I don't miss u

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    «Già. Perché dovresti?» Commentò sarcastica roteando gli occhi. Non le importava il suo lavoro o chi ammazzasse di botte. Non era mai stata una gran fan della distinzione tra bene e male. Per lei una separazione così netta non esisteva. Non giudicava Mason per quel che faceva. A preoccuparla era lo stile di vita che faceva. Lei aveva un cronometro sulla testa a segnare il suo tempo, ma anche Mason,con una vita come la sua, quanto credeva di poter durare? Persino Helena che non aveva niente a che fare col suo mondo, e che aveva avuto la sfortuna di conoscerlo per sbaglio, poteva intuirlo. Dopotutto lo aveva già visto con un braccio rotto. La prossima volta sarebbe potuta andare anche peggio.
    Non seppe spiegarsi perché quell'idea le provocò una strana fitta alla bocca dello stomaco.
    «E cosa ti entusiasma? A parte essere uno stronzo, certo.» Gli chiese incuriosita a quel punto da ciò che davvero poteva interessare ad un ragazzo come lui. Aveva degli interessi oltre quel che costantemente si costringeva a fare? Cosa voleva essere da grande? Si chiedeva se si sarebbe davvero adeguato ad essere una marionetta per tutta la vita. La sola idea lo facesse, sembrava davvero triste.
    Non voleva quello per lui.
    Appena sopraffatta dall'effetto del fumo che cominciava a farsi sentire, poggiò la propria testa sulla spalla dell'altro. Così docile, restò a fissare le fiamme nel camino per qualche tempo prima di riuscire ad aprire bocca.
    «Credi sia davvero così impossibile venirne fuori un giorno? Forse hai solo paura di quel che potrebbe venire dopo.» Puntó lo sguardo su di lui, fissando i propri occhi chiari in quelli scuri di lui. A volte aveva persino paura a sostenere quello sguardo così scuro e torbido. Sembrava quasi di lanciarsi nel vuoto facendolo. L'effetto che le provocava era lo stesso.
    «Anche io ne ho.» Annuì, facendo spallucce.
    Aveva finto di no, finto di non preoccuparsene, ma era spaventata a morte per quel che le era capitato e che le sarebbe spettato. Cercava solo di non pensarci. Di non dare di matto.
    Mason in quello l'aiutava più di quanto avesse fatto chiunque altro. E non era solo la sua capacità di tenerla impegnata con fumo ed altre cazzate che nessuno avrebbe assecondato perché, teoricamente, contro morale.
    Era anche l'effetto fisico che aveva su di lei. Lo stesso che la spingeva involontariamente a mordersi le labbra mentre si perdeva a fissare quelle enormi dell'altro.
    Fu quando s'accorse d'essere guardata che, appena rossa sulle guance, si costringe a puntare altrove il proprio sguardo. Finse persino un colpo di tosse capendo di dover allontanarsi a quel punto. Ne aveva bisogno. Stargli vicino non era così semplice come poteva sembrare.
    Così si tirò in piedi, recuperata la sigaretta.
    «Credo andrò a farmi una doccia.» Le era sembrata l'unica soluzione al suo problema. Lì avrebbe potuto liberarsi la mente e cercare un approccio differente. Uno che non la facesse sentire una cretina.

     
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    Per un pò a Mason sembra di avvertire un accenno di preoccupazione nelle domande di Helena, nel suo tono di voce e nelle risposte ironicamente avanzate. Non sa dirsi se sia frutto di un'illusione o se l'aver cominciato a conoscersi un pò di più li stia portando verso sentieri di premura che lui non ha mai percorso in precedenza, ma un pò gli piace sentirsi così, a discapito di tutte le messe in guardia che gli sono sempre state rivolte affinché fuggisse istantaneamente da possibilità simili. 'Chi lo sa?' Risponde vago, superficiale, ancora intenzionato a tenere segrete le proprie passioni più profonde e personali. Ha sempre preso estremamente alla lettera gli insegnamenti ricevuti e perpetuare negli anni non l'ha portato a nient'altro che a lasciarvisi schiacciare senza trarne alcun beneficio. Un'oppressione che l'ha isolato dal mondo e mai l'ha beato dei risultati che gli erano stati promessi. Sentirsi al sicuro è difficile quando passi le giornate a pestare la gente, specie se implicato in affari loschi come quelli del padre, e forse è proprio questo il punto verso cui vuole virare Helena, che ha il potere di scaldargli pericolosamente il cuore anche poggiando la testa sulla sua spalla mentre gli parla con un tono leggero, gentile, privo di ogni maschera d'arroganza. Gli parla con sincerità, anteponendo la vera sé al proprio istinto di protezione e per Mason abbassare le proprie difese anche se solo per un istante diventa spontaneo. 'Si... Forse un pò.' Ammette a capo chino, impossibilitato a guardarla. Anche sentirsi al sicuro in quella piccola bolla che si sono ritagliati in mezzo al caos delle loro vite non riesce ancora a fungere sufficientemente da scappatoia per lasciar andare il proprio orgoglio. Su quello ci sarà da lavorare o, più verosimilmente, sarà difficile da scacciare in ogni caso. Di paura ne ha e si chiede per un attimo se ammetterlo non sia un atto di coraggio che non della codardia con cui ha sempre erroneamente affrontato ogni aspetto della propria esistenza. Nel rimuginare su tali pensieri, si volta verso di lei nel tentativo di scorgere in quegli occhi ed in quel volto rilassato il coraggio e la forza necessari per intraprendere certi discorsi ancora più a fondo. Solo che, per l'ennesima volta, Helena sceglie di scappare, sgattaiolando via prima che lui possa anche solo sfiorare la sua mano, la spalla, la guancia e riportando il Chesterfield a quella scomoda realtà che lo fa sentire inadeguato. Una magia spezzatasi nel preciso istante in cui la consapevolezza di aver oltrepassato ulteriori limiti li ha costretti a separarsi per ricomporsi e tener fede al patto stretto poco prima. 'Oh, bene, posso venire con te?' La osserva per pochi secondi a sopracciglia inarcate, godendosi la sua eventuale reazione impulsiva per tranquillizzarla l'istante dopo e farle presente che le sue intenzioni più maliziose siano state sfortunatamente a tacere. Forza maggiore, di questo si tratta. 'Scherzo, scherzo! Non dare di matto.' Continua a stuzzicarla con diverse occhiate, prima di approfittare dello spazio lasciatogli per mettersi comodo sul divano. 'Va' pure, ti aspetto qui.' Le sorride, lasciandola andare prima di aggiungere un particolare, incerto che lei possa averlo udito o meno. 'Forse.'

    Sul sottofondo dello scroscio dell'acqua, ha tentato di costringersi a rimanere fermo così come annunciato all'altra, ma dopo una manciata di minuti il bisogno impellente di muoversi per non soccombere al senso d'ansia che l'ambiente attorno a sé gli provoca è diventato impellente. Non che la casa sia sgradevole; al contrario è piuttosto bella da vedere, qualcosa che sprizza un amorevole contesto familiare da ogni angolo percettibile o meno, che gli provocano una leggera inquietudine. Macchiare con la propria presenza tossica un'abitazione come quella non lo fa sentire a posto con se stesso. Non adesso che ha cominciato a nutrire per Helena e per la sua storia una sorta di rispetto che gli impedisce di trattarla con menefreghismo come si concede a qualunque altra persona. Incuriosito, si dirige verso la stanza dell'altra, non per violarne la privatezza, ma per immergersi per un pò in un contesto che abbia il potere di farlo sentire un pò più sicuro. Perlomeno è questa l'illusione che cerca, mentre con un'altra canna stretta tra le labbra passa in rassegna ogni particolare di quella stanza un pò eccentrica, ma decisamente adatta alla sua proprietaria. Non si preoccupa di venirne fuori neanche quando piomba il silenzio, palesando l'arrivo imminente di Helena. Nel sentirla anzi avvicinarsi verso la porta, incurante della possibilità lei sia ancora in accappatoio o coperta da un semplice asciugamano, avanza la propria considerazione sulla stanza in questione, fingendosene più disinteressato di quanto non sia realmente. 'Ma non ti viene il mal di testa con tutto questo rosa? Come fai a dormire in questo rifugio per le bambole?' Compie appena qualche altro passo in osservazione dell'ambiente circostante, per poi voltarsi completamente verso di lei per guardarla senza porsi alcun limite. La divora con gli occhi, sfacciatamente ed arrogantemente, perché così è stato abituato. E con la stessa aria superba, poggiatosi al muro ed incrociate le braccia al petto, le pone un quesito retorico per cui non aspetta decisamente alcuna risposta. 'Fatta la doccia?' Il suo intento, ancora una volta, è quello di stuzzicarla e capire fino a che limite riesce a portarla. A riecheggiare nella sua mente, di tanto in tanto, è ancora il ricordo di quel debito che lei avanza nei suoi confronti.


     
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    Era sgattaiolata via dalla stanza, non prima di rifilare un dito medio al ragazzo. Aveva creduto che farsi una doccia, l'avrebbe privata di quell'asfissiante desiderio che sembrava essersi incollato addosso ed invece era come se avesse peggiorato il tutto. Nemmeno la canna, che aveva portato con sé e che aveva terminato sotto la doccia era servita a qualcosa. Ora, sebbene si sentisse appena più leggera, le sembrava di percepire ancor meglio tutte le sensazioni provate. Era come se fosse il suo intero corpo a pulsare al pensiero dell'altro. Era qualcosa così difficile da gestire, che stava cominciando a pensare che forse, il modo migliore di andare oltre, era soccombere a quel desiderio. Perchè in fondo era chiaro lo volesse quanto lui.
    Legò un asciugamano contro il corpo, lasciando i capelli mossi e morbidi a ricaderle sulle spalle nude. Raggiunse così la stanza, sobbalzando appena nel notare Mason lì.
    «E' il mio colore preferito.» Rispose sbrigativamente, distogliendo lo sguardo dal suo, nel tentativo di liberarsi del suo potere ma non fu così semplice. Lui non voleva renderglielo facile. Continuava infatti a lanciargli sguardi eloquenti e maliziosi e frasi ambigue. Era chiaro dove volesse andare a parare. Si comportava da vero predatore ed in quel caso era Helena la preda. La raggirava cercando di irretirla e la Haugen avrebbe dovuto ammettere che stava diventando difficile resistergli.
    Gli si avvicinò comunque senza remore, fino a posizionarsi esattamente dinanzi a lui. L'erballegra le dava il coraggio che sentiva venirle meno quando fissava quei suoi occhi scuri. Tiratasi sulle punte, si avvicinò quasi fino a far sì che i loro volti si toccassero, aiutata in ciò dal fatto che Mason fosse poco dritto contro il muro contro cui era poggiato.
    «Quante volte scoperemo ancora prima che tu faccia finta di non avermi mai conosciuto?» Piegò appena il capo nel pronunciare quelle parole. Aveva capito che glissare sul discorso sarebbe stato inutile. L'attrazione reciproca era chiara, ma quanto sarebbe durata? La possibilità d'essere ferita, di stare male, si rendeva sempre così tangibile al cospetto di quel ragazzo. «Sai, io non sono il giocattolo di nessuno.» Precisò, fissando il proprio sguardo duro in quello dell'altro. Eppure, sebbene le sue parole sembrassero virare su altro, il suo corpo appiattito contro quello di Mason, sembrava dire esattamente l'opposto. «Non sei tu a decidere se e quando una cosa dovrà succedere. Questo è il mio mondo. Le regole sono le mie.» Lo spinse persino, poggiando una mano sul suo petto. Un contatto che si rivelò letale per il suo latente autocontrollo. «Quindi smettila di fare così.» La voce infatti, le uscì meno rigida di quel che credeva. Lo odiava. Lo odiava più di chiunque altro sulla terra e lo odiava perchè era capace di farla sentire davvero una bambina senza controllo.
     
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    Immediato il compiacimento che lo raggiunge nel rendersi conto di aver quasi portato l'altra al limite della propria pazienza. Helena si è dimostrata un osso duro sin dall'inizio, ostentando una sicurezza ed una remissione per cui in altre circostanze Mason avrebbe mollato la presa in partenza. Non ha mai avuto bisogno di implorare nessuno affinché la situazione volgesse verso intenti più intimi e sebbene lei sia attraversata dai medesimi desideri, è riuscita a rispondere a tono a tutti i giochetti cui l'ha sottoposta negli ultimi giorni. Sentirsi sul punto di averla portata a cedere, di conquistarla in quella nuova ondata di intenzioni tutte da scoprire, gli lascia una soddisfazione maggiore di tutte le altre volte. Ogni particolare dello strano rapporto venutosi a creare tra i due ha il potere di appagarlo, vestito di una novità a cui si decide a cedere passo dopo passo, sentendo nonostante tutto di poter mantenere il controllo al punto giusto da godere di quegli aspetti rivestiti di una conoscenza reciproca un pò meno superficiale di tutto il resto. 'Non so... Sei, sette volte?' La lascia poggiare sul proprio corpo, tentennando per qualche istante con dura imperturbabilità prima di sciogliere le braccia incrociate e lasciar poggiare una delle mani sull'asciugamano indossato dall'altra, all'altezza del fianco. Una presa attualmente leggera, quasi impercettibile, mentre l'altra regge la sigaretta quasi del tutto consumata per permettergli di godere di un altro tiro. 'Perché dai per scontato che tutto questo debba avere una fine?' Dice con leggerezza, facendole presente una sincerità che va ben oltre i giochetti a cui sono abituati. E' come se lei avesse paura delle conseguenze che tutto quello possa portare ad entrambi e non è questo ciò che il Chesterfield vuole. Con quel patto avanzato dall'altra, credeva che ogni vincolo sarebbe stato sciolto senza alcuna ripercussione, che potessero sentirsi entrambi liberi e privi di ogni timore. Qualunque cosa accada, non vuole di certo che lei abbia timore anche solo di parlarci, di sfiorarlo, di godersi con lui tutte quelle esperienze per cui il suo tempo è sfortunatamente limitato. Non sa spiegarsi perché, ma è come se una parte di lui ci tenesse a fare in modo che lei possa sperimentare tutte le esperienze che la portino a non avere rimpianti. Comunque vadano le cose, cercando di tenere da parte i possibili risvolti negativi a cui pensare fa inspiegabilmente male, vuole assicurarsi che lei viva e che lo faccia senza rimpianti. Una missione, la sua, che è deciso a portare a termine, partendo anche da cose così piccole ed apparentemente insignificanti che soddisfino quelle timide voglie che afferma di non provare in alcun modo, a discapito della verità lampante agli occhi del Chesterfield, specie in quel preciso istante. 'Io penso che dovresti scioglierti un pò e smettere di fingere che ti dia fastidio.' Insolente, presuntuoso, eccessivamente sicuro di sé, si mostra pronto ad aiutarla a cambiare idea. Finge di tenersi ancora un pò sulle spine, seppur sia ormai consapevole di non avere alcuna intenzione di lasciarla andare un'altra volta. La brama di averla tutta per sé ancora per qualche ora è troppo forte per potersela far sfuggire ancora. Esalato l'ultimo sospiro di tossicità, stringe l'estremità della cartina con le dita per spegnere e mettere da parte il mozzicone. Quindi la carezza con delicatezza, partendo dalla nuca e percorrendo tutta la schiena prima di soffermarsi sulle sue curve, che non ha remore di agguantare seppur la mano e la pelle siano ancora separate dall'asciugamano. Le dà una dimostrazione della propria pretesa di averla, senza però azzardare un'intensità che la faccia sentire violata. La prende poco a poco, aspettando che lei assecondi ogni suo gesto. 'Goditi il momento.' Avvicina il volto al suo orecchio, così da sussurrarle l'ultima, medesima conferma della propria cupidigia. 'Il resto viene dopo.' Senza ulteriore indugio, poggia le mani sulle sue guance, come per garantirsi che lei non si ritragga, mantenendo comunque la presa salda ma mai soffocante, né opprimente. Il pensiero di violarla in alcun modo lo disgusta; non è ciò che si aspetta da quel rapporto di cui ancora le dinamiche non risultano abbastanza chiare. Poggia sulle sue labbra le proprie, dischiuse poco dopo per mischiarle a quelle di Helena. Si limita così, per un pò, ad aiutarla nella riscoperta di qualcosa che non ha ancora avuto modo di godersi nel pieno di una spontaneità che non ha bisogno di alcuna richiesta. Un misto di desideri che si esaudiscono vicendevolmente. Un atto che li liberi per un pò di tutte le paure e le difficoltà che devono affrontare quotidianamente. La guida verso il letto, sul quale, aggirandola, si siede staccandosi per un attimo dalle sue labbra e guardandola dal basso verso l'alto. 'Avanti. Falle tu le regole.' Un invito che le lancia nella completa risolutezza di volerla davvero soddisfare, ma di aiutarla a scegliere che strada prendere per potersi sentire privata di ciascuno dei timori che prova e dei limiti che si è imposta. Le tiene però il polso saldamente tra le dita. 'Però stavolta non mi scappi.' Vuole stare meglio ed aiutare lei a stare meglio. Possono farlo, colmando le proprie necessità fisiche, insieme.


     
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    L'effetto che Mason riusciva ad avere sul suo corpo era qualcosa di nuovo per Helena. Era stata innamorata un tempo, o così credeva, aveva avuto le sue cotte adolescenziali, ma nessuno era mai stato capace di farla sentire a quel modo. Era come se, anche solo guardandolo, il suo intero autocontrollo andasse a farsi benedire. A Mason bastava uno sguardo per mandarla fuori di testa, e sembrava averlo capito. E sembrava approfittarne. Odiava sentirsi così sopraffatta da qualcuno, eppure era un veleno di cui non riusciva a fare a meno. Più provava ad allontanarsi, più sentiva l'impellente necessità di riavvicinarsi. Di guardarlo, sentirlo. Toccarlo. Fu esattamente per quel motivo che il suo corpo s'adagiò contro quello del ragazzo, permettendogli di spingerla oltre quel baratro da cui risalire sarebbe stato difficile. Impossibile.
    «Perchè...» Provò a rispondergli. Avrebbe voluto dirgli che le cose piacevoli erano destinate a scomparire, e che lui, esattamente come lei, sembrava avere l'attitudine a distruggere tutto ciò che c'era di bello nella propria esistenza, ma non lo fece. Non riuscì a dir niente da quando la mano dell'altro, scivolò delicatamente sul suo corpo. Continuò a puntare i propri occhi grandi in quelli scuri di Mason, lasciandosi andare seppure in parte. Tutte quelle attenzioni, quelle chiare dichiarazioni fisiche che le rivolgevano, colpivano le sue difese indebolendola. Ed il bacio che assecondò, fu una sorta di colpo mortale. Lo seguì fino al letto, prima di vederlo accomodarsi.
    Si morse le labbra guardandolo dall'alto. Con le labbra rosse ed il respiro appena mozzato per l'intensità del bacio, cercava ancora di reagire contro i suoi impulsi. Poi però, dinanzi allo sguardo dell'altro, capì di non avere più possibilità di combattere. Era disarmata contro il suo potere e si lasciò vincere.
    «Sei un bastardo manipolatore.» Poggiò una mano contro il suo petto, spingendolo appena verso il materasso alle sue spalle. Ed era furiosa, anche mentre saliva cavalcioni sul suo corpo. Lo era, anche mentre con un mano ancora bloccata dalla presa sul suo polso, lasciava che l'altra, scivolasse giù sul corpo del ragazzo, e si intrufolasse senza troppi indugi dentro i suoi pantaloni, sotto i suoi boxer.
    Si muoveva appena su di lui, assecondando il movimento dapprima lento intrapreso dalla sua mano. Non poteva resistergli, non del tutto, ma non avrebbe assecondato per intero i suoi voleri. Avrebbe combattuto fino alla fine per portare avanti le sue ragioni e lui avrebbe fatto di tutto per farle cambiare idea. Era esattamente la parte entusiasmante di quel rapporto. La tenacia con cui si combattevano pur desiderandosi.
    «Ti odio.» Aggiunse accanendosi contro il suo mento e poi il suo collo, in baci e morsi che avrebbero lasciato il segno. Un modo quello di Helena, di ricordargli di lei anche quando sarebbe tornato a Londra.
     
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    Helena è in trappola. Si è reso evidente il suo cedimento, già dall'istante in cui ha scelto di assecondarlo e seguirlo fino al letto senza opporre alcuna resistenza. Una rinuncia iniziale, prima di riprendere in mano la propria tenacia e comportarsi come se, nonostante la perdita di controllo, sia lei a condurre le regole del gioco. Quella risolutezza a cui lui mirava, che si gode in ogni sua piccola sfaccettatura mentre l'altra sale su di lui e comincia a riservargli tocchi, gesti di confidenza eccessivamente intima. 'Vero.' Le porge una conferma alle sue parole, istigandola a quella continua presa di posizione, concedendosi lui stesso un momento di tregua, di abbandono ai gesti sollecitanti dell'altra. La lascia fare, sospirando sulla sua pelle il proprio godimento, slacciando la cintura per facilitarle il compito. Le presta il controllo che si è imposto di restituirle, mentre le mani curiose passano ad un'ennesima esplorazione della sua pelle scoperta, impregnando con le dita, dopo aver liberato il torso degli indumenti che lo ricoprivano, le cosce sottili e pallide di lei. Leggero il sussulto dolente che si lascia sfuggire mentre le labbra dell'altra rimarcano il ricordo del momento sul suo collo; conseguente l'accenno di risata che ne deriva, rivolto a lei attraverso una smorfia di quelle che non riesce a risparmiare a nessuno, ancor meno a lei, ormai diventata la sua vittima preferita. 'Ahiah.' Sussurra senza enfasi alcuna, più per portare l'attenzione al suo gesto che per manifestare realmente un dolore soffocato da quell'avvisaglia di piacere crescente. 'Ne sei sicura?' Una domanda strozzata che si affaccia appena oltre sospiri di piacere sempre meno controllati. Riaffermarsi si rende necessario e sente sia arrivato il proprio turno di procedere nella lotta di passione appena messa in atto. Accompagna Helena al proprio fianco, dedicandole le medesime attenzioni intrufolandosi oltre l'asciugamano che ancora la ricopre. La prepara, dando comunque l'aria di non aver mandato allo sbaraglio l'intenzione di lasciarla alla guida, ad affrontare una nuova ondata di sensazioni da condividere tra le lenzuola rosa di quel letto, la prima delle piacevoli novità a cui approcciarsi. Col volto vicino al suo, rilascia sul suo collo respiri concitati, premendovi di tanto in tanto le labbra in un viaggio che procede verso il basso, decidendosi a superare il primo limite fisico che ha scelto di lasciarle fino ad ora. La libera della propria presa, ma col corpo sporto per metà oltre il suo, scioglie l'incastro dell'asciugamano, scoprendo parte del suo petto sulle cui curve si avventa con le labbra, in ritmi lenti ed irregolari che soddisfino le sue esigenze. Dimostra, per la prima volta, l'irrefrenabile voglia di aiutarla a comprendere cosa più le piaccia e di essere lui stesso a farle dono di certi sintomi di appagamento. Il desiderio di farla sentire bene è ciò che più gli permette di capire quanto diversa Helena sia rispetto a tutte le altre, ma preso da un'estasi incontenibile ogni timore a riguardo è stato dimenticato. Con lei è facile mettere da parte gli aspetti più brutali e spaventosi della propria esistenza. A discapito di tutto, sentirsi bene è la base di quel travagliato, singolare rapporto e rendersene conto diventa ad ogni secondo che passa meno pauroso. Liberatosi dei pantaloni, con solo l'intimo addosso, sovrasta il corpo dell'altra, ripetendo i movimenti che più volte lei gli ha dedicato. Gli ultimi avvertimenti prima che l'altra si rassegni alla piega che la situazione ha preso, da cui lui non le permetterà più di scappare. 'Perché io non ti odio per niente.' Rilascia un bacio sulle sue labbra, premute contro le proprie per qualche secondo. Poi, con ancora il volto talmente vicino da sentire i sospiri dell'altra investirgli la pelle, resta a guardarla per pochi istanti, mordendosi il labbro inferiore volutamente, come ennesima dimostrazione dell'assoluta bramosia di averla. 'Sei bellissima, cazzo.'


     
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    I suoi gesti, uniti alle sue parole, riuscirono a tramortirla. Era raro per la Haugen non avere niente da dire, eppure Mason era riuscito a toglierle tutte le parole di bocca e a lasciarla basita. Riusciva a farla provare sensazioni nuove, mai provate prima. Riusciva a farla sentire nuda, in ogni senso possibile. E ne ebbe paura, tanto da ritrarsi per un attimo dinanzi alla sua rivelazione.
    Ansante, puntò i propri grandi occhi in quelli del Chesterfield. Avevano fatto un accordo. Qualunque cosa sarebbe successa tra loro, anche quel che di lì a poco sarebbe accaduto, non avrebbe portato a conseguenze romantiche. Nulla di quel che avrebbero fatto insieme, avrebbe dovuto avere il potere di ferirli nel modo in cui potenzialmente sarebbe potuto accadere. Ed Helena ci aveva creduto, pur di poter godere ancora della presenza altrui. Eppure, dinanzi a quello che per chiunque sarebbe stato un bellissimo complimento, si sentì come ferita. Era colpita.
    Le era capitato di ricevere complimenti sul proprio aspetto, ma l'enfasi e la sincerità usate dall'altro, era un'esperienza tutta nuova.
    Le ci volle qualche attimo per riprendere a respirare e a rilassare i muscoli. Come a voler dimenticare i timori di qualche momento prima, fu lei stavolta a ricercare le labbra di Mason e a risucchiarle in un bacio poco cauto, che chiariva finalmente quali fossero i suoi desideri, lasciando andare la presa su tutti i limiti che aveva voluto tirare su tra loro per paura.
    Assecondò i movimenti imposti dall'altro dopo averlo liberato anche della maglia. Puntò i polpastrelli sul suo petto lasciando lunghe scie rosse mentre scendeva giù verso i suoi boxer. Le sembrava di star facendo tutto per la prima volta. Ed in effetti era così. La prima volta era stata un disastro. La seconda aveva avuto il sapore di un ripiego, di una toppa dovuta ad un malessere che la stava consumando. Quella era la prima volta in cui Helena si prendeva quel che voleva. Poggiò le mani sull'elastico sui suoi boxer, calandoli malamente verso il basso e lasciando a lui il compito di liberarsene. Si sporse col busto per riafferrare le sue labbra ad occhi chiusi. Le guance rosse ben chiarivano il suo stato d'animo. L'ansia contribuiva ad aumentare il ritmo del proprio respiro soprattutto quando Helena, poggiando una mano sul suo petto, gli imponeva di scivolare via dal suo corpo e di adagiare la schiena contro il materasso. Doveva essere lei a condurre il gioco. Lei ad avere il controllo e voleva farlo sul serio. Salì cavalcioni su di lui, riprendendo a torturare con baci taglienti ogni lembo di pelle del suo collo mentre il bacino torturava la pazienza di entrambi con movimenti accennati, eloquenti ma non decisi. Non ancora. Lo fece fino a quando, non si sentì pronta a reagire. Coraggiosa, con passi lenti di chi ancora non sapeva di preciso come agire, unì i loro corpi lasciandosi andare ad un gemito tremulo mentre ficcava le unghia delle dita nella sua spalla. Alla fine aveva vinto lui di nuovo, liberandola dei suoi divieti e delle sue parole, e se da un lato tutto quello la faceva stare bene, in cuor suo sapeva che prima o poi Mason sarebbe stata la sua disfatta.
     
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    Al lieve tentennamento di Helena, non può fare a meno di fermarsi a riflettere per un istante sulla spontaneità con cui le sue parole siano venute fuori. Un comportamento singolare, forse fin troppo azzardato rispetto ai concetti su cui hanno scelto di basare il loro rapporto, eppure una realtà che non ha potuto fare a meno di porgerle. Resta in parte colpito dalla percezione acuta di lei per ciò che sarebbe potuto sembrare un semplice complimento velato di sporche intenzioni derivate dalla volgarità del momento, in parte spaventato dalla consapevolezza di aver reso un atto puramente fisico un pò più profondo. Dubbi di pochi istanti in cui i loro occhi confusi restano a fissarsi, in una connessione inevitabile che ha il potere, per un attimo, di indebolire le difese di entrambi. Ma tutto torna agli intenti principali e nella leggerezza del trasporto che li guida, lasciarsi andare ricomincia ad essere semplice. Deciso a tener fede alla richiesta rivoltale, asseconda ogni suo gesto, ogni muta proposta che trasforma in concessioni che non ha intenzione di strapparle via. E vederla prendere l'iniziativa, andare lei stessa alla ricerca di quella sete di appagamento fisico di cui non vuole più privarsi stuzzica la soddisfazione del Chesterfield a livelli mai raggiunti prima. Ha sempre retto le redini del gioco, ostentando quella stessa prepotenza posta alla base di ogni cosa che lo riguardasse. Lasciare il comando ad un'altra persona che ha ben dimostrato di viaggiare nella medesima lunghezza d'onda, assume connotati anche più eccitanti, di una profondità maggiore che non lo intimorisce quanto avrebbe creduto in un razionale momento di lucidità. Le permette di sovrastarlo col proprio corpo e si gode ogni parte di lei. E' una visione formidabile, un fenomeno unico di cui è pronto ad assaporare ogni minimo aspetto. Un sospiro pesante quello che esala in concomitanza col suo gemito, a dare l'inizio di quell'appagamento reciproco slegato per la prima volta da ogni onere o intenzione che vada oltre pure necessità fisiche da soddisfare. Le sue mani tracciano via via percorsi ripetitivi, scendendo e risalendo dai suoi fianchi alle sue cosce incessantemente. Stringe appena la presa sulla sua pelle ogni volta che l'aggressività dell'altra si scaglia su di lui, sulla sua spalla, sulla schiena, sul collo. Qualunque accenno di dolore si ovatta sotto i brividi di piacere che il corpo di lei gli procura ed una volta sazio del rilassamento che si è concesso, tira su il busto, cingendo quello dell'altra con le braccia mentre, lasciandola ancora libera di muoversi secondo il proprio desiderio, poggia le labbra sul suo collo per dedicarsi a baci intensi, incontrollati al punto da lasciare il segno sulla pelle candida e profumata. Ad occhi aperti, non si perde neanche una singola sfumatura di lei e, sospirati al suo orecchio i sintomi di un piacere portato quasi al limite, si ridistende sul materasso, stavolta però trascinandola con sé. Le lascia il pieno controllo, la facoltà di portare a termine ciò che ha scelto di iniziare, ma esprime la propria volontà di averla vicina stringendola a sé, sentendo ogni parte del suo corpo sul proprio. Un contatto ricercato nell'impulsività di un momento dove le regole non esistono, dove i timori svaniscono ed ogni punta di razionalità lascia il posto all'incoscienza del totale inebriamento dei sensi. Non una parola viene fuori dalle sue labbra, né un commento sporco, rozzo o poco convenzionale. Unisce i propri sospiri ai gemiti di lei e si concede, muovendosi concitatamente negli ultimi attimi di frenesia, un grido soffocato. L'esternazione dell'apice di piacere raggiunto che le rilascia senza remora alcuna.

    Sono sempre diverse le sensazioni provate dopo essersi allettato al fianco di qualche ragazza. Spesso l'appagamento fisico riesce più a rilassare i suoi muscoli che non il proprio animo che, nell'immediato, si riconnette con tutte le realtà di cui deve tener conto. Seppur emotivamente distante da ogni compagna portatasi a letto, non è mai realmente riuscito a soffocare per più di quella singola ora o poco più l'oppressione che schiaccia la sua intera esistenza. Con Helena ritrova una piacevole diversità anche in questo. Rimanere abbracciato a lei, nella giustificazione di un freddo invernale da cui proteggersi, permette al benessere di perpetuare e tracciare sul suo volto rilassato espressioni di vaga contentezza. Con l'indice prende a giocare con alcune ciocche dei suoi capelli, ricordandone appena il vago rossore preso durante il loro primo incontro e quello acceso di cui erano dipinti durante la festa di Halloween, quando per la prima volta i suoi occhi scortesi ed arroganti si sono posati sugli atteggiamenti estremi di quella ragazzina dagli abiti striminziti. Non l'aveva avvistata completamente da sola, ma aveva avuto modo di leggere sfumature di disagio nel rapporto con chi le era intorno. Qualcosa su cui vorrebbe indagare, ma che non si sente in diritto di portare all'attenzione perché non sono fatti che gli riguardano in alcun modo. Anche in questo, è meglio mantenere le distanze quanto più possibile. 'Che mi dici allora?' Le chiede infine, prima di avanzare una concreta spiegazione alla domanda appena posta. 'Ti sembra ancora che faccia schifo?' Riprende le parole da lei usate nel periodo compreso tra la loro prima e seconda volta, alla luce del momento appena condiviso, assai più appagante persino per lui stesso.


     
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    Fu diverso. La prima volta era stata atroce, e la seconda per quanto avesse provato a sopperire alle mancanze della prima, aveva trascinato con sé retrogusti amari. Quella volta non c'erano stati limiti o angoscie ad attenderli. Era pura passione. Era la voglia di aversi, di scoprirsi. La voglia di godersi in ogni aspetto e senza remore, con la spensieratezza della loro età. In quel momento erano solo ragazzi e non c'era niente di meglio al mondo.
    Sospirò gemiti irruenti contro di lui, aggrappandosi quasi con ferocia alla sua pelle fino all'apice travolgente di quel momento.
    Crolló sul suo corpo, ansante, godendo del calore e del suo profumo.
    Era strano.
    Non si era mai sentita così a fianco ad un ragazzo e l'idea che provasse tanta tranquillità al fianco di un delinquente, era assurdo e deleterio. In fondo sapeva che presto o tardi tutto quello l'avrebbe portata a guai belli grossi nonostante le precauzioni prese, ma non ne era davvero preoccupata. Non fintanto che avrebbe potuto godere di quelle sensazioni nuove. Di quel benessere a cui non si sentiva pronta a rinunciare.
    «Vuoi sentirti dire che sono stupita perchè sei bravissimo?» Gli chiese in risposta, tornando a punzecchiarlo com'era solita fare. Era divertente farlo con lui, ben conscio che avrebbe trovato pane per i propri denti.
    «Oh wow. E' stata la scopata migliore della mia vita Mise su quella che doveva essere chiaramente una farsa, pronunciata con una vocina appena più sottile e delle movenze atte ad imitare una qualsiasi delle oche a cui Mason doveva essere abituato, o almeno una di quelle a cui Helena credeva fosse abituato.
    Gli lanciò uno sguardo ed un sorriso, prendendo a mordersi instintivamente il labbro inferiore.
    «E' meglio di quel che ricordavo.» Non era stato terribile come aveva ricordato, e le sensazioni provate, le facevano venire voglia di tornare sull'altro. Chinò il capo per nascondere le sue espressioni, ma furono i suoi capelli a tradurla. Di nuovo alcune ciocche, presero a colorarsi di un rosso intenso.
    «E a te come sembra?» Aggiunse poco dopo, curiosa di conoscere anche il suo punto di vista. Avrebbe voluto avere anchea certezza di non vederlo andar via da un momento all'altro perché ormai soddisfatto, ma non osó chiederle nulla.
    «Non puoi portarmi con te a Londra? L'idea di tornare a Durmstrang mi sta uccidendo.» Sbuffò cambiando discorso perché improvvisamente avvilita dall'idea di dover porre fine a quel weekend di pura leggerezza, per dedicarsi a doveri che non le importavano tra persone che odiava che la odiavano.
    «Scrivimi quando sarai lontano. Non delle cazze di lettere d'amore. Intendo... Sai pure per raccontarmi di quanti pestaggi hai fatto al giorno. Sarebbe comunque più divertente che sentire i pagnistei dei miei compagni di corso.» E sì. Il suo era un modo di chiedergli di non dimenticarla. Perché era stata lei a cercarla l'ultima volta, ma forse, orgogliosa com'era, non l'avrebbe rifatto.
     
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    'Non ne avevo dubbi, dolcezza.' Risponde con estrema spontaneità all'ironia dell'altra, lasciandosi persino scappare un sorriso sinceramente divertito nel constatare quanto entrambi in questo preciso istante si sentano bene. Rivedere quella libertà da ragazzina che Helena ha sempre ostentato dopo un evento del genere è confortante. Sapere, in cuor suo, di averla fatta sentire bene, lo soddisfa in modi che ancora non riescono a giungere alla sua comprensione. Eppure non gli importa niente dell'ignoto di cui si riveste ogni istante passato al suo fianco finché ciò che viene avvertito in gran parte è puro benessere. Una sensazione che si amplifica nel momento in cui l'altra, facendole dono di quello scorcio di sincerità che ne tinge di un rosso acceso alcune delle ciocche che Mason regge ancora tra le dita, appaga il suo animo a livelli che non hanno niente a che fare col suo ego. Non gli interessava realmente sapere di essere stato bravo, di averla soddisfatta con le proprie capacità e con tutte quelle superficiali sensazioni legate all'aspetto fisico; essere riuscito nel proprio intento, gli provoca un nuovo brivido che gli attraversa la schiena, piacevole e spiacevole al contempo, velato di pura novità e di timide paure che si affacciano all'orizzonte per pochi secondi. Ne soffoca l'effetto nel momento in cui gli tocca riflettere per rivolgere una risposta al quesito che lei gli ha rigirato. Potrebbe dire parecchie cose, ma è conscio al contempo che sarebbe meglio evitare per il bene di entrambi. Non perché voglia nascondere a lei ciò che prova sinceramente, ma perché non è ancora pronto a tirarlo fuori con certezza nemmeno nei confronti di se stesso. Certo sminuire la grandezza del proprio appagamento sarebbe un torto terribile da rivolgerle e in questo istante di apparente perfezione non vuole spezzare l'atmosfera che sono riusciti a creare in quel piccolo angolo. Il loro piccolo angolo, in una metafora che va oltre la fisicità del luogo. 'Diverso.' Si appresta a dire, in una piacevole sorpresa che forse l'altra non può cogliere del tutto. Vuole mettere in chiaro come lei si sia insinuata nella sua vita utilizzando modi completamente diversi da qualunque altra ragazza - o persona - che gli sia mai stata vicino, però sente di doverle comunque di più. Peccato non sia ancora del tutto pronto ad ammettere quanto diversa lei sia... In un modo bellissimo. 'Positivamente diverso.' Aggiunge una piccola postilla nel tentativo di rassicurarla, di farle dono di quel briciolo d'importanza che vuole lei assuma consapevolmente, seppur nei limiti di un rapporto apparentemente mirato a permettergli di avvertire un pò meno il peso della solitudine e dell'incomprensione che li isola dal resto. In fondo, non ha mai scelto di condividere con nessuno neanche un rapporto simile. Impensabile per lui avere a che fare con la medesima ragazza slegato da ogni vincolo ufficiale ma abbastanza preso da dimenticarsi del resto. Una novità che lo tramortisce, provocandogli però piacevoli sensazioni che non riesce a mettere a tacere. Solleva le spalle scuotendo il capo dinnanzi all'idea lei voglia tornare a Londra. Preferisce saperla al sicuro, lontana dai suoi uomini e dai ricordi amari che hanno superato di gran lunga i frammenti di benessere passati insieme. Questo evita di rivelarglielo, per non tastare ulteriormente quei particolari che potrebbero benissimo anch'essi spezzare la tranquillità di quel momento. Si limita a sbuffare una risata ironica, nel tentativo di mascherare il piacere nel sapere che lei abbia ancora voglia di averci a che fare. Una supposizione che assume i connotati di una certezza, allietando anche di più il momento. 'E dire che ero già pronto a scriverti idilliache dediche d'amore per sciogliere il tuo cuoricino da ragazzina innamorata.' La prende in giro un pò, lasciandole un buffetto leggero sulla guancia, ancora nascosta oltre il capo chino di lei, di cui sceglie di non violare la decisione di rimanere nascosto. Un gesto che dà un pò di coraggio anche a Mason, sincero nel rivolgerle parole che risuonano come una vaga promessa a cui vuole tener fede con decisione. 'Mi farò sentire. Ma tu devi tenermi aggiornato sulla giacca... E sulla t-shirt.' Sorride, piacevolmente sorpreso dalla sensazione positiva che il sapere le proprie cose nelle mani di lei gli suggerisce. 'Si, puoi tenere anche quella.' Precisa alla fine, prima di rimuginare un pò su alcuni pensieri lasciando che le dita della mano passino dai capelli alla sua spalla, disegnandovi sopra cerchi indefiniti con movimenti lenti, leggeri, riflesso del suo attuale stato d'animo. 'Magari torno a farti visita, qualche volta.' Avanza la propria proposta infine, sentendosi decisamente giusto nel farlo. Al contrario di tutte le intenzioni di tenerla lontana dalla sua presenza tossica e dalla sua esistenza distruttiva, sente che averci ancora a che fare, lontani dai rischi che Londra tiene in serbo per entrambi, sia una possibilità giusta. Vederla ancora, parlarci, fare con lei tutto ciò che lo fa sentire meglio sembra tutto fuorché un errore ed è attraverso tale concezione che si decide a porre una certezza tangibile su cui fare affidamento. 'Sai, nei weekend liberi... Quando ti sarà permesso uscire dal castello.' E' cullato da questa prospettiva a tratti dolce, a tratti rassicurante, che si volta di fianco verso di lei, tenendola ancora vicina e col corpo intrecciato al suo, poggiando il mento sulla sua testa e chiudendo gli occhi, esausto da quell'insieme di novità che gli confondono ancora i pensieri. Confuso, si... Ma stranamente felice. 'Tanto a Londra non c'è nessuno che abbia voglia di stare con me.' Una rivelazione sincera, venuta fuori con la spontaneità di chi si rende conto di non avere nulla da perdere al di là di quel territorio freddo e lontano. Lande che più di ogni altro luogo al mondo gli hanno permesso di godere di un pò di calore che non ha mai ricevuto prima. Il calore di un cuore che sente battere affiancato al suo, di un piccolo corpo stremato che rappresenta ben più di una pura e superficiale fonte di appagamento fisico. Un insieme di realtà con cui si lascia guidare verso il riposo che necessita, stringendola a sé come fosse la cosa più cara mai posseduta nella propria vita.


     
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