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.Devo ammettere di aver iniziato magisprudenza per compiacere mio padre e che quando tutta la verità sulla mia famiglia è venuta a galla non sono affatto stata tentata di mollare. Sono rimasta completamente travolta dalla materia, iniziando a vederla in un modo nuovo. Il sapere è potere e con quello si può proteggere quello in cui si crede. Sono cresciuta in un ambiente privilegiato, fortunata nel poter dire che non mi sia mai mancato nulla, ma la cosa non mi ha impedito di vedere le brutture del mondo. Ce ne sono tante, troppe e se studiare può portarmi a eliminarne qualcuna, ben venga. Qualche settimana abbiamo avuto la possibilità di iniziare il praticantato e il professore ci ha messo di fronte a diversi studi, molti prestigiosi, altri un po’ meno e in fine quello a cui ho puntato senza pensarci due volte. Il mio studio è uno studio che si occupa di casi pro bono, ragazzi problematici, cause intente a salvare il mondo, un mucchio di cose adatte ai sognatori come me. Mio padre non è stato molto felice della mia scelta, aveva lasciato per me un posto nel suo studio, sperando di poter recuperare il nostro rapporto ormai andato in frantumi. Sono quasi del tutto certa che le cose non potranno più tornare come un tempo, non sono severa e solo che hanno mentito su qualcosa di troppo grande per passarla liscia. Quando tutto è venuto a galla è stato come scoprire di non aver mai avuto una famiglia, non mi sono ancora ripresa dallo schok e credo che mai lo farò. Sono trascorse due settimane dall’inizio del mio praticantato, io e la fotocopiatrice siamo diventate una cosa sola. A quanto pare la mia scalata per salvare il mondo è più ripida di quanto immaginassi. Almeno è quello che ho creduto fino a stamattina, quando il mio capo è entrato nello studio entusiasta dicendomi che finalmente sarei entrata in azione. Mi tocca affiancare uno dei membri anziani, uno di quegli individui privi di tatto ma fortuitamente bravi nel loro mestiere. Nello studio si vocifera non perda una causa da dieci anni e la cosa mi onora molto. So di essere stata scelta perché il cliente è un ragazzo della mia età, qualcuno che ha bisogno di avere accanto una persona che lo metta a proprio agio prima di decidersi a parlare, ma non mi interessa. Sto per fare un esperienza unica e non vedo l’ora di iniziare. L’appuntamento è alle dieci, sono le dieci meno quindici minuti e il signor Taylor non è ancora nel suo ufficio, mentre il cliente sembra essere pronto ad essere accolto. Apro la porta trovandomi di fronte una faccia conosciuta, arriccio il naso e mi prendo un paio di secondi - Travis? - di fronte a me c’è il mio rosso preferito, il ragazzo dei miei sogni che credo sia arrivato fin qui per farmi una sorpresa. Gli ho parlato del mio nuovo incarico, di quanto questo posto mi piaccia, ma non ricordavo di avergli detto di quale studio si trattasse, ne dove si trovasse. - Che ci fai qui? - Mi guardo attorno, sperando di non attirare l’attenzione dei colleghi, sono la novellina qui dentro e ogni strafalcione viene notato senza pietà. - Ho il tempo di un caffè, ti va?.
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.So che questo non è ne il luogo ne il momento, ma ritrovare Travis di fronte porta le mie labbra ad incurvarsi in un sorriso. Succede ogni volta che lo vedo, sentendomi un po’ come in una fiaba moderna. Questa volta noto qualcosa che non va, il rosso non mi sorride di rimando. Il suo volto è contratto, posso dire con certezza che è teso. Tutto diventa più chiaro nel momento in cui mi spiega il vero motivo che lo ha portato sin qui. Ha contattato un avvocato. - Taylor? È lui il tuo avvocato? - vorrei riuscire a trasmettere un’emozione in quella domanda, me ne andrebbe bene una qualsiasi. La mia voce invece è inespressiva, come se stessi parlando del tempo con un estraneo. - Sei… sei l’appuntamento delle dieci? - faccio trasparire un velo di qualcosa, di un sentimento che neanche io riesco a comprendere, credo sia delusione. Penso che un quarto d’ora non basti a chiarire questa situazione, ho mille domande che sono costretta a tenere per me nel momento in cui il proprietario del ufficio fa il suo ingresso. Il caffè è saltato. Taylor non perde tempo, inizia subito a parlare con Travis del caso. Gli ricorda i vari appuntamenti in tribunale, l’importanza di presentarsi a tutti e il fatto che le prove sono tutte a suo favore. Non è gentile, il compito di far scemare la tensione spetterebbe a me. È un compito che non riesco a svolgere. Resto in silenzio con lo sguardo basso che solo di tanto in tanto va ad incontrare quello di Travis. Non è da me reagire così, non lo è soprattutto con lui, ma non riesco a reagire diversamente. L’appuntamento si conclude in fretta e con lui anche il mio turno per quella mattina. Lascio che il rosso lasci la stanza senza salutarlo e mi fermo per sistemare le ultime scartoffie che mi sono state affidate. Mi fa male la testa, sento potrebbe esplodermi da un momento all’altro. Sento un leggero sollievo solo una volta uscita dal palazzo, l’aria fredda di Stoccolma riesce per qualche attimo a rinfrescarmi le idee. Il tutto finisce quando mi trovo di fronte Travis. Lo guardo e sento una lacrima di rabbia rigarmi la guancia. Non sono arrabbiata con lui, so che non è qualcosa di facile da raccontare e conosco abbastanza il caso da essere certa della sua innocenza. Odio i bugiardi, la mia vita fino ad ora lo è stata. Sento di aver perso la fiducia che riponevo in lui ed era tanta, una fiducia cieca che mi rendeva impossibile credere che un ragazzo come lui avrebbe potuto ferirmi. Mi avvicino, lentamente, mordendo un angolo del labbro. - Sei stato in carcere? - lo so, è il modo peggiore di porre questa domanda, mi sento uno schifo per aver messo in mezzo così il discorso - Perché… perché non me lo hai detto?.
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.Asciugo con un gesto nervoso la lacrima che ha percorso la mia guancia, brucia. Vorrei non fosse così, ma il cuore mi batte all’impazzata mentre mordo le labbra aspettando una risposta valida a quello che è successo. So che c’è, come so di non essere ferita per l’accaduto, ma per il modo in cui ne sono venuta a conoscenza. - Vorrei ben vedere… - mi lascio scappare un sospiro, sentendomi stronza per quello che ho appena detto - no, scusa. Ho studiato il caso, so che non c’entri nulla. - posso solo immaginare quanto sia stata dura per lui, quanto abbia sofferto per qualcosa di cui non aveva alcuna colpa. Eppure in questo momento non riesco a far altro che sentirmi tradita. Non è per lui, quanto per quello che è già accaduto nel mio passato. Stupidamente mi sono fidata di lui, tanto da iniziare a provare qualcosa che va oltre l’amicizia e l’attrazione fisica. Credo sia questo a farmi male, non il fatto che mi abbia tenuto nascosto il suo passato, ma il fatto che ora non possa più fidarmi. Il fatto di essere stata sciocca, di non aver imparato la lezione - Non avrei pensato nulla. Ti conosco abbastanza da… - fidarmi. L’ultima parola muore tra le mie labbra scendendo nuovamente lungo la mia gola e affondando nel mio stomaco in subbuglio. - Ah… scusa. Io… io sono una stupida - mi volto e senza dargli alcun diritto di replica lo lascio solo. Torno al mio dormitorio, dove Annie senza chiedermi nulla mi accoglie con un abbraccio.
Sono trascorse due settimane e in questo tempo ho chiesto di essere assegnata ad un altro caso. Il mio desiderio non è stato esaudito, rendendo vani tutti i miei sforzi di evitare partite e allenamenti. Volente o nolente oggi mi tocca incontrarlo. Taylor ha deciso che avere un assistente non gli spiace affatto, che sfruttarmi per qualsiasi questione non sia poi tanto male. Lavorare la metà gli rende sopportabile il dover parlare con qualcuno. Travis deve firmare dei documenti, non c’è bisogno della presenza del suo avvocato. Se avessi potuto avrei puntato i piedi cercando di fare in modo di saltare quell’appuntamento. Non sono pronta a rivederlo e nel ritrovarmelo di fronte mi rendo conto che è davvero così. - Si accomodi signor Andrews. - Apro la porta dell’ufficio lasciandogli la possibilità di entrare e prendo posto dietro la scrivania. La rabbia dell’altro giorno è del tutto scomparsa, lasciando spazio ad un misto di delusione e tristezza. Sento le lacrime pronte a bagnare nuovamente le mie guance, ricordando le ultime parole che mi ha rivolto. Mi faccio forza passandogli i documenti da firmare - Mi serve una firma sulla prima e una sull’ultima pagina, poi può andare - vorrei mi dicesse qualcosa, come vorrei leggere qualcosa nel suo sguardo che mi possa portare a sperare di riuscire a rivedere il ragazzo di cui mi stavo innamorando, ma non è così. - Buon compleanno - mi lascio scappare quest’ultima frase mentre riprendo le carte dalle sue mani per portarle nell’archivio.. -
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Edited by 'travis - 31/7/2020, 06:26. -
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Restare di spalle è la mia unica arma. Vorrei fosse passato più tempo, vorrei poter dire di non essermi affezionata a lui, ma so perfettamente che non è così. La sua aria da bravo ragazzo, la sua dolcezza, mi hanno spinta a fidarmi, a provare qualcosa che non provavo da un po’. Sembrava tutto così perfetto fino a due settimane fa, invece ora siamo qui e non riesco neanche a sostenere il suo sguardo. I miei nervi scattano nel sentire due parole provenire dalle sue labbra. - Mi dispiace - non riesco ancora a credergli, lo vorrei tanto, ma sono ancora troppo ferita. Senza volerlo ha colpito il mio punto debole e so di avere una gran bella testa dura. Resto in ascolto, completamente bloccata senza saper cosa dire. Le sue parole sono convincenti, ma a farmi scattare è la sua ultima frase - Io non mi sono fatta alcuna idea di te. Non sono quel tipo di persona. - la mia risposta è leggermente stizzita, non voglio che creda sia così superficiale. - Se… se ti ho evitato fino ad ora non è perché hai avuto problemi con la legge. - faccio una piccola pausa, restando concentrata sui fogli che ho tra le mani - È perché non me lo hai detto e per quello che hai detto dopo. Soprattutto per quello che hai detto dopo - mi ha rinfacciato il fatto che ci conoscevamo da poco, facendomi sentire alla strenua di un estranea. Mi ha fatta sentire stupida. - E… ora non è il momento e il luogo per parlarne. Sono a lavoro. Non mi va che i miei colleghi pensino che non sia professionale. - So di essere una stronza, ma ho davvero bisogno di un altro po’ di tempo, di capire. - Ovvio - rispondo quando si stupisce nel notare che mi sono ricordata del suo compleanno. Gli avevo comprato anche un pensierino, un bracciale in caucciù con un boccino, ma credo che lo riporterò al negozio. - Lo dirò ad Annie. - lascio che la porta si chiuda e osservo dalla vetrata la sua figura che si allontana.
Tornata al campus mi sono piazzata sul divanetto con una confezione di gelato e l’espressione di chi ha appena perso il proprio gatto. Annie mi ha notata subito, spiaccicandomi una cucchiaiata addosso e chiedendomi il perché di quel muso lungo. Sono quasi certa che sia stufa di vedermi così per Travis, devo ammettere di esserlo anche io. In questo momento desidero un pulsante per i sentimenti, ma credo non ne abbiano ancora inventato uno. Annie mi ha spinta a raccontarle tutto, costringendomi a non tenere per me neanche il più piccolo particolare e alla fine ha esordito con un - Siete due teste di cazzo, è palese. Penso sia tutto un malinteso. La sua è una situazione del cavolo e tu te la sei presa troppo. Vai alla festa, so che gli hai comprato anche una cazzata. Se non andrà bene, ci saremo qui io e il gelato ad attenderti - inutile dire che non ha accettato un no come risposta, anche se mi ci è voluto un po’ a prepararmi. Ora fuori a questo locale mi sento una cretina , lui ha un aria così felice con i suoi amici che gli ronzano attorno, tanto da spingermi a decidere di tornare indietro. Mentre sto per farlo sento un rumore alle mie spalle. Mi volto ed è proprio Travis. - Annie mi ha costretta a venire - il mio sguardo è basso, quasi raso terra direi - Questo è per te - gli porgo il pacchetto con i bracciale, mantenendo un espressione neutra. - Mi spiace aver fatto la stronza…. -
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.- Forse ho esagerato - lo dico perché dopo la lavata di testa che mi ha fatto Annie lo penso realmente. Non sarei qui se non fosse così - Mi fa piacere ti piaccia - non riesco ancora ad alzare lo sguardo verso di lui, ma non per rabbia. Provo vergogna per il modo stupido in cui mi sono comportata. L’ho evitato peggio di un lebbroso, senza capire il suo punto di vista e che forse determinate cose le ha dette solo perché a disagio. - Non… so se lo è. Ci sono tutti i tuoi amici di là, non vorrei rovinarti la festa. - so di averlo già fatto. È corso qui invece di restare a festeggiare e puzza un po’ di birra. Spero non abbia bevuto troppo per colpa mia, so bene quanto il coach sia severo su certi argomenti e quanto lui ci tenga ad essere in campo ogni domenica. È davvero un bravo ragazzo, la persona a cui mi stavo affezionando fino a poco fa, e mi ritrovo ad allontanarlo per una sciocchezza. - Ok… ci sono delle cose di me che non sai e sono quelle ad avermi fatto reagire tanto male. Ho un serio problema con le bugie - inizio a parlare, lo faccio con il cuore pesante. Di questa faccenda, della mia vera storia ne è a conoscenza solo Annie. È qualcosa che mi ha sconvolta, che mi ha fatto perdere la fiducia in chiunque, mentre Travis era riuscito con il suo sorriso pulito a scavalcare il mio muro di pregiudizi e a ricavarsi un posto concesso a pochi - Prima di venire in accademia ho scoperto che i miei non sono i miei. In realtà solo mia madre. È tutta una faccenda assurda e complicata che se vuoi posso spiegarti - lo farò solo se sarà lui a chiedermelo, non perché non voglia confidarmi, ma perché sono venuta fin qui per porgergli le mie scuse, non per raccontargli i drammi della mia vita. - Penserai che sia una cosa da bimba viziata - lo penserei anche io. Alla fine ho avuto la vita migliore che mi potesse capitare, una famiglia amorevole e le migliori possibilità di questo mondo, ma fare quella scoperta mi ha sconvolta - Mi è crollato il mondo addosso nello scoprirlo e da allora non riesco a parlargli. È per questo che quando qualcuno mi mente scatto subito sulla difensiva o vado via. - andare via, è quello che ho cercato di fare con lui, allontanandolo come il peggiore dei criminali, annullando tutto il bene che avevo visto in lui - Io… io lo so che non ci conosciamo da molto e ti capisco per non avermelo detto. Però…- mi ha fatto male sentirlo, soprattutto dopo tutto quello che c’era stato tra di noi. Lo so che qualche appuntamento, qualche notte insieme e il vedersi dopo le partire poteva equivalere a tutto come a niente, ma avevo provato una sintonia speciale con lui tanto da sperare che fosse ricambiata. - Con te ho sentito di potermi fidare da subito. Scoprire che mi avevi tenuto nascosto qualcosa di così grande è stata una doppia batosta. - e come se lo è stato - Beh… se mi puoi perdonare amici come prima - accenno un sorriso piegando la testa in un lato - Ora ti lascio a festeggiare, ho rovinato abbastanza il tuo compleanno. - ti prego, non dirmi di andare via. Dimmi che siamo più di amici..
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.- Non credo. - non sono una persona che da molta importanza alle ricorrenze, ma credo che chiunque possa avere un minimo di empatia nel capire quanto sono stata stronza oggi. Sono scottata, ancora un po’ ferita per le sue parole, ma dopo il discorso di Annie sono riuscita a comprendere anche i miei errori. Ci sono cose difficili da dire, io stessa ho molti segreti e una situazione come la sua non è tra le più semplici da gestire. - Lo so, ma mi ha fatto talmente male da non essere ancora pronta a perdonarli - forse un giorno accadrá, ma non molto presto. È dura quando scopri che la tua vita perfetta altro non è che una menzogna, una del peggior tipo per di più. Credevo in mio padre, credevo amasse mia madre. Invece non è che uno tra tanti. - Lo so… cioè, l’ho capito e so di non riuscire a dimostrarlo al meglio, ma vorrei non aver reagito così - vorrei non aver rovinato tutto. Perché nonostante la rabbia e la mia luna storta, in questi giorni è stata dura evitarlo. Difficile non correre fuori agli spogliatoi per una chiacchiera rapida o trascorrere la nottata a telefono a dire le cose più banali. - Ci sono cose che non riusciamo a dire e forse non c’è un motivo. - so che non è dovuto alla mancanza di fiducia, ma al disagio che una cosa del genere può portare. Dire “sono stato in carcere” o “mia madre non è mia madre” non è semplice. Siamo così bravi a bardarci dietro scuse inutili, ma sappiamo benissimo che il giudizio altrui ci spaventa. Ci sono cose per le quali ci sentiremo sempre giudicati, nel bene e nel male, e questo ci spingerà a metter su una maschera pur di non vedere le persone bisbigliare alle nostre spalle. - Mi dispiace - lo dico, anche se il mio tono è ancora duro. Non riesco a non sentirmi ancora ferita. Penso che potrei superarlo, ma per farlo dovrei avere una seconda possibilità. Ritrovo un po’ di speranza, quando mi chiede se potró fidarmi ancora di lui. La sua domanda ha un che di assurdo. So di sembrare ancora arrabbiata, ma non è così - Travis, sei il ragazzo piú buono che conosco. Non credo tu abbia perso davvero la mia fiducia - sorrido tirando le labbra e scuotendo il capo. A volte mi domando come faccia ad avere così poca fiducia in se stesso. Vorrei si vedesse come lo vedo io. Sto per andare via e lasciarmi tutta questa faccenda alle spalle. Ho il cuore un po’ pesante per il mondo in cui lo sto salutando, ma prende a battere un po’ più forte quando sento la sua mano trattenermi. - Si? - Inizia a parlare e nelle sue parole rivedo il ragazzo timido di cui mi stavo innamorando. Tutta la mia rabbia scompare e il nostro litigio sembra solo un brutto ricordo. Mi avvicino un po’ di più interrompendo il suo discorso imbarazzato. Non riesco a capire se è per quello che ha detto o per la birra che ha bevuto, ma le sue guance mi sembrano dello stesso colore dei capelli. Poso una mano su di esse e lascio che le mie labbra si uniscano alle sue per qualche secondo. Stupido dire che è questa la mia risposta, il mio “ é così anche per me”. Confermo tutto con un sorriso arricciando appena le labbra. - Ci vediamo domani dopo gli allenamenti? - spero davvero di conoscere la risposta di questa domanda, anche se sono quasi certa sia così. - Ora vai che ti aspettano..
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