e aspettando che facesse lo stesso. "Ma tu sei sicuramente più bello, tranquillo." Aggiunsi, sorridendo divertita e richiudendo infine quell'album, per riporlo esattamente dove lo avevo preso: magari un altro giorno ci saremmo tornati e gli avrei chiesto qualcosa di più. Forse lui non voleva parlare di sé, come sempre, ma io volevo sapere e non mi sarei di certo fermata lì.
    "Sarà anche un tugurio, ma devi ammettere che ha del potenziale!" Esclamai, avvicinandomi a lui fino ad arrivare a spalmarmici contro, con le mani che cercavano le sue e ci si intrecciavano perfettamente. Lo sguardo era rivolto verso l'alto per incrociare i suoi occhi: mi sentivo una maledettissima nana accanto a lui, ma stranamente non mi dispiaceva.
    "Senti..." Sì, stavo per chiedergli qualcosa che probabilmente si sarebbe rifiutato di fare, quindi un po' dovevo comprarmelo. Gli occhi da cerbiatto sapevo farli benissimo. "Adesso è tardi e magari vuoi tornare a letto, quindi non ti tratterrò oltre. Domani, però, mi farai sentire come suoni il pianoforte, vero?" E se lo supplicavo, non poteva dirmi di no, giusto? Anche perché sapeva che l'eventuale step successivo sarebbe stato martellarlo fino allo sfinimento: conveniva dire di sì subito.
     
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