Motives

Helena

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    Sconfitto. E' dura accettare di aver perso contro ogni prerogativa avanzata per quella giornata. Il peso degli errori e di tutti i dubbi che ha tentato di precludere gli dipinge adesso il petto di chiazze violacee, tumefazione sparsa anche sulle braccia ed appena sotto lo zigomo, di fianco ai resti di sangue malamente asciugati a macchiargli la pelle del viso. Non è inusuale per Mason riversare in tali condizioni e non ne fa solitamente un problema, non fosse che oggi sia stato un caso fortuito del destino a rimescolare tutte le carte che aveva posto alla base della giornata nel tentativo di allentare la tensione di cui è vittima da settimane intere. Ingiusto il trattamento riservatogli, che si è automaticamente scagliato contro l'animo chiaramente ferito di Helena, assente dal punto d'incontro che il Chesterfield le aveva indicato nella lettera speditale qualche giorno prima. In un'amara domanda riposta ad un passante, nel rendersi conto di quanto abbia tardato, seppur non per colpa sua, si lascia guidare dalla scarica di nervosismo per tentare di porre rimedio alle cose piuttosto che arrendersi e soccombere alla furia violenta che miete vittime senza fare distinzione. E' assai più importante per lui, in questo preciso istante, premurarsi che la ragazza stia bene, che sia andata via di propria spontanea volontà e sia ormai al riparo e se gli orari di navigazione del battello che la porta a scuola non lo ingannano, altrove non potrebbe trovarsi che non a casa. E' ciò che spera mentre si trascina frettolosamente nel percorso verso l'abitazione della Haugen. Pochi i tentennamenti che lo rallentano, a volte ritrovatisi nella memoria del sentiero da intraprendere, altri nei fastidiosi dolori provati in tutto il corpo ben incappucciato. Persino il volto è quasi interamente coperto, lasciando intravedere solo i suoi occhi lucidi per la brezza fredda che li investe oltre il tessuto scuro di uno scaldacollo tirato fin sopra il naso. Incupite le sue iridi, ma velate di un'appena lieve speranza che resiste al pensiero di poter incontrare gli occhi dell'altra. Raggiunta l'abitazione, saliti a fatica gli scalini del patio, si poggia alla porta nel tentativo di riprendere fiato e trovare una posizione comoda che lo aiuti ad avvertire meno fastidio all'addome, battendo ora i pugni, ora i palmi sulla robusta superficie legnosa. 'Helena? Sei qui?!' Una supplica che gli lascia una brutta sensazione d'ansia addosso, disposta a scemare nel momento in cui alcuni passi si fanno presenti al di là della porta. 'Apri, per favore!' Si scosta leggermente dalla porta, rimanendo poggiato allo stipite, con la testa schiacciata contro il braccio disteso sulla parete. Reggersi in piedi, adesso che l'adrenalina ha lasciato il posto alla rassicurazione lei stia bene, è diventato pesante ed una volta incontrati gli occhi evidentemente scocciati dell'altra, preso un sospiro profondo nell'ulteriore tentativo di calmarsi, abbassa il tessuto scuro dal suo volto per mostrarle la causa del suo ritardo. 'Ho avuto un problema.' Si giustifica infine, sperando lei gli permetta di entrare a riposare nel notare il labbro spaccato e la guancia violacea. I primi segni evidenti di un malessere sparso per tutto il suo corpo ferito.


     
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    «Fanculo. Fanculo. Fanculo.» Si sentiva una cretina. Una stupida illusa.
    Come aveva potuto credere di poter fidarsi di un ragazzo così? Di uno stronzo, delinquente, che aveva mostrato fin dal loro primo incontro quanto pericoloso potesse essere. Quanto male potesse farle.
    Si era sentita persino sollevata nel ricevere la sua missiva riportante notizie sul loro futuro incontro, ed ora invece provava un immenso rancore verso Mason e soprattutto verso se stessa. Quanto poteva essere stata ingenua?
    Era tornata a casa furiosa, dopo aver atteso quasi un'ora che il ragazzo si facesse vivo. Infreddolita ed adirata, era tornata a casa sfogando la propria rabbia e frustrazione contro i cuscini riposti sul suo letto che aveva scagliato sul pavimento.
    Odiava essere presa in giro. Odiava aver dato a qualcuno l'opportunità di farlo. Ed anche se tutto quello non aveva niente di profondamente emotivo – o così voleva credere – quell'assenza le faceva male.
    Aveva preso a sfogare il proprio nervosismo ingurgitando gelato e pugnalando il contenuto della vaschetta con un cucchiaino, quando sentì bussare alla porta. I suoi genitori erano di nuovo fuori città ed Otis non sarebbe mai tornato senza dovuto preavviso. Non gli piacevano le sorprese.
    Attese guardinga, avanzando di qualche passo ed attendendo. Quando sentì la voce di Mason oltre la porta, la sua furia tornò a farsi sentire in modo violento.
    Aprì la porta di scatto, puntando lo sguardo duro e poco amichevole contro l'altro.
    «Che cazzo vuoi?» Avrebbe voluto ignorarlo. Sbattergli la porta in faccia e lasciarlo lì al freddo. Se lo sarebbe meritato. E lo avrebbe persino fatto se i suoi occhi non avessero intercettato degli strani segni sul suo volto.
    Curiosa, puntò due dita sotto il suo mento, costringendolo seppur delicatamente ad alzare il volto. Quando vide il suo volto tumefatto, sentì una strana stretta alla bocca dello stomaco ed un profondo senso di nausea. «Dio. Entra.» Sbuffò, trascinandolo dentro e sigillando la porta alle sue spalle. Non voleva ritrovarsi qualche brutta sorpresa lì. «Ma cosa cazzo hai fatto?» Gli indicò il divano, aspettando si accomodasse mentre si allontanava tornando l'attimo dopo con una valigetta ben fornita per il pronto soccorso. Otis si era premurato, prima di andare, di organizzare tutto in caso ce ne fosse stato il bisogno.
    «Se cercavi una scusa per saltare il nostro incontro, direi che questo è anche troppo.»

     
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    Reagisce con aria rassegnata al nervosismo dell'altra, seppur schiacciato sotto il peso di essere vittima di un fraintendimento di cui, per una volta, non è lui la causa. Troppo stanco ed indolenzito per ribattere, si trascina all'interno dell'abitazione, togliendo la giacca e sedendo con movimenti lenti ed innaturali sul divano a seguito dell'invito di Helena. Gli servono diversi istanti per piegarsi ed una volta poggiatosi sui cuscini, si costringe a distendere leggermente verso dietro la schiena, in una posa scomposta necessaria per non patire eccessivamente la sofferenza dei lividi all'addome. Al ritorno della Haugen con una valigetta che sembra decisamente rifornita, quasi professionale, le lancia uno sguardo stranito, appena infastidito dalla sua supposizione. Spera si tratti solo di quell'ironia sbagliata che si rivolgono abitualmente. 'Sono abbastanza stronzo da non avere bisogno di ricorrere al masochismo per saltare un incontro. Non verrei e basta.' Piuttosto serio il tono con cui le risponde, incapace di comprendere perché il suo volto sia ancora pregno di un nervosismo evidente che non riesce a scemare neanche dinnanzi al suo arrivo. Che si tratti di preoccupazione? Chi può dirlo. Finché tutto verte sui limiti della razionalità che si sono imposti, non c'è spazio alcuno per sentimenti e lucide dichiarazioni emozionali che porterebbero chiarimenti verso cui proseguire. Un atteggiamento che protegge come una fortezza a tratti, ma che a volte si rivela essere una problematica non indifferente. La lascia sedere accanto a lui, osservando per un pò la valigetta ed il suo contenuto. Si prende il proprio tempo per riprendere fiato, prima di rivolgerle le spiegazioni di cui ha bisogno. 'Aspettavo che si facesse l'ora di vederci in un bar.' Pone il preludio del proprio incontro - o scontro, per meglio dire - con apatia, avvertendo leggere note d'ansia al pensiero lei possa farsi delle idee sbagliate sulle conseguenze che è pronto a riportarle. 'E a quanto pare ad uno schizzato non andava bene che io chiedessi l'ordinazione alla barista a cui mi sono rivolto.' Un attacco di gelosia, è chiaro ciò che si è presentato davanti ai suoi occhi ed il suo errore è stato, come sempre, controbattere fino alla fine piuttosto che impedire alla discussione di procedere e portare ai risultati che l'hanno ridotto in quelle condizioni. L'arroganza di Mason è difficile da spegnere e di sicuro non ci sarebbe riuscito uno sconosciuto incontrato per caso al bar. 'Ma non ho fatto niente... Cioè, a parte fronteggiarlo, ma ti aspettavi che mi tirassi indietro davanti a quella testa di cazzo?' Una giustificazione che non regge, che però Helena, che ha imparato a conoscere alcune parti di lui, potrebbe arrivare a comprendere. Certo, la Haugen conosce il delinquente, non lo stronzo che bullizza chi gli dà corda in Accademia. Cambierà in qualche modo il suo modo di vederlo? 'Senti, me la dai un'occhiata all'addome e alla schiena? Mi fa male ovunque.' Le chiede infine, portando le mani dalle nocche spaccate ed appena rivestite di piccole tracce vermiglie sui lembi inferiori del maglione.


     
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    «Bene.» La risposta che gli diede fu dura e decisa. Sentirgli dire, a suo modo, che avrebbe voluto raggiungerla e che era stato bloccato da interferenze esterne però non riuscì a tranquillizzarla del tutto. Si sentiva ancora ferita, ma probabilmente più da se stessa e dalla sua incapacità di tenere fede alle sue promesse. Perché sì, perché avrebbe dovuto prendersela tanto per un appuntamento saltato con una persona che aveva deciso, di comune accordo con lui, non dovesse essere nient'altro che un essere umano con cui condividere esperienze?
    «Beh... magari hai lasciato fraintendere le tue intenzioni.» Commentò ancora, cercando di capire da dove potesse cominciare ad aiutarlo. Non era semplice ed Helena non aveva alcuna esperienza in merito. Stava comunque cercando di mostrarsi forte e decisa, ma ad un occhio attento non sarebbe passato inosservato il tremore delle sue mani.
    Morse il labbro inferiore alla sua richiesta, mentre cercava un unguento particolare nella marea di cose della valigetta di pronto soccorso.
    «Voltati.» Gli disse dopo aver finalmente trovato quel che cercava, ossia un particolare unguento in grado di attenuare il dolore e fare riassorbire gradualmente, dopo un paio di applicazioni, ematomi e lividi.
    Quando però Mason si fu liberato della maglia ed Helena si ritrovò a fissare le macchie che costellavano la sua pelle, mantenere la calma fu impossibile.
    «Cazzo. Sicuro fosse una persona sola?» Gli chiese turbata, prendendo un po' della pasta per passarla delicatamente sulla pelle del ragazzo con movimenti leggeri e circolari.
    «Io non so cosa cazzo sto facendo. Ti faccio male?» Non aveva mai fatto nulla di simile prima di quel momento e fingere di sapere cosa fare non le veniva bene vista la preoccupazione a quel punto. Non sapeva quale fosse la cosa giusta da fare ma le sembrava chiaro che stare disteso lo avrebbe aiutato a patire di meno il dolore.
    Fermò quindi di umettare la pasta sulla sua pelle, tirandosi in piedi.
    «Io credo tu debba stenderti e riposarti, così posso occuparmi dei tagli con il dittamo. Vieni, aggrappati a me. Il divano è scomodo.» Gli porse poi la mano aspettando che la afferrasse. Solo la volta scorsa, l'aveva fatto dormire sul divano senza battere ciglio. Ora era decisa fin da subito a condividere il letto pur di vederlo state meglio.
    E sebbene in quel momento non riuscisse a metabolizzare quel pensiero, presto o tardi avrebbe pensato a quanto sbagliata la facesse sentire anche quello.
     
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    'Chi può dirlo?' Tenta di mettere in evidenza il menefreghismo che più lo caratterizza, rendendosi conto di quanto sia difficile a fronte dell'espressione crucciata dal dolore che non ha intenzione di dar tregua al suo volto stropicciato ed infastidito. Dall'altra parte c'è lei che ha l'atteggiamento di chi non ammette alcuna replica e continua a non spiegarsene il motivo. Ciononostante, Helena non si tira indietro, dimostrandosi straordinaria come Mason l'ha sempre ritenuta, specie durante i loro ultimi incontri. Avrebbe preferito le circostanze fossero diverse, più affini alla spensieratezza che ha caratterizzato i loro scambi epistolari ed il loro incontro precedente, ma è comunque sereno all'idea di essere potuto affidare a lei in una situazione del genere. Le sue premure, anche se celate sotto una durezza da interpretare diversamente, lo aiutano a sentirsi quasi a casa, ad avvertire un senso di affetto, in un certo modo, che difficilmente gli è stato rivolto. Nessuno si è mai preoccupato di curarlo, in fondo, all'infuori dei medici degli ospedali presso cui si recava per ricevere aiuto. Le dà le spalle, voltandosi con la medesima fiacchezza mostrata sino ad ora, soffocando sotto i denti stretti e sospiri pesanti imprecazioni causate dal dolore provato. Alla sua domanda, però, deve porsi con superiorità e non lasciar intravedere neanche un accenno della resa che ha dovuto porgere all'altro. Non può fare a meno di constatare che quel tizio se la sia cavata piuttosto bene... Ma ammetterlo gli costa troppo. 'Vedessi com'è ridotto lui.' Nel soffiare la sua risata prepotente però, avverte delle fitte che lo costringono a trattenere qualunque stimolo superbo abbia intenzione di rivolgere all'altra. Giocare a fare il superuomo in questo momento è decisamente una pessima idea, comincia a rendersene conto. L'aspetto positivo è che con lei abbassare le difese e smettere di fingere viene spesso molto più semplice del previsto. Arrendersi al proprio dolore potrebbe essere persino ristoratore, per lui e per il suo ego tanto ammaccato quanto il suo corpo. 'No, va bene.' Sospira sollevato sotto il tocco delicato e ristoratore, godendosene i primi effetti dovuti probabilmente alla freschezza dell'unguento più che ad una mera ed immediata guarigione. I medicinali magici però si dimostrano sempre di velocità assai più efficace rispetto a quelli babbani e questa è una consolazione che tranquillizza ancora di più il Chesterfield. Una fortuna in quella casa abbia trovato del materiale così preciso ed adatto alle sue esigenze. Si volta verso di lei, tentennando appena al pensiero di poggiarsi al suo corpo di peso. E' così piccola, anche nell'aspetto, che gli sembra già di vederla spezzarsi sotto la pesantezza con cui è costretto a trascinarsi una volta in piedi. Di rifiutare la sua offerta, comunque, non se la sente proprio ed è per questo che con un cenno del capo, prendendosi il tempo necessario per recuperare l'equilibrio, si alza dal divano, poggiandosi leggermente su di lei. Un sostegno minimo a cui però deve gran parte della propria stabilità. Le è silenziosamente grato anche per questo. 'Ok, ci sono, però fa' piano.' Le chiede infine, tra un sommesso gemito dolorante ed un sospiro sofferente, avanzando verso la camera ad una velocità misera, quasi snervante per certi versi. Odia ridursi in quelle condizioni ed a pesargli eccessivamente è la consapevolezza di non essere stato lui a cercarsela almeno stavolta. Il peso della sconfitta ancora schiaccia i suoi pensieri ed il suo ego malridotto, mentre una volta giunto al bordo del letto, si lascia aiutare per distendersi, avvertendo nell'immediato un altro pò del ristoro tanto ricercato. Non sa dirsi in questo preciso istante se i benefici avvertiti siano legati alle cure cui si sta affidando o alla presenza dell'altra al proprio fianco. Ipotesi sin troppo azzardate per potersi lasciare convincere da quella speranza che potrebbe mandare all'aria ogni buon proposito circa il patto da loro fissato. Meglio indebolire certi pensieri e lasciarli cadere nell'ignoranza emotiva cui fanno solitamente riferimento. 'Un ospedale in rosa targato Haugen. Carino.' La sfotte appena, fissando gli occhi sul soffitto per richiuderli appena ogni volta che una nuova fitta o che un tocco un pò meno delicato dell'altra lo raggiunge provocandogli dolore in modo più o meno accentuato. Poi, così com'è insito nel suo modo di essere e di fare, va dritto al punto della questione, per togliere tra i vari fastidi del momento quell'incognita che lo lascia piuttosto inquieto. 'Sei incazzata?' Sospira, puntando gli occhi verso il suo viso per scorgerne qualunque espressione o smorfia consegua il suo quesito. 'Lo sembri.'


     
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    Lo scortò fino alla propria stanza dandogli il proprio supporto ed una volta lì, si avviò verso il letto richiudendosi la porta alle spalle.
    Lo aiutò a stendersi delicatamente sul letto, scuotendo il capo alle sue parole che commentò con un mezzo sbuffo. «Non sono io la dottoressa in famiglia.» Nè lo sarebbe stata mai. Non era quello il proprio sogno o la propria ambizione, ed anche se stava mantenendo il sangue freddo lì con Mason, il sangue le faceva uno strano effetto. E pensare che sulle proprie mani avesse quello del ragazzo, stimolava ancor più quel disagio provato.
    Lo liberò delle scarpe senza troppi indugi, prima di saltare accanto a lui sul letto, pronta a far qualcosa con il dittamo, non che avesse molta esperienza in merito.
    «E' che credevo mi avessi dato buca.» Cominciò a capo chino, fingendosi impegnata a leggere le istruzioni riposte sulla boccetta dell'unguento magico. Ci rinunciò poco dopo, scocciata dai paroloni usati. Roba da Otis insomma.
    «Odio chi si crede migliore di me. Nessuno lo è.» Ed ovviamente non era quello il reale motivo del suo rancore. Era arrabbiata perchè credeva che Mason l'avesse presa in giro. Temeva di essere stata raggirata e di aver dato consapevolmente a quel ragazzo la possibilità di ferirla. Non voleva che accadesse.
    «E poi...» Stappò la boccetta, umettando due dita con quella strana pasta umida. Fu impossibile per lei reprimere un'espressione di disgusto una volta toccata quella sostanza viscida. «Cioè ti presenti a casa mia così. Come pensi possa essere tranquilla?» Non fu chiara. Non poteva esserlo. Per un orecchio attento però, non sarebbe stato difficile individuare nelle sua parole una punta di nervosismo e preoccupazione. Come avrebbe potuto non esserlo? Mason si era presentato lì conciato in un modo penoso, ed Helena per quanto giocasse a fare la dura, non si era mai ritrovata ad affrontare una situazione simile.
    Seduta a gambe distese, e con la mano di Mason poggiata sulle proprio cosce, provò ad occuparsi delle nocche sbucciate. Quando però posò sulla sua pelle tagliata l'unguento e la vide fumare, dovette voltare il capo di scatto per reprimere un conato. «Dio che schifo. Questo ha fatto male.» Ed era più la preoccupazione a nausearla. Strinse i denti comunque, tornando a farsi forza per continuare il suo operato, approfittando del momento per indagare a fondo su quel che era successo ed ovviamente anche per punzecchiarlo.
    «Allora com'era? La barista intendo.»
     
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    'Però te la cavi bene a fare l'infermierina.' Nello stuzzicarla lascia passare un messaggio un pò più incoraggiante, in risposta all'appena accennato velo di insoddisfazione messo alla luce dal suo tono di voce. La sua spiegazione piuttosto sincera sulle motivazioni che l'hanno spinta ad innervosirsi poi hanno un ambivalente effetto su Mason, in parte divertito nel saperla arrabbiata per la sua mancanza già proiettata con certezza nella propria mente, un pò lusingato, seppur parecchio inconsciamente, ci sia della preoccupazione che traspare nella sua voce, nelle poche parole che riesce a pronunciare ma che, come ogni loro discorso tipico, nasconde ben altro nelle realtà taciute che si scambiano. Anche senza dirsi tutto, riescono a comprendersi. La paura di tale sentimento comincia a scemare nell'illusione si tratti solo di un rapporto comprensivo, niente che possa spingersi oltre quei limiti sentimentali che nessuno dei due vuole superare. E' apparentemente semplice cullarsi in tali considerazioni, incurante di ciò che ne verrà dopo, se ogni loro incontro riserverà ad entrambi qualcosa di nuovo ogni volta. Rischi che per il momento non teme, che lascia assopire in angoli remoti della propria attenzione, concentrandosi sul senso di benessere che prova accanto a quella ragazzina fragile ricoperta di una dura scorza di indifferenza che lui ha più volte visto creparsi dinnanzi ai suoi stessi occhi. Qualcosa che non ha intenzione di spezzare del tutto, ma che vuole stare ad osservare a fondo. 'Nessuno tranne me.' Ribatte alle sue parole, mascherando il proprio sorriso compiaciuto dietro una smorfia arrogante, cessata l'istante dopo a causa di una fitta dolorosa che lo costringere a stringere i denti e gli occhi. 'Tsss... Ok, ok, scherzavo.' Difficile evitare di mostrarsi vulnerabile agli occhi dell'altra in quelle condizioni, ma ancora deciso a mantenere la propria durezza e mascherare il dolore eccessivo provato anche quando le dita di Helena passano sulla sua pelle, fissa gli occhi verso il soffitto ed evita di fiatare. La osserva di sottecchi, reprimendo l'istinto di sorridere ai modi impacciati con cui di tanto in tanto la vede approcciarsi ai medicinali e ai suoi lividi. Avvertito il suo apparente disagio, specie dopo essersi occupata delle sue nocche, nel gemito sofferente che il loro sfrigolare gli lascia scappare oltre le labbra, stringe appena le dita sulla sua coscia, nel tentativo di richiamare l'attenzione nella più genuina delle intenzioni. 'Ehi, se vuoi posso provare da solo. Non volevo infastidirti.' Si rivolge a lei con sincerità, omettendo alcune informazioni a riguardo dei propri propositi. La verità è che voleva vederla, che anzi il pensiero di poter godere della sua presenza si era amplificato dopo lo scontro avuto in quel bar. Era ben consapevole di non volersi recare in alcun ospedale, né di avere intenzione di tornare indietro, a Londra, per prendersi cura di se stesso da solo. Si era posto un obiettivo ed aveva implicitamente rivolto ad Helena una promessa nella lettera con cui l'ha invitata ad incontrarlo. Non aveva voglia di mancare alla propria parola. Non aveva voglia di rinunciare a lei per un incidente di poco conto. Ecco perché si è precipitato a casa sua, un'idea forse un pò egoista e sconveniente di cui però non si pente. 'Ma non mi andava che credessi ti avessi presa in giro.' Una rivelazione montata da una finzione di indifferenza che lo porta a tornare con lo sguardo fisso sul soffitto, mentre i primi sollievi cominciano a farsi avvertire, specie sulla mano appena curata. Così ricambia la preoccupazione di Helena con la propria, rendendola partecipe della voglia di dimostrarsi giusto nei suoi confronti, di non fare, perlomeno di proposito, nulla che possa ferirla in qualche modo. A discapito della sua personalità, non ha vergogna di mettere su diversi tentativi per fare in modo che le cose funzionino tra loro, in qualunque modo strano e contorto siano destinate ad andare avanti. Solo perché in tutto questo, nonostante i trascorsi poco piacevoli e gli avvertimenti di cui deve tenere conto, non ha voglia di perdere la sua compagnia, la sua presenza, il suo atteggiamento infantile a tratti, maturo l'attimo dopo. Non ha voglia di fare a meno di lei. Nell'avvertire un leggero disagio a permanere nel suo stato ferito ed indebolito, tenta a fatica di poggiare la schiena sui cuscini schiacciati contro la testiera del letto. Malamente seduto, ad un'altezza quasi decente ed equivalente rispetto all'altra, è più semplice dedicarsi a lei ed a quello scambio di battute ormai sul punto di iniziare. L'ancora di salvezza che li protegge dai momenti più rischiosi e fin troppo intimi per poterne venire fuori senza compromettere i propri intenti. 'Bionda... Giovane...' Resta sul vago, prima di lanciarle uno sguardo tanto eloquente quanto irritante. 'Certo, non quanto te. Tu resti la bimba per eccellenza.' Non sa esattamente che reazione aspettarsi da Helena. Potrebbe rispondere con altrettanta indifferenza, mostrarsi infastidita o persino andare a colpire uno dei suoi lividi per provocargli un minimo di dolore, quasi meritato al cospetto delle smorfie compiaciute e superbe che continua a rivolgerle. Di porsi al di sopra degli altri o, in questo caso, di fingere di farlo, non riesce proprio a farne a meno. Sospira pesantemente, cacciando quell'ilare ironia per lasciare il posto ad un pò di serietà, dettata dalla frustrazione che prova nel ricordare come i fatti siano accaduti. Non si sentirebbe così ingiustamente sconfitto se non avesse dovuto incontrare lei. E' la consapevolezza di aver mandato a monte un piano semplicissimo come quello con il suo solo "essere se stesso" che gli lascia un amaro retrogusto in bocca, come un promemoria dell'impossibilità di un ragazzo come lui di dedicarsi a momenti piacevoli senza pagarli a caro prezzo. 'Quel tizio è uno psicopatico, comunque. Non l'ho quasi neanche guardata.' Perché guardarla con intenzionalità maggiore non avrebbe avuto senso, consapevole di avere l'opportunità di vedere Helena poco dopo. Anche questo però si preclude nelle omissioni che ingoia silenziosamente, mentre serra la mascella infastidito in parte dalla situazione, in parte dagli effetti curativi ma dolorosi delle medicine sulle sue ferite.


     
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    Fece appena più pressione quando lo sentì prenderla in giro, contraddicendo le sue parole come al solito per porsi al di sopra di lei. Non se l'era presa sul serio, ed era anzi divertente il loro continuo battibeccare per riportare l'ordine tra loro.
    «Credi ti convenga prendermi in giro ora?» Lo minacciò appena, prima di scuotere il capo e tornare al suo operato sebbene con i limiti imposti dalle sue parole. Non era semplice per lei prendersi cura degli altri. Le veniva semplice e naturale solo con Otis ma con lui aveva più volte rischiato di commettere casini, ottenendo comunque troppo spesso rifiuti che l'avevano irrimediabilmente ferita.
    Scosse quindi il capo alle parole di Mason.
    «Faccio io. Posso farlo.» Non voleva lui pensasse che Helena non poteva, o voleva, prendersi cura di lui. Sentiva la necessità di farlo nonostante il fastidio provato allo stomaco. I conati avrebbe potuto superarli, ma il rimpianto di aver lasciato correre l'opportunità di prendersi cura di lui, viste le condizioni in cui versava, le sarebbe pesato a vita. Quindi si sarebbe fatta forza come sempre e avrebbe combattuto per farsi valere nei confronti delle difficoltà della vita.
    Sì distrasse dalla nausea provata con il racconto del Chesterfield sulla strana avventura che lo aveva visto sfortunatamente protagonista.
    Gli credeva, tutto sommato, eppure una piccola parte di sé non potè evitare di mostrarsi scettica. Infatti storse involontariamente il muso inarcando poi le sopracciglia.
    «Magari era la sua ragazza ed era un tipo geloso. Non che questo lo giustifichi. Certi tipi di violenza sono...» Scosse il capo evitando di continuare. Farlo sarebbe stato difficile visto l'ambiente che era solito frequentare un ragazzo come Mason. Non condannava a priori la violenza, persino lei ne aveva fatto uso più volte nel corso della propria esistenza. Era quella crudeltà spietata, quasi mortale, a spaventarla. Ne era stata vittima, sebbene in minima parte e ricordava perfettamente il timore provato per la propria esistenza. Proprio non riusciva a spiegarsi come potesse qualcuno prendersi il diritto di decidere sulla vita altrui così, senza scrupoli. Lei avrebbe combattuto probabilmente fino alla morte una condizione simile.
    In effetti era quel che stava facendo mettendo su una lotta contro i mulini a vento che l'esistenza le aveva messo dinanzi.
    «Si richiuderanno in breve. Almeno così c'è scritto.» Finì di medicarlo, riponendo le mani sporche sulle cosce, morse il labbro inferiore guardandolo.
    «Successo qualcosa di divertente in queste settimane?» Gli chiese per smorzare la tensione provata ed il pesante silenzio venutosi a creare.
    «Anche se immagino sia difficile divertirsi senza di me. Dopotutto hai una vita così noiosa.»
     
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    Il modo in cui entrambi riescono naturalmente ad allentare la tensione anche in un momento come questo è l'ennesima dimostrazione di quanto giusto sia quell'ambiguo ed inusuale rapporto venutosi a creare. Il completamento di molte mancanze che hanno dovuto subire nelle loro vite, tutto ben separato da soffocanti vincoli che ne guidino tragicamente le fila. E' in questo preciso istante che Mason capisce che se fosse tornato a casa non avrebbe ricevuto le stesse premure, che se la sarebbe anzi dovuta cavare da solo e leccare le proprie ferite per l'ennesima volta, specie dopo una delusione verso se stesso persino maggiore. I lati umani di Helena hanno il potere di rassicurarlo, di fargli sperimentare quel senso di condivisione e di compagnia che metta da parte la solitudine cui è sempre rimasto precluso. Spaventato per osare ed orgoglioso per cedere, si è perso un aspetto dei rapporti umani che, adesso che ha avuto l'opportunità di toccare con mano, lo riporta a sollievi ormai divenuti ricordi lontani, memorie quasi finite nel dimenticatoio di un bambino che credeva di avere tutto e che l'ha perso ingiustamente, senza colpa. Nessuno si è mai preoccupato per lui in tal modo. Per quanto Helena cerchi di mascherarlo, è confortante, bellissimo poter godere di una consapevolezza del genere. 'Ok, infermierina, sono nelle sue mani.' A discapito dei fastidi iniziali dovuti alle medicazioni, il sollievo comincia a farsi sentire oltre le abrasioni ed i lividi sparsi per tutto il corpo. Alcuni di essi, i più lievi, hanno iniziato a sfumare verso un rosso tenue, mentre le sbucciature sulle nocche vanno via via svanendo, lasciandone poche tracce quasi impercettibili. Helena è sveglia, non è una sprovveduta anche se lo sembra. La maturità che dimostra in certi contesti va a toccare ogni corda d'interesse di Mason, sempre più deciso a scoprire di lei ogni sfaccettatura, dai risvolti sempre più profondi. Sarebbe un azzardo affermare con certezza di aver conosciuto di lei già tanto; dev'esserci un mondo, sotto la sua pelle diafana ed i suoi occhi limpidi tutto da scoprire. Storce il naso alle sue parole, preferendo evitare di mettere bocca sull'argomento violenza almeno a primo impatto. La sua rivelazione ha, per un momento, il potere di spezzare le proprie convinzioni, di riportarlo in quel tumulto di pensieri negativi con cui ha tentato inizialmente di tenersi lontano da lei, per lasciarla incontaminata dalla tossicità di cui Mason si nutre quotidianamente. Una tossicità che ha preso il controllo di lui da troppi anni, sempre crescente ed ormai sul punto di scoppiare in atrocità che lo atterriscono solo al pensiero. E' una condizione, però, a cui non può sottrarsi e nel vittimizzarsi nei confronti di una situazione che gli è stata dipinta addosso, serra la mascella silenziosamente, ignorando le sue parole. Trattiene a stento la volontà di chiederle chiarimenti a riguardo. Si lascia andare, per un pò, alle ultime cure che Helena riesce a rivolgergli, per poi tirare un sospiro di sollievo ed alleggerire lo spirito con un'ulteriore dose di ironia di cui lei gli fa dono. 'Tantissime cose interessanti, ma visto il tuo scetticismo non te ne racconterò neanche una.' Volta il capo verso di lei, ancora una volta con l'intento di infastidirla, richiuso nella sfera scherzosa che è loro abitudine inscenare. 'Guarda che io so come divertirmi, anche senza di te.' Un occhiolino segna la battuta d'arresto per quella rivelazione falsa, incentrata solo sulla capacità di stuzzicare i nervi altrui per poi ritirarsi in una più sincera e rassegnata realtà, che non teme di porgerle qualche secondo dopo. 'Tutto calmo. Ho sgobbato in Accademia e nei momenti liberi ho lavorato al Magie Sinister. Ordinaria amministrazione.' Sempre distaccato e noncurante il tono con cui tira fuori riferimenti agli studi e a parti del proprio lavoro. E' comunque stato sincero nel rivolgersi a lei, non omettendo alcun avvenimento degno di nota, in positivo come anche in negativo. In parte è vero che senza quella ragazzina attorno la sua vita sia assai più monotona e piatta, ma ammetterlo significherebbe arrendersi e scendere in quei sentimentalismi che non sono decisamente pronti a rivolgersi e che probabilmente non si rivolgeranno mai. Si dà un'occhiata attorno, curvando le labbra in un sorriso furbo mentre dal comodino ripesca gli occhiali a forma di cuore che lei ha più volte indossato ed esibito per strada. Tutte le caratteristiche che rendono di Helena una ragazzina lo allettano infinitamente. Li indossa, voltandosi verso di lei con un aspetto certamente ridicolo ma, al contempo, piuttosto divertito. 'Tu ti diverti senza di me? Anche se "hai una vita così noiosa"?' Nel ripetere le sue stesse parole, mette su una ridicola vocetta stridula nel vano tentativo di imitarla, seppur lasciando parecchio a desiderare nella propria interpretazione. Non che ci tenesse davvero a riprodurre il suo tono, quanto a prenderla in giro ed alleggerire ancora un pò l'atmosfera venutasi a creare. E' difficile, quando non ci sono di mezzo intenti più maliziosi, dedicarsi ad un dialogo sereno. Per quanto sia piacevole, godere di certi benesseri è una sensazione del tutto estranea al Chesterfield. 'Ammettilo che ti ho offerto un pomeriggio alternativo per giocare all'infermiera e al paziente. Chi altro avrebbe avuto così tanta originalità?' In un certo senso, per il suo bene e per il lieve fastidio provato nel pensare a lei che riserva lo stesso trattamento premuroso ad altre persone, spera che dalle sue labbra venga fuori quel "nessuno" che aspetta ardentemente. Non sa bene perché stia azzardando così tanto, ma bloccare quel flusso di pensieri è diventato difficoltoso.


     
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    Si sforzó di non ridere quando lo vide indossare i propri occhiali. Eppure, guardandolo si ritrovò a pensare che dopotutto non stava nemmeno così male.
    «Guarda che non sei degno di indossarli.» Lo spinse appena, approfittando di quel momento di leggerezza per passare, in un atto quasi del tutto involontario, la mano nei suoi capelli ricci. Era sempre stata attratta dai suoi capelli, come beh, dal resto. Quel ragazzo aveva un potere su di lei che Helena non riusciva a comprendere. Come aveva potuto dare tanto peso ad un ragazzo? Ad un ragazzo come lui soprattutto.
    Lo. Liberò della sua presa, spogliandosi degli scarponi per accomodarsi ben bene sul proprio letto a gambe incrociate.
    «Vedi? Vita noiosa.» Commentò con un sorrisino furbo, prima di dargli un colpetto sul petto nel sentire la prossima imitazione che Mason stava facendo di lei.
    «Fanculo.» Scosse il capo, distendendosi su di un fianco e reggendo il capo con una mano. In quella mano poteva osservare benissimo il ragazzo e, sebbene immaginasse potessero esserci ben pochi risvolti fisici - cosa che la preoccupava in egual misura se ci fossero stati - non avrebbe perso occasione di stuzzicarlo, tant'è che la sua gamba si adagiò senza troppi preamboli su quella dell'altro, intrecciandola quasi.
    «Certo. Non vedevo l'ora di avere un moribondo nel mio letto.» Cinica commentò l'esperienza vissuta, esagerando appena un po'. Non era realmente infastidita. Apprezzava la sua presenza, anche se si era presentato ridotto a quel modo facendole prendere un colpo.
    Attese qualche attimo rimuginando sul da farsi prima di decidere di dirgli la verità, schermata dal suo solito cinismo.
    «Sono stata male. Ed ero sola. È stato divertentissimo.» Annuì senza osare guardarlo mentre gli proferiva quella rivelazione. Immaginava avrebbe capito senza ulteriori chiarimenti cosa intendesse Helena, visto che purtroppo aveva avuto la sfortuna di assistere.
    «E una stronza ha provato a leggermi la mente. Simpatico anche questo? Per il resto tutto lo stesso schifo di sempre.» Odiava tutto della sua vita. Paradossalmente gli unici momenti in cui si sentiva rilassata e libera, erano i momenti passati con Mason e questo la preoccupava grandemente.
    Sbuffò, cercando di evitare la pesantezza dopo le rivelazioni fatte. E nel tentativo di tenersi impegnati, e di evitarsi silenzi che avrebbero potuto mutare in altro, si fece venire un'idea che avrebbe potuto tenere impegnati entrambi per un po' e magari anche divertirli.
    «Visto che non puoi fare nulla, facciamo un gioco. Obbligo o verità. Comincio io e scelgo... verità.»

     
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    Stringe le labbra in una smorfia infantile, mista tra l'atteggiamento spocchioso che ostenta in continuazione e le pose innaturali che Helena si riserva per qualche foto poco seria. Continua, insomma, a giocare la parte del ragazzino per qualche secondo, beccandosi il dissenso ed una leggera spinta dell'altra che hanno il potere di lasciargli scappare una risata oltre uno sbuffo di vago indolenzimento per il colpo incassato. Nulla di realmente doloroso, ormai che la maggior parte delle ferite sono state quasi completamente curate. 'Per fortuna mi hai incontrato sul tuo cammino.' Commenta con ulteriore ironia la battuta lanciatagli da Helena. Non saprebbe dirsi tuttora se conoscerlo non rappresenti la fonte di una possibile catastrofe per la ragazzina. Quando gli uomini di Hubert hanno agito di tracotanza, lasciandogli intendere quanto poco inclini al rispetto nei suoi confronti fossero, Mason ha immediatamente capito di essersi ritrovato immerso nella vasca di piranha di cui lo stesso Hub l'aveva avvertito. Inesorabilmente, Helena è stata trascinata a fondo con lui e la paura di vederla nuovamente vittima dell'insubordinazione di coloro che marciano sulla sua posizione all'interno di quella dura organizzazione lo rende tremendamente inquieto. Si dice sia al sicuro, chiusa al castello di Durmstrang ed in ogni caso confinata in terre assai lontane dal territorio londinese, spesso, negli ultimi periodi, in sua compagnia. E' questo il motivo principale per cui gradisce la lontananza tra casa sua e quella della ragazza: finché le loro vite restano separate almeno alle fondamenta, entrambi, lei in particolar modo, possono dichiararsi al sicuro. La lascia fare nella propria opera di stuzzicamento, non muovendo un singolo muscolo per scostare la gamba da quella di Helena. Sentirle raccontare parte della propria triste verità, su quello sfondo di infelicità che ha sempre manifestato senza problemi, è comunque spiacevole per il Chesterfield. Se avesse potuto liberarla di parte di quei pesi che deve trascinarsi per vivere un periodo così duro al meglio, l'avrebbe portata con sé quante più volte possibile. La necessità di saperla al sicuro, però, batte qualunque altro sentimento nascente, più o meno superficiale. 'Destinati a rimanere sommersi dalla merda, insomma.' Un punto comune sgradevole, che può però aiutarli in quel momento a sentirsi un pò meno soli, a ricordare che esistono vari tipi di sofferenze al mondo e che alcune di queste sono affini. Poter condividere le proprie, almeno tra loro, non è una soluzione ai loro mali, ma un modo per attenuarne almeno in parte il fastidio. Spera di riuscire a trasmetterle questo messaggio, mentre seguendo l'esempio dell'altra, premurandosi di fare in modo che le loro gambe restino ancora vicine e quasi intrecciate tra loro, si volta lentamente su un fianco, così da poterla osservare in tutti i suoi giochetti ed atteggiamenti da ragazzina oltre i vetri scuri degli occhiali che tiene ancora sul naso. Con finta casualità, poggia la propria mano sul ginocchio dell'altra, sbuffando subito dopo in merito alla proposta da lei avanzata. L'ennesima che la pone sul piano della sua età, ricordandogli la differenza praticamente sostanziale tra le loro maturità. Mentre lui si è costretto a diventare un adulto già da ragazzino, lei continua a comportarsi come una bambina un pò cresciutella. Helena è la parte infantile che gli è stata strappata via troppo presto. Anche questo lo attira intensamente. 'Che gioco del cazzo. Potresti anche mentirmi ed io non lo saprò mai.' Lascia saltellare rapidamente le proprie dita sul suo ginocchio, in un canzonatorio tono a dimostrazione dell'elevazione con cui si pone ancora una volta al di sopra di lei. Punte d'ironia che sfiorano ogni loro intenzione, sfociando infine in quegli accenni sorridenti che distendono i loro nervi e li rilassano. Finge di oscillare tra un responso negativo e la possibilità di dedicarsi a qualcosa di così infantile, non smettendo per un secondo di muovere freneticamente le dita sulla pelle liscia e fresca dell'altra. Dopo aver dedicato abbastanza istanti a quella messa in scena, affaccia il proprio sguardo oltre le lenti appena calate sul naso, a sopracciglia inarcate in un'espressione compiaciuta. 'Però forse ce le hai le palle di essere sincera, mh?' Nella sfida lanciatale, risistema bene la ridicola montatura a cuore sui propri occhi impercettibili al di là delle lenti oscurate, lasciando intravedere al di sotto di essere un sorriso furbo, soddisfatto a prescindere da ciò che conseguirà alla sua domanda volutamente provocatoria. 'Perché piuttosto che denunciarmi continui a tenermi intorno?' Un argomento su cui spesso hanno rimuginato, senza mai darsi delle risposte concrete. Non sa quanta realtà aspettarsi dalle parole di Helena, ma il solo immaginare di averla messa in difficoltà potrebbe portarlo a capire varie cose. Nella riscoperta di quelle novità che i due si scambiano vicendevolmente, ha voglia di ricevere un pò delle calde premure che, direttamente o meno, lei riesce a rivolgergli. Per la prima volta nella vita, ha sete di attenzioni. Sete delle sue attenzioni. 'Sono un pò acciaccato per rispondere ai tuoi obblighi... Quindi per adesso ti dico verità.'


     
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    «Credi abbia bisogno di mentire? Io non ho paura di quello che sono.» Gli rispose mettendo su qualche smorfia mentre esponeva il suo punto di vista, mentendo comunque. Non era esattamente vero quel che gli diceva. C'erano volte in cui avrebbe preferito essere diversa ma poi si rendeva conto di non riuscire ad esserlo. C'erano dei limiti dovuti al suo carattere e al proprio modo di approcciarsi al mondo, che a volte diventavano insostenibili persino per lei. Quindi sì, a volte provava davvero timore per quel che era e per quel che sarebbe potuta diventare. Aveva paura di restare sola.
    Non si mosse dalla posizione imposta a lui poc'anzi. Restò con le gambe intrecciate alle sue e la testa poggiata sul cuscino accanto al suo. Voltò il capo che prima aveva rivolto verso Mason, fissando il soffitto e rimuginando sulla domanda posta dall'altro che non aveva esattamente nulla di facile. Aveva iniziato col botto.
    «Perchè...» Pensò attentamente a quel che avrebbe potuto propinargli e alla fine decise che avrebbe potuto dirgli la verità. Dopotutto il loro rapporto non aveva bisogno di maschere visto che nessuno si aspettava niente dall'altro. Ed andava bene così.
    «Sei l'unico che non mi tratta come un'arpia.» Disse infine, abbassando appena lo sguardo mentre fingeva di risistemarsi la maglia, prima di continuare. «O come una che sta per morire.» Il suo tono fu appena più basso mentre aggiunse quella postilla. Ed era vero. Mason aveva assistito ad uno dei suoi episodi, e non l'aveva trattata come se fosse stata una cretina incapace di fare qualsiasi cosa. Aveva continuato a combatterla, a spronarla per dare del suo meglio o peggio, e questo ad Helena piaceva. Poi beh, c'era anche quella passione incontenibile che la spingeva a ricercare di continuo un contatto col suo corpo. Chiunque le avrebbe dato della pazza, visto il tipo di ragazzo ed il modo in cui si erano conosciuti, eppure la Haugen proprio non poteva fare a meno della sua presenza. Era diventata come una droga. L'unica che le desse un effetto positivo. «Mi diverti.» Aggiunse poco dopo, ridendo poi della sua scelta.
    «Che cagasotto.» Rotolò su di un fianco e poi su di lui. Con una gamba tra le sue e metà del busto poggiato a quello del ragazzo, lo fissava con i suoi grandi occhi truccati, facendo ben attenzione a non procurargli dolore. «E tu perchè continui a starmi dietro?» Gli chiese piegando il capo e mostrandogli un sorriso furbetto. Voleva metterlo in difficoltà nello stesso modo in cui aveva fatto lui. «Obbligo.» Concluse col suo tono basso e malizioso, di chi non aveva assolutamente nulla da temere. Lì, sopra di lui, sentiva di avere il controllo d'ogni cosa.
     
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    Si gode la sfrontatezza con cui Helena si pone sicura di sé anche nei confronti di quel banale gioco che potrebbe sempre celare in sé risvolti interessanti, rischiosi per certi versi. Mason non è tipo da farsi scrupoli e lo dimostra immediatamente tirando fuori quella domanda a bruciapelo che non spaventa la ragazza quanto avrebbe immaginato. Non sa dirsi se sia troppo fiera per dimostrarsi timorosa o se si sia rassegnata alla consapevolezza presto o tardi diversi aspetti di sé verranno messi alla luce. Entrambi si scoprono sempre di più, mostrando di sé ad ogni incontro parti della propria realtà, spesso le più amare e ricolme di disagio e di malesseri rinchiusi nell'orgoglio. La ascolta con interesse, mentre il senso di soddisfazione ed attrattiva cresce in lui, nascosto nello sguardo oscurato dai cuori che li sovrastano ridicolmente. E' grato di avere quella protezione che nasconda almeno in parte quei pezzi di umanità che si costringe solitamente ad affogare nell'oceano della presunzione, ma la frase canzonatoria con cui lei, alla fine del proprio discorso, gli si rivolge, lo costringe a raccogliere il coraggio necessario per affrontarla. La lotta tra le loro teste calde continua e non vi è spazio per alcun sintomo di debolezza o distrazione all'orizzonte, neanche quando Helena rotola sul suo corpo con incosciente atteggiamento da bambina troppo cresciuta. Quello a cui non può cedere all'istante, ma che decide di assecondare una volta ancora senza tirarsi indietro neanche per un solo istante. Neanche i limiti fisici di Mason riescono a fermarla e questo fomenta il Chesterfield anche di più. 'Cagasotto? Ci vuole più fegato a dire la verità che ad uscire di casa con le palle al vento.' Ed è tristemente vero, nella sua visione delle cose. In un'esistenza oppressa come la sua, schiacciato da limiti invalicabili, è assai più dura parlare con sincerità ed aprire il proprio cuore piuttosto che compiere azioni imbarazzanti, scostumate o sbagliate in qualunque modo. Un tipo come Mason sarebbe più propenso ad ammazzare di botte un passante per strada piuttosto che raccontarsi con pura limpidezza. Per quanto finga persino con se stesso non sia così, non ne va per niente fiero. 'Mmmh... Vediamo... Perché ti giro ancora attorno?' Finge di ponderare su una risposta che non ha bisogno di alcun pensamento particolare. Sa benissimo perché non si sia deciso a darle tregua e si sente sollevato all'idea che anche lei non abbia impedito in alcun modo che i loro destini continuassero ad incontrarsi. Che senso ha fingere arrivati alla certezza i paletti necessari siano stati posti per liberarli da ogni possibilità d'errore? 'Perché sei l'unica che ha le palle di rivolgermi la parola nonostante tutto.' Le dice annuendo, tirando gli occhiali sulla fronte per poi incastrarli tra i ricci e volgere lo sguardo diretto su quello dell'altra. Niente maschere, solo per qualche secondo. 'E sei anche l'unica a sapere in che razza di affari sono implicato.' Solleva appena le spalle nell'ostentata insensibilità che cerca di dipingere sul proprio volto, rendendo l'atmosfera un pò più leggera mentre poggia le proprie mani sui fianchi dell'altra, stringendo appena la presa sul tessuto che li ricopre, prima di riprendere le sue parole per sottolineare un elemento che non vuole trascurare. 'E mi diverti.' Gli piace stare con lei e vuole che Helena lo venga a sapere, che lo comprenda in qualche modo o che anche solo lo immagini con un velo di sicurezza e certezza in più. Perché non si tratta solo della possibilità di essere se stesso al suo fianco, ma di poterlo fare sorridendo, divertendosi, rilassandosi. Godendo di una compagnia che annulli la solitudine che prova costantemente. Nel superamento di quel momento di sincerità che si sono rivolti, così come lei ha cominciato ad alleggerire l'atmosfera con leggere provocazioni che Mason non ha lasciato passare inosservate, lancia intenzioni chiaramente maliziose, assecondandola anche solo con l'intenzione di stuzzicarla senza andare fino in fondo. Anche avere parte di lei si presenta come un'opzione allettante, qualcosa che stuzzica la sua attenzione più di quanto non avrebbe mai creduto. 'Dammi un bacio.' La istiga dunque nell'immediato, ponendosi sotto la solita, perpetua arroganza che Helena conosce fin troppo bene. 'Solo un bacio.' Specifica poco dopo, solo per porre quel leggero velo di irritazione alla base degli intenti verso cui entrambi si stanno dirigendo. A discapito di quanto detto prima, seguendo la scia dell'altra, si decide subito dopo ad avanzare la propria scelta, quasi fremendo all'idea di ritrovarsi a seguire una condizione proposta da lei. Una novità, anche quella, di cui vuole scoprire il sapore. 'Obbligo.'


     
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    Morse involontariamente il labbro inferiore alla sua rivelazione. Sapere di avere un ruolo così importante per lui, aveva il duplice effetto di entusiasmarla e terrorizzarla. Non sarebbe stato facile adeguarsi all'idea di essere importante per qualcuno al di fuori della propria famiglia, sebbene a volte dubitasse di esserlo anche in quel contesto. Eppure, nonostante il timore, si sentiva bene.
    «Forse ti credi peggio di quel che sei.» Gli disse cercando di sminuire il suo eccessivo pessimismo. Sì mostrava sempre eccessivamente sicuro di sé eppure non poteva fare a meno di credere che in realtà la sua fosse una copertura, e frasi come quella ne erano una chiara dimostrazione per Helena. Eppure, nonostante i suoi loschi affari, Helena non riusciva a vedere, per ora, un ragazzo malvagio forse perché appannata dal turbinio di emozioni e sensazioni che era in grado di farle provare. Per lei Mason era solo un ragazzo che faceva cose cattive, ma non era lui ad esserlo e per la Haugen c'era una gran bella differenza.
    «Per me ad esempio sei solo un coglione.» Aggiunse poco dopo, sdrammatizzando e deridendolo appena prima di venire sorpresa dalla sua proposta.
    Per un attimo restò a fissarlo senza fiato. Dovette imporsi di tornare a respirare lentamente, avvicinandosi a lui.
    «Un bacio?» Gli chiese con un sopracciglio inarcato, avvicinandosi appena al suo volto. Attese poi qualche attimo prima di decidersi a reagire. Morse il labbro sostando per un attimo a poca distanza dalla sua bocca. Era così vicina a lui da poter sentirne il respiro. Poi però quando si decise ad agire, baciò il suo mento.
    Sì distaccò sorridendo e gongolante per il gesto appena compiuto.
    «Non hai detto dove.» Scherzó, adagiandosi di nuovo sul suo petto e puntando lo sguardo in quello dell'altro, si lasciò andare ad un flebile sospiro.
    «Toccami.» Bisbiglió al suo orecchio, senza chiarire il senso delle sue parole. Esattamente come aveva fatto lui.
    «Obbligo.»
     
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    Fin troppo complicato per Mason credere di non essere una persona orribile sotto vari fronti. Per quanto si mostri al pubblico come un arrogante pieno di sé, capace di amare solo se stesso, cova un odio profondo nei propri confronti dentro sé dal preciso istante in cui ha realizzato di non essere in grado di opporsi alle congetture che qualcun altro ha deciso per lui. Non ha avuto modo di sviluppare una personalità propria, forgiando il proprio carattere sulle aspettative di chi non risulta comunque completamente soddisfatto del risultato finale. E' una ricerca continua ad un miglioramento agli occhi altrui, facilmente riconducibile ad un netto peggioramento di se stesso. Ecco perché credere alle parole di Helena è un ostacolo troppo grande da superare. Cullarsi però nell'illusione lei riesca a vederlo diversamente è un'altra storia, un elemento capace di rassicurarlo e di tenere viva la speranza che un minimo di distacco dallo stronzo che tutti gli altri vedono in lui ci sia. Non che sappia spiegarsi con precisione da cosa l'opinione dell'altra derivi, troppo insicuro per potersi concentrare sulle possibili buone azioni compiute nei suoi confronti. Perso nel perenne senso di egoismo e di amor proprio, non riesce a convincersi di essere stato in grado di farle del bene davvero. 'Cazzo, me ne sento quasi onorato, bimba.' Ribatte alle sue parole, completando l'innescamento di quel meccanismo di difesa che li vede protagonisti di una serie di battute e parole scherzose che ben li rappresenta. Resta ad osservare l'esitazione con cui l'altra reagisce alla sua proposta. La sua indecisione porta ogni volta riscontri diversi, tutti di natura abbastanza interessante e starla a guardare mentre si morde nervosamente il labbro in cerca di una scappatoia lo elettrizza. Soccombere poi al suo raggiro acquista un valore inebriante, a cui il Chesterfield risponde scuotendo il capo e sbuffando una risata mista di ammirazione e rassegnazione, costretto a darle ragione ma deciso, al contempo, a non arrendersi al suo giochetto. Arrivato il suo turno, agire seguendo la medesima prassi sarebbe un cliché troppo prevedibile, qualcosa che non alletta Mason e la sua sete di potere e controllo, anche in quello che non sembra nient'altro che un innocente scambio di battute destinato a permanere nei limiti di un gioco. Solleva le mani dai suoi fianchi, portandole inizialmente bene in vista davanti al volto dell'altra, sfiorando le sue guance prima di procedere oltre, superare la schiena ed andarsi a poggiare senza vergogna alcuna sui suoi glutei, con un'intensità che lascia poco spazio all'immaginazione. Nel procedere, le sorride con la miglior faccia da schiaffi mai indossata prima. 'Ti aspettavi ti toccassi una guancia e dicessi "non hai detto dove"?' Ribatte senza timore al suo gesto, proponendo nell'immediato il prossimo obbligo da far eseguire all'altra. 'Togliti la maglia.' Oltrepassare i limiti con lei è fin troppo allettante per non cascare nella tentazione di dirigersi verso certe perversioni, anche se destinate a non sfociare ancora una volta nei risvolti delle ultime volte che si sono ritrovati a stuzzicarsi in tal modo. 'Obbligo, ancora.' Le dice infine. Il sopracciglio inarcato in attesa della sua prossima mossa, le labbra distese in una piena soddisfazione per la piega presa dalla situazione. Giocare non gli è mai sembrato così interessante.


     
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