Fingi che non sia successo nulla

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    Il ritorno con l'aereo le sembrò lunghissimo, e si ritrovò a pensare che in effetti non le era mai capitato che un ritorno fosse più veloce dell'andata. La mamma era tornata prima di lei, la bionda invece, aveva preferito assicurarsi che la nonna stesse bene, avesse stretto sufficiente compagnia con la vicina e non avesse ricadute particolarmente dure. La madre aveva un sacco di lavoro e commissioni da sbrigare, lei no, e da qui l'accordo silenzioso di tenersi compagnia.
    Il nonno serenamente come ci si augurerebbe per chiunque, come non nasconderesti di volertene andare anche tu, silenzioso, dopo esserti addormentato, avevano detto il cuore, non c'era niente di pregresso p precedente a dover giustificare quella morte così improvvisa. La vedova affianco aveva approfittato per raccontare alla nonna la sua stessa storia, e si erano riscoperte amanti di canasta e del Gin, chi lo sa.
    Le due Foster si erano messe sull'aereo diretto negli States, e con enorme sorpresa di lei, la maggiore, non si era portato dietro il suo cavaliere nero.
    La minore non chiese perché, onde evitare storie e discussioni, in più erano troppo tristi entrambe per iniziare a discutere. Avevano passato il viaggio a piangere dietro i sediolini altrui, e avevano nelle pause, riso per quanto immaginassero da qualche parte l'uomo anziano, sperando per lui che ci fossero le sigarette e il giornale lì dov'era o si sarebbe arrabbiato parecchio.
    Erano passati due mesi e poco da allora, e più si avvicinava il giorno del ritorno di lei al Nord, più pensava a quanto dovesse sembrare arrabbiata ad Igor che le aveva risposto così poco nell'ulitimo periodo da dare uno spazio intero al pensiero di lei, che strillava ovviamente a gran voce quanto non contasse nulla. E poi quanto avesse lui altro a cui pensare. E a quanto non fosse rilevante lei per lui. Quindi, presa da una veloce frenesia nel decidere come sbrigare la sua frustrazione, smise di rispondere anche lei. La nonna nel vederla preoccupata disse qualcosa tipo il tuo fidanzatino non ti risponde? Non sa che si perde. ma lei rispose che non era quello, e lei non aveva fidanzati, disse, Bleah, la nonna rispose qualcosa tipo se se.
    Pensò stupidamente di farcelo rimanere male, ma così male che doveva tornare in ginocchio! TSK! Lo sapeva tanto che l'unica a pensarci era lei, e si sentì stupida. Per un tempo discretamente lui, fino a trascinarsi la valigia nel pub più vicino casa, perchè Clay non sarebbe stato a casa prima di due giorni, e lei fretta di tornare e cucinare non ne aveva. Si sedette sulla panca esterna nonostante il vento gelido, e attese non seppe cosa di preciso, finchè il cameriere non la raggiunse e le chiese di accomodarsi all'interno, avrebbe cominciato a nevicare a breve nonostante l'entrare di aprile, e lo seguì con un sorriso finto, scongelandosi dalle spalle.
    Lui era là dentro, solo, e si guardarono. Lei, in un tripudio di comico atteggiamento, gli diede le spalle e si accomodò sbattendo la borsa sul tavolo, la valigia al lato, che inciampò su se stessa e cadde facendo traballare il tavolo, si sedette con una forza eccessiva sulla sedia e faticò a trattenere una AHIA, ma così sia, gli diede le spalle e cercò di nascondere dietro una poker face quanto fosse felice di averlo almeno rivisto.
     
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    Era un giorno come un altro per Igor che aveva appurato da Karen che la piccola Foster non era voluta tornare a casa, per restare accanto alla nonna. Del resto nessuno dei due si era fatto sentire più di tanto, lui che tra università e lavoro non aveva avuto un momento libero e quel poco che aveva.. non lo avrebbe passato rincorrendo chi non aveva il piacere della sua compagnia.
    E Harper non era stata da meno.
    Da quel giorno di Natale si era allontanata sempre di più. Quindi per il Bulgarlo andava bene così, l'importante era stato chiarificare il tutto prima di cadere nei fraintendimenti. Questo almeno diceva a se stesso, senza trascurare una punta di fastidio
    che condiva il tutto.
    Aveva da poco rifiutato le attenzioni di una ragazza che a tutti i costi si era congedata lasciandogli un numero di telefono scritto su un tovagliolino quando dell'aria gelida fece capolino nel locale accompagnando con se la bionda.
    Si ritrovò a fissarla, ignorando la piccola stretta allo stomaco che aveva provato per la sorpresa.
    Lei anche lo guardò ma, arrabbiata, decise di ignorarlo.
    Questo fu un momento strano per Igor che tutto sommato non sapeva per quale motivo lei gli riservasse questo comportamento.
    Stava nervosa, a giudicare dalla borsa sbattuta malamente sul tavolo.
    Continuò a guardarla mentre faceva un sacco di cose sensa senso, compreso sedersi con tanta foga da farsi male. Non poteva essere così arrabbiata con lui, non le aveva fatto niente, ancora.
    Quindi voleva dire che c'era qualcos'altro che la turbava, ma non essendo lui il destinatario di tanto astio decise bene di raggiungerla.
    Senza dire mezza parola si sedette dal lato opposto al suo e prese a fissarla.
    Non avrebbe di certo rotto il silenzio nella quale ci si era rinchiusa, ma tutto sommato guardarla si stava rivelando altrettanto gratificante.
    Conoscendola però avrebbe potuto tenergli il broncio per lunghissimo tempo così fece il primo passo - bentornata- le disse semplicemente, e chissà se avrebbe risposto con pari cortesia.
     
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    La cosa assurda, era che non si trattava di una ragazza particolarmente orgogliosa. Orgogliosa no, sensibile invece molto. Come influiva questo nel fatto che non si fosse alzata? Era veramente arrabbiata, ferita dal fatto che avesse solo potuto per un attimo pensare che fosse stata già così velocemente rimpiazzata. Strinse gli occhi, lo fece per colpirlo, certo, ma anche per cercare di far entrare il meno possibile la sua bellezza dentro di lei, perchè non averlo visto dal vivo per così tanto tempo, ebbe un effetto tanto forte da farle vacillare ogni credenza.
    Si era detta, vado là, non gli parlo, tengo il punto perchè mi ha fatta star male. Si era detta, non rispondi a me perchè hai già qualcun'altra con cui uscire eh? E allora ciao! Vattene! Raus! Chi ti pensa! Invece niente, l'aveva visto, lì dentro, e la prima cosa a cui aveva pensato era stata vicina al fatto che fosse ancora più bello di come lo ricordasse. Ma porco miseria.
    Stentò a sorridere, nascose il viso dietro il menù cercando di respirare a lungo, e raccolse tutte le forze che aveva in soccorso di un tono di voce secco e serio "Si si grazie, pure a te".
    Ma come pure a te, lui mica era tornato da qualche parte. Si disse che aveva appena fatto la figura della stupida, quindi si schiarì la voce e abbassò di botto il menù sul tavolo, si voltò verso il cameriere dietro il bancone "Per favore un panino America, patatine e una coca grande!" e come un fulmine, con lo sguardo di nuovo truce si voltò verso di lui.
    "E tu! Sai perchè dico bentornato?! Non perchè mi sia sbagliata" nohooo "Ma perchè bentornato al saluto eh!" Pensò di essersela cavata così a modo suo "Bentornato nel mio mondo eh!" e così.
    "Ti ho mandato un sacco di messaggi! E tu sei qua, non ti sei mica mosso! Cioè allora fammi capire! Quante volte non mi hai risposto e non stavi facendo niente!?" Oh no, la diarrea verbale non di nuovo! "Allora? Hai trovato qualcuna di più interessante con cui parlare? Non posso andare ad un funerale? Eh? E fare compagnia ai miei?! E' giusto??" eppure nonostante voglia una risposta, non gli lascia tempo di rispondere "Dai rispondi! Ma rispondi prendendo in considerazione che non è giusto! Che ti sei comportato male! Ah non rispondi? Perché è stato facile rimpiazzarmi eh? Ah, se lo dici tu!" e sollevò le mani fortemente offesa.
     
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    Che per Igor le donne fossero un pianeta a parte, era stato chiaro fin da quando aveva iniziato a frequentarne qualcuna.
    Erano strane, complicate, tenevano i pensieri confusi già di loro tutti nella testa, non si esprimevano se non dopo essere arrivate al limite di questa capienza, e allora in quel momento si scatenava l'impossibile.
    Te ne dicevano così tante che un uomo medio capiva a mala pena la metà delle cose che volevano si reperissero.
    Perchè le dicevano anche male e senza senso.
    Lui non era un uomo medio, smetteva di ascoltarle sin da quando il cipiglio diventava persino più incisivo del solito.
    Neanche ci provò a ragionare su cosa stesse sproloquiando.
    Del resto lui, nella sua sana ingenuità, non aveva di che essere recriminato.
    Lei non si era fatta sentire e datosi che era lei quella che se ne era andata per mesi interi lei doveva mandargli notizie per prima.
    Per lui il mondo non si era fermato, aveva continuato a lavorare, continuato ad andare in università, continuato a fare compagnia a Ichabod per il restante tempo.
    Quindi già dal "si pure a te" Igor aveva capito definitivamente che non era aria ma quello che venne dopo fu anche meglio.
    Lei, come la sera di natale, si mise a sparlare. A entrare in un vortice di parole dalla quale difficilmente ne sarebbe uscita in piedi.
    Ce l'aveva con lui, perchè .. a quanto capiva non aveva risposto a qualche messaggio.
    Quei messaggi che magari erano stati mandati alle dieci della mattina (ora di Stoccolma) e li aveva visti alle dieci di sera per il troppo da fare, e che facendo due calcoli pensando che ci fossero abbondanti ore di differenza di orario non aveva più mandato.
    Ma anche ammesso, era necessario arrabbiarsi così?
    -Hai finito?- le chiese quando pensò che aveva detto anche di più di quello che avrebbe voluto dire se solo fosse rimasta più calma.
    -Hai questa tendenza tu a parlare un sacco quando sei nervosa- le fece notare candidamente mentre un ghigno pigro gli compariva sulle labbra - se ti sono mancato bastava dirlo "Igor mi sei mancato", non c'è mica bisogno di aggredirmi così verbalmente- quindi si tirò in avanti e le catturò una mano sotto la sua - mi sei mancata anche tu, Harper- ammise quindi con fare confidenziale - e anche io sono arrabbiato con te- questa l'aggiunse solo per pareggiare i conti - perchè non sei tornata con tua madre?-
     
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    La bionda non fece in tempo a notare che il cameriere virò su se stesso, fece un semicerchio, e in parte in imbarazzo, sentendola parlare agitata in quel modo se ne tornò sui suoi passi pensando forse di tornare in un secondo momento, quando la bionda non gli avrebbe dato l'idea di voler saltare al collo di chiunque. I capelli folti e cespugliosi come se fossero mal pettinati della bionda si agitavano, le carezzavano malamente le spalle, con quelle piccole curve innaturali, date da quella coda che aveva tenuto su stretta per tutto il viaggio di ritorno e che aveva sciolto solo scesa dall'aereo una volta constato quanto fosse fredda ancora l'aria del nord di sera.
    "Per ora si" sbottò già in parte calma, perchè la cosa essenziale per lei, che era sempre convinta che nessuno l'ascoltasse, era proprio là, l'ascolto, il fatto che avesse potuto dire la sua, che si era stati in silenzio mentre lei si spiegava goffamente era proprio essenziale. Si, per ora aveva in effetti finito.
    "Guarda che non è quessss..." le parole, quando lui le prese la mano le si strozzarono in gola. Aveva la mano meno liscia e morbida di quanto immaginasse, ma si disse, pazienza. Rimase con le labbra schiuse, i denti in parte scoperti, gli occhi ingigantiti, e quello sembrò il segnale per il cameriere di fare il suo secondo tentativo di ritorno con almeno patatine e coca cola grande. Lei rimase così, ferma, in silenzio, come se avesse avuto una sincope rimanendo in piedi.
    E quanto passò prima che rispose davvero?
    A cosa pensava?
    Pensava che semmai avesse deciso per rabbia finta di levare la mano da lì sotto, probabilmente avrebbe perso una rara occasione, quindi, chiedendosi se il viaggio di ritorno l'avesse fatta sembrare una trovatella fuggita di casa al punto da essere un po' bruttina, lasciò la mano lì sotto, rinunciando a un prezioso lungo e dissetante sorso di Coca cola. Come se fosse una cosa normale, a cui era abituata, non guardò le due mani, anche se oddio quanto avrebbe voluto, per fissare quel momento per sempre nella sua testa. "Nonna era molto triste..." spiegò come se avesse vissuto la cosa a distanza, come se fosse una spiegazione così, tanto per, perchè si, si chiese: oddio perchè mi ha preso la mano, mi ama? MI AMA. Pensò, posso morire disidratata finchè rimaniamo così.
    "E tu che hai fatto qui?" chiese glissando sul fatto che quante volte durante la notte immaginò, ascoltando il suo ipod babbano, che Igor venisse a battere contro la sua finestra, come fosse una storia d'amore da manuale. E quante volte aveva pianto perchè non era accaduto. Il ciclo, tre volte le era venuto, magari era quello.
    "Se ti fossi mancata sul serio, mi avresti risposto, sapevi sarei tornata oggi, non mi hai detto niente" e si che aveva immaginato Igor su un cavallo bianco, venirla a prendere in aeroporto. Glissò anche su quello. "Avrai avuto di certo qualcosa di importante da fare" come a imboccargli la risposta. Poi arrivò un panino grande come la testa del ragazzo, e venne poggiato davanti il naso della bionda grano. Niente, nemmeno in quel caso scansò la mano, finse di non aver nemmeno notato il panino. Non era proprio da lei.
     
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    Nessuno dei due sembrò notare il cameriere che lesto decise di riprovare a fare il suo lavoro nell'esatto momento in cui Harper pareva aver perso la parola.
    Igor neanche se la prese la briga di seguirlo con lo sguardo, era così spaventato di suo che non sarebbe rimasto oltre il necessario.
    Lei non tolse via la mano, non lo fece quando gli rispose, non lo fece neanche dopo.
    -Capisco- col dito le carezzò il dorso, aveva delle mani così minute, delicate .. non si era mai accorto fossero così lisce.
    -Ho lavorato- rispose - ho studiato- proseguì - ho fatto a volte il principe a volte il destriero per Night, pare che la mia schiena la gradisca più del suo cavallo a dondolo- le dita scivolarono un pò più giù fino a che non si intrecciarono alle sue.
    Non che sapesse neanche lui stesso cosa stesse facendo, ma era quello che voleva fare e quindi lo fece.
    -Te l'ho detto, ero arrabbiato- disse pacato, poi si alzò e cambiò il suo posto, mettendosi accanto a lei questa volta - dopo la notte di natale sei cambiata. In generale non ci bado a queste cose, ma con te è diverso- con lei registrava tutto, anche il minimo cambiamento - sembrava la mia presenza ti desse fastidio, quindi ho solo assecondato il tuo bisogno di starmi lontano- il resto non era corretto.
    Lui non lo sapeva che sarebbe tornata quel giorno, da quando Karen era tornata era stato poco a casa di Ichabod, più per portare qualche ora in giro Night che per reale visita di cortesia.
    -Se lo avessi saputo, sarei venuto- le fece notare mentre un panino più grande di un uovo di drago veniva poggiato sul tavolo, davanti alla bionda.
    Lei non parve notarlo, di nuovo.
    -Non hai fame?-
     
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    "Ah..."il fatto che avesse trascorso così tanto tempo con la minore che portava parte del suo corredo genetico le sollevò il dubbio di aver perso mordente e potere persino in quella occasione. Persino tra le due Blackwood, lui preferiva la più piccola. Doveva forse venirle il ciclo? Magari è questo che le sballottolava un po' gli ormoni? Eppure immaginò il tempo speso con la più piccola, mentre lei dall'altra parte, attendeva una risposta che non era mai arrivata, o che era arrivata ma con estremo ritardo. Non poté fare a meno, la sua parte più vulnerabile, di sentirsi maltrattata, nonostante l'altra le confidò di finire di ascoltare come allenamento per mettere a bada la sua impulsività.
    "...Si si" trasalì come risvegliata dal profumo di bacon croccante. Eppure assurdo, non spostò la mano nemmeno in quel caso. Non pensò a come sarebbe stato impossibile mangiare in quelle condizioni, con la mano sinistra poi, eppure non si perse d'animo, per evitare che Igor sfilasse la mano per darle la possibilità di mangiare, gliela strinse, e afferrò con l'altra il mastodontico panino per portarselo alla bocca.
    Con la scusa di dover masticare, e di dover avere a che fare con i propri denti contro quel brontosauro intero, si prese un tempo più lungo, più silenzioso per pensare a come dirlo. Cosa dire.
    "Ti sei arrabbiato per quello che ha detto lui" ed ecco la cazzata. Ora come poteva uscirsene? Dire una cosa del genere voleva dire uscire allo scoperto, ammettere di essere gelosa, di trovare insopportabile quella situazione, l'idea che avesse passato quel tempo senza di lei, ma con l'altra ragazza, la sua ex era una coltellata. Ci aveva pianto le notti preciclo. Tutte. Chiedendosi perchè fosse tanto brutta, perchè non piacesse mai ai ragazzi. Provò anche a mettersi il rossetto della nonna, chiara com'era, quel rosso la fece sembrare un clown, e pianse ancora di più, più forte.
    "Cioè intendo dire che..." pensò usciamone, usciamone, come poteva uscirne senza sembrare scema? Immatura? Gelosa? Lo guardò, prendendo distrattamente un altro morso di panino.
    Nella sua mente c'era l'idea che le avesse detto che le era mancata.
    "Vederti così arrabbiato per una ragazza mi ha fatto un effetto strano. Non lo so, ma che ne so..." niente, alla fine lo scivolone lo fece. Lo guardò, come se avesse nell'imbarazzo appena pestato una cacca per terra davanti a tutti. E ci fosse scivolata sopra. E caduta sopra.
    Aveva appena ammesso di essere gelosa della sua ex, non era mica stupido al punto da non capire, lui.
    "Ne vuoi un morso?"
     
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    Stava per mollare la presa e consentirle quindi di mangiare quando lei la strinse.
    Si perse per un attimo a guardare le loro mani intrecciate, poi con lo sguardo arrivò al suo viso.
    Sembrava un pò rossa , ma imperterrita si era messa a mangiare con la mano libera.
    -E' vero- le disse - mi sono arrabbiato perchè mi stava prendendo in giro. E io odio essere preso in giro- voleva che fosse chiaro questo concetto, perchè avrebbero potuto parlare di qualsiasi altra cosa che lo riguardava, se era qualcosa che gli causava imbarazzo allora si sarebbe incazzato allo stesso modo.
    -FInisci di mangiare, ne parliamo dopo- sciolse la mano dalla sua e andò dritto al bancone per pagare, si fece poi mettere in un cartone due muffin e tre ciambelle e poco dopo tornò da lei.
    -Finito?- le chiese, ma anche non avesse finito non gli importava, prese lo zaino di lei, se lo mise in spalla e le chiese di seguirlo fuori.
    Una camminata, ci voleva questo.
    Ancora una volta si ritrovò con la mano in quella di lei, gliela prese conscio questa volta di sentirsi in imbarazzo, non era una cosa da lui ma da che l'aveva mollata gli era venuta voglia di riprenderla.
    -Ascolta- le disse con calma - questa storia te la spiegherò solo questa volta e poi mai più, perchè non mi va di parlarne.
    Eris è stata una storia importante, ma altrettanto complicata. Ed è finita male.
    Ci ho messo una pietra sopra, ma sentirmi preso per il culo per il passato, per qualcosa che comunque per me ha avuto importanza mi ha dato fastidio.
    Non è per lei in particolare.. cazzo!
    - si fermò e la fissò - non so spiegarmi, ma è chiaro che non è per lei in se. Se così fosse cosa starei a fare qua con te?- era chiaro che ci fossero stati dei fraintendimenti, ma lui non era la persona più adatta per i chiarimenti, non ne era capace convinto che tutti potessero leggere nei suoi pensieri, conoscessero ciò che c'era da sapere per non trarre le conclusioni sbagliate.
    -Ci sei tu nei miei pensieri.. sempre. Io sto solo cercando di .. darti il tuo tempo, mi sembri così ... , come se ti fossi organizzata la vita per i prossimi tre anni, e magari ci sono anche io in questi programmi ma non nello stesso senso che sta nella mia testa. A volte i pensieri vanno oltre!
    Io ..-
    la guardò e alla fine le parole erano sempre superflue, le fece capire quello che voleva dire baciandola.
     
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    Guardò quel panino come se non fosse subito attraente davvero, ma bastò che il ragazzo si alzasse dal tavolo per ripensarci e per dirsi che male non sembrava in fondo. Il bacon le scrocchiò sotto i denti inondandole la lingua di grasso e sale, il cheddar ammorbidito le andò a tappare quel buco nello stomaco che pensava di farla morire entro poco tempo, e il bicchiere di coca cola a momenti le scivolò di mano per colpa dell'unto sulle dita.
    "Mh?" chiese a bocca piena mentre lui le chiedeva se avesse finito "...no... Sono veloce, mica un cane arrabbiato" mormorò con la bocca ancora impegnata a masticare e le guance ripiene come quelle di un criceto. Si disse, oddio ma non può aspettare un secondo? Non aveva messo niente nello stomaco dal primo pomeriggio, pensò che sarebbe svenuta se avesse rinunciato a quel momento. Eppure lui sembrava non voler aspettare nemmeno un forse come risposta. Lei si trovò ad essere il premio del tiro alla fune tra il ragazzo più bello e il panino più grosso.
    Alla fine scelse il ragazzo, non prima di aver addentato due grossi bocconi uno dietro l'altro senza mandar giù e aver portato con sé la sua coca cola stringendola nel cartone. Camminò per i seguenti due isolati, con la mano stretta nella sua, a guardarla come se si stesse chiedendo cosa avesse fatto per far accadere tutto quello, si chiese se la lontananza fosse quindi una ottima alleata. Poi si fermò a richiesta e guardò il ragazzo, prima che iniziasse a parlare lui, lei indicò la bustina di cartone: "Ci sono dolci lì dentro?" ma si rese ben presto conto che il tutto avrebbe ben presto velocemente perso importanza. Lo ascoltò e lui magicamente rispose ad ogni domanda di lei, come se le stesse davvero ponendo o come se le avesse già poste.
    Avrebbe voluto inserirsi, tipo dirgli, sei qui per non farmi mangiare credo! ma lo tenne per sé, capendo e subodorando il momento di pathos. "Eh...?" sentirsi tirata in ballo così, le fece socchiudere le labbra in una smorfia di stupore, sgranare gli occhi celesti, guardarlo come a dire: tu che pensi a me? I piani della vita? Ma che stai dicendo?
    Si sentì minuscola, bassissima, tremendamente minuta in confronto al ragazzo che ora le si parava davanti, lei si strinse nelle spalle, si fece ancora più piccola, con quel cartone di coca cola che in mano iniziò a perdere liquido stretto nella morsa nervosa di lei. Poi rimase immobile, ferma, impietrita mentre lui le si avvicinava e la baciava. Solo dopo circa tre, cinque secondi si rese conto che aveva le spalle verso le orecchie, la schiena eretta, il respiro sospeso, gli occhi sgranati. Era così che avrebbe voluto ricordare il suo primo bacio? Lui si fermò, forse quando si rese conto che lei era così, ferma, un pezzo di ghiaccio, con la coca cola tra le dita, per colpa dell'aver stritolato il bicchiere. Lo guardò, incapace di parlare. Mosse le labbra come a dire qualcosa, come a dire, è grave se non mi viene voglia di sollevare il piede all'indietro e tenere il ginocchio a 90°? Ma rimase zitta, immobile, sconcertata, con la bocca quasi spalancata.
    Poi avvenne, buttò a terra il bicchiere, sgrullò la mano destra pulendosi il palmo infine sul grosso cappotto nero fuori taglia, e gli fu addosso, ad abbracciarlo per il collo, a premere le labbra contro le sue, con gli occhi chiusi, in un tentativo attento di non fare troppa brutta figura, di lasciarsi guidare, di strizzargli la pelle contro le mani, di lasciarsi in parte sollevare da terra, anche se lei, quel piede non l'aveva alzato, forse era una scemità. Aveva studiato il bacio perfetto, il bonton che prevedeva una durata non superiore a due minuti. Eppure perse la cognizione del tempo. Non seppe quanto passò, ma non avrebbe voluto mai fermarsi, per niente al mondo. E non lo fece. Se non alla fine, quando ancora stretta a lui lo guardò, ancora con le braccia minuscole attorno al suo collo, un sorriso di quelli che non si scordano, e la solita affermazione: "Io c'ho fame".
     
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    Come suo solito preferiva i fatti alle parole, e anche questa volta non si era smentito.
    Solo dopo ci aveva ragionato su, una frazione di secondo, una minima esitazione e il ricordo di quell'uscita in tram, con lei che gli diceva che non aveva mai baciato nessuno, gli si palesò nella mente.
    Non distolse lo sguardo quando si staccarono, non le avrebbe chiesto scusa, non aveva motivo .. sebbene scoprì l'essenza di un senso di colpa adagiarsi sul suo essere.
    Storse il naso, lui che non aveva mai sentito il bisogno di provarne, neanche quando aveva ucciso qualcuno, ora lo provava per aver baciato .. una ragazza.
    -Mi sarei meravigliato del contrario- le scompigliò i capelli e la lasciò andare.
    Non si era messa a urlare come una pazza, ma non era certo che l'esperienza le fosse stata gradita.
    Era strana, molto strana, Igor decise di non pensarci. Le consegnò quindi il sacchetto di carta con dentro le ciambelle e le consigliò di camminare.
    -Dimmi un pò, sei sicura che era il tuo primo bacio?-
    Le mise un braccio attorno la spalla e se la strinse maggiormente a se - dove vuoi che ti accompagno? Casa tua o da tua madre?-
     
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    La bionda color spiga, non levò gli occhi di dosso al ragazzo, nemmeno per un secondo, si, aveva fame, per carità, ma continuava a guardarlo con un sorriso che scopriva quelli che si era scrutata per mesi davanti lo specchio come dentoni. Si si, li aveva guardati, in ogni angolazione e si era detta che quello era il motivo per il quale Igor non la voleva, aveva i denti troppo sporgenti, e solo lei aveva contattato in gran segreto diversi dentisti babbani in America per provare ad avere un risultato diverso, si era sconfortata solo alla notizia del costo, non poteva permettersi al momento quel prezzo, quindi soprassedette.
    Ora lo guardava così invece, con le labbra schiuse in un sorriso un po' ebete, i denti anteriori scoperti e il naso appena arruffato, esattamente come i capelli dietro le orecchie.
    A chi doveva dirlo per prima, doveva dirlo a Gen. Si si, prima a lei, poi a mamma. No a mamma no, o si. Doveva dirlo a Clay, no a lui no. Proprio no, si, per prima Gen, poi al resto ci avrebbe pensato. Come l'avrebbe descritto? Tenero, romantico! Si? Boh, bello, bagnato. Però si era sentita come se qualcuno le avesse dato un cazzotto nello stomaco, era normale vero? Anche adesso si sentiva scivolare sul pavimento da terra, era normale? Le spalle si scrollavano di tensione, mentre saltellava mentalmente.
    Era sempre stato così bello? Quegli occhi così chiari? Baciava sempre tutte così bene? Quante erano queste tutte??
    "Ma si!" e gli da un piccolo buffo sul fianco con un lieve sorriso.
    Si disse che di certo era l'unica e la prima che avesse le labbra vergini per lui. Cento per cento, nessuno ci arriva a questa età così, si disse.
    La busta scrocchiò sotto le sue dita, eppure, improvvisamente, quella strana sensazione allo stomaco si tramutò in una leggera nausea euforica, la stessa che aveva quando credeva di avere fame dopo un compito in classe, invece no, passavano ore prima di mangiare di nuovo, stranamente tra l'altro quando i compiti andavano bene. Non vorrai fare sesso vero? e poi si accorse di averlo solo pensato. "Da me, da me va bene, non so se mamma è a casa" cercò di dirlo nel modo più sereno possibile, eppure nella sua mente, quello che pensò fu proprio ecco, oddio speriamo non voglia fare sesso, no ti prego, mamma mia, non sono pronta, non posso, non ho levato nemmeno i peli dalle gambe, e forse dalle ascelle, ho nove ore di aereo addosso, non profumo, e ci siamo baciati ora, oh mamma mia.

    "Forse puzzo" ok, forse, si disse, questo non doveva dirlo necessariamente, ma si sentì di avvisarlo, quando si levò il cappotto e lui poggiava lo zaino di lei a terra. "Vuoi un bicchiere di coca? Se Clay non l'ha finita dovrebbe essere ancora lì" per caso la coca cola era la nuova birra o collezione di farfalle?
    Le luci erano tutte spente, di Clay in casa nemmeno l'ombra.
    Lui alla luce artificiale, notò, era ancora più bello.
    Si voltò e se lo trovò davanti, e con la più grande dose di tenerezza, ingenuità, chiese: "ma quindi ti piaccio?" stupita lei per prima.
     
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    Alla reazione di lei gli scappò un mezzo sorriso.Beh, lui non aveva da ribattere, se fosse stato il suo primo bacio quanto meno sperava se lo sarebbe ricordato in senso positivo, anche se , a giudicare dal fatto che non gli aveva ancora menato, proprio tanto schifo non le aveva fatto.
    Si diressero verso casa di lei, del resto aveva ancora le valigie da disfare e forse voleva togliersi da dosso tutte quelle ore di viaggio.
    Sperava solo di non incontrare il suo coinquilino perchè non lo avrebbe retto.
    -Mh?- le chiese distratto dal guardarsi attorno, non c'era nessuno.
    -No grazie- il tono forse risultò un pò più duro del previsto ma la quotidianità che aveva con quel tipo lo mandava fuori di testa.
    Pensava che si sarebbe rifugiata nel bagno a fare le solite cose delle donne non appena mettono piede in casa, invece se la ritrovò davanti con un'espressione tanto dolce da fargli dimenticare per un attimo la questione Deschanel.
    -Lo trovi così inverosimile?- le chiese senza effettivamente confermare o smentire le sue parole, dandole solo un assaggio di quella che era la risposta finale.
    -Mi piaci così tanto che quel bacio mi fa già avanzare delle pretese, tipo .. - guardò alle sue spalle e poi tutto intorno - non mi piace l'idea di saperti in questa casa con un ragazzo che non sono io-
     
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    Che un ragazzo del genere, dato anche il modo di conoscersi e di interagire fosse anche solo minimamente interessato a lei la lasciata basita. Perchè cercò di ripercorrere la sua strada e chiedersi che cosa avesse fatto nel passato per attrarlo, lei che alla fine non credeva di aver fatto gran che né aver fatto niente di speciale. Le protaginste dei suoi libri erano accattivanti, sexy, erudite e sapevano cosa facevano. Lei non era per niente così, non ci aveva nemmeno provato e onestamente non le sembrò di essersici nemmeno avvicinata. Nemmeno ci aveva provato, allora com'era possibile?
    Lui sembrava estremamente maturo, adulto, se l'avesse visto in giro gli avrebbe dato trent'anni e non perché li dimostrasse, ma perchè quel portamento era di uno che sapeva il fatto suo da anni. Forse, si disse lei, era proprio questo che le serviva per sbloccarsi un po'. "Chiunque lo troverebbe inverosimile" controbatté scoprendosi, prima di darsi della stupida per essere sembrata forse tanto insicura "O meglio, posso piacere... sono.. gusti" orribili, ma sempre gusti.
    Si sentì vibrare il viso quando lui si avvicinò, quindi, credendo volesse ribaciarla, chiuse gli occhi e protese le labbra. Si scosse solo quando si rese conto che lui stava parlando, non FACENDO. Quindi finse di toccarsi le labbra come se fossero screpolate.
    "Oh... con Clay dici?" oddio voleva già vivere insieme. SI SI SI SI SI. "Vuoi vivere con me? Oddio vuoi vivere con me? Davvero? Già? Sono onorata" si spostò nervosamente i capelli dietro l'orecchio con un sorriso un po' ebete "Sai non posso permettermi grandi case, è che lo stipendio non è un granché, ma sai, forse le cose sono cambiate, le case sono più abbordabili" le sembrò giusto, bacio, romanticismi, convivenza e matrimonio? No prima matrimonio. No. Come aveva fatto la sua carissima Bennett?
     
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    Quello che gli stava dicendo per Igor non aveva molto senso.
    Si conoscevano da più di un anno, avevano fatto delle vacanze insieme, somigliava più a sua madre di quanto volesse far credere.
    Per quale motivo non doveva trovarla interessante?
    Aveva davvero una così bassa opinione di se stessa?
    Si appuntò mentalmente che sarebbe andato a parlarne con Karen uno di quei giorni, se c'era una cosa che odiava, più del ragazzetto che decideva di infastidirlo con i sorrisetti del cazzo, erano le persone che non avevano fiducia in se stesse.
    Si riscoprì irritato da questa cosa, e preferì dunque non contro battere.
    -Cosa?- rimase stranito per una frazione di secondo - non ho detto questo- disse pensando a quanto complicato sarebbe stato, per molteplici motivi, perchè lui non era fatto per le convivenze, perchè Ichabod non lo avrebbe mai accettato, ancor meno Karen.
    -Probabilmente sono stato frainteso - disse dopo essersi schiarito la voce - perchè non hai neanche pensato che potresti andare a vivere da tua madre?
    In fondo è una casa in cui potete stare insieme-
     
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    "N-non l'hai detto?"e che intendeva allora? Si sentì sprofondare, sarebbe voluta sparire e mettersi le mani nei capelli, dire di andare in bagno e gettarsi dalla finestra che dava direttamente sul terreno, con una distanza di tre piani. Lo ascoltò con la bocca un po' socchiusa, le labbra vibranti e l'espressione, ahimè, un po' sciocca.
    "Perchè dovrei?" rispose come a non capire il punto. Non voleva che stesse con Clay, ma perchè proprio con la madre? "E poi starei troppo sotto controllo, non mi alletta l'idea" che fosse vero o meno non aveva importanza. Qualunque figlio, a qualunque età poteva dire come solo l'aura dei genitori che aleggiava intorno potesse essere motivo di ansia e stress. Persino altrove. In un altro paese. In un'altra era, a qualunque età, era uno di quei rapporti ancestrali di cui pochi conoscevano il significato, ma tutti il risultato.
    Si chiese, perchè Igor non immaginasse che fosse un'idea barbara, e accolse la cosa con un sorrisetto un po' spauracchio, di quelli che la sanno lunga. Come avrebbero potuto vedersi se ci fosse stata la mamma di mezzo? Perchè tipo ora, da che il primo bacio era andato, era tutta discesa, giusto?
    "Va be' andiamo avanti, magari puoi aiutarmi tu a cercare dell'altro" e gli sorrise, non sarebbe stato facile, ma nemmeno impossibile, ricordò tutte le peripezie fatte con Clay per cercare un buco, in Svezia era tutto così costoso al punto che un posto letto con sei coinquilini costava quasi l'intero stipendio, e si trovò a pensare, che il suo di stipendio non era in effetti tutto questo gran che.
    "Tipo, casa tua è libera? Cioè se ti pagassi l'affitto... tanto stai sempre da coso" magari aveva bisogno di un incoraggiamento? Di prenderla alla larga? Lo guardò, ma colse qualcosa di strano: imbarazzo?
     
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