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    Erano passate circa tre settimane da quel disastroso appuntamento e Synnove sembrava essersi ripresa alla grande. Come previsto, le venne data una punizione da scontare per il pessimo comportamento che aveva avuto nella sala grande. Le venne affidato il compito di riordinare la biblioteca per una settimana. Cosí ogni giorno, dopo la fine delle lezioni, si fermava in biblioteca a riordinare i libri e a pulire le varie superfici. Per i primi due giorni non sembrava dispiacerle, amava i libri, era cresciuta tra quelle pagine. Ma dal terzo giorno la stanchezza cominció a farsi sentire e non le sembrava piú cosí entusiasmante quella punizione. Gli studenti sembravano non prestare attenzione quando riponevano a posto i libri.
    Molti erano cosí distratti che li lasciavano sparsi ovunque, sui davanzali delle finestre, sulle panchine e toccava a lei recuperarli tutti. Per fortuna quella settimana passó in fretta e Synnove si ritrovó libera di poter dedicare il suo tempo a cose che suscitavano il suo reale interesse. Ma prima di dedicarsi alle sue passioni, doveva ancora risolvere la questione con Tyler. Sua sorella era rimasta delusa dal suo comportamento e l'aveva incitata a chiarirsi con il ragazzo. La giovane Hoffmann lo fece solo perchè odiava sapere di aver deluso Maggie. Per lei la questione dell'appuntamento era passata, non aveva senso continuare a girarci intorno. Quando si levó anche quel pensiero, tornó alla sua vita di sempre che era resa piacevole dalla presenza di Gwain. Passavano sempre piú tempo insieme e, ora che le vacanze estive si avvicinavano, continuava a chiedersi come sarebbe riuscita a sopravvivere al prossimo anno scolastico senza di lui. Si erano appena ritrovati e già dovevano salutarsi di nuovo. Hei! Lo salutó, una sera, mentre passeggiava per i corridoi. Vedersi dopo le lezioni era diventato una specie di appuntamento fisso, il momento della giornata che preferiva. Ti va di uscire? Non le andava di passare l'ennesima serata in quel castello, aveva bisogno di una boccata d'aria e di fare qualcosa di diverso.Ho sentito dire che al villaggio danno le birre scontate fino a mezzanotte. Propose con un sorriso. Non era chissà quale idea entusiasmante ma era sempre meglio che passare la serata chiusa in quelle mura.Non possiamo perdercela. Ti prometto che non berró molto. L'ultima volta che erano usciti per bere qualcosa, Gwain l'aveva accompagnata fino al dormitorio perchè non riusciva a reggersi in piedi.


    Edited by synnove; - 20/5/2020, 21:32
     
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    Ogni mese era la stessa storia, lo stesso dolore, la stessa ansia. Ogni volta che si avvicinava la luna piena, Gwain cambiava completamente. Diventava burbero, con i nervi a fior di pelle, pronto a scattare per ogni cosa. Era molto migliorato da quando aveva ritrovato Synnove, ma per l’intera settimana la ragazza non si era fatta viva, acuendo, invece di migliorare, l’umore del ex-serpeverde. Così un pomeriggio di quella maledetta settimana, ne combinò una delle sue. Senza motivo prese a discutere con un ragazzo del terzo anno, finendo senza perder tempo dalle parole alle mani. Quella volta non era stato fortunato però, si era beccato una sospensione di un paio di giorni e una punizione umiliante. Era stato costretto a ripulire i bagni dei ragazzi senza l’aiuto della magia. Davvero troppo per un tipo orgoglioso e viziato come lui.
    Non poteva dire di non essere stato bravo, era riuscito comunque a fare tutto in un unico pomeriggio, ma una parte di lui meditava vendetta verso il professore che aveva osato punirlo. Quando ebbe finito, fatta una doccia, si era piazzato sulla finestra di uno dei tanti corridoi della scuola per fumare in pace. Mancava un giorno alla luna piena, uno solo. - Chi non muore si rivede - fece una leggera alzata di spalle, voltandosi appena verso Synnove che era entrata in scena nel momento peggiore - No, sta sera non mi va molto di farti da babysitter - fece un tiro dalla sigaretta. Era nervoso, ma non con lei, solo per quello che a breve gli sarebbe successo. Ogni mese aveva il terrore di far male a qualcuno nel momento in cui non era più se stesso - Non hai altri cretini da cui farti appendere all’ultimo momento? - forse ci stava andando giù pesante, ma la stanchezza e lo stress non lo rendevano una persona adorabile, era risaputo. - Non ti sei fatta viva tutta la settimana - le sue sopracciglia avevano assunto una posizione alquanto strana, tanto da renderlo quasi brutto - Non ricordarti di me quando scompaiono gli altri. Odio chi fa così.
     
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    Il sorriso con cui si era avvicinata al ragazzo svaní nell'esatto momento in cui, quest'ultimo, aprí bocca. Era palesemente di cattivo umore e come ogni volta, Synnove, si ritrovó a non sapere come comportarsi. Aveva capito come doveva rivolgersi a lui, quando era il momento di scherzare e quando era meglio lasciar perdere. Ce l'hai con me? Domandó cauta dopo il saluto del ragazzo. Sapeva di non essere stata molto presente in quegli ultimi giorni ma era stata impegnata con la punizione e tutto il resto. Non ho bisogno della babysitter, me la so cavare benissimo da sola. La pazienza con cui si era armata stava man mano svanendo.
    Lui era arrabbiato per chissà quale motivo e lei era la vittima che aveva scelto su cui sfogare tutta la sua negatività. Se sei arrabbiato per i cazzi tuoi, evita di riversare su di me tutta la tua rabbia repressa. Non sono venuta qui per questo. Sbottó infastidita per quello che le aveva appena detto. Tutta questa ostinazione nei suoi confronti non le piaceva affatto. Cercava sempre di capirlo, di provare ad immedesimarsi nei suoi panni per evitare di dire o fare qualcosa che potesse infastidirlo ma quando si comportava in quel modo, era davvero difficile provare a comprenderlo. Lo so, hai ragione e mi dispiace. Ho avuto delle settimane difficili tra punizione e tutto il resto. Era stato difficile riuscire a ritagliarsi un momento da passare con lui. Con la punizione di mezzo doveva per forza studiare di notte, se voleva cercare di portare a casa dei voti decenti. Aspetta. Davvero pensi questo? Che ti utilizzi come ripiego quando non ho nessuno con cui parlare? Era incredula, pensava che sapesse che per lei fosse una delle persone piú importanti e che non l'avrebbe mai usato come rimpiazzo o seconda scelta. Evidentemente non hai capito niente di me. Non era quel genere di persona e Gwain dovrebbe saperlo da tempo, ormai. Mi dici che cazzo ti prende sta sera? Era arrabbiata e delusa da come la stava trattando. Si era abituata ai suoi modi di fare ma quello era veramente troppo. Senti, se hai intenzione di continuare cosí per tutta la sera me ne vado. Fece una pausa. Non ho voglia di essere trattata di merda da te. Rimase lí a guardarlo, in attesa che le spiegasse perchè si stava comportando in quel modo. Sarebbe dovuta rimanere nella sua stanza, almeno avrebbe evitato quella spiacevole conversazione.
     
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    - Ce l'hai con me? - no, non era con lei ad essere arrabbiato. Era la rabbia che gli montava dentro ogni mese, ogni fottuta luna piena. Era il non sapere come tutto quello gli fosse accaduto, il non capire nulla di se, unito alla paura di poter essere ancora peggio di quanto non immaginasse. Ammetterlo e non fare il cretino era tutta un’altra storia. - Certo… - trascorrevano quasi tutti i giorni insieme e la cosa non faceva altro che piacere a Gwain, era diventata la sua compagnia preferita, un piccolo fare nel buio infinito della sua vita. Sapeva che non era per avere una babysitter che lo stava invitando - No, ci sono cose che mi danno fastidio. Tu le stai facendo tutte miss perfettina. - sapeva di star iniziando ad esagerare, ne era davvero conscio, ma come un treno senza freni non riusciva a fermarsi. Vacillò solo per un istante quando lei gli disse di aver trascorso del tempo in punizione. Non ne sapeva nulla, ma non era certo che la cosa sarebbe bastata a biasimarla. Era troppo preso dalle sue preoccupazioni per non prendersela con chiunque avesse a tiro. - Senti, vaffanculo - si alzò di scatto, gettando la sigaretta fuori dalla finestra. - Ho di meglio da fare che passare il mio tempo con chi si scorda degli amici. - la lasciò lì, sola con il dubbio di aver fatto qualcosa di irrimediabile o che il suo amico fosse impazzito.

    La luna era arrivata come ogni mese, accompagnata dalla sua pozione e dalla segreta lurida in cui tutti quelli come lui erano costretti. In una scuola come Durmstrang era già tanto poter continuare a frequentare avendo il sangue sporco, quel trattamento era quasi di favore. Il rumore di ossa rotte seguito dai ruggiti echeggiò come ogni volta in quel sottoscala e uno ad
    uno i ragazzi persero la loro umanità diventando bestie. Sarebbe potuto andare tutto bene, se la versione lupesca di Gwain non avesse deciso di tentare la fuga. L’antilupo lo rendeva innocuo, ma questo non bastava per i custodi dell’istituto. Gwain venne colpito ad una spalla, con un qualche attrezzo medioevale che lo rese ancor più inoffensivo, impedendogli qualsiasi movimento. Si risvegliò, solo, nell’infermeria dell’istituto. Fasciato come una mummia, provò a muoversi rendendosi conto che la cosa gli era difficile. Tutta quella situazione non gli era nuova, non lo era affatto. I giorni in ospedale gli stavano tornando alla mente uno ad uno. Questa volta sarebbe potuto essere tutto diverso, ma aveva allontanato stupidamente l’unica persona che aveva scavalcato il muro che metteva tra se e gli altri. Sentì la porta aprirsi e curioso alzò lo sguardo. Era l’infermiera, arrivata per somministrargli un antibiotico e un po’ di antidolorifico. Perse anche un po’ di tempo a raccontargli l’accaduto, prima di lasciarlo nuovamente solo. Rimasto nuovamente solo, non badò più alla porta che si era spalancata di nuovo, lasciando entrare questa volta un viso conosciuto. - Ehi… - sorrise appena a Synnove - Che dici, posso lanciare una nuova moda?
     
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    Alzó gli occhi al cielo quando sentí l'ennesimk commento stizzito di Gwain. Cosa avrei fatto di male? Sai quanto è difficile starti accanto? Stava dando voce ai suoi pensieri, tutti i suoi timori che per diversi mesi aveva tenuto per sè, stavano venendo fuori. Ogni volta devo stare attenta a cosa dire perchè non so mai come potresti prenderla. Era stata fin troppo comprensiva nei suoi confronti e si aspettava un minimo di riconoscimento per quello che stava facendo. Per lei era difficile starsene con le mani in mano, quando avrebbe voluto aiutare l'unica persona di cui le importasse qualcosa. Avrebbe fatto qualsiasi cosa per lui, se soltanto glielo avrebbe permesso.
    Gli voleva bene, si era in un certo modo affezionata a lui e vedere come la stava trattando, la faceva star male. Fece un balzo all'indietro quabdo lo vide scattare in piedi, temeva una sua reazione per quello che gli aveva appena detto. Non avrebbe voluto che la serata finisse in quel modo, le dispiaceva aver litigato per un motivo a lei ancora sconosciuto. Quando lo vide allontanarsi, si asciugó una lacrima e se ne tornó nella sua stanza. Fu difficile riuscire a prendere sonno quella sera, continuava a domandarsi perchè fosse cosí arrabbiato. Non avrebbe nemmeno voluto dirgli quelle parole ma era troppo arrabbiata per rendersi conto di quello che stava dicendo. La notte passó lentamente, la sua testa non la smetteva di eccheggiare e il timore di non vedere piú Gwain cominciava a farsi sentire. La mattina dopo, quando finirono le prime lezioni, un ragazzo fermó Synnove e gli chiese se poteva portare degli appunti a Gwain. Inutile fu il tentativo di spiegargli che non aveva tempo, che aveva cose piú urgenti da fare. Si fermó davanti alla porta dell'infermeria e tentennó un po' prima di entrare. Non appena mise piede nella stanza, il suo sguardo si posó su di lui e dovette frenare l'istinto di chiedergli cosa avesse fatto per ridursi cosí. Ciao. Lo salutó senza guardarlo in faccia. Sono venuta solo per lasciarti questi. Notó che sembrava piú tranquillo rispetto alla sera prima. Me ne vado subito, cosí il tuo turno da babysitter finisce prima oggi. Non aveva voglia di scherzare, non dopo quello che era successo. Dove te li lascio? Si avvicinó al comodino che c'era vicino al letto e li poggió lí. Ora vado. Non voleva che la sua presenza lo facesse tornare di cattivo umore.


    Edited by synnove; - 16/6/2020, 11:27
     
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    Era stato uno stronzo, di questo ne era certo. A dare l’ennesima conferma fu il volto dispiaciuto di lei. Synnove era giustamente fredda nei suoi riguardi, molto diversa dalla ragazza solare di sempre. Si sentiva uno schifo, senza mai capire quanto la sua presenza le rendesse tutto più difficile, con il suo assurdo veto di raccontargli qualsiasi cosa riguardante il loro passato. Era vero, era davvero dura stargli accanto, eppure lei aveva continuato a farlo senza mai lamentarsi. Gli voleva bene e in quel momento lui sentiva di non meritarlo. - Beh, sai. Fanculo i compiti fin quando sono qui. - il suo tono era leggero, il tono di chi cercava di non rendere quel momento più drammatico del dovuto. - Al momento non riesco neanche a badare a me. La roba che mi hanno dato per alleggerire il dolore è uno sballo - fece scorrere l’indice sulle lenzuola, tenendo lo sguardo il più distante possibile da quello di lei. Il senso di colpa gli impediva di sostenerlo. - Dove vuoi - non voleva andasse via, ma come trattenerla? Era stato cattivo nei suoi riguardi, troppo anche per i suoi standard. Meritava il restare nuovamente solo in una saletta del genere. Chissà, forse anche il vecchio lui si comportava così, forse era per quello che nella sua lunga degenza in ospedale nessuno si era fatto avanti per stargli accanto. - Visto che metodi strani hanno di trattare quelli come me qui? Uno si allontana un po’ e bem lo colpiscono alla spalla. Fortuna che quel figlio di un trestal aveva una buona mira - scattò a sedere, sentendo il dolore alla spalla acuirsi costringendolo a stendersi nuovamente. - Asp- cazzo che male! - mugugnò pronto a darsi della femminuccia da solo - Non andare… - la frase uscì dalle sue labbra con un filo di voce, quasi impercettibile all’orecchio umano. Anche in quel momento era troppo orgoglioso per ammettere di aver bisogno di lei. - Non è vero che devo farti da babysitter… forse è il contrario. É sappiamo tutti che lo smemorato sono io. - provò di nuovo a sedersi, sta volta con le dovute precauzioni. - Sono uno stronzo insopportabile… però - c’erano un milione di però in sospeso, ma ammetterli ad alta voce era un po’ difficile per lui. Già aver detto quelle poche frasi era un enorme passo avanti per lui. - Resta… così almeno puoi mandarmi a cagare per bene. Non lo preferisci?
     
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    Si voltò appena verso il ragazzo, rivolgendogli uno sguardo interrogativo. Era arrabbiata con lui, glielo si leggeva in faccia e vedere che lui fosse così tranquillo la fece innervosire. Come poteva aver cambiato umore così rapidamente? Era come se non fosse mai successo nulla, se non le avesse mai detto quelle parole. Anche lei avrebbe voluto dimenticare l’accaduto, cancellarlo come se si fosse trattato di un brutto sogno. Mi hanno chiesto di portarteli... Altrimenti non avrebbe mai messo piede in infermeria, rivederlo non rientrava nelle sue priorità quella mattina. Lo avrebbe evitato, forse, per un po’ di giorni, il tempo che serviva per far calmare le acque. …poi fai quello che vuoi, a me non importa. Disse con un tono scocciato, differente da quello che utilizzava quando parlava con lui.
    Ascoltò senza batter ciglio il suo racconto che la stava trattenendo lì più del dovuto. Se si fossero trovati in un’altra situazione, non avrebbe perso tempo nel cercare di farlo sentire meglio. A quanto sembrava non doveva aver passato una bella serata, forse aveva litigato con qualcuno per l’ennesima volta. Non ne sarebbe rimasta meravigliata, era già successo altre volte come quella volta in cui aveva colpito l’amico di Tyler. Li lascio qui, allora. Era inespressiva, fredda, distaccata, un lato del suo carattere che credeva di non avere. Cercava di mostrarsi disponibile verso il prossimo, sempre con il sorriso stampato sul volto, rispettosa nei confronti degli altri ma non poteva farsi scivolare tutto addosso e ritornare quella di una volta. Conservava anche lei un po’ di amor proprio e di orgoglio che stavano venendo fuori proprio in quel momento, il comportamento di Gwain l’aveva ferita e non l’avrebbe perdonato tanto facilmente. Quindi è per questo che sei ridotto così? Avrebbe voluto rispondergli con un “te lo sei meritato” ma non riusciva ad essere così cattiva, infondo, ci teneva a lui. Se non hai altro da dire, io andrei. Dopo avergli rivolto un ultimo sguardo, si voltò e iniziò ad incamminarsi verso la porta. Se ne sarebbe andata, non si sarebbe voltata, se Gwain non le avesse detto di restare. Si bloccò all’istante, non era sicura di aver sentito bene. Perché voleva che restasse? Voleva andarsene, ignorare le sue ultime parole ma le sue gambe si mossero nuovamente verso il letto dove il ragazzo era seduto. Lo guardò incrociando le braccia al petto, a quel punto si aspettava delle scuse. Dammi un buon motivo per il quale dovrei restare. Disse puntando il suo sguardo in quello di lui. Se sarebbe servito a chiarire quello che era successo la sera prima, allora sarebbe rimasta. Voleva davvero capire cosa l’aveva spinto a dire quelle cose, aveva passato tutta la notte a pensare a cosa aveva fatto di sbagliato ma non era riuscita a venirne fuori. Stronzo o meno, ieri hai davvero esagerato. Lo sai, vero? Domandò senza distogliere lo sguardo, era davvero rimasta delusa dal suo comportamento. Mandarti a cagare non migliorerà il mio umore, Gwain. Ammise ed era vero. Comportarsi in quel modo non gli avrebbe portati da nessuna parte. Mi spieghi perché ce l’avevi così tanto con me? Solo questo chiedeva di sapere e poi non gli avrebbe chiesto più niente.


    Edited by synnove; - 17/6/2020, 09:12
     
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    Uno sguardo così duro non si era mai visto sul bel viso di Synnove. Imbronciata a quel modo faceva quasi paura anche ad uno come Gwian che, sbruffone come era, professava di non aver paura di nulla. La sua voce era glaciale nel momento in cui posò gli appunti accanto al letto di Gwain, senza rivolgergli neanche uno sguardo. Non voleva più avere nulla a che fare con lui, poteva darle torto? No, di certo. Al suo posto, lui avrebbe fatto di peggio dimostrando tutta la sua immaturità. - Si la scuola si è ammorbidita con i mezzosangue, ma conserva dei metodi medioevali direi - il suo sorriso sbruffone iniziava a spegnersi, con lei non se la sarebbe cavata facendo finta di nulla. - Ok - le rispose con lo sguardo puntato sul bianco delle lenzuola, quando senza pensarci su gli disse che era pronta per andare via. Gwain provò, maldestramente, a convincerla a restare ricevendo come risposta - Dammi un buon motivo per il quale dovrei restare. - avrebbe davvero voluto farlo, ma le parole gli morirono in gola. Lui, il più grande paraculo della storia non sapeva cosa dire. Era di certo perché il suo rapporto con lei era diverso, differente da tutti quelli avuti fino a quel momento. Era stato così dalla prima volta in cui l’aveva incontrata tra le mura di Durmstrang, quando il suo viso non gli era parso sconosciuto. Il primo ricordo in quel mare di nebbia che erano i suoi ricordi. - Sicura? Di solito diventi più carina quando lo fai - provò una frase stupida,
    una di quelle da rifilare ad una conquista troppo insistente. Fece un ennesimo scatto quando la vide ad un passo dalla porta e la spalla gli fece un male tremendo. - Non ero arrabbiato con te. Quando ho paura divento più stronzo del solito. Mi spiace che la vittima sia stata tu sta volta. - Era sincero, Synnove era l’ultima persona a cui avrebbe voluto fare del male - No, non hai un buon motivo per restare, se fossi al tuo posto non mi parlerei più. - stanco prese a mordersi l’interno della guancia, non voleva andasse via, ma discorsi del genere non erano da lui. - Prima che tu vada, posso chiederti di parlarmi un po’ della mia famiglia? - non sapeva perché glielo stesse chiedendo, si sarebbe potuto giocare qualsiasi altra carta, ma quella metteva in gioco troppo di sé. - Forse è arrivato il momento di sbloccare un po’ la mia memoria, o almeno di provarci. - Non ci credeva neanche lui, ma probabilmente aveva smesso di sfuggire alle sue paure.
     
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    Si era stufata di quel modo di fare. Sembrava che non gliene importasse nulla, che per lui non fosse mai accaduto nulla. Era come se in tutta quella storia, l’unica ad esserci rimasta male era proprio lei. Che senso aveva rimanere ancora in quella stanza? Come al solito era lei quella che dava troppo peso alle cose che capitavano, ci pensava e ripensava fino a quando non le rubavano quel briciolo di serenità che le era rimasto. Forse doveva fare come Gwain e lasciarsi la questione alle spalle ma sapeva benissimo che non poteva, ci era rimasta davvero male per poter fare una cosa del genere.
    Quando ricevette l’ok da parte del ragazzo, si voltò verso l’uscita ma Gwain provò a fermarla nuovamente con una frase stupida che la lasciò perplessa per qualche istante. Sei serio? Domandò con un sopracciglio alzato mentre ritornava davanti al letto. Non ho voglia di scherzare, ritenta un altro giorno. Tagliò corto. Se si fossero trovati in un momento migliore, gli avrebbe rifilato una delle sue battute pronte accompagnate da quel tono di scherno che utilizzava sempre quando cercavano di infastidirsi a vicenda. Quel giorno sembrava che volesse portarla all’esasperazione e ci stava riuscendo alla grande. Avrebbe reso le cose più semplici se le avesse chiesto scusa ma sapeva che quella parola non esisteva nel vocabolario del ragazzo e fargliela dire sarebbe stata una missione difficile. Quello le sembrava il momento perfetto per svignarsela se non avesse sentito delle parole che potevano benissimo assomigliare a delle scuse. A quel punto si voltò, abbandonando per un po’ quello sguardo duro che aveva messo su fin da quando aveva messo piede nella sala. Devi smetterla di muoverti così velocemente, non ti farà bene. Provò ad aiutarlo a sistemarsi meglio per poi porre nuovamente una giusta distanza tra loro due. Di cosa avevi paura? Gli chiese mantenendo un contatto visivo con il ragazzo. Non avrebbe mai creduto che uno come lui potesse provare un sentimento simile, lo aveva sempre visto così sicuro di sé che le era difficile credere che ci fosse anche una sola cosa che lo spaventasse. Le sembrava sincero e in quel momento desiderava tanto capire cosa avesse spinto il ragazzo a trattarla così. Forse lo meriteresti, eppure sono qui. E se quel ragazzo non avesse chiesto a Synnove di portare quegli appunti a Gwain, non l’avrebbe vista per un po’ di giorni. Sicuro? Gli porse quella domanda con cautela prima di sedersi al bordo del letto, era stanca di rimanere in piedi. Ricordo poco dei tuoi genitori perché erano sempre a lavoro, era raro trovarli in casa. Erano state poche le occasioni in cui aveva potuto scambiare qualche parola con loro, visto che erano sempre molto indaffarati. Tuo padre mi è sempre sembrato un uomo molto severo e non andavate d’accordo, tu non lo sopportavi. Visto il modo autoritario con cui trattava Gwain, non poteva dargli torto. Quella non era l’unica cosa che doveva sapere di suo padre, lui era morto e all’epoca non si parlava di altro. Era una notizia che aveva attirato l’attenzione di molte persone, tutti sapevano quello che era successo. Synnove si domandò se era giusto dirglielo o se era meglio aspettare, non sapeva come avrebbe reagito la sua memoria, se sarebbe riuscita a sopportare tutte quelle informazioni. Preferì non dire più niente, in attesa del momento adatto per dargli quella notizia. Invece, mi ricordo che tua madre ti era indifferente. Non ne capiva il motivo, eppure, le era sembrata una brava persona. Con i tuoi fratelli andavi più d’accordo, eravate molto uniti e vi supportavate per qualsiasi cosa. Se non mi sbaglio si chiamavano Einar e Martin. Erano due ragazzi abbastanza singolari, specie l’ultimo che aveva da sempre attirato l’attenzione di Synnove per il suo strano modo di comportarsi.
     
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    - No…- sapeva da sé che quel tentativo con lei si sarebbe rivelato un grosso buco nell’acqua. Era diversa, molto diversa da tutte le altre ragazze con cui aveva avuto il piacere di parlare, ed era per quello che lei al contrario delle altre era ancora lì. L’unica a conoscerlo, non del tutto, ma quanto bastava per poterlo definire amico. Un onore che non aveva riservato quasi a nessuno da quando aveva perso la memoria, non che prima fosse diverso. Conscio di averla fatta un po’ grossa, rimase stupito, non poco nel vederla tornare indietro. E lo stupore lo portò a stringerle la mano nel preciso istante in cui lei gli si era avvicinato per aiutarlo - Grazie - un sorriso, un po’ tirato, ma sincero gli illuminò il viso. La ringraziava
    sopratutto perché aveva deciso di restare, restare nonostante tutto. Sapeva di non meritarlo, ma non poteva dire di non esserne felice. - Della luna - c’era stata la luna piena, un momento romantico per molti, il peggiore di ogni mese per lui e per quelli nelle sue stesse condizioni. - Non mi piace molto questa parte di me. Amo perdere il controllo, ma non così - si riferiva alla possibilità di svegliarsi e scoprire di aver fatto del male a qualcuno. Era un fardello pesante da portare, un fardello che non aveva richiesto e del quale non poteva liberarsi. - La prossima volta - sempre se ci sarà - ti avviserò con un calendario, così mi starai alla larga e io non farò danni. - era il suo modo di ammettere di aver sbagliato, il più sincero che poteva concederle. - Si - era certo, era giunto il momento di scoprire almeno quello che poteva venire alla luce. - Beh, dalle foto si vede che è uno stronzo - commentò velocemente il suo rapporto con il padre. Stranamente non era molto stupito di quella scoperta e una parte di lui era felice di non ricordarne nulla. - Sai, lei ora è matta. Sono andata a trovarla nell’ospedale in cui si trova. Quando mi ha visto non ha avuto alcuna reazione, i suoi occhi erano vuoti come pochi istanti prima. Fissi su di me, come sulla parete alle mie spalle. - si sarebbe voluto dispiacere della cosa, provare qualcosa per quella donna che a quanto dicevano i documenti gli aveva donato la vita, ma non era così. Forse quello era il suo unico rammarico: non provare nulla. - Loro invece sono ricercati - si riferì con noncuranza ai fratelli. Se avesse avuto un qualche ricordo si sarebbe chiesto perché Martin non lo avesse cercato in tutto quel tempo. Aveva tradito la sua fiducia, ma nonostante tutto il loro rapporto non era mai cambiato. Gwain aveva ancora stima di lui. l loro rapporto era sempre stato strano, forse troppo, una specie di ammirazione che virava verso la dipendenza dalla quale la perdita della memoria lo aveva salvato - Vorrei capire che razza di persone siano, se anche io ero o meno assurdo come loro - vorrei capire chi sono io - beh, prima o poi me ne ricorderò. Non credi?
     
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    Era rimasta, aveva scelto di rimanere nonostante quello che era successo la sera prima. Gwain sembrava essere propenso a spiegarle cosa fosse successo di così grave, tanto da farlo uscire fuori di testa. Voleva saperlo perché se ci fosse stata anche la minima possibilità di aver detto o fatto qualcosa di sbagliato, sarebbe stata più attenta nel non commettere più lo stesso errore. Dopo essersi seduta sul bordo del letto, attese la risposta alla sua domanda. Della luna fu la risposta e tutto incominciò a farsi più chiaro. Le aveva detto di essere un lupo mannaro quindi la sua paura, era più che comprensibile. Non esiste un rimedio che possa fermare questa cosa? Gli domandò, consapevole di non conoscere nulla del “mondo” di Gwain. Aveva letto qualche libro sulla licantropia ma ricordava ben poco.
    Magari potresti farti aiutare per una volta. Propose con un timido sorriso. Sapeva che lui preferiva sbrigarsela da solo ma certe volte, due teste sono meglio di una. Su questo non posso darti torto. Nemmeno con lei si era comportato in maniera gentile, continuava a mantenere sempre un certo distacco, non sorrideva quasi mai. Alcune volte le aveva dato l’impressione di non essere gradita in casa Schmidt. Davvero? Provava un certo dispiacere per sua madre, era sempre gentile nei confronti di Synnove, l’aveva sempre trattata come se facesse parte della famiglia, non l’aveva mai fatta sentire fuori posto. Non doveva essere stato facile per lei subire un simile colpo, probabilmente era per quello che era finita in quel manicomio. Alla seconda rivelazione, annuì con la testa. Chissà cosa doveva pensare, vedendo quello che era successo alla sua famiglia. Sono sicura che ci riuscirai. Ammise convinta. Devi solo avere un po’ di pazienza e continuare a cercare informazioni che possano aiutarti a ricordare. E lo pensava davvero, non erano parole dette solo per fargli piacere. Lei lo avrebbe aiutato, non appena glielo avesse chiesto. Ora cerca di riposarti, non hai passato una bella nottata. Lei sarebbe rimasta lì, nel caso avesse bisogno di una mano.
     
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