C'è silenzio.

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    <<and if fortune favours the brave & nothin much favours a slave
    But the bones o' them fallen make poor company
    Until you've pissed all yer Fridays away>>



    Un po' di sano rock irlandese, quello mi ci voleva dopo ciò che mi era successo negli ultimi giorni.
    Avevo da poco finito le lezioni giornaliere quando decisi che sarei andato a rilassarmi in un angolo semi appartato appena fuori dalla foresta proibita.
    Amavo quel posto, mi ricordava un po' le brughiere sulla mia isola; era solo molto più tetra e vietata.
    Avevo pensato molto, forse troppo, alla mezza sbornia che mi ero preso ai tre manici la sera in cui ero uscito con Niko, Sophie e Vanja.
    Cosa che era molto da me, considerato che al pensiero di assaltare le scorte di burrobirra in un pub mi ribolliva il sangue.
    Non era mia peculiarità, invece, farmi opprime così dalle emozioni.
    Vanja era stata chiara fin da subito, non era interessata a nulla più di una sottospecie di collaborazione scolastica/pseudoamicizia.
    Eppure quella sera nei bagni era stata, a dir poco, magica.
    Divorammo quel momento come se fosse l'ultimo della nostra esistenza.
    Inoltre ero completamente a nudo con la rossa, le avevo raccontato i cazzi del mio passato a cuor leggero e per giunta senza sapere nulla di ciò che, invece, aveva passato lei nei suoi anni lontana da Hogwarts.
    Eppure, quel pomeriggio in biblioteca, lei fu talmente schiva da rendermi più inquieto di quanto mi piacesse ammettere.

    C'era silenzio, tutto taceva.

    Arrivai al margine del sottobosco e mi appollaiai in cima a un masso solitario.
    Dal punto in cui mi trovavo, di li a poco, avrei potuto godere di un ottima vista del sole che scendeva in lontananza dietro le montagne a ovest.
    Ero totalmente assorto nei miei pensieri, me ne stavo seduto sul mio sasso con gli occhi socchiusi mentre gli ultimi mi raggi mi scaldavano la faccia.
    La mia attenzione fu brevemente richiamata da dei fruscii provenienti da un antico faggio che stava sul confine della foresta.
    Aguzzando un po' la vista fui in grado di distinguere un Bowtruckle che se ne stava in piedi su un ramo e guardava nella mia direzione.
    Alzai piano la mano e gli dissi, come se potesse capirmi:

    " Scusa mio piccolo e legnoso amico, non ho uova di Fata ne con me al momento e non sono in vena di fare amicizia."

    Quello mi guardò, scosse un po' la testa e se ne tornò dentro il fitto del fogliame.
    C'era silenzio, tutto taceva.

    Solo un orecchio attento avrebbe potuto avvertire il mio respiro strozzato mentre mi corruciavo l'anima.
    Con un falso e solitario sorriso stampato in faccia.
     
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    Assonnata, con lo sguardo alquanto stanco mi diressi verso i dormitori femminili di Corvonero; avevo voglia di fare una bella dormita. Guardai al di là delle finestra ampie e notai che il sole era ancora piuttosto alto. Al diavolo dormire! esclamai.
    Sistemai la tracolla sulla spalle e insieme a Dafne mi diressi verso l'esterno della scuola percorrendo il corridoio didietro.
    La strada erbosa, si diramava verso il Lago Nero, intorno il boschetto riecheggiava di uno strano silenzio, proseguendo nell'erba che ora si faceva più scura e più alta sbucai al di là del capanno del Cacciatore, in quello che era un altro campo incolto.
    Per nulla curato, le erbacce infestanti avevano soffocato l'erba rigogliosa e verde chiaro che popolava la zona precedente, molti rovi diramavano le loro spine rossastre a casaccio, attorcigliandosi anche su vecchi rami caduti da alberi abbattuti o caduti a vcausa della vecchiaia o a causa dei temporali. I grandi e maestosi pini si ergevano al termine dell'erba e il loro colore era molto più scuro rispetto a quelli visti lungo il Lago Nero. Erano altissimi e le loro "braccia" pendevano pesantissime verso il basso, il tronco scorticato e marcio di alcuni sembrava non fosse adatto ad ospitare qualche animale selvatico.
    L'aria in quel posto era più umida del normale, le mie narici percepirono l'odore di resina nell'aria ma anche di decomposizione. Ero giunta in quella che tutti chiamavano Foresta Proibita. Sapevo che era vietato entrarci, che la zona non era protetta e che il bosco era infestato da numerose creature, molte delle quali non avrebbero pensato due volte a sbranarti o a farti a tocchetti.
    Mi avvicinai al termine del campo, facendo fatica a camminare tra l'erba alta con le mie Vans di tela. Alzai la testa per scorgere la punta del pino davanti a me, facevo davvero fatica a capire quando fosse alto.
    Mi appoggiai una mano sulla fronte per aiutarmi, in quel luogo la luce solare sembrava essersi smorzata.
    Un po' era come il mio umore quel giorno, mi sentivo stanca ma anche molto confusa e forse era il momento adatto per fare uno strappo alla regola. Mi guardai intorno e feci una decina di passi, fino a toccare il legno con il palmo della mano; umidiccio, coperto di muschio bianco, il legno sotto al mio tocco cominciò a sfaldarsi. Forse non era in vita, pensai. Quel pino sembrava avere un'età avanzata. Ritrassi la mano, quindi entrai tra i primi abeti, facendo attenzione ad appoggiare i piedi in modo corretto tra quello che era un terriccio umido, fogliame bagnato marcio e rametti sparsi insieme ai rami dei rovi che si nascondevano anche sotto di essi. Ammirata alzai la testa per vedere come la luce ad ogni passo cominciava a sparire. Dei rumori spettrali raggiunsero i miei timpani, la peluria bionda sulle mie braccia si rizzò come un gatto spaventato. Feci qualche passo indietro, inciampando e cadendo di schiena.
     
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    Avevo da poco deciso di rimettere gli auricolari e se fosse possibile ciò rese l'atmosfera ancora più anormale.
    Alle mie spalle si stagliava il castello che ospitava centinai di anime ma li, ero solo.
    D'un tratto fui richiamato alla realtà da dei movimenti alla mia destra, tra la linea dei primi alberi.
    Spensi subito la musica e feci in tempo a sentire un tonfo seguito da un gemito prodotto senza dubbi da una voce femminile.
    Non ci pensai un secondo, saltai oltre la prima linea di pini e vidi una macchia di capelli rossi sparsi a terra.
    Era Vanja, di nuovo, sempre Vanja.
    La presi tra le braccia e la portai fuori.
    La appoggiai al masso sul quale stavo io poco prima, ed esordì un po' adirato:

    "Dico io, sei impazzita ad andare là dentro da sola? Hai una vaga idea di quali creature ci abitano?"

    Mi appoggiai di fianco a lei, sbuffai e aggiunsi in tono più calmo e preoccupato:

    " Tutto bene? Ti sei fatta male?"
     
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    Poco prima di cadere avevo cercato di aggrapparmi a qualcosa, solo che fu tutto invano.
    Con immenso stupore, dopo aver preso una bella botta alla schiena, si materializzò una testa biondiccia dagli occhi verdi sopra di me, le sue braccia muscolose mi alzarono da terra; un po' frastornata dal colpo cominciai a spazzolarmi le foglie di dosso mentre mi adagiava su un masso lì vicino.
    Dovevi lasciarmi dov'ero sbottai quando mi disse che ero onnipresente. Probabilmente era giunto lì per stare in pace con se stesso. era la stessa cosa avevo rimuginato io, a dire la verità. Le coincidenze erano strane, cominciavano a farsi frequenti e la sua risposta sgarbata mi diede sui nervi. Incolpandomi di essere ovunque, come una stolker in cerca delle sue attenzioni. Non l'avevo minimamente visto quando mi ero addentrata fra i primi alberi. Non ti ho chiesto aiuto.
    Mi rialzai di scatto, la faccia stanca, con le occhiaie violacee corrugata in una smorfia di rabbia.

     
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    Era incazzata, che strano.
    Fece per andarsene, non l'avrei permesso. Non ora che il caso l'aveva portata di nuovo a essere sola con me.
    Feci tutto con una velocità ai limiti dell'umano, le afferrai un polso e la tirai a me, deciso ma con delicatezza.
    In una frazione di secondo il suo petto era appoggiato sul mio e i nostri visi erano di nuovo, irrimediabilmente, a pochi centimetri.

    "Ti ho già detto di non giocare con me."

    Provai a sembrare duro ma non ci riuscì.
    Tutto ciò che ottenni fu un tono di disperato bisogno.
    Senti il suo respiro sulle mie labbra e di nuovo, come la sera prima, ero invaso dal desiderio.
    No, era stato l'alcool, la desideravo davvero.
    E anche il mio crucio per i suoi sbalzi d'umore sembró sparire in quel momento.
     
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    Quando disse quella frase, ripetutami anche la sera di ritorno ai Tre Manici, mi fece ricordare tutto.
    Come lo disse, mi spiazzò, con il suo tono fermo e sicuro. Allo stesso tempo seducente.
    Mi prese per il polso con la sua mano, tirandomi a se. I nostri corpi ai avvicinarono nuovamente. A meno di ventiquattro ore di distanza, sentivo che stava cercando proprio questo. Avrei voluto assecondarlo, tirarlo verso di me e sfiorargli le labbra.
    Con i palmi delle mani appoggiate al suo muscoloso petto, premetti verso di lui per allontanarlo. Arretrò di qualche passo.
    Non riuscivo a dirglielo, di girarmi alla larga perchè era la cosa giusta da fare, avevo capito anche che aveva bisogno del suo spazio e la mia irruenza in quel pomeriggio non l'aveva presa bene. Non capivo se era così o se il suo volto nascondeva della malinconia legata a qualche vicenda oppure ai ricordi della madre.
    Lo scrutai un po', dubbiosa perchè non decifravo i suoi pensieri. Non avevo intenzione di cedere dunque rimasi per un po' in silenzio.
    Avevo vaga idea di abbracciarlo e dirgli che poteva sfogarsi, di raccontarmi ogni suo pensiero, ma un conto era la mia testa, un conto era ciò che facevo. Mi proteggevo senza alcun dubbio, dall'esterno. Da tutti.
    Logan sussurrai Non sono capace, di.. alzai la testa per guardare i suoi occhi chiari Di affezionarmi.. Non mi lego alle persone. Il mio passato mi ha insegnato che da sola è la via migliore, per crescere e per essere sicura che non dovrò superare alcun dolore, alcun ostacolo. La libertà mi rende padrona. Come il fatto che sono arrivata fino a questa scuola dopo una tortuosa adolescenza, passata tra calunnie, bullismo e completa esclusione. Ho imparato a farmi le ossa.
    In quel momento il mio sguardo si fece intenso, gli occhi lucidi.
    So che il tuo passato, da come ho capito, è caratterizzato da un enorme dispiacere famigliare. So che hai perso tua madre. E mi sono resa conto che hai lottato con un Gallese, la tua vita è stata sicuramente, per quanto dolorosa, più elettrizzante della mia esistenza fin'ora. Hai anche una passione, che coltivi da quando sei giovanissimo, prenderti cura e studiare le creature magiche. Se io devo ammetterlo vorrei assimilare da te tutte queste informazioni, saremmo dei perfetti complici. Spiegai, ma non sono certa di poterlo fare, se sono incapace di provare dei sentimenti. Voglio dire, è meglio che tu lo faccia adesso, salvati adesso da un muro insensibile come me.

    Il mio cuore batteva a mille, tutte queste parole scaturirono dalla mia bocca prima che riuscissi a pensare che la mia esistenza non l'avevo narrata a nessuno prima d'ora. Non so se ero in preda alla paura; lo facevo anche da piccina, qualsiasi cosa minacciasse il mio benessere o mi avrebbe messo di fronte a nuove esperienze, non solo mi tiravo indietro ma ciò mi destabilizzava del tutto.
    Una persona semplice lo avrebbe preso, lo avrebbe baciato e gli avrebbe detto che era una persona fantastica, lo pensavo anche io ma era mia consuetudine aizzare un muro. Spesso quel muro era sufficiente a distruggere qualsiasi mia paura. Azzerava i conti. Li faceva ripartire da niente, sarei stata da sola un'altra volta, come la vita mi aveva concesso fino a quel momento.

    Beh se lui avrebbe resistito, più di così, non sapevo quando potevo ancora chiudermi in quella bolla invisibile, prima o poi sarei dovuta cedere.
    Dopotutto ero umana.
    E dotata di cuore, che io non pensavo di possedere, ma sotto a tutte quelle maschere, parole dette e muri, batteva ad un dolce ritmo. Che non avevo mai sentito.
     
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    Mi spinse via, arretrai di qualche passo.
    Tutto ciò che pensavo fino a pochi minuti prima, il motivo stesso del perché ero li da solo, sparí.
    Mi stava parlando di lei e del suo passato.
    Non pesava le parole, lo capì dal suo sguardo.
    Esse fluirono fuori senza che lei avesse il minimo controllo sulla loro natura.
    Ascoltai, attento, tutto ciò che disse sul suo passato e sulla sua incapacità di provare emozioni.
    Era sincera, eppure fui convinto che non stesse dicendo la verità.
    Non completamente almeno, lei sapeva provare emozioni e io l'avevo visto... l'avevo percepito.
    Feci due, cauti, passi verso di lei fissandola negli occhi e dissi statuario:

    "Il tuo segreto è al sicuro con me."

    Le presi le mani, sorrisi e aggiunsi:

    "Ascoltami, ascoltami attentamente. Io mai farei qualcosa per ferirti o limiterei la tua libertà. Non è nella mia natura.
    Stai mentendo, non è vero che non sai provare emozioni. Tu hai paura di cosa può succedere se lasci che ti travolgano."


    Le accarezzai con affetto una guancia e aggiunsi:

    "..ma non devi averne con me. Io posso capirti!"
     
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    Non ero sicura che il liquido che mi bagnava le guance e di conseguenza la sua mano che si posò sulla mia faccia, fossero lacrime. Non ricordavo nemmeno l'ultima volta che avevo pianto. Forse per frustrazione, per dolore? Dolore fisico intendo, quello che provi quando cadi sul selciato e ti sbucci le ginocchia, quando prendi con il mignolo lo spigolo del letto.
    Gli presi delicatamente la mano libera e la strinsi tra i miei palmi ghiacciati, dal fatto che in quella zona la luce del sole era scarsa e l'orario corrispondeva allo tramontare.
    Ti ringrazio riuscii infine a dire. Le parole mi uscirono con difficoltà, non perchè non le volevo dire, per me era la prima volta che mi sentivo sincera con me stessa e con qualcuno. Credo che proverò a fidarmi di te.
    Intorno a noi un gracchiare di falco tagliò l'aria. Il suo verso riecheggiò per qualche secondo.
    Non credo che sarà facile azzerare così da un giorno all'altro le mie paure e quindi abbassare completamente le difese spiegai il mio carattere alla fine è quello che è!
    Alzai la testa per guardarlo dritto negli occhi, il suo petto si muoveva ritmicamente, il suo respiro era calmo, sembrava di essersi liberato di ciò che non era mai riuscito a dire.
    Forse quel pomeriggio era stato duro per me, ma era stato anche utile per lui.
    Quindi cancellai la distanza tra me e lui, abbracciandolo, mentre il colore del cielo assumeva quello del fuoco nel caminetto d'inverno, striato da delle sfumature violacee e blu.
    Mi bastava questo, non avevo bisogno di altro.
     
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    Per rimanere solo ed al tempo stesso sfogare un po' di frustrazione, rabbia, avevo un posto che per tutti gli studenti era vietato, ovvero la foresta proibita. Fortunatamente, se così si poteva dire, noi creature magiche, avevamo la possibilità di avvicinarci ed entrare, mentre gli studenti normali non potevano, rischiando punizioni più o meno gravi che potevano arrivare anche all'espulsione. Con un pantalone lungo ed una maglietta bianca avevo deciso di andarci, così per sfogare un po' di stress accumulato tra lezioni e ciò che era avvenuto negli ultimi tempi. Percorsi tutta la grande tenuta, osservando diversi gruppi di studenti intenti a parlare, seduti qua e là nel parco. C'era anche chi si andava ad allenare al campo da Quidditch, purtroppo in quel momento non era nei miei interessi, per quanto fossi affascinato dall'idea. Più mi avvicinavo al limitare della foresta proibita, più mi sentivo sciolto e libero dai miei pensieri, almeno fino a quando non vidi due studenti che già conoscevo, proprio all'ingresso della foresta. Questo era un grosso problema, date le regole che la scuola aveva per un luogo tanto pericoloso come quello. Mi avvicinai dunque a loro, con un espressione contrariata in volto, aumentando il passo. Mentre stavo ancora camminando, ma ormai abbastanza vicino da farmi chiaramente sentire, iniziai a parlare.
    Sapete cosa rischiate a rimanere proprio qui. Se qualche autorità del castello vi dovesse beccare rischierete entrambi una bella punizione, se poi a decidere dovesse essere una Preside Rei non in giornata non penso sarete molto contenti dopo.
    Osservai così i loro sguardi, già che erano al primo anno non volevo immaginare che puntassero a farsi espellere per una cavolata del genere.
    Con tutto il cortile della scuola proprio qui dovete stare. Su incamminatevi, così da allontanarvi da qui.
    Indicai con il braccio la direzione, in modo che seguissero quello che era un consiglio molto diretto. Non avevo di certo la carica di prefetto o altro, ma essendo al terzo anno e non volendo rischiare che la casata ne risentisse di una tale scelta fatta da un primino.

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    Mentre stavamo così abbracciati, quel ragazzo visto nei pressi del campo di Quiddich si avvicinò e ci esordì a rientrare al castello, non eravamo in una zona sicura. Sussurrai a Logan che ci saremmo beccati da qualche parte, speravo anche presto, per terminare il dialogo.
    Mi incamminai lasciando il calore della sua pelle.
    Ci saremmo rivisti, speravo prima della bevuta in piscina.
     
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    La strinsi forte.
    Ero sicuro che quel pomeriggio, davanti alla foresta, con decine di creature che facevano capolino tra gli alberi, segnammo un punto di svolta nella conoscenza che avevamo uno dell'altra.
    Ora, forse, avremo potuto cominciare a conoscerci veramente e a goderci a pieno i nostri momenti d'intimità.
    Pensai di baciarla ma preferí attendere che scegliesse lei il momento più opportuno.
    Tesi le orecchie e sentii qualcuno avvicinarsi dicendo qualcosa sul fatto che non dovevamo stare lì.
    Girai la testa nella sua direzione:

    " Nessuno di noi è entrato e siamo a parecchi metri dalla linea del sottobosco. Grazie per il consiglio."

    Mentii spudoratamente con tono decksot, poi sorrisi e aggiunsi scherzando:

    "Tu piuttosto, hai intenzione di entrare e farci perdere dei punti?"

    Sapevo benissimo che ciò non sarebbe successo, determinati soggetti avevano dei permessi speciali per accedere in quel luogo.
    Notai anche che Vanja, invece, mi aveva salutato e si stava incamminando verso il castello..
    Le avrei mandato un gufo, e presto.
    Era la seconda volta in due giorni che qualcuno ci interrompeva, era ora che escogitassimo qualcosa per starcene tranquilli.

    Edited by L. McCormac - 8/4/2020, 19:21
     
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    Ecco che la differenza tra un corvonero ed un grifondoro veniva fuori. La ragazza, Vanja, senza dire una parola segui il mio consiglio andando subito verso il parco ed il castello, cosa che invece il mio concasato non stava facendo, mentendo sul dove si trovavano effettivamente.
    I problemi non sono solamente per chi entra, ma anche per chi si fa trovare vicino.
    Logan poi la portò sullo scherzo, chiedendomi se non ero poi io che sarei entrato, facendo perdere punti alla nostra casata. Cosa che ovviamente non sarebbe successa, proprio perchè io in qualità di Lycan, potevo entrarci, avendo il cosidetto “permesso speciale”. Lo scorso anno avevamo avuto persino la possibilità di avere un nostro luogo dove poter stare trasformati, cosa che quest'anno purtroppo non si era ripetuta, quindi la foresta era in assoluto il luogo migliore dove andare. Sorrisi alle sue parole, ridendo leggermente.
    Chi lo sa se veramente potrei farlo o meno.
    L'avrei lasciato con questo dubbio, essere o non essere una creatura che aveva il permesso di oltrepassare il confine.Continuai a sorridere, per poi mettermi a ridere.
    Fatto sta che tu ti trovi ancora qua, mentre la tua amica ha saggiamente seguito il mio consiglio.

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    Sorrisi di rimando al mio concasato.
    Non sbagliava, la mia "amica" aveva preso la strada del castello e per colpa sua.
    Non che lui fosse a conoscenza di quello che c'era tra noi, era solo il secondo in due giorni che si metteva in mezzo.
    Non potevo fargliene una colpa, comunque.
    Tuttavia c'era qualcosa in quel ragazzo che mi incuriosiva. Lo squadrai con attenzione e poi gli risposi, ricambiando le sue risate, ma con pragmaticità:

    "Hai ragione..sono ancora qui. È solo che, non saprei.. è come se la foresta mi chiamasse. Sai, ho sempre avuto un feeling particolare con le creature magiche. Loro... A volte è come se mi cercassero."

    Mi avvicinai al Grifondoro gli tesi una mano e aggiunsi:

    "Credo che non ci siamo ancora presentati, Sono Logan, Logan McCormac."

    Sfruttai l'occasione di averlo così vicino per osservarlo meglio. Aveva parecchi capillari spaccati negli occhi e sul naso, nulla di antiestetico o tropo evidente, ma visibili a un occhio attento.
    Pensai che dei microtraumi simili potevano essere dovuti solo a un grande sforzo fisico. Formulai una teoria ma avevo ancora poco su cui basarmi per esporgli le mi idee su di lui.

    Edited by L. McCormac - 9/4/2020, 01:13
     
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    Come altri giorni ero di nuovo lì, in quella che sarebbe potuta diventare la mia seconda casa da un momento all'altro, la foresta proibita.

    lupo_2_2

    Oggi però era diverso, non avevo un motivo preciso per stare lì, era come se mi avesse portato l'istinto.. stavo correndo mentre udii un rumore.
    Mi fermai.
    Quel rumore che avevo sentito era come un urlo, lo sentivo riecheggiare nella vastità della foresta.
    Magari qualche studente era in pericolo.
    Decisi di correre verso il rumore.
    C'erano due persone che parlavano, ma sentivo tre odori diversi, quegli studenti potevano essere in pericolo davvero, perché quello che sentivo era un licantropo.
    Ero quasi arrivato e ai due che parlavano si era aggiunta una terza persona.. quello poteva trasformarsi da un momento all'altro e ucciderli entrambi, dovevo intervenire.
    Sentii le voci farsi sempre più vicine e rallentai, lì vedevo adesso da lontano, mi avvicinai fino a mettermi dietro un albero, mi sporsi per vedere.
    Stavano ancora parlando quei tre.
    Mi stavo concentrando per capire cosa stessero dicendo finché uno non mi vide.
    Indietreggiai e per sbaglio spezzai un ramo.
    Si voltarono tutti, credo mi abbiano visto.. avevo una decisione da fare: scappare o restare.
     
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