paper planes.

(privata - Charlie)

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    Hogwarts era molto diversa da come Lucrecia se l'era immaginata. Distante dalla frivola leggerezza di Beauxbatons che tanto le si addiceva, ma anche distante da quell'austera rigidità che caratterizzava le scuole del Nord in cui, per fortuna, non era capitata. Hogwarts aveva un orgoglio tutto scozzese e un calore che sapeva di casa. Eppure di Messico, da quelle parti, non ce n'era nemmeno l'ombra. Era arrivata lì pensando che avrebbe trovato una noiosa scuola inglese, invece le meraviglie che si sentivano dire su quella scuola sembravano essere vere. Da non crederci, quasi. Si respirava un clima genuino, in linea di massima, sebbene avesse notato molte ombre inquietanti, specialmente tra i membri della sua casata. Serpeverde. Non l'aveva stupita quella scelta, sebbene avesse sperato di poter essere meglio di così. Meglio della casata più oscura di tutte. Non lo era, evidentemente. O perlomeno, non era degna di nessuna delle altre: il coraggio non era suo, l'amore disinteressato per la sapienza nemmeno e la bontà laboriosa dei figli di Helga tanto meno.
    Ad ogni modo ci stava facendo l'abitudine e niente come i colori verde-argento potevano aiutarla nel sorreggere la maschera della ricca stronzetta appena arrivata, quella che le faceva più comodo.
    In quei pochi mesi al castello aveva prima sondato il terreno, poi cercato di allargare la sua rete di conoscenze e amicizie: con alcuni buoni risultati, tutto sommato. La maggior parte dei volti che le erano familiari appartenevano alla sua casata ma ce n'erano anche altri - talvolta persino fastidiosi - che non lo erano. Tra tutti, c'era un elemento che le risultava quasi molesto: Charlie Fujiyama. Nome da Sol Levante, ma iperattività tutta occidentale, che Lucrecia poco tollerava a lezione. Specie perché non di rado nel mirino di quell'energico modo di fare c'era proprio lei: occhiatine, aeroplanini di carta, bigliettini. Certo, non che a lei, sotto sotto, la cosa non facesse piacere. Ne era lusingata anche solo per il semplice fatto che adorava essere ricoperta di attenzioni, ma non l'avrebbe mai dato a vedere. Soprattutto, i giochetti alla lunga la stufavano.
    Suonata la campanella dell'ultima lezione della giornata, una noiosissima spiegazione sui Funghi Saltellanti, Lu raccolse le sue cose e face per alzarsi. Un bigliettino - l'ennesimo - scivolò dal suo libro. La messicana sbuffò, volgendo gli occhi al Grifondoro che già usciva dall'aula. Con passo svelto lo raggiunse fino a piazzarsi proprio di fronte a lui, bloccandogli il passaggio.
    « ¿Quieres algo? » esordì, senza trattenere lo spagnolo. « Sarà più o meno il quinto biglietto che trovo, molto maturo da parte tua. » Placò la sua vaga indignazione - perlopiù simulata - con un sorrisetto aspro. Non aveva intenzione di lasciargliela passare liscia, specie non dal momento in cui aveva visto da vicino il sorriso strafottente che Charlie pareva portarsi sempre dietro. Nella sua immensa quanto ben celata insicurezza, la Rojas pensò che l'avesse solo voluta prendere in giro. E per quello, a maggior ragione, avrebbe dovuto fargliela pagare. Prima però, doveva vederci chiaro.
    « Quindi, che vuoi? Perché mi fissi? Non hai nient'altro da fare? » Attaccare era il metodo più istintivo che avesse per indagare. Senza pensarci troppo.
     
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    A Charlie Hogwarts piaceva da pazzi, per lui quella scuola, al contrario di quella giapponese a cui era stato abituato, era praticamente un gigantesco parco divertimenti, non solo per le ragazze decisamente meno compite e più inclini alla socializzazione, quanto per la gentilezza dei professori che quasi associava più a dei genitori che a dei veri insegnanti, a parte la Rei, lei pareva volerlo tagliare a fettine con lo sguardo ogni volta che si ritrovava trascinato in presidenza, il che, ora che ci pensava, avveniva praticamente almeno una volta a settimana. Gli piaceva incontrare la Preside, insomma, a chi non sarebbe piaciuto avere l'attenzione di una donna del genere tutta per se, però , ecco, avrebbe dovuto cominciare a darsi una calmata se non voleva essere rispedito a pedate in Giappone e lasciato alle cure della sua amorevole madre e lui era in Inghilterra per un motivo, un motivo ben preciso e che non aveva rivelato ad anima viva: trovare suo padre, quell'essere ignoto di cui neppure portava il cognome. Un figlio bastardo, un disonore che aveva dovuto tenere sulle proprie spalle da bambino e che gli occhi severi di sua madre gli avevano sempre ricordato, un qualcosa di cui beffarsi quando era divenuto adolescente. Hogwarts gli piaceva ed era estremamente felice di essere capitato tra i figli di Godric che, a dirla tutta, erano evidentemente i più simpatici, i tassorosso erano così smorti e la loro gentilezza esagerata gli faceva venire l'orticaria, i Corvonero troppo saggi per lui che non capiva neppure da che parte iniziare a leggere un libro- insomma in giapponese le cose si leggevano al contrario, non era neppure troppo colpa sua - e i Serpeverde loro erano semplicemente troppo composti perchè uno come lui potesse rientrare tra di loro però lì, nei figli di Salazar, c'era qualcuno che era riuscito a catturare praticamente tutto il suo interesse.
    La Rojas era bella, la più bella del suo anno ed era intelligente, non era una di quelle bellezze vuote, no, lei alzava la mano, sapeva rispondere sempre alle domande dei professori, e il suo accento rendeva bello anche quell'odioso e spento inglese del cazzo, le sue forme erano calde come la terra da cui proveniva e Charlie era rimasto spesso a guardarla senza riuscire a spiccicare mezza parola, non che non ne avesse eh, ne aveva una marea di parole, uno tsunami di cui l'avrebbe ricoperta ma forse non sarebbero state fini e ricercate come lei avrebbe gradito e così si era limitato a tirarle bigliettini idioti durante le lezioni, con disegnini dubbi, ma doveva quantomeno palesare la sua esistenza tra quel mucchio di facce anonime, certo, certo, c'erano i suoi riccetti bellissimi e profumati al cocco ma dubitava che la Rojas fosse una che notava certi particolari.
    Quel giorno non fu diverso dagli altri, piegò il solito bigliettino e lo fece scivolare nella borsa dell'altra, di cosa parlasse la lezione? Ah non ne aveva idea ma si era accorto che la Rojas aveva cambiato profumo quel giorno, di quello si , e quello era l'importante no? Si stiracchiò malamente ancora seduto al proprio posto per poi afferrare la tracolla ed uscire svelto per vedersi, come sempre, con la Pierce che di sicuro lo avrebbe ammonito per non aver fatto la minima attenzione in classe neppure quella volta ma il suo programma fu bruscamente interrotto da un'irritata messicana dagli occhi grandi e vispi che gli si parò di fronte
    « ¿Quieres algo? »
    Eh?
    << Io no parla tua lingua >> replicò prendendola in giro e poggiando il gomito sullo stipite della porta tanto per chiarire che non era lei a non permettergli di uscire quanto lui ad aver deciso di rimanere lì
    Sarà più o meno il quinto biglietto che trovo, molto maturo da parte tua. »
    << Vero? Non trovi anche tu ? E' che sei sempre così seria ho pensato che una risata ogni tanto non ti farebbe male , che vuoi farci, sono altruista >> le soffiò sul viso mettendo su il solito sorriso impudente che sciupava ogni vergogna . Non era difficile per Charlie inquadrare l'altra nella classica tipologia di ragazza che è abituata ad avere tutto e tutti ai suoi piedi ma con lui, beh, aveva sbagliato, certo, le mandava bigliettini, e certo la fissava durante le lezioni ma questo non le garantiva che lo facesse per un reale interesse, specialmente perchè era stato così saggio da non dedicare quel tipo di attenzioni solo a lei, era furbo quando voleva, il punto era che si applicava solo su cose futili come quella
    Quindi, che vuoi? Perché mi fissi? Non hai nient'altro da fare?
    << Ora che mi ci fai pensare ... Nah , in effetti è divertente irritarti >> replicò soddisfatto di aver avuto una reazione, una reazione significava già che quantomeno non le era passato inosservato del tutto e poi il disprezzo era qualcosa con cui riusciva a convivere benissimo, conviveva con quello di sua madre da tutta la vita
    << Ti fisso perchè capiti sempre nel banco di fronte al mio e con quel testone che hai occupi la visuale tra me e il professore >> continuò ridacchiandole in faccia, non con scherno quanto con più sincero divertimento, perchè era così carina quando le saltavano i nervi
    << E non voglio niente .... >> si finse confuso << Aspetta com'è che ti chiami? Lucy? Lizzy?>> il suo nome lo ricordava benissimo, in realtà si era anche esercitato a pronunciarlo degnamente ma perchè darle quella soddisfazione
    << Ah no! Ci sono , ci sono ! Linda! La caliente Linda! >> ridacchiò gesticolando e mimando una danzatrice con delle nacchere
    << Linda, senti, in realtà ho visto che te la cavi a scuola e mi servirebbe una mano, tutto qua ... Ma capisco insomma che sarai molto impegnata a pettinarti i capelli e ad ordinare i tuoi vestiti per colore e tutte queste cose super divertenti quindi ...>> e sapeva che quella bomba gli sarebbe esplosa in faccia ma ne sarebbe valsa la pena, o almeno, era ciò che sperava


     
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    Lucrecia funzionava così: attimi di impetuosa istintività a cui seguivano quasi sempre sensi di colpa, rimorsi, ripensamenti. Era come se fosse più forte di lei, se dovesse sfogare il bisogno di saperne di più, di sapere la verità, salvo incastrarsi in cose da cui, nella maggior parte dei casi, avrebbe fatto meglio a tenersi lontana. Charlie era probabilmente l'ennesima conferma di questa teoria. Ma era decisamente tardi per rimangiarsi quanto detto.
    « Ho detto: che vuoi? È spagnolo, per tua informazione. » Rispose, parecchio stizzita. Riusciva a vedere ogni cosa come un'offesa, sempre a causa del suo vivere costantemente sulla difensiva. Ed era bastata quella piccola presa in giro per farla irrigidire e chiudere dietro le proprie braccia conserte. Se avesse potuto ragionarci lucidamente, a freddo, come una persona non interessata dai fatti, le sarebbe stato chiaro che Charlie era un mago con le provocazioni. Invece Lu iniziava a prendere tutto sul personale, con fin troppa irruenza.
    « Oh, risparmiami il tuo enorme altruismo, muchas gracias. Rido quando è il momento di farlo, contrariamente a te. » Non frenò la sua tipica gestualità teatrale, terminando con un indice accusatorio puntato proprio contro il Grifondoro. Certo, lui non era esattamente quel che si dice uno studente modello, ma persino Lu si era dovuta trattenere a fatica dal ridere per alcune battute fatte da Charlie durante le lezioni. Cosa che non gli avrebbe mai e poi mai confessato, naturalmente.
    « Testone? » A quel punto, la sua espressione gridava indignazione per un affronto così grave, ma dalle sue labbra appena schiuse non fuoriusciva nemmeno una parola. Gli occhi castani dapprima si spalancarono, per poi ridursi a due fessure colme d'irritazione.
    « Deve essere proprio per quello che non capisci mai niente. Mi dispiace coooosì tanto. »La tentazione di spintonarlo, schiaffeggiarlo o farmi serio male fisico era talmente forte che Lucrecia dovette stringere i pugni e richiamare tutto il proprio autocontrollo (ben poco, a dirla tutta). E quando si sentì chiamare con nomi insulsi e dozzinali (perché quasi tutti lo erano, a parte il suo) non riuscì più a stare ferma. Si voltò e fece per andarsene, al suono di un ultimo:
    « Okay, fottiti. » detto prima di perdere totalmente la ragione e la dignità e dare in escandescenze come una povera pazza. Ma no, non era ancora finita lì, a quanto pareva. Forse era giunto il momento di un briciolo di verità. E fu solo in nome di quella minuscola gemma di onestà (o presunta tale) che Lu si bloccò, chiudendo gli occhi e inspirando profondamente prima di voltarsi nuovamente verso il ragazzo.
    « Prima di tutto è Lucrecia, sempre che ti riesca di memorizzare almeno otto lettere di fila. » Quella puntualizzazione un po' le fece bene. Era una strana sensazione di sicurezza quella che derivava dall'offendere gli altri, non fosse altro perché le permetteva di far capire che con lei non si scherzava.
    « Seconda cosa, aiutarti? » Si mise a ridere, in maniera del tutto costruita ma con la spontaneità di chi ha già ripetuto quel copione una marea di volte.
    « Ti pare che faccia beneficenza, per caso? Sono molto impegnata, ma anche se non lo fossi no perderei tempo con te, cariño. » E ci teneva proprio a specificarla, come cosa, perché non fosse mai che qualcuno potesse pensare che la sua vita fosse vuota o poco interessante. Lucrecia si teneva impegnata, certo, ma era ben lontana dal non avere il tempo per fare qualsiasi altra cosa. Specie dal momento in cui il suo recente trasferimento aveva drasticamente ridotto la sua vita sociale.
    « Ma siccome sono anche io una persona altruista... » sperava cogliesse il suo sarcasmo « ...potrei anche pensare di aiutarti, se mi dai una buona ragione per farlo. E no, qualunque cosa ti suggerisca il tuo ego spropositato, non funzionerà. » Insomma, c'erano tanti modi per comprarla. Charlie doveva solo trovare quello giusto.
     
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    Gli piaceva davvero Lucrecia, il proprio interesse nei confronti della messicana era genuino, molto più genuino di quell'aria da finto stupido che si ostinava a tenersi appiccicata addosso, il punto stava tutto nella certezza profonda che una come lei non avrebbe mai degnato neppure di mezzo sguardo un tipo come lui. Lei era fine, delicata, intelligente ed estremamente acuta, aveva gusti raffinati e piccole leziosità di cui si circondava, lui, in fin dei conti, era un drogato disfunzionale che , al massimo delle proprie capacità, si circondava di soldi che non sapeva esattamente come spendere e che sua madre gli rifilava come panacea per l'assenza del padre che ricercava con tanta tenacia. La tenacia, quella, era l'unica qualità su cui , un tipo come lui, poteva far leva per farsi quantomeno notare da una come la messicana, forse non poteva farsi amare o considerare ma poteva , senza ombra di dubbio, farsi detestare
    « Ho detto: che vuoi? È spagnolo, per tua informazione. »
    Mise su un sorrisetto divertito da quella puntualizzazione, sapeva perfettamente quale fosse la madrelingua dell'altra, si era informato, o almeno ci aveva provato, tampinando Alexis fin quando non gli aveva dato qualche straccio di risposta, aveva cercato di stare attento nei corridoi, quando la beccava con la sua amica bionda e rigida come una scopa, cercando di carpire quanto più possibile di quell'accento così diverso dal proprio e non gli era sfuggito neppure come la messicana preferisse la compagnia di gente come Murphy, che , per inciso, detestava e trovava oltremodo viscido
    << Mi dispiace, sono giapponese, per noi è già un miracolo capire l'inglese, non tutti siamo acuti come te Linda >> replicò continuando a puntellare il gomito sullo stipite della porta, bloccandole il passaggio in quell'attegiamento macho che proprio non gli si confaceva e che , però, così bene gli calzava addosso
    « Oh, risparmiami il tuo enorme altruismo, muchas gracias. Rido quando è il momento di farlo, contrariamente a te. »
    Gli occhi, visibili a malapena, sotto gli occhiali da sole, scattarono verso quell'indice accusatorio puntato in sua direzione
    << Non ti hanno insegnato che non si indica? E' maleducazione >> si lamentò fintamente affranto da quel ditino sottile che si muoveva minaccioso verso di lui
    << Eh si, beh, enorme è decisamente l'aggettivo giusto per tutte le mie qualità ... E non ero certo che sapessi ridere, credevo ti mancassero i muscoli della faccia atti a farlo >> le rifilò ridacchiando per quanto l'avesse intravista ogni tanto sorridere ma , raramente, quello di Lucrecia gli era sembrato un sorriso felice, sincero, più spesso lo avrebbe paragonato invece ad uno di quelle maschere Kabuki che sua madre teneva appese nel salone di casa loro, un qualcosa di fittizio atto ad una recita, chi era lui per giudicare i metodi di sopravvivenza altrui? Nessuno, per questo, nonostante volesse infastidirla, non ne fece cenno, c'erano cose su cui poteva colpirle ed altre su cui trovava scortese farlo, troppo indelicato perfino per lui che di tatto ne aveva ben poco
    Testone?
    << Beh si, hai una testolina bella grossa per essere alta come uno gnomo da giardino, graziosa, per l'amor del cielo ma grossa >> infierì su quel difetto immaginario che non era, ovviamente, corrispondente alla realtà. Il viso di Lucrecia era perfettamente ovale e tutte le forme del suo corpo, dalla testa, ai piedi, armoniose e proporzionate, non c'era niente che avrebbe , obiettivamente, potuto criticare in lei a parte il suo carattere ma quello l'avrebbe ferita e lui non voleva ferirla, affatto
    « Deve essere proprio per quello che non capisci mai niente. Mi dispiace coooosì tanto. »
    << Sono felice che tu convenga con me sul fatto che i miei scarsi risultati scolastici siano colpa tua ...Lizzy, Linda, Lucy...>> sparò a casaccio fin quando quella non gli rifilò un fottiti e lo spinse via per uscire dall'aula. Aveva esagerato, come suo solito, aveva osato troppo e lei lo stava piantando in asso, doveva sbrigarsi a recuperare e doveva farlo in fretta e così buttò lì la prima cosa quasi credibile che gli venne in mente e parve funzionare, almeno all'apparenza, tanto da non farle scuotere l'amabile sederino per allontanarsi ancora
    Prima di tutto è Lucrecia, sempre che ti riesca di memorizzare almeno otto lettere di fila. »
    Sorrise arricciando un solo angolo della bocca e voltandosi verso di lei, dando le spalle all'interno dell'aula e incrociando le braccia al petto
    << Lucrecia ... Hai ragione, troppe , troppe lettere per me ... Ti chiamerò Ai , non crucciarti è semplicemente una traduzione del tuo nome nella mia lingua>> le sparò così in faccia e, probabilmente, si sarebbe arrabbiata senza neppure sapere che la stava chiamando "amore"
    « Ti pare che faccia beneficenza, per caso? Sono molto impegnata, ma anche se non lo fossi no perderei tempo con te, cariño. »
    << Nah , non mi sembri tipa da beneficenza in effetti , anche se, girare con Murphy è quello che nella mia testa corrisponde di più al farla >> replicò piccato mentre l'ombra del proprio fastidio macchiava le sue parole
    Ma siccome sono anche io una persona altruista... potrei anche pensare di aiutarti, se mi dai una buona ragione per farlo. E no, qualunque cosa ti suggerisca il tuo ego spropositato, non funzionerà. »
    Era divertente capire come l'immagine distorta che dava di se stesso, quasi sempre, era l'esatto opposto di ciò che era realmente. Ego spropositato, lui? Che aveva passato metà degli anni all'accademia giapponese a piangere perchè non si sentiva abbastanza orientale per integrarsi? Faceva piuttosto ridere in effetti ma gli andava bene che Lucrecia, per ora, avesse quell'idea di lui, non si sprecò a fargliela cambiare, anche perchè, la latina, pareva tutt'altro che facile da distogliere dalle proprie convinzioni
    << La ragione potrebbe essere perchè sarebbe lodevole se i miei voti migliorassero per merito tuo, e sai ... Io sono uno che dalla Preside ci va spesso, magari potrei lasciarmi sfuggire che i miei voti stanno migliorando per merito di qualcun altro >> ipotizzò, a nessuno faceva schifo una buona reputazione di fronte alla Rei, neppure a Lucrecia
    << Oppure potrei smetterla di lanciarti bigliettini ed infastidirti se tu mi aiutassi, così tutti contenti no? Io recupero i miei brutti voti, tu recuperi la tua pace interiore e siamo tutti felici >> continuò dando quella seconda opzione
    << O possiamo fare prima e puoi dirmi direttamente cosa vuoi in cambio, si sa, a questo mondo nessuno fa niente per niente, dai tu un prezzo a te stessa, sempre che sia quello che vuoi>> concluse stringendo appena la mascella, perchè il solo fatto che lei credesse di se stessa di essere una cosa con un prezzo appiccicato in fronte lo infastidiva mortalmente.



     
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    Ci voleva ben poco per far irritare una persona come Lucrecia, sempre e comunque sulla difensiva, come se non aspettasse altro che qualche critica o qualche offesa per cui reagire male. Nell'enorme insicurezza che nascondeva agli altri e spesso persino a se stessa, ogni sorrisetto e ogni smorfia sembravano simbolo di una derisione che Lu non riusciva a tollerare ma per la quale, con tutte le sue forze, cercava di non perdere la lucidità. Quel Charlie però la provocava fin troppo.
    « Ai? » ripeté, visibilmente perplessa per quella stranezza. Poteva vantare la conoscenza ben tre lingue differenti, ma il giapponese di certo non rientrava nelle sue abilità. Le pareva quanto meno insolito che il suo nome potesse così facilmente tradursi in una lingua tanto diversa dalla sua, ma non aveva poi motivo di credere che così non fosse.
    « Be', d'accordo, come ti pare. Ma se scopro che vuol dire qualcosa di idiota, sei morto. » Sempre con la massima cautela, perché i sospetti non erano mai troppi. Per quanto ne sapeva, e considerati anche i precedenti, non l'avrebbe stupita poi troppo se quello fosse un nomignolo stupido, che magari significava proprio testona o robe del genere. Era una fortuna che nessuno lì dentro sapesse il giapponese, perlomeno. O quasi.
    Nonostante fosse una ragazza sveglia, raramente Lucrecia riusciva a capire quali pensieri muovessero davvero gli altri: si concentrava forse troppo su se stessa e le mancava una certa capacità analitica nei confronti delle persone. Sarebbe riuscita senza dubbio ad analizzare la formula di una pozione intricata, ma per l'animo umano occorreva una dose di maturità che ancora le mancava. Proprio per quello le sfuggiva totalmente dove Charlie volesse andare a parare tirando fuori uno come Murphy.
    « Murphy...? » Corrugò la fronte, leggermente confusa, cercando di ipotizzare per quale ragione il Serpeverde fosse diventato improvvisamente oggetto di conversazione.
    « Senti, fino a prova contraria nessuna regola mi vieta di parlare con i miei compagni di casata. Se hai problemi con lui non è affar mio, lo conosco appena. » Non aveva nessuna intenzione di immischiarsi in qualche lotta da maschi alpha, perciò ci teneva a mettere le mani avanti e tirarsene fuori, onde evitare qualsiasi problema. Aveva notato un certo fastidio nel tono di Charlie, trovandosene incuriosita. E fu proprio con una curiosità crescente che lo ascoltò da quel momento in avanti, con gli occhi nocciola impercettibilmente assottigliati e intenti a scrutarlo, pronti a cogliere ogni minimo segnale.
    « Mh. » mormorò, facendosi spuntare per la prima volta un leggero sorriso sul volto. Per uno che sembrava solo voler irritare il prossimo, aveva proprio le idee chiare. Le aveva messo davanti delle opzioni ben definite, ma Lucrecia non era nemmeno più così sicura che le servisse una ragione per aiutarlo. A quel punto era più che altro curiosa di sapere cosa sarebbe successo se l'avesse fatto, mettendo facili opportunismi da parte.
    « La prima opzione non è male, in effetti. Però sai, preferirei non farmi vedere in giro con qualcuno che è dalla Preside un giorno sì e l'altro pure. » Suonava cattivo. Ma lei non voleva che suonasse cattivo. Anzi, c'era un augurio dietro, che si accorse di non aver assolutamente reso esplicito. E se voleva porre una tregua a quella battaglia era proprio il caso di correggere il tiro. Immediatamente.
    « Quindi » continuò, schiarendosi appena la voce « dovrai anche evitare di fare cazzate e di farti convocare dalla Rei. Facciamo che semplicemente mi dovrai un favore, può sempre farmi comodo. » Non sapeva che tipo di favore, avrebbe potuto essere qualsiasi cosa. Lu era giunta alla conclusione che fosse meglio farsi degli amici piuttosto che dei nemici, anche considerata la sua ancora inesistente popolarità, tra le mura del castello. Trovarsi sola la spaventava e quel "favore" le avrebbe permesso di potersi salvare magari, anche in situazioni sfavorevoli.
    « Vedi? Molto altruista. » ironizzò, sbattendo le ciglia come un docile cerbiatto.
    « Quali sarebbero questi brutti voti che devi recuperare? Ti aiuterò a studiare, ma scordati che ti lasci copiare o che mi metta a suggerirti le risposte durante le interrogazioni. » Non avrebbe mai messo a repentaglio la propria carriera scolastica per qualcun altro, a meno che non si trattasse di una persona che significava davvero qualcosa per lei. Era sempre quella la più grande debolezza di Lucrecia: l'affetto o l'amore. Era decisa però a non farsi fregare, non più.
    « Ma immagino fosse proprio quello che speravi. Invece della prospettiva di sere intere spese in biblioteca a farti interrogare da me, no? » pose quella domanda quasi retoricamente e persino con il compiacimento di chi crede di aver svelato il mistero, l'inganno. Era proprio convinta che Charlie non avesse la minima intenzione di impegnarsi nello studio e che quell'immagine lo avrebbe spaventato al punto tale da fargli abbandonare il gioco.
     
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    - Ai?-
    Sorrise annuendo, un sorriso gentile, rassicurante, niente a che vedere con quelli che le aveva lanciato fino a quel momento. Avrebbe voluto essere uno con la stessa faccia tosta che aveva lui stesso ma con la serietà di Murphy, avrebbe voluto essere più simile all'ideale di ciò che poteva interessa a Lucrecia secondo il proprio parere, così da poterle dire il vero significato di quelle due lettere o magari non dirglielo, afferrarle il viso dolcemente tra le mani e lasciarsi morire nella piega delle labbra morbide della messicana ma lui non era così, non era il suo tipo, forse non lo era di nessuna e tutto quello che gli rimaneva era prendersi, bonariamente, gioco di lei, sperando che non potesse vantare la conoscenza del giapponese ma, anche il quel caso, avrebbe trovato un modo per raggirarla e farle credere che volesse significare tutt'altro
    « Be', d'accordo, come ti pare. Ma se scopro che vuol dire qualcosa di idiota, sei morto. »
    Le soffiò giocosamente in faccia, così, tanto per darle fastidio o farle avere l'impressione di non essere qualcuno che andava preso troppo sul serio, il motivo per cui lo facesse? Rimaneva un mistero persino a se stesso, una di quelle domande che di cu non voleva risposta
    << Non avevo dubbi al riguardo ... Ai >> replicò con calma, quel suono breve era grazioso quasi quanto il naso piccolo e all'insù che ora storceva nel ripetere quel nome orrido con curiosità
    Senti, fino a prova contraria nessuna regola mi vieta di parlare con i miei compagni di casata. Se hai problemi con lui non è affar mio, lo conosco appena.
    Sorrise quasi compiaciuto di sapere della scarsa conoscienza tra i due, non che Murphy gli paresse uno di quelli che si sarebbe fatto molti problemi a piazzarle la lingua in gola, conoscenza o meno ma , quantomeno, avrebbe avuto una scusa, nel caso lo avesse beccato a farlo, per pistarlo come l'uvetta passa, la Rei lo avrebbe espulso quasi certamente ma poteva già verdersi uscire a pedate da Hogwarts con il sorriso trionfante ben stampato in faccia ed un gigantesco "ne è valsa la pena" urlato alle donzelle a cui, la sua scomparsa, avrebbe rotto il cuore
    << Giusto ma io eviterei i viscidi come quello ... Non mi da un buona impressione ma non credo tu sia stupida >> le rispose serio , stranamente e la conferma di quanto poco stupida fosse Lucrecia gli arrivò in quella domanda, uno scambio , qualcosa da offrire in cambio del tempo altrui, cosa poteva darle che una come lei, già, non avesse in quantità industriali?
    « La prima opzione non è male, in effetti. Però sai, preferirei non farmi vedere in giro con qualcuno che è dalla Preside un giorno sì e l'altro pure.
    Lo colpì, parecchio, colpì ogni piccola fibra del proprio essere ma non lo diede affato a vedere, anzi, ne rise, annuendo
    << Hai ragione, chi vuole farsi vedere con me ?>> chiese retoricamente ridacchiando di nuovo mentre sentiva qualcosa in lui sfaldarsi, cadere nell'abisso senza fine di tutti quei giudizi che aveva incassato nel corso degli anni
    « Quindi dovrai anche evitare di fare cazzate e di farti convocare dalla Rei. Facciamo che semplicemente mi dovrai un favore, può sempre farmi comodo. »
    << Questa mi risulterà estremamente difficile, molto più di studiare, ti toccherà farmi da baby sitter temo >> replicò mollemente, non che non fosse in grado di comportarsi decentemente, era più una propria e vera attitudine al cazzeggio continuo la sua
    « Vedi? Molto altruista. »
    << Oh assolutamente si, quasi quanto me >> annui con un sorriso, mentre gli occhi quasi si incantavano a guardare lei che se ne stava lì a sfarfallare le ciglia
    << Hai qualcosa negli occhi per caso? O un tic strano? >> la prese in giro di nuovo salvandosi da quell'annegare nelle pupille caramello della messicana, lo avrebbe picchiato un giorno, si che l'avrebbe fatto ma meglio quello di farle capire ciò che davvero lo aveva mosso sin dal primo bigliettino che le aveva tirato
    « Quali sarebbero questi brutti voti che devi recuperare? Ti aiuterò a studiare, ma scordati che ti lasci copiare o che mi metta a suggerirti le risposte durante le interrogazioni.
    Sbuffò appena fingendosi scocciato per poi sorriderle, in realtà non aveva mai neppure lontanamente pensato che l'altra potesse fare una delle due cose, men che meno gli interessava genuinamente dei suoi voti, tutto era una scusa per starle vicino, per imparare a conoscerla un pò di più
    << Trasfigurazione, pozioni e sono pessimo anche in astronomia, credo di stare anche un pò sulle palle al prof >> ammise scrollando le spalle, i suoi voti in realtà facevano pena un pò ovunque ma non voleva pararle lì di fronte una lista infinita da cui si sarebbe sentita scoraggiata, voleva farle credere che qualcosa, oltre drogarsi e rompere le palle, sapesse farla anche lui ... Ah, oltre il sesso, chiaramente, quello sapeva farlo!
    « Ma immagino fosse proprio quello che speravi. Invece della prospettiva di sere intere spese in biblioteca a farti interrogare da me, no? »
    Le si avvicinò appena, muovendo il busto in avanti e lasciando che il viso le si parasse a pochi centimetri dal proprio
    << Interrogami pure quanto vuoi Ai ma sei sicura di poter passare tutte le sere con me in biblioteca senza finire per innamorarti dei miei riccetti ?>> disse con tono serio per poi sorriderle. Era così bella.
     
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    Cambiare idea su una persona non era facile per Lucrecia, vittima fin troppo spesso dei suoi stessi pregiudizi. Di Charlie pensava di aver capito quel poco che voleva capire, invece ora tentennava in quella convinzione. Forse, dopo tutto, come lei il Grifondoro mostrava solo una parte di sé, una maschera che faceva comodo per non essere troppo vulnerabili.
    « No, infatti. E so difendermi anche molto bene da sola, Charlie. » Marcò bene quel nome, come a dire che lei lo ricordava bene e non aveva bisogno né intenzione di usare strani nomignoli. Lui si era fatto serio e Lu fu quasi stranita da quell'espressione così insolita per il volto del giapponese. La Rojas si chiedeva che interesse avesse, lui, nel metterla in guardia: che nessuno facesse niente per niente le era chiaro da quando era ancora una bambina. Se non altro, poteva compiacersi del fatto che fosse chiaro anche al Grifondoro che lei non fosse una stupida, cosa che però aveva già capito. Nessuno chiederebbe mai aiuto a uno stupido, dopo tutto.
    « Hai ragione, chi vuole farsi vedere con me ? » Non era quello che Lu aveva voluto far intendere, anche se sapeva perfettamente quanto fraintendibile fosse stata, con la sua frase. Abbassò gli occhi per un attimo di involontario e volatile senso di colpa, poi ritornò a mostrarsi indispettita, sebbene già più bendisposta al dialogo.
    « Non è questo che volevo dire. Non sei pieno di amichetti, tu? » chiese, gesticolando come per dichiarare poco interesse per la questione che aveva appena posto. Le sembrava che Charlie fosse strapieno di conoscenze, alcune più discutibili di altre certamente, ma non ci aveva mai fatto poi troppo caso.
    « Io non faccio da baby sitter proprio a nessuno. » La maestrina però sì, quello era un ruolo che le riusciva bene. E infatti non risparmiò il riccio da uno schiaffetto sulla fronte, una sorta di punizione per l'ennesima presa in giro nei suoi confronti. L'aveva presa bene, però: era un colpetto bonario tanto quanto il tono divertito di lui.
    « Certo. Classica scusa. » Il sarcasmo era evidente. « D'accordo. Inizieremo con Pozioni direi, prima che tu faccia esplodere qualcosa a lezione, specialmente nelle mie vicinanze. Poi continueremo con le altre. » Lu aveva di buono che sapeva essere determinata in una maniera quasi eroica. E in quel caso non le era ben chiaro quale vantaggio avrebbe potuto trarre, ma anche solo la gloria di aiutare qualcuno e avere un briciolo di potere su qualcun altro poteva andarle più che bene. Ammettere che le piaceva l'idea che qualcuno avesse bisogno di lei era troppo difficile: non se lo sarebbe mai confessato. E proprio quando ormai pensava di aver vinto la sfida, ecco che Charlie sembrava pronto a tirare fuori un asso dalla manica.
    « Interrogami pure quanto vuoi Ai ma sei sicura di poter passare tutte le sere con me in biblioteca senza finire per innamorarti dei miei riccetti? » Rimase per un istante immobile, senza arretrare di fronte a quella improvvisa vicinanza. Se era una sfida, l'avrebbe accettata volentieri. E quindi per la prima volta guardò dentro quegli occhi orientali, senza abbassare lo sguardo. E sorrise anche lei, quasi sfrontata.
    « Oh, correrò questo immenso rischio. Chissà che poi non sia tu a innamorarti... dello studio, naturalmente. » Gli picchiettò con l'indice sul naso, per irritarlo e invitarlo tra le righe a interrompere quell'invasione di spazio vitale. Lei doveva necessariamente andarsene, a quel punto. Gli aveva concesso già troppo tempo.
    « Bueno, ci vediamo allora. Possiamo iniziare venerdì dopo la lezione di Storia. Se hai il coraggio, rizos. » Riccioli. Forse aveva trovato il suo nomignolo irritante, alla fin dei conti. Girò i tacchi e iniziò ad allontanarsi, dopo avergli rivolto un ultimo sorrisetto astuto.
     
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